const citazioni=[{"Annotazione":" Preferiamo alla comun lezione\nElena vidi.... e vidi il grande<\/b> ec. questa del Buti e di vari\nautorevoli codici, la quale anche a noi pare che ponga molto\nmaggior connessione in tutto il contesto. La stessa forma di\ndire si ha nel C. XX, 118 e seg. — Per cui tanto reo<\/b> ec.\nElena, fuggitasi con Paride fu cagione della lunga guerra troiana\ne di tutte le catastrofi a quella succedute.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Preferiamo alla comun lezione Elena vidi....  e vidi il grande<\/b> ec. questa del Buti e di vari autorevoli codici, la quale anche a noi pare che ponga molto maggior connessione in tutto il contesto. La stessa forma di dire si ha nel C. XX, 118 e seg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XX, 18","NotaFonte":"Il rinvio al v. 118 \u00e8 errato.","TestoFonte":"ma io nol vidi, né credo che sia","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=20&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64-65","from":4430.0,"to":4432.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"%chi%alpha%mu%o%zeta\\ fraenum<\/i> spiega lo Schrevelio [Lexic.\nLatino-Graec.<\/i> art. %chi%alpha%mu%o%zeta\\], e per freno<\/i> dee qu\u00ec\npornelo anche il poeta nostro; perocch\u00e8 fa qu\u00ec egli verificarsi\nci\u00f2 che avvert\u00ec nel canto precedente v. 40 e segg.\n\n     Lo fren vuol esser del contrario suono<\/i>;\n        Credo che l'udirai, per mio avviso<\/i>,\n        Prima che giunghi al passo del perdono<\/i>:\n\ne vuol dire che l'udito spaventevole suono di quelle voci fu il\nduro<\/b>, il forte, freno di che avevalo prevenuto, e che dovrebbe\nritener l'uomo ne' termini del dovere.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Camo <\/strong>per freno<\/i> dee quì pornelo anche il poeta nostro; perocchè fa quì egli verificarsi ciò che avvertì nel canto precedente v. 40 e segg.\r\n     Lo fren vuol esser del contrario suono<\/i>;\r\n        Credo che l'udirai, per mio avviso<\/i>,\r\n        Prima che giunghi al passo del perdono<\/i>:\r\ne vuol dire che l'udito spaventevole suono di quelle voci fu il duro<\/b>, il forte, freno di che avevalo prevenuto, e che dovrebbe ritener l'uomo ne' termini del dovere.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XIII 40-42","NotaFonte":"","TestoFonte":"Lo fren vuol esser del contrario suono;
credo che l'udirai, per mio avviso,
prima che giunghi al passo del perdono.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=47","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"143-144","from":14253.0,"to":14271.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"«Cio\u00e8 passamento di misura,» dice il\nButi. Anche Sallustio, Catil., 12, nota che le ricchezze avevano\nne' romani animi ingenerato superbia e l'abito di «nihil pensi\nneque moderati habere.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Anche Sallustio, Catil., 12, nota che le ricchezze avevano ne' romani animi ingenerato superbia e l'abito di «nihil pensi neque moderati habere.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7170","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q776615","LuogoFonte":"De Catilinae coniuratione 12","NotaFonte":"","TestoFonte":"igitur ex divitiis iuventutem luxuria atque avaritia cum superbia invasere: rapere consumere, sua parvi pendere aliena cupere, pudorem pudicitiam, divina atque humana promiscua, nihil pensi neque moderati habere<\/strong>.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0002%3Atext%3DCat.%3Achapter%3D12","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"74","from":15006.0,"to":15007.0,"NomeAutore":"Gaio Sallustio Crispo","TitoloFonte":"De Catilinae coniuratione"},
{"Annotazione":"«Cos\u00ec chiama anche in una Canzone\nquella cavit\u00e0 del cuore che \u00e8 ricettacolo del sangue, e che lo\nHarvey chiama sanguinis promptuarium et cisterna.<\/i>  Il Boccaccio\ndice che in questa cavit\u00e0 abitano gli spiriti vitali<\/i>, e di l\u00ec\nviene il sangue ed il calore che per tutto il corpo si spande.» \nTom.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Così chiama anche in una Canzone quella cavità del cuore che è ricettacolo del sangue, e che lo\r\nHarvey chiama sanguinis promptuarium et cisterna.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1092462","LuogoFonte":"Rime 46, 45-47 ","NotaFonte":"Tommaseo fa anche riferimento a Boccaccio come commentatore di Dante e alla definizione del cuore fornita da William Hervey (1578-1657) nell'\"Exercitatio anatomica de motu cordis et sanguinis in animalibus\".","TestoFonte":"e l sangue chè per le vene disperso
correndo fugge verso
il cuor, che l chiama, ondio rimango bianco.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Rime&pb=57&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=18375', 'Autore':'Niccol\u00f2 Tommaseo, 1837 [ed. of 1865]','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"20","from":144.0,"to":147.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Le Rime"}, {"Annotazione":"«Dall'opere, dice l'Anon.,\nebbe soprannome di Guerra.» Alla testa di 400 Guelfi usciti di\nFirenze, ebbe non poca parte nella vittoria di Carlo sopra\nManfredi. Gio. Villani, VII, 8.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Guido Guerra ebbe nome<\/strong>. «Dall'opere, dice l'Anon., ebbe soprannome di Guerra.» Alla testa di 400 Guelfi usciti di Firenze, ebbe non poca parte nella vittoria di Carlo sopra Manfredi. Gio. Villani, VII, 8.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica VIII, 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Lo re Carlo veggendo Manfredi e sua gente venuti a campo per combattere, ebbe suo consiglio di prendere la battaglia il giorno o d’indugiarla. Gli più de’ suoi baroni consigliarono del soggiorno infino a la mattina vegnente, per riposare i cavagli dell’affanno avuto per lo forte cammino, e messer Gilio il Bruno conastabole di Francia disse il contrario, e che indugiando, i nimici prenderanno cuore e ardire, e a·lloro potea al tutto fallire la vivanda, e che se altri dell’oste no·lla volesse la battaglia, egli solo col suo signore Ruberto di Fiandra e consua gente si metterebbe alla ventura del combattere,
avendo fidanza in Dio d’avere la vittoria contra’ nemici di santa Chiesa. Veggendo ciò il re Carlo, s’attenne e prese il suo consiglio, e per la grande volontà ch’avea del combattere, disse con alta voce a’ suoi cavalieri: «Venus est le iors ce nos avons tant desiré»; e fece sonare le trombe, e comandò ch’ogni uomo s’armasse e apparecchiasse per andare alla battaglia, e così in poca d’ora fu fatto. E ordinò, sì come i suoi nemici, a petto di loro tre schiere principali: la prima schiera era de’ Franceschi in quantità di M cavalieri, ond’erano capitani messer Filippo di Monforte e ’l maliscalco di Mirapesce; la seconda lo re Carlo col conte Guido di Monforte, e con molti de’ suoi baroni e cavalieri della reina, e co’ baroni e cavalieri di Proenza, e Romani, e Campagnini, ch’erano intorno di VIIIIc cavalieri, e le ’nsegne reali portava messer Guiglielmo lo Stendardo, uomo di grande valore; la terza fu guidatore Ruberto conte di Fiandra col suo maestro Gilio maliscalco di Francia, con Fiamminghi, e Bramanzoni, e Annoieri, e Piccardi, in numero di VIIc cavalieri. E di fuori di queste schiere furono gli usciti guelfi di Firenze con tutti gl’Italiani, e furono più di CCCC cavalieri, de’ quali molti di loro delle maggiori case di Firenze si feciono cavalieri per mano del re Carlo in su il cominciare della battaglia; e di questa gente, Guelfi di Firenze e di Toscana, era capitano il conte Guido Guerra<\/strong>, e la ’nsegna di loro portava in quella battaglia messer Currado da Montemagno di Pistoia. E veggendo il re Manfredi fatte le schiere, domandò della schiera quarta che gente erano, i quali comparivano molto bene inn-arme e in cavagli e in arredi e sopransegne; fugli detto ch’erano la parte guelfa usciti di Firenze e dell’altre terre di Toscana. Allora si dolfe Manfredi dicendo: «Ov’è l’aiuto ch’io hoe dalla parte ghibellina, ch’io ho cotanto servita, e messo in loro cotanto tesoro?», e disse: «Quella gente», cioè la schiera de’ Guelfi «non possono oggi perdere»; e ciò venne a dire, s’egli avesse vittoria ch’egli sarebbe amico de’ Guelfi di Firenze, veggendogli sì fedeli al loro signore e a·lloro parte, e nemico de’ Ghibellini.","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"38","from":14749.0,"to":14753.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"«Del papale ammanto.» \nPurg. XIX, 104: «Pesa il gran manto a chi dal fango il\nguarda.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Del gran manto. C. II, 27 «Del papale ammanto.» Purg. XIX, 104: «Pesa il gran manto a chi dal fango il guarda.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II, 27","NotaFonte":"","TestoFonte":"di sua vittoria e del papale ammanto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"68","from":17942.0,"to":17949.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"«Nelli anni di Cristo 1301,\ndel mese di maggio, la parte Bianca di Pistoia, con lo aiuto e\nfavore de' Bianchi che reggeano Firenze, ne cacciarono la parte\nNera, e disfeciono le loro case, palazzi e possessioni.» Gio.\nVillani, VIII, 44. — Si dimagra<\/b>, si spopola. «Gli abitanti\nsono come il succo ella vita civile.» Tommas\u00e8o.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Pistoia in pria<\/strong> ec., «Nelli anni di Cristo 1301, del mese di maggio, la parte Bianca di Pistoia, con lo aiuto e favore de' Bianchi che reggeano Firenze, ne cacciarono la parte Nera, e disfeciono le loro case, palazzi e possessioni.» Gio. Villani, VIII, 44.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica IX, 45","NotaFonte":"","TestoFonte":"Negli anni di Cristo MCCCI, del mese di maggio, la parte bianca di Pistoia coll’aiuto e favore de’ Bianchi che governavano la città di Firenze ne cacciarono la parte nera, e disfeciono le loro case, palazzi, e possessioni, intra l’altre una forte e ricca possessione de’ palazzi e torri ch’erano de’ Cancellieri neri, che si chiamava Dammiata.","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"143","from":23558.0,"to":23561.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"«Ohm\u00e8, chi fu quel primo che li\npesi<\/b> de l'oro coperto e le pietre<\/i> che si voleano ascondere,\npreziosi pericoli, cavoe?» (Conv.<\/i>, IV, xii, 4). — per forza\ndi poppa<\/i><\/b>: col petto, senza far uso delle braccia. — L'ebbero\nattaccato alle ricchezze, che poi son pesi<\/b> e pietre<\/i><\/b>, e\nl'hanno in eterno attaccato ai massi, che devono far ruzzolare\ndall'una all'altra estremit\u00e0 del cerchio; e con quanto affanno,\nlo dichiara l'accento del verso.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
«Ohmè, chi fu quel primo che li\r\npesi<\/b> de l'oro coperto e le pietre<\/i> che si voleano ascondere,\r\npreziosi pericoli, cavoe?» (Conv.<\/i>, IV, xii, 4).  — per forza\r\ndi poppa<\/b>: col petto, senza far uso delle braccia.  — L'ebbero\r\nattaccato alle ricchezze, che poi son pesi<\/b> e pietre<\/i>, e\r\nl'hanno in eterno attaccato ai massi, che devono far ruzzolare\r\ndall'una all'altra estremità del cerchio; e con quanto affanno,\r\nlo dichiara l'accento del verso.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xii, 4","NotaFonte":"Pietrobono cita il \"Convivio\", ma va segnalato che il riferimento coincide con una traduzione dantesca di un passo del \"De consolatione philosophiae\" di Boezio: \u00abHeu! primus quis fuit ille, \/ Auri qui pondera tecti, \/ Gemmasque latere volentes \/ Pretiosa pericula fodit?\u00bb (I, 1).","TestoFonte":"Promettono le false traditrici sempre, in certo numero adunate, rendere lo raunatore pieno d'ogni appagamento; e con questa promessione conducono l'umana volontade in vizio d'avarizia. E per questo le chiama Boezio, in quello Di Consolazione, pericolose, dicendo: «Ohmè! chi fu quel primo che li pesi dell'oro coperto e le pietre che si voleano ascondere, preziosi pericoli, cavòe?».","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=62&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"27","from":5987.0,"to":5989.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"«Questa mia opera (scriveva\nDante a Can della Scala) \u00e8 polisensa, cio\u00e8 di pi\u00f9 sensi: il\nprimo senso \u00e8 il letterale, il secondo l'allegorico, ossia\nmorale.»  E la morale ha da intendersi nel pieno suo significato,\ncio\u00e8 cos\u00ec la pubblica, come la privata: onde il secondo senso\ngeneralmente \u00e8 proprio morale, ma talvolta \u00e8 politico, talvolta\npure (come in tutto questo primo Canto) \u00e8 morale e politico\ninsieme.  Letteralmente adunque, la selva \u00e8 quale il Poeta ce la\ndescrive.  Il Galilei, conformandosi al Manetti e al Benivieni,\ndimostra con ragioni geometriche desunte dal sito e dalle misure\ndell'Inferno di Dante, che questa selva \u00e8 da lui finta nelle\nvicinanze di Cuma, dove appunto i greci e latini poeti, e\nparticolarmente Virgilio conduttore del nostro, posero la discesa\ndell'Inferno.  N\u00e8 osta che la lonza ed il leone, da Dante\ntrovatevi, non sieno fiere di queste regioni: perciocch\u00e8 questi\nnon sono animali terrestri, ma mostri sbucati d'Inferno, come lo\nstesso Poeta espressamente dice della lupa (v. 110), la qual pure\n\u00e8 nostrale.  Moralmente, la selva rappresenta il disordine\nprodotto dalla corruzion de' costumi.  Politicamente, la miseria\ne confusione dell'Italia afflitta dalle parti guelfa e\nghibellina, ma (secondo Dante ghibellino) massimamente dalla\nguelfa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
«Questa mia opera (scriveva Dante a Can della Scala) è polisensa, cioè di più sensi: il\r\nprimo senso è il letterale, il secondo l'allegorico, ossia morale.» <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3730666","LuogoFonte":"Epistole XIII xx 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ad evidentiam itaque dicendorum sciendum est quod istius operis non est simplex sensus, ymo dici potest polysemos<\/strong>, hoc est plurium sensuum; nam primus sensus est qui habetur per litteram, alius est qui habetur per significata per litteram. Et primus dicitur litteralis, secundus vero allegoricus sive moralis sive anagogicus.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Epistole&pb=13&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"2","from":10.0,"to":13.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Epistole"},
{"Annotazione":"«lo sommo desiderio di ciascuna\ncosa, e prima da la natura dato, \u00e8 lo ritornare a lo suo\nprincipio»; perci\u00f2 appena entrato nel nuovo cammino, cio\u00e8 appena\nrinato, dirizza li occhi al termine del suo sommo bene<\/i>\n(Conv.<\/i>, IV, xii, 14-16).  Levavi oculos meos in montes unde\nveniet auxilium mihi<\/i> (Ps., 120, 1).  Populus qui ambulabat in\ntenebris vidit lucem magnam; habitantibus in regione umbrae\nmortis lux orta est eis<\/i> (Is., IX, 2).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
«lo sommo desiderio di ciascuna\r\ncosa, e prima da la natura dato, è lo ritornare a lo suo\r\nprincipio»; perciò appena entrato nel nuovo cammino, cioè appena\r\nrinato, dirizza li occhi al termine del suo sommo bene<\/i>\r\n(Conv.<\/i>, IV, xii, 14-16).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xii, 14-15","NotaFonte":"","TestoFonte":"Per che io dico che non solamente nell'acquisto della scienza e delle ricchezze, ma in ciascuno acquisto l'umano desiderio si dilata, avegna che per altro e altro modo. E la ragione è questa: che lo sommo desiderio di ciascuna cosa, e prima dalla natura dato, è lo ritornare allo suo principio. [...] E sì come peregrino che va per una via per la quale mai non fue, che ogni casa che da lungi vede crede che sia l'albergo, e non trovando ciò essere, dirizza la credenza all'altra, e così di casa in casa, tanto che all'albergo viene; così l'anima nostra, incontanente che nel nuovo e mai non fatto cammino di questa vita entra, dirizza li occhi al termine del suo sommo bene, e però, qualunque cosa vede che paia in sé avere alcuno bene, crede che sia esso.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=62&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16","from":114.0,"to":117.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"«lodarsi d'uno ad un altro \u00e8\nacquistar grazia di uno ad un altro contandogli i meriti di colui\ncolla persona che parla.»  Cesari.<\/i>  Cfr. Purg. I, 83.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
«lodarsi d'uno ad un altro è acquistar grazia di uno ad un altro contandogli i meriti di colui colla persona che parla». Cesari.<\/i> Cfr. Purg. I, 83.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. I, 83","NotaFonte":"Si richiama qui l'autorit\u00e0 di Antonio Cesari","TestoFonte":"grazie riporterò di te a lei","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=35&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"74","from":1526.0,"to":1530.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"— Pinse<\/b>, spinse.  AEn.,\nXII: «Non secus ac nervo per nubem impulsa sagitta.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Pinse<\/b>, spinse.  Aen., XII: «Non secus ac nervo per nubem impulsa sagitta.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis XII, 856","NotaFonte":"","TestoFonte":"Non secus ac nervo per nubem impulsa sagitta","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D12%3Acard%3D843","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"13","from":6819.0,"to":6826.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"— contenuto.  Cfr. Par. II, 114.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
contenuto. Cfr. Par. II, 114<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. II, 112-114","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dentro dal ciel de la divina pace
si gira un corpo ne la cui virtute
l'esser di tutto suo contento giace.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=69&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"77","from":1551.0,"to":1552.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"— la «gentilissima Beatrice f\u00f9 —\n— reina delle virt\u00f9» V. N. {paragraph.} 10. — «Tutti sanno che\ntu sei donna di virt\u00f9», Rut III, 11.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
la «gentilissima Beatrice fù reina delle virtù» V. N. {paragraph.} 10<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18084","LuogoFonte":"X, 2 [5, 2]","NotaFonte":"[tra quadre] il riferimento alla paragrafatura dell'edizione Gorni","TestoFonte":"quella gentilissima, la quale fu distruggitrice di tutti li vitii e regina delle vertudi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Vita_Nova&pb=5&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76","from":1540.0,"to":1543.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Vita Nuova"},
{"Annotazione":"(volse<\/b> per volle<\/i>, forma\narcaica e frequente ne' nostri scrittori antichi; cf. Inf.<\/i>, \nXXIX, 118, nel commento); pur qui l'idea di comando (cf. vv.\n67-70; 79 e 134; veggasi alla fine di questo Canto Virgilio e\nBeatrice).  — Dinanzi a quella fiera<\/i><\/b> (la lupa) ecc.  Di qui si\nfa manifesto che la Lonza e il Leone non avevano inseguito il\nPoeta mentr'egli ruinava in basso loco<\/i><\/b> (Inf.<\/i>, I, 61), come\nmalamente, parmi hanno affermato alcuni chiosatori; ma in ci\u00f2 fu\nsolo la Lupa.  — Che del bel monte<\/b> (il monte dilettoso, \nprincipio e cagione ai tutta gioia<\/i><\/b>, Inf.<\/i>, I, 6).  — Il corto\nandar<\/i><\/b>, la via pi\u00f9 breve e spedita (cf. Diz. Dant.<\/i><\/b>, App. III, \n{paragraph.} ult., al fine).  — Ti tolse<\/b>, ti imped\u00ec, facendoti\nperdere la speranza dell'altezza (Inf.<\/i>, I, 54).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
(volse<\/b> per volle<\/i>, forma arcaica e frequente ne' nostri scrittori antichi; cf. Inf.<\/i>, XXIX, 118, nel commento)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIX, 102","NotaFonte":"Non chiaro il rimando al commento a Inf. XXIX, 118, visto che non vi si usa il verbo \"volse\". Possibile errore di Poletto, magari per ripetizione del numero a breve distanza.","TestoFonte":"e io incominciai, poscia ch'ei volse","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=29","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"118-120","from":1854.0,"to":1857.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"(Anfiarao figliuolo d'Oicleo,\no di Linceo, fu uno de' sette Regi che assediarono Tebe per\nrimettervi Re Polinice.  Essendo egli indovino, ed avendo\npreveduto che portandosi all'assedio di Tebe vi sarebbe perito,\nerasi perci\u00f2 nascosto in luogo noto alla sola propria moglie.  Ma\nvinta costei da Argia moglie di Polinice coll'offerta di un\nprezioso gioiello, manifest\u00f2 dov'era il marito; e condotto per\nforza a quell'assedio, mentre valorosamente combatteva, gli si\napr\u00ec sotto i piedi la terra e lo inghiotti.  Adunque dove rui\nAnfiarao<\/b>? sono voci derisorie degli assediati Tebani allegri di\ncotale di lui disgrazia.  Rui<\/b> adopera qu\u00ec Dante a causa della\nrima per ruini<\/i>, cadi<\/i>, come nel Parad. XXX, 82 rua<\/i> per\ncorra in fretta<\/i>; significati ambedue del verbo Latio ruo, is<\/i>:\ne forse qu\u00ec ebbe il Poeta, come il Daniello avverte, qualche\nparticolar riguardo al verbo stesso, che pone Stazio in bocca di\nPlutone interrogante il caduto Anfiarao, qui limite praeceps Non\nlicito per inane ruis<\/i> [Theb.<\/i> lib. 8 v. 85 e seg.]?\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
forse quì ebbe il Poeta, come il Daniello avverte, qualche particolar riguardo al verbo stesso, che pone Stazio in bocca di Plutone interrogante il caduto Anfiarao, qui limite praeceps Non licito per inane ruis<\/i> [Theb.<\/i> lib. 8 v. 85 e seg.]?<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q243203","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2708117","LuogoFonte":"VIII 84-85","NotaFonte":"","TestoFonte":"‘At tibi quos ’inquit, ‘manes, qui limite praeceps 
non licito per inane ruis?’","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1020.phi001.perseus-lat1:8","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"33-34","from":18664.0,"to":18667.0,"NomeAutore":"Publio Papinio Stazio","TitoloFonte":"Tebaide"}, {"Annotazione":"(cf. Inf.<\/i>, XVII, 134);\nscossi<\/b>, deposti, quasi scrollati, il che ne fa ripensare al\ncorruccio e al disdegno di Gerione (Inf.<\/i><\/b>, XVII, 132-133), \nscaricando con disdegno, dandosi come un crollo, il peso che\naveva in groppa. — Tenne a sinistra<\/i><\/b> ecc.; altrove (Inf.<\/i>, I, \n136):\n\n Allor si mosse; ed io gli tenni dietro.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"In questo luogo <\/strong>(cf. Inf.<\/i>, XVII, 134)","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVII, 134","NotaFonte":"","TestoFonte":"al piè al piè de la stagliata rocca","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=17","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"19-21","from":16585.0,"to":16588.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"(cf. Inf.<\/i>, XXXIV, 82); tre\ndiscese diverse, e tre scale di differente maniera; qui\nGerione<\/i>; pi\u00f9 abbasso il gigante Anteo<\/i> (Inf.<\/i>, XXXI, 130 e\nsegg.), Lucifero<\/i> da ultimo (Inf.<\/i>, XXXIV, 70 e segg.) Cos\u00ec\naltra discesa (Inf.<\/i>, VI, 1-5), e tra passaggi d'acqua (Inf.<\/i>, \nIV, 1 e segg.; VIII, 25 e segg.; XII, 95 e 126), tutti compiti\ncon mezzi differenti, ma ne' quali \u00e8 manifesto l'aiuto del cielo\ncorrispondente in misura alle difficolt\u00e0 da superare. — Monta<\/b>\necc.; monta dinanzi a me, perch\u00e8 io voglio stare in mezzo tra te\ne la coda di Gerione perch\u00e8 essa non ti possa far male. Le\nleggi, che nel loro criterio informante, quasi suggello di\nverit\u00e0, non possono emanare che dall'autorit\u00e0 imperiale, \ndifendono l'uomo onesto contro i malvagi (Mon.<\/i><\/b>, I, 16), \ntutelando il libero esercizio delle sue buone operazioni, onde\nl'Autorit\u00e0 dell'Imperatore diventa non solo presidio, ma libert\u00e0\n(Epist.<\/i>, VI, 5); e questa autorit\u00e0 rappresenta Virgilio. —\nLa coda<\/i><\/b> ecc.; la quale era velenosa (v. 26), per recare danno, \nnocumento, cf. Inf.<\/i><\/b>, II, 89; Purg.<\/i>, IV, 90 (cf. Purg.<\/i>, XX, \n63).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Siffatte scale<\/b> (cf. Inf.<\/i>, XXXIV, 82); tre discese diverse, e tre scale di differente maniera; qui Gerione<\/i>; più abbasso il gigante Anteo<\/i> (Inf.<\/i>, XXXI, 130 e segg.), Lucifero<\/i> da ultimo (Inf.<\/i>, XXXIV, 70 e segg.) Così altra discesa (Inf.<\/i>, VI, 1-5), e tra passaggi d'acqua (Inf.<\/i>, IV, 1 e segg.; VIII, 25 e segg.; XII, 95 e 126), tutti compiti con mezzi differenti, ma ne' quali è manifesto l'aiuto del cielo corrispondente in misura alle difficoltà da superare. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIV, 82","NotaFonte":"","TestoFonte":"Attienti ben, ché per cotali scale","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=34","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"82-84","from":16051.0,"to":16073.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"(cf. Purg.<\/i>, V, 8), solamente (cf. v.\n26); tutta la mia attenzione era solo rivolta alla pece ecc. —\nIntesa<\/b>; da intendere<\/i><\/b>, attenzione raccolta e fissa. —\nContegno<\/i><\/b>; contenimento, spiega il Buti; ma tal senso mal si\nconcilia col verso seguente; quindi \u00e8 da intendersi, stato, \ncondizione. E condizione<\/i> disse per l'appunto altrove il Poeta\n(Inf.<\/i>, IX, 108). — Incesa<\/b> (cf. Inf.<\/i><\/b>, XXVI, 48), bollita, \ncotta, bruciata. «Noi pure diciamo, nota il Bianchi, bruciarsi\ncoll'acqua bollente.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Pure<\/b> (cf. Purg.<\/i>, V, 8), solamente (cf. v. 26)","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. V, 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"pur me, pur me, e 'l lume ch'era rotto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=39&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16-18","from":10297.0,"to":10298.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"(cf. Purg.<\/i>, XXXI, 119):\naltrove, per antonomasia, gli occhi belli<\/i>, per significare\nBeatrice (Purg.<\/i>, XXVII, 136; Par.<\/i>, XIV, 131; XXII, 154). Si\nnoti l'arte possente in quel lagrimando volse<\/i> (<volse al\nCielo<\/i>> Boccaccio), specialmente rispetto a donna: la circostanza\ndi questo pianto \u00e8 ricordata altrove s\u00ec da Virgilio (Purg.<\/i>, \nXXVII, 137), come dalla stessa Beatrice (Purg.<\/i>, XXX, 141):\nquant'\u00e8 potente una lacrima sul cuore umano! essa, quand'\u00e8\nsincera frange persino il duro giudicio di Dio (Purg.<\/i>, V, 107). \nIl gerundio poi (lagrimando<\/b>), in luogo del participio\n(lagrimanti<\/i><\/b>), \u00e8 d'uso non infrequente nel nostro Autore (cf.\nInf.<\/i>, XXXI, 14; Purg.<\/i>, IX, 38; X, 56; Par.<\/i>, XVIII, 45;\nVit. N.<\/i>, III). Si noti come queste lagrime finiranno in riso\n(cf. Par.<\/i>, XXX, 92, nel commento). — Perch\u00e8 mi fece<\/i><\/b> ecc.; e\nin questo appunto si dimostra la cortesia<\/i><\/b> di Virgilio, onde\nDante tosto lo ringrazier\u00e0 (v. 134).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Gli occhi lucenti<\/b> (cf. Purg.<\/i>, XXXI, 119): altrove, per antonomasia, gli occhi belli<\/i>, per significare Beatrice (Purg.<\/i>, XXVII, 136; Par.<\/i>, XIV, 131; XXII, 154).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXI, 119","NotaFonte":"","TestoFonte":"strinsermi li occhi a li occhi rilucenti","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=65&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115-117","from":1830.0,"to":1849.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"(cf. v. 27) gi\u00f9 per lo scarco<\/i>\ndelle pietre rotte<\/i> (v. 28), ciascun ristette<\/b>; prima correvano\n(v. 56). — Tre<\/b>; erano Nesso, Chirone e Folo (vv. 67-72): —\nsi dipartiro<\/b>, si scostarono dalla compagnia degli altri. —\nCon archi<\/b>, armati d'arco, e di dardi (asticciuole<\/b>) prima\ntrascelti dalla faretra: — asticciuole<\/b>, perch\u00e8 que' dardi eran\nfatti a guisa di piccole aste.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Vedendoci calar<\/b> (cf. v. 27)","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII, 27","NotaFonte":"","TestoFonte":"mentre ch'e' 'nfuria, è buon che tu ti cale","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=12","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"58-60","from":10851.0,"to":10868.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"(con queste parole\nl'Alfieri not\u00f2 i due versi seguenti); perch\u00e8 la tua mente\n(l'ingegno tuo<\/b>) esce s\u00ec stranamente dalle consuete norme del\ngiudicare, si scosta dalla solita rettitudine di giudizio? Il\nBoccaccio: <Lira lirae<\/i> si \u00e8 il solco, il quale il bifolco\narando mette diritto co' suoi buoi, e quinci viene deliro, \ndeliras<\/i>; il quale tanto viene a dire, quanto uscire del solco; e\nperci\u00f2 metaphorice<\/i> parlando, in ciascuna cosa uscendo della\ndirittura e della ragione si pu\u00f2 dire e dicesi delirare.<\/i>> E\ncos\u00ec s'intendono meglio le altre consimili frasi: uscire di\ncorreggiata, uscire del seminato<\/i>, per perdere il filo del\ndiscorso<\/i>, ragionando male e dicendo stranezze e cose illogiche. \n— Da quel ch'ei suole<\/i><\/b>; non \u00e8 piccola lode questa che il\nMaestro fa all'alunno. — Ovver<\/b>; il Tommaseo: «perch\u00e8\nl'ingengno travia, o la mente si svaga; due cagioni d'errore.» \n— Altrove mira<\/b>? o forse la mente \u00e8 occupata in altri pensieri, \nonde resta offuscata intorno al soggetto presente? (cf. Purg.<\/i><\/b>, \nXXXIII, 124-126).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Altrove mira<\/b>? o forse la mente è occupata in altri pensieri, onde resta offuscata intorno al soggetto presente? (cf. Purg.<\/i>, XXXIII, 124-126).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXIII, 124-126","NotaFonte":"","TestoFonte":"E Bëatrice: “Forse maggior cura,
che spesse volte la memoria priva,
fatt'ha la mente sua ne li occhi oscura. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=67&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76-78","from":10147.0,"to":10169.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"(dalla posizione delle parole\nacquista vario senso la frase, Purg.<\/i>, V, 13; come \u00e8 la\ndifferenza tra buon dottore<\/i> e dottor buono<\/i>), seguimi oramai\n(Inf.<\/i>, XI, 112). — Che non metti<\/b>, che non metta. —\nAncor<\/b>; credo, come vuole il Torelli, che sia da riferirsi a\nguarda<\/b>, in senso di pure<\/i><\/b> (cio\u00e8 seguimi e guarda pure<\/i> ecc.), \ne non a metti<\/i><\/b> (cio\u00e8 guarda di non mettere per adesso i piedi<\/i><\/b>\necc.), perch\u00e8 nella rena arsiccia Dante non mette i piedi mai n\u00e8\nqui, n\u00e8 altrove. — Arsiccia<\/b>, arida (v. 13). — Al bosco<\/b>, \nlunghesso il lembo della selva de' violenti in s\u00e8 e nelle lor\ncose. — Stretti<\/b>, accostati (cf. Purg.<\/i>, III, 71; IV, 65;\nXXIV, 59; cf. Inf.<\/i>, IX, 51; Purg.<\/i>, III, 70; XIV, 140).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Mi vien dietro<\/b> (dalla posizione delle parole acquista vario senso la frase, Purg.<\/i>, V, 13; come è la differenza tra buon dottore<\/i> e dottor buono<\/i>), seguimi oramai (Inf.<\/i>, XI, 112). ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. V, 13","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vien dietro a me, e lascia dir le genti","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=39","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"73-75","from":13053.0,"to":13056.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"(e aver le cose conte<\/i>, \nInf.<\/i>, XXI, 62; cf. Purg.<\/i>, XV, 12), ti saranno note, ti si\nfaranno palesi, saprai il vero ecc. Dante della sua domanda avr\u00e0\nla risposta al v. 124. — Fermerem li nostri passi<\/b> ecc.: e\nfermare<\/i><\/b> o tenere i piedi<\/i> (Inf.<\/i>, XIV, 12; XXIII, 77), per\nristare (Inf.<\/i>, X, 24) o sostare<\/i> (Inf.<\/i>, XVI, 8). — Trista\nriviera d'Acheronte<\/i><\/b>; Acheronte, in greco, vale funesto, \nfunereo<\/i><\/b>; onde trista la sua riviera, perch\u00e8 frequentata dai\nmorti (vv. 88 e 89): per l'opposto Caronte<\/i> vale grazioso; \u00e8\nusato per antifrasi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
(e aver le cose conte<\/i>, Inf.<\/i>, XXI, 62; cf. Purg.<\/i>, XV, 12), ti saranno note, ti si faranno palesi, saprai il vero ecc. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI, 62","NotaFonte":"","TestoFonte":"non temer tu, ch'i' ho le cose conte","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76-78","from":2556.0,"to":2577.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"(essendo che) ciascun meco si\nconviene nel nome<\/b> (s'accorda con me nel nome di poeta<\/i>, che\ntutti insieme gridarono (v. 80), cio\u00e8 tutti sono poeti come me), \ncf. Par.<\/i>, XXXIII, 137.  Nella Vulg. El.<\/i>, I, 9: Convenientes\nin eodem nomine.<\/i><\/b>  — Voce sola<\/i><\/b>; cf. Par.<\/i>, XIX, 23-24, nel\ncommento.  — Fannomi onore<\/b>; la stessa frase al v. 100 (cf.\nPurg.<\/i><\/b>, V, 36).  Bene avvert\u00ec il nostro Autore che non ne'\nvirtuosi ma n\u00e8 viziosi la paritade \u00e8 cagione d'invidia<\/i>\n(Conv.<\/i>, I, 4); perci\u00f2 ne' Santi, e per conseguenta ne' giusti, \ninvidia non vi pu\u00f2 essere (Conv.<\/i>, III, 15; cf. Par.<\/i>, III, \n70-87; Purg.<\/i>, XV, 49 e segg.; XVII, 118-120).  — E di ci\u00f2\nfanno bene<\/i>; non perch\u00e8 onorino me, ma in me l'arte e la scienza, \ne perch\u00e8 si mostrano cos\u00ec scevri di invidia, la quale \u00e8 cagione\ndi mal giudizio, perocch\u00e8 non lascia la ragione argmentare per la\ncosa invidiata<\/i> (Conv.<\/i>, I, 4).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
(essendo che) ciascun meco si conviene nel nome<\/b> (s'accorda con me nel nome di poeta<\/i>, che tutti insieme gridarono (v. 80), cioè tutti sono poeti come me), cf. Par.<\/i>, XXXIII, 137.  Nella Vulg. El.<\/i>, I, 9: Convenientes in eodem nomine.<\/i> <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXXIII, 137","NotaFonte":"","TestoFonte":"veder voleva come si convenne","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=100","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"91-93","from":3601.0,"to":3621.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"(io direi anche, Inf.<\/i>, XXII, \n92), continuerei col mio discorso.  — Nuovo fumo<\/b>, il polverio\nche s'inalzava dal sabbione pel sopraggiungere d'altra schiera di\npeccatori.  Cos\u00ec spiegano tutti, osserva l'Andreoli; ma, \nsoggiunge, cos\u00ec non soglion fare i pi\u00e8 de' morti<\/i><\/b>, come ci fa\nosservare lo stesso Dante (Inf.<\/i>, XII, 82).  Intendasi dunque, \nprosegue, che in quella mezza oscurit\u00e0 Brunetto discernendo di\nlontano l'apparire di una nuova comitiva di spiriti la paragoni\nad un fumo che sorga dal sabbione.  L'osservazione \u00e8 acuta; ma\nquel nuovo<\/i><\/b> applicato a fumo<\/b>, fa vedere che Brunetto era uso a\nveder questo fenomeno.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Di più direi<\/b> (io direi anche, Inf.<\/i>, XXII, 92), continuerei col mio discorso.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXII, 92","NotaFonte":"","TestoFonte":"i' direi anche, ma i' temo ch'ello","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=22","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115-117","from":14403.0,"to":14406.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"(\u00e8 affine al precor<\/i> de' Lat. pi\u00f9\nche prego<\/i>; e preco<\/b> per prego<\/i><\/b>, preghiera, dice il Poeta, \nInf.<\/i>, XXVII, 90; e deprecare<\/i> e imprecare<\/i> diciam tuttavia, \ncon tutti i loro derivati; e vos prec<\/i>, vi prego, i Provenzali, \nPurg.<\/i>, XXVI, 145), ven prego.  — M'asseggia<\/i><\/b>, mi sieda, \ndall'antiquato assiedere<\/i><\/b> (cf. Inf.<\/i>, X, 82).  — Se piace a\ncostui<\/b>, a Virgilio; bello e caro tratto di figliale dipendenza, \nla quale, perch\u00e8 retta, non toglie di mostrare ad altri cortesia. \n— Ch\u00e8 vo seco<\/b>; mi seder\u00f2, posto che sia contento Virgilio, \ndappoich\u00e8 non debbo scompagnarmi da lui.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Ven preco<\/b> (è affine al precor<\/i> de' Lat. più che prego<\/i>; e preco<\/b> per prego<\/i>, preghiera, dice il Poeta, Inf.<\/i>, XXVII, 90; e deprecare<\/i> e imprecare<\/i> diciam tuttavia, con tutti i loro derivati; e vos prec<\/i>, vi prego, i Provenzali, Purg.<\/i>, XXVI, 145), ven prego.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVIII, 90","NotaFonte":"Il rinvio di Poletto al canto XXVII \u00e8 errato.","TestoFonte":"non sarà lor mestier voto né preco","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=28","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"34-36","from":13814.0,"to":13816.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":".. frange<\/b>: duro<\/b>, rigido, severo, \ncom'\u00e8 rigida la Giustizia divina (cf. Inf.<\/i>, XXX, 70), che\nvoleva abbandonato Dante alla sua perdizione.  — Frange<\/i><\/b>, \nrompe, ammollisce, rende men severo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Duro giudicio<\/b>... f<\/strong>range<\/b>: duro<\/b>, rigido, severo, com'è rigida la Giustizia divina (cf. Inf.<\/i>, XXX, 70), che voleva abbandonato Dante alla sua perdizione.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXX, 70","NotaFonte":"","TestoFonte":"La rigida giustizia che mi fruga","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=30&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":1692.0,"to":1694.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":".. tratto.<\/b>  Qui l'intonazione\narieggia in parte all'altro punto del Purg.<\/i>, III, 103-105. \nTratto<\/i><\/b>, se non m'inganno, comprende parte di quella violenza, \nper dolce e sapiente che si fosse, che Virgilio doveva usare per\nguidar<\/i><\/b> Dante, derivante dalle incertezze, dai sospetti<\/i>, dalla\nvilt\u00e0<\/i> dell'alunno: e non senza perch\u00e8 Virgilio usa, in\noccasioni solenni, due volte questo medesimo verbo (Purg.<\/i>, I, \n67; XXVII, 130).  — Se sai<\/b> e se puoi<\/i><\/b> abbiamo spesso nella\nCommedia<\/i>; cf. v. 60; XIII, 89; Purg.<\/i>, XXI, 34; XXII, 98, \nforme che, a parer mio, qualche volta rispondono all'altra se ti\npiace<\/i>, Purg.<\/i>, IV, 85; V, 59, e altrove.  — Tu fosti, prima\nch'io disfatto, fatto<\/i><\/b>, tu nascesti prima ch'io morissi.  Anche\nnel Canzoniere<\/i><\/b> (P. II, canz. 5, st. 4):\n\n     Dimmi, che hai tu fatto, \n     Cieco avaro disfatto?\n     Rispondimi, se puoi...;\n\ncio\u00e8, avaro<\/i> che la morte disfece<\/i>, cio\u00e8 or morto.<\/i>  Il\nBoccaccio: Hanno s\u00e8 medesimi disonestamente disfatto<\/i>\n(uccisero).  Dicono che Ciacco morisse nel 1286; Dante dunque, \nalla morte di Ciacco, era non pur nato, ma pi\u00f9 che ventenne.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"O tu che se'<\/b>... tratto.<\/b> Qui l'intonazione arieggia in parte all'altro punto del Purg.<\/i>, III, 103-105. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. III, 103-105","NotaFonte":"","TestoFonte":"E un di loro incominciò: “Chiunque
tu se', così andando, volgi 'l viso:
pon mente se di là mi vedesti unque”","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=37","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40-42","from":5244.0,"to":5248.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":".. \u00e8 Azzolino<\/b>: una\npennellata maestra, scrive il Cesari, e un guizzo di lume vien\nqui in una parola. Ezzelino III da Romano (dalla stanza, ove\nscrivo, prospetto bello e ridente nella sua postura quel paese)\nconte di Onara, Vicario imperiale della Marca Trivigiana, genero\ndi Federico II e l'anima di parte ghibellina nell'Italia\nsuperiore. Per trent'anni commise nequizie senza nome, le pi\u00f9\nterribili a Padova, ove trucid\u00f2 dodicimila cittadini (cf. Par.<\/i>, \nIX, 25-30). Le leggende su Ezzelino, test\u00e8 raccolte sui luoghi\nda un uomo operoso, il Brentari, fan conoscere come la mente del\npopolo, pur dopo tanti secoli, sia ancor piena dello spauracchio\ndi questo tiranno inumanissimo; e la leggenda trova riscontro e\nrincalzo in quanto dicono i chiosatori e i cronisti, che ne fanno\nun secondo Attila (nel testo postillato dal Giuliani, nel Par.<\/i>, \nIX, 29, dove la sorella Cunizza lo dice una facella<\/i>, il bravo\ndantista scrisse di contro nel margine: <Etzel<\/i>, piccolo\nAttila»). Basta per tutti G. Villani (Cron.<\/i>, VI, 73):\n«Azzolino fu il pi\u00f9 crudele e ridottato tiranno che mai fosse\nfra' Cristiani, e signoreggi\u00f2 per sua forza e tirannia, grande\ntempo, tutta la Marca di Trevigi e la citt\u00e0 di Padova e gran\nparte di Lombardia; e' cittadini di Padova molta gran parte\nconsum\u00f2, e pur de' migliori e de' pi\u00f9 nobili in grande quantit\u00e0, \ne togliendo le loro possessioni e' mandogli mendicando per lo\nmondo, e molti altri per diversi martirii e tormenti fece morire, \ne a un'ora undicimila Padovani fece ardere ... e sotto l'ombra di\nuna rudda e scellerata giustizia fece molti mali, e fu uno grande\nflagello al suo tempo.» Ezzelino, mortalmente ferito ad un piede\nal ponte di Cassano sull'Adda, mor\u00ec il 27 Settembre 1259, \nessendosi accelerata la morte collo sfasciarsi le ferite per\nisfuggire le contumelie del popolo e forse i temuti raffinati\ntormenti. — Obizzo da Esti<\/i><\/b> (cf. v. 12): Obizzo od Opizzone II\ndi casa d'Este, figliuolo di Rinaldo e di Adelaide da Romano, \nmarchese di Ferrara e della Marca d'Ancona, guelfo crudele e\nrapace; mor\u00ec nel 1293, successo all'avo Azzo VII nel 1263 nella\nsignoria di Ferrara. Si sparse la voce che Obizzo morisse\nstrangolato dal figlio Azzo VIII, e Dante lo tiene per vero<\/b>; la\nqual forma esprime anche che non tutti a' suoi tempi a tal\nnotizia prestavano fede, come si cerc\u00f2 di negarla pi\u00f9 tardi. \nDice poi figliastro<\/b>, non perch\u00e8 figliastro<\/b> davvero, ma per\nl'enormit\u00e0 del delitto: ma di tutto ci\u00f2 veggasi nel Diz. Dant.<\/i><\/b>, \nartic. Azzo D'Este, Figliastro e Obizzo. — Spento<\/i><\/b>, soffocato, \ndicono, con un piumaccio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":" quella fronte.<\/b>.. è Azzolino<\/b>: una pennellata maestra, scrive il Cesari, e un guizzo di lume vien qui in una parola. Ezzelino III da Romano (dalla stanza, ove scrivo, prospetto bello e ridente nella sua postura quel paese) conte di Onara, Vicario imperiale della Marca Trivigiana, genero di Federico II e l'anima di parte ghibellina nell'Italia superiore. Per trent'anni commise nequizie senza nome, le più terribili a Padova, ove trucidò dodicimila cittadini (cf. Par.<\/i>, IX, 25-30).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. IX, 25-30","NotaFonte":"","TestoFonte":"“In quella parte de la terra prava
italica che siede tra Rïalto
e le fontane di Brenta e di Piava,
si leva un colle, e non surge molt'alto,
là onde scese già una facella
che fece a la contrada un grande assalto. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=76&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"109-112","from":11227.0,"to":11230.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"... Prender sua vita<\/b> ec. E\nperch\u00e8 l'usuriere<\/b> ec. Cio\u00e8, se tu consideri bene quello ch'\u00e8\nscritto nel Genesi dal cominciamento, elli conviene che la gente\nprenda sua vita, e s'avanzi da queste due, cio\u00e8 dalla natura, e\ndall'arte naturale. Produce la natura le cose necessarie alla\nvita umana, e l'arte naturale coltiva la terra, e le cose\nnaturali, delle quali uomo vive. Dice il Genesi dal principio,\ncio\u00e8 IIJ capitolo in fine, dove dice: mise Idio Adam e Eva fuori\ndel Paradiso deliciani<\/i>, acci\u00f2 che elli lavorasse la terra,\ndella quale elli era tolto e fatto; cacci\u00f2 fuori Adam. E dice:\nperch\u00e8 l'usuriere altra via tiene; perci\u00f2 che non seguita via\nnaturale, per\u00f2 che danaio non pu\u00f2 fare danaio, n\u00e8 ingenerare\ndanaio; n\u00e8 seguita la via dell'arte naturale, per\u00f2 che ogni arte\ngeneralmente pretende modo, e forma di sua natura. E per\u00f2\nqualunque operazione \u00e8 fuori del modo, e della forma della\nnatura, \u00e8 contraria a Dio: la moneta per sua natura \u00e8 disposta ad\nessere mezzo solamente in aguagliare ogni mercato; s\u00ec che chi\nvuole che moneta facci moneta, s\u00ec la trae della sua naturale\ndisposizione. Arte \u00e8 acoglimento di comandamenti ad uno fine\ntendenti, e nota comandamenti onesti, e l[eci]ti, e giusti; il\ncontrario \u00e8 l'usura, la quale nulla onestade, nulla giustizia,\nnulla licitezza hae; della quale diremo capitolo XVIJ Inferni.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
Cioè, se tu consideri bene quello ch'è\r\nscritto nel Genesi dal cominciamento, elli conviene che la gente\r\nprenda sua vita, e s'avanzi da queste due, cioè dalla natura, e\r\ndall'arte naturale.  Produce la natura le cose necessarie alla\r\nvita umana, e l'arte naturale coltiva la terra, e le cose\r\nnaturali, delle quali uomo vive.  Dice il Genesi dal principio,\r\ncioè IIJ capitolo in fine, dove dice: mise Idio Adam e Eva fuori\r\ndel Paradiso deliciani<\/i>, acciò che elli lavorasse la terra,\r\ndella quale elli era tolto e fatto; cacciò fuori Adam. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"3, 23-24","NotaFonte":"","TestoFonte":"[23]<\/strong> Emisit eum Dominus Deus de paradiso Eden, ut operaretur humum, de qua sumptus est. | [24]<\/strong> Eiecitque hominem et collocavit ad orientem paradisi Eden cherubim et flammeum gladium atque versatilem ad custodiendam viam ligni vitae.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"106-111","from":10352.0,"to":10355.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"... Sol si ritorni<\/b> ec. \nIn queste parole si dimostra l'odio che ha il demonio a l'uomo,\nin ci\u00f2 che gli presta ogni impedimento che puote al suo bene\noperare; onde dice Santo Gregorio: il diavolo opprimendo rapisce,\no aguatando vola d'intorno, o mal confortando lusinga, o\nminacciando spaventa.  Nuoce il demonio a l'uomo violentemente,\ns\u00ec come quando elli lo percuote in corpo, come sono scontri di\nnotte, folgori, movimenti d'alcuni corpi, come sono pietre,\nalberi, le quali percoteranno li uomini, e faranoli male.  Nuoce\nper secondo modo il diavolo a l'uomo con impressioni d'immagini,\ne spezie visive, ch'elli produce nella sua fantasia, per le quali\ninganna l'uomo.  Inganna lo demonio l'uomo in quattro modi:\nl'uno, quando il conforta a fare un bene, a fine che ne segua un\nmale, s\u00ec come quando conforta uno uomo, che non ha stabilit\u00e0,\nch'entri in religione, acci\u00f2 che poi n'esca, e diventi appostata;\ne questo tocca qui l'Autore, dove dice: quelli se ne vada; ch\u00e8\nnon fu a fine ch'egli se ne andasse, ma ch'egli si smarrisse dal\nbuono proponimento: lo secondo modo si \u00e8, quando conforta d'un\nmale sotto spezie d'un bene: lo IIJ modo si \u00e8, quando sconforta\nd'un bene, mostrando che sia cagione di maggior bene, come quando\nsconforta elemosina, dicendo che per questo si schifa la\nvanagloria, che alcuni p[r]endono per dar per Dio: lo IIIJ modo\n\u00e8, quando conforta un bene, acci\u00f2 che se ne seguiti un male, s\u00ec\ncome quando conforta di molto digiunare, e molto vegghiare, acci\u00f2\nche per troppa astinenzia l'uomo caggia in pazzia, cio\u00e8 votamento\ndi celabro.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
In queste parole si dimostra l'odio che ha il demonio a l'uomo,\r\nin ciò che gli presta ogni impedimento che puote al suo bene\r\noperare; onde dice Santo Gregorio: il diavolo opprimendo rapisce,\r\no aguatando vola d'intorno, o mal confortando lusinga, o\r\nminacciando spaventa.  Nuoce il demonio a l'uomo violentemente,\r\nsì come quando elli lo percuote in corpo, come sono scontri di\r\nnotte, folgori, movimenti d'alcuni corpi, come sono pietre,\r\nalberi, le quali percoteranno li uomini, e faranoli male.  Nuoce\r\nper secondo modo il diavolo a l'uomo con impressioni d'immagini,\r\ne spezie visive, ch'elli produce nella sua fantasia, per le quali\r\ninganna l'uomo. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42827","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1222658","LuogoFonte":"XXXII, 11","NotaFonte":"","TestoFonte":"Verbis enim sequentibus fideli famulo Dominus cunctas hostis callidi machinationes insinuat, omne quod opprimendo rapit, omne quod insidiando circumvolat, omne quod minando terret, omne quod suadendo blanditur, omne quod desperando frangit, omne quod promittendo decipit. ","UrlFonte":"http:\/\/www.mlat.uzh.ch\/index.php?app=browser&text=8054:19","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"89-93","from":7358.0,"to":7363.0,"NomeAutore":"papa Gregorio I","TitoloFonte":"Moralia in Iob"},
{"Annotazione":"... Supin ricadde<\/b> ec.  In\nquesta lezione dice l'Autore, che con gran puntura d'animo il\ndetto Messer Cavalcante, atendendo a questa parola che Dante\ndisse di Guido quivi egli ebbe<\/b>, la quale hae a determinare\ncirca il tempo passato, temendo che 'l figliuolo non fosse morto,\ncon doglia paternale ricapitola questa parola: come dicesti,\nelli ebbe<\/b>? or non viv'elli<\/b>? e di questo nasce la suseguente\nquistione in fra questo medesimo capitolo, quivi — Deh se\nriposi mai vostra semenza<\/i> {v.94} ec.  E dice l'Autore qui,\nch'elli non li rispuose immantanente, per\u00f2 che gi\u00e0 li era entrato\nil dubbio nell'animo, sopra il quale fond\u00f2 la sua quistione,\ncom'elli medesimo dice infra questo medesimo capitolo quivi — E\ns'io fu' dianzi alla risposta muto<\/i> {v.112} ec.  E dice: supin\nricadde<\/i><\/b>; a denotare li suoi arroganti costumi.  Cadere supino \u00e8\npeccare, s\u00ec come \u00e8 l'argomento infra capitolo XIIJ Purgatorii<\/i><\/b>,\nquivi — Tanto ch'io volsi in su l'ardita faccia, Gridando a\nDio: omai pi\u00f9 non ti temo<\/i> ec.; ed \u00e8 cader supino, cadere in pena\netternale, s\u00ec come si legge d'Eli nel libro delli Re, che cadde\nindrieto della sella, e rotto il collo mor\u00ece.  E bene dice, che\nli dannati caggiono indrieto, per\u00f2 ch'elli caggiono in quelle\npene, alle quali nel presente secolo volgono il viso; onde\nSalamone nel libro de' Proverbi dice: la via delli malvagi \u00e8\ntenebrosa; non sanno dove caggiono.  E cadere in faccia si \u00e8\numiliarsi, e adorare Idio, s\u00ec come si legge d'Abram, lo quale\nparlando con Dio cadde nella faccia sua.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
ed è cader supino, cadere in pena\r\netternale, sì come si legge d'Eli nel libro delli Re, che cadde\r\nindrieto della sella, e rotto il collo morìe.  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q181620","LuogoFonte":"I 4, 18","NotaFonte":"","TestoFonte":"[18]<\/strong> Cumque ille nominasset arcam Dei, cecidit de sella retrorsum iuxta ostium et, fractis cervicibus, mortuus est; senex enim erat vir et gravis. Et ipse iudicavit Israel quadraginta annis.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_i-samuelis_lt.html#4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"67-72","from":9110.0,"to":9150.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libri di Samuele"},
{"Annotazione":"...: «Con la bocca nata a formar\nle parole, tent\u00f2 di parlare, e latr\u00f2»: rictuque in verba parato<\/i>\n— latravit conata loqui<\/i>, dice Ovidio, Metam.<\/i>, XIII, 568. \nDante della lunga descrizione piglia solo questo particolare e,\nper mezzo del latr\u00f2<\/b> e dell'allitterazione: s\u00ec come cane<\/b>, dove\ni suoni sembrano risolversi naturalmente nella a<\/i><\/b> di cane, ce ne\nfa sentire il latrato.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
 «Con la bocca nata a formar le parole, tentò di parlare, e latrò»: rictuque in verbaparato <\/i>— latravit conata loqui<\/i>, dice Ovidio, Metam.<\/i>, XIII, 568. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"XIII, 567-569","NotaFonte":"","TestoFonte":"at haec missum rauco cum murmure saxum
Morsibus insequitur rictuque in uerba parato
Latrauit, conata loqui;","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=OV%7Cmeta%7C013","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"20","from":28906.0,"to":28908.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"...: «Elli mi pareva\nsbigottito e guardava la terra» (V. N.<\/i>, IX). — rase d'ogni\nbaldanza<\/b>: prive affatto dell'abituale sicurezza. Qualcuno\nosserva che baldanza<\/b> vale anche letizia e cita a riscontro il\nvirgiliano: Sed frons laeta parum et deiecto lumina vultu<\/i><\/b>\n(En.<\/i>, VI, 863); ma lieto il volto di V. \u00e8 difficile\nimmaginarlo; e il verso Passa Lisetta baldanzosamente<\/i> autorizza\na prendere la parola nel significato che ancora conserva. —\nne' sospiri<\/i><\/b>: a quando a quando sospira anche, e cos\u00ec non riesce\na nascondere il suo smarrimento.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
«Elli mi pareva\r\nsbigottito e guardava la terra» (V. N.<\/i>, IX). <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18084","LuogoFonte":"IX (Gorni IV)","NotaFonte":"","TestoFonte":"E però lo dolcissimo signore, lo quale mi signoreggiava per la virtù della gentilissima donna, nella mia ymaginatione apparve come peregrino leggieramente vestito e di vili drappi. Elli mi parea sbigottito e guardava la terra, salvo che talora li suoi occhi mi parea che si volgessero ad un fiume bello e corrente e chiarissimo, lo quale sen gia lungo questo camino là ov'io era.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Vita_Nova&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"118-119","from":7571.0,"to":7576.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Vita Nuova"},
{"Annotazione":"...: «Se quanta rena volve lo mare\nturbato dal vento, se quante stelle rilucono la dea de la\nricchezza largisca, l'umana generazione non cesser\u00e0 di piangere»\n(Conv.<\/i>, IV, xii, 7).  — sotto la luna<\/b>: e quindi, nella\nterra.  Ma la luna non \u00e8 ricordata a caso; com'essa «cuopre e\ndiscuopre i liti senza posa», cos\u00ec la Fortuna ora alza e ora\nabbassa le sorti degli uomini, come faceva di Firenze (Par.<\/i><\/b>,\nXVI, 83).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
«Se quanta rena volve lo mare\r\nturbato dal vento, se quante stelle rilucono la dea de la\r\nricchezza largisca, l'umana generazione non cesserà di piangere»\r\n(Conv.<\/i>, IV, xii, 7). <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xii, 6-7","NotaFonte":"In realt\u00e0, il passo del \"Convivio\" cita a sua volta il \"De consolatione philosophiae\" di Boezio; \u00e8 probabile, data l'importanza dell'opera per gli scritti danteschi, che i versi si rifacciano direttamente alla fonte latina.","TestoFonte":"Però che in nullo tempo si compie né si sazia la sete della cupiditate; né solamente per desiderio d'acrescere quelle cose che hanno si tormentano, ma eziandio tormento hanno nella paura di perdere quelle». E queste tutte parole sono di Tulio, e così giacciono in quello libro che detto è. E a maggiore testimonianza di questa imperfezione, ecco Boezio in quello Di Consolazione dicente: «Se quanta rena volve lo mare turbato dal vento, se quante stelle rilucono, la dea della ricchezza largisca, l'umana generazione non cesserà di piangere».","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=62&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64-65","from":6239.0,"to":6242.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"...: «Sembrano foglie che al\nprimo freddo dell'autunno l'una appresso l'altra si stacchino dal\nramo, fin che questo non le vede<\/b> tutte cadute al suolo; o\nmeglio, perch\u00e9 quel loro scendere non \u00e8 a caso, sembrano uccelli\nche si buttino a terra per il richiamo di quell'orribile\nuccellatore» (Pascoli, loc. cit.<\/i>).  Quam multa in silvis\nautumni frigore primo<\/i> — lapsa cadunt folia<\/i>... (En.<\/i>, VI, 309\ne seg.).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Quam multa in silvis\r\nautumni frigore primo<\/i> — lapsa cadunt folia<\/i>... (En.<\/i>, VI, 309\r\ne seg.).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI, 309-312","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quam multa in siluis autumni frigore primo
Lapsa cadunt folia, aut ad terram gurgite ab alto
Quam multae glomerantur aues, ubi frigidus annus
Trans pontum fugat et terris immittit apricis.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo\/ordinata\/of430944\/query\/a#mark","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"112-114","from":2808.0,"to":2811.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"...: «in due modi si fa\ningiuria, cio\u00e8 o con forza o con frode... e l'una e l'altra\nalienissima dall'uomo; ma la frode \u00e8 degna d'odio maggiore»\n(Cic., De Off.<\/i>, I, 13).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
«in due modi si fa\r\ningiuria, cioè o con forza o con frode... e l'una e l'altra\r\nalienissima dall'uomo; ma la frode è degna d'odio maggiore»\r\n(Cic., De Off.<\/i>, I, 13).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1180721","LuogoFonte":"I, xiii, 41","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cum autem duobus modis, id est aut vi aut fraude, fiat iniuria, fraus quasi vulpeculae, vis leonis videtur; utrumque homine alienissimum, sed fraus odio digna maiore. Totius autem iniustitiae nulla capitalior quam eorum, qui tum, cum maxime fallunt, id agunt, ut viri boni esse videantur.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A2007.01.0047%3Abook%3D1%3Asection%3D41","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"24","from":9778.0,"to":9784.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":"De officiis"},
{"Annotazione":"...: Sanguis eius super nos et\nsuper filios nostros<\/i>: Quel sangue ricada pure su noi e sui\nnostri figli — grid\u00f2 il popolo ebreo, chiedendo la morte di\nGes\u00f9.  E cos\u00ec presso a poco il Mosca Lamberti, chiedendo quella\ndi Buondelmonte.  Ora il sangue gli ricade a chiazze sulla\nfaccia.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Sanguis eius super nos et\r\nsuper filios nostros<\/i>: Quel sangue ricada pure su noi e sui\r\nnostri figli — gridò il popolo ebreo, chiedendo la morte di\r\nGesù.  E così presso a poco il Mosca Lamberti, chiedendo quella\r\ndi Buondelmonte.  Ora il sangue gli ricade a chiazze sulla\r\nfaccia.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"27, 25","NotaFonte":"","TestoFonte":"[25]<\/strong> Et respondens universus populus dixit: “ Sanguis eius super nos et super filios nostros ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#27","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"105","from":27493.0,"to":27497.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"...: Alla lettera il verso\nsignifica: ripresi via cos\u00ec che il piede sul quale poggiavo la\npersona era sempre quello pi\u00f9 basso: allude cio\u00e8 al modo di\ncamminare di chi va di mala voglia e dubitoso, che si avvia\nlentamente, a ogni poco si ferma, di tanto in tanto riguarda\nindietro, insistendo pi\u00f9 o meno a lungo sul piede posteriore che\nin una salita, per quanto lieve, rimane sempre pi\u00f9 basso.  Perch\u00e9\nil sempre<\/b>, una volta che egli ci si rappresenta in cammino, non\nsi pu\u00f2 intendere se non nel senso che gli diamo, dicendo: —\npiove sempre, si lamenta sempre — e simili.  Moralmente vuol\ndire che dentro lui si combatteva una battaglia fra l'uomo\nvecchio, che tendeva verso la bassura della selva, e il nuovo che\nvoleva salire; e confessa che sulle prime, quando riprese via,\nessendo pi\u00f9 vicino alla selva, prevaleva in lui l'uomo vecchio,\nonde tornava sempre a fermarsi sul piede pi\u00f9 basso.  Dice in un\nverso quel che il Petrarca allontanandosi da Laura: «Io mi\nrivolgo indietro a ciascun passo — col corpo stanco ch'a gran\npena porto...  — Poi ripensando al dolce ben ch'io lasso — al\ncammin lungo ed al mio viver corto, — fermo le piante sbigottito\ne smorto, — e gli occhi in terra lagrimando abbasso».  Ambedue i\nsensi, letterale e allegorico, convengono perfettamente con la\nnatura della piaggia, che non \u00e8 n\u00e9 valle n\u00e9 monte, ma, confinando\ncon l'una e con l'altro, partecipa dell'una e dell'altro, e serve\nottimamente a rappresentare, lo ripetiamo, il languor naturae<\/i> o\nl'infirmitas<\/i> che consegue al peccato, il quale \u00e8 ferita che ci\ndisfranca<\/i>, e ci fa star come sospesi fra il male e il bene, fra\nla morte e la vita.  Vulnera quae corporibus infliguntur membra\nfaciunt claudicare vel aegre moveri<\/i> (S. Agost., De nuptiis<\/i>, c.\n34).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Alla lettera il verso\r\nsignifica: ripresi via così che il piede sul quale poggiavo la\r\npersona era sempre quello più basso: allude cioè al modo di\r\ncamminare di chi va di mala voglia e dubitoso, che si avvia\r\nlentamente, a ogni poco si ferma, di tanto in tanto riguarda\r\nindietro, insistendo più o meno a lungo sul piede posteriore che\r\nin una salita, per quanto lieve, rimane sempre più basso.  Perché\r\nil sempre<\/b>, una volta che egli ci si rappresenta in cammino, non\r\nsi può intendere se non nel senso che gli diamo, dicendo: —\r\npiove sempre, si lamenta sempre — e simili.  Moralmente vuol\r\ndire che dentro lui si combatteva una battaglia fra l'uomo\r\nvecchio, che tendeva verso la bassura della selva, e il nuovo che\r\nvoleva salire; e confessa che sulle prime, quando riprese via,\r\nessendo più vicino alla selva, prevaleva in lui l'uomo vecchio,\r\nonde tornava sempre a fermarsi sul piede più basso.  Dice in un\r\nverso quel che il Petrarca allontanandosi da Laura: «Io mi\r\nrivolgo indietro a ciascun passo — col corpo stanco ch'a gran\r\npena porto...  — Poi ripensando al dolce ben ch'io lasso — al\r\ncammin lungo ed al mio viver corto, — fermo le piante sbigottito\r\ne smorto, — e gli occhi in terra lagrimando abbasso».  Ambedue i\r\nsensi, letterale e allegorico, convengono perfettamente con la\r\nnatura della piaggia, che non è né valle né monte, ma, confinando\r\ncon l'una e con l'altro, partecipa dell'una e dell'altro, e serve\r\nottimamente a rappresentare, lo ripetiamo, il languor naturae<\/i> o\r\nl'infirmitas<\/i> che consegue al peccato, il quale è ferita che ci\r\ndisfranca<\/i>, e ci fa star come sospesi fra il male e il bene, fra\r\nla morte e la vita.  Vulnera quae corporibus infliguntur membra\r\nfaciunt claudicare vel aegre moveri<\/i> (S. Agost., De nuptiis<\/i>, c.\r\n34).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/de-nuptiis","LuogoFonte":"II, 34","NotaFonte":"","TestoFonte":"Persuasit malum diabolus tamquam peccatum, non creavit tamquam naturam. Sed plane naturae persuasit, quia homo natura est, et ideo eam persuadendo vitiavit. Qui enim vulnerat, non creat membra sed vexat. Sed vulnera, quae corporibus infliguntur, membra faciunt claudicare vel aegre moveri, non eam virtutem qua iustus est homo; vulnus autem, quod peccatum vocatur, ipsam vitam vulnerat, qua recte vivebatur. ","UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/nozze_concupiscenza\/index2.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"30","from":217.0,"to":222.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"...: Anche Ovidio parla del\nlanguore<\/i> conseguente alla peste: omnia languor habet.<\/i>  —\nper diverse biche<\/b>: biche sono i mucchi dei covoni di grano e\nquindi: ammucchiati qua e l\u00e0 nel fondo della bolgia.  — Il\ncontagio s'\u00e8 diffuso cos\u00ec che le anime vi stanno a mucchi. \nCiascuna soffre del male delle altre, e dovunque si guarda \u00e8 un\nbrulichio di membra infette.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Anche Ovidio parla del languore<\/i> conseguente alla peste: omnia languor habet.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"VII, 547-548","NotaFonte":"","TestoFonte":"Omnia languor habet: siluisque agrisque uiisque
Corpora foeda iacent, uitiantur odoribus aurae.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=OV%7Cmeta%7C007","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"66","from":28238.0,"to":28241.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"...: Con l'immagine dell'Arbia,\ndel fiumicello scorrente ai piedi di Montaperti, rossa di sangue,\nripone davanti gli occhi dell'avversario tutta la gravit\u00e0 dei\ndanni inflitti a Firenze. Scrive un contemporaneo: «tutte le\nstrade e' poggi e ogni rigo d'acqua pareva uno grosso fiume di\nsangue» (Bull.<\/i>, XXV, 18).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Con l'immagine dell'Arbia,\r\ndel fiumicello scorrente ai piedi di Montaperti, rossa di sangue,\r\nripone davanti gli occhi dell'avversario tutta la gravità dei\r\ndanni inflitti a Firenze.  Scrive un contemporaneo: «tutte le\r\nstrade e' poggi e ogni rigo d'acqua pareva uno grosso fiume di\r\nsangue» (Bull.<\/i>, XXV, 18).<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/la-battaglia-di-montaperto","LuogoFonte":"\u00abIl Propugnatore\u00bb, a. 1873, VI, pp. 57-58","NotaFonte":"Il testo menzionato \u00e8, per usare le parole dell'editore Antonio Ceruti (che lo pubblica sul \u00abPropugnatore\u00bb del 1873, VI, pp. 27-62), \u00abuna breve narrazione di quel grande e sanguinoso combattimento, glorioso ai vanti del pari che ai vincitori\u00bb (p. 27) che fu la battaglia di Montaperti. Anonimo, databile con ogni probabilit\u00e0 tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo, \u00e8 forse attribuibile a un autore senese: \u00aboltre ad alcune forme grammaticali del suo dire, pone esageratamente in risalto la valentia dei Ghibellini, e vitupera gli avversarii\u00bb (Ceruti, p. 28) ","TestoFonte":"La battaglia era grandissima e magiore uccisione. Ora pensate che quello che veniva a le mani di quello valoroso popolo di Siena, era tutto  forato senza alcuna misericordia. La battaglia bastò da la mattina a mezza terza insino a vésparo, e in sul vésparo si misero quelli svergognati cani Fiorentini e li loro bestiali seguaci in fuga. Quelli che erano rimasti vivi, che erano molti pochi, essendo la grande moltitudine, pensate se  ne furono morti; tutte le strade e poggi e  ogni rigo d'acqua pareva uno grosso fiume di sangue.","UrlFonte":"","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"86","from":9244.0,"to":9248.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"...: Dal principio\nalla fine del racconto Paolo non fa che piangere; e le sue\nlagrime sono cos\u00ec tristi che D., il quale non era venuto meno\nalle lagrime di Francesca, vinto dalla piet\u00e0, cade come morto. \n— io venni men<\/b>...: Ogni parola ha il suo accento e non sai su\nquale fermare di preferenza la voce: sembra che il verso\nbarcolli, come la persona di Dante.  — e caddi<\/b>...: Tutte\nparole bisillabe e piane, che d\u00e0nno al verso un'andatura uguale e\ngrave e rappresentano il cadere di D. steso sulla terra, affatto\nprivo di sensi.  Per intendere la ragione di questo suo morire,\ndella morte mistica, si rammentino le parole di san Paolo:\n«Bisogna distruggere l'uomo vecchio, uccidere il corpo del\npeccato.  Come prestaste le vostre membra a servire alla impurit\u00e0\ne alla ingiustizia, cos\u00ec ora convien prestarle alla giustizia per\nla santificazione» (Ad Rom.<\/i>, VI, 19 e seg.).  E Dante uccide il\ncorpo del peccato morendo di piet\u00e0 davanti a Paolo e Francesca,\nper cominciare cos\u00ec la sua liberazione da una colpa, alla quale\nnon nasconde, qui e altrove, d'essere andato soggetto e di aver\ncon le sue rime, forse blandita.\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Per intendere la ragione di questo suo morire,\r\ndella morte mistica, si rammentino le parole di san Paolo:\r\n«Bisogna distruggere l'uomo vecchio, uccidere il corpo del\r\npeccato.  Come prestaste le vostre membra a servire alla impurità\r\ne alla ingiustizia, così ora convien prestarle alla giustizia per\r\nla santificazione» (Ad Rom.<\/i>, VI, 19 e seg.).  E Dante uccide il\r\ncorpo del peccato morendo di pietà davanti a Paolo e Francesca,\r\nper cominciare così la sua liberazione da una colpa, alla quale\r\nnon nasconde, qui e altrove, d'essere andato soggetto e di aver\r\ncon le sue rime, forse blandita.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q48203","LuogoFonte":"VI, 19-23","NotaFonte":"","TestoFonte":"[19]<\/strong> Humanum dico propter infirmitatem carnis vestrae. Sicut enim exhibuistis membra vestra servientia immunditiae et iniquitati ad iniquitatem, ita nunc exhibete membra vestra servientia iustitiae ad sanctificationem. | [20]<\/strong> Cum enim servi essetis peccati, liberi eratis iustitiae. | [21]<\/strong> Quem ergo fructum habebatis tunc, in quibus nunc erubescitis? Nam finis illorum mors! | [22]<\/strong> Nunc vero liberati a peccato, servi autem facti Deo, habetis fructum vestrum in sanctificationem, finem vero vitam aeternam! | [23]<\/strong> Stipendia enim peccati mors, donum autem Dei vita aeterna in Christo Iesu Domino nostro.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-romanos_lt.html#6","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"139-142","from":4945.0,"to":4950.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera ai Romani"},
{"Annotazione":"...: Dall'alto di quel vecchio\nponte, scheggiato e livido, ci fermammo a guardare la traccia<\/b>,\nla fila.  Cfr. XII, 55.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Dall'alto di quel vecchio ponte, scheggiato e livido, ci fermammo a guardare la traccia<\/b>,\r\nla fila.  Cfr. XII, 55.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno XII, 55-57","NotaFonte":"","TestoFonte":"e tra 'l piè de la ripa ed essa, in traccia
corrien centauri, armati di saette,
come solien nel mondo andare a caccia.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=12&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79","from":17011.0,"to":17014.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"...: Davanti a cos\u00ec terribile\nspettacolo l'apostrofe vien naturale. Ma qui serve anche a\ninterporre una pausa tra la prima e la seconda parte\ndell'episodio. Cfr. Inf.<\/i>, VII, 19; XII, 49.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Davanti a così terribile\r\nspettacolo l'apostrofe vien naturale.  Ma qui serve anche a\r\ninterporre una pausa tra la prima e la seconda parte\r\ndell'episodio.  Cfr. Inf.<\/i>, VII, 19;<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno VII, 19-20","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ahi giustizia di Dio! tante chi stipa
nove travaglie e pene quant'io viddi?","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=7&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"119","from":23371.0,"to":23375.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"...: Dio. Per D. il paradiso \u00e8\nun «impero giustissimo e pio».\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Per D. il paradiso è\r\nun «impero giustissimo e pio».<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"XXXII, 115-117","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma vieni omai con li occhi sì com'io
andrò parlando, e nota i gran patrici
di questo imperio giustissimo e pio<\/em>.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=99&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"124","from":892.0,"to":894.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"...: E ora sei venuto sotto\nl'emisfero del cielo australe, diametralmente opposto al boreale,\nche ricopre la gran secca, la terra arida, emersa dalle acque,\nquando Dio disse: «Si raccolgano le acque che sono sotto il cielo\nin un sol luogo, e l'arida<\/i> apparisca» (Gen.<\/i>, I, 10).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
E ora sei venuto sotto\r\nl'emisfero del cielo australe, diametralmente opposto al boreale,\r\nche ricopre la gran secca, la terra arida, emersa dalle acque,\r\nquando Dio disse: «Si raccolgano le acque che sono sotto il cielo\r\nin un sol luogo, e l'arida<\/i> apparisca» (Gen.<\/i>, I, 10).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"1, 9","NotaFonte":"Il versetto citato da Pietrobono \u00e8 in realt\u00e0 il nono, non il decimo; riportiamo comunque il testo, perch\u00e9 \u00e8 l\u00ec che il Dio giudaico-cristiano stabilisce la differenza anche nominale tra acque e terre.","TestoFonte":"[9]<\/strong> Dixit vero Deus: “Congregentur aquae, quae sub caelo sunt, in locum unum, et appareat arida”. Factumque est ita. | [10[<\/strong> Et vocavit Deus aridam Terram congregationesque aquarum appellavit Maria.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"112-113","from":33918.0,"to":33921.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"...: E se non nella bocca,\nguardali negli occhi (i due luoghi della faccia nei quali\n«massimamente... opera l'anima» e rivela le sue passioni\n(Conv.<\/i>, III, viii, 8), e vedrai che si ammiccano, facendo\nl'atto di chi minaccia altrui dolori e guai.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
E se non nella bocca,\r\nguardali negli occhi (i due luoghi della faccia nei quali\r\n«massimamente... opera l'anima» e rivela le sue passioni\r\n(Conv.<\/i>, III, viii, 8), e vedrai che si ammiccano, facendo\r\nl'atto di chi minaccia altrui dolori e guai.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"III, viii, 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"E però che nella faccia massimamente in due luoghi opera l'anima – però che in quelli due luoghi quasi tutte e tre le nature dell'anima hanno giurisdizione – cioè nelli occhi e nella bocca, quelli massimamente adorna e quivi pone lo 'ntento tutto a fare bello, se puote. E in questi due luoghi dico io che appariscono questi piaceri dicendo: «nelli occhi e nel suo dolce riso».","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=41&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"132","from":20284.0,"to":20288.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"...: Essendosi recata nella\nTracia a richiedere da Polinestore il suo piccolo Polidoro,\nscende sulla spiaggia e trova il corpo del figliuolo, morto:\naspicit eiectum Polydori in litore corpus<\/i> (Metam.<\/i>, XIII,\n536).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Essendosi recata nella Tracia a richiedere da Polinestore il suo piccolo Polidoro,\r\nscende sulla spiaggia e trova il corpo del figliuolo, morto:\r\naspicit eiectum Polydori in litore corpus<\/i> (Metam.<\/i>, XIII, 536).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"XIII, 533-537","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dixit et ad litus passu processit anili,
Albentes lacerata comas. \"date, Troades, urnam\"
Dixerat infelix, liquidas hauriret ut undas
Adspicit eiectum Polydori in litore corpus
Factaque Threiciis ingentia uulnera telis.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=OV%7Cmeta%7C013","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"18","from":28891.0,"to":28895.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"...: Gli accenti, cadendo sulla\nseconda quarta e settima, par si rincorrano, e imprimono al verso\nun movimento di stupore. Sono una moltitudine sterminata,\nvivendo grandissima parte de li uomini pi\u00f9 secondo lo senso che\nsecondo ragione<\/i> (Conv.<\/i>, III, xiii, 4). Anche l'Ecclesiaste<\/i>,\nessendosi proposto di fare per mezzo della sapienza studio e\nricerca di quanto accade sotto il sole, trov\u00f2 che il numero degli\nstolti \u00e8 infinito: stultorum infinitus est numerus<\/i> (I, 15).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
 Sono una moltitudine sterminata,\r\nvivendo grandissima parte de li uomini più secondo lo senso che\r\nsecondo ragione<\/i> (Conv.<\/i>, III, xiii, 4). <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"III, xiii, 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"E di necessitate fare si conviene, ché, secondo che manifestamente appare, e nel seguente trattato per intenzione si ragionerà, grandissima parte delli uomini vivono più secondo lo senso che secondo ragione; e quelli che secondo lo senso vivono di questa innamorare è impossibile, però che di lei avere non possono alcuna apprensione. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=46&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"57","from":2424.0,"to":2427.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"...: I vessilli del re dell'inferno\navanzano verso di noi.  — Son giunti all'ultima delle quattro\nzone di Cocito.  Di mezzo a quell'aria grossa e scura le sei\ngrandi ali di Lucifero cominciano ad apparire, e V. alla vista di\nesse, non potendo quasi contenere l'emozione che prova, ne d\u00e0\nl'annunzio a D. con le prime parole, debitamente modificate,\ndell'inno di Venanzio Fortunato, che la Chiesa canta la settimana\ndella Passione alla scoprirsi della Croce: Vexilla regis\nprodeunt; fulget Crucis mysterium.<\/i>  Fa sorgere alla nostra\nfantasia il vessillo della Croce e subito gli contrappone quello\ndi Dite, di colui cio\u00e8 che come principio d'ogni male, \u00e8 la\nnegazione cos\u00ec della Croce, simbolo della piet\u00e0, come\ndell'Aquila, simbolo della giustizia, quantunque imiti in qualche\nmodo contraffacendole, e l'una e l'altra.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
I vessilli del re dell'inferno\r\navanzano verso di noi.  — Son giunti all'ultima delle quattro\r\nzone di Cocito.  Di mezzo a quell'aria grossa e scura le sei\r\ngrandi ali di Lucifero cominciano ad apparire, e V. alla vista di\r\nesse, non potendo quasi contenere l'emozione che prova, ne dà\r\nl'annunzio a D. con le prime parole, debitamente modificate,\r\ndell'inno di Venanzio Fortunato, che la Chiesa canta la settimana\r\ndella Passione alla scoprirsi della Croce: Vexilla regis\r\nprodeunt; fulget Crucis mysterium.<\/i>  Fa sorgere alla nostra\r\nfantasia il vessillo della Croce e subito gli contrappone quello\r\ndi Dite, di colui cioè che come principio d'ogni male, è la\r\nnegazione così della Croce, simbolo della pietà, come\r\ndell'Aquila, simbolo della giustizia, quantunque imiti in qualche\r\nmodo contraffacendole, e l'una e l'altra.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q44934","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/carmina","LuogoFonte":"Hymnus in honore sanctae crucis, 1-4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vexilla regis prodeunt,
fulget crucis mysterium,
quo carne carnis conditor
suspensus est patibulo.","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=MLS\/&text=16690:4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"1","from":33095.0,"to":33097.0,"NomeAutore":"Venanzio Fortunato","TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"...: Il brago in cui sono, il\nvoltarsi e rivoltarsi di continuo, la qualit\u00e0 della colpa, tutto\nfarebbe aspettare che D. li rassomigliasse a porci; ma no, ch\u00e9 ne\nprova piet\u00e0. — profani<\/b>: reprobi. S. Paolo chiama profano<\/i>\nEsa\u00f9, che per una minestra di lenticchie rinunzi\u00f2 alla\nprimogenitura, e per conseguenza alla benedizione del padre (Ep.\nad Hebr.<\/i>, XII, 16); e nel Levitico<\/i> si legge: «Non berrete vino\no altro che possa inebriare... perch\u00e9 sappiate discernere ci\u00f2\nch'\u00e8 santo da ci\u00f2 che \u00e8 profano» (X, 9-10).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
S. Paolo chiama profano<\/i>\r\nEsaù, che per una minestra di lenticchie rinunziò alla\r\nprimogenitura, e per conseguenza alla benedizione del padre (Ep.\r\nad Hebr.<\/i>, XII, 16);<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128608","LuogoFonte":"12, 16","NotaFonte":"","TestoFonte":"[16]<\/strong> ne quis fornicator aut profanus ut Esau, qui propter unam escam vendidit primogenita sua.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-hebraeos_lt.html#12","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"21","from":5113.0,"to":5115.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera agli Ebrei"},
{"Annotazione":"...: Il maestro cortese risponde\nora alle domande che D. gli aveva fatte prima e pi\u00f9 largamente\nche questi non si aspettasse; e gl'insegna che l'aspettazione\ndel dolore riesce pi\u00f9 insoffribile del dolore stesso. \nL'inevitabile meglio affrontarlo presto.  Anche Ges\u00f9 disse a\nGiuda il traditore: quod facis, fac citius<\/i>: fa presto quel che\npensi di fare.  (Giov., XIII, 27).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
L'inevitabile meglio affrontarlo presto.  Anche Gesù disse a\r\nGiuda il traditore: quod facis, fac citius<\/i>: fa presto quel che\r\npensi di fare.  (Giov., XIII, 27).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"13, 27","NotaFonte":"","TestoFonte":"[27]<\/strong> Et post buccellam tunc introivit in illum Satanas. Dicit ergo ei Iesus: “Quod facis, fac citius”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#13","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"126","from":2909.0,"to":2913.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"...: Il movimento affannoso,\ndurato pi\u00f9 di cinque terzine, rallenta per la parola lunga,\nportandosene<\/b>, e per la forte cesura del me<\/b>, in cui convergono\ni particolari della minuta descrizione.  Se V. lo prende e fugge\ne non s'arresta, se non quando \u00e8 sicuro di averlo sottratto\nall'ira di quei diavoli, egli \u00e8 che gli premeva troppo di salvare\nal mondo colui, nel quale solamente riviveva la sementa santa di\nRoma.  Il medesimo aveva fatto allorch\u00e9 vide Filippo Argenti\navventarsi contro D. per affogarlo nella broda dello Stige.  E\nquel suo gesto materno, come dicemmo, trova il suo primo\nchiarimento nelle parole di Brunetto Latini contro le bestie\nfiesolane.  Il secondo lo leggiamo qui, dove il maestro, qual\nrappresentante di Lucia, nemica di ciascun crudele<\/i> (cfr. v.\n16-18), non pure lo ricinge con le sue braccia, s'incinge in\nlui<\/i>, ma lo porta sul petto, come madre il suo figliuolo, felice\ndi averlo salvato da un imminente pericolo di morte.  Conclusit\nora leonum et non nocuerunt mihi; quia coram eo iustitia inventa\nest in me.<\/i>  Cos\u00ec, con le parole di Daniele, comincia D. il terzo\nlibro della Monarchia<\/i>; e con una parafrasi delle stesse parole\nsi potrebbero concludere le due scene, nelle quali \u00e8 adombrato\nnon sappiamo qual fatto preciso della sua vita, ma certo un\npericolo gravissimo di morte, dal quale a lui dovette parere\nd'essere scampato come per miracolo.  L'ipotesi \u00e8 tutt'altro che\ninverosimile per chi rammenti la sentenza che lo condannava a\nessere arso vivo, qualora fosse stato preso nelle terre del\nComune di Firenze.  Il suo amore all'Impero di Roma lo aveva\nmandato incontro alle sventure pi\u00f9 gravi; e il suo grande amore\nalla giustizia, pensava lui, lo aveva liberato dalla vendetta de'\nsuoi nemici.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Conclusit ora leonum et non nocuerunt mihi; quia coram eo iustitia inventa\r\nest in me.<\/i>  Così, con le parole di Daniele, comincia D. il terzolibro della Monarchia<\/i>; e con una parafrasi delle stesse parole\r\nsi potrebbero concludere le due scene, nelle quali è adombrato\r\nnon sappiamo qual fatto preciso della sua vita, ma certo un\r\npericolo gravissimo di morte, dal quale a lui dovette parere\r\nd'essere scampato come per miracolo.  L'ipotesi è tutt'altro che\r\ninverosimile per chi rammenti la sentenza che lo condannava a\r\nessere arso vivo, qualora fosse stato preso nelle terre del\r\nComune di Firenze.  Il suo amore all'Impero di Roma lo aveva\r\nmandato incontro alle sventure più gravi; e il suo grande amore\r\nalla giustizia, pensava lui, lo aveva liberato dalla vendetta de'\r\nsuoi nemici.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80115","LuogoFonte":"6, 23","NotaFonte":"Non si pu\u00f2 parlare di una vera e propria citazione, perch\u00e9 di fatto non ci sono elementi lessicali o figurali che attestino la presenza di Daniele nella coppia di versi. Pietrobono, con un tipico gioco d'intarsi tra opere della biblioteca dantesca e scritti del poeta, recupera una citazione presente nella \"Monarchia\" per rafforzare la sua interpretazione dell'episodio.","TestoFonte":"[22]<\/strong> Et Daniel regi respondens ait: “ Rex, in aeternum vive! | [23]<\/strong> Deus meus misit angelum suum et conclusit ora leonum, et non nocuerunt mihi, quia coram eo iustitia inventa est in me; sed et coram te, rex, delictum non feci ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_danielis_lt.html#6","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"50-51","from":21782.0,"to":21784.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro di Daniele"},
{"Annotazione":"...: Il terremoto improvviso, il\nvento che soffia e pi\u00f9 il rosso vivo del baleno lo riempiono di\npaura e gli tolgono i sensi; onde cade, come uomo vinto dal\nsonno, svenuto.  Non sono effetti delle potenze infernali,\ninsorgenti contro il vivo che si apparecchia a scendere\nnell'inferno, ma segni dello Spirito, senza l'aiuto del quale gli\nsarebbe stato impossibile varcare l'Acheronte, morire cio\u00e8 alla\nmorte rappresentata da quel livido<\/i> fiume, che, contenendo\ndentro di s\u00e8 tutto il baratro, non pu\u00f2 significare se non la\ncolpa originale, cagionata dal livore<\/i> di Satana e comprendente\nin s\u00e9 tutte le altre.  Terremoto, vento e lingue di fuoco\naccompagnarono parimente la discesa dello Spirito Santo sopra gli\nApostoli nel giorno della Pentecoste.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
 Il terremoto improvviso, il\r\nvento che soffia e più il rosso vivo del baleno lo riempiono di\r\npaura e gli tolgono i sensi; onde cade, come uomo vinto dal\r\nsonno, svenuto.  Non sono effetti delle potenze infernali,\r\ninsorgenti contro il vivo che si apparecchia a scendere\r\nnell'inferno, ma segni dello Spirito, senza l'aiuto del quale gli\r\nsarebbe stato impossibile varcare l'Acheronte, morire cioè alla\r\nmorte rappresentata da quel livido<\/i> fiume, che, contenendo\r\ndentro di sè tutto il baratro, non può significare se non la\r\ncolpa originale, cagionata dal livore<\/i> di Satana e comprendente\r\nin sé tutte le altre.  Terremoto, vento e lingue di fuoco\r\naccompagnarono parimente la discesa dello Spirito Santo sopra gli\r\nApostoli nel giorno della Pentecoste.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","LuogoFonte":"2, 1-6","NotaFonte":"","TestoFonte":"[1]<\/strong> Et cum compleretur dies Pentecostes, erant omnes pariter in eodem loco. | [2]<\/strong> Et factus est repente de caelo sonus tamquam advenientis spiritus vehementis et replevit totam domum, ubi erant sedentes. | [3]<\/strong> Et apparuerunt illis dispertitae linguae tamquam ignis, seditque supra singulos eorum; | [4]<\/strong> et repleti sunt omnes Spiritu Sancto et coeperunt loqui aliis linguis, prout Spiritus dabat eloqui illis. | [5]<\/strong> Erant autem in Ierusalem habitantes Iudaei, viri religiosi ex omni natione, quae sub caelo est; | [6]<\/strong> facta autem hac voce, convenit multitudo et confusa est, quoniam audiebat unusquisque lingua sua illos loquentes.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"135","from":2969.0,"to":2973.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"},
{"Annotazione":"...: In mancanza di altre armi, si\nservono per offendere delle proprie membra.  «Le armi le fornisce\nil furore»: furor arma ministrat<\/i> (En.<\/i>, I, 150).  Sembra\nd'essere arrivati a un ospedale di matti furiosi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
In mancanza di altre armi, si\r\nservono per offendere delle proprie membra.  «Le armi le fornisce\r\nil furore»: furor arma ministrat<\/i> (En.<\/i>, I, 150).  Sembra\r\nd'essere arrivati a un ospedale di matti furiosi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"I, 150","NotaFonte":"Come accade anche in altre note, Pietrobono \"adopera\" Virgilio per commentare la poesia dantesca.","TestoFonte":"Iamque faces et saxa uolant, furor arma ministrat;","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo\/codice\/VERG%7Caene%7C001","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"113","from":6584.0,"to":6588.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"...: Insegna nel De V. E.<\/i>\nche quanto pi\u00f9 da vicino imitiamo i grandi poeti e tanto pi\u00f9\nrettamente poetiamo (II, iv, 3).  Qui dichiara che componendo le\nsue canzoni in stile tragico<\/i>, per le quali s'era acquistata gi\u00e0\nqualche fama, ebbe Virgilio come suo unico modello al bello\nstilo.<\/b>  Apprese da lui a far poesia e quindi a essere originale. \nMa con quanta riconoscenza glielo dice!  Perci\u00f2 pu\u00f2 parlare senza\niattanza del bello stilo<\/b>, ecc.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Insegna nel De V. E.<\/i>\r\nche quanto più da vicino imitiamo i grandi poeti e tanto più\r\nrettamente poetiamo (II, iv, 3).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18081","LuogoFonte":"II, iv, 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Differunt tamen a magnis poetis, hoc est regularibus, quia magni sermone et arte regulari poetati sunt, hii vero casu, ut dictum est. Idcirco accidit ut, quantum illos proximius imitemur, tantum rectius poetemur. Unde nos doctrine operi intendentes, doctrinatas eorum poetrias emulari oportet.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_VE&pb=23&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"86-87","from":623.0,"to":627.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"De vulgari eloquentia"},
{"Annotazione":"...: La vivacit\u00e0 o quasi\nl'impazienza delle parole di V. pu\u00f2 dipendere anche dal desiderio\nche ha di riscuoterlo al pi\u00f9 presto dal torpore che sempre reca\nl'abbandonarsi a piangere.  — e vedi a cui<\/b>...: e, in cambio di\npiangere, guarda piuttosto colui al quale, cosa non pi\u00f9 udita, la\nterra si spalanc\u00f2 sotto i piedi, ed egli vi precipit\u00f2 dentro e\nnon si ferm\u00f2, finch\u00e9 non giunse davanti a Min\u00f2s.  Era difficile\ntrovare un racconto che pi\u00f9 vivamente colpisse la fantasia e\nridestasse l'interesse di Dante.  Dai particolari, anche se V.\nnon ne avesse ripetuto il nome, avrebbe capito trattarsi di\nAnfiarao: li aveva letti nella Tebaide<\/i> di Stazio; e li lascia\nquali la fantasia popolare li aveva trovati, perch\u00e9 gli servono a\nfarci ripensare al racconto biblico della caduta di Lucifero, il\nquale oltre a essere precipitato gi\u00f9 e, per una voragine apertasi\nsotto il suo capo, ruinato a valle, ha pure due facce stravolte e\nlagrimose; \u00e8 insomma il prototipo di Anfiarao.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Dai particolari, anche se V.\r\nnon ne avesse ripetuto il nome, avrebbe capito trattarsi di\r\nAnfiarao: li aveva letti nella Tebaide<\/i> di Stazio<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q243203","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2708117","LuogoFonte":"VIII, 21-126","NotaFonte":"L'episodio di Anfiarao comincia gi\u00e0 nel VII canto della \"Tebaide\", vv. 690-823 (cfr. Padoan, \"Anfiarao\", ad vocem, in ED).","TestoFonte":"Forte sedens media regni infelicis in arce
Dux Erebi populos poscebat crimina uitae,
Nil hominum miserans iratusque omnibus umbris.
Stant Furiae circum uariaeque ex ordine Mortes,
Saeuaque multisonas exertat Poena catenas;
Fata serunt animas et eodem pollice damnant:
Vincit opus. iuxta Minos cum fratre uerendo
Iura bonus meliora monet regemque cruentum
Temperat; adsistunt lacrimis atque igne tumentes
Cocytos Phlegethonque, et Styx periuria diuum
Arguit. ille autem supera compage soluta
Nec solitus sentire metus expauit oborta
Sidera, iucundaque offensus luce profatur:
'Quae superum labes inimicum impegit Auerno
Aethera? quis rupit tenebras uitaeque silentes
Admonet? unde minae? uter haec mihi proelia fratrum?
Congredior, pereant agedum discrimina rerum.
Nam cui dulce magis? magno me tertia uictum
Deiecit fortuna polo, mundumque nocentem
Seruo; nec iste meus: diris quin peruius astris
Inspicitur. tumidusne meas regnator Olympi
Explorat uires? habeo iam quassa Gigantum
Vincula et aetherium cupidos exire sub axem
Titanas miserumque patrem: quid me otia maesta
Saeuus et implacidam prohibet perferre quietem
Amissumque odisse diem? pandam omnia regna,
Si placet, et Stygio praetexam Hyperiona caelo.
Arcada nec superis (quid enim mihi nuntius ambas
Itque reditque domos?) emittam et utrumque tenebo
Tyndariden. cur autem auidis Ixiona frango
Verticibus? cur non expectant Tantalon undae?
Anne profanatum totiens Chaos hospite uiuo
Perpetiar? me Pirithoi temerarius ardor
Temptat et audaci Theseus iuratus amico,
Me ferus Alcides tum cum custode remoto
Ferrea Cerbereae tacuerunt limina portae;
Odrysiis etiam pudet (heu!) patuisse querelis
Tartara: uidi egomet blanda inter carmina turpes
Eumenidum lacrimas iterataque pensa Sororum;
Me quoque - sed durae melior uiolentia legis.
Ast ego uix unum, nec celsa ad sidera, furto
Ausus iter Siculo rapui conubia campo:
Nec licuisse ferunt; iniustaeque a Ioue leges
Protinus, et sectum genetrix mihi computat annum.
Sed quid ego haec? i, Tartareas ulciscere sedes,
Tisiphone; si quando nouis asperrima monstris,
Triste, insuetum, ingens, quod nondum uiderit aether,
Ede nefas, quod mirer ego inuideantque sorores.
Atque adeo fratres (nostrique haec omina sunto
Prima odii), fratres alterna in uulnera laeto
Marte ruant; sit qui rabidarum more ferarum
Mandat atrox hostile caput, quique igne supremo
Arceat exanimes et manibus aethera nudis
Commaculet: iuuet ista ferum spectare Tonantem.
Praeterea ne sola furor mea regna lacessat,
Quaere deis qui bella ferat, qui fulminis ignes
Infestumque Iouem clipeo fumante repellat.
Faxo haud sit cunctis leuior metus atra mouere
Tartara frondenti quam iungere Pelion Ossae.'
Dixerat: atque illi iamdudum regia tristis
Attremit oranti, suaque et quae desuper urguet
Nutabat tellus: non fortius aethera uultu
Torquet et astriferos inclinat Iuppiter axes.
'At tibi quos,' inquit, 'manes, qui limite praeceps
Non licito per inane ruis?' subit ille minantem
Iam tenuis uisu, iam uanescentibus armis,
Iam pedes: extincto tamen interceptus in ore
Augurii perdurat honos, obscuraque fronti
Vitta manet, ramumque tenet morientis oliuae.
'Si licet et sanctis hic ora resoluere fas est
Manibus, o cunctis finitor maxime rerum
(At mihi, qui quondam causas elementaque noram,
Et sator), oro, minas stimulataque corda remulce,
Neue ira dignare hominem et tua iura timentem;
Nam nec ad Herculeos (unde haec mihi pectora?) raptus,
Nec uenerem inlicitam (crede his insignibus) ausi
Intramus Lethen: fugiat ne tristis in antrum
Cerberus, aut nostros timeat Proserpina currus.
Augur Apollineis modo dilectissimus aris,
Testor inane Chaos (quid enim hic iurandus Apollo?),
Crimine non ullo subeo noua fata, nec alma
Sic merui de luce rapi; scit iudicis urna
Dictaei uerumque potest deprendere Minos.
Coniugis insidiis et iniquo uenditus auro
Argolicas acies (unde haec tibi turba recentum
Vmbrarum, et nostrae ueniunt quoque funera dextrae)
Non ignarus ini: subito me turbine mundi
(Horret adhuc animus) mediis e milibus hausit
Nox tua. quae mihi mens, dum per caua uiscera terrae
Vado diu pendens et in aere uoluor operto?
Ei mihi! nil ex me sociis patriaeque relictum,
Vel captum Thebis; iam non Lernaea uidebo
Tecta, nec attonito saltem cinis ibo parenti.
Non tumulo, non igne miser lacrimisque meorum
Productus, toto pariter tibi funere ueni,
Nil istis ausurus equis; nec deprecor umbram
Accipere et tripodum iam non meminisse meorum.
Nam tibi praesagi quis iam super auguris usus,
Cum Parcae tua iussa trahant? sed pectora flectas
Et melior sis, quaeso, deis. si quando nefanda
Huc aderit coniunx, illi funesta reserua
Supplicia: illa tua, rector bone, dignior ira.'
Accipit ille preces indignaturque moueri.
Vt leo, Massyli cum lux stetit obuia ferri,
Tunc iras, tunc arma citat; si decidit hostis,
Ire supra satis est uitamque relinquere uicto.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=STAT%7Ctheb%7C008","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"31","from":18642.0,"to":18645.0,"NomeAutore":"Publio Papinio Stazio","TitoloFonte":"Tebaide"}, {"Annotazione":"...: Ma di tante frodi D.\nracconta quella commessa a danno di Nino Visconti, di cui il\nfrate era vicario. Crimine ab uno disce omnes<\/i> (En.<\/i>, II, 66). \nIl suo donno<\/b> (da dominus<\/i><\/b>, ossia signore<\/i>) gli aveva dati da\ncustodire alcuni de' suoi nemici fatti prigioni, e frate Gomita\nfe' s\u00ec lor, che ciascun se ne loda<\/i><\/b>, si comport\u00f2 con loro in\nmodo che questi ora se ne vantano.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Ma di tante frodi D.\r\nracconta quella commessa a danno di Nino Visconti, di cui il\r\nfrate era vicario.  Crimine ab uno disce omnes<\/i> (En.<\/i>, II, 66). \r\nIl suo donno<\/b> (da dominus<\/i>, ossia signore<\/i>) gli aveva dati da\r\ncustodire alcuni de' suoi nemici fatti prigioni, e frate Gomita\r\nfe' sì lor, che ciascun se ne loda<\/b>, si comportò con loro in\r\nmodo che questi ora se ne vantano.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"II, 65-66","NotaFonte":"Pietrobono cita una coppia di versi virgiliani, il cui significato \u00e8 \u00abda un solo [crimine] li conoscerai tutti\u00bb, che hanno assunto nel tempo valore proverbiale. Introduce cos\u00ec frate Gomita, che funge da exemplum dell'intera schiera di peccatori.","TestoFonte":"Accipe nunc Danaum insidias et crimine ab uno
Disce omnis.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C002","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"83-84","from":20920.0,"to":20924.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"...: Ma il Possente venne,\nl'aperse e la lasci\u00f2, come l'hai veduta, senza pi\u00f9 n\u00e9 sbarre n\u00e9\nchiavistelli. «Notte e giorno sta aperta la nera porta di Dite»\n(En.<\/i>, VI, 127).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Ma il Possente venne,\r\nl'aperse e la lasciò, come l'hai veduta, senza più né sbarre né\r\nchiavistelli.  «Notte e giorno sta aperta la nera porta di Dite»\r\n(En.<\/i>, VI, 127).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI, 127","NotaFonte":"","TestoFonte":"Noctes atque dies patet atri ianua Ditis","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C006","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"126","from":7633.0,"to":7637.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"...: Nell'Eneide<\/i> dice che la\nspelonca di Caco era sempre calda di nuova strage: semperque\nrecenti caede tepebat humus<\/i>; qui con l'immagine del lago di\nsangue colorisce pi\u00f9 forte, ma al semper<\/i> sostituisce spesse\nvolte.<\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Nell'Eneide<\/i> dice che la\r\nspelonca di Caco era sempre calda di nuova strage: semperque\r\nrecenti caede tepebat humus<\/i>; qui con l'immagine del lago di\r\nsangue colorisce più forte, ma al semper<\/i> sostituisce spesse\r\nvolte.<\/b><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VIII, 195-197","NotaFonte":"Il v. 27 di Inferno XXV \u00e8 quasi una traduzione esatta dei vv. 195-196 di Eneide VIII.","TestoFonte":"semperque recenti
Caede tepebat humus, foribusque affixa superbis
Ora uirum tristi pendebant pallida tabo.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C008","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"27","from":23810.0,"to":23813.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"...: Non credo che fosse\nspettacolo pi\u00f9 triste, maggior tristizia<\/b>, a vedere il popolo di\nEgina tutto infermo... di quello ch'era a veder<\/i>, che si vedeva\ndovunque per quella oscura valle.<\/i> Cfr. n. 37. — Dall'alto\ndel ponte sentiva solo le grida di dolore e il puzzo che salivano\ndal chiuso della bolgia, e perci\u00f2 la rassomiglia agli spedali\ndella Valdichiana e della Maremma; ora, che l'ha sotto gli occhi\ne vede pi\u00f9 distintamente, gli par d'esser venuto in mezzo a un\nlazzeretto di lebbrosi, e per rappresentarcelo ci richiama alla\nmemoria i tratti pi\u00f9 salienti della descrizione Ovidiana della\npeste, che infier\u00ec nell'isola di Egina, per l'ira di Giunone\n(Metam.<\/i>, VII, 523-613).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Dall'alto\r\ndel ponte sentiva solo le grida di dolore e il puzzo che salivano\r\ndal chiuso della bolgia, e perciò la rassomiglia agli spedali\r\ndella Valdichiana e della Maremma; ora, che l'ha sotto gli occhi\r\ne vede più distintamente, gli par d'esser venuto in mezzo a un\r\nlazzeretto di lebbrosi, e per rappresentarcelo ci richiama alla\r\nmemoria i tratti più salienti della descrizione Ovidiana della\r\npeste, che infierì nell'isola di Egina, per l'ira di Giunone\r\n(Metam.<\/i>, VII, 523-613).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"VII, 523-613","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dira lues ira populis Iunonis iniquae
Incidit exosae dictas a paelice terras.
Dum uisum mortale malum tantaeque latebat
Causa nocens cladis, pugnatum est arte medendi;
Exitium superabat opem, quae uicta iacebat.
Principio caelum spissa caligine terras
Pressit et ignauos inclusit nubibus aestus,
Dumque quater iunctis expleuit cornibus orbem
Luna, quater plenum tenuata retexuit orbem, 
Letiferis calidi spirarunt aestibus austri.
Constat et in fontes uitium uenisse lacusque,
Miliaque incultos serpentum multa per agros
Errasse atque suis fluuios temerasse uenenis.
Strage canum primo uolucrumque ouiumque boumque
Inque feris subiti deprensa potentia morbi.
Concidere infelix ualidos miratur arator
Inter opus tauros medioque recumbere sulco;
Lanigeris gregibus balatus dantibus aegros
Sponte sua lanaeque cadunt et corpora tabent;
Acer equus quondam magnaeque in puluere famae
Degenerat palmas ueterumque oblitus honorum
Ad praesepe gemit longo moriturus inerti;
Non aper irasci meminit, non fidere cursu
Cerua nec armentis incurrere fortibus ursi. 
Omnia languor habet: siluisque agrisque uiisque
Corpora foeda iacent, uitiantur odoribus aurae.
Mira loquar: non illa canes auidaeque uolucres,
Non cani tetigere lupi; dilapsa liquescunt,
Adflatuque nocent et agunt contagia late.
Peruenit ad miseros damno grauiore colonos
Pestis et in magnae dominatur moenibus urbis.
Viscera torrentur primo, flammaeque latentis
Indicium rubor est et ductus anhelitus; igni
Aspera lingua tumet, tepidisque arentia uentis
Ora patent, auraeque graues captantur hiatu.
Non stratum, non ulla pati uelamina possunt,
Dura sed in terra ponunt praecordia, nec fit
Corpus humo gelidum, sed humus de corpore feruet,
Nec moderator adest, inque ipsos saeua medentes
Erumpit clades, obsuntque auctoribus artes.
Quo propior quisque est seruitque fidelius aegro,
In partem leti citius uenit, utque salutis
Spes abiit finemque uident in funere morbi,
Indulgent animis et nulla, quid utile, cura est:
Vtile enim nihil est. passim positoque pudore
Fontibus et fluuiis puteisque capacibus haerent,
Nec sitis est extincta prius quam uita bibendo;
Inde graues multi nequeunt consurgere et ipsis
Inmoriuntur aquis; aliquis tamen haurit et illas.
Tantaque sunt miseris inuisi taedia lecti:
Prosiliunt aut, si prohibent consistere uires,
Corpora deuoluunt in humum fugiuntque penates
Quisque suos, sua cuique domus funesta uidetur
Et, quia causa latet, locus est in crimine paruus.
Semianimes errare uiis, dum stare ualebant,
Adspiceres, flentes alios terraque iacentes
Lassaque uersantes supremo lumina motu
Membraque pendentis tendunt ad sidera caeli, 
Hic illic, ubi mors deprenderat, exhalantes.
Quid mihi tunc animi fuit? an, quod debuit esse,
Vt uitam odissem et cuperem pars esse meorum?
Quo se cumque acies oculorum flexerat, illic
Vulgus erat stratum, ueluti cum putria motis
Poma cadunt ramis agitataque ilice glandes.
Templa uides contra gradibus sublimia longis
(Iuppiter illa tenet): quis non altaribus illis
Inrita tura dedit? quotiens pro coniuge coniunx,
Pro gnato genitor, dum uerba precantia dicit,
Non exoratis animam finiuit in aris,
Inque manu turis pars inconsumpta reperta est!
Admoti quotiens templis, dum uota sacerdos
Concipit et fundit purum inter cornua uinum,
Haud exspectato ceciderunt uulnere tauri!
Ipse ego sacra Ioui pro me patriaque tribusque
Cum facerem natis, mugitus uictima diros
Edidit et subito conlapsa sine ictibus ullis
Exiguo tinxit subiectos sanguine cultros.
Exta quoque aegra notas ueri monitusque deorum
Perdiderant: tristes penetrant ad uiscera morbi.
Ante sacros uidi proiecta cadauera postes;
Ante ipsas, quo mors foret inuidiosior, aras
Pars animam laqueo claudunt mortisque timorem
Morte fugant ultroque uocant uenientia fata. 
Corpora missa neci nullis de more feruntur
Funeribus: neque enim capiebant funera portae;
Aut inhumata premunt terras aut dantur in altos
Indotata rogos. et iam reuerentia nulla est,
Deque rogis pugnant alienisque ignibus ardent.
Qui lacriment, desunt, indefletaeque uagantur
Natorumque uirumque animae iuuenumque senumque,
Nec locus in tumulos, nec sufficit arbor in ignes.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=OV%7Cmeta%7C007","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"58","from":28181.0,"to":28186.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"...: Non perch\u00e9 dubiti di ci\u00f2\nche i poeti raccontano. \u00c8 chiaro invece che per D. quella di\nOvidio \u00e8 una favola che racchiude parecchie verit\u00e0 sotto bella\nmenzogna. «Mostra che Eaco vecchio fosse prudente<\/i>, quando,\navendo per pestilenza di corrompimento d'aere quasi tutto lo\npopolo (si noti che nella Commedia<\/i> il quasi<\/i> \u00e8 sparito e il\npopolo \u00e8 tutto<\/i> {v.59} infermo) perduto, esso saviamente ricorse\na Dio e a lui domand\u00f2 lo ristoro de la morta gente (trattandosi\nd'un male da cui, come dalla colpa di origine, l'uomo da s\u00e9 non\nsi pu\u00f2 liberare)... Mostra che esso fosse giusto<\/i>... largo<\/i>...\naffabile<\/i>... Ahi quante cose sono da notare in questa risposta! \nMa a buono intenditore basti essere posto qui come Ovidio lo\npone» (Conv.<\/i>, IV, xxvii, 17-20). E qui a buono intenditore\nbasti sapere che egli del racconto ovidiano si serve, perch\u00e9 vi\nsi vedano come i riflessi della colpa originale ch'\u00e8 quella\nmalizia<\/i> {v.60} da cui derivano a tutti gli uomini infermit\u00e0<\/i> e\nlanguore.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Non perché dubiti di ciò che i poeti raccontano.  È chiaro invece che per D. quella di\r\nOvidio è una favola che racchiude parecchie verità sotto bella\r\nmenzogna.  «Mostra che Eaco vecchio fosse prudente<\/i>, quando,\r\navendo per pestilenza di corrompimento d'aere quasi tutto lo\r\npopolo (si noti che nella Commedia<\/i> il quasi<\/i> è sparito e il\r\npopolo è tutto<\/i> {v.59} infermo) perduto, esso saviamente ricorse\r\na Dio e a lui domandò lo ristoro de la morta gente (trattandosi\r\nd'un male da cui, come dalla colpa di origine, l'uomo da sé non\r\nsi può liberare)...  Mostra che esso fosse giusto<\/i>... largo<\/i>...\r\naffabile<\/i>...  Ahi quante cose sono da notare in questa risposta! \r\nMa a buono intenditore basti essere posto qui come Ovidio lo\r\npone» (Conv.<\/i>, IV, xxvii, 17-20).  E qui a buono intenditore\r\nbasti sapere che egli del racconto ovidiano si serve, perché vi\r\nsi vedano come i riflessi della colpa originale ch'è quella\r\nmalizia<\/i> {v.60} da cui derivano a tutti gli uomini infermità<\/i> e languore.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xxvii, 17-20","NotaFonte":"Il passo ovidiano a cui si fa riferimento \u00e8 ovviamente quello rintracciato nella nota al v. 58; qui interessa, soprattutto, interpretare allegoricamente il testo poetico, come accade gi\u00e0 nel \"Convivio\".","TestoFonte":"Mostra che Eaco vecchio fosse prudente, quando, avendo per pestilenza di corrompimento d'aere quasi tutto lo popolo perduto, esso saviamente ricorse a Dio e a lui domandò lo ristoro della morta gente; e per lo suo senno, che a pazienza lo tenne e a Dio tornare lo fece, lo suo popolo ristorato li fu maggiore che prima. Mostra che esso fosse giusto, quando dice che l'esso fu partitore a nuovo popolo e distributore della terra diserta sua. Mostra che fosse largo, quando disse a Cefalo dopo la dimanda dello aiuto: «O Atene, non domandate a me aiutorio, ma tolletelvi; e non dite a voi dubitose le forze che ha questa isola. E tutto questo è lo stato delle mie cose: forze non ci menomano, anzi ne sono a noi di soperchio; e lo avversario è grande, e lo tempo da dare è, bene aventuroso e sanza escusa». Ahi quante cose sono da notare in questa risposta! Ma a buono intenditore basti essere posta qui come Ovidio la pone. Mostra che fosse affabile, quando dice e ritrae per lungo sermone a Cefalo la istoria della pestilenza del suo popolo diligentemente, e lo ristoramento di quello. Per che assai è manifesto a questa etade essere queste quattro cose convenienti: per che la nobile natura in essa le mostra, sì come lo testo dice. E perché più memorabile sia l'essemplo che detto è, dice di Eaco re che questi fu padre di Telamon, di Peleus e di Foco, del quale Telamon nacque Aiace, e di Peleus Achilles.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=77&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"63","from":28217.0,"to":28221.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"...: Non si vorrebbe far conoscere.\nChi sono?  Lo vedi da te: uno che piange.  E per disarmar\nl'avversario, fatuo com'\u00e8, si prova a mettergli innanzi l'aspetto\ndoloroso della sua condizione.  Appartiene all'«oltracotata\nschiatta che s'indraca — dietro a chi fugge, e a chi mostra 'l\ndente — o ver la borsa, come agnel si placa» (Par.<\/i>, XVI, 115);\ne rappresenta i fiorentini, sollevati contro Arrigo, temerari,\nvani e orgogliosi.  Di essi nell'Ep.<\/i>, VI, \u00e8 detto che temere\npresumendo tumescunt<\/i>, hanno osato in rebellionis vesaniam\ninsurgere<\/i>, sono amentes et discoli<\/i>, arroganti e riluttanti ai\nvoleri divini, fino ad avventarsi contro le viscere della propria\nmadre.  Hec<\/i> (Florentia<\/i>) est vipera versa in viscera\ngenetricis<\/i>, ossia di Roma, que ad ymaginem suam atque\nsimilitudinem fecit illam<\/i> (Ep.<\/i>, VII, 25).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
rappresenta i fiorentini, sollevati contro Arrigo, temerari,\r\nvani e orgogliosi.  Di essi nell'Ep.<\/i>, VI, è detto che temere\r\npresumendo tumescunt<\/i>, hanno osato in rebellionis vesaniam\r\ninsurgere<\/i>, sono amentes et discoli<\/i>, arroganti e riluttanti ai\r\nvoleri divini, fino ad avventarsi contro le viscere della propria\r\nmadre. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3730666","LuogoFonte":"VI, 4-6","NotaFonte":"","TestoFonte":"Igitur in hanc Dei manifestissimam voluntatem quicunque temere presumendo tumescunt, si gladius Eius qui dicit \"Mea est ultio\" de celo non cecidit, ex nunc severi iudicis adventante iudicio pallore notentur. Vos autem divina iura et humana transgredientes, quos dira cupiditatis ingluvies paratos in omne nefas illexit, nonne terror secunde mortis exagitat, ex quo, primi et soli iugum libertatis horrentes, in romani Principis, mundi regis et Dei ministri, gloriam fremuistis, atque iure prescriptionis utentes, debite subiectionis officium denegando, in rebellionis vesaniam maluistis insurgere? An ignoratis, amentes et discoli, publica iura cum sola temporis terminatione finiri, et nullius prescriptionis calculo fore obnoxia?","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Epistole&pb=6&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"36","from":6995.0,"to":6998.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Epistole"},
{"Annotazione":"...: Ora sentono tutta la dolcezza\ndella vita, allietata dal sole, sulla quale cio\u00e8 risplenda quel\nsole ch'\u00e8 Dio... ma su nel mondo preferirono d'intristire,\ncedendo alle seduzioni della lonza, che poi vuol dire lasciandosi\ndominare dall'appetito di beni, per amor de' quali non levarono\npi\u00f9 gli occhi in alto, e non si curarono pi\u00f9 di operare\nvirtuosamente.  Invero D. per liberarsi dalla lonza, che fece? \nGuard\u00f2 in alto, al sole che sorgeva, e subito si sent\u00ec rinascere\nin cuore la speranza (Inf.<\/i>, I, 37 e seg.).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Ora sentono tutta la dolcezza\r\ndella vita, allietata dal sole, sulla quale cioè risplenda quel\r\nsole ch'è Dio... ma su nel mondo preferirono d'intristire,\r\ncedendo alle seduzioni della lonza, che poi vuol dire lasciandosi\r\ndominare dall'appetito di beni, per amor de' quali non levarono\r\npiù gli occhi in alto, e non si curarono più di operare\r\nvirtuosamente.  Invero D. per liberarsi dalla lonza, che fece? \r\nGuardò in alto, al sole che sorgeva, e subito si sentì rinascere\r\nin cuore la speranza (Inf.<\/i>, I, 37 e seg.).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno I, 37-43","NotaFonte":"","TestoFonte":"Temp'era dal principio del mattino,
e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle
ch'eran con lui quando l'amor divino
mosse di prima quelle cose belle;
sì ch'a bene sperar m'era cagione
di quella fiera a la gaetta pelle
l'ora del tempo e la dolce stagione;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"122","from":6654.0,"to":6658.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"...: Ottaviano degli Ubaldini,\npotente famiglia. Raccontano che una volta esclamasse: Se anima\n\u00e8, per li ghibellini io l'ho perduta. — e de li altri mi\ntaccio<\/b>: Perch\u00e9 ridire di tutti naturalmente non pu\u00f2, come nel\nLimbo; ma anche per l'alterezza sdegnosa di Farinata. — Lui pi\u00f9\nalto di tutti; accanto, ma sotto di lui, Cavalcante, pi\u00f9 per\nvirt\u00f9 del figlio che sua; poi nei bassirilievi, diciamo, un\ngrande imperatore e un cardinale; e in fondo a tutti, a far da\nbase al monumento, pi\u00f9 di mille, — innominati.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Ottaviano degli Ubaldini,\r\npotente famiglia.  Raccontano che una volta esclamasse: Se anima\r\nè, per li ghibellini io l'ho perduta. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3805976","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/commento-alla-commedia","LuogoFonte":"X, 120","NotaFonte":"","TestoFonte":"Questi fu Ottaviano Cardinale delli Ubaldini che stanno in Mugello, che è un luogo su la montagna tra Firenze e Bologna; e fu un mondano uomo, lo quale ebbe tanta cura di queste mondane cose, che non par ch'elli credesse che altra vita fosse che questa: fu molto di parte d'imperio e fece tutto quello che seppe in suo aiutorio. Avenne ch'elli avendo bisogno soccorso di moneta, dimandolla alla parte ghibellina, overo d'imperio di Toscana: fulli vietato; sichè costui lamentandosi, disse quasi conquerendo d'essi io posso dire, se è anima, che l'ho perduta per parte ghibellina, e un solo non mi soccorre. Sichè mostrò in questo suo parlare, quando disse se è anima<\/i>, ch'èlli non fusse certo d'avere anima, lo quale serebbe ed è grande errore.","UrlFonte":"https:\/\/dante.dartmouth.edu\/search_view.php?doc=132471101200&cmd=gotoresult&arg1=8","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"120","from":9486.0,"to":9489.0,"NomeAutore":"Jacopo della Lana","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"...: Ovidio, da cui D.\nderiva il racconto: «Dal grembo della madre afferra Learco che\ngli sorride e gli tende le piccole braccia, e due volte e tre lo\nruota per aria, come si fa con la fionda e, feroce, spezza le\ninfantili membra contro un duro sasso».  D. sopprime ogni\ncolorito superfluo: sa che quanto pi\u00f9 la descrizione \u00e8 nuda, e\ntanto pi\u00f9, in simili casi, sar\u00e0 grande l'orrore e il\nraccapriccio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Ovidio, da cui D.\r\nderiva il racconto: «Dal grembo della madre afferra Learco che\r\ngli sorride e gli tende le piccole braccia, e due volte e tre lo\r\nruota per aria, come si fa con la fionda e, feroce, spezza le\r\ninfantili membra contro un duro sasso».  D. sopprime ogni\r\ncolorito superfluo: sa che quanto più la descrizione è nuda, e\r\ntanto più, in simili casi, sarà grande l'orrore e il\r\nraccapriccio.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"IV, 515-519","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vtque ferae sequitur uestigia coniugis amens
Deque sinu matris ridentem et parua Learchum
Bracchia tendentem rapit et bis terque per auras
More rotat fundae rigidoque infantia saxo
Discutit ora ferox.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=OV%7Cmeta%7C004","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"11","from":28843.0,"to":28847.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"...: Parla di ciascuno\ndistintamente, e non si limita al nome; dichiara anche la colpa:\nl'una \u00e8 la falsa<\/b>..., l'altro il falso<\/b>, come se non fosse\nstato anche lui un falsario. — ch'accus\u00f2 Giuseppo<\/b>: La moglie\ndi Putifarre che accus\u00f2 falsamente Giuseppe, il figliuolo di\nGiacobbe, di averle usata violenza. — greco<\/b>: Lo aggiunge per\navvilirlo di pi\u00f9. La frodolenza dei greci, la graeca fides<\/i> era\npassata in proverbio. Cfr. inoltre XXVIII, 84. — da Troia<\/i><\/b>:\nNon perch\u00e9 Sinone fosse nativo di Troia, ma per dire col nome\nanche il luogo dove commise la frode per cui \u00e8 diventato famoso\nin tutto il mondo, persuadendo i troiani a ricevere dentro la\ncitt\u00e0 il cavallo di legno (En.<\/i><\/b>, II, 57-194).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
da Troia<\/b>: Non perché Sinone fosse nativo di Troia, ma per dire col nome\r\nanche il luogo dove commise la frode per cui è diventato famoso in tutto il mondo,persuadendo i troiani a ricevere dentro la città il cavallo di legno (En.<\/i>, II, 57-194).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"II, 57-194","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ecce, manus iuuenem interea post terga reuinctum
Pastores magno ad regem clamore trahebant
Dardanidae, qui se ignotum uenientibus ultro, 
Hoc ipsum ut strueret Troiamque aperiret Achiuis,
Obtulerat, fidens animi atque in utrumque paratus,
Seu uersare dolos seu certae occumbere morti. 
Vndique uisendi studio Troiana iuuentus
Circumfusa ruit certantque illudere capto.
Accipe nunc Danaum insidias et crimine ab uno
Disce omnis.
Namque ut conspectu in medio turbatus, inermis,
Constitit atque oculis Phrygia agmina circumspexit:
\"Heu, quae nunc tellus\" inquit \"quae me aequora possunt
Accipere? aut quid iam misero mihi denique restat,
Cui neque apud Danaos usquam locus, et super ipsi
Dardanidae infensi poenas cum sanguine poscunt?\"
Quo gemitu conuersi animi compressus et omnis
Impetus. Hortamur fari quo sanguine cretus
Quidue ferat; memoret quae sit fiducia capto.
Ille haec deposita tandem formidine fatur:
\"Cuncta equidem tibi, rex, fuerit quodcumque, fatebor
Vera\" inquit; \"neque me Argolica de gente negabo;
Hoc primum; nec, si miserum fortuna Sinonem
Finxit, uanum etiam mendacemque improba finget.
Fando aliquod si forte tuas peruenit ad auris
Belidae nomen Palamedis et incluta fama
Gloria, quem falsa sub proditione Pelasgi
Insontem infando indicio, quia bella uetabat,
Demisere neci, nunc cassum lumine lugent:
Illi me comitem et consanguinitate propinquum
Pauper in arma pater primis huc misit ab annis.
Dum stabat regno incolumis regumque uigebat
Conciliis, et nos aliquod nomenque decusque
Gessimus. Inuidia postquam pellacis Vlixi
(Haut ignota loquor) superis concessit ab oris,
Adflictus uitam in tenebris luctuque trahebam
Et casum insontis mecum indignabar amici.
Nec tacui demens et me, fors si qua tulisset,
Si patrios umquam remeassem uictor ad Argos,
Promisi ultorem et uerbis odia aspera moui.
Hinc mihi prima mali labes, hinc semper Vlixes
Criminibus terrere nouis, hinc spargere uoces
In uulgum ambiguas et quaerere conscius arma.
Nec requieuit enim, donec Calchante ministro...
Sed quid ego haec autem nequiquam ingrata reuoluo,
Quidue moror? si omnis uno ordine habetis Achiuos
Idque audire sat est, iamdudum sumite poenas:
Hoc Ithacus uelit et magno mercentur Atridae.\"
Tum uero ardemus scitari et quaerere causas,
Ignari scelerum tantorum artisque Pelasgae.
Prosequitur pauitans et ficto pectore fatur:
\"Saepe fugam Danai Troia cupiere relicta
Moliri et longo fessi discedere bello;
Fecissentque utinam! Saepe illos aspera ponti
Interclusit hiems et terruit Auster euntis.
Praecipue cum iam hic trabibus contextus acernis
Staret equus toto sonuerunt aethere nimbi.
Suspensi Eurypylum scitantem oracula Phoebi
Mittimus, isque adytis haec tristia dicta reportat:
\"Sanguine placastis uentos et uirgine caesa,
Cum primum Iliacas, Danai, uenistis ad oras:
Sanguine quaerendi reditus animaque litandum
Argolica.\" Vulgi quae uox ut uenit ad auris,
Obstipuere animi gelidusque per ima cucurrit
Ossa tremor, cui fata parent, quem poscat Apollo.
Hic Ithacus uatem magno Calchanta tumultu
Protrahit in medios: quae sint ea numina diuum
Flagitat. Et mihi iam multi crudele canebant
Artificis scelus et taciti uentura uidebant.
Bis quinos silet ille dies tectusque recusat
Prodere uoce sua quemquam aut opponere morti.
Vix tandem, magnis Ithaci clamoribus actus,
Composito rupit uocem et me destinat arae.
Adsensere omnes et, quae sibi quisque timebat,
Vnius in miseri exitium conuersa tulere.
Iamque dies infanda aderat; mihi sacra parari
Et salsae fruges et circum tempora uittae.
Eripui, fateor, leto me et uincula rupi,
Limosoque lacu per noctem obscurus in ulua
Delitui dum uela darent, si forte dedissent.
Nec mihi iam patriam antiquam spes ulla uidendi,
Nec dulcis natos exoptatumque parentem;
Quos illi fors et poenas ob nostra reposcent
Effugia et culpam hanc miserorum morte piabunt.
Quod te per superos et conscia numina ueri,
Per si qua est quae restet adhuc mortalibus usquam
Intemerata fides, oro, miserere laborum
Tantorum, miserere animi non digna ferentis.\"
His lacrimis uitam damus et miserescimus ultro.
Ipse uiro primus manicas atque arta leuari
Vincla iubet Priamus dictisque ita fatur amicis:
\"Quisquis es (amissos hinc iam obliuiscere Graios)
Noster eris; mihique haec edissere uera roganti:
Quo molem hanc immanis equi statuere? quis auctor?
Quidue petunt? quae religio? aut quae machina belli?\"
Dixerat. ille, dolis instructus et arte Pelasga,
Sustulit exutas uinclis ad sidera palmas:
\"Vos, aeterni ignes, et non uiolabile uestrum
Testor numen\" ait, \"uos arae ensesque nefandi,
Quos fugi, uittaeque deum, quas hostia gessi:
Fas mihi Graiorum sacrata resoluere iura,
Fas odisse uiros atque omnia ferre sub auras,
Si qua tegunt; teneor patriae nec legibus ullis.
Tu modo promissis maneas seruataque serues
Troia fidem, si uera feram, si magna rependam.
Omnis spes Danaum et coepti fiducia belli
Palladis auxiliis semper stetit. Impius ex quo
Tydides sed enim scelerumque inuentor Vlixes
Fatale adgressi sacrato auellere templo
Palladium, caesis summae custodibus arcis,
Corripuere sacram effigiem manibusque cruentis
Virgineas ausi diuae contingere uittas:
Ex illo fluere ac retro sublapsa referri
Spes Danaum, fractae uires, auersa deae mens.
Nec dubiis ea signa dedit Tritonia monstris.
Vix positum castris simulacrum: arsere coruscae
Luminibus flammae arrectis salsusque per artus
Sudor iit terque ipsa solo (mirabile dictu)
Emicuit parmamque ferens hastamque trementem.
Extemplo temptanda fuga canit aequora Calchas,
Nec posse Argolicis exscindi Pergama telis
Omina ni repetant Argis numenque reducant
Quod pelago et curuis secum auexere carinis.
Et nunc quod patrias uento petiere Mycenas
Arma deosque parant comites pelagoque remenso
Inprouisi aderunt; ita digerit omina Calchas.
Hanc pro Palladio moniti, pro numine laeso
Effigiem statuere, nefas quae triste piaret.
Hanc tamen immensam Calchas attollere molem
Roboribus textis caeloque educere iussit,
Ne recipi portis aut duci in moenia possit,
Neu populum antiqua sub religione tueri.
Nam si uestra manus uiolasset dona Mineruae,
Tum magnum exitium (quod di prius omen in ipsum
Conuertant!) Priami imperio Phrygibusque futurum;
Sin manibus uestris uestram ascendisset in urbem,
Vltro Asiam magno Pelopea ad moenia bello
Venturam et nostros ea fata manere nepotes.\"","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C002","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"97-98","from":29473.0,"to":29478.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"...: Per distogliere da s\u00e9 il\npensiero di D. e rivolgerlo sull'altro, ora parla non richiesto e\nsenza reticenze. Colui, che vedi confitto in terra con tre pali,\n\u00e8 Caifas, il sommo sacerdote che consigli\u00f2 i farisei del sinedrio\ndi Gerusalemme, dicendo che a loro conveniva far morire uno solo\nper il bene di tutto il popolo. Expedit vobis ut unus moriatur\nhomo pro populo<\/i> (Giov., XI, 50).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Per distogliere da sé il\r\npensiero di D. e rivolgerlo sull'altro, ora parla non richiesto e\r\nsenza reticenze.  Colui, che vedi confitto in terra con tre pali,\r\nè Caifas, il sommo sacerdote che consigliò i farisei del sinedrio\r\ndi Gerusalemme, dicendo che a loro conveniva far morire uno solo\r\nper il bene di tutto il popolo.  Expedit vobis ut unus moriatur\r\nhomo pro populo<\/i> (Giov., XI, 50).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"11, 49-50","NotaFonte":"Caifas non \u00e8 nominato esplicitamente nel canto; la citazione, che \u00e8 quasi una traduzione del passo giovanneo, lascia emergere l'identit\u00e0 del dannato.","TestoFonte":"[49]<\/strong> Unus autem ex ipsis, Caiphas, cum esset pontifex anni illius, dixit eis: “ Vos nescitis quidquam | [50]<\/strong> nec cogitatis quia expedit vobis, ut unus moriatur homo pro populo, et non tota gens pereat! ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"115-117","from":22265.0,"to":22267.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"...: Per rendere credibile\nquel che vide, poich\u00e9 nel mondo naturale non gli era possibile\ntrovar nulla di analogo, ricorre a quello delle leggende (che poi\nuna parte di vero la nascondono sempre sotto il loro velo)\nfacendosi forte dell'autorit\u00e0 de li gran savi<\/b>, dei grandi\npoeti, i quali attestano che la fenice muore e dopo circa\ncinquecento anni rinasce.  Allude specialmente ai versi delle\nMetamorfosi<\/i> di Ovidio, XV, 392.  Una est quae reparet seque\nipsa reseminet ales.<\/i>  — Assyri phoenica vocant.  Non fruge\nneque herbis<\/i>, — sed turis lacrimis et suco vivit amomi.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Per rendere credibile\r\nquel che vide, poiché nel mondo naturale non gli era possibile\r\ntrovar nulla di analogo, ricorre a quello delle leggende (che poi\r\nuna parte di vero la nascondono sempre sotto il loro velo)\r\nfacendosi forte dell'autorità de li gran savi<\/b>, dei grandi\r\npoeti, i quali attestano che la fenice muore e dopo circa\r\ncinquecento anni rinasce.  Allude specialmente ai versi delle\r\nMetamorfosi<\/i> di Ovidio, XV, 392.  Una est quae reparet seque\r\nipsa reseminet ales.<\/i>  — Assyri phoenica vocant.  Non fruge\r\nneque herbis<\/i>, — sed turis lacrimis et suco vivit amomi.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"XV, 391-394","NotaFonte":"","TestoFonte":"Haec tamen ex aliis generis primordia ducunt,
Vna est, quae reparet seque ipsa reseminet, ales:
Assyrii phoenica uocant; non fruge neque herbis,
Sed turis lacrimis et suco uiuit amomi.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo\/codice\/OV%7Cmeta%7C015","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"106","from":23275.0,"to":23280.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"...: Pi\u00f9 condiscendente di\nChirone, alle informazioni richieste ne aggiunge altre non\nrichieste. — Ieri appunto, cinque ore pi\u00f9 tardi di questa,\nfecero 1266 anni che qui<\/b>, quando a questo passo, il ponte cadde\ne la via rimase interrotta. — Tuto preciso, tutto vero. Ieri\nera stato il venerd\u00ec santo del 1300; Cristo, come perfettamente\nnaturato era morto «nel trentaquattresimo anno della sua etade»\n(Conv.<\/i>, IV, xxiii, 11) e 34 pi\u00f9 1266 fanno appunto 1300; l'ora\nera verso le sette del mattino e cinque ore pi\u00f9 tardi sarebbero\nstate le dodici, l'hora sesta<\/i>, in cui, secondo S. Luca\n(Conv.<\/i>, IV, xxiii, 10-11), Cristo mor\u00ec. Il discorso di\nMalacoda rispondeva a puntino alla verit\u00e0. — otta<\/i><\/b> per ora<\/i><\/b>,\ncome allotta<\/i> per allora<\/i>, negli antichi \u00e8 frequente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Tuto preciso, tutto vero.  Ieri\r\nera stato il venerdì santo del 1300; Cristo, come perfettamente\r\nnaturato era morto «nel trentaquattresimo anno della sua etade»\r\n(Conv.<\/i>, IV, xxiii, 11) e 34 più 1266 fanno appunto 1300; l'ora\r\nera verso le sette del mattino e cinque ore più tardi sarebbero\r\nstate le dodici, l'hora sesta<\/i>, in cui, secondo S. Luca\r\n(Conv.<\/i>, IV, xxiii, 10-11), Cristo morì.  Il discorso di\r\nMalacoda rispondeva a puntino alla verità. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xxiii, 10-11","NotaFonte":"","TestoFonte":"Là dove sia lo punto sommo di questo arco, per quella disaguaglianza che detta è di sopra, è forte da sapere; ma nelli più, io credo, tra il trentesimo e 'l quarantesimo anno; e io credo che nelli perfettamente naturati esso ne sia nel trentacinquesimo anno. E muovemi questa ragione: che ottimamente naturato fue lo nostro salvatore Cristo, lo quale volle morire nel trentaquattresimo anno della sua etade; ché non era convenevole la divinitade stare in cosa in discrescere; né da credere è ch'elli non volesse dimorare in questa nostra vita al sommo, poi che stato c'era nel basso stato della puerizia. E ciò manifesta l'ora del giorno della sua morte, cioè di Cristo, che volle quella consimigliare colla vita sua: onde dice Luca che era quasi ora sesta quando morìo, che è a dire lo colmo del die. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=73&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"112-114","from":20149.0,"to":20152.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"...: Quanto sussiego per dire\nuna cosa nota a tutti!  Ma lo fa per ridere alle spalle di V. \nDiavolo infatti tanto vale quanto ingannatore, bugiardo; e che\nsia padre di menzogna<\/i> lo dice anche San Giovanni: mendax est\net pater eius<\/i> (VIII, 44).  Se non che Catalano tace che\ngl'ipocriti, appunto perch\u00e9 mentiscono sempre, son tutti figli\ndel diavolo.  Questa sua impudenza move a sdegno V. che subito lo\npianta l\u00ec, e si allontana.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Quanto sussiego per dire\r\nuna cosa nota a tutti!  Ma lo fa per ridere alle spalle di V. \r\nDiavolo infatti tanto vale quanto ingannatore, bugiardo; e che\r\nsia padre di menzogna<\/i> lo dice anche San Giovanni: mendax est\r\net pater eius<\/i> (VIII, 44).  Se non che Catalano tace che\r\ngl'ipocriti, appunto perché mentiscono sempre, son tutti figli\r\ndel diavolo.  Questa sua impudenza move a sdegno V. che subito lo\r\npianta lì, e si allontana.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"8, 44","NotaFonte":"","TestoFonte":"[44]<\/strong> Vos ex patre Diabolo estis et desideria patris vestri vultis facere. Ille homicida erat ab initio et in veritate non stabat, quia non est veritas in eo. Cum loquitur mendacium, ex propriis loquitur, quia mendax est et pater eius.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#8","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"144","from":22468.0,"to":22472.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"...: Sar\u00e0 stata probabilmente una\nleggenda inventata dagli avversari dell'imperatore Federico II di\nSvevia; ma <\u00e8 da sapere, commenta il Buti, che lo imperatore\nFederigo II coloro che egli condannava a morte per lo peccato\ndella offesa maest\u00e0, li facea spogliare ignudi e vestire d'una\nveste di piombo grossa un dito, e faceali mettere in una caldaia\nsopra il fuoco, e facea fare grande fuoco, tanto che si struggea\nlo piombo addosso al misero condannato, e cos\u00ec miseramente e\ndolorosamente il facea morire».  — le mettea di paglia<\/b>:\nFigurarsi il peso delle cappe degl'ipocriti, se quelle di\nFederico, grosse un dito, erano di paglia, ossia, a paragone, non\npesavano niente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Sarà stata probabilmente una\r\nleggenda inventata dagli avversari dell'imperatore Federico II di\r\nSvevia; ma <è da sapere, commenta il Buti, che lo imperatore\r\nFederigo II coloro che egli condannava a morte per lo peccato\r\ndella offesa maestà, li facea spogliare ignudi e vestire d'una\r\nveste di piombo grossa un dito, e faceali mettere in una caldaia\r\nsopra il fuoco, e facea fare grande fuoco, tanto che si struggea\r\nlo piombo addosso al misero condannato, e così miseramente e\r\ndolorosamente il facea morire». <\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/anonima","LuogoFonte":"","NotaFonte":"Numerosi commentatori hanno rilevato come la notizia non compaia in nessuna cronaca antica; cfr. Torraca, \"Commento\", p. 355: \u00abNessun documento o cronista attesta che Federico II [...] usasse, come pretendono i commentatori antichi, di far vestire di piombo i rei di lesa maest\u00e0, e cos\u00ec vestiti mettere in una caldaia\u00bb. Pertanto, \u00e8 plausibile che Dante abbia tratto l'informazione da una diceria circolata in forma soltanto orale.","TestoFonte":"","UrlFonte":"","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=13855', 'Autore':'Francesco da Buti, 1385-95','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"66","from":21895.0,"to":21897.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"...: Senza farsi troppo pregare V.\ncomincia presso a poco con le parole dell'Eneide<\/i> (III, 104 e\nseg.): Creta Iovis magni medio iacet insula ponto<\/i>, — mons\nIdaeus ubi et gentis cunabula nostrae.<\/i>  Nel medioevo il\nMediterraneo era il mare per eccellenza.  — guasto<\/b>: deserto,\nsquallido.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Senza farsi troppo pregare V. comincia presso a poco con le parole dell'Eneide<\/i> (III, 104 e\r\nseg.): Creta Iovis magni medio iacet insula ponto<\/i>, — mons\r\nIdaeus ubi et gentis cunabula nostrae.<\/i>  Nel medioevo il\r\nMediterraneo era il mare per eccellenza.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"III, 104-110","NotaFonte":"","TestoFonte":"Creta Iouis magni medio iacet insula ponto,
Mons Idaeus ubi et gentis cunabula nostrae.
Centum urbes habitant magnas, uberrima regna, 
Maximus unde pater, si rite audita recordor,
Teucrus Rhoeteas primum est aduectus in oras,
Optauitque locum regno. nondum Ilium et arces
Pergameae steterant; habitabant uallibus imis.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C003","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"94","from":13206.0,"to":13209.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"...: Similmente, al\nprincipio del Genesi<\/b> sta scritto che da queste due, dalla\nnatura e dall'arte, la gente<\/b>, gli uomini devono ricavare il\nnecessario a nutrirsi e a migliorare il proprio stato: prender\nsua vita ed avanzar<\/b>: «Dio colloc\u00f2 l'uomo nel paradiso di\ndelizie, affinch\u00e9 lo coltivasse e lo custodisse» (Gen.<\/i>, II,\n15). «Dalla terra trarrai con grandi fatiche il nutrimento per\ntutti i giorni della tua vita» (Gen.<\/i>, III, 17). Gira e rigira,\nD. ha condotto il maestro a ricorrere all'autorit\u00e0 di un libro\nsacro; e anche di questo egli gode, perch\u00e9 vede la scienza di lui\nconcordare con la verit\u00e0 rivelata in grazia di una specie di\nilluminazione che gli piove nella mente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Similmente, al\r\nprincipio del Genesi<\/b> sta scritto che da queste due, dalla\r\nnatura e dall'arte, la gente<\/b>, gli uomini devono ricavare il\r\nnecessario a nutrirsi e a migliorare il proprio stato: prender\r\nsua vita ed avanzar<\/b>: «Dio collocò l'uomo nel paradiso di\r\ndelizie, affinché lo coltivasse e lo custodisse» (Gen.<\/i>, II,\r\n15).  «Dalla terra trarrai con grandi fatiche il nutrimento per\r\ntutti i giorni della tua vita» (Gen.<\/i>, III, 17).  Gira e rigira,\r\nD. ha condotto il maestro a ricorrere all'autorità di un libro\r\nsacro; e anche di questo egli gode, perché vede la scienza di lui\r\nconcordare con la verità rivelata in grazia di una specie di\r\nilluminazione che gli piove nella mente.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"2, 15; 3, 17","NotaFonte":"","TestoFonte":"[2, 15]<\/strong> Tulit ergo Dominus Deus hominem et posuit eum in paradiso Eden, ut operaretur et custodiret illum<\/em>; [...] || [3, 17]<\/strong> Adae vero dixit: “Quia audisti vocem uxoris tuae et comedisti de ligno, ex quo praeceperam tibi, ne comederes, | maledicta humus propter te! | In laboribus comedes ex ea <\/em>| cunctis diebus vitae tuae<\/em>.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"107-108","from":10361.0,"to":10365.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"...: Tanta \u00e8 l'ira da cui \u00e8 acciecato\nquell'orgoglioso, che supinatur ut coluber et vertitur in se\nipsum<\/i>, come D. ammoniva esser uso della vecchia colpa umana, da\ncui avrebbe voluto che i fiorentini si guardassero (Ep.<\/i>, V,\n18), e come \u00e8 rappresentato il serpe nella valletta\ndell'Antipurgatorio, nel canto VIII della seconda cantica.  Sono\narmonie, che a D. non dispiacciono, anche questo corrispondersi\ndelle parti nelle cantiche del poema (Purg.<\/i>, VIII, 100-102).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Tanta è l'ira da cui è acciecato\r\nquell'orgoglioso, che supinatur ut coluber et vertitur in se\r\nipsum<\/i>, come D. ammoniva esser uso della vecchia colpa umana, da\r\ncui avrebbe voluto che i fiorentini si guardassero (Ep.<\/i>, V,\r\n18)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3730666","LuogoFonte":"V, 16","NotaFonte":"","TestoFonte":"Itaque, si culpa vetus non obest, que plerunque supinatur ut coluber et vertitur in se ipsam, hinc utrique potestis advertere, pacem unicuique preparari, et insperate letitie iam primitias degustare. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Epistole&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"63","from":7178.0,"to":7185.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Epistole"},
{"Annotazione":"...: Umanissimi i motivi\nche gli facevano sospirare il ritorno: la dolcezza di\nriabbracciare il figliuolo Telemaco, la piet\u00e0 filiale verso il\nvecchio Laerte, e l'amore dovuto alla fedele Penelope; ma pi\u00f9\npotente di essi la bramosia di sapere, la quale non gli permise,\nscrive Cicerone, «di regnare e vivere ozioso in Itaca, coi\nparenti, la moglie e il figliuolo» (De Off.<\/i>, III, 26).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Umanissimi i motivi\r\nche gli facevano sospirare il ritorno: la dolcezza di\r\nriabbracciare il figliuolo Telemaco, la pietà filiale verso il\r\nvecchio Laerte, e l'amore dovuto alla fedele Penelope; ma più\r\npotente di essi la bramosia di sapere, la quale non gli permise,\r\nscrive Cicerone, «di regnare e vivere ozioso in Itaca, coi\r\nparenti, la moglie e il figliuolo» (De Off.<\/i>, III, 26).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1180721","LuogoFonte":"III, 26","NotaFonte":"","TestoFonte":"Utile videbatur Ulixi, ut quidem poëtae tragici prodiderunt (nam apud Homerum, optimum auctorem, talis de Ulixe nulla suspicio est), sed insimulant eum tragoediae simulatione insaniae militiam subterfugere voluisse. Non honestum consilium, at utile, ut aliquis fortasse dixerit, regnare et Ithacae vivere otiose cum parentibus, cum uxore, cum filio. Ullum tu decus in cotidianis laboribus et periculis cum hac tranquillitate conferendum putas?","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus:text:2007.01.0047:book=3:section=97&highlight=ithacae","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-96","from":25421.0,"to":25425.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":"De officiis"},
{"Annotazione":"...: V. invece si mette subito in\nprimo piano e risponde per tutti e due con grande sicurezza,\nripetendo il nome di lui, per mostrargli che lo conosce bene e\nnon lo teme.  Intorno a Fleg\u00ef\u00e0s sappiamo che per vendicarsi di\nApollo, seduttore della figliuola Coronide, mise fuoco al tempio\ndi Delfo, e nell'inferno virgiliano ripete a gran voce: «Imparate\ndal mio esempio ad amare la giustizia e a non disprezzare gli\ndei».  Phlegyasque miserrimus omnes<\/i> — admonet, et magna\ntestatur voce fer umbras<\/i> —: Discite iustitiam moniti et non\ntemnere Divos<\/i> (En.<\/i>, VI, 618).  Molto a proposito; perch\u00e9 nello\nStige ci son dannati che hanno, per ira, offese le due virt\u00f9 per\neccellenza divine: la giustizia gl'iracondi, la piet\u00e0 gli\naccidiosi.  — a v\u00f2to<\/b>: invano.  L'interesse del lettore cresce.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
V. invece si mette subito in\r\nprimo piano e risponde per tutti e due con grande sicurezza,\r\nripetendo il nome di lui, per mostrargli che lo conosce bene e\r\nnon lo teme.  Intorno a Flegïàs sappiamo che per vendicarsi di\r\nApollo, seduttore della figliuola Coronide, mise fuoco al tempio\r\ndi Delfo, e nell'inferno virgiliano ripete a gran voce: «Imparate\r\ndal mio esempio ad amare la giustizia e a non disprezzare gli\r\ndei».  Phlegyasque miserrimus omnes<\/i> — admonet, et magna\r\ntestatur voce fer umbras<\/i> —: Discite iustitiam moniti et non\r\ntemnere Divos<\/i> (En.<\/i>, VI, 618).  Molto a proposito; perché nello\r\nStige ci son dannati che hanno, per ira, offese le due virtù per\r\neccellenza divine: la giustizia gl'iracondi, la pietà gli\r\naccidiosi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI, 617-620","NotaFonte":"","TestoFonte":"[...] sedet aeternumque sedebit
Infelix Theseus, Phlegyasque miserrimus omnis
Admonet et magna testatur uoce per umbras:
\"Discite iustitiam moniti et non temnere diuos.\"","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C006","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"19","from":6862.0,"to":6864.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"...: avvolto tutto da\nnere nubi — immagini, probabilmente, delle milizie uscite ad\naffrontarlo da Pistoia e da Serravalle la stessa mattina. — e\ncon tempesta<\/b>...: Il vapore<\/i> ha suscitato l'immagine dei nuvoli\ntorbidi<\/i><\/b>, e questi della tempesta.<\/b> E con lo stesso furore\ndella tempesta la battaglia s'ingagger\u00e0 sopra Campo Picen, ossia,\nsecondo i pi\u00f9, nel territorio pistoiese, cos\u00ec chiamato in seguito\na un'erronea interpretazione delle parole di Sallustio (Catil.<\/i><\/b>,\ncap. 57), dove questi dice che Q. Metello Celere, al tempo delle\nfazioni di Catilina, aveva le sue legioni in agro Piceno.<\/i> \nAltri vogliono si alluda alla battaglia di Serravalle, non\ndistante da Pistoia pi\u00f9 di cinque chilometri; altri al duro e\nvigoroso assedio, posto da Moroello alla citt\u00e0 stessa di Pistoia,\nfinch\u00e9 nell'aprile del 1306 non ebbe costretti i Bianchi ad\narrendersi per fame. A me non pare che un assedio, per quanto\nviolento, si possa rassomigliare a una tempesta impetuosa e agra,\nfiera cio\u00e8; e ritengo che la nebbia spezzata da Moroello faccia\nuna cosa sola con i torbidi nuvoli<\/i><\/b> di prima; e quindi che si\nalluda sempre alla battaglia di Serravalle, come sostengono il\nTorraca e il Del Lungo, il primo dei quali preferisce di leggere,\nin cambio di ch'\u00e8 di torbidi<\/b> ecc.: che, di torbidi<\/i><\/b> ecc.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
e con tempesta<\/b>...: Il vapore<\/i> ha suscitato l'immagine dei nuvoli\r\ntorbidi<\/b>, e questi della tempesta.<\/b>  E con lo stesso furore\r\ndella tempesta la battaglia s'ingaggerà sopra Campo Picen, ossia,\r\nsecondo i più, nel territorio pistoiese, così chiamato in seguito\r\na un'erronea interpretazione delle parole di Sallustio (Catil.<\/i>,\r\ncap. 57), dove questi dice che Q. Metello Celere, al tempo delle\r\nfazioni di Catilina, aveva le sue legioni in agro Piceno.<\/i> <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7170","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q776615","LuogoFonte":"I, 57","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sed postquam in castra nuntius pervenit Romae coniurationem patefactam, de Lentulo et Cethego ceterisque, quos supra memoravi, supplicium sumptum, plerique, quos ad bellum spes rapinarum aut novarum rerum studium illexerat, dilabuntur; reliquos Catilina per montis asperos magnis itineribus in agrum Pistoriensem abducit eo consilio, uti per tramites occulte perfugeret in Galliam Transalpinam. [2] at Q. Metellus Celer cum tribus legionibus in agro Piceno praesidebat, ex difficultate rerum eadem illa existumans quae supra diximus Catilinam agitare.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0002%3Atext%3DCat.%3Achapter%3D57","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"146-148","from":23578.0,"to":23583.0,"NomeAutore":"Gaio Sallustio Crispo","TitoloFonte":"De Catilinae coniuratione"},
{"Annotazione":"...: che ha ingegno pari al tuo.  —\nRicorda Andromaca che chiede a Enea: Hector ubi est<\/i>?  (En.<\/i>,\nIII, 312).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Ricorda Andromaca che chiede a Enea: Hector ubi est<\/i>?  (En.<\/i>,\r\nIII, 312).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"III, 310-312","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Verane te facies, uerus mihi nuntius affers,
Nate dea? uiuisne? aut, si lux alma recessit,
Hector ubi est?\"","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C003","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"60","from":9054.0,"to":9056.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"...: di guisa che,\nall'appressarsi del sole, le guance dell'aurora, bianche al\ncominciare, vermiglie nella sua pienezza, pigliavano a\ntrascolorare in arancio, per troppa etate<\/b>, essendo giunta ormai\nall'ultima sua fase. — C'\u00e8 di quelli che non approvano questo\nsfoggio di dottrine astronomiche le quali s'incontrano nella\nCommedia<\/i>; e io non dico che abbiano sempre torto. Ma le\nimmagini che D. ne trae sono spesso piene di vita e in perfetta\ncorrispondenza col momento spirituale del suo viaggio; come qui,\ndove il ricordo dell'aurora e del sole nascente, di Gerusalemme,\nin cui si comp\u00ec il mistero pi\u00f9 grande della piet\u00e0<\/i> divina, e\ndella Libra, simbolo della giustizia<\/i> necessaria al pari della\nluce della verit\u00e0 rivelata, al benessere del mondo, cadono\ntutt'altro che inopportuni al principio del regno della\npurgazione. Cielo e terra sembrano cospirare insieme alla\nredenzione di Dante, il quale alla notizia della venuta in Italia\ndi Arrigo VII, scriveva: «Eccolo ora il tempo favorevole, in cui\nsorgono i segni della consolazione e della pace. Un nuovo giorno\nrisplende facendo apparire l'aurora all'oriente, che risolve le\ntenebre della lunga calamit\u00e0; gi\u00e0 le aure orientali spirano pi\u00f9\nfrequenti; il cielo rosseggia e con la sua dolce serenit\u00e0\nconforta gli auspici delle genti» (Ep.<\/i>, V, 1-2).\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"02","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
C'è di quelli che non approvano questo\r\nsfoggio di dottrine astronomiche le quali s'incontrano nella\r\nCommedia<\/i>; e io non dico che abbiano sempre torto.  Ma le\r\nimmagini che D. ne trae sono spesso piene di vita e in perfetta\r\ncorrispondenza col momento spirituale del suo viaggio; come qui,\r\ndove il ricordo dell'aurora e del sole nascente, di Gerusalemme,\r\nin cui si compì il mistero più grande della pietà<\/i> divina, e\r\ndella Libra, simbolo della giustizia<\/i> necessaria al pari della\r\nluce della verità rivelata, al benessere del mondo, cadono\r\ntutt'altro che inopportuni al principio del regno della\r\npurgazione.  Cielo e terra sembrano cospirare insieme alla\r\nredenzione di Dante, il quale alla notizia della venuta in Italia\r\ndi Arrigo VII, scriveva: «Eccolo ora il tempo favorevole, in cui\r\nsorgono i segni della consolazione e della pace.  Un nuovo giorno\r\nrisplende facendo apparire l'aurora all'oriente, che risolve le\r\ntenebre della lunga calamità; già le aure orientali spirano più\r\nfrequenti; il cielo rosseggia e con la sua dolce serenità\r\nconforta gli auspici delle genti» (Ep.<\/i>, V, 1-2).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3730666","LuogoFonte":"1","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Ecce nunc tempus acceptabile\", quo signa surgunt consolationis et pacis. Nam dies nova splendescit ab ortu auroram demonstrans, que iam tenebras diuturne calamitatis attenuat; iamque aure orientales crebrescunt; rutilat celum in labiis suis, et auspitia gentium blanda serenitate confortat.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Epistole&pb=5&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-9","from":1019.0,"to":1023.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Epistole"},
{"Annotazione":"...: disfatta che permise ai\nCartaginesi di raccogliere pi\u00f9 moggia di anelli, tolti ai\ncavalieri romani rimasti sul campo.  La ricorda anche nel Conv.<\/i>\n(IV, v, 19), come prova del diretto intervento di Dio nella\nformazione del «romano imperio».\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
disfatta che permise ai Cartaginesi di raccogliere più moggia di anelli, tolti ai\r\ncavalieri romani rimasti sul campo. La ricorda anche nel Conv. <\/i>(IV, v, 19),come prova del diretto intervento di Dio nella formazione del «romano imperio».<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Iv, v, 19","NotaFonte":"","TestoFonte":"E non puose Iddio le mani, quando per la guerra d'Annibale avendo perduti tanti cittadini che tre moggia d'anella in Africa erano portate, li Romani volsero abandonare la terra, se quel benedetto Scipione giovane non avesse impresa l'andata in Africa per la sua franchezza? ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=55&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"11","from":26829.0,"to":26833.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"...: dove \u00e8 necessario che tu ti armi\ndella fortezza, «la quale \u00e8 arme e freno a moderare l'audacia e\nla timidit\u00e0 nostra» (Conv.<\/i>, IV, xvii, 4).  — Della stessa\nvirt\u00f9 ha avuto bisogno anche al principio del suo viaggio\n(Inf.<\/i>, III, 15).  Gli estremi si toccano.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
dove è necessario che tu ti armi\r\ndella fortezza, «la quale è arme e freno a moderare l'audacia e\r\nla timidità nostra» (Conv.<\/i>, IV, xvii, 4).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xvii, 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Queste sono undici vertudi dal detto Filosofo nomate. La prima si chiama Fortezza, la quale è arme e freno a moderare l'audacia e la timiditade nostra nelle cose che sono corru<\/i>zione della nostra vita. La seconda [si] è Temperanza, che è regola e freno della nostra gulositade e della nostra soperchievole astinenza nelle cose che conservano la nostra vita. La terza si è Liberalitade, la quale è moderatrice del nostro dare e del nostro ricevere le cose temporali.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=54&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"21","from":33237.0,"to":33239.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"...: duce, conduttore, rispetto alla via;\nsegnore<\/b>, rispetto alla volont\u00e0; maestro<\/b>, rispetto\nall'intelletto.  Affida tutto se stesso a lui, ora che ha saputo\ncome V. sia stato mosso da B. e a B. riconduca.  Non cos\u00ec pensava\nintorno alla ragione, allorch\u00e9 scriveva il Convivio<\/i>; allora la\nscienza era per lui l'ultima perfezione della nostra anima<\/i> e\nbastava alla felicit\u00e0.  Di questo concetto hai un ricordo nel\ndiscorso di V. nel primo canto, dove l'ombra non fa\nnessun'allusione alla virt\u00f9 divina che lo muove, e sembra accorsa\nin aiuto di D. per sua spontanea volont\u00e0.  Invece nel secondo\ncanto V. non \u00e8 altro che un messo<\/i> del cielo: la ragione \u00e8 un\nraggio dell'intelletto divino, che viene da Dio e a Dio ritorna. \nNella differenza di tono tra il primo e il secondo ragionamento\ndi Virgilio \u00e8 segnato il divario tra lo spirito che informa il\nConvivio<\/i> e quello che la Commedia.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
duce, conduttore, rispetto alla via;\r\nsegnore<\/b>, rispetto alla volontà; maestro<\/b>, rispetto\r\nall'intelletto.  Affida tutto se stesso a lui, ora che ha saputo\r\ncome V. sia stato mosso da B. e a B. riconduca.  Non così pensava\r\nintorno alla ragione, allorché scriveva il Convivio<\/i>; allora la\r\nscienza era per lui l'ultima perfezione della nostra anima<\/i> e\r\nbastava alla felicità.  Di questo concetto hai un ricordo nel\r\ndiscorso di V. nel primo canto, dove l'ombra non fa\r\nnessun'allusione alla virtù divina che lo muove, e sembra accorsa\r\nin aiuto di D. per sua spontanea volontà.  Invece nel secondo\r\ncanto V. non è altro che un messo<\/i> del cielo: la ragione è un\r\nraggio dell'intelletto divino, che viene da Dio e a Dio ritorna. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"I, i, 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sì come dice lo Filosofo nel principio della Prima Filosofia, tutti li uomini naturalmente desiderano di sapere. La ragione di che puote essere ed è che ciascuna cosa, da providenza di prima natura impinta, è inclinabile alla sua propia perfezione; onde, acciò che la scienza è ultima perfezione della nostra anima, nella quale sta la nostra ultima felicitade, tutti naturalmente al suo desiderio semo subietti.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_CV&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"140","from":2006.0,"to":2008.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"...: e avanti di morire si avvolge\ndi nardo, frutice di colore rossigno e odorosissimo e di sapore\namaro (Plinio, Hist. nat.<\/i>, XII, 12), e di mirra, ramoscello di\nscorza assai ruvida, che getta lagrime odorose e amare.  —\nNardus mea dedit odorem suum; fasciculus myrrae dilectus meus\nmihi<\/i> (Cant. dei Cantici<\/i>, I, 11 e 12).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
e avanti di morire si avvolge\r\ndi nardo, frutice di colore rossigno e odorosissimo e di sapore\r\namaro (Plinio, Hist. nat.<\/i>, XII, 12), e di mirra, ramoscello di\r\nscorza assai ruvida, che getta lagrime odorose e amare.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q82778","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q442","LuogoFonte":"XII, 26","NotaFonte":"Il capitolo del libro XII in cui Plinio parla del nardo \u00e8 il 26, e non il dodicesimo come indicato in nota.","TestoFonte":"amomi uva in usu est ex<\/i> indica vite labrusca, ut alii existimavere, frutice t<\/i>ortuoso, palmi altitudine, carpiturque cum radice, manipulatim leniter componitur, protinus fragile. laudatur quam maxime punici mali foliis simile nec rugosis, colore rufo. secunda bonitas pallido; herbaceum peius, pessimumque candidum, quod et vetustate evenit.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0138%3Abook%3D12%3Achapter%3D26","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"111","from":23310.0,"to":23314.0,"NomeAutore":"Plinio il Vecchio","TitoloFonte":"Naturalis historia"},
{"Annotazione":"...: e in quell'ufficio ci\nconducemmo cos\u00ec che ancor si pare<\/b>, che gli effetti della nostra\npodesteria appariscono ancora intorno dal Gardingo, intorno al\ncastello costruito dai Longobardi a guardia<\/i> della citt\u00e0, presso\nSan Pietro Scheraggio.  Ma chi non sapesse che presso quella\nfortezza erano un tempo le case degli Uberti, e che, essendo loro\nal governo della citt\u00e0, i guelfi le atterrarono, non potrebbe\ndalle sue parole ricavar nulla di preciso.  I fatti, ricostruiti\ndalla storia, non pare che siano tutti contro di loro; chi li\ncostringeva ad agire in favore della parte guelfa era papa\nClemente IV.  Ma Dante stette alla voce del popolo che li\naccusava, con Giovanni Villani, di essere «sotto coverta di falsa\nipocrisia... in concordia per\u00f2 pi\u00f9 al guadagno loro proprio che\nal bene del comune» (VII, 13), e li condann\u00f2.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Ma chi non sapesse che presso quella\r\nfortezza erano un tempo le case degli Uberti, e che, essendo loro\r\nal governo della città, i guelfi le atterrarono, non potrebbe\r\ndalle sue parole ricavar nulla di preciso.  I fatti, ricostruiti\r\ndalla storia, non pare che siano tutti contro di loro; chi li\r\ncostringeva ad agire in favore della parte guelfa era papa\r\nClemente IV.  Ma Dante stette alla voce del popolo che li\r\naccusava, con Giovanni Villani, di essere «sotto coverta di falsa\r\nipocrisia... in concordia però più al guadagno loro proprio che\r\nal bene del comune» (VII, 13), e li condannò.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VIII, 13","NotaFonte":"","TestoFonte":"Onde quegli che reggeano la città di Firenze a parte ghibellina, sentendo nella città il detto subuglio e mormorio, e avendo paura che 'l popolo non si rubellasse contro a·lloro per una cotale mezzanità, e per contentare il popolo, elessono due cavalieri frati godenti di Bologna per podestadi di Firenze, che l'uno ebbe nome messer Catalano de' Malavolti, e l'altro messer Loderigo delli Andalò, e l'uno era tenuto di parte guelfa, ciò era messer Catalano, e l'altro di parte ghibellina. E nota che' frati godenti erano chiamati cavalieri di santa Maria, e cavalieri si faceano quando prendeano quello abito, che·lle robe aveano bianche e uno mantello bigio, e l'arme il campo bianco e la croce vermiglia con due stelle, e doveano difendere le vedove e' pupilli, e intramettersi di paci; e altri ordini, come religiosi, aveno. E il detto messer Loderigo ne fu cominciatore di quello ordine; ma poco durò, che seguiro al nome il fatto, cioè d'intendere più a godere ch'ad altro. Questi due frati per lo popolo di Firenze furono fatti venire, e misongli nel palagio del popolo d'incontro a la Badia, credendo che per l'onestà dell'abito fossono comuni, e guardassono il Comune di soperchie spese; i quali, tutto che d'animo di parte fossono divisi, sotto coverta di falsa ipocresia furono in concordia più al guadagno loro propio ch'al bene comune; e ordinarono XXXVI buoni uomini mercatanti e artefici, de' maggiori e migliori che fossono nella cittade, i quali dovessono consigliare le dette due potestadi, e provedere alle spese del Comune; e di questo novero furono de' Guelfi e de' Ghibellini, popolani e grandi non sospetti, ch'erano rimasi in Firenze alla cacciata de' Guelfi. ","UrlFonte":"http:\/\/www.intratext.com\/IXT\/ITA1633\/_P7K.HTM","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"107-108","from":22208.0,"to":22211.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"...: e proprio all'estremit\u00e0 di\nquella rotta lacca<\/b>, di quel burrone fenduto, l'infamia di\nCreti<\/b>, il Minotauro «la cui concezione fu s\u00ed fuori dei termini\nnaturali e abominevole che all'isola di Creti, nella quale esso\nfu, secondo le favole, generato, ne segu\u00ed perpetua infamia»\n(Bocc.).  Invero sarebbe stato concepito, concetto<\/b>, da Pasifae,\nmoglie di Min\u00f2s, e da un toro.  — era distesa<\/b>: stesa in terra,\naggiaccata, a modo di bue.  — ne la falsa vacca<\/b>: falsa, perch\u00e9\nvacca solo all'apparenza di fuori (Purg.<\/i>, XXVI, 41).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
ne la falsa vacca<\/b>: falsa, perché\r\nvacca solo all'apparenza di fuori (Purg.<\/i>, XXVI, 41).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purgatorio XXVI, 40-42","NotaFonte":"","TestoFonte":"la nova gente: \"Soddoma e Gomorra\";
e l'altra: \"Ne la vacca entra Pasife,
perché 'l torello a sua lussuria corra\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=60&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"11-13","from":10503.0,"to":10508.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"...: e stia in cambio ad ascoltare\nquel ch'or si scocca<\/b>: quello che sta per scoccare dall'arco\ndel mio dire.<\/i> Cfr. Purg.<\/i>, XXV, 17 sg.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
e stia in cambio ad ascoltare quel ch'or si scocca<\/b>: quello che sta per scoccare dall'arco\r\ndel mio dire.<\/i>  Cfr. Purg.<\/i>, XXV, 17 sg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purgatorio XXV, 16-18","NotaFonte":"","TestoFonte":"Non lasciò, per l'andar che fosse ratto,
lo dolce padre mio, ma disse: \"Scocca
l'arco del dir, che 'nfino al ferro hai tratto\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=59&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":24308.0,"to":24312.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"...: in qualunque modo altri la\nraccontino. Due volte nell'Inferno<\/i> \u00e8 fatta menzione del\nmarchese Obizzo II d'Este, e tutte e due per accertare\ncircostanze assai poco onorifiche della sua vita. Nel XII, per\nchi dubitava del modo della sua morte, Nesso afferma che quel\ntiranno lussurioso fu veramente ucciso dal figliastro; qui che\ncomper\u00f2 da Venedico l'onore della Ghisolabella. Cfr. XII, n.\n111.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
 in qualunque modo altri la\r\nraccontino.  Due volte nell'Inferno<\/i> è fatta menzione del\r\nmarchese Obizzo II d'Este, e tutte e due per accertare\r\ncircostanze assai poco onorifiche della sua vita.  Nel XII, per\r\nchi dubitava del modo della sua morte, Nesso afferma che quel\r\ntiranno lussurioso fu veramente ucciso dal figliastro; qui che\r\ncomperò da Venedico l'onore della Ghisolabella.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno XII, 109-112","NotaFonte":"","TestoFonte":"E quella fronte c'ha 'l pel così nero,
è Azzolino; e quell'altro ch'è biondo,
è Opizzo da Esti, il qual per vero
fu spento dal figliastro sù nel mondo\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=12&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"57","from":16857.0,"to":16860.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"...: l'alto passo \u00e8 fatto. Con quel\ndentro<\/b>, su cui batte l'accento, dalla terra illuminata dal sole\nsiamo trasportati in un'altra piena di tenebre e di mistero. —\nsegrete<\/b>: nascoste sotto terra, che nessun vivente vede mai. \nCompendia in un aggettivo il virgiliano: res alta terra et\ncaligine mersas<\/i> (En.<\/i>, VI, 267).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
segrete<\/b>: nascoste sotto terra, che nessun vivente vede mai. \r\nCompendia in un aggettivo il virgiliano: res alta terra et\r\ncaligine mersas<\/i> (En.<\/i>, VI, 267).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI, 266-267","NotaFonte":"Il legame tra il verso virgiliano e quello dantesco \u00e8 legittimato dal fatto che, in entrambi i casi, i protagonisti stanno accedendo alle aree infernali.","TestoFonte":"Sit mihi fas audita loqui, sit numine uestro
Pandere res alta terra et caligine mersas.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C006","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"21","from":2173.0,"to":2176.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"...: la selva. — Nella pienezza dei\nsuoni par che l'anima di Dante voglia effondere l'amaritudine di\ncui \u00e8 invasa e liberarsene. — che poco \u00e8 pi\u00f9 morte<\/b>: che la\nmorte \u00e8 poco pi\u00f9 amara della selva. Da questa, infatti, per\nl'intervento della grazia divina essendo possibile liberarsi, ne\nviene che essa non \u00e8 morte addirittura, ma quasi morte. O Mors,\nquam amara est memoria tua<\/i> (Eccles., XLI, 1). Amarum est\nreliquisse te Dominum Deum tuum<\/i> (Ier., II, 19).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
che poco è più morte<\/b>: che la\r\nmorte è poco più amara della selva.  Da questa, infatti, per\r\nl'intervento della grazia divina essendo possibile liberarsi, ne\r\nviene che essa non è morte addirittura, ma quasi morte.  O Mors,\r\nquam amara est memoria tua<\/i> (Eccles., XLI, 1).  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131072","LuogoFonte":"41, 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"[1<\/strong>] O mors, quam amara est memoria tua \/ homini pacem habenti in substantiis suis","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiasticus_lt.html#41","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"7","from":41.0,"to":44.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Qoelet"},
{"Annotazione":"...: non sapete voi (come i\nfiorentini del tempo di D. non sapevano) «che colui il quale\ncontrasta agli ordini divini, ricalcitra<\/i> a un volere che \u00e8\nonnipotente? e che \u00e8 duro ricalcitrare<\/i> allo sprone?» (Ep.<\/i>, V,\n14).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
non sapete voi (come i\r\nfiorentini del tempo di D. non sapevano) «che colui il quale\r\ncontrasta agli ordini divini, ricalcitra<\/i> a un volere che è\r\nonnipotente? e che è duro ricalcitrare<\/i> allo sprone?» (Ep.<\/i>, V,\r\n14).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3730666","LuogoFonte":"V, 14","NotaFonte":"Interessa, in questo caso, l'uso che fa Dante nella Commedia di un verbo la cui forma latina (\"recalcitro-as-avi-atum-are\") compare identica nell'Epistola V","TestoFonte":"Preoccupetis faciem eius in confessione subiectionis, et in psalterio penitentie iubiletis, considerantes quia \"potestati resistens Dei ordinationi resistit\"; et qui divine ordinationi repugnat, voluntati omnipotentie coequali recalcitrat; et \"durum est contra stimulum calcitrare\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Epistole&pb=5&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94","from":8345.0,"to":8347.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Epistole"},
{"Annotazione":"...: per difendersi dalle percosse\ndella grandine, fanno schermo, difesa, dell'un fianco all'altro. \n\u00c8 un'immagine cui il Poeta ci richiamer\u00e0, parlando di Firenze\ninferma (Purg.<\/i>, VI, 151).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
per difendersi dalle percosse\r\ndella grandine, fanno schermo, difesa, dell'un fianco all'altro. \r\nÈ un'immagine cui il Poeta ci richiamerà, parlando di Firenze\r\ninferma (Purg.<\/i>, VI, 151).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purgatorio VI, 148-151","NotaFonte":"L'individuazione di questa congruenza conferma la compattezza dei canti VI delle tre cantiche.","TestoFonte":"E se ben ti ricordi e vedi lume,
vedrai te somigliante a quella inferma
che non può trovar posa in su le piume,
ma con dar volta suo dolore scherma.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=40&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"20","from":5103.0,"to":5108.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"...: ripiglia pure il cammino, ch\u00e9\nio, dietro il tuo esempio, avr\u00f2 la fortezza e l'ardimento\nnecessari: non mancher\u00f2 cio\u00e8 delle virt\u00f9 occorrenti a vincere\nl'accidia, la gravezza che esce dalla vista della lupa (Inf.<\/i>,\nI, 52).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
ripiglia pure il cammino, ché io, dietro il tuo esempio, avrò la fortezza e l'ardimento\r\nnecessari: non mancherò cioè delle virtù occorrenti a vincere\r\nl'accidia, la gravezza che esce dalla vista della lupa (Inf.<\/i>, I, 52).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno I, 52-54","NotaFonte":"","TestoFonte":"questa mi porse tanto di gravezza
con la paura ch'uscia di sua vista,
ch'io perdei la speranza de l'altezza.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"60","from":22948.0,"to":22952.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"...: se, poetando, fa che\nCadmo si converta di uomo in serpente e Aretusa in fontana\n(Met.<\/i>, V, 572-661), io non lo 'nvidio<\/b>: io non ho motivo\nd'invidiare nulla alla sua arte.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
se, poetando, fa che Cadmo si converta di uomo in serpente e Aretusa in fontana\r\n(Met.<\/i>, V, 572-661), io non lo 'nvidio<\/b>: io non ho motivo d'invidiare nulla alla sua arte.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"V, 572-662","NotaFonte":"","TestoFonte":"Exigit alma Ceres, nata secura recepta,
Quae tibi causa fugae, cur sis, Arethusa, sacer fons.
Conticuere undae, quarum dea sustulit alto
Fonte caput uiridesque manu siccata capillos
Fluminis Elei ueteres narrauit amores.
\"Pars ego nympharum, quae sunt in Achaide,\" dixit,
\"Vna fui: nec me studiosius altera saltus
Legit nec posuit studiosius altera casses.
Sed quamuis formae numquam mihi fama petita est,
Quamuis fortis eram, formosae nomen habebam.
Nec mea me facies nimium laudata iuuabat,
Quaque aliae gaudere solent, ego rustica dote
Corporis erubui crimenque placere putaui.
Lassa reuertebar (memini) Stymphalide silua:
Aestus erat, magnumque labor geminauerat aestum.
Inuenio sine uertice aquas, sine murmure euntes,
Perspicuas ad humum, per quas numerabilis alte
Calculus omnis erat, quas tu uix ire putares;
Cana salicta dabant nutritaque populus unda
Sponte sua natas ripis decliuibus umbras:
Accessi primumque pedis uestigia tinxi,
Poplite deinde tenus neque eo contenta recingor
Molliaque inpono salici uelamina curuae
Nudaque mergor aquis; quas dum ferioque trahoque
Mille modis labens excussaque bracchia iacto,
Nescio quod medio sensi sub gurgite murmur
Territaque insisto propiori margine fontis.
\"Quo properas, Arethusa?\" suis Alpheus ab undis,
\"Quo properas?\" iterum rauco mihi dixerat ore.
Sicut eram, fugio sine uestibus: altera uestes
Ripa meas habuit. tanto magis instat et ardet,
Et, quia nuda fui, sum uisa paratior illi.
Sic ego currebam, sic me ferus ille premebat,
Vt fugere accipitrem penna trepidante columbae,
Vt solet accipiter trepidas urgere columbas.
Vsque sub Orchomenon Psophidaque Cyllenenque
Maenaliosque sinus gelidumque Erymanthon et Elim
Currere sustinui, nec me uelocior ille;
Sed tolerare diu cursus ego uiribus inpar
Non poteram, longi patiens erat ille laboris.
Per tamen et campos, per opertos arbore montes
Saxa quoque et rupes et, qua uia nulla, cucurri.
Sol erat a tergo: uidi praecedere longam
Ante pedes umbram, nisi si timor illa uidebat;
Sed certe sonitusque pedum terrebat, et ingens
Crinalis uittas adflabat anhelitus oris.
Fessa labore fugae \"fer opem, deprendimur\" inquam,
\"Armigerae, Diana, tuae, cui saepe dedisti
Ferre tuos arcus inclusaque tela pharetra.\"
Mota dea est spissisque ferens e nubibus unam
Me super iniecit: lustrat caligine tectam
Amnis et ignarus circum caua nubila quaerit
Bisque locum, quo me dea texerat, inscius ambit
Et bis \"io Arethusa, io Arethusa!\" uocauit.
Quid mihi tunc animi miserae fuit? anne quod agnae est,
Siqua lupos audit circum stabula alta frementes,
Aut lepori, qui uepre latens hostilia cernit
Ora canum nullosque audet dare corpore motus?
Non tamen abscedit; neque enim uestigia cernit
Longius ulla pedum: seruat nubemque locumque.
Occupat obsessos sudor mihi frigidus artus
Caeruleaeque cadunt toto de corpore guttae,
Quaque pedem moui, manat locus, eque capillis
Ros cadit, et citius, quam nunc tibi facta renarro,
In latices mutor. sed enim cognoscit amatas
Amnis aquas positoque uiri, quod sumpserat, ore
Vertitur in proprias, ut se mihi misceat, undas.
Delia rupit humum, caecisque ego mersa cauernis
Aduehor Ortygiam, quae me cognomine diuae
Grata meae superas eduxit prima sub auras.\"
Hac Arethusa tenus; geminos dea fertilis angues
Curribus admouit frenisque coercuit ora
Et medium caeli terraeque per aera uecta est
Atque leuem currum Tritonida misit in urbem
Triptolemo partimque rudi data semina iussit
Spargere humo, partim post tempora longa recultae.
Iam super Europen sublimis et Asida terram
Vectus erat iuuenis: Scythicas aduertitur oras.
Rex ibi Lyncus erat; regis subit ille penates.
Qua ueniat causamque uiae nomenque rogatus
Et patriam \"patria est clarae mihi\" dixit \"Athenae,
Triptolemus nomen; ueni nec puppe per undas,
Nec pede per terras: patuit mihi peruius aether.
Dona fero Cereris, latos quae sparsa per agros
Frugiferas messes alimentaque mitia reddant.\"
Barbaras inuidit, tantique ut muneris auctor
Ipse sit, hospitio recipit somnoque grauatum
Adgreditur ferro. conantem figere pectus
Lynca Ceres fecit rursusque per aera iussit
Mopsopium iuuenem sacros agitare iugales\".","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo\/codice\/OV%7Cmeta%7C005","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"98-99","from":24325.0,"to":24329.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"...: \u00c8 evidente che il Poeta ha\nvoluto notassimo bene il modo di camminare di lui, determinato\ndalle minugia e dalla corata che gli pendono tra le gambe. \nSomiglia al Veglio di Creta, eretto sul piede destro di\nterracotta e col sinistro sospeso. Va come Dante per la piaggia\ndiserta.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
È evidente che il Poeta ha\r\nvoluto notassimo bene il modo di camminare di lui, determinato\r\ndalle minugia e dalla corata che gli pendono tra le gambe. \r\nSomiglia al Veglio di Creta, eretto sul piede destro di\r\nterracotta e col sinistro sospeso.  Va come Dante per la piaggia diserta.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno XIV, 109-111","NotaFonte":"","TestoFonte":"da indi in giuso è tutto ferro eletto,
salvo che 'l destro piede è terra cotta;
e sta 'n su quel, più che 'n su l'altro, eretto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=14&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61","from":27182.0,"to":27187.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"...: \u00c8 raccontato nell'Eneide<\/i>,\nIII, 210 e segg. Approdati alle Strofadi, isole del mar Ionio, i\nTroiani si apparecchiavano a mangiare; ma vennero le Arpie, quale\na rapire, quale a lordare di sterco le vivande; e Celeno, una di\nloro, dall'alto di una rupe, aggiunse il tristo annunzio<\/b>, la\ntriste profezia: Voi non giungerete a ricingere di mura la citt\u00e0\nfatale, se prima per rabbia di fame non avrete divorate perfino\nle mense.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
È raccontato nell'Eneide<\/i>,\r\nIII, 210 e segg.  Approdati alle Strofadi, isole del mar Ionio, i\r\nTroiani si apparecchiavano a mangiare; ma vennero le Arpie, quale\r\na rapire, quale a lordare di sterco le vivande; e Celeno, una di\r\nloro, dall'alto di una rupe, aggiunse il tristo annunzio<\/b>, la\r\ntriste profezia: Voi non giungerete a ricingere di mura la città\r\nfatale, se prima per rabbia di fame non avrete divorate perfino\r\nle mense.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"III, 210-257","NotaFonte":"","TestoFonte":"Strophades Graio stant nomine dictae
Insulae Ionio in magno, quas dira Celaeno
Harpyiaeque colunt aliae, Phineia postquam
Clausa domus mensasque metu liquere priores.
Tristius haud illis monstrum, nec saeuior ulla
Pestis et ira deum Stygiis sese extulit undis.
Virginei uolucrum uultus, foedissima uentris
Proluuies uncaeque manus et pallida semper
Ora fame. ******************************
Huc ubi delati portus intrauimus, ecce
Laeta boum passim campis armenta uidemus
Caprigenumque pecus nullo custode per herbas.
Irruimus ferro et diuos ipsumque uocamus
In partem praedamque Iouem; tum litore curuo
Exstruimusque toros dapibusque epulamur opimis.
At subitae horrifico lapsu de montibus adsunt
Harpyiae et magnis quatiunt clangoribus alas, 
Diripiuntque dapes contactuque omnia foedant
Immundo; tum uox taetrum dira inter odorem.
Rursum in secessu longo sub rupe cauata
Arboribus clausam circum atque horrentibus umbris
Instruimus mensas arisque reponimus ignem;
Rursum ex diuerso caeli caecisque latebris
Turba sonans praedam pedibus circumuolat uncis,
Polluit ore dapes. sociis tunc arma capessant
Edico, et dira bellum cum gente gerendum.
Haud secus ac iussi faciunt tectosque per herbam
Disponunt ensis et scuta latentia condunt.
Ergo ubi delapsae sonitum per curua dedere
Litora, dat signum specula Misenus ab alta
Aere cauo. inuadunt socii et noua proelia temptant,
Obscenas pelagi ferro foedare uolucris.
Sed neque uim plumis ullam nec uulnera tergo
Accipiunt, celerique fuga sub sidera lapsae
Semessam praedam et uestigia foeda relinquunt.
Vna in praecelsa consedit rupe Celaeno,
Infelix uates, rumpitque hanc pectore uocem:
\"Bellum etiam pro caede boum stratisque iuuencis,
Laomedontiadae, bellumne inferre paratis
Et patrio Harpyias insontis pellere regno?
Accipite ergo animis atque haec mea figite dicta,
Quae Phoebo pater omnipotens, mihi Phoebus Apollo
Praedixit, uobis Furiarum ego maxima pando.
Italiam cursu petitis uentisque uocatis:
Ibitis Italiam portusque intrare licebit.
Sed non ante datam cingetis moenibus urbem
Quam uos dira fames nostraeque iniuria caedis
Ambesas subigat malis absumere mensas.\"","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C003","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"11-12","from":11529.0,"to":11542.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"...: \u00c8 una citazione che guasta,\nrompendo la foga del dire. Ma D. non ci bada, contento di poter\nesprimere la sua ammirazione verso lo storico di Roma, che cos\u00ec\ndegnamente ne aveva celebrata l'origine divina e le magnanime\nimprese. Et si cui populo licere oportet consecrare origines\nsuas et ad Deos referre auctores, ea belli gloria est populo\nromano<\/i> etc. (Proemio). Non \u00e8 improbabile che D. abbia derivato\ndi qui il suo concetto dello «speziale nascimento», e «speziale\nprocesso» che ebbe Roma (Conv.<\/i>, loc. cit.).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
È una citazione che guasta, rompendo la foga del dire. Ma D. non ci bada, contento di poter esprimere la sua ammirazioneverso lo storico di Roma, che così degnamente ne aveva celebrata l'originedivina e le magnanime imprese.  Et si cui populo licere oportet consecrare origines\r\nsuas et ad Deos referre auctores, ea belli gloria est populo romano<\/i> etc. (Proemio).  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2039","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1155892","LuogoFonte":"XXIII, 12","NotaFonte":"","TestoFonte":"ad fidem deinde tam laetarum rerum effundi in vestibulo curiae iussit anulos aureos, qui tantus acervus fuit ut metientibus dimidium supra tris modios explesse sint quidam auctores; fama tenuit, quae propior vero est, haud plus fuisse modio. adiecit deinde verbis, quo maioris cladis indicium esset, neminem nisi equitem, atque eorum ipsorum primores, id gerere insigne. summa fuit orationis, quo propius spem belli perficiendi sit, eo magis omni ope iuvandum Hannibalem esse; procul enim ab domo militiam esse, in media hostium terra; magnam vim frumenti pecuniae absumi, et tot acies, ut hostium exercitus delesse, ita victoris etiam copias parte aliqua minuisse; mittendum igitur supplementum esse, mittendam in stipendium pecuniam frumentumque tam bene meritis de nomine Punico militibus.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0204%3Abook%3D23%3Achapter%3D12","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"12","from":26837.0,"to":26839.0,"NomeAutore":"Tito Livio","TitoloFonte":"Ab Urbe condita libri"},
{"Annotazione":";\nnon dovresti esser tocco da maraviglia: non ti dovresti\nmaravigliare — poi dietro a' sensi Vedi che<\/b> ec.: poich\u00e8 vedi\ntu bene, che la ragione seguendo i sensi poco nella cognizione\ndel vero pu\u00f2 stendersi.  Della particella poi<\/b> per poich\u00e8<\/i> vedi\nla nota al primo verso del canto X del Purgatorio: e ben di\nmezzogiorno vuole il Venturi farci notte chiosando, che poi<\/i><\/b> non\n\u00e8 qu\u00ec per poich\u00e8<\/i><\/b>, ma per oltrech\u00e8<\/i>, di sopra pi\u00f9.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Della particella poi<\/b> per poichè<\/i> vedi la nota al primo verso del canto X del Purgatorio<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. X 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Poi fummo dentro al soglio de la porta","UrlFonte":"https:\/\/dante.dartmouth.edu\/search_view.php?doc=179153010160&cmd=gotoresult&arg1=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"55-57","from":1349.0,"to":1371.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"; discese<\/b>, perch\u00e8 la ripa, \nsulla quale stavano i Poeti, era pi\u00f9 alta.  — Appresso lui<\/b>: un\nchiosatore moderno: non dopo lui, ma accanto di lui<\/i>; ma chi\nbadi al poi<\/i><\/b>, che precede, vedr\u00e0 che tal chiosa \u00e8 un gergo.  —\nE sol quand'io fui dentro<\/b>, perch\u00e8 vivo ancora, parve<\/b>, \napparve, mostr\u00f2, col prender pi\u00f9 acqua, di esser carica (cf. v.\n30).  Virgilio, di fatto consimile (Aen.<\/i><\/b>, VI, 412):\n\n                            simul accipit alvo\n     Ingentem Aeneam: gemuit sub pondere cymba\n     Sutilis, et multam accepit rimosa paludem.\n\nVirgilio, nota il Cesari, fece intendere il peso del corpo di\nEnea al cigolar che fece la barca; Dante invece al pigliar pi\u00f9\ndell'acqua, anzi al solco che la prora ne menava pi\u00f9 fondo; delle\nquali due immagini non si saprebbe a cui dar la mano.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
E sol quand'io fui dentro<\/b>, perchè vivo ancora, parve<\/b>,  apparve, mostrò, col prender più acqua, di esser carica (cf. v. 30).  Virgilio, di fatto consimile (Aen.<\/i>, VI, 412): simul accipit alvo Ingentem Aeneam: gemuit sub pondere cymba Sutilis, et multam accepit rimosa paludem.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis VI, 412-414","NotaFonte":"","TestoFonte":"deturbat, laxatque foros; simul accipit alveo
ingentem Aenean. Gemuit sub pondere cymba
sutilis, et multam accepit rimosa paludem.","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D6%3Acard%3D384","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"25-27","from":6906.0,"to":6928.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"; Egli lo trov\u00f2 in una terra di\ndeserto, e in un luogo desolato d'urli di solitudine; egli l'ha\nmenato attorno, egli l'ha ammaestrato.<\/i> Deuter. XXXII, 19.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Egli lo trovò in una terra di deserto, e in un luogo desolato d'urli di solitudine; egli l'ha menato attorno, egli l'ha ammaestrato.<\/i>  Deuter. XXXII, 19<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42614","LuogoFonte":"32, 10","NotaFonte":"Il riferimento corretto non \u00e8 a Dt 32, 19 bens\u00ec a Dt 32, 10","TestoFonte":"Invenit eum in terra deserta,
in loco horroris et ululatu solitudinis;
circumdedit eum et attendit
et custodivit quasi pupillam oculi sui.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_deuteronomii_lt.html#32","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"64","from":470.0,"to":473.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Deuteronomio"}, {"Annotazione":"; piet\u00e0 mi vinse<\/i> (Inf.<\/i>, V, \n72). Perch\u00e8 il cuore<\/i> e come la camera dove dimora lo spirito\ndella vita<\/i> (Vit. N.<\/i>, II), cos\u00ec al cuore si riferiscono tutti\ngli affetti (cf. Inf.<\/i>, II, 122, 131 e 136; V, 100; X, 20; XIII, \n59, e spesso). Del sentire il Poeta dolore o gioia de' tormenti\nde' dannati, cf. Inf.<\/i><\/b>, VIII, 60. — Quando lo intesi<\/b> dire\nqueste parole. — Gente di molto valore<\/b>: nell'Inf.<\/i>, XVI, 67:\n\n Cortesia e valor<\/i> di' se dimora\n Nella nostra citt\u00e0;\n\nNel Purg.<\/i>, XVI, 116:\n\n In sul paese, ch'Adige e Po riga, \n Solea valore e cortesia trovarsi.\n\nNel Conv.<\/i>, IV, 2: «Intendo dicere di quello valore<\/i><\/b>, per lo\nquale uomo \u00e8 gentile veramente. E avvegna ch\u00e8 valore<\/b> intender\nsi possa per pi\u00f9 modi, qui si prende valore<\/b> quasi potenza di\nnatura<\/i><\/b>, ovvero bont\u00e0 da quella data.<\/i>> — Eran sospesi<\/i><\/b>:\nveggasi il commento all'Inf.<\/i><\/b>, II, 52. — Gente.<\/b>.. sospesi<\/b>;\ncf. Purg.<\/i>, III, 37.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Gran duol<\/b> ecc.; pietà mi vinse<\/i> (Inf.<\/i>, V, 72).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V, 72","NotaFonte":"Poletto legge al v. 72 \"mi vinse\", mentre Petrocchi reca \"mi giunse\".","TestoFonte":"pietà mi giunse, e fui quasi smarrito","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"43-45","from":3277.0,"to":3279.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"; acci\u00f2 che\ndalla potenza della memoria, che nel capo risiede, si\nscancellasse poi la ricordanza delle commesse colpe [Vedi Purg.\nXXVIII, 127 e seg.].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
acciò che dalla potenza della memoria, che nel capo risiede, si scancellasse poi la ricordanza delle commesse colpe [Vedi Purg. XXVIII, 127 e seg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVIII 127-129","NotaFonte":"","TestoFonte":"Da questa parte con virtù discende
che toglie altrui memoria del peccato;
da l'altra d'ogne ben fatto la rende.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=62","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"101","from":31612.0,"to":31618.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"; altrove (Inf.<\/i>, XXXIV, \n26): Pensa, lettor, per te, s'hai fior d'ingegno. — Mi\ndisconfortai<\/b> (mi sconfortai<\/i><\/b> ha al Nidob. e molte ediz.), mi\ndisconsolai (Vit. N.<\/i>, XXXII, canz. v. ult.), nel suon<\/i><\/b> ecc., \nnel sentire quelle maledette parole. Nella Vit. N.<\/i><\/b>, VII:\n«Quasi sbigottito della bella difesa, che mi era venuta meno, \nassai me ne disconfortai.» Il Buti: «Queste parole possono\nessere tutte le dette di sopra dai demoni, et ancora si pu\u00f2\nintendere pur di quest'ultime: ch\u00e8 tu qui rimarrai<\/i> {v.92};>\nanzi di queste pi\u00f9 che delle altre. — Ritornarci<\/b>; ci<\/b>, di\nl\u00e0, dall'Inferno in questo mondo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Pensa, lettor<\/b> ecc.; altrove (Inf.<\/i>, XXXIV, 26): Pensa, lettor, per te, s'hai fior d'ingegno. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIV, 22-27","NotaFonte":"","TestoFonte":"Com'io divenni allor gelato e fioco,
nol dimandar, lettor<\/strong>, ch'i' non lo scrivo,
però ch'ogne parlar sarebbe poco.
Io non mori' e non rimasi vivo;
pensa <\/strong>oggimai per te, s'hai fior d'ingegno,
qual io divenni, d'uno e d'altro privo. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=34&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-96","from":7395.0,"to":7397.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"; cio\u00e8 l'amico mio, ma non amico\ndella fortuna, dalla quale fu tanto bersagliato; il che \u00e8 quanto\na dire: lo sfortunato mio amico<\/i>; e questa mi sembra preferibile\nalla spiegazione di chi per ventura<\/b> intende i pregi estrinseci, \nla bellezza esteriore. Qui Dante \u00e8 da Beatrice detto suo\namico<\/b>, come altrove sar\u00e0 detto fedele<\/i><\/b> (Purg.<\/i>, XXXI, 134), \nbench\u00e8 Beatrice dell'amicizia<\/i> e fedelt\u00e0<\/i> di lui faccia\ngravissimi lamenti e giusti (Purg.<\/i>, XXX, 55 e segg.); \u00e8 dunque\nmestieri ben discernere anche nello stesso discorso di lei, \nBeatrice donna<\/i> da Beatrice divina Rivelazione<\/i>; all'una il\nPoeta si accusa infedele, non gi\u00e0 alla seconda; o altrimenti\npotrebbesi intendere dell'amore e fedelt\u00e0<\/i> abituale, se non\nsempre attuale. — Diserta piaggia<\/i><\/b> (cf. I, 29), ovvero nel\ngran diserto<\/i><\/b>, Inf.<\/i>, I, 64. — Impedito<\/b>, dalla lupa\n(Inf.<\/i><\/b>, I, 94-97; cf. ivi 35 e II, 95). — V\u00f4lto<\/i><\/b>: accenna al\nfatto del ruinare<\/i> in basso loco<\/i> (Inf.<\/i>, I, 61). —\nSmarrito<\/b>, negli errori di quel diserto<\/i><\/b>, cos\u00ec che fosse vano\nogni umano soccorso (cf. Purg.<\/i>, XXX, 136-140); o come vorrebbe\nil Giuliani «fuori di s\u00e8, stremato d'ogni vigore, > il che torna\nlo stesso, secondo il modo di guardare a questo punto sotto\nl'aspetto fisico, ovvero morale. — Levata<\/i><\/b>, cio\u00e8 dal trono\nche i suoi merti le sortiro<\/i><\/b> (Par.<\/i>, XXXI, 69), dove sedea con\nl'antica Rachele<\/i> (cf. sotto v. 102, e Par.<\/i>, XXXII, 7). —\nPer quel<\/b> ecc.: dice qui in sentenza quanto poscia dir\u00e0 con pi\u00f9\nparole (cf. 94-108).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Qui Dante è da Beatrice detto suo amico<\/b>, come altrove sarà detto fedele<\/i> (Purg.<\/i>, XXXI, 134), benchè Beatrice dell'amicizia<\/i> e fedeltà<\/i> di lui faccia gravissimi lamenti e giusti (Purg.<\/i>, XXX, 55 e segg.)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXI, 134","NotaFonte":"","TestoFonte":"era la sua canzone, “al tuo fedele ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=65","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61-66","from":1427.0,"to":1429.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"; come capo aveva gli altri due ai\nlati; — al petto si mira<\/b>, sta grave, pensoso, a capo chino. \n— Il gran Chirone<\/b>; figliuolo di Saturno e di Filira; secondo\nla mitologia fu maestro d'Achille (Purg.<\/i>, IX, 37), d'Esculapio\ne d'altri famosi.  — Nudr\u00ec<\/i><\/b>, verbo potente pensando all'ufficio\ndi Chirone verso l'alunno; la scienza \u00e8 il pi\u00f9 utile de'\nnutrimenti.  — Folo<\/b>; altro de' Centauri, che insieme co' suoi\ncompagni tent\u00f2 di rapire Ippodamia e di violare le donne de'\nLapiti.  In Nesso, dice il Tommaseo, \u00e8 figurata la cupidigia\nviolenta, in Folo il violento furore.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Il gran Chirone<\/b>; figliuolo di Saturno e di Filira; secondo la mitologia fu maestro d'Achille (Purg.<\/i>, IX, 37), d'Esculapio e d'altri famosi. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IX, 37","NotaFonte":"","TestoFonte":"quando la madre da Chirón a Schiro","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=43","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"70-72","from":10934.0,"to":10937.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"; cos\u00ec altrove (Purg.<\/i>, I, 1):\nper correr miglior acqua<\/i> (che ha qualche somiglianza con quello\ndel Par.<\/i>, II, 7, l'acqua ch'io prendo<\/i>, ecc.): anche Virgilio\n(Aen.<\/i>, V, 237) disse aequora curro.<\/i><\/b>  — Morta gora<\/b>, la\npalude stigia; <gora<\/b>, scrive il Boccaccio, \u00e8 una parte d'acqua\ntratta per forza del vero corso d'alcun fiume, e menata ad alcun\nmulino o altro servigio il quale fornito si ritorna nel fiume\nonde era tratta:> e il Postill. Cass.: <Gora<\/b> dicitur in Thuscia\nquilibet canalis tractus seorsum de aliquo flumine, ut aqua\nmolendini.»  Per\u00f2 come diciamo acqua morta<\/i>, intendendola\nstagnante e senza corso, cos\u00ec morta gora<\/i><\/b> s'ha da intendere per\nquella parte dello Stige, ch'era una mescolanza ancor pi\u00f9\npantanosa della precedente (\u00e8 la seconda circuizione, che\ncontiene i superbi), per distinguerla dalla prima, la cui\nsuperficie pullulava<\/i><\/b> (VII, 119), e perci\u00f2 non era del tutto\nstagnante.  — Un<\/b> (cf. v. 36, e XXIII, 111) pien di fango<\/b>, \ntutto infangato; Filippo Argenti degli Adimari, fiorentino (che\nPier di Dante dice hominem multum jam superbum et arrogantem<\/i>);\nl'Ottimo: bont\u00e0 non \u00e8 che sua memoria fregi<\/i> {v.47}.> \nIl Boccaccio: «cavaliere ricchissimo, tanto che esso alcuna volta\nfece il cavallo, il quale usava di cavalcare, ferrare d'ariento, \ne da questo trasse il soprannome.»  (Cf. Diz. Dant.<\/i> artic.\nAdimari, e Argenti Filippo).  Alla schiatta di costui son rivolte\nle fiere parole del Par.<\/i>, XVI, 115-118.  — Anzi ora<\/i><\/b>, prima\ndel tempo, essendo ancor vivo (cf. Inf.<\/i><\/b>, XXVIII, 46); prima che\nla morte ti abbia dato il volo (Purg.<\/i>, XIV, 2), ovvero senza\nmorte<\/i> (v. 84).  «Mostra di credere che un giorno quel vivo\nverrebbe in Inferno davvero.  E anche perci\u00f2 Dante risponde\ncruccioso» (Tommaseo).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Correvam<\/b> ecc.; così altrove (Purg.<\/i>, I, 1): per correr miglior acqua<\/i> (che ha qualche somiglianza con quello del Par.<\/i>, II, 7, l'acqua ch'io prendo<\/i>, ecc.): anche Virgilio (Aen.<\/i>, V, 237) disse aequora curro.<\/i>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. I, 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Per correr miglior acque alza le vele","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=35","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31-33","from":6953.0,"to":6976.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"; detto proverbiale, per\ndire che il meschino era caduto in cattive mani.  Il Biagioli:\n«Questi modi proverbiali, usati nelle pi\u00f9 nobili scritture delle\ntre lingue pi\u00f9 belle, greca latina e italiana, collocati a tempo\ne luogo, di plebei diventan nobili, e spargono nelle scritture un\ns\u00ec grazioso lume, che ne rimane la natia loro oscurit\u00e0\necclissata.»  — Sorco<\/b>, sorcio (cf. Inf.<\/i>, IV, 127; XXI, 124);\nma non gi\u00e0, come affermano alcuni, in grazia della rima, che i\nnostri antichi sorco<\/i><\/b> usarono anco fuor di rima.  E cero<\/i><\/b> per\ncereo<\/i>, nota il Tommaseo, diciam tuttavia.  Una volta per\nsempre: l'Ottimo, allegato dal Cant\u00f9 (Stor. Univ.<\/i>, Ep. XIII, \ncap. 28) a proposito scriveva: «Io scrittore udii dire a Dante, \nche mai rima nol trasse a dire quello che non avea in suo\nproposito, ma ch'elli molte e spesse volte facea li vocaboli dire\nnelle sue rime altro che quello ch'erano appo gli altri dicitori\nusati di esprimere» (cf. Foscolo, Disc.<\/i> ecc., sez. 200).  Ma se\nanco all'Ottimo non si volesse credere, \u00e8 forza di consentire col\nBorghini, il quale rivedendo le bucce a un falso Vellutello<\/i>, \nche chiosando Dante ad ogni tratto trova parole dall'Autore usate\nper accomodar la rima<\/i>, in un luogo (Purg.<\/i>, XXIII, 70)\nesclama: questa benedetta rima \u00e8 la salvigia degli ignoranti.<\/i><\/b> \n— Il chiuse con le braccia<\/b>, prese Ciampolo tra le sue braccia, \nfacendosi come suo difensore non gi\u00e0 per commiserazione, ch'era\nin lui impossibile, ma perch\u00e8 potesse parlare con Virgilio.  —\nState in l\u00e0<\/b>, non appressatevi, non toccatelo.  — Mentre<\/b>, \ninsino a tanto.  — Lo inforco<\/b>, lo tengo nelle mie braccia, \nquasi fatto forca delle braccia.  Inforcare<\/i> usa Dante altre due\nvolte (Purg.<\/i>, VI, 99; VIII, 135), di chi cavalca, per\nistringere colle gambe.  Non si pu\u00f2 quindi accettare l'opinione\ndel Buti e d'altri, che intendono afferrare col forcone<\/i>, che\nBarbariccia aveva in mano, se anzi \u00e8 Barbariccia per l'appunto\nche adesso salva Ciampolo dal forcone de' suoi compagni.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Sorco<\/b>, sorcio (cf. Inf.<\/i>, IV, 127; XXI, 124); ma non già, come affermano alcuni, in grazia della rima, che i nostri antichi sorco<\/b> usarono anco fuor di rima.  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV, 127","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"58-60","from":20743.0,"to":20746.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"; dinota l'orgoglio.  Superbia \u00e8e\nvolontade di disordinata altezza.<\/i>  S. Anselmo, Virid. Consol. \n— Con rabbiosa fame<\/b>: esternando la crucciosa brama di onori e\ndi maggioranza, che inquieta e tormenta tutto d\u00ec gli orgogliosi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Superbia èe volontade di disordinata altezza.<\/i>  S. Anselmo, Virid. Consol.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3642199","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/giardino-di-consolazione","LuogoFonte":"cap. I, Contro alla superbia","NotaFonte":"","TestoFonte":"E Sant'Anselmo dice: Superbia èe volontade di disordinata altezza","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=ZPEhqBrzZgIC&pg=PA163&lpg=PA163&dq=%22volontade+di+disordinata+altezza%22&source=bl&ots=3ZD2evGvZG&sig=ACfU3U1W1zcW-tJ9mYBEs9r6gWo00PY_yg&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjqoOq86O7vAhXJ6qQKHeE2BecQ6AEwAnoECAQQAw#v=onepage&q=%22volontade%20di%20disordinata%20altezza%22&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"47","from":343.0,"to":347.0,"NomeAutore":"Bono Giamboni","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"; i pastori invitati dall'angelo ad\nadorare il nato Redentore, i quali udirono cantarsi il detto inno\nprima<\/b>, primieramente, la prima volta [accenna il sentirlo noi\npure quotidianamente cantarsi nella messa] non si mossero se non\ndopo finito cotal canto [Lucae<\/i> 2 v. 15].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
i pastori invitati dall'angelo ad adorare il nato Redentore, i quali udirono cantarsi il detto inno prima<\/b>, primieramente, la prima volta [accenna il sentirlo noi pure quotidianamente cantarsi nella messa] non si mossero se non  dopo finito cotal canto [Lucae<\/i> 2 v. 15].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","LuogoFonte":"II 15","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et factum est, ut discesserunt ab eis angeli in caelum, pastores loquebantur ad invicem: “ Transeamus usque Bethlehem et videamus hoc verbum, quod factum est, quod Dominus ostendit nobis ”. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"140","from":20507.0,"to":20510.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"},
{"Annotazione":"; i ventiquattro seniori, simboli\nde' ventiquattro libri del vecchio Testamento [Vedi nel canto\npreced. v. 83], e bene perci\u00f2 detti veraci<\/b> — venuta prima tra\n'l grifone, ed esso, tra esso<\/b> settentrione; tra i sette\ncandelabri, e 'l grifone<\/b>, o sia il carro dal grifone tirato.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
i ventiquattro seniori, simboli de' ventiquattro libri del vecchio Testamento [Vedi nel canto preced. v. 83]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIX 83","NotaFonte":"","TestoFonte":"ventiquattro seniori, a due a due,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=63&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-8","from":29952.0,"to":29955.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"; il diavolo dall'alto del ponte\nbutt\u00f2 gi\u00f9 nella pece bollente il peccatore, e con tutta velocit\u00e0\nritorn\u00f2 sulle sue orme.  Il Gelli: «Quel demonio butt\u00f2 e gitt\u00f2\nBonturo (sic<\/i>) di su 'l ponte in quella pece, e di poi si\nrivolse indietro, e cominci\u00f2 a correre, di maniera ch'ei non fu\nmai mastino<\/b> alcuno s\u00ec sciolto<\/b> e spedito, che seguitassi con\ntanta fretta il ladro.  Mastini<\/i><\/b> sono certi cani grandi, che\ntengono i pecorai nelle Maremme per guardia delle pecore, o\nalcuni contadini per guardia del podere; il costume de' quali \u00e8\nnon lasciar accostare persona al branco delle pecore o a la casa, \nma seguitare e mordere ciascuno, dai padroni e quei che conosce\nin fuori.  E per\u00f2 il Poeta, facendo menzione di cani mastini, \ndice: a seguitare il ladro<\/i>, come egli arebbe detto la lepre<\/i>, \nse egli avessi nominati veltri<\/i>> (cf. Inf.<\/i>, XIII, 126).  —\nScoglio duro<\/i><\/b>, cf. Inf.<\/i><\/b>, XV, 1, nel commento.  — Si volse<\/b>, \ntorn\u00f2 indietro.  — E mai<\/b> ecc.; e non vi fu mai cane mastino\nsciolto dal padrone a inseguire con tanta velocit\u00e0 il ladro, con\nquanta il diavolo tornossene indietro.  La similitudine richiama\nl'altra (Inf.<\/i>, XIII, 126); e ricorre poco appresso (vv. 67-68):\nma in questa del mastino \u00e8 notata la circostanza della velocit\u00e0;\nnell'altra, che or ora vedremo, si tien di mira l'impeto furioso\ndei cani nell'atto di assaltare il mendicante.  La frase adunque\ncon tanta fretta<\/i><\/b> non devesi far dipendere da sciolto<\/b>, ma da\nseguitar<\/b>, dacch\u00e8 qui non si tien conto della fretta con che\nviene sciolto, ma della fretta<\/b> con che sciolto insegue il\nladro.  — Furo<\/b>, ladro che prende di nascosto; altrove chiama\nfuoco furo<\/i><\/b> le fiamme, che dentro a s\u00e8 nascondevano le anime de'\nfrodolenti consiglieri (Inf.<\/i>, XXVII, 127), come, usando la voce\ninvolare<\/i>, il Poeta spiega in precedenza (ivi, XXVI, 42).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Il Gelli: «Quel demonio buttò e gittò Bonturo (sic<\/i>) di su 'l ponte in quella pece, e di poi si rivolse indietro, e cominciò a correre, di maniera ch'ei non fu mai mastino<\/b> alcuno sì sciolto<\/b> e spedito, che seguitassi con tanta fretta il ladro.  Mastini<\/i> sono certi cani grandi, che tengono i pecorai nelle Maremme per guardia delle pecore, o alcuni contadini per guardia del podere; il costume de' quali è non lasciar accostare persona al branco delle pecore o a la casa, ma seguitare e mordere ciascuno, dai padroni e quei che conosce in fuori.  E però il Poeta, facendo menzione di cani mastini, dice: a seguitare il ladro<\/i>, come egli arebbe detto la lepre<\/i>, se egli avessi nominati veltri<\/i>> (cf. Inf.<\/i>, XIII, 126).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIII, 126","NotaFonte":"","TestoFonte":"come veltri ch'uscisser di catena","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=13&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"43-45","from":19641.0,"to":19665.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"; imperocch\u00e8 in vece di apertamente\ndimandare se Ges\u00f9 Cristo dopo morte discendesse colaggi\u00f9, e ne\ntraesse l'anime de' giusti a lui premorti, addimanda solamente se\nalcun mai uscisse di l\u00e0 o per proprio o per altrui merito.\n\n\tMa perch\u00e8 questa copertura di parlare? perch\u00e8 tacere il\nnome di Cristo tanto Dante nella proposta, che Virgilio nella\nrisposta?  Forse per essere Virgilio stato uomo del gentilesimo? \nCos\u00ec l'intendono il Landino, e 'l Daniello.  Ma se non ostante\nsapeva Virgilio ci\u00f2 che fosse cristianesimo [come dal precedente\ndi lui parlare si scorge], e sapeva, che dopo l'instituzione del\ncristianesimo era necessario per l'eterna salvezza il battesimo,\nperch\u00e8 non poteva lui nominarsi, e nominar esso pure\nl'institutore del cristianesimo e del battesimo Ges\u00f9 Cristo?\n\n\tOsservando io che non solamente qu\u00ec, ma in nessun luogo\ndell'Inferno non nomina Dante mai, n\u00e8 fa da alcuno nominarsi il\nnome di Ges\u00f9 Cristo, eleggerei piuttosto di credere motivo di\ncotale silenzio quel sanctum et terribile<\/i>, che del nome di Ges\u00f9\nCristo predisse Davide [Psal. 110 v. 9]; e per, cio\u00e8, non\nprofanare la santit\u00e0 del nome in quell'infame luogo, e per\nevitare lo spavento, che il di lui suono avrebbe colaggi\u00f9\napportato.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
imperocchè in vece di apertamente dimandare se Gesù Cristo dopo morte discendesse colaggiù, e ne traesse l'anime de' giusti a lui premorti, addimanda solamente se alcun mai uscisse di là o per proprio o per altrui merito. \r\nMa perchè questa copertura di parlare? perchè tacere il nome di Cristo tanto Dante nella proposta, che Virgilio nella risposta?  Forse per essere Virgilio stato uomo del gentilesimo?  Così l'intendono il Landino, e 'l Daniello.  Ma se non ostante sapeva Virgilio ciò che fosse cristianesimo [come dal precedente di lui parlare si scorge], e sapeva, che dopo l'instituzione del cristianesimo era necessario per l'eterna salvezza il battesimo,  perchè non poteva lui nominarsi, e nominar esso pure l'institutore del cristianesimo e del battesimo Gesù Cristo?\r\nOsservando io che non solamente quì, ma in nessun luogo dell'Inferno non nomina Dante mai, nè fa da alcuno nominarsi il nome di Gesù Cristo, eleggerei piuttosto di credere motivo di cotale silenzio quel sanctum et terribile<\/i>, che del nome di Gesù Cristo predisse Davide [Psal. 110 v. 9]; e per, cioè, non profanare la santità del nome in quell'infame luogo, e per evitare lo spavento, che il di lui suono avrebbe colaggiù apportato.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"CXI (CX) 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sanctum et terribile nomen eius","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%20111","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"51","from":3337.0,"to":3339.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"},
{"Annotazione":"; in fatti, per verit\u00e0; dice che\nveramente fu figliuol dell'orsa<\/b>, per la voracit\u00e0 propria di\nquesti animali.  Il dannato era papa Giovanni Gaetano Orsini, \nromano, che col nome di Niccol\u00f2 III fu papa dal dicembre 1277\nall'agosto 1280.  Di lui Ricordano Malaspini (Stor. Fior.<\/i>, cap.\nCCXVIII): «Mentre che fue giovane cherico e poi Cardinale, fue\nonestissimo e di buona vita; ma poi che fue fatto papa magnanimo, \ne per lo caldo de' suoi consorti, imprese molte cose per farli\ngrandi, e fue il primo papa nella cui corte s'usasse prima\nsimonia per li suoi parenti, onde gli aggrand\u00ec molto di\npossessioni e di castella e di moneta sopra tutti i romani, in\npoco tempo ch'egli vivette.»  Ma qui il buon Ricordano mostra\npalesemente d'ignorare che cosa sia la simonia<\/i>, e questa\nconfonde col nepotismo<\/i>, come fan pure non pochi moderni. \nL'Ottimo «Fu desideroso d'arricchire li suoi, che tutti li\nbenefici di santa Chiesa che diede fuori, a' suoi consorti vend\u00e8, \ne prese moneta, confer\u00ec grazie, sempre accettando quella persona, \nla cui borsa gli era pi\u00f9 copiosa.»  — Figliuol dell'orsa<\/i><\/b>; lo\nstemma di casa Orsini \u00e8 un orsa; e il Poeta perfin dal cognome\ntrae argomento di vituperare questo dannato.  — Cupido s\u00ec<\/b> ecc. \nBenvenuto: Fuit primus, in cuius curia palam committeretur\nsimonia per suos attinentes<\/i><\/b>; ma vuol dire, come vorrebbe il\nretto parlar latino, che la simonia veniva usata da'<\/i> suoi\nattinenti (parenti e favoriti), che avevano potere presso di lui;\no che egli la usasse in loro favore, come usavasi dire nel latino\nmedioevole? in tal caso converrebbe con quanto abbiamo test\u00e8\nsentito da Ricordano (fue il primo papa nella cui corte s'usasse\nprima simonia per li suoi parenti<\/i>).  Anche il Balbo scrisse\n(Vita Dant.<\/i>, lib. II, cap. 2): «Niccol\u00f2 III... favor\u00ec i parenti\nin tal modo, che potrebbesi dire l'inventore di quel vizio del\nnepotismo, che dur\u00f2 pi\u00f9 secoli.»  — Avanzar<\/i><\/b>, accrescere di\npotenza, trarre in alto, in senso att. (cf. Inf.<\/i><\/b>, IV, 78;\nPar.<\/i>, XIII, 24).  — Gli orsatti<\/b>, i membri di casa Orsini, i\nsuoi nipoti.  Ma in quanto al nepotismo<\/i><\/b>, che sta nel favorire\nin modo speciale i propri nipoti (e s'adopera tal voce\nspecialmente rispetto ai Papi) bene osserva il Cornoldi, che esso\n<\u00e8 reo se, favorendo i nipoti, si viola la giustizia e la carit\u00e0, \no si fa cangiare destinazione ai beni della Chiesa: non \u00e8 reo, se\nsi retribuisce il merito de' nepoti, e si provvede al bene della\nChiesa, ed alla sicurezza maggiore della persona del Papa stesso. \nInnocenzo XII colla data del 22 giugno 1692 pubblic\u00f2 una\nsapientissima Bolla, che serv\u00ec di norma in ci\u00f2 ai Romani\nPontefici.»  Di questi orsatti<\/i><\/b> dovette certo essere quel\nNapoleone Orsini, fatto Cardinale nel 1288, e che Dante nomina\nnella sua Epistola ai Cardinali Italici<\/i> ({Paragraph.} X), \nd'animo ghibellino e amico de' Colonnesi, il quale alla morte di\nBonifazio VIII favoreggi\u00f2 l'elezione di Clemente V.  — Su\nl'avere<\/b> ecc.; su nel mondo misi in borsa i danari, e qui misi in\nborsa me stesso; e il Poeta spreme la satira nella voce borsa<\/b>, \ncos\u00ec chiamando il foro entro il quale era come imborsato Niccol\u00f2. \nDante, che pur si mostra tanto rigido contro gli Angioini, par\nnon si ricordi (o se ne ricorda per trarne nuova accusa contro\nNiccol\u00f2, cf. v. 99), che Niccol\u00f2 III, seguendo l'esempio di\nGregorio X, tanto s'adoper\u00f2 a frenare la potenza angioina, \nspogliando lo stesso Carlo I della dignit\u00e0 di Senatore di Roma e\ndi Vicario pontificio in Toscana.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Il dannato era papa Giovanni Gaetano Orsini, romano, che col nome di Niccolò III fu papa dal dicembre 1277 all'agosto 1280.  Di lui Ricordano Malaspini (Stor. Fior.<\/i>, cap. CCXVIII): «Mentre che fue giovane cherico e poi Cardinale, fue onestissimo e di buona vita; ma poi che fue fatto papa magnanimo, e per lo caldo de' suoi consorti, imprese molte cose per farli grandi, e fue il primo papa nella cui corte s'usasse prima simonia per li suoi parenti, onde gli aggrandì molto di possessioni e di castella e di moneta sopra tutti i romani, in poco tempo ch'egli vivette.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3935110","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/istorie-fiorentine","LuogoFonte":"Istorie fiorentine, CCXVIII","NotaFonte":"L'opera storiografica del Malispini fu stampata in pi\u00f9 edizioni durante l'Ottocento e non si pu\u00f2 stabilire quale di esse Poletto impiegasse effettivamente. Il passo cui Poletto rinvia \u00e8 ad esempio leggibile nell'edizione del 1830 (Livorno, Glauco Masi, vol. I, pp. 497-98), la cui riproduzione \u00e8 accessibile attraverso il link. ","TestoFonte":"mentre che fu giovane cherico e poi cardinale, fu onestissimo e di buona vita. Ma poi che fu fatto papa, fu magnanimo: e per lo caldo de' suoi consorti imprese molte cose per farli grandi. E fu il primo papa, nella cui corte s'usasse prima simonia per i suoi parenti: onde gli aggrandì molto di possessioni e di castella e di moneta sopra tutti i romani, in poco tempo ch'egli vivette","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=mdw7AQAAMAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"70-72","from":17957.0,"to":17959.0,"NomeAutore":"Ricordano Malispini","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"; la costa del monte qu\u00ec rammentata \u00e8\nla deserta piaggia, l'erta<\/i> da cui (Inf. I, 29, 31) Dante si\npartiva colla scorta di Virgilio.  \u00c8 detta oscura<\/b>, perch\u00e8 ivi\nil giorno se n'era andato<\/i><\/b> {v.1} e l'aer bruno<\/i> {v.1} gi\u00e0 si\nannerava.  Giul.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
la costa del monte quì rammentata è la deserta piaggia, l'erta<\/i> da cui (Inf. I, 29, 31) Dante si\r\npartiva colla scorta di Virgilio.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I, 28-32","NotaFonte":"","TestoFonte":"Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso,
ripresi via per la piaggia diserta,
sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso.
Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,
una lonza leggera e presta molto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40","from":1288.0,"to":1290.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"; nell'identico senso di\nfare una domanda<\/i>, la stessa frase s'incontra nel Conv.<\/i>, IV, \n7; e per domanda, quistione<\/b>, Inf.<\/i><\/b>, XIV, 133; Purg.<\/i>, XXVIII, \n84. — Incontra<\/i><\/b>, avviene, accade (Conv.<\/i><\/b>, I, 3: «La ragione\nper che ci\u00f2 incontra qui mi piace toccare»). — Di nui<\/b>, di noi\ndel primo Cerchio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Questa quistion fec'io<\/b>; nell'identico senso di fare una domanda<\/i>, la stessa frase s'incontra nel Conv.<\/i>, IV, 7; e per domanda, quistione<\/b>, Inf.<\/i>, XIV, 133; Purg.<\/i>, XXVIII, 84. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Convivio IV, vii, 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dove, [a] ciò mostrare, fare <\/strong>mi conviene una questione<\/strong>, e rispondere a quella, in questo modo. Una pianura è con certi sentieri: campo con siepi, con fossati, con pietre, con legname, con tutti quasi impedimenti fuori delli suoi stretti sentieri. Nevato è sì che tutto cuopre la neve, e rende una figura in ogni parte, sì che d'alcuno sentiero vestigio non si vede. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=57&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"19-21","from":7803.0,"to":7825.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"; perch\u00e8 aveva molta paura\n(cf. Inf.<\/i>, X, 29-30): cos\u00ec altrove (Purg.<\/i>, VIII, 41-42)\ns'accosta<\/i> del suo Maestro\n\n Tutto gelato alle fidate spalle.\n\n— Lungo<\/b>; cf. Inf.<\/i><\/b>, X, 53. Nella Vit. N.<\/i>, XII: «Mi parea\ndi vedere lungo me sedere un giovane vestito di bianchissime\nvestimenta.» — E non torceva gli occhi<\/i><\/b> ecc.; \u00e8 pretta natura:\ncome vedemmo poco fa, che fuggendo da un pericolo, nell'atto\nistesso del fuggire pur guardava a quello (vv. 25-27); cos\u00ec ora, \nriparatosi sotto la guardia di Virgilio, non pu\u00f2 rivolgere gli\nocchi da que' ceffi, che gli incutevano spavento. —\nSembianza<\/b>, aspetto, piglio (Inf.<\/i><\/b>, XXII, 75; cf. ivi, nel\ncommento). — Non buona<\/i><\/b>, minacciosa (cf. v. 132).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Con tutta la persona<\/b>; perchè aveva molta paura (cf. Inf.<\/i>, X, 29-30): così altrove (Purg.<\/i>, VIII, 41-42) s'accosta<\/i> del suo Maestro Tutto gelato alle fidate spalle.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. X, 29-30","NotaFonte":"","TestoFonte":"d'una de l'arche; però m'accostai,
temendo, un poco più al duca mio.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97-99","from":20041.0,"to":20045.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"; perch\u00e8 tenevano quelle anime\ncontraria via, e per andar con Dante, che seguiva Virgilio,\nconveniva tornar addietro. — lascia andar la traccia<\/b> vale il\nmedesimo che abbandona il seguito degli altri.<\/i> Vedi Inf. XII,\n55.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
lascia andar la traccia<\/b> vale il medesimo che abbandona il seguito degli altri.<\/i>  Vedi Inf. XII, 55.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII 55","NotaFonte":"","TestoFonte":"e tra 'l piè de la ripa ed essa, in traccia","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=12","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"33","from":13801.0,"to":13809.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"; quel tratto, quello spazio, che\nresta fra la rocca stagliata del burrato e il pozzo, \u00e8 tondo.<\/b> \n— Ripa dura<\/b>; \u00e8 la ripa, la roccia del burrato, che racchiude\ndentro da s\u00e8 l'ottavo Cerchio.  Pel significato di dura<\/b>, cf.\nInf.<\/i>, XV, 1.  — Distinto<\/i><\/b>, scompartito, diviso; — valli<\/b>, \nbolge (cf. vv. 1-3, nel commento).  Alcuni chiosatori derivano\nqui questa voce valli<\/b> da vallo<\/i><\/b>; ma se Dante pi\u00f9 sotto (v. 98)\nchiama la presente bolgia prima valle<\/i>; e valle<\/i> pur la bolgia\nsettima (Inf.<\/i>, XXV, 137), e cos\u00ec altrove (Inf.<\/i>, XXIX, 9 e\n65); e poi valloni<\/i> (Inf.<\/i>, XIX, 133); XX, 7; XXIII, 135; XXXI, \n7), mi pare che non ci sia nessuna ragione d'insistere sul\nvallo<\/i>; tanto pi\u00f9, come avverte il Blanc, perch\u00e8 se Dante per\nvalli<\/i><\/b> avesse inteso gli argini<\/i><\/b>, i bastioni<\/i>, che separano\nuna da altra bolgia, avrebbe dovuto dir nove<\/i> e non dieci<\/b>, \nperch\u00e8 per la prima e per l'ultima bolgia fan da bastione, pel\nlato esteriore, la ripa del burrato e quella che \u00e8 come scarpa al\npozzo dei giganti.  — Il fondo<\/b>, il suo piano inchinante al\ncentro.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Ripa dura<\/b>; è la ripa, la roccia del burrato, che racchiude dentro da sè l'ottavo Cerchio.  Pel significato di dura<\/b>, cf. Inf.<\/i>, XV, 1. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XV, 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ora cen porta l'un de' duri margini","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=15","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-9","from":16496.0,"to":16498.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"; questa grande aggirata<\/b>\nper le fosse era necessaria per giungere alla porta (aggirata<\/b>\nda aggirare<\/i>, Inf.<\/i>, III, 28; VII, 120).  — Venimmo in parte, \ndove<\/i><\/b> ecc., (cf. Inf.<\/i><\/b>, IV, 151; Purg.<\/i>, I, 122; XXVII, 128);\n— il nocchier<\/b>: Il Boccaccio: <Nocchiero<\/b> \u00e8 il proprio nome di\ncolui al quale aspetta il governo generale di tutto il legno, e a\nlui aspetta di comandare a tutti gli altri marinari, secondoch\u00e8\ngli pare di bisogno, e chiamasi nocchiero<\/i><\/b> quasi navicchiero.<\/i>> \nE Dante (Conv.<\/i>, IV, 4): «Quando pi\u00f9 cose a un fine sono\nordinate, una di quelle conviene essere regolante, ovvero\nreggente, e tutte le altre rette e regolate, siccome vedemo in\nuna nave, che diversi uffici e diversi fini di quella a un solo\nfine sono ordinati, cio\u00e8 a prendere lo desiderato porto per\nsalutevole via; dove, siccome ciascuno ufficiale ordina la\npropria operazione nel proprio fine, cos\u00ec \u00e8 uno che tutti questi\nfini considera, e ordina quelli nell'ultimo di tutti; e questi \u00e8\nil nocchiere, alla cui voce tutti ubbidire deono.»  — Forte<\/i><\/b>, \nchi lo riferisce a grid\u00f2<\/b>, e vale fortemente, con voce forte (e\nforte gridare<\/i><\/b> anche altrove, Purg.<\/i>, XV, 108); chi a\nnocchier<\/i><\/b>, e forse men bene, e varrebbe robusto.  Il Buti: «Si\nconviene a Flegias gridare come ad iroso et ad arrogante.» \nDoveva gridar forte<\/i><\/b> per essere inteso in mezzo allo strepito\nproveniente dal duolo<\/i>, gi\u00e0 prima accennato (v. 66), e in mezzo\nal vociare stizzoso d'una infinit\u00e0 di diavoli (vv. 82-83).  —\nUscite<\/b> dalla barca, prendete terra.  — Entrata<\/b>, ingresso, \nporta, Inf.<\/i><\/b>, V, 5; Purg.<\/i>, IX, 51.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"questa grande aggirata<\/b> per le fosse era necessaria per giungere alla porta (aggirata<\/b> da aggirare<\/i>, Inf.<\/i>, III, 28; VII, 120).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III, 48","NotaFonte":"","TestoFonte":"facevano un tumulto, il qual s'aggira","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79-81","from":7291.0,"to":7310.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"; qui \u00e8 manifesta la\ndistinzione delle due voci; ne giova arrampinarsi ai cristalli\nper non vederlo.  Di Federico II disse bens\u00ec Dante che fu\ncherico e laico grande<\/i> (Conv.<\/i>, IV, 10), facendo l'una voce\nsinonima dell'altra, ma non per questo s'ha da indurne che simile\nsignificato si debba dare a cherico<\/i>, ogni volta che s'incontra:\nche Dante nol conceda, si vede aperto nell'Inf.<\/i>, XVIII, 117, \ndove egli stesso fa la differenza fra cherico<\/i> e laico<\/i>; e che\ncherico<\/i> valga ecclesiastico, nell'Inf.<\/i>, VII, 38, lo dice\nchiaro il Poeta (ivi, v. 46): dunque la schiera, alla quale\napparteneva Brunetto, era composta di ecclesiastici e di\nletterati.  Lo Scartazzini: «La masnada<\/i> (v. 47) di ser Brunetto\n\u00e8 composta di chierici e di letterati, uomini di chiesa e uomini\ndi scienza.  Che partitamente debba intendersi, lo dimostra il\nseguito.  Virgilio ne nomina tre; il primo \u00e8 cherco<\/i> e nello\nstesso tempo letterato<\/i>: il secondo \u00e8 letterato<\/i> ma non\ncherco<\/i>; ed il terzo \u00e8 cherco<\/i> ma non letterato.<\/i>  Dunque\nBrunetto vuol dire: Tutti i miei compagni furono o chierici o\nletterati...  I letterati<\/b> sono gli scienziati.»  — D'un\nmedesmo peccato.<\/b>.. lerci<\/i><\/b> (e lercio<\/i><\/b> fan derivare da lurco, \nlurconis<\/i> de' Lat.), sozzi, macchiati.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Cherci e letterati<\/b>; qui è manifesta la distinzione delle due voci; ne giova arrampinarsi ai cristalli per non vederlo. Di Federico II disse bensì Dante che fu cherico e laico grande<\/i> (Conv.<\/i>, IV, 10), facendo l'una voce sinonima dell'altra, ma non per questo s'ha da indurne che simile significato si debba dare a cherico<\/i>, ogni volta che s'incontra: che Dante nol conceda, si vede aperto nell'Inf.<\/i>, XVIII, 117, dove egli stesso fa la differenza fra cherico<\/i> e laico<\/i>; e che cherico<\/i> valga ecclesiastico, nell'Inf.<\/i>, VII, 38, lo dice chiaro il Poeta (ivi, v. 46): dunque la schiera, alla quale apparteneva Brunetto, era composta di ecclesiastici e di letterati. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio IV, x, 6","NotaFonte":"Occorre notare che Poletto legge \"laico\" laddove nell'attuale edizione del testo (Brambilla Ageno) si ha \"loico\".","TestoFonte":"E non è da lasciare, tutto che 'l testo si taccia, che messere lo Imperadore in questa parte non errò pur nelle parti della diffinizione, ma eziandio nel modo del diffinire, avegna che, secondo la fama che di lui grida, elli fosse loico e cherico grande<\/strong>: [acciò] che la diffinizione della nobilitade più degnamente si faccia dalli effetti che da' principii, con ciò sia cosa che essa paia avere ragione di principio, che non si può notificare per cose prime, ma per posteriori. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=60&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"106-108","from":14342.0,"to":14363.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"; se mi\nabbandono al<\/b> venire, o se mi lascio indurre<\/i> o m'induco<\/i> a\nvenire (cf. altre forme v. 39, e III, 81).  — Venuta.<\/i><\/b>..\nfolle<\/b>: e folle strada<\/i><\/b> diranno i diavoli quella da Dante\npercorsa, quant'a dire folle viaggio, Inf.<\/i>, VIII, 91; onde\nfollia<\/i> per i buoni era lo smarrimento<\/i> del Poeta (Purg.<\/i>, I, \n59), follia<\/i> pei diavoli il suo viaggio di penitenza.  — Se'\nsavio<\/i><\/b> ecc.  Per esser savio «si richiede buona memoria delle\nvedute cose, e buona conoscenza delle presenti, e buona\nprovvidenza delle future» (Conv.<\/i><\/b>, IV, 27).  Da ci\u00f2, a parer\nmio, \u00e8 chiaro perch\u00e8 savio<\/b> nel linguaggio di Dante divenga\nsinonimo di poeta<\/i> (cf. I, 89).  Se i veri poeti per Dante sono\ni grandi maestri dell'umanit\u00e0 (cf. Purg.<\/i>, XXIV, 99), non\npotrebbero fungere debitamente s\u00ec grande ministero se non fossero\ndotti in ogni scienza ed arte (Inf.<\/i>, IV, 73); versati nella\nstoria e nelle tradizioni dei popoli, per indi trarne sapienti\nconsigli ed avvedimenti; filosofi, che sotto il velame delle\nfavole sanno somministrare belle ed utili verit\u00e0 (cf. Diz.\nDant.<\/i>, artic. Poeta, n. I).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Se del venire io m'abbandono<\/b> ecc.; se mi abbandono al<\/b> venire, o se mi lascio indurre<\/i> o m'induco<\/i> a venire (cf. altre forme v. 39, e III, 81).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II, 39","NotaFonte":"","TestoFonte":"sì che dal cominciar <\/strong>tutto si tolle","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"34-36","from":1239.0,"to":1245.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"; secondo il costume degli antichi\ncristiani, quando di notte oravano, riconoscendo adombrato nel\nSole oriente Cristo Ges\u00f9, oriens ex alto<\/i> Luc. I.  Venturi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Verso l'oriente<\/strong>; secondo il costume degli antichi cristiani, quando di notte oravano, riconoscendo adombrato nel Sole oriente Cristo Gesù, oriens ex alto<\/i> Luc. I.  Venturi.\r\n\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","LuogoFonte":"I 78","NotaFonte":"","TestoFonte":"per viscera misericordiae Dei nostri,
in quibus visitabit nos oriens ex alto<\/strong>,","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"11","from":7119.0,"to":7122.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"}, {"Annotazione":"; secondo quel\ndi Cicerone sua quemque fraus, et suus terror maxime vexat: suum\nquemque scelus agitat<\/i> [Pro Rosc. Amer.<\/i>]. Il Landino e 'l\nVellutello, ed in parte anche il Venturi supponendo che frode<\/b>\npossa prendersi in buono ed in cattivo senso, dicono a frode<\/b>\naggiunger Dante ond'ogni coscienza \u00e8 morsa<\/b> a dinotare, che\nparla della frode rea e peccaminosa. Ma, quando anche fosse il\nnome di frode<\/b> di cotale indifferenza, parlando qu\u00ec Dante della\nfrode, come di quella che ha gi\u00e0 di sopra divisata pe 'l secondo\ningiurioso fine della malizia, ch'odio in cielo acquista<\/i><\/b>\n{v.22}, sarebbe questa nuova specificazione superflua.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
secondo quel di Cicerone sua quemque fraus, et suus terror maxime vexat: suum quemque scelus agitat<\/i> [Pro Rosc. Amer.<\/i>].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/pro-roscio-amerino","LuogoFonte":"LXVII","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sua quemque fraus, et suus terror maxime vexat: suum quemque scelus agitat.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0474.phi002.perseus-lat1:67","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"52","from":9971.0,"to":9978.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"; simbolo della avarizia, o concupiscenza degli\nocchi.<\/i>  Nel Purg. XX, 10 Dante chiama l'avarizia antica lupa.<\/i> \nLe tre fiere sono adunque simboli delle tre principali classi di\npeccati, de' quali S. Giovanni nella sua prima epistola (II, 16)\ndice: Tutto quello che \u00e8 nel mondo, la concupiscenza della\ncarne, e la concupiscenza degli occhi, e la superbia della vita,\nnon \u00e8 dal Padre, ma \u00e8 dal mondo.<\/i>  I moderni commentatori, o\nforse meglio sognatori, i quali vogliono spogliare il poema\nsacro<\/i> della sua veste religiosa ed addobbarlo di veste politica,\nvidero nella lupa rappresentata la Corte o Curia romana.  Ma come\nmai Dante poteva dire, che invidia prima abbia dipartita la Curia\nromana dall'Inferno, e che il Veltro caccer\u00e0 la Curia romana di\nnuovo nell'Inferno, sel comprenda chi pu\u00f2; io per me non\nl'intendo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
simbolo della avarizia, o concupiscenza degli\r\nocchi.<\/i>  Nel Purg. XX, 10 Dante chiama l'avarizia antica lupa.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XX, 10-12","NotaFonte":"","TestoFonte":"Maladetta sie tu, antica lupa,
che più che tutte l'altre bestie
hai preda per la tua fame sanza fine cupa!","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=54&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"49","from":361.0,"to":362.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"; stando sul ponte (cf.\nInf.<\/i>, XXI, 37). — Vecchio<\/b> quanto l'Inferno; onde anche\nquesto ponte poteva dire quello che di s\u00e8 la famosa porta\n(Inf.<\/i><\/b>, III, 7):\n\n Dinanzi a me non f\u00fbr cose create\n Se non eterne.\n\n— La traccia<\/i><\/b> (cf. Inf.<\/i>, XII, 55, e XV, 33), la brigata de'\nseduttori per passione propria, che andavano in fila. — Che\nvenia verso noi<\/b>; dunque i due Poeti avevano rivolto la faccia\nnella direzione al luogo ond'erano partiti, e perci\u00f2 avevano ora\nalla loro destra i mezzani, e questa traccia<\/b> alla sinistra. —\nDall'altra banda<\/b>, al di l\u00e0 de' ruffiani, verso il lato della\nbolgia, che separa questa dalla seconda. — E che la ferza\nsimilmente<\/b> ecc.; eguale a quella de' primi la pena, cio\u00e8\nscudisciate che loro davano sul tergo i demoni cornuti (v. 35). \n— Scaccia<\/i><\/b> (altri caccia<\/i><\/b>), fa levar le berze<\/i> (v. 37), cio\u00e8\nfa andar ben lesti; donde si pare che la lez. schiaccia<\/i>\n(adottata da non pochi) sarebbe men vera.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Dal vecchio ponte<\/b> ecc.; stando sul ponte (cf. Inf.<\/i>, XXI, 37).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI, 37","NotaFonte":"","TestoFonte":"Del nostro ponte disse: “O Malebranche","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=21&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79-81","from":17011.0,"to":17031.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"; \u00e8 cos\u00ec poco\nil valore di questi beni, che tutte le ricchezze di questo mondo\n(sotto la Luna<\/b>), non potrebbero dare un istante di riposo a\nquesti dannati. Nel Canzon.<\/i> (Parte II, canz. V, st. 4):\n\n Corre l'avaro, ma pi\u00f9 fugge pace.\n\nNella Canzone del Tratt. IV del Conv.<\/i>, st. 3, dichiara che le\ndivizie vili son di lor natura<\/i>, e prosegue:\n\n Che sieno vili appare ed imperfette, \n Ch\u00e8, quantunque collette, \n Non posson quietar, ma dan pi\u00f9 cura;\n\ne questo pensiero esplica poi in diffuso nel commento, dove dopo\nCicerone reca le parole di Boezio (cap. 12): «Se quanta rena\nvolge lo mare turbato dal vento, se quante stelle rilucono, la\nDea della ricchezza largisca, l'umana generazione non cesser\u00e0 di\npiangere.» S. Gregorio (Homil.<\/i> 15): Quis mihi crederet, si\nspinas divitias interpretari voluissem? maxime cum illae pungant, \nistae delectent. Et tamen spinae sunt, quia cogitationum suarum\npunctionibus mentem lacerant, et cum usque adpeccatum pertrahunt, \nquasi inflicto vulnere cruentant. Quas bene hoc in loco\nnequaquam Dominus divitias, sed fallaces divitias appellat. \nFallaces enim sunt, quia nobiscum diu permanere non possunt;\nfallaces sunt, quae mentis nostrae inopiam non expellunt.<\/i><\/b> —\nAnime stanche<\/i><\/b>: Inf.<\/i>, II, 130, XXIII, 60.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
è così poco il valore di questi beni, che tutte le ricchezze di questo mondo (sotto la Luna<\/b>), non potrebbero dare un istante di riposo a questi dannati. Nel Canzon.<\/i> (Parte II, canz. V, st. 4): Corre l'avaro, ma più fugge pace. Nella Canzone del Tratt. IV del Conv.<\/i>, st. 3, dichiara che le divizie vili son di lor natura<\/i>, e prosegue: Che sieno vili appare ed imperfette, Chè, quantunque collette, Non posson quietar, ma dan più cura; e questo pensiero esplica poi in diffuso nel commento, dove dopo Cicerone reca le parole di Boezio (cap. 12): «Se quanta rena volge lo mare turbato dal vento, se quante stelle rilucono, la Dea della ricchezza largisca, l'umana generazione non cesserà di piangere.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1092462","LuogoFonte":"Rime CVI, 69-70 (De Robertis, 14, 69-70)","NotaFonte":"","TestoFonte":"Corre l'avaro, ma più fugge pace:
oh mente cieca, che non pò vedere","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Rime&pb=60&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64-66","from":6238.0,"to":6260.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Le Rime"}, {"Annotazione":"; \u00e8 l'avviso di\nGes\u00f9 Cristo in s. Matteo [Cap. II] Regnum caelorum vim patitur<\/i>\nmezzo italianeggiato per accomodarnelo alla rima: ed accennna\nsignificarsi con ci\u00f2, che debba la divina volont\u00e0 vincersi\ndall'amor nostro e dalla nostra speranza.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
; è l'avviso di Gesù Cristo in s. Matteo [Cap. II] Regnum caelorum vim patitur <\/i>mezzo italianeggiato per accomodarnelo alla rima<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XI 12","NotaFonte":"","TestoFonte":"A diebus autem Ioannis Baptistae usque nunc regnum caelorum vim patitur, et violenti rapiunt illud.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"94-96","from":19835.0,"to":19851.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"Basterna<\/b> [vocabolo\nLatino] dee aver Dante volontieri appellato questo carro su del\nquale viene a fermarsi Beatrice, non solamente per comodo della\nrima, me fors'anche per essere la basterna, al dire di Servio [In\nlib. VIII Aeneid. v. 666], una specie di carro simile all'antico\npilentum<\/i>, di cui non si valevano che le sole caste matrone.  Il\nmedesimo vocabolo di basterna<\/i><\/b> adopera in Italiano pur Fazio\ndegli Uberti [Dittam. lib. I cap. 27].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Basterna<\/b> [vocabolo Latino] dee aver Dante volontieri appellato questo carro su del quale viene a fermarsi Beatrice, non solamente per comodo della rima, me fors'anche per essere la basterna, al dire di Servio [In lib. VIII Aeneid. v. 666], una specie di carro simile all'antico pilentum<\/i>, di cui non si valevano che le sole caste matrone.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q355350","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Commentarii_in_Vergilii_Aeneidos_libros","LuogoFonte":"VIII 666","NotaFonte":"","TestoFonte":"Pilentis matres in mollibus<\/strong> pilenta sunt vehicula, sicut nunc basternas videmus.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Serv.+A.+8.666&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0053","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16","from":30008.0,"to":30013.0,"NomeAutore":"Servio Mario Onorato","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Beatrice<\/b>, la morta giovane\namata dal Poeta, ed in cui figura egli la celeste sapienza [Vedi\nla nota al canto II dell'Inf. v. 70] — \u00e8 questo muro<\/b>, vi \u00e8 il\nsolo ostacolo della presente fiamma [muro<\/i><\/b> per ostacolo<\/i>\nadopera anche il Petrarca nel sonetto 13 Tra la spiga e la man\nqual muro \u00e8 messo<\/i>?].  Passata di fatto quella fiamma non rimane\npi\u00f9 veruno impedimento per salire al Paradiso terrestre, dove\nBeatrice apparir\u00e0 [Cant. XXX, 31 e segg. della presente cantica]. \nChe poi se non purgati tutti i peccati, non si faccia Beatrice,\nla celeste sapienza, vedere, ci\u00f2 \u00e8 conforme a quello che della\nsapienza medesima sta scritto che non habitabit in corpore\nsubdito peccatis<\/i> [Sap. 1, 4].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Beatrice<\/b>, la morta giovane amata dal Poeta, ed in cui figura egli la celeste sapienza [Vedi la nota al canto II dell'Inf. v. 70]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II 70","NotaFonte":"","TestoFonte":"I' son Beatrice che ti faccio andare;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=2&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"36","from":27014.0,"to":27018.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Centesma<\/b> [sincope di\ncentesima<\/i>] appella il Poeta quella minuzia di tempo, che a'\nsuoi giorni [prima della correzione Gregoriana] davasi di pi\u00f9 al\nmoto periodico del Sole, computandosi di giorni 365 ed ore\nprecisamente 6, perocch\u00e8 minuzia tale, che nel corso di circa\ncento anni ammontava a formare un giorno, cio\u00e8 ore 24 [Vedi gli\nautori che trattano del computo ecclesiastico]: e come per tale\nminuzia trascurata, o non avvertita, nella correzione del\ncalendario fatta da Giulio Cesare, venivano i mesi a tardare, a\nrendersi cio\u00e8 d'anno in anno posteriori alla corrispondente\nstagione, perci\u00f2 dice Dante Prima che Gennaio tutto sverni<\/i><\/b>\n[esca tutto dalla iemale stagione] Per la centesma<\/b> ec.\n\n\tDante<\/i><\/b> [critica il Venturi], conforme all'opinione non\nesatta di alcuni, credeva che lo svario tra l'anno civile e 'l\nsolare fosse la centesima parte di un d\u00ec.<\/i>\n\n\tDante [dico io] appell\u00f2 quello svario centesima<\/i><\/b>, non\nmatematicamente e strettamente, ma volgarmente e largamente,\nperocch\u00e8 alla centesima molto vicina: ed autori che collocassero\nquello svario in una precisa centesima [come il Venturi \u00e8\nd'intendimento] io non li trovo [Virgilio Giannotti certamente\nnel suo discorso 2 del computo ecclesiastico, riferendo le varie\nopinioni circa la quantit\u00e0 del manco al Giuliano Solare periodo\ndi giorni 365 ed ore 6, quella della precisa centesima non\nriferisce].\n\n\tSolo col Venturi approvo io pure l'avvertimento del\nVellutello, che di un soccorso, che in breve Dante attendeva [Qu\u00ec\npure i comentatori, per la maggior parte, intendono il soccorso\naspettato dall'Imp. Arrigo VII, ma vedi la nota al canto XXXIII\ndel Purg. v. 43], dica prima che Gennaio tutto sverni<\/b> [ci\u00f2 che,\npreso in rigore, importato avrebbe secoli moltissimi], usando di\nquel medesimo colore rettorico che us\u00f2 il Petrarca nel capitolo I\ndel Trionfo d'Amore\n\n     Mansueto fanciullo e fiero veglio<\/i><\/b>:\n        Ben sa ch'il prova; e fiati cosa piana<\/i>\n        Anzi mill'anni<\/i> ec.\n\nE noi similmente [aggiunge molto bene esso Vellutello] quando\nvogliamo ad alcuno dimostrare la cosa inaspettata dover tosto\navvenire, molte volte diciamo cosa simile, come: Ma prima che\npassin cento, o mille, anni, tu lo vedrai, o tu ne sarai chiaro.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Quì pure i comentatori, per la maggior parte, intendono il soccorso aspettato dall'Imp. Arrigo VII, ma vedi la nota al canto XXXIII del Purg. v. 43 <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXIII 43","NotaFonte":"","TestoFonte":"nel quale un cinquecento diece e cinque,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=67&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': '', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"142-143","from":27339.0,"to":27342.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Che 'l velo<\/b> ec.  Il Landino\n[dice il Venturi] spiega il velo allegorico esser s\u00ec trasparente,\nche pi\u00f9 scuoprendo di quel che nasconda, \u00e8 facilissimo a\nintendersi e penetrarsi: e cos\u00ec trasporta il P. d'Aquino:\n\n     Accipe nunc, lector, nostri velamine cantus<\/i>,\n        Quae documenta damus: nervos, mentemque fatiges<\/i>\n        Non opus est: satis illa suo se lumine pandunt.<\/i>\n\n\tIo per\u00f2 [continua il medesimo Venturi] seguo il\nVellutello, e spiego cos\u00ec: il velo del senso letterale, che\ncuopre l'allegoria, e il vero primario obbietto, richiede tal\nsottigliezza di mente, ed \u00e8 s\u00ec difficile ad intendersi, che il\ntrapassarlo, ed entrarvi dentro, e uscirne senza penetrarne il\nlegittimo sentimento, per non ben scorgerlo, e non fermarvisi\nsopra quanto conviene coll'intelletto a squarciarlo, \u00e8 leggier\ncosa e facile ad accadere.  Ci\u00f2 che mi muove a seguirlo \u00e8: primo,\nse l'intenderlo fosse facile, non ammonirebbe il lettore ad\naguzzare l'ingegno, e ad aprire ben gli occhi: secondo, perch\u00e8 se\nfosse cos\u00ec agevole il penetrarne l'allegoria veramente intesa\ndall'autore, non sarebbero i comentatori s\u00ec vari, e tra loro\ndiscordi nell'interpretazione di questo misterio.  Fin qu\u00ec 'l\nVenturi.\n\n\tDiversamente da tutti questi pare a me che dovrebbe il\npresente avvertimento del Poeta al lettore aver riguardo al gi\u00e0\ndetto, che cantavano quelle anime l'inno Te lucis ante\nterminum<\/i> tutto intiero, cio\u00e8 anche la seconda strofa, ch'\u00e8\n\n     Procul recedant somnia<\/i>,\n        Et noctium phantasmata<\/i>;\n        Hostemque nostrum comprime<\/i>,\n        Ne polluantur corpora<\/i>;\n\ne dovrebbe voler inteso, ch'essendo quell'ombre incorporee, non\nfacessero tale orazione per proprio vantaggio, ma per vantaggio\ndi noi mondani: come espressamente fa poi dichiararsi da quelle\naltre che recitano il Pater noster<\/i>, facendo che dopo quella\norazione soggiungano\n\n     Quest'ultima preghiera, Signor caro<\/i>,\n        Gi\u00e0 non si fa per noi, che non bisogna<\/i>;\n        Ma per color, che dietro a noi restaro<\/i>\n           [Purg. XI, 22 e segg.]\n\n\tSiccome per\u00f2 per un sottilissimo velo guardando trapassa\nfacilmente la vista ad altri obbietti senza vedere esso velo,\ncos\u00ec teme qu\u00ec il Poeta che di leggiero gli occhi di nostra mente\ntrapassino a riguardare come per proprio bisogno preganti quelle\nanime, senza scorgere il velo de' bisogni nostri, di che\nnell'atto di tale preghiera si vestono.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
dovrebbe il presente avvertimento del Poeta al lettore aver riguardo al già detto, che cantavano quelle anime l'inno Te lucis ante terminum<\/i> tutto intiero, cioè anche la seconda strofa, ch'è \r\n     Procul recedant somnia<\/i>,\r\n        Et noctium phantasmata<\/i>;\r\n        Hostemque nostrum comprime<\/i>,\r\n        Ne polluantur corpora<\/i>;\r\ne dovrebbe voler inteso, ch'essendo quell'ombre incorporee, non facessero tale orazione per proprio vantaggio, ma per vantaggio di noi mondani<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/hymni","LuogoFonte":"","NotaFonte":"Cfr. PL LXXXVI 927A","TestoFonte":"Ymnus de duodecima.<\/i> 
Te lucis ante terminum
[...]
Procul recedant somnia
Et noctium fantasmata
Hostemque nostrum comprime
Ne polluantur corpora. ","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=MLS\/&text=8233:139","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"19-21","from":7173.0,"to":7196.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"Che da' pi\u00e8<\/b> ec., che l'arena della\nLibia, calcata da Catone allorch\u00e8 (secondo Lucano, Phars., IX)\ncondusse per lo deserto l'esercito di Pompeo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Che da' piè<\/b> ec., che l'arena della Libia, calcata da Catone allorchè (secondo Lucano, Phars., IX) condusse per lo deserto l'esercito di Pompeo.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"Pharsalia IX, 382-410","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vadimus in campos steriles, exustaque mundi,
Qua nimius Titan, et rarae in fontibus undae,
Siccaque letiferis squalent serpentibus arva,
Durum iter. Ad leges patriaeque ruentis amorem
Per mediam Libyen veniant, atque invia tentent,
Si quibus in nullo positum est evadere voto,
Si quibus ire sat est. Neque enim mihi fallere quemquam
Est animus, tectoque metu perducere vulgus.
Hi mihi sint comites, quos ipsa pericula ducent,
Qui, me teste, pati vel quae tristissima, pulchrum
Romanumque putant. At qui sponsore salutis
Miles eget, capiturque animae dulcedine, vadat
Ad dominum metiore via. Dum primus arenas
Ingrediar, primusque gradus in pulvere ponam,
Me calor aethereus feriat, mihi plena veneno
Occurrat serpens; fatoque pericula vestra
Praetentate meo: sitiat, quicumque bibentem
Viderit: aut umbras nemorum quicumque petentem,
Aestuet: aut equitem peditum praecedere turmas,
Deficiat; si quo fuerit discrimine notum,
Dux an miles eam. Serpens, sitis, ardor, arenae,
Dulcia virtuti: Gaudet patientia duris.
Laetius est, quoties magno sibi constat, honestum.
Sola potest Libye turbam praestare malorum,
Ut deceat fugisse viros. Sic ille paventes
Incendit virtute animos, et amore laborum,
Irreducemque viam deserto limite carpit:
Et, sacrum parvo nomen clausura sepulchro
Invasit Libye securi fata Catonis.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0133%3Abook%3D9%3Acard%3D319","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"14-15","from":12640.0,"to":12642.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, {"Annotazione":"Convolto<\/b>, cio\u00e8, col capo\nin su<\/i> chiosa il Daniello: ma io spiegherei piuttosto col capo e\npiedi in gi\u00f9, e con la schiena in su, compiegato in arco, in\narcum convolutus<\/i> direbbesi bene anche in Latino. A questo modo\nne accenna Dante medesimo ch'emergessero dalla bollente pece\ntratto tratto parecchi di que' dannati.\n\n Come i delfini, quando fanno segno<\/i>\n A marinar con l'arco della schiena<\/i>\n Che s'argomenta di campar lor legno.<\/i>\n Talor cos\u00ec ad alleggiar la pena<\/i>\n Mostrava alcun de' peccatori il dosso.<\/i>\n [Cant. seg. v. 19 e segg.].\n\nE direi anzi che la positura medesima di corpo, come simile a\nquella di chi fa fervorosa orazione, l'oggetto sia del seguente\ndiabolico sarcasmo qu\u00ec non ha luogo il santo Volto<\/i> {v.48};\nquasi dicessero, non \u00e8 qu\u00ec l'effigie del santo Volto del\nRedentore, dinanzi alla quale solete voi Lucchesi a questo modo\nincurvarvi.\n\n\tIl Vellutello, Volpi, e Venturi chiosano convolto<\/i><\/b> per\ninvolto<\/i><\/b>, inviluppato di pece<\/i>, imbrodolato<\/i>; ed anche il\nVocabolario della Crusca spiegando convolto<\/b> per imbrattato, vi\npone tra i vari esempi questo stesso di Dante. Oltrecch\u00e8 per\u00f2\nnon \u00e8 in questo, com'\u00e8 in tutti gli altri esempi di convolgere<\/i><\/b>\ne convolto<\/i><\/b>, menzionata la imbrattante materia [nella fracida\nneve si convolgevano, convolto per lo fango, convolta nel fango e\nguasta<\/i> ec. cos\u00ec sono tutti gli altri esempi], n\u00e8 anche poi si\ncapisce bene come al cos\u00ec inteso convolto<\/b> adattisi l'enunziato\nsarcasmo. Vedi in prova, due versi sotto, ci\u00f2 che gli espositori\nvi dicono.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Convolto<\/b>, cioè, col capo in su<\/i> chiosa il Daniello: ma io spiegherei piuttosto col capo e piedi in giù, e con la schiena in su, compiegato in arco, in arcum convolutus<\/i> direbbesi bene anche in Latino.  A questo modo ne accenna Dante medesimo ch'emergessero dalla bollente pece tratto tratto parecchi di que' dannati.     Come i delfini, quando fanno segno<\/i>\r\n        A marinar con l'arco della schiena<\/i>\r\n        Che s'argomenta di campar lor legno.<\/i>\r\n     Talor così ad alleggiar la pena<\/i>\r\n        Mostrava alcun de' peccatori il dosso.<\/i>\r\n           [Cant. seg. v. 19 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXII 19-23","NotaFonte":"","TestoFonte":"Come i dalfini, quando fanno segno
a' marinar con l'arco de la schiena
che s'argomentin di campar lor legno,
talor così, ad alleggiar la pena,
mostrav'alcun de' peccatori 'l dosso","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=22","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46","from":19665.0,"to":19672.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Cotenna<\/b>\nappellasi la pelle del porco: e perocch\u00e8 mor\u00ec Filippo ad una\ncaccia, per un porco salvatico, che attraversatosi alle gambe del\ncavallo su di cui stava, glielo fece cadere [Gio. Vill. Cron.\nlib. 9 cap. 65], prendendo il Poeta la parte pe 'l tutto, la\ncotenna pe 'l porco, dice morto Filippo di colpo di cotenna<\/b>, in\nvece di dirlo morto per urto di porco.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
morì Filippo ad una caccia, per un porco salvatico, che attraversatosi alle gambe del cavallo su di cui stava, glielo fece cadere [Gio. Vill. Cron. lib. 9 cap. 65]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"X 66","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 408 (IX 65).","TestoFonte":"Nel detto anno MCCCXIIII, del mese di novembre, il re Filippo re di Francia, il quale avea regnato XXVIIII anni, morì disaventuratamente, che essendo a una caccia, uno porco salvatico gli s'atraversò tra gambe al cavallo in su ch'era, e fecelne cadere, e poco appresso morì","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"120","from":18986.0,"to":18993.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Coto<\/b>, e quoto<\/i> [Par. III, 26]\nchecche altri si dica [Vedi Rosa Morando annotaz. al Par. cant.\nIII], io per me penso, che non sieno tra loro pi\u00f9 differenti di\nquello sieno core<\/i> e quore<\/i>, cio\u00e8 antichi e ben detti amendue;\ne che non derivino altrimenti da cogitare<\/i>, o coitare<\/i> [Cos\u00ec\nderivanlo i deputati alla correzion del Boccaccio num. 10; ma non\nsi trovando usato mai cotale coitare<\/i>, rimane quindi 'l coto<\/i><\/b>\ntroppo in aria], ma piuttosto da quotare<\/i><\/b>, che significa, dice\nil Buti [Citato nel Vocab. della Cr. al verbo quotare<\/i>],\ngiudicare in quale ordine la cosa sia; e che vagliano coto<\/i><\/b> e\nquoto<\/i><\/b> quanto varrebbe il quotate<\/i> stesso di verbo fatto nome. \nSecondo questa intelligenza il mal coto<\/b> di Nembrot sar\u00e0 la di\nlui mala sciocchissima estimazione dell'altezza de' cieli,\npensando di poter ergere una torre che a quelli arrivasse.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Coto<\/b>, e quoto<\/i> [Par. III, 26] checche altri si dica [Vedi Rosa Morando annotaz. al Par. cant. III], io per me penso, che non sieno tra loro più differenti di quello sieno core<\/i> e quore<\/i>, cioè antichi e ben detti amendue; e che non derivino altrimenti da cogitare<\/i>, o coitare<\/i> [...], ma piuttosto da quotare<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. III 26","NotaFonte":"","TestoFonte":"mi disse, \"appresso il tuo püeril coto,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=70&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=13855', 'Autore':'Francesco da Buti, 1385-95','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"77","from":30411.0,"to":30413.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Dei<\/b> appella le intelligenze\nmotrici de' cieli, o allusivamente all'appellazione di Dei<\/b>, che\n[riferisce il Poeta nel Convito [Tratt. 2 cap. 5]] danno alle\nmedesime i gentili, ovvero pe 'l nome di Dei<\/b> che si attribuisce\nagli Angeli in alcun luogo delle divine scritture [Vedi tra gli\naltri Tirino Idiotismi linguae Hebraicae et Graecae<\/i> 23].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dei<\/b> appella le intelligenze motrici de' cieli, o allusivamente all'appellazione di Dei<\/b>, che  [riferisce il Poeta nel Convito [Tratt. 2 cap. 5]] danno alle medesime i gentili, ovvero pe 'l nome di Dei<\/b> che si attribuisce agli Angeli in alcun luogo delle divine scritture.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"II v 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"quelle nobilissime creature quasi innumerabili [...] partele per tre gerarzie, che è a dire tre principati santi o vero divini,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=21&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"87","from":6401.0,"to":6409.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Della regina<\/b> ec. \nS\u00ec come pongono li poeti, Proserpina, la quale \u00e8 allegorizzata\nseme gittato nella terra, figlia di Ceres che \u00e8 terra, e moglie\ndi Pluto, figliuolo di Saturno, e Deo d'Inferno, si \u00e8 regina\nd'Inferno, alla quale cos\u00ec fatte serviziali sono atribuite: quale\nProserpina, e come Pluto la rap\u00ec, \u00e8 special chiosa infra,\ncapitolo XXVIII Purgatorii<\/i>; e per\u00f2 qui lievemente si passa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
Sì come pongono li poeti, Proserpina, la quale è allegorizzata\r\nseme gittato nella terra, figlia di Ceres che è terra, e moglie\r\ndi Pluto, figliuolo di Saturno, e Deo d'Inferno, si è regina\r\nd'Inferno, alla quale così fatte serviziali sono atribuite: <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q347250","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42188219","LuogoFonte":"I, 367-368","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cum subnixa sedet solio, Plutonia coniunx
Imperitat Furiis et dictat iura Megaerae.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo\/codice\/PRVD%7Csymm%7C001","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"43-44","from":7978.0,"to":7983.0,"NomeAutore":"Prudenzio","TitoloFonte":"Contra Symmachum"}, {"Annotazione":"Disse<\/b>, rispose\nVirgilio, se t'ammentassi<\/b> [allo stesso significato di\nrammentassi<\/i>, come allo stesso significato si adoperano\ncomunemente pacificare<\/i> e rappacificare<\/i>, sparmiare<\/i> e\nrisparmiare<\/i> ec. [Lo stesso ammentare<\/i> per rammentare<\/i> adopera\nDante anche nel XIV, 56 della presente cantica]] come Meleagro<\/i><\/b>\nec. \u00c8 favola di Meleagro, che le Fate nascendo Meleagro\nordinarono, che la vita di lui durasse tanto quanto durasse un\nlegno posto da esse ad ardere nel fuoco; e che la di lui madre\nAltea, dopo di avere levato dal fuoco e smorzato quel tizzo per\nsalvare la vita del figlio, finalmente arrabbiata per aver\nMeleagro uccisi due suoi zii, e di lei fratelli, rimiselo ad\nardere. Vuole adunque Virgilio con tale esempio fare a Dante\ncapire, che, come si consumava Meleagro, non per mancanza di\nnutrimento, ma per la potente ordinazione delle Fate, cos\u00ec per\nl'onnipotente divina ordinazione pu\u00f2 ivi essere fame e magrezza\ndove non \u00e8 bisogno di nutrimento. — a te questo<\/b> la Nidob.,\nquesto a te<\/i><\/b> l'altre edizioni. — s\u00ec agro<\/i><\/b>, cio\u00e8 s\u00ec\nmalagevole, che tu nol vedessi come sia possibile. Buti [Citato\nnel Vocab. della Cr. alla voce agro<\/i> {paragraph.} 4].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Lo stesso ammentare<\/i> <\/strong>per rammentare<\/i> adopera Dante anche nel XIV, 56 della presente cantica<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XIV 56","NotaFonte":"","TestoFonte":"e buon sarà costui, s'ancor s'ammenta","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=48&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"22-24","from":24873.0,"to":24877.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Fante<\/b>, dal Latino fans<\/i>, ogni\nparlante, ogni uomo.  Ad ugual senso adopera fante<\/i><\/b> il Poeta\nanche nel XXV di questa cantica v. 61.\n\n     Ma come d'animal divenga fante<\/i><\/b>:\n\ne ben inteso, che il parlare sia proprio dell'uomo come il\nragionare, non c'increscer\u00e0 detto ogni fante<\/b> per ogni uomo<\/i>,\npi\u00f9 che se detto fosse ogni ragionevole.<\/i> \nM%varepsilon%rho%o%varpi%alpha%zeta\\, articulate loquentes<\/i>,\nanche Omero appella spesso gli uomini, aggiunge qu\u00ec a proposito\nil prelodato sig. Ab. Amaduzzi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Fante<\/b>, dal Latino fans<\/i>, ogni  parlante, ogni uomo.  Ad ugual senso adopera fante<\/b> il Poeta anche nel XXV di questa cantica v. 61.\r\n     Ma come d'animal divenga fante<\/i>:<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXV 61","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma come d'animal divegna fante","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=59&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"66","from":10586.0,"to":10592.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Fosse<\/b> per fossi<\/i> spiega il\nVolpi [Purg. XVII, 46, e XXX, 42] detto solamente per cagion\ndella rima; ma questo passo per\u00f2 sembra dimostrarnelo detto anche\nfuor di rima.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Fosse<\/b> per fossi<\/i> spiega il Volpi [Purg. XVII, 46, e XXX, 42] detto solamente per cagion della rima; ma questo passo però sembra dimostrarnelo detto anche fuor di rima.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVII 46","NotaFonte":"","TestoFonte":"I' mi volgea per veder ov'io fosse,","UrlFonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/tool\/annotation\/17915\/17915215390\/","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"59","from":14740.0,"to":14743.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Galeotto<\/b>, nome\nproprio di uomo, che fu l'infame sensale tra Ginevra e Lancilotto\n[suddetti].  Ma qu\u00ec in senso di nome appellativo vuol dire, che\nquella impura leggenda, e il suo autore indusse Paolo e Francesca\na quella enormit\u00e0, come Galeotto quei due antichi amanti a\ncorrispondersi illecitamente.  Benvenuto da Imola ci d\u00e0 contezza\ncon tal nome essersi in quel tempo appellato chiunque facevasi\nmezzano d'intrighi d'amore; e quindi \u00e8, che insegnandosi amorose\nmalizie nelle cento novelle del Boccaccio, fu loro posto in\nfronte il cognome di Principe Galeotto, che ritengono nel titolo\ni testi antichi.  Venturi.\n\n\tIo per\u00f2 per crederglielo ne vorrei vedere qualch'altro\nesempio diverso da questo di Dante, e dall'allegato titolo del\nDecameron del Boccaccio.\n\n\tMai non adopera Dante fuor di qu\u00ec 'l termine di\ngaleotto<\/b> che nel senso di semplice nocchiero, talmente che non\nischiva di appellar galeotto<\/b> perfino lo stesso angelo che\ntragitta anime dal mondo al Purgatorio [Purg. II, 27]: ed ove\naccade di mentovar ruffiani, mai d'altro che del medesimo chiaro\ne comun termine di ruffiano<\/i> si vale:\n\n     Ruffian, baratti, e simile lordura<\/i> \n     [Inf. XI, 60]\n     Ruffian, qu\u00ec non son femmine da conio<\/i> ec. \n     [Inf. XVIII, 66]\n\nEd il pretendere, che al senso di mezzano d'intrighi d'amore<\/i>, o\nsia di ruffiano<\/i> adoperi qu\u00ec galeotto<\/i><\/b>, dicendo Galeotto fu il\nlibro, e chi<\/b> ec., \u00e8 un pretendere che stucchevolmente dica Dante\ncosa, che gi\u00e0 per la precedente narrativa non pu\u00f2 non essere\nintesa.  E chi mai dalla precedente narrativa non capisce pi\u00f9 che\nabbastanza che fu quel libro incentivo al cadere de' due amanti?\n\n\tRiguardo poi al titolo di Principe Galeotto<\/i><\/b> attribuito\nalle Novelle del Boccaccio: n\u00e8 tutti i testi ve lo attribuiscono,\nn\u00e8 molto meno piace a tutti la pretesa interpretazione [Vedi\nl'annotazioni dei deputati alla correzione del Decameron del\nBoccaccio n. I].\n\n\tIo per me adunque, attesa la universale asserzione\ndegl'interpreti [del Boccaccio, di Benevento suddetto, del\nLandino, e di tutti gli altri], che Galeotto stesso, il mezzano\ndegli amori tra Lancilotto e Ginevra, fosse lo scrittore di quel\nlibro, me la sbrigherei con dire, che Galeotto<\/i><\/b> foss'anche il\ntitolo del libro; o datogli dall'autore medesimo, ovvero dal\nvolgo attribuitogli dal nome stesso dell'autore [come per cagion\nd'esempio appelliamo comunemente Ariosto<\/i> il poema l'Orlando\nFurioso<\/i>, perch\u00e8 scritto dall'Ariosto; e Tasso<\/i> il Goffredo<\/i>,\nperch\u00e8 scritto dal Tasso]: e che Galeotto fu il libro, e chi lo\nscrisse<\/b> vaglia quanto Galeotto fu il nome del libro, e di chi\nlo scrisse.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Galeotto<\/b>, nome proprio di uomo, che fu l'infame sensale tra Ginevra e Lancilotto [suddetti].  Ma quì in senso di nome appellativo vuol dire, che quella impura leggenda, e il suo autore indusse Paolo e Francesca a quella enormità, come Galeotto quei due antichi amanti a corrispondersi illecitamente.  Benvenuto da Imola ci dà contezza con tal nome essersi in quel tempo appellato chiunque facevasi mezzano d'intrighi d'amore; e quindi è, che insegnandosi amorose malizie nelle cento novelle del Boccaccio, fu loro posto in fronte il cognome di Principe Galeotto, che ritengono nel titolo i testi antichi.  Venturi. \r\nIo però per crederglielo ne vorrei vedere qualch'altro esempio diverso da questo di Dante, e dall'allegato titolo del Decameron del Boccaccio.\tMai non adopera Dante fuor di quì 'l termine di galeotto<\/b> che nel senso di semplice nocchiero, talmente che non ischiva di appellar galeotto<\/b> perfino lo stesso angelo che tragitta anime dal mondo al Purgatorio [Purg. II, 27].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. II 27","NotaFonte":"","TestoFonte":"allor che ben conobbe il galeotto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=36&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"137","from":4930.0,"to":4938.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Gentile<\/b>: chiara<\/i> e\nnobile<\/i> spiega il Lana; e gentilezza, leggiadria<\/i> e nobilt\u00e0<\/i>\nsono in Dante termini equipollenti (Conv.<\/i>, IV, 9).  Non v'ha\ndubbio di sorta che questa non sia la gran Vergine Madre di Dio;\nse poi se ne tace il nome, lo si tace pel motivo istesso che\nnell'Inferno non \u00e8 mai pronunciato quello del Figliuol suo Ges\u00f9\nCristo, essendo due nomi troppo santi e sublimi e pieni di vera\nvita per venir pronunziati nel regno del peccato e dei veri\nmorti.  Che la donna gentile<\/i><\/b> sia la Vergine Madre, oltrech\u00e8 la\ndivozione ardente di Dante per Lei (Par.<\/i><\/b>, XXIII, 88), oltrech\u00e8\nil carattere di Beatrice, di Lei pur divotissima (cf. Vit. N.<\/i>, \nV, XXIX e XXXV), lo richiede e la ragione di tempo e lo stesso\norganismo del sacrato Poema.  Si rammenti quanto potere\nesercitasse sui cuori italiani la Vergine ai tempi di Dante\n(leggete e poeti e prosatori), e come mal si sarebbe capita\nallora una conversione, quale Dante ce la descrive, senza la\nmediazione della Vergine.  Ma, oltre a tutto, lo domanda\nl'organismo stesso del Poema: se Maria \u00e8 colei, che ottiene a\nDante la grazia di mettere il suggello alla sua alta visione<\/i>\naffisando l'occhio in Dio, ed ella a tanto lo avvalora; parmi\nindispensabile, anche per l'economia del lavoro, ammettere\nch'essa debba aver avuto una parte assai rilevante nel metter\nDante per quella via, che, sotto l'amorosa sua guardia, doveva\ncondurlo a tanto e s\u00ec mirabile effetto.  Maria, infatti, \nconosciuto l'instante pericolo di Dante, per mezzo di Lucia ne\navvisa Beatrice, la quale corre a Virgilio, perch\u00e8 soccorra lo\nsmarrito; dunque il perno, sul quale tutta aggirasi l'azione, \u00e8\nMaria; e Maria \u00e8 quella che vi d\u00e0 sviluppo e compimento (cf.\nPurg.<\/i>, XXVI, 59, e Par.<\/i>, XXXIII).  Ma chi bene intenda, tutto\n\u00e8 detto chiaramente nella preghiera che S. Bernardo le indirizza\nper Dante: infatti se la prega che dopo tanta visione conservi\nsani<\/i> a Dante gli affetti (Par.<\/i>, XXXIII, 35), s'ha da credere\nch'ella non avr\u00e0 avuto parte nel ridur Dante dalla perversione\nalla conversione, dalla malattia alla salute, dalla selva a Dio?\nnon occorre insistere.  Di pi\u00f9: di chi si pu\u00f2 meglio dire che si\ncompiange<\/b> degli abberramenti e pericoli d'un peccatore se non\ndi Maria?  Dante Le dice: in te misericordia, in te pietate, in\nte magnificenza<\/i><\/b> (Par.<\/i>, XXXIII, 19).  Ma a tutto mette il\nsuggello la grande espressione, che, per quanto vera della\nVergine risguardo a tutti i peccatori, parmi aver qui un senso\nspeciale, e tutto riferibile a Dante (ivi, 19-21):\n\n     La tua benignit\u00e0 non pur soccorre\n     A chi dimanda, ma molte fiate\n     Liberamente al dimandar precorre.\n\nInfatti Dante nel suo smarrimento non chiese ajuti spirituali, \nche anzi gli sprezz\u00f2 (Purg.<\/i>, XXX, 133); come pot\u00e8 dunque\navvenire che si trov\u00f2<\/i> nella selva? io tengo per fermo che\nquesta sia stata per l'appunto una delle fiate che la gran Donna\nprecorse al dimandare<\/i>; e Dante ne volle cenno perpetuo nel suo\nPoema.  Pertanto la Donna gentile<\/i><\/b> \u00e8 simbolo<\/i><\/b> della\nMisericordia divina<\/i> o Grazia preveniente<\/i> (Veggasi Diz.\nDant.<\/i>, artic. Maria Madre Di Dio).  — Si compiange<\/b>, sente\ncompassione, si duole (cf. Vit. N.<\/i><\/b>, XXIII).  — Impedimento<\/i><\/b>, \ngli ostacoli dell'intrapreso viaggio, soprattutto derivanti dalla\nopposizione della Lupa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
e gentilezza, leggiadria<\/i> e nobiltà <\/i>sono in Dante termini equipollenti (Conv.<\/i>, IV, 9).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio IV, ix, 15","NotaFonte":"Il senso del rimando di Poletto non \u00e8 chiaro, non trattandosi nel passo riferito in senso stretto dell'identit\u00e0 fra gentilezza, leggiadria e nobilt\u00e0.","TestoFonte":"Altr<\/i>e molte<\/i> sono, che paiono avere alcuna parentela coll'arte imperiale - e qui fu ingannato ed è chi crede che la sentenza imperiale sia in questa parte autentica -: sì come [diffinire di] giovinezza e gentilezza<\/strong>, sovra le quali nullo imperiale giudicio è da consentire in quanto elli è imperadore: però quello che è di [Cesare sia renduto a Cesare, e quello che è di] Dio sia renduto a Dio.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=59&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-95","from":1675.0,"to":1678.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Grotta<\/b>, perch\u00e8 luogo\ndirupato e scosceso [Vedi 'l Vocab. della Crusca] appella\nl'argine divisorio tra la fossa quinta, alla quale i poeti stavan\nsopra, e la sesta fossa: e vuole Malacoda dire, che camminando i\npoeti sopra quell'argine, perverrebbero ad un altro dei molti\nscogli intersecanti quelle fosse [rivedi 'l passato canto XVIII\nv. 16 e segg.] nel quale troverebbero intiero anche il ponte\nsopra la sesta fossa.  Essere per\u00f2 questa una bug\u00eca di Malacoda,\ned essere non solo qu\u00ec, ma da per tutto spezzati i ponti sopra di\nessa fossa, apparir\u00e0 nel canto XXIII v. 136 e segg., dove i\npoeti di tale gabbamento si avveggono.\n\n\tLa bug\u00eca medesima ripete ne' versi 125, 126: e bisogna\ncredere che sia intenzione del poeta nostro, che nel luogo de'\nbarattieri facciano anche i demoni volontieri del n\u00f2 ita<\/i> v.\n42.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
vuole Malacoda dire, che camminando i poeti sopra quell'argine, perverrebbero ad un altro dei molti scogli intersecanti quelle fosse [rivedi 'l passato canto XVIII v. 16 e segg.] nel quale troverebbero intiero anche il ponte sopra la sesta fossa. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVIII 16-17","NotaFonte":"","TestoFonte":"così da imo de la roccia scogli
movien che ricidien li argini e ' fossi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=18","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"110-111","from":20138.0,"to":20141.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Grotte<\/b> qu\u00ec pure per\nripe, come Inf. XXI, 110 Andatevene su per questa grotta<\/i> e\nPurg. XIII, 45 E ciascun \u00e8 lungo la grotta assiso<\/i>: e nelle ripe\ndel monte Parnaso erano, dice il Landino, le fonti Pegasee\nconsacrate alle Muse.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Grotte<\/b> quì pure per ripe, come Inf. XXI, 110 Andatevene su per questa grotta<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI 110","NotaFonte":"","TestoFonte":"andatevene su per questa grotta;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"65","from":22014.0,"to":22022.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Intelletto<\/b>, o intelligenza<\/i> appellasi nelle scuole la\ncognizione de' primari assiomi, o sia delle prime<\/i><\/b>, fondamentali\nnotizie<\/b>: di quella esempigrazia impossibile est idem simul\nesse et non esse.<\/i><\/b>  E certamente non solamente ignora l'uomo onde\ncotali notizie abbia acquistato, ma se non venisse mai il caso di\nvalersene neppur saprebbe di possederle — de' primi appetibili\nl'affetto<\/i><\/b>: l'amore di quelle cose che primieramente ogni uomo\nappetisce, della conservazione propria, per cagion d'esempio,\ndella propria beatitudine ec.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Intelletto<\/b>, o intelligenza<\/i> appellasi nelle scuole la cognizione de' primari assiomi, o sia delle prime<\/b>, fondamentali notizie<\/b>: di quella esempigrazia impossibile est idem simul esse et non esse.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Sententia_libri_Metaphysicae(Tommaso)","LuogoFonte":"III v 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et exemplificat de primis principiis maxime sicut quod necesse est de unoquoque aut affirmare aut negare. Et aliud principium est quod impossibile est idem simul esse et non esse.","UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/cmp03.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"55-57","from":17838.0,"to":17857.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"L'infamia di Creti<\/b> ec. \nDice l'Autore, che 'n sulla cima di questo montuoso luogo truova\nil crudele minutauro, infamia delli abitanti dell'isola di Creti,\ncome apparir\u00e0 di sotto.  Ovidio, nel libro VIIJ Metamorphoseos<\/i>,\nscrive, che essendo Minos re di Creti ad assedio della citt\u00e0\nd'Atene, Pasife sua moglie un die guatando un bello toro, per\nardente desiderio menata, volle giacere con quello; e per trovare\nmodo al bestiale appitito, chiam\u00f2 Dedalo, sottilissimo e\ningegnosissimo maestro: questi fece scorticare una vacca, che 'l\ntoro quivi amava, e fece una vacca di legno, e copersela di\nquello cuoio, e missevi dentro Pasife boccone, s\u00ec che in questo\ningano menato il tauro dalla lussuria, amont\u00f2 questa inchiusa\nnelle imbestiate scheggie; quella concepette, e partor\u00ece il\nMinotauro, mezzo bue, e mezzo uomo: questo divenne fiero, e\ndivorava uomini.  Vinta Attene per lo tradimento della giovane\nScilla, Minos si torn\u00f2e nel suo regno.  Elli avea saputa la\nnovella infino ne l'oste dello straformato parto della moglie. \nMinos, voglendo torre la vergogna della sua camera, mand\u00f2e a\nDedalo che lo inchiudesse in casa di molte volte e ciechi tetti;\ncolui fece il Laberinto, nel quale elli fue messo.  Due volte era\ngi\u00e0 pasciuto delli uomini d'Atene, mandati per lo censo a Minos;\ne la terza volta vi mand\u00f2 Teseo, figliuolo del Duca d'Atene, del\nquale innamorata Adriana sirocchia del detto Minutauro, riceuta\npromessione dal detto Teseo ch'elli la se ne menerebbe per\nmoglie, e la sua serocchia Fedra ne menerebbe pel suo figliuolo\nIpolito, diede l'amaestramento e l'argomento, col quale il detto\nTeseo uccise il Minutauro.  Ella li diede una pallottola di pece,\ne uno gomitolo di filo, col quale filo legato all'entrata del\nLaberinto, Teseo entr\u00f2 infino al Minutauro; e quando fu venuto\nalla bestia, il Minutauro apr\u00ec la bocca per divorarlo.  Teseo li\ngitt\u00f2 la palla della pece nella gola, della quale impacciati<\/i> li\nsuoi denti, col coltello uccise il Minotauro; poi con le due\nsorelle entr\u00f2 in nave, tenendo suo viaggio verso ad Atene: ver \u00e8,\nch'elli lasci\u00f2 Adriana in su una isola, e menossene Fedra.  E\nper\u00f2 dice il testo — L'infamia di Creti<\/i><\/b> ec.  Che fu concetta\nnella falsa vacca<\/b>; ma secondo il vero, Minutauro fu uomo dopo la\nmorte del padre, e us\u00f2 vita bestiale, e tirannica; e per\u00f2 il\nfigurano li poeti mezzo uomo, e mezza bestia, per la vita\nbestiale; e per la tiranica il pongono, che mangiasse carne\numana, in ci\u00f2 che' tiranni fanno spandere, e spandono il sangue,\ne le carni delli uomini.  E fu morto dal detto Teseo per ingegno:\ne per\u00f2 che us\u00f2e vita tiranica, s\u00ec lo introduce Dante proposto a\nquesti tiranni, che qui sono puniti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
Dice l'Autore, che 'n sulla cima di questo montuoso luogo truova\r\nil crudele minutauro, infamia delli abitanti dell'isola di Creti,\r\ncome apparirà di sotto.  Ovidio, nel libro VIIJ Metamorphoseos<\/i>,\r\nscrive, che essendo Minos re di Creti ad assedio della città\r\nd'Atene, Pasife sua moglie un die guatando un bello toro, per\r\nardente desiderio menata, volle giacere con quello; e per trovare\r\nmodo al bestiale appitito, chiamò Dedalo, sottilissimo e\r\ningegnosissimo maestro: questi fece scorticare una vacca, che 'l\r\ntoro quivi amava, e fece una vacca di legno, e copersela di\r\nquello cuoio, e missevi dentro Pasife boccone, sì che in questo\r\ningano menato il tauro dalla lussuria, amontò questa inchiusa\r\nnelle imbestiate scheggie; quella concepette, e partorìe il\r\nMinotauro, mezzo bue, e mezzo uomo: questo divenne fiero, e\r\ndivorava uomini.  Vinta Attene per lo tradimento della giovane\r\nScilla, Minos si tornòe nel suo regno.  Elli avea saputa la\r\nnovella infino ne l'oste dello straformato parto della moglie. \r\nMinos, voglendo torre la vergogna della sua camera, mandòe a\r\nDedalo che lo inchiudesse in casa di molte volte e ciechi tetti;\r\ncolui fece il Laberinto, nel quale elli fue messo.  Due volte era\r\ngià pasciuto delli uomini d'Atene, mandati per lo censo a Minos;\r\ne la terza volta vi mandò Teseo, figliuolo del Duca d'Atene, del\r\nquale innamorata Adriana sirocchia del detto Minutauro, riceuta\r\npromessione dal detto Teseo ch'elli la se ne menerebbe per\r\nmoglie, e la sua serocchia Fedra ne menerebbe pel suo figliuolo\r\nIpolito, diede l'amaestramento e l'argomento, col quale il detto\r\nTeseo uccise il Minutauro.  Ella li diede una pallottola di pece,\r\ne uno gomitolo di filo, col quale filo legato all'entrata del\r\nLaberinto, Teseo entrò infino al Minutauro; e quando fu venuto\r\nalla bestia, il Minutauro aprì la bocca per divorarlo.  Teseo li\r\ngittò la palla della pece nella gola, della quale impacciati<\/i> li\r\nsuoi denti, col coltello uccise il Minotauro; poi con le due\r\nsorelle entrò in nave, tenendo suo viaggio verso ad Atene: ver è,\r\nch'elli lasciò Adriana in su una isola, e menossene Fedra. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"VIII, 6-266","NotaFonte":"","TestoFonte":"Interea Minos Lelegeia litora uastat,
Praetemptatque sui uires Mauortis in urbe
Alcathoe, quam Nisus habet, cui splendidus ostro
Inter honoratos medioque in uertice canos
Crinis inhaerebat, magni fiducia regni.
Sexta resurgebant orientis cornua lunae,
Et pendebat adhuc belli fortuna, diuque
Inter utrumque uolat dubiis Victoria pennis.
Regia turris erat uocalibus addita muris,
In quibus auratam proles Letoia fertur
Deposuisse lyram: saxo sonus eius inhaesit;
Saepe illuc solita est adscendere filia Nisi
Et petere exiguo resonantia saxa lapillo,
Tum cum pax esset; bello quoque saepe solebat
Spectare ex illa rigidi certamina Martis;
Iamque mora belli procerum quoque nomina norat,
Armaque equosque habitusque Cydonaeasque pharetras.
Nouerat ante alios faciem ducis Europaei,
Plus etiam, quam nosse sat est. hac iudice Minos,
Seu caput abdiderat cristata casside pennis,
In galea formosus erat; seu sumpserat aere
Fulgentem clipeum, clipeum sumpsisse decebat;
Torserat adductis hastilia lenta lacertis:
Laudabat uirgo iunctam cum uiribus artem;
Inposito calamo patulos sinuauerat arcus:
Sic Phoebum sumptis iurabat stare sagittis;
Cum uero faciem dempto nudauerat aere
Purpureusque albi stratis insignia pictis
Terga premebat equi spumantiaque ora regebat,
Vix sua, uix sanae uirgo Niseia compos
Mentis erat: felix iaculum, quod tangeret ille,
Quaeque manu premeret, felicia frena uocabat.
Impetus est illi, liceat modo, ferre per agmen
Virgineos hostile gradus, est impetus illi
Turribus e summis in Gnosia mittere corpus
Castra uel aeratas hosti recludere portas,
Vel siquid Minos aliud uelit. utque sedebat
Candida Dictaei spectans tentoria regis,
\"Laeter\" ait \"doleamne geri lacrimabile bellum,
In dubio est: doleo, quod Minos hostis amanti est;
Sed nisi bella forent, numquam mihi cognitus esset.
Me tamen accepta poterat deponere bellum
Obside: me comitem, me pacis pignus haberet.
Si quae te peperit, talis, pulcherrime regum,
Qualis es ipse, fuit, merito deus arsit in illa.
O ego ter felix, si pennis lapsa per auras
Gnosiaci possem castris insistere regis
Fassaque me flammasque meas qua dote rogarem
Vellet emi! tantum patrias ne posceret arces!
Nam pereant potius sperata cubilia, quam sim
Proditione potens! quamuis saepe utile uinci
Victoris placidi fecit clementia multis.
Iusta gerit certe pro nato bella perempto
Et causaque ualet causamque tenentibus armis,
Et, puto, uincemur. quis enim manet exitus urbem?
Cur suus haec illi reseret mea moenia Mauors
Et non noster amor? melius sine caede moraque
Inpensaque sui poterit superare cruoris.
Non metuam certe, ne quis tua pectora, Minos,
Vulneret inprudens: quis enim tam durus, ut in te
Dirigere inmitem non inscius audeat hastam?
Coepta placent et stat sententia tradere mecum
Dotalem patriam finemque inponere bello.
Verum uelle parum est! aditus custodia seruat,
Claustraque portarum genitor tenet; hunc ego solum
Infelix timeo, solus mea uota moratur.
Di facerent, sine patre forem! sibi quisque profecto
Est deus; ignauis precibus Fortuna repugnat.
Altera iamdudum succensa cupidine tanto
Perdere gauderet, quodcumque obstaret amori.
Et cur ulla foret me fortior? ire per ignes
Et gladios ausim! nec in hoc tamen ignibus ullis
Aut gladiis opus est, opus est mihi crine paterno.
Ille mihi est auro pretiosior, illa beatam
Purpura me uotique mei factura potentem.\"
Talia dicenti, curarum maxima nutrix,
Nox interuenit, tenebrisque audacia creuit.
Prima quies aderat, qua curis fessa diurnis
Pectora somnus habet: thalamos taciturna paternos
Intrat et (heu facinus!) fatali nata parentem
Crine suum spoliat praedaque potita nefanda
Fert secum spolium sceleris progressaque porta
Per medios hostes (meriti fiducia tanta est)
Peruenit ad regem; quem sic adfata pauentem est:
\"Suasit amor facinus: proles ego regia Nisi
Scylla tibi trado patriaeque meosque penates.
Praemia nulla peto nisi te. cape pignus amoris
Purpureum crinem nec me nunc tradere crinem,
Sed patrium tibi crede caput\", scelerataque dextra
Munera porrexit. Minos porrecta refugit
Turbatusque noui respondit imagine facti:
\"Di te submoueant, o nostri infamia saecli,
Orbe suo, tellusque tibi pontusque negetur!
Certe ego non patiar Iouis incunabula, Creten,
Qui meus est orbis, tantum contingere monstrum\".
Dixit et, ut leges captis iustissimus auctor
Hostibus inposuit, classis retinacula solui
Iussit et aeratas inpelli remige puppes.
Scylla freto postquam deductas nare carinas
Nec praestare ducem sceleris sibi praemia uidit,
Consumptis precibus uiolentam transit in iram
Intendensque manus fusis furibunda capillis
\"Quo fugis\" exclamat \"meritorum auctore relicta,
O patriae praelate meae, praelate parenti?
Quo fugis, inmitis, cuius uictoria nostrum
Et scelus et meritum est? nec te data munera nec te
Noster amor mouit, nec quod spes omnis in unum
Te mea congesta est? nam quo deserta reuertar?
In patriam? superata iacet. sed finge manere:
Proditione mea clausa est mihi. patris ad ora?
Quem tibi donaui! ciues odere merentem,
Finitimi exemplum metuunt. exponimur orbae
Terrarum; nobis ut Crete sola pateret!
Hac quoque si prohibes et nos, ingrate, relinquis,
Non genetrix Europa tibi est, sed inhospita Syrtis
Armeniae tigresque austroque agitata Charybdis!
Nec Ioue tu natus, nec mater imagine tauri
Ducta tua est: generis falsa est ea fabula; uerus
Et ferus et captus nullius amore iuuencae,
Qui te progenuit, taurus fuit. exige poenas,
Nise pater! gaudete malis, modo prodita, nostris,
Moenia! nam fateor, merui et sum digna perire.
Sed tamen ex illis aliquis, quos inpia laesi,
Me perimat. cur, qui uicisti crimine nostro,
Insequeris crimen? scelus hoc patriaeque patrique,
Officium tibi sit. te uero coniuge digna est,
Quae toruum ligno decepit adultera taurum
Discordemque utero fetum tulit. ecquid ad aures
Perueniunt mea dicta tuas? an inania uenti
Verba ferunt idemque tuas, ingrate, carinas?
Iamiam Pasiphaen non est mirabile taurum
Praeposuisse tibi: tu plus feritatis habebas.
Me miseram! properare iubet, diuulsaque remis
Vnda sonat; mecum simul, ah, mea terra recedit.
Nil agis, o frustra meritorum oblite meorum:
Insequar inuitum puppimque amplexa recuruam
Per freta longa trahar.\" uix dixerat, insilit undis
Consequiturque rates faciente cupidine uires
Gnosiacaeque haeret comes inuidiosa carinae.
Quam pater ut uidit (nam iam pendebat in aura
Et modo factus erat fuluis haliaeetus alis),
Ibat, ut haerentem rostro laceraret adunco.
Illa metu puppim dimisit, et aura cadentem
Sustinuisse leuis, ne tangeret aequora, uisa est;
Pluma fuit: plumis in auem mutata uocatur
Ciris et a tonso est hoc nomen adepta capillo.
Vota Ioui Minos taurorum corpora centum
Soluit, ut egressus ratibus Curetida terram
Contigit, et spoliis decorata est regia fixis.
Creuerat opprobrium generis, foedumque patebat
Matris adulterium monstri nouitate biformis;
Destinat hunc Minos thalamis remouere pudorem
Multiplicique domo caecisque includere tectis;
Daedalus ingenio fabrae celeberrimus artis
Ponit opus turbatque notas et lumina flexu
Ducit in errorem uariarum ambage uiarum.
Non secus ac liquidis Phrygius Maeandrus in undis
Ludit et ambiguo lapsu refluitque fluitque
Occurrensque sibi uenturas adspicit undas
Et nunc ad fontes, nunc ad mare uersus apertum
Incertas exercet aquas, ita Daedalus inplet
Innumeras errore uias uixque ipse reuerti
Ad limen potuit: tanta est fallacia tecti.
Quo postquam geminam tauri iuuenisque figuram
Clausit et Actaeo bis pastum sanguine monstrum
Tertia sors annis domuit repetita nouenis,
Vtque ope uirginea nullis iterata priorum
Ianua difficilis filo est inuenta relecto,
Protinus Aegides rapta Minoide Diam
Vela dedit comitemque suam crudelis in illo
Litore destituit. desertae et multa querenti
Amplexus et opem Liber tulit, utque perenni
Sidere clara foret, sumptam de fronte coronam
Inmisit caelo. tenues uolat illa per auras,
Dumque uolat, gemmae nitidos uertuntur in ignes
Consistuntque loco specie remanente coronae,
Qui medius Nixique genu est Anguemque tenentis.
Daedalus interea Creten longumque perosus
Exilium tactusque loci natalis amore
Clausus erat pelago. \"terras licet\" inquit \"et undas
Obstruat, at caelum certe patet; ibimus illac!
Omnia possideat, non possidet aera Minos.\"
Dixit et ignotas animum dimittit in artes
Naturamque nouat. nam ponit in ordine pennas,
A minima coeptas, longam breuiore sequenti,
Vt cliuo creuisse putes: sic rustica quondam
Fistula disparibus paulatim surgit auenis.
Tum lino medias et ceris adligat imas,
Atque ita conpositas paruo curuamine flectit,
Vt ueras imitetur aues. puer Icarus una
Stabat et ignarus sua se tractare pericla
Ore renidenti modo, quas uaga mouerat aura,
Captabat plumas, flauam modo pollice ceram
Mollibat lusuque suo mirabile patris
Inpediebat opus. postquam manus ultima coepto
Inposita est, geminas opifex librauit in alas
Ipse suum corpus motaque pependit in aura.
Instruit et natum \"medio\" que \"ut limite curras,
Icare\", ait \"moneo, ne, si demissior ibis,
Vnda grauet pennas, si celsior, ignis adurat.
Inter utrumque uola, nec te spectare Booten
Aut Helicen iubeo strictumque Orionis ensem:
Me duce carpe uiam.\" pariter praecepta uolandi
Tradit et ignotas umeris accommodat alas.
Inter opus monitusque genae maduere seniles,
Et patriae tremuere manus. dedit oscula nato
Non iterum repetenda suo pennisque leuatus
Ante uolat comitique timet, uelut ales, ab alto
Quae teneram prolem produxit in aera nido,
Hortaturque sequi damnosasque erudit artes
Et mouet ipse suas et nati respicit alas.
Hos aliquis, tremula dum captat harundine pisces,
Aut pastor baculo stiuaue innixus arator
Vidit et obstipuit, quique aethera carpere possent,
Credidit esse deos. et iam Iunonia laeua
Parte Samos (fuerant Delosque Parosque relictae),
Dextra Lebinthos erat fecundaque melle Calymne,
Cum puer audaci coepit gaudere uolatu
Deseruitque ducem caelique cupidine tractus
Altius egit iter: rapidi uicinia solis
Mollit odoratas, pennarum uincula, ceras.
Tabuerant cerae: nudos quatit ille lacertos
Remigioque carens non ullas percipit auras,
Oraque caerulea patrium clamantia nomen
Excipiuntur aqua, quae nomen traxit ab illo.
At pater infelix nec iam pater \"Icare\" dixit,
\"Icare\" dixit \"ubi es? qua te regione requiram?\"
\"Icare\" dicebat: pennas adspexit in undis
Deuouitque suas artes corpusque sepulcro
Condidit, et tellus a nomine dicta sepulti.
Hunc miseri tumulo ponentem corpora nati
Garrula limoso prospexit ab elice perdix
Et plausit pennis testataque gaudia cantu est:
Vnica tunc uolucris nec uisa prioribus annis
Factaque nuper auis, longum tibi, Daedale, crimen.
Namque huic tradiderat fatorum ignara docendam
Progeniem germana suam, natalibus actis
Bis puerum senis, animi ad praecepta capacis.
Ille etiam medio spinas in pisce notatas
Traxit in exemplum ferroque incidit acuto
Perpetuos dentes et serrae repperit usum
Primus et ex uno duo ferrea bracchia nodo
Vinxit, ut aequali spatio distantibus illis
Altera pars staret, pars altera duceret orbem.
Daedalus inuidit sacraque ex arce Mineruae
Praecipitem misit lapsum mentitus; at illum,
Quae fauet ingeniis, excepit Pallas auemque
Reddidit et medio uelauit in aere pennis;
Sed uigor ingenii quondam uelocis in alas
Inque pedes abiit: nomen, quod et ante, remansit.
Non tamen haec alte uolucris sua corpora tollit
Nec facit in ramis altoque cacumine nidos;
Propter humum uolitat ponitque in saepibus oua
Antiquique memor metuit sublimia casus.
Iamque fatigatum tellus Aetnaea tenebat
Daedalon, et sumptis pro supplice Cocalus armis
Mitis habebatur, iam lamentabile Athenae
Pendere desierant Thesea laude tributum:
Templa coronantur, bellatricemque Mineruam
Cum Ioue disque uocant aliis, quos sanguine uoto
Muneribusque datis et aceruis turis honorant.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=OV%7Cmeta%7C008","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"11-15","from":10503.0,"to":10508.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"L'uccel di Dio<\/b>, l'Aquila\n[o perch\u00e8 uccello sacro a Giove, com'altri dicono, o perch\u00e8,\ndirei io, insegna di quell'Impero, che Dante intende da Dio\nstabilito per la monarchia e pace universale del mondo [Vedi\nDante nel lib. 2 De Monarchia<\/i>]] si ritenne<\/i><\/b>, fermossi, Nello\nstremo d'Europa<\/b>, in Bizanzio Vicino a' monti, de' quai prima\nusc\u00eco<\/b>, ai monti della Troiana regione, d'onde Enea portollo in\nItalia, cento e cent'anni e pi\u00f9.<\/b>\n\n\tConfondendo il Venturi l'anno in cui Costantino,\naggrandita ed abbellita essa citt\u00e0, la dedic\u00f2 ed appell\u00f2 dal\nproprio nome Costantinopoli<\/i><\/b>, e non trovando da cotal anno della\nDedicazione al principio del regno di Giustiniano scorsi che anni\n197 sbaglia<\/i>, dice, Dante, ma non di molto, dicendo<\/i> cento e\ncent'anni e pi\u00f9.\n\n\tDal non molto<\/i>, aggiungo io, al niente ridurassi lo\nsbaglio se si avvertir\u00e0 passato Costantino da Roma a Bizanzio,\nnon nell'anno medesimo della dedicazione prefata, che fu\nnell'anno di Cristo 330, ma sei anni innanzi, cio\u00e8 nel 324 [Vedi\nsopra di ci\u00f2 i sodissimi fondamenti ch'arreca Baronio al detto\nanno 324 num. CXI]: imperocch\u00e8 si trovano in cotal modo appunto\ncento e cent'anni, e pi\u00f9<\/i><\/b> tre, cio\u00e8 dugento e tre anni prima\ndell'impero di Giustiniano.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
L'uccel di Dio<\/b>, l'Aquila [o perchè uccello sacro a Giove, com'altri dicono, o perchè, direi io, insegna di quell'Impero, che Dante intende da Dio stabilito per la monarchia e pace universale del mondo [Vedi Dante nel lib. 2 De Monarchia<\/i>]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q134221","LuogoFonte":"II ix 15","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cumque duo populi ex ipsa troyana radice in Ytalia germinassent, romanus videlicet et albanus, atque de signo aquile deque penatibus aliis Troyanorum atque dignitate principandi longo tempore inter se disceptatum esset, ad ultimum de comuni assensu partium, propter iustitiam cognoscendam, per tres Oratios fratres hinc et per totidem Curiatios fratres inde in conspectu regum et populorum altrinsecus expectantium decertatum est: ubi tribus pugilibus Albanorum peremptis, Romanorum duobus, palma victorie sub Hostilio rege cessit Romanis.","UrlFonte":"https:\/\/dante.princeton.edu\/pdp\/monarchia.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"4-6","from":4954.0,"to":4958.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Monarchia"},
{"Annotazione":"Logoro<\/b> [propriamente pezzo di\ncuoio con penne, fatto a modo d'ala, con cui il cacciatore\ngirandolo, e gridando richiama a se il falcone] qu\u00ec figuratamente\nper il cielo, colla vista del quale Iddio tira a se le anime. \nCaeli enarrant<\/i> ec.  Venturi.  Meglio per\u00f2 sembra, che per\nlogoro<\/i> intendasi semplicemente richiamo<\/i> [la specie pe 'l\ngenere] e diasi a tutta la sentenza il medesimo senso, come se\nfosse detto: Rivolgi gli occhi al richiamo che ti fa Iddio col\ngirare delle ruote magne delle celesti sfere.<\/i>  Il medesimo\ndivino invito espresseci il Poeta nel XIV della presente cantica\nv. 140 e seg.\n\n     Chiamavi 'l cielo, e 'ntorno vi si gira<\/i>,\n     Mostrandovi le sue bellezze eterne.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Logoro<\/b> [...] quì figuratamente per il cielo, colla vista del quale Iddio tira a se le anime.  Caeli enarrant<\/i> ec.  Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"XIX (XVIII) 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Caeli enarrant gloriam Dei","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%2019","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"62-63","from":18929.0,"to":18943.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"},
{"Annotazione":"Novella Tebe<\/b> \u00e8 vocativo\ninterposto, e come se detto fosse o novella Tebe<\/i>: e tale\nappella Pisa per la somiglianza nello sparso cittadinesco sangue\na Tebe; dove i primi abitatori, nati dai denti del drago da Cadmo\nseminati, tra di loro si uccisero: Penteo fu dalla madre e dalle\ndi lei sorelle ammazzato: Atamante uccise Learco suo figliuolo:\nEteocle e Polinice fratelli si uccisero per cupidit\u00e0 di regnare\nec.  Ecco come dee essere la costruzione.  L'et\u00e0 novella<\/i><\/b>, cio\u00e8\nla poca et\u00e0 [novella Tebe<\/b>, o Pisa, Tebe de' nostri tempi]\nfacea innocenti<\/b>, esenti da colpa, Uguccione e 'l Brigata.<\/b> \n[Uguccione<\/b> era figlio del conte Ugolino, e 'l Brigata<\/b>, cio\u00e8\nNino detto Brigata<\/b>, era nipote [Cos\u00ec 'l precitato Frammento\nd'istoria Pisana<\/i><\/b>]], e gli altri due che 'l canto suso appella<\/i><\/b>,\nche questo medesimo canto di sopra nomina, cio\u00e8 Anselmuccio<\/i> v.\n50, e Gaddo<\/i> v. 68.\n\n\tQuesta novella et\u00e0<\/b>, come quella onde giustifica Dante\nl'aspra sua invettiva Ahi Pisa vituperio<\/i><\/b> ec. {v.79}, viene con\ntutto lo sforzo contrastata dal Pisano Cavalier Flaminio dal\nBorgo nelle tre prime dissertazioni sopra l'istoria di Pisa,\nstampate ivi nel 1761.  Egli per\u00f2 sembra, che questo dotto\ncavaliere pi\u00f9 si meriti lode pe 'l buon desiderio di giovare al\nnome di sua patria, che per ottenimento di effetto.\n\n\tTre capi di ragione troppo grandi assistono il nostro\npoeta.\n\n\tPrimo.  Ch'egli viveva in Firenze sua patria, ed aveva\ngi\u00e0 ventitre anni, quando in Pisa, discosta da Firenze sole 45\nmiglia, fu morto il Conte Ugolino [Successe la morte del Conte\nUgolino nel 1288 [vedi tra gli altri Gio. Villani lib. 7 cap.\n127], e Dante nacque del 1265 come pi\u00f9 volte \u00e8 detto]: e che,\nsebbene tard\u00f2 a scrivere il presente suo poema, scrisselo\nnondimeno viventi moltissimi coetanei suoi e maggiori, ai quali\nnon si poteva imporre su di un avvenimento di tanto strepito.\n\n\tSecondo.  Che tra i moltissimi storici contemporanei al\nsuccesso, o vicini, nissuno ve ne ha che dica que' figli e nipoti\ndi Ugolino d'adulta et\u00e0; ma o niente dicono dell'et\u00e0, o diconla\nnovella.  Anzi Giovan Villani parlando in maniera a questa di\nDante affatto simile, dice che per tale crudelt\u00e0 furono i Pisani\nper lo universo mondo, ove si seppe, forte biasimati, non tanto\nper lo Conte, che per li suoi difetti e tradimenti era per\navventura degno di s\u00ec fatta morte; ma per li figliuoli e nipoti,\nch'erano giovani garzoni, ed innocenti<\/i> [Lib. e capo citati].\n\n\tTerzo.  Che Francesco da Buti Pisano, ed uno de' pi\u00f9\ncelebri comentatori di Dante, destinato in Pisa a leggere e\ninterpretare il medesimo pubblicamente circa il 1385 [Memor. pee\nla vita di Dante<\/i> {paragraph.} 17], informato dell'avvenimento di\ncui trattiamo, a segno che raccontaci egli di quegl'infelici\ndelle circostanze, che, quanto veggo, altri non raccontano\n[Francesco da Buti a quelle parole del presente canto tra 'l\nquinto d\u00ec e 'l sesto<\/i> v.72 chiosa: E  questo finge l'autore,\nperch\u00e8 dopo gli otto d\u00ec ne furono cavati, e portati inviluppati\nnelle stuore, al luogo de' Frati Minori a s. Francesco, e\nsotterrati nel monumento, che \u00e8 allato a li scalloni<\/i> [forse\nerrore, in vece di scaglioni<\/i>] a montare in chiesa alla parte\ndel chiostro, co' i ferri a gamba: li quali ferri vid'io cavati\ndel ditto monimento.<\/i>  Cos\u00ec nel ms. del fu Ab. Rossi, ed ora della\nCorsini], Francesco, dico, da Buti  risente bens\u00ec e fa punto su\nl'aspra invettiva contro di Pisa sua patria [Alle parole\nMuovansi la Capraia e la Gorgona<\/i> ec. v. 82.  L'autore<\/i> [chiosa\nil Buti] pare contraddire a se: imperocch\u00e8 per ingiustizia e per\ncrudelt\u00e0 prega egli o desidera maggiore crudelt\u00e0.  Imperocch\u00e8, se\nmale era avere ucciso cos\u00ec crudelmente quattro figliuoli del\nConte Ugolino, perch\u00e8 erano innocenti del peccato del padre,\nmaggior crudelt\u00e0 era a uccidere et annegare tutti i figliuoli\ninnocenti de' Pisani.<\/i>  Dopo di questo per\u00f2 in vece di mostrar\nfalso il fondamento della invettiva, cio\u00e8 l'et\u00e0 novella<\/i><\/b> di que'\nfigli e nipoti del Conte, e liberare da gravissima calunnia la\npropria patria, passa anzi a giustificar Dante con dire, che\nparla esso retoricamente per exuperazione<\/i><\/b>, e che poi anche non\n\u00e8 ingiustizia a desiderare, che sia punita la universit\u00e0, quando\nla universit\u00e0 ha commesso peccato<\/i>]; ma nondimeno nulla oppone\nall'et\u00e0 novella<\/b>, che n'\u00e8 l'unico fondamento.\n\n\tOh, dice il Cav. Flaminio [Dissert. 3 n. 20, ed in altri\nluoghi molti per entro a tutte e tre le prime dissertazioni],\ncontano per\u00f2 gl'istorici, che questi figli e nipoti del Conte\nmaneggiassero armi, e che anzi un di loro mettessesi in certo\nincontro alla testa di truppa armata.\n\n\tRispondo primieramente, che quelli storici che parlano in\ns\u00ec fatta guisa di tutti in generale, un Taioli [Croniche di Pisa\nmss. citate dal Cavalier Flaminio dissert. 3 n. 20], ed un Tronci\n[Annali Pisani sotto l'anno 1288], e, se vi si vuole aggiungere,\nanche Gio. Villani [Parlo cos\u00ec, perocch\u00e8 il Cav. Flaminio nella\ndissert. 2 n. 10 cos\u00ec vuol inteso Gio. Villani; mentre per\u00f2 altro\nnon dice questo storico se non, che nella presa del Conte Ugolino\nfu morto uno suo figliuolo bastardo, et un suo nipote.<\/i><\/b>  Lib. 7\ncap. 120], i medesimi, ci\u00f2 non ostante, diconli di et\u00e0 novella<\/i><\/b>;\ne che non si pu\u00f2 pretendere, come dal cavaliere si pretende\n[Dissert. 3 n. 20], ch'errassero piuttosto circa la et\u00e0, che\ncirca al dirli tutti armigeri.  Tanto pi\u00f9, che quelli storici che\nnulla dicono della et\u00e0, come il frammento d'istoria Pisana tanto\ndal cavaliere decantato [Dissert. 2 n. 8], non raccontano per\narmigero che uno solo, e quel medesimo, che dicono stato alla\ntesta d'armata gente [Vedi l'enunziato frammento<\/i> nel tomo 24\ndegli scrittori d'Italia del Muratori, sotto l'anno 1288]; al che\nper\u00f2 se abbisognasse onninamente quella et\u00e0 ch'esso cavaliere\npretende, resterebbe il poeta nostro guarentito tuttavia\nbastantemente dalla ragione della maggior parte, cio\u00e8 dalla\nnovella et\u00e0<\/b> degli altri tre.\n\n\tAggiungo poi, che il maneggio dell'armi pu\u00f2 bens\u00ec\nrichiedere in que' giovani un'et\u00e0 non affatto ragazzesca [quale\nanzi male si confarebbe con quella eroica loro esibizione padre,\nassai ci fia men doglia se tu mangi di noi<\/i><\/b> ec. [Con tai versi\nappunto, che sono il 61 e segg. del presente canto, critica il\nCav. Flaminio [nella dissert. 3 n. 3] l'et\u00e0 novella<\/i><\/b>, creduta da\nlui bambinesca<\/i>; e ricorda perci\u00f2 l'avvertimento di Orazio nella\nPoetica v.114 e segg.: \n\n     Intererit multum Davus ne loquatur an Heros<\/i>, \n     Maturus ne senex, an adhuc florente inventa<\/i>\n     Fervidus<\/i>]]; \n\nma non gi\u00e0 una et\u00e0, per cui [a que' tempi  massime, ne' quali pi\u00f9\nnell'armi si ammaestravano i figliuoli, che nelle lettere]\npossano presumersi mossi da sediziose mire contro della patria,\npiuttosto che da impero e tema del genitore, o nonno: uomo tanto\nimpetuoso, che [riferisce il Tronci [Annali Pisani sotto l'anno\n1287]] pass\u00f2 con un pugnale un braccio ad un nipote suo, ed\navrebbelo anche finito di uccidere, se non vi si fosse intromessa\ngente, solo perch\u00e8 dal nipote esortato a provedere d'annona la\ncitt\u00e0, prese ombra che aderisse a' suoi nemici.\n\n\tMaggior et\u00e0 arguirebbe piuttosto quell'altro capo, che il\nCavaliere oppone [Dissert. 3 n. 20], che uno de' nipoti del Conte\nUgolino avesse moglie, quando si provasse essere stato questi uno\nde' prigioni.  Ma il Taioli [Croniche di Pisa mss. cit. dal Cav.\nFlaminio dissert. 3 n. 20 nelle note] ed il Tronci [Annali Pisani\nsotto l'anno 1287], che somministrano al cavaliere questa\nnotizia, altro non dicono se non, che il Conte Ugolino diede per\nmoglie a un suo nipote una figlia di Messer Guido da Caprona<\/i>,\nsenza dircene il nome: e non essendosi con la morte di que'\nquattro giovani estinta del tutto la Gherardesca schiatta [Vedi\n'l Cav. Flaminio dissert. 3 n. 14], deesi questo ammogliato\nnipote di Ugolino credere un altro dai quattro che insieme con\nlui perirono.  Anzi, essendo questo marito della figlia di Messer\nGuido da Caprona, il medesimo che ho detto di sopra essere stato\nferito dal Conte Ugolino [Vedi il Tronci Annali Pisani sotto il\ndetto anno 1287], si ha da credere che, se alcuno de' nipoti\nfossesi dal nonno allontanato, e rimaso fuor di quella briga,\ndovesse costui esserne uno.\n\n\tN\u00e8 finalmente per questo medesimo ammogliato nipote\npuossi di certo inferire adulta et\u00e0 ne' zii di lui e figli del\nConte prigioni; imperocch\u00e8 non v'ha chi non sappia accadere\nspesso che sieno i zii di minor et\u00e0 dei nipoti.\n\n\tQueste mi sono parse le opposizioni pi\u00f9 degne di\nriflessione nelle prefate dissertazioni del Cavalier Flaminio dal\nBorgo.\n\n\tErra poi egli sicuramente nel pretendere [Nelle note alla\ndiss. 2 n. 9] di trar favore all'assunto suo di smentir Dante su\nquesto ed altri punti storici, da que' versi di Francesco\nStabili, nomato volgarmente Cecco d'Ascoli<\/i>, poeta al nostro\ncontemporaneo:\n\n     Qu\u00ec non si canta al modo delle rane<\/i>,\n        Qu\u00ec non si canta al modo del Poeta<\/i>,\n        Che finge immaginando cose strane.<\/i>\n     Non veggo il Conte, che per ira et asto<\/i>\n        Ten forte l'Arcivescovo Ruggiero<\/i>,\n        Prendendo del suo ceffo el fiero pasto<\/i>,\n     Non veggo qu\u00ec squatrare a Dio le fiche.<\/i>\n        Lasso le ciancie, e torno su nel vero<\/i>;\n        Le favole mi son sempre nemiche.<\/i>\n         [Acerba<\/i> lib. 5 cap. 10].\n\nErra, dico, il cavaliere; imperocch\u00e8 ciancie<\/i> e favole<\/i> appella\nCecco non le cose che racconta o suppone Dante successe nel\nmondo; ma quelle, che finge di aver trovate nell'Inferno.\n\n\tPrende per ultimo anche sbaglio il Cavalier Flaminio\naccusando Dante, che ponga istoricamente il monte, perch\u00e8 i\nPisani veder Lucca non ponno<\/i> {vv.29-30} , pe 'l luogo ove il\nConte Ugolino co' figli e nipoti fosse preso [Dissert. 1 n. 6],\nfacendonelo cos\u00ec discordare da Gio. Villani [Dissert. 2 n. 10], e\nda tutti gl'istorici, che diconlo arrestato in citt\u00e0, nel palazzo\ndel popolo.  Main\u00f2: siccome le cagne<\/i> {v.31}, il lupo, e\nlupicini<\/i> {v.29}, cos\u00ec ancora esso monte<\/i> {v.29} sono tutti\nobbietti, che fa Dante sognarsi dal Conte a significazione\nd'altre cose: e la sarebbe in vero stata bella se avesse fatti\ndalle cagne cacciare e raggiugnere il lupo e lupicini nella citt\u00e0\ne nel palazzo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
'l Brigata<\/b>, cioè Nino detto Brigata<\/b>, era nipote [Così 'l precitato Frammento d'istoria Pisana<\/i>]<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/fragmenta-historiae-pisanae","LuogoFonte":"col. 655D","NotaFonte":"Lombardi rimanda all'edizione di Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo XXIV, dove Nino \u00e8 \"figliuolo\", non \"nipote\".","TestoFonte":"Quando lo dicto conte Guido giunse in Pisa, lo conte Ugolino, e il conte Gaddo, e Uguccione suoi figliuoli, e Nino dicto Brigata<\/strong> figliuolo del conte Guelfo, e Anselmuccio figliuolo del conte Lotto suoi nipoti, ch'erano in pregione in della torre de' Gualandi...","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/RerumItalicarumScriptores24\/page\/n374\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"87-89","from":32585.0,"to":32587.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Orezza<\/b>, spiega il\nVocabolario della Crusca, picciola aura<\/i>, venticello<\/i>: qu\u00ec per\u00f2\nd'ambrosia l'orezza<\/i><\/b> dovrebbe valer quanto gli effluvi\ndell'ambrosia<\/i><\/b>, o lo spirar dell'ambrosia.<\/i>  Tratto [avverte\nottimamente il Landino] dal primo di Virgilio, quando finge che\nVenere nel partir da Enea spargesse grande odore; onde dice:\nAmbrosiaeque comae divinum vertice odorem spiravere<\/i> [Aeneid. I,\n407].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Tratto [avverte ottimamente il Landino] dal primo di Virgilio, quando finge che Venere nel partir da Enea spargesse grande odore; onde dice: Ambrosiaeque comae divinum vertice odorem spiravere<\/i> [Aeneid. I, 407].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"I 403-404","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Aen. I 403-404, non 407.","TestoFonte":"ambrosiaeque comae divinum vertice odorem
spiravere,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:1.402-1.417","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"150","from":24682.0,"to":24686.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Per<\/b> val quanto in<\/i> [Vedi\nCinon. Partic.<\/i> 195, 1] e lama<\/i><\/b> come \u00e8 detto Inf. XX, 79,\nsignifica bassura<\/i><\/b>, cavit\u00e0<\/i> — mal sai lusingar<\/b>, esibendoti a\nrecare di noi nel mondo fama, mentre in questo fondo de'\ntraditori bramasi anzi 'l contrario.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
lama<\/b> come è detto Inf. XX, 79, significa bassura<\/i>, cavità<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XX 79","NotaFonte":"","TestoFonte":"Non molto ha corso, ch'el trova una lama","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=20&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":31608.0,"to":31615.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Riparo<\/b> dee esser detto per ripa<\/i>, e per quella ripa, che\nformavasi dall'angolo di connessione tra la superficie cava della\nvalle, e la conica superficie del monte [vedi ci\u00f2 ch'\u00e8 detto al\nv. 27 del passato canto]; e per\u00f2 dee intendersi come se detto\nfosse dove l'angolo della connessione tra la superficie della\nvalle e quella del monte poco o niente aveva il rialzamento.<\/i> \nL'allegoria per\u00f2 \u00e8 a dinotare, ch'entra in noi la tentazione per\nmancanza che trova di riparo.  Vallea<\/i><\/b> per valle<\/i><\/b> anche\nl'Ariosto [Fur. XXXVII, 26] — quale<\/b>, o significa ugualmente\nche simile a quella la quale<\/i>, o fors'anche importa identit\u00e0, e\nvale quanto quella la quale<\/i>, alla maniera cio\u00e8 del Latino\nquae<\/i><\/b>  — cibo amaro<\/i><\/b> per nocivo, apportatore di tutti i\nmondani guai.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Riparo<\/b> dee esser detto per ripa<\/i>, e per quella ripa, che formavasi dall'angolo di connessione tra la superficie cava della valle, e la conica superficie del monte [vedi ciò ch'è detto al v. 27 del passato canto]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VII 65-66","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Purg. VII 65-66, non 27.","TestoFonte":"quand'io m'accorsi che 'l monte era scemo,
a guisa che i vallon li sceman quici.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=41&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97-99","from":7746.0,"to":7753.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Se<\/b> per cos\u00ec<\/i> deprecativo [in\nquella guisa che i Latini adoperano alcuna fiata il sic<\/i>: Sic\nte diva potens Cypri<\/i> [Hor. lib. I ode 3]] usato dal poeta\nnostro in pi\u00f9 luoghi, e da altri antichi buoni scrittori [Vedi 'l\nCinon. Partic.<\/i> 233 n. 12, 13 e 14]. E adunque il\nsentimento. O spirito incarcerato in cotesto tronco, cos\u00ec ti\nfaccia l'uomo<\/i> [o per quest'uomo<\/i>, cio\u00e8 Dante, o il singolare pe\n'l plurale, per gli uomini<\/i><\/b>] liberamente<\/i><\/b>, senza incontrare\nostacolo [o fors'anche per liberalmente<\/i>, come nel XXXIII del\nPar. 16 e segg. La tua benignit\u00e0 non pur soccorre A chi\ndimanda, ma molte fiate Liberamente al dimandar precorre<\/i><\/b>] ci\u00f2\nche 'l tuo dir prega<\/b>, che si conforti<\/i> nel mondo la memoria tua\nv. 77.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Se<\/b> per così<\/i> deprecativo [in quella guisa che i Latini adoperano alcuna fiata il sic<\/i>: Sic te diva potens Cypri<\/i> [Hor. lib. I ode 3]] usato dal poeta nostro in più luoghi, e da altri antichi buoni scrittori<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q943884","LuogoFonte":"I iii 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sic te diva potens Cypri","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0893.phi001.perseus-lat1:1.3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"85-87","from":12072.0,"to":12091.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Odi"},
{"Annotazione":"Sermo<\/b> per sermone<\/i>, apocope\nad imitazion del Latino, adoprata in grazia della rima qu\u00ec ed\nInf. XIII, 138.  Terzo<\/i><\/b>, perch\u00e8 \u00e8 questa di fatto la terza volta\nche imprende il beato spirito a parlare a Dante.  Vedi sopra v.\n61 e 83.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sermo<\/b> per sermone<\/i>, apocope ad imitazion del Latino, adoprata in grazia della rima quì ed Inf. XIII, 138.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIII 138","NotaFonte":"","TestoFonte":"soffi con sangue doloroso sermo?\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=13&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"112","from":21024.0,"to":21027.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Unque<\/b> lo stesso che mai.  Questa domanda<\/i> [censura il\nCastelvetro] \u00e8 sciocca, perciocch\u00e8 Manfredi<\/i> [l'ombra che cotal\ndomanda faceva] fu ucciso l'anno che nacque Dante.  Adunque come\nin vista poteva mostrar tanta et\u00e0, che lo potesse aver veduto? \nNon \u00e8 adunque simile al vero, che Manfredi fosse cos\u00ec sciocco,\nche facesse simile domanda<\/i> [Opere crit. var.<\/i> p. 162].  \u00c8 vero\nche l'anno 1265 quello in cui nacque Dante [Vedi la nota al canto\nI Inf. v. 1], fu morto Manfredi Re di Puglia [Villani Gio. lib. 7\ncap. 9 Malespidi cap. 180]: ma, se nel giudicare l'et\u00e0 degli\nuomini, di quelli massime che hanno compiuta intieramente la\nbarba, sbagliamo sovente le decine e quindicine d'anni; molto pi\u00f9\nfacilmente poteva errar Manfredi, che non ben anche aveva mirato\nDante in faccia: imperocch\u00e8 quando incominci\u00f2 a parlargli, teneva\nDante rivolte a lui le spalle, e perci\u00f2 dice io mi volsi ver\nlui<\/i><\/b>: e prima, quando furono a faccia a faccia, lo sbigottimento\nin Manfredi per la veduta ombra di Dante, doveva tener lontana\nogn'altra riflessione.  — Io mi volsi ver lui, e guardail fiso<\/b>\nla Nidobeatina, I' mi volsi ver lui, e guarda 'l fiso<\/i><\/b>\nl'altr'edizioni.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
l'anno 1265 quello in cui nacque Dante [Vedi la nota al canto I Inf. v. 1]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nel mezzo del cammin di nostra vita","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15705', 'Autore':'Lodovico Castelvetro, 1570','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105-106","from":2631.0,"to":2639.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Vedeva dall'altra parte giacer\nBriareo<\/b> gigante, uno di quelli che mosser guerra a Giove, e che\nfurono perci\u00f2 da Giove fulminati, fitto<\/b>, confitto, dal telo\ncelestiale.<\/b>  Appellandosi telo<\/b> un'arme da lanciare [Vedi 'l\nVocab. della Crusca] bene appella Dante telo celestiale<\/b> il\nfulmine — Grave alla terra per<\/b> ec.  Essendo, secondo le\nfavole, la terra madre di Briareo e de' giganti di lui compagni,\ncoerentemente finge il Poeta, che Briareo per lo mortal gielo<\/b>,\ncio\u00e8 per essere morto, fosse grave<\/b>, doloroso, alla terra.<\/i><\/b>\n\n\tBrutto miscuglio<\/i> [grida qu\u00ec 'l Venturi] di sacro e di\nprofano, di verit\u00e0 rivelate e di favole.<\/i>\n\n\tLe oneste favole per\u00f2, come sono queste, che nel\npresente, e ne' seguenti canti fa Dante considerare alle purganti\nanime, non sono in realt\u00e0 che pratici insegnamenti di una sana\nmorale; e perci\u00f2 esortava Platone, che di cotali favole\ns'instruissero i fanciulli dalle loro madri ed allevatrici [De\nRepubl.<\/i> lib. 2]: e trovansi delle medesime riferite perfino\nnelle scritture sacre [Iudic.<\/i> 9].\n\n\tContuttoci\u00f2 non fa Dante di favole e di fatti scritturali\nun miscuglio<\/i>; ma due distinte serie ne compone; e quella de'\nfatti scritturali colloca da un lato<\/i> della strada, e l'altra\nserie de' favolosi avvenimenti ripone dall'altra parte.<\/b>  E tra\ngli altri riguardi, due molto ragionevoli poterono determinare il\nnostro poeta ad ammettere quivi, oltre gli scritturali fatti,\neziandio le favole.  Uno, per confondere maggiormente que'che\nconobbero le scritture sacre, mostrando loro per quelle favole\nconfessate anche da' gentili le scritturali divine massime. \nL'altro, per rinfacciare a que' gentili, che di l\u00e0 passavano [a\nStazio, Traiano, Rifeo ec.] gli ammaestramenti e stimoli\nch'ebbero essi pure a seguire la virt\u00f9, ed a fuggire il vizio.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Le oneste favole però, come sono queste, che nel presente, e ne' seguenti canti fa Dante considerare alle purganti anime, non sono in realtà che pratici insegnamenti di una sana morale; e perciò esortava Platone, che di cotali favole s'instruissero i fanciulli dalle loro madri ed allevatrici [De Republ.<\/i> lib. 2]: e trovansi delle medesime riferite perfino nelle scritture sacre [Iudic.<\/i> 9].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q859","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q123397","LuogoFonte":"II 377c","NotaFonte":"","TestoFonte":"το\u1f7aς δ\u1fbd \u1f10γκριθ\u03adντας πε\u03afσομεν τ\u1f70ς τροφο\u03cdς τε κα\u1f76 μητ\u03adρας λ\u03adγειν το\u1fd6ς παισ\u03afν, κα\u1f76 πλ\u03acττειν τ\u1f70ς ψυχ\u1f70ς α\u1f50τ\u1ff6ν το\u1fd6ς μ\u03cdθοις πολ\u1f7a μ\u1fb6λλον \u1f22 τ\u1f70 σ\u03ceματα τα\u1fd6ς χερσ\u03afν: \u1f67ν δ\u1f72 ν\u1fe6ν λ\u03adγουσι το\u1f7aς πολλο\u1f7aς \u1f10κβλητ\u03adον.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0059.tlg030.perseus-grc1:2.377c","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"28-30","from":11566.0,"to":11567.0,"NomeAutore":"Platone","TitoloFonte":"La Repubblica"},
{"Annotazione":"Vermo<\/b> per verme<\/i> in rima,\nchiosa il Volpi.  Vermo<\/i><\/b> per\u00f2 anche fuor di rima appella Dante\nmedesimo Lucifero.\n\n     ............ mi presi<\/i><\/b>\n     Al pel del vermo reo, che 'l mondo fora<\/i> \n      [Inf. XXXIV, 107 e seg.].\n\n\tChi sa poi perch\u00e8 appelli Dante vermo<\/b> il Cerbero e\nLucifero?  Forse perocch\u00e8 animali nascosti sotto terra a guisa di\nlombrichi e simili vermi?  O forse che pe 'l verme<\/i><\/b>, che le\nscritture sacre pongono insieme col fuoco al tormento de' dannati\n[Vermis eorum non moritur, et ignis non oxtinguitur<\/i> leggiamo in\nIsaia 66 v. 24 ed in s. Marco 9 v. 43], intend'essi i demoni? \nO forse, per ultimo, in vece di appellarli, come ben poteva s\u00ec\nl'uno, che l'altro, serpenti<\/i>, gli appella vermi<\/i> per quella\nsomiglianza, che vi \u00e8 tra 'l corpo del serpente e del verme?\n\n\tAl Bulgarini [dice il Venturi] non va molto a grado\nl'applicazion di tal voce, come troppo per quel mostro [Cerbero]\nsproporzionata; e per dir vero non sarebbe in simiglianti cosette\nlodevolmente imitato Dante da chi che sia.\n\n\tLuigi Pulci [risponde il Rosa Morando] purgato scrittor\nFiorentino, senza temere quella sproporzione<\/i>, che il Bulgarini\noppose, chiam\u00f2 ancor egli vermo una bestia orribile e smisurata:\n\n     E conoscea, che questo crudel vermo<\/i>\n     L'offendea troppo col fiato e col caldo<\/i> \n      [Morg.<\/i> cant. IV st. 15];\n\ne l'accuratissimo Ariosto chiam\u00f2 verme<\/i> il diavolo, ch'\u00e8 ben\nmaggior bestia di Cerbero:\n\n     E mostrargli dell'arte paragone<\/i>,\n     Che al gran verme infernal mette la briglia<\/i> \n      [Cant. XLVI st. 78].\n\n\tPu\u00f2 finalmente a queste ragioni aggiungersi che vermi<\/i>,\ncon proprio vocabolo, trovansi appellati non piccioli insetti\nsolamente, come il Bulgarini ed il Venturi mostransi persuasi, ma\nanimali eziandio di tanta mole da mettersi a paro, e da superare\nancora Cerbero e Lucifero.  In Gange<\/i> [se scrive vero il\nPerotti] flumine Indiae pisces sunt, qui a facie vermes\ndicuntur, binis branchiis sexaginta cubitorum, quibus tanta vis\nest ut elephantos ad potum venientes, mordicus comprehensa\nproboscide, abstrahant<\/i> [Cornucop.<\/i> ad epigr. 3 art.\nVermis.<\/i>].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vermo<\/b> per verme<\/i> in rima, chiosa il Volpi.  Vermo<\/b> però anche fuor di rima appella Dante medesimo Lucifero.\r\n     ............ mi presi<\/i>\r\n     Al pel del vermo reo, che 'l mondo fora.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIV 107-108","NotaFonte":"","TestoFonte":"mi presi 
Al pel del vermo reo, che 'l mondo fora","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=34&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"22","from":5122.0,"to":5125.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Vico<\/b>, dal Latino vicus<\/i>, vale\npropriamente contrada<\/i>, ma qu\u00ec sta per Infernal cerchio.<\/i><\/b> \nVico<\/i><\/b> anche fuor di rima adopera Dante Par. X, 137.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vico<\/b>, dal Latino vicus<\/i>, vale propriamente contrada<\/i>, ma quì sta per Infernal cerchio.<\/i>  Vico<\/b> anche fuor di rima adopera Dante Par. X, 137. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. X 137","NotaFonte":"","TestoFonte":"che, leggendo nel Vico de li Strami,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=77&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"99","from":22243.0,"to":22246.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Voce<\/b> \u00e8 meno di Accento<\/i>,\nil quale \u00e8 voce accentata.  — E suon di man<\/i><\/b> ec., e insieme\ncon esse voci il suono delle mani, onde i dannati percotevan s\u00e8\nstessi: ch'\u00e8 proprio il plangor<\/i><\/b> de' Latini.  AEn., IV:\n«Resonat magnis plangoribus aether.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
E suon di man<\/b> ec., e insieme con esse voci il suono delle mani, onde i dannati percotevan sè stessi: ch'è proprio il plangor<\/i> de' Latini.  AEn., IV:«Resonat magnis plangoribus aether.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis IV, 668","NotaFonte":"","TestoFonte":"tecta fremunt; resonat magnis plangoribus aether","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D4%3Acard%3D659","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"27","from":2209.0,"to":2213.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"Volumi\ndel mondo<\/b> rettamente appella le sfere celesti e pe 'l volgersi\nin giro che tutte fanno, e per l'involgere che ciasuna superiore\nfa l'altre inferiori; e reale<\/b>, cio\u00e8 regale, supremo, manto<\/b>,\nsopravveste, di tutti i volumi<\/b> rettamente appella il nono\ncielo, perocch\u00e8 il primo che muovesi sotto dell'immobile empireo\n[detto perci\u00f2 nelle scuole il primo mobile<\/i>], e che tutti gli\notto inferiori cieli circonda e muove [Vedi Dante nel Convito<\/i>\ntratt. 2 cap. 3 e 4]  — che pi\u00f9 ferve, e pi\u00f9<\/i><\/b> ec., che nella\nvicinanza [Alito di Dio<\/i><\/b> per vicinanza a Dio<\/i> detto, credo,\ndalla comune frase con cui dicesi stare al fiato d'alcuno<\/i> per\nstargli vicino<\/i>] di Dio, e nelle consuete di lui beneficenze,\npi\u00f9 d'amore si riscalda [cagione, dice Dante medesimo, per cui\ns'aggira [Vedi 'l Convito<\/i> nel precit. capo 4 del tratt. 2 ed\nanche il can. XXVII della presente cantica v. 110, 111]] e pi\u00f9 di\nvivezza, cio\u00e8 di forza ed attivit\u00e0 riceve.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
manto<\/b>, sopravveste, di tutti i volumi<\/b> rettamente appella il nono cielo, perocchè il primo che muovesi sotto dell'immobile empireo [detto perciò nelle scuole il primo mobile<\/i>], e che tutti gli otto inferiori cieli circonda e muove [Vedi Dante nel Convito <\/i>tratt. 2 cap. 3 e 4]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"II iii 5-7","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tolomeo poi, acorgendosi che l'ottava spera si movea per più movimenti, veggendo lo cerchio suo partire dallo diritto cerchio, che volge tutto da oriente in occidente, constretto dalli principii di filosofia, che di necessitade vuole uno primo mobile semplicissimo, puose un altro cielo essere fuori dello Stellato, lo quale facesse questa revoluzione da oriente in occidente: la quale dico che si compie quasi in ventiquattro ore, cioè in ventitré ore e quattordici parti delle quindici d'un'altra, grossamente asegnando. Sì che secondo lui, secondo quello che si tiene in astrologia ed in filosofia poi che quelli movimenti furono veduti, sono nove li cieli mobili; lo sito delli quali è manifesto e diterminato, secondo che per un'arte che si chiama perspettiva, e per arismetrica e geometria sensibilemente e ragionevolemente è veduto, e per altre esperienze sensibili: sì come nello eclipsi del sole appare sensibilemente la luna essere sotto lo sole, e sì come per testimonianza d'Aristotile sapemo, che vide colli occhi (secondo che dice nel secondo Di Cielo e Mondo) la luna, essendo nuova, entrare sotto a Marte dalla parte non lucente, e Marte stare celato tanto che raparve dall'altra parte lucente della luna, ch'era verso occidente. Ed è l'ordine del sito questo: che lo primo che numerano è quello dove è la Luna; lo secondo è quello dove è Mercurio; lo terzo è quello dove è Venere; lo quarto è quello dove è lo Sole; lo quinto è quello di Marte; lo sesto è quello di Giove; lo settimo è quello di Saturno; l'ottavo è quello delle Stelle; lo nono è quello che non è sensibile se non per questo movimento che è detto di sopra, lo quale chiamano molti Cristallino, cioè diafano o vero tutto trasparente.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=19&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"112-114","from":23089.0,"to":23096.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"i<\/b> per li<\/i>; Dante l'usa anche altrove,\nInf. VII, 53, XVIII, 18, Parad. XIII, 26, XXIX, 4.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
i<\/b> per li<\/i>; Dante l'usa anche altrove, Inf. VII, 53 [...]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII, 53","NotaFonte":"","TestoFonte":"la sconoscente vita che i fe\u0301 sozzi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=7&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"78","from":4529.0,"to":4531.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"noi<\/b> per a noi<\/i>, come pi\u00f9 comunemente\nusasi lui<\/i> per a lui.<\/i>  Fa noi grazia<\/i> in vece di fa a noi\ngrazia<\/i> dice il poeta nostro anche nel XXXI della presente\ncantica v. 136.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Fa noi grazia<\/i> in vece di fa a noi grazia<\/i> dice il poeta nostro anche nel XXXI della presente cantica v. 136.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXI 136","NotaFonte":"","TestoFonte":"Per grazia fa noi grazia che disvele","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=65&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"38","from":6334.0,"to":6336.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"nostra<\/b> dice in vece di\ndivina<\/i> per l'unione e comunione che hanno tutti gli eletti con\nDio, anche nel guidicare [Cos\u00ec tutti i sacri interpreti spiegano\nquel del Vangelo detto da Ges\u00f9 Cristo a' suoi discepoli\nsedebitis et vos indicantes.<\/i> Matt. 19] — \u00e8 argomento di fede,\ne non di eretica nequizia.<\/i><\/b>  \u00c8 argomento [chiosa il Venturi], ma\nassai difficile; per\u00f2 Vellutello, e Daniello saltano il fosso: il\npovero Landino ci casca dentro con dire questo sproposito, cio\u00e8\nche tal dubbio in Dante non era velenoso, e non era tale da\nrimoverlo dalla fede; perch\u00e8 dubitandosi, che non sia giusta cosa\nquello, che tiene la nostra Fede essere giusta cosa, s'afferma la\nFede essere.  Dico dunque per mitigare l'asprezza di questa\nterzina; sant'Agostino insegna potersi senza peccare contra la\nFede, anzi per affetto lodevole derivato da questa virt\u00f9,\npotersi, dico, esaminare, mettere in dubbio e in quistione le\ncose della Fede, purch\u00e8 si faccia ad piam delectationem, retenta\niam Fide.<\/i><\/b>  Ci\u00f2 supposto, daremo un senso ragionevole al testo con\ndir cos\u00ec: il parer ingiusta la giustizia di Dio per parere\nch'egli rimeriti meno chi non per difetto di sua volont\u00e0, ma per\naltrui violenza lascia di far bene, come le due monache suddette\nper forza smonacate, e per tal parere muoversi, retenta iam\nFide<\/i>, a cercare, come s'accoppino queste due verit\u00e0 tenute come\nrivelate, e che Dio \u00e8 giusto, e che non si perde di merito senza\ndifetto di propria volont\u00e0, questo \u00e8 argomento di Fede.  Questo\npare che possa essere il senso: altrimenti essendo di fede la\ngiustizia di Dio non essere ingiusta, a chi paresse in contrario,\ne aderisse a tal parere, non potrebbe difendersi da eretica\nnequizia.  Chiama poi argomento di fede quel primo modo di s.\nAgostino lodato, perch\u00e8 dimostra l'affetto, che un porta a\nquella, dando a vedere il pio desiderio di bene intendere ci\u00f2\nch'ella propone, per essere pronto, come vuole s. Pietro, a\nrender ragione della fede.  Vi \u00e8 chi questa voce argomento<\/b> la\npiglia in significazione di motivo, e dichiara il testo cos\u00ec: \u00e8\nmotivo di credere, e non d'essere miscredente; ma pare a me\ndurissimo a persuadere, che l'apparente ingiustizia sia motivo,\nche spinga a credere esser Dio giusto, e non piuttosto tentazione\nad opposto.  Che se con ci\u00f2 voglia dirsi, che l'apparenza\ncontraria alla verit\u00e0 [come nel sacramento dell'Eucaristia\naddiviene] renda la divina giustizia obbietto materiale di Fede,\nmi comparisce una spiegazione pi\u00f9 ricercata, e men naturale, n\u00e8\nmolto conforme al presente contesto, e poco corrispondente\nall'espressione medesima del nostro poeta laddove pigliando ad\nimprestito la dottrina dell'Apostolo delle Genti, asserisce ed\nassevera: Fede \u00e8 sustanzia di cose sperate, e argomento delle\nnon parventi<\/i><\/b>; ove per argomento di Fede intende tutt'altra cosa,\ncome si pu\u00f2 vedere nel canto XXIV ver. 64 del Paradiso.  Fin qu\u00ec\n'l Venturi.\n\n\tNel tomo 4 di tutte l'opere del poeta nostro stampate in\nVenezia l'anno 1760 part. I pag. 64 viene prodotta una\ninterpretazione del presente passo fatta dall'Avvocato sig.\nGiovanni Agostino Zeviani, in questi termini = Tutti i\ncomentatori hanno fatta in questi versi una difficolt\u00e0\ninsolubile, quando non ce n'\u00e8 veruna: ecco la parafrasi per\nbrevit\u00e0 e chiarezza insieme.  Dice dunque a Dante Beatrice cos\u00ec:\nChe la giustizia nostra [cio\u00e8 la divina] sembri tal volta\ningiusta agli occhi degli uomini, egli \u00e8 argomento di dover\ncredere, e non gi\u00e0 di ereticamente dubitare; perciocch\u00e8 tanto pi\u00f9\numile deve essere l'intelletto in ossequio della Fede, quanto pi\u00f9\noscura e difficil cosa gli si propone da credere: questo bastar\ndovrebbe per acquietarti di tua domanda.  Ma perch\u00e8 il dubbio del\nqual tu cerchi \u00e8 di tal natura, che anche l'accorgimento vostro\n[cio\u00e8 l'umano] pu\u00f2 penetrare alla verit\u00e0 dello scioglimento,\nvogio farti contento della risposta =.\n\n\tCon queste spiegazioni per\u00f2, \u00f2 io non le intendo bene, \u00f2\nrimaniano tuttavia nelle tenebre della difficolt\u00e0.  Accordo al\nVenturi, che ad piam delectationem, retenta Fide<\/i>, possono\nquestionarsi cose di Fede senza peccare contra la Fede; ed\naccordo altres\u00ec al Zeviani, che tanto pi\u00f9 dee nostro intelletto\nin ossequio della Fede umiliarsi, quanto pi\u00f9 difficil cosa gli\npropone da credere: ma non vedo poi come cavisi di qu\u00ec ragione\nalcuna di ci\u00f2 che Beatrice ha detto nel vers. 27 e nel terzetto\nprecedente ripete, che il dubbio circa la divina giustizia ha\nmen veleno<\/i> dell'altro dubbio circa il Platonico stanziare delle\nanime nelle stelle, e che solamente la malizia<\/i> di questo\npotesse trar Dante fuor de' gangheri, e non di quello.  Forse che\nad piam delectationem, retenta Fide<\/i>, non si poteva ugualmente\ndiscutere s\u00ec l'uno che l'altro dubbio?  Potevasi certamente.  Che\ndifferenza adunque poneci 'l Venturi?  In ossequio poi della Fede\n[per ci\u00f2 che aspetta al Zeviani] era Dante ugualmente in obbligo\ndi umiliarsi in tutti e due i dubbi; e non facendolo sarebbesi\nper qualunque di essi scostato dalla celeste dottrina di\nBeatrice.  E perch\u00e8 dunque del solo dubbio circa la divina\ngiustizia, si dice l'impotenza ad allontanar Dante da Beatrice? e\nperch\u00e8 solo esso dicesi argomento di Fede<\/i><\/b>?\n\n\tAltra via d'uscirne tenta il sig. Bartolommeo Perazzini\nnelle sue correzioni e note sopra Dante [Stampate in Verona nel\n1775], pretendendo rilevarsi dal contesto, che parere ingiusta<\/b>\nla divina giustizia vaglia il medesimo che parere troppo\ngiusta<\/i><\/b>: e come, dice, il credere alcuno troppo giusto \u00e8\nargomento<\/i><\/b>, segno, di crederlo giusto, cos\u00ec il parere ingiusta<\/b>\nla divina giustizia \u00e8 argomento di Fede<\/b>, \u00e8 segno di crederla\ngiusta.\n\n\tIl contesto<\/i> per\u00f2, ch'\u00e8 il gastigarsi alcuno per ci\u00f2 che\ncontro al suo buon volere ha per altrui violenza operato [Vedi v.\n19 e segg. del presente canto] non acconsente, che prendasi\ningiusta<\/i><\/b> in altro senso che nel suo naturale di non giusta.<\/i><\/b>\n\n\tQuanto a me adunque, parrebbe la pi\u00f9 spedita il dire, che\nparli Dante cos\u00ec, perocch\u00e8 all'apparire delle anime nelle stelle\nfavoriva il mal inteso Platone, ed era perci\u00f2 pi\u00f9 facile\nl'aderirvi: laddove al parere ingiusta la divina giustizia in\nquelle per forza smonacate femmine niuna cosa prestava favore; e\nrettamente discorrendo altro non poteva cavarsene che\nargomento<\/b>, motivo, di Fede<\/b>, di credere cio\u00e8 che Iddio vede\npi\u00f9 di noi; e che fosse a lui palese in quelle donne difetto tale\nche non era apparso agli occhi de' mortali.  In fatti simili\napparenze mossero pure i santi Giobbe, Davide, Geremia, ed altri,\nn\u00e8 per\u00f2 trassero indi che argomento di Fede<\/b>, e non giammai\nd'eretica nequizia.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
nostra<\/b> dice in vece di divina<\/i> per l'unione e comunione che hanno tutti gli eletti con Dio, anche nel guidicare [Così tutti i sacri interpreti spiegano quel del Vangelo detto da Gesù Cristo a' suoi discepoli sedebitis et vos iudicantes.<\/i> Matt. 19]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XIX 28","NotaFonte":"","TestoFonte":"Iesus autem dixit illis: “ Amen dico vobis quod vos, qui secuti estis me, in regeneratione, cum sederit Filius hominis in throno gloriae suae, sedebitis et vos <\/strong>super thronos duodecim, iudicantes<\/strong> duodecim tribus Israel. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#19","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"67-69","from":3399.0,"to":3402.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"scalpitare<\/b>, pestare, e calcar\nco' piedi in andando.  Vocab. della Cr. — perciocch\u00e8 'l vapore<\/b>\n[intendi acceso<\/i>] me'<\/i><\/b> [accorciamento di meglio<\/i><\/b>] si\nstingueva<\/b> [per estingueva<\/i>, aferesi] mentre ch'era solo<\/i><\/b>; cio\u00e8\nprima che gli si unisse dell'altro.  Il comentatore della\nNidobeatina attesta leggersi cotal fatto nella vita di\nAlessandro: chi sa da chi scritta.  Quinto Curzio certamente,\ncome avverte anche il Landino, nulla ha di ci\u00f2, come n\u00e8 Giustino,\nn\u00e8 Plutarco.  Nella lettera di Alessandro ad Aristotele\n[qualunque abbiala scritta] fassi menzione bens\u00ec delle focosa\npioggia; ma dicesi il riparo essere stato di comandare Alessandro\nai soldati di contrapporre al fuoco le loro vestimenta: iussi\nautem milites suas vestes opponere ignibus.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Nella lettera di Alessandro ad Aristotele [qualunque abbiala scritta] fassi menzione bensì delle focosa pioggia; ma dicesi il riparo essere stato di comandare Alessandro ai soldati di contrapporre al fuoco le loro vestimenta: iussi autem milites suas vestes opponere ignibus.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q54913598","LuogoFonte":"K 208","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cadere mox in modum vellerum immensae coeperunt nives. Quarum aggerationem metuens ne castra cumularentur, calcare militem nivem iubeo, ut quam primum iniuria pedum tabesceret, proderentur et ignes aliquatenus, qui nive paene erant extincti. Vna tamen res fuit saluti, quod momento temporis hae dilapsae sunt nives imbre veniente largo. Quem protinus atra nubes secuta est visaeque nubes ardentes de caelo tamquam faces decidere, ut incendio earum totus campus arderet. Verebantur dicere ne deorum ira premeret, quod ego homo Herculis Liberique vestigia transgredi conatus essem. Iussi igitur milites scissas vestes opponere ignibus.","UrlFonte":"https:\/\/digiliblt.uniupo.it\/xtf\/view?query=;brand=default;docId=dlt000542\/dlt000542.xml;","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"34-36","from":3419.0,"to":3421.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":"Epistola Alexandri Magni ad Aristotelem de miraculis Indiae"},
{"Annotazione":"Adonare<\/i>, abbassare<\/i>, domare<\/i>, spiega\nil Vocab. della Cr., ed oltre questo ne reca in esempio\nquell'altro passo di Dante Nostra virt\u00f9, che di leggier s'adona,\nNon spermentar<\/i> [Purg. XI, 19], e quelle parole di Gio. Villani\nE cos\u00ec si adon\u00f2 la rabbia dello ingrato e superbo popolo di\nFirenze<\/i> [Cron. lib. 6 cap. 80]: ed a cotal senso di adona<\/b>\ncorrisponde ottimamente ci\u00f2 che dice Dante di quelle anime,\nch'Elle giacean per terra tutte quante<\/i><\/b> {v.37}.\n\n\tIl Venturi amerebbe d'intendere detto adona<\/i><\/b> per\naduna.<\/i>  Non sarebbe certamente la mutazione delle inusitate; ma\nbisognerebbe verificare che la greve e grandinosa pioggia\nadunasse di fatto quelle anime: che altro \u00e8 che le gettasse a\nterra, altro che le adunasse ed ammucchiasse.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Adonare<\/i>, abbassare<\/i>, domare<\/i>, spiega il Vocab. della Cr., ed oltre questo ne reca in esempio quell'altro passo di Dante Nostra virtù, che di leggier s'adona, Non spermentar<\/i> [Purg. XI, 19] <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XI 19","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nostra virtù che di legger s'adona<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=45&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"34","from":5209.0,"to":5210.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Ch' \u00e8 una in tutti<\/i>,\ncogli interni sentimenti dell'animo~; uguali in tutti gli uomini\ndel mondo~, sebbene da varie nazioni con linguaggi vari si\nesprimano — feci olocausto<\/i>, sacrificio di ringraziamento\n[Perci\u00f2 offerito da No\u00e8 a Dio dopo l' universale diluvio~,\nGenes.<\/i> 8.], per ringraziamento.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
feci olocausto<\/i>, sacrificio di ringraziamento [Perciò offerito da Noè a Dio dopo l' universale diluvio, Genes.<\/i> 8.], per ringraziamento.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"VIII 20","NotaFonte":"","TestoFonte":"Aedificavit autem Noe altare Domino; et tollens de cunctis pecoribus mundis et volucribus mundis obtulit holocausta super altare. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"88-89","from":13718.0,"to":13721.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"Ched \u00e8<\/i>, leggono molti; alcuni,\nChe v'\u00e8<\/i>: mossi dal rispetto dell'elisione.  Ma gli antichi,\ncom'\u00e8 detto alla nota 69, non se ne curavano pi\u00f9 che tanto. \n— L'angue, il serpente.  Virgilio: «Latet anguis in herba.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
L'angue<\/strong>, il serpente.  Virgilio: «Latet anguis in herba.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q546203","LuogoFonte":"Eclogae III, 93","NotaFonte":"","TestoFonte":"frigidus, O pueri, fugite hinc, latet anguis in herba.","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0056%3Apoem%3D3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"84","from":6381.0,"to":6384.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Bucoliche"},
{"Annotazione":"Dilaccare<\/i> dovrebbe propriamente\nsignificare aprire<\/i>, spartire le lacche<\/i>, le cosce: qu\u00ec per\u00f2\nper catacresi sta semplicemente per aprire.<\/i>  Al medesimo modo\nInf. V. 27 adopera Dante l'aggettivo muto<\/i>, che significa privo\ndi loquela<\/i> per semplicemente privo<\/i>\n\n     Io venni 'n luogo d'ogni luce muto.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dilaccare<\/i> dovrebbe propriamente significare aprire<\/i>, spartire le lacche<\/i>, le cosce: quì però per catacresi sta semplicemente per aprire.<\/i>  Al medesimo modo Inf. V 27 adopera Dante l'aggettivo muto<\/i>, che significa privo di loquela<\/i> per semplicemente privo  <\/i>     Io venni 'n luogo d'ogni luce muto.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V 28","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 al verso 28, non 27.","TestoFonte":"Io venni in loco d'ogne luce muto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"30","from":26968.0,"to":26970.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Erant cum David septem\nchori.<\/i>  Cos\u00ec nel 2 de' Re cap. 6  — a duo miei sensi<\/b> la\nNidobeatina, e se non malamente l'altr'edizioni congiungono al\nsegnacaso a<\/b> anche l'articolo i<\/i><\/b> e leggono ai duo miei sensi.<\/i> \nImperocch\u00e8 allora soltanto questo articolo vi starebbe bene\nquando il Poeta non avesse avuti che due sensi; ma conciosiach\u00e8\navessene cinque, ed a due soli innominati, e da ricercarsi dal\nleggitore [all'occhio cio\u00e8 ed all'orecchio] cagionasse discordia\ne contesa quella elegante scoltura, che vi ha a fare l'articolo? \n— Faceva dir<\/i><\/b> [Facea dicer<\/i><\/b>, l'edizioni dalla Nidobeatina\ndiverse] l'un n\u00f2, l'altro s\u00ec canta<\/b>; ellittico parlare, che per\nl'intiera sintassi esser dovrebbe, A duo miei sensi faceva dir\nci\u00f2 che dicevano, l'uno n\u00f2<\/i>, non canta, l'altro s\u00ec canta.<\/i><\/b>  N\u00f2<\/i><\/b>\ndiceva l'orecchio, che non udiva canto; e si<\/b> diceva l'occhio,\nche gli atteggiamenti di canto osservava.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Erant cum David septem chori.<\/i>  Così nel 2 de' Re cap. 6.<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/secondo-libro-dei-re","LuogoFonte":"VI 12","NotaFonte":"Il particolare dei sette cori \u00e8 presente solo nel testo della Vulgata.","TestoFonte":"et erant cum David septem chori","UrlFonte":"http:\/\/vulsearch.sourceforge.net\/html\/2Rg.html#x6_12","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"59-60","from":9538.0,"to":9542.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Figliare<\/i> e\nrifigliare<\/i> adopera qu\u00ec Dante per provedere<\/i> e riprovedere di\nfigliuolanza<\/i>; e parlando in modo come se i paesi stessi\nprovedessero di figliuolanza i propri padroni, incomincia a lodar\nBagnacavallo per aver lasciato terminare la linea de' suoi\ncattivi conti; poscia aggiungne che fa male Castrocaro, e peggio\nConio, che pi\u00f9 s'impiglia<\/b> [zeuma, come quel di Virgilio Hic\nillius arma, hic currus fuit<\/i><\/b> [Aeneid. I, 20] si prende briga di\nprovedere di figliuolanza tai<\/i><\/b> [tanto cattivi] conti. \nBagnacavallo<\/b>, e Castrocaro<\/b> sono terre di Romagna, aventi in\nallora i propri conti; com'era pur di Romagna, ed aveva i propri\nconti Conio<\/b> castello ora distrutto [Vedi Leandro Alberti\nDescriz. d'Italia<\/i> nel capo della Romagna<\/i>].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
che più s'impiglia<\/b> [zeuma, come quel di Virgilio Hic illius arma, hic currus fuit<\/i> [Aeneid. I, 20] <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"I 16-17","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Aen. I 16-17, non 20.","TestoFonte":"Hic illius arma, 
hic currus fuit","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:1.12-1.33","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115-117","from":14066.0,"to":14069.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Il tempio<\/i> [chiosa il Venturi]\ndi Gerusalemme, dove la santissima Vergine, ritrovato, dopo tre\ngiorni che l'avea smarrito, il suo divino Figliuolo, gli disse\nqueste parole<\/i> [Figliuol mio, perch\u00e8 hai tu ec.] registrate in\ns. Luca c. 2. Propone qu\u00ec alcuni esempi della virt\u00f9 contraria al\nvizio dell'ira: e per usar variet\u00e0 non li mette effigiati o nel\npavimento, o nella ripa, come nel primo girone, ma gli espone\ncome visti da se rapito in estasi, che sarebbe bella, se non\nimbrattasse colla seguente profanit\u00e0 la divinit\u00e0 di questo primo\nesempio.<\/i>\n\n\tCirca l'imbrattare la divinit\u00e0 con la profanit\u00e0<\/i>, s'\u00e8\ngi\u00e0 detto, credo, abbastanza sotto il verso 28 del XII della\npresente cantica. Resta qu\u00ec solo d'avvertire, che non mette il\nPoeta in questo girone effigiati gli esempi di mansuetudine nel\npavimento, o nella ripa<\/i>, non per usar variet\u00e0<\/i>, ma per\nindispensabile necessit\u00e0. Imperocch\u00e8, se non appunto per come\nestatica visione di mente veder non si potevano da chi per\ncagione del densissimo fumo non poteva adoprar gli occhi. Vedi\n'l fine del presente, ed il principio del seguente canto. —\nPi\u00f9 persone<\/b>, cio\u00e8 Ges\u00f9 Cristo, Maria Vergine, san Giuseppe, e i\ndottori, coi quali stava Ges\u00f9 Cristo disputando.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il tempio<\/i> [chiosa il Venturi] di Gerusalemme, dove la santissima Vergine, ritrovato, dopo tre  giorni che l'avea smarrito, il suo divino Figliuolo, gli disse queste parole<\/i> [Figliuol mio, perchè hai tu ec.] registrate in s. Luca c. 2.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","LuogoFonte":"II 48","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et videntes eum admirati sunt, et dixit Mater eius ad illum: “ Fili, quid fecisti nobis sic? Ecce pater tuus et ego dolentes quaerebamus te ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"87-90","from":14934.0,"to":14937.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"},
{"Annotazione":"In orbe terrarum pulcherrimum anguium genus\nest, quod in aqua vivit, hydri vocantur, nullis serpentium\ninferiores veneno<\/i>, scrive Plinio [Hist.<\/i> lib. 29 cap. 4]. \nHydrus mas, hydra femina<\/i> Roberto Stefano [Thesaur. ling.\nLat.<\/i> art. Hydrus.<\/i>].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Idre<\/strong>: in orbe terrarum pulcherrimum anguium genus est, quod in aqua vivit, hydri vocantur, nullis serpentium inferiores veneno<\/i>, scrive Plinio [Hist.<\/i> lib. 29 cap. 4]. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q82778","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q442","LuogoFonte":"XXIX 23","NotaFonte":"La fonte \u00e8 XXIX 23, non XXIX 4.","TestoFonte":"In orbe terrarum pulcherrimum anguium genus est, quod in aqua vivit, hydri vocantur, nullis serpentium inferiores veneno.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0978.phi001.perseus-lat1:29.23","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40","from":7962.0,"to":7963.0,"NomeAutore":"Plinio il Vecchio","TitoloFonte":"Naturalis historia"},
{"Annotazione":"La selva erronea di questa vita<\/i> \u00e8\nun passo che non lascia, anzi, che non lasci\u00f2<\/b> mai vivo chi vi\nentr\u00f2.  \u00c8 antica infatti quanto il genere umano, e quindi quanto\nil peccato originale in cui tutti nasciamo, e che fu il\ndiverticulum totius nostrae deviationis<\/i><\/b> (Mon.<\/i>, I, xvi, 1), il\nprincipio di ogni nostro errore; e somiglia in tutto all'alto\npasso<\/i> di Ulisse, ossia a un mare che mai non vide navicar sue\nacque<\/i> — omo che di tornar sia poscia esperto<\/i> (Purg.<\/i>, I,\n131).  Non si entra in essa, se non morendo — della morte\ndell'anima che segue alla colpa — perch\u00e9 fin da quando il\ndiavolo indusse i nostri primi parenti a commettere il peccato,\nin omnes homines mors pertransiit<\/i> (S. Paolo, ad Rom.<\/i>, V, 12). \nMa anche per uscirne bisogna morire al male che rappresenta,\nossia liberarsene.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
La selva erronea di questa vita<\/i> è\r\nun passo che non lascia, anzi, che non lasciò<\/b> mai vivo chi vi\r\nentrò.  È antica infatti quanto il genere umano, e quindi quanto\r\nil peccato originale in cui tutti nasciamo, e che fu il\r\ndiverticulum totius nostrae deviationis<\/i> (Mon.<\/i>, I, xvi, 1), il\r\nprincipio di ogni nostro errore;<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q134221","LuogoFonte":"I, xvi, 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Rationibus omnibus supra positis experientia memorabilis attestatur: status videlicet illius mortalium quem Dei Filius, in salutem hominis hominem assumpturus, vel expectavit vel cum voluit ipse disposuit. Nam si a lapsu primorum parentum, qui diverticulum fuit totius nostre deviationis, dispositiones hominum et tempora recolamus, non inveniemus nisi sub divo Augusto monarcha, existente Monarchia perfecta, mundum undique fuisse quietum.","UrlFonte":"http:\/\/www.danteonline.it\/italiano\/opere.asp?idope=4&idlang=OR","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"26-27","from":193.0,"to":195.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Monarchia"},
{"Annotazione":"Meglio sarebbe stato per lui di non\nesser mai nato.<\/i>  Matt. XXVI, 24.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Meglio sarebbe stato per lui di non esser mai nato.<\/i> Matt. XXVI, 24.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"26, 24","NotaFonte":"","TestoFonte":"Filius quidem hominis vadit, sicut scriptum est de illo; vae autem homini illi, per quem Filius hominis traditur! Bonum erat ei, si natus non fuisset homo ille ”.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#26","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"7","from":4047.0,"to":4049.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"Minos, a cui fallir non lece<\/i>,\nInf. XXIX, 120.  Conoscitore<\/b> equivale in questo luogo al greco\n%chi%rho%iota%tau%eta%zeta\\ — chi fa il processo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Minos, a cui fallir non lece<\/i>, Inf. XXIX, 120.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIX, 120","NotaFonte":"","TestoFonte":"Minòs, a cui fallar non lece","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=29&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"9","from":4056.0,"to":4058.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Mor\u00ec Virgilio<\/i>\n[dice qu\u00ec 'l Castelvetro] l'anno 734 dall'edificamento di\nRoma, essendo Consoli C. Senzio, e Q. Lucrezio, secondo che\ntestimonia Eusebio, o, secondo che si trova scritto nella vita di\nDonato, Gn. Plauzio in luogo di C. Senzio<\/i> [bench\u00e8 io stimi\nerrore nella scrittura della predetta vita<\/i>] che fu l'anno\nquartodecimo, da che Augusto era succeduto a Giulio Cesare.  Ma\nse mor\u00ec nel quartodecimo anno dello 'mperio d'Augusto, come poi\nsi fa dire a lui medesimo<\/i>\n\n     Vero \u00e8 ch'altra fiata quaggi\u00f9 fui<\/i>\n        Congiurato da quella Eriton<\/i> ec. \n\npoich\u00e8 Ericto, della quale fa menzione, fu al tempo della\nbattaglia, che fu tra Cesare e Pompeo in Farsaglia, e congiurando\nrivoc\u00f2 uno spirito al corpo suo, per dar risposta al figliuolo di\nPompeo, che voleva sapere l'avvenimento della guerra, siccome\nracconta Lucano<\/i> [nel lib. 6<\/i>]  Il che fu prima che Ottaviano\nfosse Imperatore, non che morto Virgilio.<\/i>\n\n\tAl giudizio del Castelvetro si unisce anche il Venturi. \nQu\u00ec<\/i> [dice] bisogner\u00e0 ricorrere all'anacronismo, se basta;\nessendo cosa certissima, che la morte di Virgilio segu\u00ec non poco\ndopo queste guerre civili.<\/i>\n\n\tL'anacronismo<\/i> [risponde al Venturi il sig. Rosa\nMorando] non basta certamente, quando si dica che il Poeta\nintenda di quella Erittone maga di Tessaglia, che fu, secondo\nLucano, adoperata da Sesto Pompeo, figliuolo del Magno per\nintendere il fine delle guerre civili, che tra suo padre, e\nCesare ardevano; imperocch\u00e8 ci sarebbe la contraddizione,\ndicendo ora, che Virgilio era morto avanti queste guerre civili,\ne avendo prima detto, ch'egli era vissuto a Roma sotto il buono\nAugusto.  Convien dunque affermare, che Dante non intenda qu\u00ec di\nquella Erittone, che da Lucano vien nominata.  Sentasi il\nMazzoni.<\/i>  \"Io credo, ch'egli [cio\u00e8 Dante] volesse intendere\nd'un'altra donna maga, la quale egli finge che fosse dopo la\nmorte de Virgilio, e la nomina Erittone, perch\u00e9 quel nome fu\nconveniente a tutte le donne venefiche a maghe, come pu\u00f2\nchiaramente apparere in quel verso d'Ovidio [Epist. Sappho\nPhaoni<\/i>]:\n\n     Illuc mentis inops, ut quam furialis Erichtho\n        Impulit. \n\nSin qu\u00ec il Mazzoni.<\/i>\"  Veneficiis famosa fuit Thessala mulier;\ncuius \"nomen hic pro qualibet venefica ponitur\"; cos\u00ec disse a\nquesto passo d'Ovidio Daniel Crispino nel suo c\u00f2mento<\/i> [Osserv.\nsopra l'Inf.<\/i> a questo passo].\n\n\tForse sar\u00e0 cos\u00ec: ma potrebb'anche aver Dante intesa la\nstessissima maga di Lucano, senz'anacronismo, e senza\ncontraddizione veruna.  Contansi egli forse tra la guerra\nFarsalica e la morte di Virgilio pi\u00f9 che soli trent'anni [Tale\nintervallo di tempo risulta chiaramente ne' Fasti consolari,\npresso Sigonio, e Lenglet, tra il consolato di Giulio Cesare, e\ndi Publio Servilio [durante il quale, per testimonianza di esso\nCesare de bello civili<\/i> lib. 3 successe la battaglia Farsalica]\ne il consolato di Gaio Senzio, e di Quinto Lucrezio, in tempo del\nquale mor\u00ec Virgilio]?  Perch\u00e9 adunque non pot\u00e8 Dante fingere,\nche sopravvivesse a Virgilio, e che nuovi prodigi operasse colei\nche sapeva rendere vita anche ai morti?\n\n\tDico nuovi prodigi<\/i>, perocch\u00e8 certamente questo che\nDante accenna non accorda con quello che ne descrive Lucano. \nOltre che Lucano non fa valersi Erittone dell'opera di Virgilio,\nDante pone tratto dall'Inferno lo spirito di un traditore, e per\u00f2\nil fa uscire dal cerchio di Giuda, che\n\n     . . . . . \u00e8 'l pi\u00f9 basso luogo, e 'l pi\u00f9 oscuro<\/i>,\n        E 'l pi\u00f9 lontan dal ciel.<\/i>\n\nLucano all'opposto finge che Erittone non cercasse altro spirito,\nse non di quel corpo, che primo tra i molti che su 'l campo di\nbattaglia insepolti giacevano, le venisse fortuitamente alle\nmani, avente intieri gli organi della favella\n\n     . . . . . . . . . . . . . pererrat<\/i>\n     Corpora caesorum, tumulis proiecta negatis<\/i>,\n     . . . . . et gelidas letho scrutata medullas<\/i>\n     Pulmonis rigidi stantes sine vulnere fibras<\/i>\n     Invenit, et vocem defuncto in corpore quaerit<\/i> \n     [Lib. VI, 727 e segg.].\n\ned aggiunge, che non aveva ancora quello spirito passato lo Stige\n\n     Tristia non equidem Parcarum stamina, dixit<\/i>,\n     Adspexi, tacitae revocatus ab aggere ripae<\/i> \n     [Vers. 788 e segg.].\n\ntanto era lungi dal fingerlo tratto dal pi\u00f9 profondo\ndell'Inferno.  — cruda<\/b> appella Dante Erittone per Io spargere\ndell'uman sangue, che il medesimo Lucano descrive [Vers. 510 e\nsegg.] solito da costei farsi nelle sue fattucchierie.  — sui<\/b>,\nalla maniera Latina per suoi<\/i><\/b>, sincope in grazia della rima.\n\n\tLa ragione poi di finger Dante da Erittone adoprato a tal\nuopo Virgilio piu ch'altro soggetto, pu\u00f2 ripetersi o\ndall'eccellenza di Virgilio in poes\u00eca, e dallo aver egli stesso\nmagnificata la virt\u00f9 de' versi per cotali bisogni\n\n     Carmina vel caelo possunt deducere Lunam.<\/i>\n     Carminibus Circe socios mutavit Ulyssi<\/i> \n        [Eclog. 8 v. 69].\n\novvero anche dall'essersi Virgilio nella sua Eneide mostrato\nnotizioso de' luoghi infernali.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sentasi il Mazzoni.<\/i>  \"Io credo, ch'egli [cioè Dante] volesse intendere d'un'altra donna maga, la quale egli finge che fosse dopo la morte de Virgilio, e la nomina Erittone, perché quel nome fu conveniente a tutte le donne venefiche a maghe, come può chiaramente apparere in quel verso d'Ovidio [Epist. Sappho Phaoni<\/i>]: \r\n     Illuc mentis inops, ut quam furialis Erichtho\r\n     Impulit.  Sin quì il Mazzoni.<\/i>\"  [...]. [Rosa Morando, Osserv. sopra l'Inf.<\/i> a questo passo].Forse sarà così: ma potrebb'anche aver Dante intesa la stessissima maga di Lucano, senz'anacronismo, e senza contraddizione veruna. Contansi egli forse tra la guerra Farsalica e la morte di Virgilio più che soli trent'anni [...]? Perché adunque non potè Dante fingere, che sopravvivesse a Virgilio, e che nuovi prodigi operasse colei che sapeva rendere vita anche ai morti?<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1236672","LuogoFonte":"XV 139-140","NotaFonte":"L'ed. delle Heroides curata da H. Bornecque, 1928, legge \"illuc mentis inops, ut quam furialis Enyo \/ attigit\", non \"Illuc mentis inops, ut quam furialis Erichtho \/ Impulit\".","TestoFonte":"illuc mentis inops, ut quam furialis Enyo
attigit","UrlFonte":"http:\/\/www.mqdq.it\/texts\/OV|epis|015","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/filippo-rosa-morando-1751', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"23-24","from":7833.0,"to":7845.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Eroidi"}, {"Annotazione":"Nel qual tu se'<\/i>:\nintende le celesti sfere~; e sincero<\/i> vale puro<\/i>, senza mistura\ndi elementi — in loro essere intero<\/i>, nel compiuto loro essere.\n\n\tPone Dante<\/i> [critica il Venturi] i cieli incorruttibili\nsecondo l' opinione comune di que' tempi sprovvisti di\ncannocchiale<\/i>, e inferisce che sono incorruttibile dall'essere\ncreati<\/i>, la quale \u00e8 un illazione che ne discende assai\nzoppicando.<\/i>\n\n\tPer le scoperte col cannocchiale a questo proposito\nfatte~, non pu\u00f2 il Venturi intendere se non quelle medesime che\ndisse nel canto II. di questa cantica v. 145. dei monti<\/i>,\nvalli<\/i>, pianure<\/i>, laghi<\/i>, fiumi<\/i>, mari<\/i>, isole ec.<\/i> nella\nLuna pretesi. Fra per\u00f2 cotali scoperte~, comunque sieno~, non\nv' \u00e8 quella certamente d'essersi manifestata nella Luna~, od in\nalcun altro pianeta~, sfenditura o guasto veruno.\n\n\tL' illazione poi della incorruttibilit\u00e0 de' cieli non \u00e8\nsemplicemente dall'essere creati<\/i>, ma dall'essere immediatamente\ne compiutamente in loro essere intero<\/i> da Dio creati~: come lo\ndimostra ne' poco anzi riferiti versi~:\n\n Ci\u00f2 che da lei senza mezzo distilla<\/i>\n Non ha poi fine<\/i> [Vers. 67. e segg.~]:\n\n e ben pu\u00f2 cotale illazione validarsi col surriferito detto dell'\n Ecclesiaste~: Didici quod omnia opera~, quae fecit Deus<\/i>, perseverent in\n perpetuum<\/i> [Cap. 3.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
L' illazione poi della incorruttibilità [...] ben può [...] validarsi col surriferito detto dell'Ecclesiaste: Didici quod omnia opera, quae fecit Deus<\/i>, perseverent in perpetuum<\/i> [Cap. 3.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131072","LuogoFonte":"III 14","NotaFonte":"","TestoFonte":"Didici quod omnia opera, quae fecit Deus, perseverent in perpetuum; non possumus eis quidquam addere nec auferre, quae fecit Deus, ut timeatur. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiastes_lt.html#3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"130-132","from":6835.0,"to":6839.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Qoelet"},
{"Annotazione":"Non\npure<\/i>, non solamente, perch\u00e8 disperi di trovar termini valevoli\nad esprimerlo.  — Ma per la mente<\/b> ec.: ma per cagione eziandio\ndella mente<\/b>, della memoria [La mente<\/b> presa dal Poeta nostro\nper la memoria<\/i><\/b>, vedila Inf. II, 8, ed altrove] mia stessa, che\nnon pu\u00f2 tornare a rappresentarselo qual era, se non l'aiuta\nquella grazia medesima che, sollevandola allora sopra delle sue\nforze fece, che lo si rappresentasse.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La mente<\/b> presa dal Poeta nostro per la memoria<\/i>, vedila Inf. II, 8, ed altrove<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"o mente che scrivesti ciò ch'io vidi,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"10-12","from":17264.0,"to":17272.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Non Alessandro Magno<\/i>\n[chiosa il Venturi], come spieg\u00f2 il Landino con altri, e\ntrasport\u00f2 ultimamente il P. d'Aquino<\/i> Pellaeus in unda aestuat\nhac iuvenis; non sembrando probabile, che il Poeta lo ponga in\ntal luogo, e con tal compagnia; ma Alessandro Fer\u00e8o tiranno della\nTessaglia, le cui tirannie descrive Giustino.<\/i>\n\n\tQuesta spiegazione contraria alla comune degli antichi\ncomentatori, misela in campo il primo il Vellutello.  Dal\nVellutello presela il Daniello; ma non prese insieme l'errore di\ncitar Giustino.  Il Venturi si ha fatto suo l'uno e l'altro.\n\n\tNon solamente Giustino non ci dice nulla di Alessandro\nFer\u00e8o [Parla, tra gli altri, di Alessandro Fer\u00e8o Diodoro di\nSicilia ne' libri 15 e 16], ma ci narra crudelt\u00e0 cos\u00ec grandi\nusate da Alessandro Magno verso de' suoi medesimi parenti ed\namici, che e per esse, e pe 'l corto, ma significantissimo\ncarattere, che fa al medesimo Lucano in quel felix praedo<\/i>\n[Pharsal.<\/i> X, 21], pote con giustizia dal poeta nostro\ncollocarsi qu\u00ec tra coloro Che dier nel sangue, e nell'aver di\npiglio<\/i> {v.105}.  Il nome che pone qu\u00ec Dante di Alessandro\nsuccintamente, senz'altro aggiunto, serve d'indizio, che vuolsi\nintendere del pi\u00f9 famoso, ch'\u00e8 certamente il Magno: e il non aver\nDante collocato Alessandro stesso tra gli spiriti magni<\/i> del\nLimbo, \u00e8 una riprova, che riserbasselo per questo luogo.\n\n\tDallo scrivere Dante nel Convito di Alessandro Macedone,\nE chi non \u00e8 ancora col cuore Alessandro per li suoi reali\nbenefici<\/i> [Tratt. IV cap. 10], l'autore della Serie d'Aneddoti\nnum. II<\/i> stampata in Verona 1786, tira conseguenza, che non\npossa Dante qu\u00ec per Alessandro<\/i> intendere il Macedone stesso.\n\n\tPremieramente i reali benefici<\/i> compartiti dal Macedone\na' commilitoni suoi non fanno contraddizione alla taccia di\npredatore<\/i>: poi, se anche contraddicessero, non sarebbe questo\nl'unico luogo dove la Commedia di Dante pugnasse col Convito. \nVedi, per cagion d'esempio, Parad. II, 58 e segg., e VIII, 34.\n\n\tDionisio fero<\/i>, Dionisio tiranno di Siracusa in Sicilia\nnotissimo nelle storie Greche.  Volpi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Parla, tra gli altri, di Alessandro Ferèo Diodoro di Sicilia ne' libri 15 e 16<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q171241","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q672803","LuogoFonte":"XV 95","NotaFonte":"","TestoFonte":"\u1f10π\u1fbd \u1f04ρχοντος δ\u1fbd \u1f08θ\u03aeνησι Νικοφ\u03aeμου τ\u1f74ν \u1f51πατικ\u1f74ν \u1f00ρχ\u1f74ν \u1f10ν \u1fec\u03ceμ\u1fc3 δι\u03adλαβε Γ\u03acιος Σολπ\u03afκιος κα\u1f76 Γ\u03acιος Λικ\u03afνιος. \u1f10π\u1f76 δ\u1f72 το\u03cdτων \u1f08λ\u03adξανδρος μ\u1f72ν \u1f41 Φερ\u1ff6ν τ\u03cdραννος λ\u1fc3στρ\u03afδας να\u1fe6ς \u1f10κπ\u03adμψας \u1f10π\u1f76 τ\u1f70ς Κυκλ\u03acδας ν\u03aeσους, τιν\u1f70ς μ\u1f72ν \u1f10κπολιορκ\u03aeσας πολλ\u1ff6ν σωμ\u03acτων \u1f10κυρ\u03afευσεν, ε\u1f30ς δ\u1f72 τ\u1f74ν Πεπ\u03acρηθον \u1f00ποβιβ\u03acσας μισθοφ\u03ccρους στρατι\u03ceτας \u1f10πολι\u03ccρκει τ\u1f74ν π\u03ccλιν. [2] \u1f08θηνα\u03afων δ\u1f72 βοηθησ\u03acντων το\u1fd6ς Πεπαρηθ\u03afοις, κα\u1f76 στρατηγ\u1f78ν Λεωσθ\u03adνην \u1f00πολιπ\u03ccντων, \u1f10π\u03adθετο το\u1fd6ς \u1f08θηνα\u03afοις: \u1f10τ\u03cdγχανον δ\u1fbd ο\u1f57τοι παραφυλ\u03acττοντες το\u1f7aς \u1f10ν τ\u1ff7 Παν\u03ccρμ\u1ff3 διατρ\u03afβοντας τ\u1ff6ν \u1f08λεξ\u03acνδρου στρατιωτ\u1ff6ν. \u1f00προσδοκ\u03aeτως δ\u1f72 \u1f10πιθεμ\u03adνων τ\u1ff6ν το\u1fe6 δυν\u03acστου, παρ\u03acδοξος ε\u1f50ημερ\u03afα περ\u1f76 τ\u1f78ν \u1f08λ\u03adξανδρον \u1f10γ\u03adνετο. ο\u1f50 μ\u03ccνον γ\u1f70ρ το\u1f7aς \u1f00πεσταλμ\u03adνους \u1f10ν τ\u1ff7 Παν\u03ccρμ\u1ff3 δι\u03adσωσεν \u1f10κ τ\u1ff6ν μεγ\u03afστων κινδ\u03cdνων, \u1f00λλ\u1f70 κα\u1f76 τρι\u03aeρεις μ\u1f72ν \u1f08ττικ\u1f70ς π\u03adντε, μ\u03afαν δ\u1f72 Πεπαρηθ\u03afαν ε\u1f37λε, κα\u1f76 σωμ\u03acτων \u1f10κυρ\u03afευσεν \u1f11ξακοσ\u03afων.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0060.tlg001.perseus-grc3:15.95","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"107","from":11215.0,"to":11221.0,"NomeAutore":"Diodoro Siculo","TitoloFonte":"Bibliotheca historica"},
{"Annotazione":"Non passerebbe<\/i> [eccoti lo\nsgraziato staffile del Venturi] a tutti per buona una tale\ndiscolpa Orazio, che per questo appunto, acci\u00f2 non abbiano dopo\na tremare i poeti, avvertisce<\/i>:\n\n     Sumite materiam vestris qui scribitis aequam<\/i> \n        Viribus, et versate diu quid ferre recusent<\/i>, \n        Quid valeant humeri.<\/i>  \n\nOh veramente prodigio di avvedutezza, che condanner\u00e0 in avvenire\nper sempre questa, e quelle altre simili espressioni de' poeti\nQuis talia fando explicet?  Quis possit verbis aequare dolorem\nec.<\/i>!\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Non passerebbe<\/i> [eccoti lo sgraziato staffile del Venturi] a tutti per buona una tale discolpa Orazio, che per questo appunto, acciò non abbiano dopo a tremare i poeti, avvertisce<\/i>:  \r\n     Sumite materiam vestris qui scribitis aequam<\/i> \r\n        Viribus, et versate diu quid ferre recusent<\/i>, \r\n        Quid valeant humeri.<\/i> <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q703985","LuogoFonte":"38-40","NotaFonte":"","TestoFonte":"sumite materiam vestris, qui scribitis, aequam 
viribus et versate diu, quid ferre recusent,
quid valeant umeri. ","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0893.phi006.perseus-lat1:1-43","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"64-66","from":22756.0,"to":22759.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Ars poetica"}, {"Annotazione":"Pareglio<\/i>, \u00e8 nome sustantivo, che si attribuisce a quella, che\ntal volta in nuvola dipinge il Sole, immagine di se stesso. Qu\u00ec\nper\u00f2 Dante adoperando pareglio<\/i> aggettivamente, dice che bens\u00ec\nDio fa l'altre cose essere pareglie<\/b> di lui; ma che niun'altra\ncosa fa esser Dio pareglio<\/i><\/b> di lei, dipinto cio\u00e8 della propria\nimmagine. L'edizione della Crusca volle in vece leggere fa di\nse pareglio all'altre cose.<\/i> Se per\u00f2 avesse Dante in questo\nverso scritto cos\u00ec, avrebbe nel seguente verso dovuto scrivere E\nnulla face a lui di se pareglio.<\/i> Imperocch\u00e8 trovando noi che\nspessissime volte accompagna Dante il dativo lui<\/i><\/b> col segno a<\/i><\/b>,\ndove anche senza di cotal segno farebbe il senso abbastanza\ncapire essere il lui<\/b> di dativo caso [Per cagion d'esempio Purg.\nXXX in quel verso 122 Mostrando gli occhi giovinetti a lui<\/i>],\nmolto pi\u00f9 si dee credere che avrebbevelo qu\u00ec aggiunto dove vi\nsarebbe abbisognato.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
lui<\/b> di dativo caso [Per cagion d'esempio Purg. XXX in quel verso 122 Mostrando gli occhi giovinetti a lui<\/i>],<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXX 122","NotaFonte":"","TestoFonte":"mostrando li occhi giovanetti a lui,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=64&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"107-108","from":26114.0,"to":26130.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Pi\u00f9 che Re<\/i>, o pe 'l\nsacerdotale vestimento ephod<\/i>, che intende il Poeta portassesi\nDavide in quel caso<\/b>, in quell'atto [come d'averlo portato ne\nassicura il sacro testo: porro David erat accinctus ephod lineo<\/i><\/b>\n[Nel precit. luogo]], ovvero per l'eroismo d'amore verso Dio, e\ndi umilt\u00e0: men che Re per la stessa umilt\u00e0 dal volgo mal intesa.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Più che Re<\/i>, o pe 'l sacerdotale vestimento ephod<\/i>, che intende il Poeta portassesi Davide in quel caso<\/b>, in quell'atto [come d'averlo portato ne assicura il sacro testo: porro David erat accinctus ephod lineo <\/i>[Nel precit. luogo]], ovvero per l'eroismo d'amore verso Dio, e di umiltà: men che Re per la stessa umiltà dal volgo mal intesa.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q19140595","LuogoFonte":"VI 14","NotaFonte":"","TestoFonte":"et David saltabat totis viribus ante Dominum. Porro David erat accinctus ephod lineo.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ii-samuelis_lt.html#6","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"66","from":9588.0,"to":9594.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":"Secondo libro di Samuele"},
{"Annotazione":"Preghiera al Sole<\/i> [chiosa\nil Venturi] empia a prenderla in senso proprio.  Per ridurla a\nbuon senso, conviene intendere il Sole divino, che ha le sue\nperfezioni, e grazie per raggi.<\/i>  Anche per\u00f2 basta intendere, che\nsuppone Dante essere il lume del Sole un riverbero della stessa\ndivina luce raggiante nelle intelligenze.  Vedi ci\u00f2 ch'\u00e8 riferito\nnel IV di questa cantica v. 61  — tu ne conduci<\/b>, ottativo,\nquinc'entro<\/b> non vale n\u00e8 qu\u00ec<\/i><\/b>, n\u00e8 qua<\/i>, n\u00e8 in questo luogo<\/i>,\ncome spiegano il Volpi e 'l Venturi, ma per entro questo luogo.<\/i> \nLa particella quinci<\/i><\/b> a significare per questo luogo<\/i><\/b>\nadoperala, tra gli altri [Vedi 'l Vocabolario della Crusca],\nDante stesso in quel verso\n\n     Quinci non pass\u00f2 mai anima buona<\/i> \n     [Inf. III, 127]:\n\ned al medesimo significato richiedela qu\u00ec 'l retto senso — come\ncondur si vuol<\/b>, cio\u00e8, si dee, si conviene, bisogna.  Volpi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Basta intendere, che suppone Dante essere il lume del Sole un riverbero della stessa divina luce raggiante nelle intelligenze.  Vedi ciò ch'è riferito  nel IV di questa cantica v. 61.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IV 61-63","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ond'elli a me: \"Se Castore e Poluce
fossero in compagnia di quello specchio
che sù e giù del suo lume conduce","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=38","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16-19","from":12204.0,"to":12207.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Prendete guardia che niuno sia profano\ncome Esau, il quale per una vivanda vendetta la sua ragione di\nprimogenitura.<\/i> Ad Ebr. XII, 16.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Prendete guardia che niuno sia profano come Esau, il quale per una vivanda vendette la sua ragione di primogenitura.<\/i>  Ad Ebr. XII, 16.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128608","LuogoFonte":"12, 16","NotaFonte":"","TestoFonte":"ne quis fornicator aut profanus ut Esau, qui propter unam escam vendidit primogenita sua.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-hebraeos_lt.html#12","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"21","from":5117.0,"to":5118.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera agli Ebrei"},
{"Annotazione":"Quando vi sono cose assai, esse\naccrescono la vanit\u00e0<\/i>, Eccl. VI, 11.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Quando vi sono cose assai, esse accrescono la vanità<\/i>, Eccl. VI, 11<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131072","LuogoFonte":"5, 10-11 [Nova vulgata 5, 9-10]","NotaFonte":"Il riferimento corretto non \u00e8 a Eccle 6, bens\u00ec a Eccle 5","TestoFonte":"Qui diligit pecuniam, pecunia non implebitur; et, qui amat divitias, fructum non capiet ex eis; et hoc ergo vanitas. 
Ubi multae sunt opes, multi et qui comedunt eas; et quid prodest possessori, nisi quod cernit divitias oculis suis? ","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiastes_lt.html#5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"99","from":722.0,"to":725.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Qoelet"}, {"Annotazione":"Rancio<\/i>, cio\u00e8 arancio,\naranciato appella il colore di quelle cappe, per averle dette di\nfuor dorate<\/i> {v.64}, e per essere il color dell'arancia simile a\nquel dell'oro [d'onde l'arancia stessa \u00e8 dai Latini appellata\nmalum aurantium<\/i>]. Per la medesima ragione dir\u00e0 nel Purg. che\nle guance dell'Aurora per troppa etade divenivan rance<\/i> [Purg.\nII, 7 e segg.].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Rancio<\/i>, cioè arancio, aranciato appella il colore di quelle cappe, per averle dette di fuor dorate<\/i> {v.64}, e per essere il color dell'arancia simile a quel dell'oro [d'onde l'arancia stessa è dai Latini appellata malum aurantium<\/i>].  Per la medesima ragione dirà nel Purg. che le guance dell'Aurora per troppa etade divenivan rance<\/i> [Purg. II, 7 e segg.].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. II 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"per troppa etate divenivan rance<\/strong>.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=36&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100","from":22163.0,"to":22166.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Rincalzare<\/i> per mettere attorno\nsostegni; o per far largo a chi passa, tenendo indietro la turba;\nche Tibullo nella 5 elegia del I libro disse efficere viam.<\/i>  Lo\nstesso.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Rincalzare<\/i> per mettere attorno sostegni; o per far largo a chi passa, tenendo indietro la turba; che Tibullo nella 5 elegia del I libro disse efficere viam.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q109598","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3694159","LuogoFonte":"I v 64","NotaFonte":"","TestoFonte":"Subicietque manus efficietque viam, ","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0660.phi001.perseus-lat1:1.5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"130","from":21145.0,"to":21147.0,"NomeAutore":"Albio Tibullo","TitoloFonte":"Corpus Tibullianum"},
{"Annotazione":"Sequere me<\/i>: cos\u00ec nel Vangelo di\ns. Giovanni c. 21.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sequere me<\/i>: così nel Vangelo di s. Giovanni c. 21.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"XXI 19","NotaFonte":"","TestoFonte":"Hoc autem dixit significans qua morte clarificaturus esset Deum. Et hoc cum dixisset, dicit ei: “ Sequere me ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#21","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"93","from":18133.0,"to":18140.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"Smagare e dismagare<\/i> [verbi adoperati\ndal poeta nostro sovente [Purg. III, 11 X, 106, XIX, 20, XXVII,\n104, Par. III, 36] e da altri scrittori [Vedi 'l Vocab. della\nCrusca.]] pare che in ogni esempio ove s'incontrano significhino\nlo stesso che smarrire<\/i>, far perdere<\/i>, o simile.  Qu\u00ec,\nincominciando, animo smagato<\/b>, no pare che possa significar\naltro che animo smarrito.<\/i><\/b>  Dell'origine del verbo smagare<\/i>\nvedi, lettore, se vuoi, la terza annotazione dell'ab. Quadrio al\nCredo<\/i> del poeta nostro.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Smagare e dismagare<\/i> [verbi adoperati dal poeta nostro sovente [Purg. III, 11 X, 106, XIX, 20, XXVII, 104, Par. III, 36] e da altri scrittori [Vedi 'l Vocab. della Crusca.]] pare che in ogni esempio ove s'incontrano significhino lo stesso che smarrire<\/i>, far perdere<\/i>, o simile.  Quì, incominciando, animo smagato<\/b>, no pare che possa significar altro che animo smarrito.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. III 11","NotaFonte":"","TestoFonte":"che l'onestade ad ogn'atto dismaga,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=37&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"146","from":24688.0,"to":24689.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Venire<\/i> qu\u00ec per arrivare<\/i> —\nlo scaglion primaio<\/b>, il primo e pi\u00f9 basso gradino — Bianco\nmarmo era s\u00ec<\/b> ec.  Essendo questa la porta del Purgatorio insieme\ne del Paradiso, restando, come in progresso si pu\u00f2 vedere, sempre\ndi poi libero il varco, finge Dante perci\u00f2 trovarsi ed adoprarsi\nqu\u00ec le chiavi consegnate da Ges\u00f9 Cristo a s. Pietro, appellate da\nCristo medesimo claves regni caelorum<\/i><\/b> [Matth.<\/i> 16, 19].  Ma\ncome per cotali chiavi dichiara in seguito il Salvatore\nintendersi l'autorit\u00e0 di sciogliere e di legare nella sacramental\nconfessione, et quodcumque ligaveris super terram erit ligatum\net in caelis, et quodcumque solveris<\/i> ec., per\u00f2 per tre diversi\ngradini simboleggia il Poeta quant'\u00e8 necessario acci\u00f2 possa\nl'uomo per la sacramental confessione godere del benefizio delle\nchiavi.  Lo adunque specchiante liscio del grado primiero\nsimboleggia il riconoscimento delle proprie colpe, e 'l candore,\nla sincerit\u00e0 della confessione delle medesime, — qual'io paio<\/i><\/b>,\nquale veramente io apparisco<\/b>, diverso da quello che l'amor\nproprio mi fa ingannevolmente credere ch'io paia.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Essendo questa la porta del Purgatorio insieme e del Paradiso, restando, come in progresso si può vedere, sempre di poi libero il varco, finge Dante perciò trovarsi ed adoprarsi quì le chiavi consegnate da Gesù Cristo a s. Pietro, appellate da Cristo medesimo claves regni caelorum<\/i> [Matth.<\/i> 16, 19].  Ma come per cotali chiavi dichiara in seguito il Salvatore intendersi l'autorità di sciogliere e di legare nella sacramental confessione, et quodcumque ligaveris super terram erit ligatum et in caelis, et quodcumque solveris<\/i> ec., però per tre diversi gradini simboleggia il Poeta quant'è necessario acciò possa l'uomo per la sacramental confessione godere del benefizio delle chiavi.  Lo adunque specchiante liscio del grado primiero simboleggia il riconoscimento delle proprie colpe, e 'l candore, la sincerità della confessione delle medesime.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XVI 19","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tibi dabo claves regni caelorum; et quodcumque ligaveris super terram, erit ligatum in caelis, et quodcumque solveris super terram, erit solutum in caelis ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#16","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-96","from":8738.0,"to":8741.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"Vini usus<\/i> [attesta\nValerio Massimo [Lib. 2 cap. 1]] olim Romanis feminis ignotus\nfuit, ne scilicet in aliquod dedecus prolaberentur.<\/i>  —\nDaniello dispregi\u00f2 cibo ed<\/b> ec.  Avendo Daniello coi tre\nfanciulli compagni pregato ed ottenuto di pascersi di legumi in\nvece di regie vivande destinate loro dal Re di Babilonia\nNabucodonosor, Pueris his<\/i><\/b> [aggiunge il sacro testo [Dan.<\/i> 1 v.\n17]] dedit Deus scientiam, et disciplinam in omni libro, et\nsapientia: Danieli autem intelligentiam omnium visionum, et\nsomniorum.<\/i>  Bene adunque dice Dante che dispregiando Daniello il\nregal cibo acquistasse da Dio sapere — savere<\/i><\/b> per sapere<\/i><\/b>\nadoprato da altri autori di Lingua vedilo nel Vocabolario della\nCrusca.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vini usus<\/i> [attesta Valerio Massimo [Lib. 2 cap. 1]] olim Romanis feminis ignotus fuit, ne scilicet in aliquod dedecus prolaberentur.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q379991","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3738259","LuogoFonte":"II i 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vini usus olim Romanis feminis ignotus fuit, ne scilicet in aliquod dedecus prolaberentur, quia proximus a Libero patre intemperantiae gradus ad inconcessam uenerem esse consueuit.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1038.phi001.perseus-lat1:2.1.5","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"145-147","from":22554.0,"to":22557.0,"NomeAutore":"Valerio Massimo","TitoloFonte":"Factorum et dictorum memorabilium libri IX"},
{"Annotazione":"arsenale<\/i> fan derivare\ndal bizantino\n%alpha%rho%sigma%epsilon%nu%\u00e1lpha%lambda%eta%varsigma\\ e\ndall'arabo d\u00e2r\u00e7anah<\/i> (che vorrebbe dire casa d'industria o\nd'arti, onde la darsena<\/i> de' Genovesi, porto interno delle\ngalere).  Il Barozzi, Veneziano, crede che lez. vera, seguita da\nalcuni, sia arsen\u00e0<\/i>, che tuttavia si sente a Venezia. \nL'Arsenale di Venezia, del quale parla il Poeta, non \u00e8 l'attuale\n(che fu costrutto nel 1337 su disegni di Andrea da Pisa), sibbene\nil vecchio, eretto nel 1104, come si crede, e ingrandito nel\n1303.  Anche a non voler tenere in alcun conto l'Epistola a Guido\nNovello attribuita a Dante, in data di Venezia 30 Marzo 1314 (con\nche al Signor di Ravenna si rende conto d'una certa ambasceria, e\nnella quale s\u00ec vituperevoli cose si dicono de' Veneziani e del\nloro governo), si pu\u00f2 tenere per fermo che il Poeta vide Venezia\ne il suo arsenale, forse nel 1306 quando fu a Padova, ma certo\nnel 1321, quando ci fu pel signor di Ravenna; nel qual viaggio, a\nRavenna ritornando, contrasse, secondo alcuni, quella malattia, \nche lo men\u00f2 al sepolcro.  — L'inverno<\/b>, come stagione pi\u00f9\nacconcia alle riparazioni delle navi e meno adatta al navigare. \n— Tenace pece<\/b> (cos\u00ec anche nell'Inf.<\/i><\/b>, XXXIII, 143); tenace<\/i><\/b>, \nche invisca<\/i> (v. 18), cio\u00e8 che come vischio s'attacca.  —\nRimpalmar<\/b>, nuovamente impalmare di pece, impeciare di nuovo i\nbastimenti che soffersero de' guasti.  \u00c8 bella d'arte e vivissima\ndi appropriato colorito la comparazione, che trae dalle varie\noperazioni che si compiono simultanee nell'Arsenale; onde, in\ntutte le particolarit\u00e0, che accenna il Poeta, maggiore \u00e8 la\ngiunta che la derrata della comparazione<\/i><\/b>, nota il Castelvetro, \nperciocch\u00e8 non facendo bisogno a Dante se non della pece\ndell'arzan\u00e0, ha compreso ancora nella comparazione il fare delle\nnavi nuove, il far de' remi, il ristoppare e il battere e 'l far\nsarte e vele; le quali cose non hanno da far con la pece, se non\nche si fanno in quel luogo ed in quel tempo, dove e quando la\npece bolle.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
L'Arsenale di Venezia, del quale parla il Poeta, non è l'attuale (che fu costrutto nel 1337 su disegni di Andrea da Pisa), sibbene il vecchio, eretto nel 1104, come si crede, e ingrandito nel 1303.  Anche a non voler tenere in alcun conto l'Epistola a Guido Novello attribuita a Dante, in data di Venezia 30 Marzo 1314 (con che al Signor di Ravenna si rende conto d'una certa ambasceria, e nella quale sì vituperevoli cose si dicono de' Veneziani e del loro governo), si può tenere per fermo che il Poeta vide Venezia e il suo arsenale, forse nel 1306 quando fu a Padova, ma certo nel 1321, quando ci fu pel signor di Ravenna; nel qual viaggio, a Ravenna ritornando, contrasse, secondo alcuni, quella malattia, che lo menò al sepolcro. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3730666","LuogoFonte":"","NotaFonte":"L'epistola cui Poletto allude \u00e8 qualificata come incerta per attribuzione nel volume che solitamente il commentatore consulta per le opere latine del poeta: cfr. \"Le opere latine di Dante Allighieri\", a cura di G. Giuliani, vol. II, Firenze, Le Monnier, 1882, pp. 72-73. ","TestoFonte":"","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=CWhrGTxFMEgC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-9","from":19380.0,"to":19399.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Epistole"},
{"Annotazione":"che\nec.  Prava<\/i> appella l' Italica terra<\/i>, l'Italia~, per ci\u00f2 che\ndisse Purg. VI. 124.  e segg.\n\n     Che le terre d'Italia tutte piene\n      Son di tiranni<\/i>, ed un Marcel diventa\n      Ogni villan<\/i>, che parteggiando viene<\/i>:\n\ne per la parte d'Italia<\/i>, che siede<\/i>, che stendesi intra\nRialto<\/i> [principale contrada di Venezia per la citt\u00e0 stessa~],\ne le fontane di Brenta<\/i>, e di Piava<\/i> [due fiumi che scendono\ndalle alpi dividenti l'Italia dalla Germania~, e mettono nel\ngolfo di Venezia~], tutta intende quella lista di terra~, che tra\nessi divisati termini si estende~: e male il Venturi al canto\ndell'Inf. XX. 65.  intendendo~, che con gl'indicati termini\nvoglia Dante segnare la situazione del solo castello di Romano\nBassanese~, patria del tiranno Ezzelino~, passa quindi a\nsentenziare~, che proceda il Poeta nostro per termini distanti\nassai<\/i>, e con istile geog rafico poco scrupoloso.<\/i>  Potrebbe il\nVenturi giustificarsi quando non avesse Dante detto altro se\nnon~, intra Rialto e le fontane di Brenta<\/i>, e di Piava si leva\nun colle ec.<\/i>: ma premettendo In quella parte della terra\nItalica<\/i>, fa conoscere che i termini~, che aggiunge~,\nappartengono a segnare~, non Romano precisamente~, ma tutta la\nestensione di terreno ch'era sotto la giurisdizione di Romano.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Prava<\/i> appella l' Italica terra<\/i>, l'Italia, per ciò che disse Purg. VI. 124.  e segg.\r\n     Che le terre d'Italia tutte piene\r\n      Son di tiranni<\/i>, ed un Marcel diventa\r\n      Ogni villan<\/i>, che parteggiando viene<\/i>:<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VI 124-126","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ché le città d'Italia tutte piene
son di tiranni, e un Marcel diventa
ogne villan che parteggiando viene.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=40","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25-27","from":8191.0,"to":8211.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"che di\u00e8 Cristo<\/i>, intendono gli\nespositori comunemente quello che di\u00e8 Cristo al giovanetto~, Si\nvis perfectus esse<\/i>, vade<\/i>, vende quae habes<\/i>, et da\npauperibus~ [Matth.<\/i> 19.]. E manifestossi in s. Domenico il\nprimo amore<\/i> a cotale divino consiglio~, perciocch\u00e8<\/i> [dice il\nLandino] essendo ancor giovanetto a studio<\/i>, vend\u00e8 i libri e\nci\u00f2 che avea<\/i>, et in gran carestia distribu\u00ec ai poveri. Il\nche intendendo il Vescovo lo fece Canonico Regolare.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
che diè Cristo<\/i>, intendono gli espositori comunemente quello che diè Cristo al giovanetto, Si vis perfectus esse<\/i>, vade<\/i>, vende quae habes<\/i>, et da pauperibus [Matth.<\/i> 19.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XIX 21","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ait illi Iesus: “ Si vis perfectus esse, vade, vende, quae habes, et da pauperibus, et habebis thesaurum in caelo; et veni, sequere me ”. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#19","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': '', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"75","from":11611.0,"to":11613.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"che ec.<\/i>\nManifesta Dante l' intendimento suo~, che l' Osanna<\/i> catato da\nquesti spiriti [come avvis\u00f2 nel precedente canto v. 29.] cantato\nfosse da loro insieme coi Serafini.  Fuochi pii<\/i> appella i\nSerafini dall'etimologia del nome~; imperocch\u00e8 seraph<\/i>, come\nspiega Suida [Citato dal Laurenti nell' Amalthea Onomastica<\/i>\nalla voce Seraphim.<\/i>~], significa urens.<\/i>  Aggiunge farsi i\nmedesimi cucculla<\/i> [veste monacale per veste ampia<\/i>] di sei\nali<\/i>, per la descrizione che d' medesimi Serafini fa il profeta\nIsaia [Cap. 6.].  Cocolla<\/i>, e non cuculla<\/i>, avvisa 'l Venturi~,\nscrive la Crusca<\/i>: ma se non era diversa la Crusca ai tempi del\nVenturi dalla odierna~, scrive questa l' uno e l'altro.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Manifesta Dante l' intendimento suo, che l' Osanna<\/i> catato da questi spiriti [come avvisò nel precedente canto v. 29.] cantato fosse da loro insieme coi Serafini. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. VIII 29","NotaFonte":"","TestoFonte":"sonava \"Osanna\" sì, che unque poi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=75&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"77-78","from":8561.0,"to":8575.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"che vuole ec.\nVirt\u00f9<\/i>, che vuole<\/i> appella Dante la volont\u00e0 anche Purg. XXI.\nv. 105.  e segg.\n\n        Ma non pu\u00f2 tutto la virt\u00f9 che vuole<\/i>:\n     Che riso e pianto son tanto seguaci\n        Alla passion<\/i>, da che ciascun si spicca<\/i>,\n        Che men seguon voler ne' pi\u00f9 veraci.<\/i>\n\nMancando di questo avviso tutti gl'interpreti da me veduti\nintralciano qu\u00ec 'l senso chiosando~, che la virt\u00f9 voglia a suo\nprode freno<\/i>: spiegazione in cui non si sa con che connettersi il\nverbo soffrire.  L' appetito<\/i> [dice il Volpi in corto quant'\naltri pi\u00f9 diffusamente dicono~], il quale ricerca d'esser\nfrenato per sua utilit\u00e0<\/i>, viena da Dante chiamato<\/i> Virt\u00f9 che\nvuole freno a suo prode.\n\n\tEcco dunque come brevemente io spieo.  Quell'uom che non\nnacque<\/i> [Adamo~, perciocch\u00e8 creato da Dio immediatamente] per\nnon soffrire alla virt\u00f9 che vuole<\/i> [alla volont\u00e0] freno<\/i>\n[posto~, intendi~, da Dio col comando di non mangiare del\nfrutto~, che disubbidientemente mangi\u00f2] a suo prode<\/i> [a pro\ndell'uomo stesso~: perocch\u00e8 per quella leggiera obbedienza\nvoleva Iddio confermarlo nella sua grazia~, esso con tutta sua\ndiscendenza~, rendendolo esente da morte e da ogni altro male\nqu\u00ec 'n terra~, e della eterna gloria assicurandolo in cielo~],\nDannando se dann\u00f2 tutta sua prole.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Virtù<\/i>, che vuole<\/i> appella Dante la volontà anche Purg. XXI v. 105.  e segg.\r\n        Ma non può tutto la virtù che vuole<\/i>:\r\n     Che riso e pianto son tanto seguaci\r\n        Alla passion<\/i>, da che ciascun si spicca<\/i>,\r\n        Che men seguon voler ne' più veraci.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXI 105-108","NotaFonte":"","TestoFonte":"ma non può tutto la virtù che vuole;
ché riso e pianto son tanto seguaci
a la passion di che ciascun si spicca,
che men seguon voler ne' più veraci.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=55","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25-27","from":6093.0,"to":6116.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"chiamata ec.<\/i>: la Vergine Maria\ninvocata da mia madre ne' dolori del parto. Cos\u00ec [dice il\nVenturi] era il pio costume di quei tempi~, e per\u00f2 nella cantica\ndel Purgatorio al canto XX. v. 19.\n\n E per ventura ud\u00ec<\/i>, dolce Maria<\/i>,\n Dinanzi a noi chiamar cos\u00ec nel pianto<\/i>,\n Come fa donna che 'n partorir sia.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Così [dice il Venturi] era il pio costume di quei tempi, e però nella cantica del Purgatorio al canto XX.  v. 19.\r\n     E per ventura udì<\/i>, dolce Maria<\/i>,\r\n        Dinanzi a noi chiamar così nel pianto<\/i>,\r\n        Come fa donna che 'n partorir sia.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XX 19-21","NotaFonte":"","TestoFonte":"e per ventura udi' \"Dolce Maria!\"
dinanzi a noi chiamar così nel pianto
come fa donna che in parturir sia;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=54&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"133","from":15012.0,"to":15015.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"corruttibile ancora ad immortale\nsecolo<\/i>, qu\u00ec: nel paradiso. — Io conosco un uomo in Cristo, il\nquale<\/i> — — f\u00f9 rapito<\/i> — — fino al terzo cielo. E so che\nquel tal uomo<\/i> — — f\u00f9 rapito in paradiso, e ud\u00ec parole\nineffabili.<\/i> II ai Cor. XII, 2-4. — Lo vas d'Elezione<\/b>,\nl'Apostolo san Paolo, del quale il Signore disse: costui mi \u00e8 un\nvaso eletto (Vas electionis); Act. IX, 15.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Io conosco un uomo in Cristo, il quale<\/i> — — fù rapito<\/i> — — fino al terzo cielo.  E so che\r\nquel tal uomo<\/i> — — fù rapito in paradiso, e udì parole ineffabili.<\/i>  II ai Cor. XII, 2-4<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q123808","LuogoFonte":"12, 2-4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Scio hominem in Christo ante annos quattuordecim — sive in corpore nescio, sive extra corpus nescio, Deus scit — raptum eiusmodi usque ad tertium caelum. 
Et scio huiusmodi hominem — sive in corpore sive extra corpus nescio, Deus scit —
quoniam raptus est in paradisum et audivit arcana verba, quae non licet homini loqui.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-ii-corinthios_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"28","from":1192.0,"to":1193.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Seconda lettera ai Corinzi"}, {"Annotazione":"di caro ec.<\/i> Costruz.~, fermi<\/i>,\nmi fero~, mi fecero~, certificato di caro<\/i>, di grazioso~,\nassenso al mio dis\u00eco<\/i>, come pria<\/i>, come cio\u00e8 quando alla\nmedesima Beatrice chiese licenza di parlare a Carlo Martello~,\nnel canto precedente [Vers. 40. e segg.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
come pria<\/i>, come cioè quando alla medesima Beatrice chiese licenza di parlare a Carlo Martello, nel canto precedente [Vers. 40.  e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. VIII 40-42","NotaFonte":"","TestoFonte":"Poscia che li occhi miei si fuoro offerti
a la mia donna reverenti, ed essa
fatti li avea di sé contenti e certi,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=75&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"17-18","from":8135.0,"to":8137.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"e lucemi da lato<\/i>; cos\u00ec la\nNidob. e pi\u00f9 di una trentina di testi veduti dagli Accademici\ndella Cr.~, ove tutte~, quanto veggo~, l'altre edizioni leggono\nRaban \u00e8 quivi<\/i>, e lucemi dal lato.<\/i> Per Rabano<\/i> intendo col\nVenturi Rabano Mauro Tedesco~, rinomato scrittore del nono\nsecolo~, e non col Landino ed altri~, certo Rabano Inglese<\/i>,\nfratello del venerabile Beda~ — lucemi da lato.<\/i> Avendo s.\nBonaventura nell'ordinatamente nomare que' suoi beati compagni\nincominciato da uno che gli era a lato~, doveva l'ultimo~,\nGiovacchino<\/i>, essergli parimente da lato. Calavrese<\/i> appella\nl'Abate Gioacchino~, perocch\u00e8 Calavra<\/i> in vece di Calabria\nscrivevano gli antichi Toscani [Vedi~, tra gli altri Gio.\nVillani Cron.<\/i> lib. 3. cap. 4.~], ed egli era di Calabria~:\nIoachim<\/i> [scrive di lui Natale Alessandro] Florensis monasterii\nin Calabria<\/i>, unde oriundus erat<\/i>, abbas ordinis\nCisterciensis<\/i>, vir pius<\/i>, et vaticiniis etiam suis prophetae\nfamam quodam modo assecutus~ [Hist. Eccles. saec.<\/i> XIII. cap.\n3. art. 3.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Calavra <\/strong><\/em>in vece di Calabria scrivevano gli antichi Toscani [Vedi, tra gli altri Gio. Villani Cron.<\/i>  lib. 3.  cap. 4], ed egli era di Calabria<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"IV 4","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 65 (III 4).","TestoFonte":"E in questo tempo i Saracini passaro in Italia, e guastaron Puglia e Calavra,","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"139-141","from":12050.0,"to":12064.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"e pi\u00f9 ec.<\/i>  Costruzione.\nLa pianta<\/i>, che prima avea le ramora s\u00ec sole<\/i>, dispogliate\nd'ogni fiore e fronda~, s' innov\u00f2<\/i>, aprendo<\/i>, mettendo fuori~,\ncolore<\/i> [per fiori<\/i>, metonimia] men che di rose<\/i>, e pi\u00f9 che\ndi viole.<\/i>  Figurando Dante nell'appressarsi del misterioso\ngrifone all'albero~, e nel legare il carro~, o sia la Pontificia\ncattedra~, ad esso~, l'impiantameto della Chiesa di Ges\u00f9 Cristo\nnell'universale Romano Impero~, e riputandosi misticamente la\nChiesa uscita dall'apertura fatta con lancia nel costato del\nmorto Redentore [Vedi tra gli altri s.  Gio.  Grisost.  Hom.<\/i>\n84.~], dee perci\u00f2 il Poeta nel determinare il colore a questi\nper cotal cagione dall'albero prodotti fiori aver appresa norma\nda quel parlare attribuito a s.  Bernardo [D' altro pio autore\ncredele Mabillon~, note a s.  Bernardo.] Inspice lateris\naperturam<\/i>, quia nec illa caret rosa<\/i>, quamvis ipsa subrubea\nsit propter mixturam aquae<\/i> [Lib. I. di Pass.  Domini<\/i> cap.\n41.~]; e dee voler dire~, che il colore de' fiori prodotti da\nquell'albero fosse un rosso [all'intendimento del color rosso ne\ndeterminano bastantemente le parole men che di rose<\/i>] meno\nvivace di quello della rosa~, e pi\u00f9 vivace di quello che\nmischiasi all'azzurro nella viola mammola — Ramora<\/i> per rami<\/i>\ndetto pure da altri antichi Toscani vedilo nel Vocabolario della\nCrusca [Alla voce Ramo.<\/i>].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
riputandosi misticamente la Chiesa uscita dall'apertura fatta con lancia nel costato del morto Redentore [Vedi tra gli altri s.  Gio.  Grisost.  Hom. <\/i>84]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43706","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/quales-ducendae-sint-uxores","LuogoFonte":"3","NotaFonte":"PG 51 col. 229","TestoFonte":"Postquam enim Christus in crucem sublatus et affixus exspiravit, “Accedens unus militum pupugit latus illius, et exiit inde sanguis et aqua” (Io., 19 54): et ex illa aqua et sanguine tota constat Ecclesia","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=CgwRAAAAYAAJ&pg=RA1-PA229&dq=Postquam+enim+Christus+in+crucem+sublatus+et+affixus+exspiravit&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&sa=X&ved=2ahUKEwiFwtPcy8P3AhVtSvEDHZmTBooQ6AF6BAgEEAI#v=onepage&q=Postquam%20enim%20Christus%20in%20crucem%20sublatus%20et%20affixus%20exspiravit&f=false","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"58-60","from":32317.0,"to":32321.0,"NomeAutore":"Giovanni Crisostomo","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"e transumanare<\/i> [spiega il\nVocabolario della Crusca], passare dall'umanit\u00e0 a grado di\nnatura pi\u00f9 alto.<\/i>  Costruzione.  Non si por\u00eca<\/b>, non si potrebbe\n[Vedi 'l Prospetto di verbi Tosc.<\/i><\/b> sotto il verbo potere<\/i> n. 9]\nper verba<\/i><\/b>, per parole, significare<\/b>, dar a capire,\ntrasumanare<\/b> [lasciato l'articolo] il trasumanare.  Per verba\nsono voci Latine<\/i><\/b>, chiosa il Volpi, e parole Latine prette<\/i>\nchiosa il Venturi.  Trovando noi per\u00f2 verbo<\/i> e verbi<\/i> per\nparola<\/i> e parole<\/i> essersi anticamente in versi ed in prosa\nadoprato [Vedi 'l Voc. della Cr.], e trovando in oltre scritto da\nFra Iacopone\n\n     O mia vita maladetta<\/i>,\n         . . . . . . . . . . . . . .\n        Che sprezz\u00f2 leggi e statuti<\/i>,\n        E di Dio le sante verba<\/i>!\n         [Cit. nel Voc. della Crusca alla voce verbo<\/i>]\n\ncredo io perci\u00f2 che verbi<\/i><\/b> e verba<\/i><\/b> italianamente si dicessero,\ncome si dicono peccati<\/i> e peccata<\/i>, corni<\/i> e corna<\/i>, sacchi<\/i>\ne sacca<\/i> ec.; ed ho per questo motivo tolto il carattere\ncorsivo, col quale l'edizioni moderne hanno voluto che le parole\nper verba<\/b>, come Latine, dalle altre si distinguessero.  —\nper\u00f2 l'esempio<\/b> ec. ellissi il di cui pieno sarebbe: per\u00f2 basti\nper ora l'esempio di Glauco; che la sola esperienza, a chi la\ndivina grazia concederalla, potr\u00e0 farlo chiaramente capire.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Trovando noi però verbo<\/i> e verbi<\/i> per parola<\/i> e parole<\/i> essersi anticamente in versi ed in prosa adoprato [Vedi 'l Voc. della Cr.], e trovando in oltre scritto da Fra Iacopone\r\n     O mia vita maladetta<\/i>,\r\n         . . . . . . . . . . . . . .\r\n        Che sprezzò leggi e statuti<\/i>,\r\n        E di Dio le sante verba<\/i>!\r\n         [Cit. nel Voc. della Crusca alla voce verbo<\/i>]\r\ncredo io perciò che verbi<\/i> e verba<\/b> italianamente si dicessero<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q317267","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3827677","LuogoFonte":"XXVIII 31-33","NotaFonte":"Lombardi cita dal Vocabolario della Crusca. Cfr. http:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=VERBO","TestoFonte":"O vita mea emmaledetta villana engrata soperba!Sprezzanno la vita celesta a dDeo stata so' sempre acerba,rompenno leg'e statute, le so santisseme verba<\/strong>","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000640","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"70-72","from":482.0,"to":483.0,"NomeAutore":"Jacopone da Todi","TitoloFonte":"Laude"},
{"Annotazione":"ed a voler quetarsi.<\/i>  Non\npotendo qu\u00ec tra noi ottenersi che molti uomini~, insieme\nmoventisi~, tutti nello stesso punto di tempo si fermino~, se non\nper riguardare ciscuno di essi ad un capo regolatore~, e seguire\nla volont\u00e0 di quello~; vuole Dante inteso che~, diversmente tra\nquelli spiriti accadendo~, tutti in un punto si fermassero per\npropria armonica volont\u00e0~: e questo vuol dire insieme a punto\ned a voler<\/i>, insieme cio\u00e8 e quanto al tempo~, e quanto alla\nvolont\u00e0.  Per maggiore chiarezza preferisco di leggere con\nalcune edizioni [Vedi~, tra le altre~, l'edizioni di Venezia\n1568. 1578.] a punto<\/i>, piuttosto che appunto<\/i> con altre [L'\nedizione degli Accademici della Crusca~, ed altre prima e dopo di\nquella.].  Quetarsi<\/i> poi leggo colla Nidob.  ed altre ediz.~, e\nno quietarsi<\/i> colla edizione della Crusca~, perocch\u00e8 veggo che\nquesta stessa altrove legge sempre quetare<\/i>, e non 6quietare~\n[Vedi per cagion d' esempio Inf. XXXIII. 64.~, Purg. v. 48.~,\nPar. XXX. 52.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Quetarsi<\/i> poi leggo colla Nidob.  ed altre ediz., e no quietarsi<\/i> colla edizione della Crusca, perocchè veggo che questa stessa altrove legge sempre quetare<\/i>, e non 6quietare~ [Vedi per cagion d' esempio Inf. XXXIII. 64., Purg. v. 48., Par. XXX. 52.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIII 64","NotaFonte":"","TestoFonte":"Queta'mi allor per non farli più tristi;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=63&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25","from":11251.0,"to":11254.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"ed hai ec.<\/i>  Costruzione.  Tu\ndubbi<\/i>, ed hai voler<\/i>, brama~, che lo dicer mio<\/i>, il mio\nparlare~, ove<\/i>, l\u00e0 dove~, dinanzi dissi<\/i>, u' ben s'im pingua<\/i>\n[sottointendi il rimanente di quel verso cio\u00e8 se non si\nvaneggia<\/i> [Cant.  preced.  v. 96.]~], e l\u00e0 u' dissi<\/i>, non\nsurse il secondo<\/i> [sottintendi 'l rimanente anche di questo\nverso~, cio\u00e8 a veder tanto<\/i> [Cant.  precedente v. 114.]~], si\nricerna<\/i>, si rischiari~, in lingua s\u00ec aparta e s\u00ec distesa<\/i>,\nche si sterna<\/i>, s' appiani~, s'adatti~, al tuo sentire<\/i>, al tuo\nintendimento.  Cernere<\/i> e ricernere<\/i>, vagliono propriamente\npurgare<\/i> e ripurgare<\/i>, e diconsi del grano~; ma qu\u00ec\ntraslativamente ponesi ricernere<\/i> per rischiarare.<\/i>  Il primo\ndubbio rischiarerallo in questo canto medesimo dal v. 122.  fino\nall' ultimo~: ed il secondo dubbio rischiarerallo nel cato XIII.\ndal vers. 34.  al 111.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
dinanzi dissi<\/i>, u' ben s'im pingua <\/i>[sottointendi il rimanente di quel verso cioè se non si vaneggia<\/i> [Cant.  preced.  v. 96.]]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. X 96","NotaFonte":"","TestoFonte":" u' ben s'impingua se non si vaneggia.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=77&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"22-26","from":10263.0,"to":10265.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"gi\u00f9 pur pensando<\/i> (Inf.<\/i>, \nXXXIII, 6), cio\u00e8 anche alla sola ricordanza (Inf.<\/i>, III, 132;\nXVI, 12).  — Rispetto all'allegoria, la selva oscura<\/i> {v.2}\nrappresenta la varia condizione brutale alla quale giunge l'uomo, \nche si discosta, dalla divina legge e dalla ragione, sommettendo\nla ragione<\/i> al talento<\/i> (Inf.<\/i>, V, 39), seguendo come bestia\nl'appetito<\/i> (Purg.<\/i>, XXVI, 84), ovvero piacendosi di vita\nbestiale e non umana<\/i> (Inf.<\/i>, XXIV, 124).  — Saviamente il\nGiuliani si richiama al seguente tratto di Boezio, autore\ndilettissimo a Dante, e che tanta parte rischiara dello spirito\nvitale che informa il sacro Poema (Consol. Philos.<\/i>, lib. IV, \npar. 3, trad. del Varchi): «Tutto quello che manca del bene, \nmanca ancora dell'essere, del che avviene che i rei lasciano di\nesser quello che erano.  Ma loro essere stati uomini mostra la\nforma del corpo umano, che ancora ritengono; laonde, essendosi in\nmalizia convertiti, hanno ancora la natura umana perduto.  Ma\nconciossiacosach\u00e8 sola la bont\u00e0 possa far gli uomini pi\u00f9 che\nuomini, di necessit\u00e0 \u00e8, che la malvagit\u00e0 faccia meno che uomini\ntutti coloro che ella dalla umana condizione ha tolti e\navvallati.  Avviene dunque che, cui tu vedi trasformato da vizi, \nnon possa uomo riputarlo.  Uno che toglie per forza l'altrui\nricchezze, tutto caldo di avarizia, si pu\u00f2 dire che sia simile a\nun lupo.  Uno uomo feroce e inquieto, che piatisce e litiga\nsempre, potrai agguagliare a un cane.  Un altro che si diletti di\nporre agguati, e pigli piacere d'involare l'altrui con inganni e\nfrode, si pu\u00f2 adeguare alle volpi.  Chi, non possente a raffrenar\nl'ira, rugge e fremisce per la stizza, si crede aver animo di\nlione.  Alcuno pauroso e fugace, il quale dotti eziandio le cose\nche non sono da temere, sia a' cervi tenuto simile.  Alcuno altro\ninfingardo e balordo sta come se fosse tutto d'un pezzo e\nintormentito? dicasi che visse la vita degli asini.  Chi essendo\nleggero ed incostante, muta voglia e pensieri a ogn'ora, non \u00e8 in\nnulla dagli uccelli differente.  Colui, il quale nelle sporche e\nsozze lussurie s'attuffa, piglia quei medesimi brutti piaceri che\ni porci pigliano.  E cos\u00ec avviene di chi abbandona la virt\u00f9, \nlascia d'esser uomo, e non potendo egli divenire Dio, si trasmuta\nin bestia.»  Su di che cf. Conv.<\/i>, II, 8, e IV, 7.  Ora leggasi\nil Purg.<\/i>, XIV, 20 e segg., dove il Poeta descrive i tralignati\nToscani.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
giù pur pensando<\/i> (Inf.<\/i>, XXXIII, 6), cioè anche alla sola ricordanza (Inf.<\/i>, III, 132; XVI, 12). <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIII, 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"già pur pensando, pria ch'io ne favelli","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=33","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"6","from":35.0,"to":38.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"il mondo non ha conosciuto Iddio\nper la sapienza.<\/i>  I Cor. 1, 21.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
il mondo non ha conosciuto Iddio per la sapienza.<\/i>  I Cor. 1, 21.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80355","LuogoFonte":"1, 21","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nam quia in Dei sapientia non cognovit mundus per sapientiam Deum, placuit Deo per stultitiam praedicationis salvos facere credentes.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-i-corinthios_lt.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"131","from":951.0,"to":953.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Prima lettera ai Corinzi"},
{"Annotazione":"il perso \u00e8 un colore misto di purpureo e\ndi nero, ma vince il nero, e da lui si denomina.<\/i>  Conv. t. IV,\nc. 20.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
il perso è un colore misto di purpureo e di nero, ma vince il nero, e da lui si denomina.<\/i>  Conv. t. IV, c. 20.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xx, 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Lo perso e\u0300 uno colore misto di purpureo e di nero, ma vince lo nero, e da lui si dinomina  ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=70&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"89","from":4610.0,"to":4611.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"l'occhio suo non \u00e8 giammai sazio\ndi ricchezze<\/i>, Eccl. IV, 8.  Chi ama l'argento non \u00e8 saziato con\nl'argento<\/i>, Ibid. V, 10.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
l'occhio suo non è giammai sazio di ricchezze<\/i>, Eccl. IV, 8<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131072","LuogoFonte":"4, 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"unus est et secundum non habet, non filium, non fratrem, et tamen laborare non cessat, nec satiantur oculi eius divitiis, nec recogitat dicens: “Cui laboro et fraudo animam meam bonis?”. In hoc quoque vanitas est et occupatio pessima.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiastes_lt.html#4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"98","from":712.0,"to":715.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Qoelet"},
{"Annotazione":"le sue statue di getto sono una\nfalsit\u00e0<\/i>, — son vanit\u00e0, lavoro d'inganni.<\/i>  Gerem. X, 14, 15.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
le sue statue di getto sono una falsità<\/i>, — son vanità, lavoro d'inganni.<\/i>  Gerem. X, 14, 15<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q158825","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131590","LuogoFonte":"10, 14-15","NotaFonte":"","TestoFonte":"Stultus factus est omnis homo absque scientia;
confusus est omnis artifex in sculptili,
quoniam falsum est, quod conflavit,
et non est spiritus in eis.
Vana sunt et opus risu dignum;
in tempore visitationis suae peribunt.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ieremiae_lt.html#10","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"72","from":524.0,"to":527.0,"NomeAutore":"Geremia","TitoloFonte":"Libro di Geremia"}, {"Annotazione":"per me si va nella citt\u00e0 dolente<\/i>,\nInf. III, 1.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
per me si va nella città dolente<\/i>, Inf. III, 1<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III, 1-3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Per me si va ne la citta\u0300 dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=3&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"46","from":5298.0,"to":5300.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"per valle di terreno\narenoso, com'era la settima bolgia dell'Inferno.<\/i> Cos\u00ec chiosa il\nVolpi, ed in somigliante modo anche il Venturi. Ma dove\nprimieramente trovan essi, che faccia Dante questa bolgia\narenosa<\/i>? Dic'egli bens\u00ec esistere in questa pi\u00f9 serpi, che non\nvanti l'arenosa Libia [Cant. preced. v. 85 e segg.]; ma non dice\nper\u00f2, che qu\u00ec similmente sia della rena. Poi, se questa sola\nbolgia era arenosa, come bene all'appellazione di zavorra<\/b>\naggiungerebbesi quella di settima<\/b>? Sarebb'egli forse da\ntollerarsi se, come bulicame<\/i><\/b> appell\u00f2 Dante la prima delle tre\nfosse de' violenti [Inf. XII, 128], per esser piena di bollente\nsangue, avessela appellata primo bulicame<\/i>, quantunque\nnell'altre due fosse sangue non ponesse n\u00e8 altro bollente fluido?\n\n\tCome questi due moderni spositori convengono tra di loro\nnella riferita spiegazione, cos\u00ec i vecchi, Landino, Vellutello, e\nDaniello s'accordano in un'altra. Chiama settima zavorra<\/i>\n[degli altri pi\u00f9 chiaramente e pienamente cos\u00ec favella il\nVellutello] questa settima bolgia, avvegnach\u00e8 zavorra\npropriamente sia quella rena, o ghiara, che si mette nella\nsentina della nave acci\u00f2 che per lo poco peso non vada\nvacillando. Intese adunque la zavorra per sentina, la quale per\nesser sempre piena di fetore, e puzza assomiglia a questa bolgia,\nperch\u00e8 era piena d'abbominevole vizio. E dice averla veduta\nmutare, cio\u00e8, che essa zavorra aveva mutato, intendendola per\nagente, e non per paziente, ch'ella fosse mutata; ma rispetto a\nBuoso, che d'umano spirito vide mutar in serpente, e<\/i> trasmutare,\ncio\u00e8 un altra volta mutare, rispetto al serpente, che vide mutar\nin spirito; il quale, perch\u00e8 dice<\/i>, io v\u00f2 che Buoso corra come ho\nfatt'io, intese essere stato un'altra volta mutato di spirito in\nserpente.<\/i>\n\n\tIo per\u00f2, diversamente da tutti, direi che zavorra appelli\nDante per disprezzo non la bolgia o bolge, ma la gente stessa\ndelle bolge, per occupar questa, a guisa appunto di fecciosa\nzavorra, il fondo di quelle; come cio\u00e8 se detto avesse, la gen\u00eca\no feccia d'uomini posta in fondo della settima bolgia.<\/i> In\nquesto senso pe 'l mutare e trasmutare<\/i><\/b> non sarebbe pi\u00f9 d'uopo\ndi fare agente<\/i><\/b> la bolgia, perocch\u00e8 sarebbelo la gente stessa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Settima zavorra <\/strong>per valle di terreno arenoso, com'era la settima bolgia dell'Inferno.<\/i>  Così chiosa il Volpi, ed in somigliante modo anche il Venturi.  Ma dove primieramente trovan essi, che faccia Dante questa bolgia arenosa<\/i>?  Dic'egli bensì esistere in questa più serpi, che non vanti l'arenosa Libia [Cant. preced. v. 85 e segg.]; ma non dice però, che quì similmente sia della rena.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"XXIV 85","NotaFonte":"","TestoFonte":"Più non si vanti Libia con sua rena;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=24&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"142-143","from":24660.0,"to":24662.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"ritornaro alla ec.<\/i>  Nell'atto che i\ntre nominati discepoli godevano della trasfigurazione del\nRedentore~, e degli apparsi con esso lui Mois\u00e8 ed El\u00eca~, narra\nil Vangelo [Matth.<\/i> 17.] che udendo quelle voci hic est filius\nmeus dilectus ipsum audite<\/i>, caddero tutti e tre intronati per\nterra~; e che poi al comando del medesimo Redentore surgite<\/i>,\net nolite timere<\/i>, rialzandosi~, pi\u00f9 non vedessero n\u00e8 il\nRedentore in quella luce di volto e di vestimenti in cui prima\nvedevanlo~, n\u00e8 pi\u00f9 con esso lui i due profeti.  Vinti<\/i>\nadunque~, cio\u00e8 intronati ed abbattuti~, ritornaro<\/i> si\nriscossero i tre discepoli~, alla parola<\/i>, al comando del\nRedentore.  Dalla qual furon maggior sonni rotti<\/i>: accenna\nquelle espressioni che fece Ges\u00f9 Cristo della morta figlia dell'\nArcisinagogo~, e del morto Lazaro parlando~, non est mortua\npuella<\/i>, sed dormit<\/i> [Matth.<\/i> 9.]: Lazarus amicus noster\ndormit<\/i>; vado ut a sommo excitem eum<\/i> [Ioan.<\/i> II.~]: e per\u00f2 in\nvece di dire dal comando di Ges\u00f9 Cristo rotti<\/i>, dissipati~,\nmaggiori tramortimenti~, cio\u00e8 vere morti~, dice rotti maggiori\nsonni<\/i> — loro scuola<\/i>, loro compagnia~, perch\u00e8 di sei ch'erano\nprima rimasero solamete quattro~, partiti che si furono Mois\u00e8 ed\nElia~: Daniello — cangiata stola<\/i>, metonimia~, per cangiato\ncolore della stola<\/i>, della veste [Stola<\/i> per veste<\/i> ad\nimitazione de' Greci e de' Latini adopera Dante anche Inf. XXIII.\n90.  e Par. XXX. 129.~]; sparito cio\u00e8 quel niveo splendidissimo\ncolore poc' anzi apparso nelle vestimenta di Ges\u00f9 Cristo.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Nell'atto che i tre nominati discepoli godevano della trasfigurazione del Redentore, e degli apparsi con esso lui Moisè ed Elìa~, narra il Vangelo [Matth.<\/i> 17.] che udendo quelle voci hic est filius meus dilectus ipsum audite<\/i>, caddero tutti e tre intronati per terra; e che poi al comando del medesimo Redentore surgite<\/i>, et nolite timere<\/i>, rialzandosi, più non vedessero nè il Redentore in quella luce di volto e di vestimenti in cui prima vedevanlo, nè più con esso lui i due profeti. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XVII 1-8","NotaFonte":"","TestoFonte":"1 Et post dies sex assumit Iesus Petrum et Iacobum et Ioannem fratrem eius et ducit illos in montem excelsum seorsum.
2 Et transfiguratus est ante eos; et resplenduit facies eius sicut sol, vestimenta autem eius facta sunt alba sicut lux.
3 Et ecce apparuit illis Moyses et Elias cum eo loquentes.
4 Respondens autem Petrus dixit ad Iesum: “ Domine, bonum est nos hic esse. Si vis, faciam hic tria tabernacula: tibi unum et Moysi unum et Eliae unum ”.
5 Adhuc eo loquente, ecce nubes lucida obumbravit eos; et ecce vox de nube dicens: “ Hic est Filius meus dilectus, in quo mihi bene complacui; ipsum audite ”.
6 Et audientes discipuli ceciderunt in faciem suam et timuerunt valde.
7 Et accessit Iesus et tetigit eos dixitque eis: “ Surgite et nolite timere ”.
8 Levantes autem oculos suos, neminem viderunt nisi solum Iesum.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#17","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"77-81","from":32452.0,"to":32454.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"}, {"Annotazione":"smarrisco<\/i>, perdo<\/i>, faccio perire. \nVedi la nota al v. 146 del canto XXV dell'Inf., ed agli altri\npassi ch'ivi s'allegano.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dismago <\/strong>smarrisco<\/i>, perdo<\/i>, faccio perire. Vedi la nota al v. 146 del canto XXV dell'Inf., ed agli altri passi ch'ivi s'allegano.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXV 146","NotaFonte":"","TestoFonte":"fossero alquanto e l'animo smagato,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=25&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"20","from":18635.0,"to":18636.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"tutto vano<\/i> {v.103}... tutta\nmorta<\/b>: povera ragione umana!  Scientia destruetur<\/i><\/b> (S. Paolo,\nAd Cor.<\/i>, I, xiii, 8).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
tutta morta<\/b>: povera ragione umana!  Scientia destruetur<\/i> (S. Paolo, Ad Cor.<\/i>, I, xiii, 8).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80355","LuogoFonte":"13, 8","NotaFonte":"A rigore, la scomparsa della conoscenza profetizzata da Paolo va collocata alla fine dei tempi: \u00abEx parte enim cognoscimus et ex parte prophetamus; | cum autem venerit, quod perfectum est, evacuabitur, quod ex parte est\u00bb (13, 9-10).","TestoFonte":"[8]<\/strong> Caritas numquam excidit. Sive prophetiae, evacuabuntur; sive linguae, cessabunt; sive scientia, destruetur.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-i-corinthios_lt.html#13","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"106","from":9389.0,"to":9391.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Prima lettera ai Corinzi"},
{"Annotazione":"voi dicete Troni.<\/i>  Questo \u00e8\nil terzo ordine degli angeli~, pe' quali Iddio manda ad\nesecuzione tutti i suoi giudizi.  Adunque~, perch\u00e8 in quelli~,\ncome in specchi~, rilucono i giudizi del grande e magno Iddio~,\nnoi guardando in quelli gli veggiamo.  Landino.  Per fondamento\ndi cotale supposto ministerio dell'angelico ordine appellato\nTroni<\/i> tiene il Daniello quel detto del Salmo~: Sedisti super\nthronum qui iudicas aequitatem [Psalm.<\/i> 9.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per fondamento di cotale supposto ministerio dell'angelico ordine appellato Troni<\/i> tiene il Daniello quel detto del Salmo: Sedisti super thronum qui iudicas aequitatem [Psalm. 9.].<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"IX 5","NotaFonte":"Nella Vulgata (Salmi IX 5) si legge iustitiam, non aequitatem.","TestoFonte":"sedisti super thronum, qui iudicas iustitiam","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#LIBER%20I%20(Psalmi%201-41)","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"61-62","from":8442.0,"to":8454.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"},
{"Annotazione":"?  Chi le osserva, e le\nmette in pratica?  Venturi.  — Perocch\u00e8 'l pastor<\/b> ec.  Passa\nqu\u00ec 'l Poeta a sferzare il troppo attaccamento a' temporali beni\nche dimostravano gli spirituali pastori de' di lui tempi; e dal\nloro cattivo esempio ripete la ragione della generale infezione\ndi tutto l'ovile: e come, cercando gl'interpreti delle Scritture\nsacre il mistico significato del comando fatto da Dio agli Ebrei,\ndi non mangiar carne se non di animale che rumini, ed abbia\nl'unghia fessa [Levit.<\/i> 11], chiosano che generalmente fissa\nungula ad mores, ruminatio ad sapientiam pertinet<\/i> [Salmeron\nProlegom. 19 de sensu spirit. Scripturae.<\/i>]; traendo il Poeta a\nmaggiore particolarit\u00e0 la significazione dell'unghia fessa<\/i><\/b>, a\nsignificare cio\u00e8 l'aperta liberal mano [come all'opposto per la\nchiusa mano, o sia pe 'l pugno chiuso<\/i><\/b> volle gi\u00e0 indicata\nl'avarizia [Inf. VII, 57]; invece di dire, che potevano bens\u00ec i\nprelati de' suoi tempi predicar dottamente il distacco dai beni\ntemporali, ma non movere altrui col proprio esempio, dice che\nbens\u00ec rugumar<\/b> potevano, ma che non avevano l'unghie fesse.<\/b> \nRugumar<\/b> oltre la Nidobeatina leggono altri testi veduti dagli\nAccademici della Crusca ed istessamente legge anche il Buti\ncitato nel Vocabolario.  Ruminar<\/i> leggono altre edizioni.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
cercando gl'interpreti delle Scritture sacre il mistico significato del comando fatto da Dio agli Ebrei, di non mangiar carne se non di animale che rumini, ed abbia l'unghia fessa [Levit.<\/i> 11], chiosano che generalmente fissa ungula ad mores, ruminatio ad sapientiam pertinet<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41490","LuogoFonte":"XI 1-7","NotaFonte":"","TestoFonte":"1 Locutus est Dominus ad Moysen et Aaron dicens: 
2 “ Dicite filiis Israel: Haec sunt animalia, quae comedere debetis de cunctis animantibus terrae.
3 Omne, quod habet plene divisam ungulam et ruminat in pecoribus, comedetis.
4 Haec autem non comedetis ex ruminantibus vel dividentibus ungulam: camelum, quia ruminat quidem, sed non dividit ungulam, inter immunda reputabis;
5 hyracem, qui ruminat ungulamque non dividit, immundus est;
6 leporem quoque, nam et ipse ruminat, sed ungulam non dividit;
7 et suem, qui, cum ungulam plene dividat, non ruminat.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_leviticus_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"97-99","from":16064.0,"to":16069.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Levitico"}, {"Annotazione":"A differenza di quella «Che fa\nl'uom di perdon talvolta degno» (Purg., V, 21).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"trista vergogna<\/strong>. A differenza di quella «Che fa l'uom di perdon talvolta degno» (Purg., V, 21).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. V, 21","NotaFonte":"","TestoFonte":"che fa l'uom di perdon talvolta degno.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=39","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"132","from":23476.0,"to":23478.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"A piena intelligenza di\nquesti due versi bastano le seguenti righe della Cronica di\nPaolino Pieri: Nel mille dugento sessantasei, in calen di luglio\nfurono fatte due podest\u00e0 in Firenze per sei mesi, ad unora, e\nfuron di Bologna due Frati Godenti, l'uno ebbe nome messer\nLoderingo degli Andal\u00f2, e l'altro messer Napoleone Catalani<\/i> [An.\nMCCLXV]. Loderingo scrive Gio. Vill. che fu cominciatore di\nquello ordine<\/i> [Cron.<\/i> lib. 7 c. 13]\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
A piena intelligenza di questi due versi bastano le seguenti righe della Cronica di Paolino Pieri: Nel mille dugento sessantasei, in calen di luglio furono fatte due podestà in Firenze per sei mesi, ad unora, e furon di Bologna due Frati Godenti, l'uno ebbe nome messer Loderingo degli Andalò, e l'altro messer Napoleone Catalani<\/i> [An. MCCLXV].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q23829585","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/croniche-della-citta-di-firenze","LuogoFonte":"MCCLXV","NotaFonte":"Cfr. Andrea Bego, Paolino Pieri, Croniche di Firenze, edizione critica. 2016, p. 46 (http:\/\/tesi.cab.unipd.it\/52790\/ )","TestoFonte":"Nel mille dugento sessantasei, in calen di luglio furon fatte due podestà in Firenze per sei mesi ad un'ora, e furon di Bologna due Frati Godenti, l'uno ebbe nome messer Loderingo degli Andalò di Bologna, e l'altro messer Nepoleone Catalani.","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/bub_gb_4VYTQ3dxAVEC\/page\/n59\/mode\/1up?q=","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"104-105","from":22185.0,"to":22187.0,"NomeAutore":"Paolino Pieri","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"A quel passo\nlento e posato, che fanno le nostre processioni, appellate\nlitanie<\/i>, dice il Magri [Notizia de' vocaboli eccles.<\/i>], dalla\nvoce Greca %lambda%iota%tau%alpha%nu%epsilon%iota%alpha\\, che\nsignifica supplicazione<\/i>, per le preghiere che nelle processioni\nsi fanno.  — letane<\/b> in vece di litanie<\/i><\/b> adopera anche Gio.\nVillani [Cron. lib. 2 cap. 13].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
letane<\/b> in vece di litanie<\/i> adopera anche Gio. Villani [Cron. lib. 2 cap. 13].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"III 15","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 55 (II 13): \"letane\". La citazione \u00e8 mediata dal Voc. della Crusca: cfr. http:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=letane","TestoFonte":"presono papa Leone terzo che allora regnava, andando alla processione delle Letanie","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"8-9","from":18482.0,"to":18488.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"A quelle parole di Farinata\n(vv. 79-81) che gli minacciavano l'esilio e il vano desiderio del\nritorno.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
A quelle parole di Farinata (vv. 79-81) che gli minacciavano l'esilio e il vano desiderio del ritorno.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. X, 79-81","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma non cinquanta volte fia raccesa
la faccia de la donna che qui regge,
che tu saprai quanto quell'arte pesa","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"123","from":9508.0,"to":9511.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"A questo passo chi\ndegli espositori ci dice di pi\u00f9 e chi di meno, ma tutti in fine\nci lasciano al buio. Il Venturi se la sbriga dicendo, che forse\nil Poeta per i due gioghi intende la filosofia e teologia.<\/i> \nStendesi alquanto pi\u00f9 il Daniello; ma solo a provare, che ha il\nmonte Parnaso due sommit\u00e0.<\/i> Pi\u00f9 di tutti esteso \u00e8 il comento del\nLandino, seguito appuntino dal Vellutello, Parnaso<\/i> [dice] \u00e8\nmonte in Beozia, ovvero in Focide, il quale \u00e8 altissimo, ed ha\ndue gioghi, l'uno dedicato ad Apolline, e l'altro a Bacco, il\nquale similmente gli antichi volevano esser Iddio de' poeti; onde\nsi coronavano ancora di edera, la quale \u00e8 dedicata a Bacco<\/i>....\nquesti due gioghi afferma Servio essere nominati Helicone e\nCiterone<\/i>...... E pare che ponga<\/i> [Dante] il giogo Citerone\nconsacrato a Bacco per le scienze inferiori<\/i>..... ed Helicone\nponga per la teologia.<\/i>\n\n\tMa qu\u00ec, dich'io, non lascia a noi il Poeta la briga di\ncercare quale cosa per amendue i gioghi intenda: facendoci egli\nstesso bastantemente chiaro capire, che pe 'l secondo giogo, che\nabbisognagli per la presente cantica, intende il di fresco\ninvocato Apolline; e pe 'l primo, non Bacco, che mai non ha egli\ninvocato, ma le Muse.\n\n Ma qu\u00ec la morta poesia risurga<\/i>\n O sante Muse, poich\u00e8 vostro sono<\/i>,\n E qu\u00ec Calliopea alquanto surga<\/i>\n [Purg. I, 7 e segg.]\n\n\tSolo tocca a noi d'investigare su di qual fondamento\nsepari Dante le Muse da Apolline, e pongale su 'l giogo dedicato\na Bacco.\n\n\tCompir\u00e0 adunque l'intelligenza del presente passo ci\u00f2 che\nscrive Probo al libro terzo della Georgica di Virgilio v. 43\nCithaeron mons est Beotiae. Ibi arcana Liberi patris sacra\ncelebrantur tertio quoque anno, quae trieterica dicuntur. \nExistimatur autem Liber esse cum Musis; et ideo ex hedera fronde\neus corona poetis datur.<\/i>\n\n\tRitiene poi [v'aggiunteremo per ultimo] l'aiuto gi\u00e0 in\naddietro invocato delle Muse, per essere queste credute l'anima,\ne l'armonia delle celesti sfere, alle quali \u00e8 ora per passare; e\nchiede in oltre l'aiuto d'Apolline, perch\u00e8 presidente delle Muse,\ne moderatore universale di tutti i lumi celesti [Vedi, tra gli\naltri, Macrobio In somn. Sip.<\/i> lib. 2 cap. 3 e Natal Conti\nMyth.<\/i> lib. 7 cap. 15].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ma quì, dich'io, non lascia a noi il Poeta la briga di cercare quale cosa per amendue i gioghi intenda: facendoci egli stesso bastantemente chiaro capire, che [...] pe 'l primo, non Bacco, che mai non ha egli invocato, ma le Muse.              Ma quì la morta poesia risurga<\/i>\r\n        O sante Muse, poichè vostro sono<\/i>,\r\n        E quì Calliopea alquanto surga<\/i>\r\n         [Purg. I, 7 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. I 7-8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma qui la morta poesì resurga,
o sante Muse, poi che vostro sono;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=35","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16-18","from":103.0,"to":126.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"A tale somiglianza erano\ngli argini dell'infernale ruscello: solo che l'artefice, chiunque\nsi fosse, non feceli n\u00e8 s\u00ec alti, n\u00e8 s\u00ec grossi, come quelli de'\nFiamminghi contra 'l mare, o de' Padovani contro la Brenta: ma\npi\u00f9 bassi e pi\u00f9 piccioli, proponzionati alla picciolezza del\nruscello. Dicendo qual che si fosse lo maestro<\/b>, cio\u00e8 il\nfabbricatore, mostra di dubitare, se, come alla terra creata da\nDio hanno gli uomini aggiunte delle opere, cos\u00ec all'Inferno pur\nfatto dalla divina potestate<\/i> [Inf. III, 5] abbiano i Demoni\naggiunto alcuna cosa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
A tale somiglianza erano gli argini dell'infernale ruscello: solo che l'artefice, chiunque si fosse, non feceli nè sì alti, nè sì grossi, come quelli de' Fiamminghi contra 'l mare, o de' Padovani contro la Brenta: ma più bassi e più piccioli, proponzionati alla picciolezza del ruscello.  Dicendo qual che si fosse lo maestro<\/b>, cioè il fabbricatore, mostra di dubitare, se, come alla terra creata da Dio hanno gli uomini aggiunte delle opere, così all'Inferno pur fatto dalla divina potestate<\/i> [Inf. III, 5] abbiano i Demoni aggiunto alcuna cosa.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"fecemi la divina podestate","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"10-12","from":13643.0,"to":13664.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"A varcar la soglia\ndell'Inferno, a dannarsi, non v'\u00e8 alcuna difficolt\u00e0.  C. V, 20:\n«Non t'inganni l'ampiezza dell'entrare.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
A varcar la soglia dell'Inferno, a dannarsi, non v'è alcuna difficoltà.  C. V, 20: «Non t'inganni l'ampiezza dell'entrare.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V, 20","NotaFonte":"","TestoFonte":"non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"87","from":13156.0,"to":13159.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Abbastanza chiaramente\ncon questi versi dichiara il Poeta che al Purgatorio, dove si\ntrovava, era notte.  Solo rimane ad indagare cosa per cotai\npassi<\/b> s'abbia a intendere; se, com'alcuni pensano, le ore,\ndelle quali dodici ne contava la notte in quel tempo d'equinozio;\no se, com'altri dicono, le quattro vigilie, le quattro uguali\nparti, nelle quali soleva dagli antichi la notte di qualunque\nstagione dividersi [Di tale sentimento sono tra gli altri il\nVellutello, e il Rosa Morando].  Il contesto per\u00f2 per due\nriguardi onninamente ne costringe ad intendere le vigilie, e non\nl'ore.  Primieramente pe 'l detto imbiancamento dell'aurora al\nbalzo<\/i> {v.2}, o sia all'estremit\u00e0, orientale di quell'emisfero. \nImperocch\u00e8 intesi pe' i passi della notte le ore, dovremmo\nintendere che non fosse al Purgatorio per anche compiuta la\nterz'ora della notte: e se al Purgatorio, su 'l colmo\ndell'emisfero, non era compiuta l'ora terza della notte, non\npoteva alla estremit\u00e0 orientale del medesimo emisfero [in\ndistanza di gradi 90] essere compiuta l'ora nona di notte.  Or in\ntempo d'equinozio, com'era quello, tanto \u00e8 il dire non compiuta\nl'ora nona della notte, quanto \u00e8 il dire che mancassero a venir\ngiorno pi\u00f9 di tre ore; e pi\u00f9 di tre ore avanti 'l giorno non pu\u00f2\nmai all'oriente di un luogo antipodo a Gerusalemme [com'era il\nmonte del Purgatorio [Purg. IV, 67 e segg.]] biancheggiare\nl'aurora.  Questo \u00e8 il primo riguardo.  L'altro \u00e8 che cerchiando\nla notte [come Dante concepisce [Purg. II, 4]] opposta al Sole,\npresto \u00e8 inteso che la medesima notte colle due prime vigilie\nsalga, e che colla terza e quarta vigilia scenda; e presto\nconseguentemente si capisce ch'elegantemente dica il Poeta E la\nnotte de' passi, con che sale, fatti avea due, e 'l terzo gi\u00e0\nchinava in giuso l'ale<\/i><\/b>, in vece di dire che fatto aveva la notte\nle due vigilie, colle quali nel suo giro sale, e gi\u00e0 la terza\nvigilia incominciava a fare scendendo.  All'opposto poi,\nintendendosi pe' i passi della notte le ore, come verificarassi\nche una notte equinoziale, cio\u00e8 d'ore 12, colle due prime ore\nsalga, e colla terza discenda?\n\n\tDi quel verso dell'Ariosto Del palafreno il cacciator\ngi\u00f9 sale<\/i><\/b> [Fur.<\/i> VIII, 6] ha il Vocabolario della Crusca formato\nun esempio per istabilire che il verbo salire<\/i> non significhi\nsolamente ascendere<\/i>, ma anche discendere<\/i>; e su del medesimo\nfondamento vuole il summentovato sig. Rosa Morando, che le\npresenti parole del poeta nostro con che sale<\/b> debbansi riferire\nanche al terzo passo<\/b>, che scende; perch\u00e8, dice, salire<\/i><\/b> ha\ndoppio significato, e val discendere<\/i> non men che ascendere.<\/i>\n\n\tA me per\u00f2 sembra dall'esempio dell'Ariosto dedursi, non\nche il verbo salire<\/i> assolutamente, com'\u00e8 nei versi nostri,\nadoprato significhi ascendere<\/i> e discendere<\/i>, ma che preso al\nmodo che adopranlo alcuna fiata i Latini, per saltare<\/i>, possa\nindifferentemente unirsi e colla particella gi\u00f9<\/i> a significare\ndiscesa, e colla particella su<\/i> a significare ascensione.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
in tempo d'equinozio, com'era quello, tanto è il dire non compiuta l'ora nona della notte, quanto è il dire che mancassero a venir giorno più di tre ore; e più di tre ore avanti 'l giorno non può mai all'oriente di un luogo antipodo a Gerusalemme [com'era il monte del Purgatorio [Purg. IV, 67 e segg.]] biancheggiare l'aurora. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IV 67-71","NotaFonte":"","TestoFonte":"Come ciò sia, se 'l vuoi poter pensare,
dentro raccolto, imagina Sïòn
con questo monte in su la terra stare
sì, ch'amendue hanno un solo orizzòn
e diversi emisperi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=38&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-9","from":8105.0,"to":8110.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Accenna Dante\nche la situazione sua fosse alla sinistra del trionfale carro, e\nche perci\u00f2 Beatrice per parlargli pi\u00f9 da vicino si mettesse su\nla sponda del carro sinistra.<\/b> La cagione poi di cotale\nsinistra situazione per la parte di Dante dovrebbe essere a\ndinotarsi ancor soggetto a riprensione di peccato; di quello\ncio\u00e8 per cui nel finale Giudizio staranno i reprobi alla\nsinistra del divin tribunale. Vedi anche ci\u00f2 ch'\u00e8 detto Purg.\nXXVIII, 26.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La cagione poi di cotale sinistra situazione per la parte di Dante dovrebbe essere a dinotarsi ancor soggetto a riprensione di peccato; di quello cioè per cui nel finale Giudizio staranno i reprobi alla sinistra del divin tribunale.  Vedi anche ciò ch'è detto Purg. XXVIII, 26.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVIII 26","NotaFonte":"","TestoFonte":"che 'nver' sinistra con sue picciole onde","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=62&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61","from":30310.0,"to":30317.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Accenna che i beati\nin quella croce cantassero senza ch'egli intender potesse ci\u00f2\nche si cantassero~; e paragona il piacere che nondimeno esso\ncanto recavagli~, al piacere che ha tal uno sentendo toccare\ninsieme molte corde di musicali ben accordati instrumenti~,\nquantunque non capisca distintamente~, ma sol in confuso~, le\nnote.  Giga<\/i> ed arpa<\/i>, instrumenti da corde [Vedi 'l Vocab.\ndella Crusca.] — apparinno<\/i> per apparirono<\/i> [Vedi 'l Prosp.\nde verbi Tosc.<\/i> sotto il verbo apparire<\/i> num. 12.] — melode<\/i>\nper melodia [dal basso Latino melos melodis<\/i> [Vedi il Glossario\ndel Dufresne art.  melos.<\/i>]] adoprato dal Poeta anche fuor di\nrima [Paradiso XXIV. 114.  e XXVIII. 119.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
melode <\/i>per melodia [...] adoprato dal Poeta anche fuor di rima [Paradiso XXIV. 114.  e XXVIII. 119.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXIV 114","NotaFonte":"","TestoFonte":"ne la melode che là sù si canta.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=91&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"118-123","from":13922.0,"to":13966.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Accenna con\nquest'altro aggiunto ch'erano nel Limbo l'anime de' gentili\nadulti dalle anime de' fanciulli separate — le tre sante\nvirt\u00f9<\/b>, le tre virt\u00f9 che riguardano immediatamente Dio, e che\nperci\u00f2 teologali s'appellano, fede, speranza, e carit\u00e0.  N\u00e8\ncontraddice questo a ci\u00f2 che disse di sopra v. 8, di aver egli\nperduto il cielo per non aver f\u00e8<\/i>; imperocch\u00e8 tanto \u00e8 il dire di\nnon aver fede, quanto \u00e8 il dire di non avere nissuna delle tre\nprefate virt\u00f9 — e senza vizio conobber<\/i><\/b> ec.  Costruzione.  E\nconobber l'altre virt\u00f9, e tutte quante seguiro, senza vizio<\/b>,\nsenza alcun peccato contro di esse.  Bene qu\u00ec 'l Venturi, dopo di\navere avvisato che tal esercizio costante per tutta la vita di\ntutte le virt\u00f9 morali, senza verun atto delle virt\u00f9 teologali, \u00e8\nuna chimera<\/i><\/b>; e dopo di aver riferito quanto delle pi\u00f9 lodate\nazioni degl'infedeli scrive s. Agostino de spir. et lit.<\/i> c. 27. \nSi discutiantur quo fine fiant, vix inveniuntur quae iustitiae\ndebitam laudem, defensionemve mereantur: per\u00f2<\/i>, termina,\nconvien soggiungere che ancora un infedele pu\u00f2 fare nelle\noccasioni almeno pi\u00f9 facili, qualche azione interamente onesta di\nmera onest\u00e0 morale, eziandio senz'aiuto di grazia soprannaturale,\nsecondo la pi\u00f9 comune, e pi\u00f9 probabile interpretazione di\nquell'oracolo<\/i>: Gentes, quae legem non habent, naturaliter ea,\nquae legis sunt, faciunt.  Rom. 2.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
dopo di aver riferito quanto delle più lodate azioni degl'infedeli scrive s. Agostino de spir. et lit.<\/i> c. 27.  Si discutiantur quo fine fiant, vix inveniuntur quae iustitiae debitam laudem, defensionemve mereantur<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q11862247","LuogoFonte":"XXVII 48","NotaFonte":"","TestoFonte":"Si autem hi, qui naturaliter quae legis sunt faciunt, nondum sunt habendi in numero eorum, quos Christi iustificat gratia, sed in eorum potius, quorum etiam impiorum nec Deum verum veraciter iusteque colentium quaedam tamen facta vel legimus vel novimus vel audivimus, quae secundum iustitiae regulam non solum vituperare non possumus, verum etiam merito recteque laudamus quamquam si discutiatur, quo fine fiant, vix inveniuntur quae iustitiae debitam laudem defensionemve mereantur.","UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/spirito_lettera\/index.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"34-36","from":6303.0,"to":6309.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":"De spiritu et littera"},
{"Annotazione":"Accenna d'essersi delle\ncose, che \u00e8 per dire, sognato circa il nascere dell'aurora; nel\nqual tempo, secondo sul'antica superstizione, avevansi i sogni\nper veritieri.  Namque sub aurora<\/i> [scrive Ovidio] iam\ndormitante lucerna; Tempore quo cerni somnia vera solent<\/i> [Ep.\n5].  Somnium post somnum<\/i> [ch'\u00e8 appunto presso al mattino<\/i>]\nefficax est, atque eveniet, sive bonum sit, sive malum<\/i>, scrive\nanche Suida [Art. %o%nu%epsilon%iota%rho%o%nu\\].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Accenna d'essersi delle cose, che è per dire, sognato circa il nascere dell'aurora; nel qual tempo, secondo sul'antica superstizione, avevansi i sogni per veritieri.  Namque sub aurora<\/i> [scrive Ovidio] iam dormitante lucerna; Tempore quo cerni somnia vera solent<\/i> [Ep. 5].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1236672","LuogoFonte":"XIX 195-196","NotaFonte":"","TestoFonte":"Namque sub aurora, iam dormitante lucerna,       
Somnia quo cerni tempore uera solent","UrlFonte":"http:\/\/www.mqdq.it\/texts\/OV|epis|019","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":24769.0,"to":24773.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Eroidi"}, {"Annotazione":"Accenna e succintamente\ntraduce quei versi dell'egloga 4 dove Virgilio dice venuto il\ntempo d'adempiersi la profezia della Sibilla Cumana\n\n Magnus ab integro saeclorum nascitur ordo.<\/i>\n Iam redit et virgo, redeunt Saturnia regna<\/i>:\n Iam nova progenies caelo demittitur alto<\/i> \n [Vers. 4 e segg.]\n\nVirgilio, giusta la chiosa dell'antico e celebre di lui\ncomentator Servio, applic\u00f2 cotale vaticinio al nato Salonio\nfiglio di Asinio Pollione: alcuni per\u00f2 cristiani scrittori [Vedi\nNat. Aless. Hist. eccl. saecul.<\/i> 1 diss.<\/i> 1] l'intendono\ndell'incarnazione del divin Verbo; ed istessamente finge Dante\nche l'intendesse anche Stazio.\n\n\tSecol si rinnuova<\/i>, traduce Dante cos\u00ec il primo de' tre\nVirgiliani versi Magnus ab integro saeclorum nascitur ordo<\/i><\/b> —\nTorna giustizia, e primo tempo umano<\/b>, traduce l'altro Iam\nredit et virgo<\/i> [Astrea, Dea della giustizia] redeunt Saturnia\nregna<\/i> — E progenie scende dal ciel nuova<\/i><\/b>, esprime l'ultimo\nIam nova progenies caelo demittitur alto<\/i><\/b> — Per l'autorit\u00e0 di\nsoli sei mss. contro il grandissimo numero degli altri da essi\nveduti, e contro il leggere di tutte l'edizioni, hanno voluto gli\nAccademici della Crusca inserire progenie discende<\/i> in vece di\nprogenie scende<\/b>, minorando la grazia del verso senza veruna\nnecessit\u00e0.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Accenna e succintamente traduce quei versi dell'egloga 4 dove Virgilio dice venuto il tempo d'adempiersi la profezia della Sibilla Cumana\r\n     Magnus ab integro saeclorum nascitur ordo.<\/i>\r\n     Iam redit et virgo, redeunt Saturnia regna<\/i>:\r\n     Iam nova progenies caelo demittitur alto<\/i> \r\n      [Vers. 4 e segg.]\r\n[...].\r\n\tSecol si rinnuova<\/i>, traduce Dante così il primo de' tre Virgiliani versi Magnus ab integro saeclorum nascitur ordo<\/i>  —  Torna giustizia, e primo tempo umano<\/b>, traduce l'altro Iam redit et virgo<\/i> [Astrea, Dea della giustizia] redeunt Saturnia regna<\/i>  — E progenie scende dal ciel nuova<\/b>, esprime l'ultimo Iam nova progenies caelo demittitur alto.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/eclogae","LuogoFonte":"IV 5-7","NotaFonte":"","TestoFonte":"magnus ab integro saeclorum nascitur ordo:
iam redit et Virgo, redeunt Saturnia regna;
iam nova progenies caelo demittitur alto.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi001.perseus-lat1:4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"70-72","from":22051.0,"to":22053.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"Accenna il\ncostume ch'era de' frati minori di cantare in coro la vita di s.\nFrancesco [Vaddingo Annal. Min.<\/i> an. 1244. num. XIII. e\nsbaglia di largo il Daniello dicendo, che al tempo del Poeta non\nera s. Francesco ancor canonizzato; quando che, come attesta\ns. Bonaventura nella di lui vita, fu egli canonizzato del\n1228, e Dante nacque nel 1265.]; e vuole inteso che i frati la\ncantassero bens\u00ec, ma non intendessero cos\u00ec perfettamete il\nsublime pregio delle serafiche di lui virt\u00f9, come inteso\nl'avrebbero i serafini del cielo ove colass\u00f9 cantata fosse.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sbaglia di largo il Daniello dicendo, che al tempo del Poeta non era s.  Francesco ancor canonizzato; quando che, come attesta s.  Bonaventura nella di lui vita, fu egli canonizzato del 1228, e Dante nacque nel 1265<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43746","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q377357","LuogoFonte":"XV vii 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Veniens itaque personaliter ad civitatem Assisii anno dominicae Incarnationis millesimo ducentesimo vigesimo octavo, decimo septimo kalendas Augusti, die dominico, cum maximis quae longum foret enarrare solemniis, beatum Patrem catalogo Sanctorum adscripsit.","UrlFonte":"http:\/\/www.documentacatholicaomnia.eu\/04z\/z_1221-1274__Bonaventura__Legenda_Major_Sancti_Francisci__LT.pdf.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"95-96","from":10770.0,"to":10784.0,"NomeAutore":"Bonaventura da Bagnoregio","TitoloFonte":"Leggenda maggiore"},
{"Annotazione":"Accenna il fatto\nmedesimo, che ode qu\u00ec<\/b> da Marco, del traviamento cio\u00e8 degli\nuomini, aver gi\u00e0 altrove<\/b> udito, cio\u00e8 da Guido del Duca nel\npassato balzo [Purg. XIV, 29 e segg.]: e conciossiach\u00e8 quanto pi\u00f9\nrendesi certa l'esistenza di un effetto maraviglioso, tanto\nmaggiormente s'accresca nell'uom filosofo la brama di saperne la\ncagione, perci\u00f2 aggiunge che, essendogli la certezza del fatto\nresa del doppio maggiore, del doppio maggiore sia anche in lui\ndivenuto il dubbio, che a cotal fatto gli si accoppia, o sia\nl'ansiet\u00e0, che lo stesso dubbio eccita, di saper la ragione onde\nci\u00f2 avvenisse.  Dell'aggettivo scempio<\/b> al senso di semplice<\/i>\nvedi 'l Vocabolario della Crusca.  \n\n\tIntende il Venturi: che ripeta Dante il raddoppiamento\ndel suo dubbio dall'udire da Marco stesa a tutto il mondo quella\ncorruttela che aveva Guido affermata d'alcun paese solamente.  Ma\ncome poi v'aggiusterem noi quel che mi fa certo qu\u00ec ed altrove<\/i><\/b>?\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Accenna il fatto medesimo, che ode quì<\/b> da Marco, del traviamento cioè degli uomini, aver già altrove<\/b> udito, cioè da Guido del Duca nel passato balzo [Purg. XIV, 29 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XIV 29-42","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Non so; ma degno
ben è che 'l nome di tal valle pèra;
ché dal principio suo, ov'è sì pregno
l'alpestro monte ond'è tronco Peloro,
che 'n pochi luoghi passa oltra quel segno,
infin là 've si rende per ristoro
di quel che 'l ciel de la marina asciuga,
ond'hanno i fiumi ciò che va con loro,
vertù così per nimica si fuga
da tutti come biscia, o per sventura
del luogo, o per mal uso che li fruga:
ond'hanno sì mutata lor natura
li abitator de la misera valle,
che par che Circe li avesse in pastura.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=48&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"55-57","from":15754.0,"to":15778.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Accenna il favoloso\ntragico avvenimento dei due Babilonesi giovani amanti Piramo, e\nTisbe, raccontatoci da Ovidio [Metam.<\/i> IV, 55 e segg.]; e fu,\nche datosi questi due amanti l'appuntamento di ritrovarsi soli\nfuor di citt\u00e0, ad un cert'arbore di gelso, vi pervenne Tisbe la\nprima. Ma vedendo venire verso di se una lionessa, fugg\u00ec ella\ncon tanta fretta, che lasci\u00f2 a pi\u00e8 del gelso il proprio velo. \nQuesto la fiera trovando, e stracciando, e del fresco sangue,\nond'era intrisa di straziati animali imbrattando, se ne and\u00f2. \nGiunse intanto Piramo al pattuito luogo, ed osservate avendo\nprima nel polveroso suolo le recenti pedate della partita fiera,\nindi vedendo que' pezzi insanguinati del velo, che ben conobbe\ndella sua amata, credendola dalla fiera divorata, disperatamente\ncol proprio pugnale si trafisse il petto. Mentre giaceva\nmoribondo per terra, e gi\u00e0 la morte gli chiudeva gli occhi,\nsopravvenne Tisbe, e tra le alte acerbe strida se stessa\nnominando, riapr\u00ec Priamo i moribondi occhi a riguardarla: ma di\nnuovo e per ultimo colla morte chiudendoli, la disperata Tisbe\ncol pugnale medesimo del suo amante si uccise: ed il sangue ivi\nsparso de' due amanti f\u00e8 s\u00ec, che il gelso, il quale per lo\ninnanzi produceva i suoi frutti bianchi, producesseli di poi\nvermigli — Gelso<\/b> al medesimo significato di gelsa<\/i><\/b>, o mora<\/i>\npon qu\u00ec Dante.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Accenna il favoloso tragico avvenimento dei due Babilonesi giovani amanti Piramo, e Tisbe, raccontatoci da Ovidio [Metam.<\/i> IV, 55 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"IV 55-166","NotaFonte":"","TestoFonte":"“Pyramus et Thisbe, iuvenum pulcherrimus alter,
altera, quas oriens habuit, praelata puellis,
contiguas tenuere domos, ubi dicitur altam
coctilibus muris cinxisse Semiramis urbem.
Notitiam primosque gradus vicinia fecit:
tempore crevit amor. Taedae quoque iure coissent:
sed vetuere patres. Quod non potuere vetare,
ex aequo captis ardebant mentibus ambo.
Conscius omnis abest: nutu signisque loquuntur,
quoque magis tegitur, tectus magis aestuat ignis.
Fissus erat tenui rima, quam duxerat olim,
cum fieret paries domui communis utrique.
Id vitium nulli per saecula longa notatum
(quid non sentit amor?) primi vidistis amantes,
et vocis fecistis iter; tutaeque per illud
murmure blanditiae minimo transire solebant.
Saepe, ubi constiterant hinc Thisbe, Pyramus illinc,
inque vices fuerat captatus anhelitus oris,
“invide” dicebant “paries, quid amantibus obstas?
quantum erat, ut sineres toto nos corpore iungi,
aut hoc si nimium est, vel ad oscula danda pateres?
Nec sumus ingrati: tibi nos debere fatemur,
quod datus est verbis ad amicas transitus aures.”
Talia diversa nequiquam sede locuti
sub noctem dixere ”vale” partique dedere
oscula quisque suae non pervenientia contra.
Postera nocturnos aurora removerat ignes,
solque pruinosas radiis siccaverat herbas:
ad solitum coiere locum. Tum murmure parvo
multa prius questi, statuunt, ut nocte silenti
fallere custodes foribusque excedere temptent,
cumque domo exierint, urbis quoque tecta relinquant;
neve sit errandum lato spatiantibus arvo,
conveniant ad busta Nini lateantque sub umbra
arboris. Arbor ibi, niveis uberrima pomis
ardua morus, erat, gelido contermina fonti.
Pacta placent. Et lux, tarde discedere visa,
praecipitatur aquis, et aquis nox exit ab isdem.
Callida per tenebras versato cardine Thisbe
egreditur fallitque suos, adopertaque vultum
pervenit ad tumulum, dictaque sub arbore sedit.
Audacem faciebat amor. Venit ecce recenti
caede leaena boum spumantes oblita rictus,
depositura sitim vicini fontis in unda.
Quam procul ad lunae radios Babylonia Thisbe
vidit et obscurum timido pede fugit in antrum,
dumque fugit, tergo velamina lapsa reliquit.
Ut lea saeva sitim multa conpescuit unda,
dum redit in silvas, inventos forte sine ipsa
ore cruentato tenues laniavit amictus.
Serius egressus vestigia vidit in alto
pulvere certa ferae totoque expalluit ore
Pyramus: ut vero vestem quoque sanguine tinctam
repperit, “una duos” inquit “nox perdet amantes.
E quibus illa fuit longa dignissima vita,
nostra nocens anima est: ego te, miseranda, peremi,
in loca plena metus qui iussi nocte venires,
nec prior huc veni. Nostrum divellite corpus,
et scelerata fero consumite viscera morsu,
o quicumque sub hac habitatis rupe, leones.
Sed timidi est optare necem.” Velamina Thisbes
tollit et ad pactae secum fert arboris umbram;
utque dedit notae lacrimas, dedit oscula vesti,
“accipe nunc” inquit “nostri quoque sanguinis haustus!”
quoque erat accinctus, demisit in ilia ferrum,
nec mora, ferventi moriens e vulnere traxit.
Ut iacuit resupinus humo: cruor emicat alte,
non aliter quam cum vitiato fistula plumbo
scinditur et tenui stridente foramine longas
eiaculatur aquas atque ictibus aera rumpit.
Arborei fetus adspergine caedis in atram
vertuntur faciem, madefactaque sanguine radix
purpureo tingit pendentia mora colore.
Ecce metu nondum posito, ne fallat amantem,
illa redit iuvenemque oculis animoque requirit,
quantaque vitarit narrare pericula gestit.
Utque locum et visa cognoscit in arbore formam,
sic facit incertam pomi color: haeret, an haec sit.
Dum dubitat, tremebunda videt pulsare cruentum
membra solum, retroque pedem tulit, oraque buxo
pallidiora gerens exhorruit aequoris instar,
quod tremit, exigua cum summum stringitur aura.
Sed postquam remorata suos cognovit amores,
percutit indignos claro plangore lacertos,
et laniata comas amplexaque corpus amatum
vulnera supplevit lacrimis fletumque cruori
miscuit et gelidis in vultibus oscula figens
“Pyrame” clamavit “quis te mihi casus ademit?
Pyrame, responde: tua te carissima Thisbe
nominat: exaudi vultusque attolle iacentes!”
Ad nomen Thisbes oculos iam morte gravatos
Pyramus erexit, visaque recondidit illa.
Quae postquam vestemque suam cognovit et ense
vidit ebur vacuum, “tua te manus” inquit “amorque
perdidit, infelix. Est et mihi fortis in unum
hoc manus, est et amor: dabit hic in vulnera vires.
Persequar exstinctum letique miserrima dicar
causa comesque tui; quique a me morte revelli
heu sola poteras, poteris nec morte revelli.
Hoc tamen amborum verbis estote rogati,
o multum miseri meus illiusque parentes,
ut quos certus amor, quos hora novissima iunxit,
conponi tumulo non invideatis eodem.
At tu quae ramis arbor miserabile corpus
nunc tegis unius, mox es tectura duorum,
signa tene caedis pullosque et luctibus aptos
semper habe fetus, gemini monimenta cruoris.”
Dixit, et aptato pectus mucrone sub imum
incubuit ferro, quod adhuc a caede tepebat.
Vota tamen tetigere deos, tetigere parentes:
nam color in pomo est, ubi permaturuit, ater,
quodque rogis superest, una requiescit in urna.”","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:4.55-4.166","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"37-39","from":27021.0,"to":27026.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Accenna il racconto di\nVirgilio [Aeneid.<\/i> III, 73 e segg.], che Delo, isola\ndell'Arcipelago, tremasse una volta continuamente, e\ntrasportassesi qua e l\u00e0 per lo mare; e che cotali fenomeni vi\ncessassero allor che Latona partor\u00ec in quell'isola i gemelli\nApollo e Diana; che, per credersi Apollo il Sole, e Diana la\nLuna, giudiziosamente appella Dante li due occhi del cielo<\/b>;\ncome con non minore giudizio dal nido che forman gli uccelli per\ndeporvi i suoi parti, dice che Latona facesse in Delo il nido, in\nvece di dire, che vi alloggiasse per partorire.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Accenna il racconto di Virgilio [Aeneid.<\/i> III, 73 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"III 73-77","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sacra mari colitur medio gratissima tellus
Nereidum matri et Neptuno Aegaeo,
quam pius arquitenens oras et litora circum
errantem Mycono e celsa Gyaroque revinxit,
immotamque coli dedit et contemnere ventos.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:3.69-3.83","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"130-132","from":20439.0,"to":20461.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Accenna l'opinione\nrimproverata agli uomini da Marco Lombardo nel XVI di questa\ncantica v. 67 e segg.\n\n Voi, che vivete, ogni cagion recate<\/i>\n Pur suso a cielo, si come se tutto<\/i>\n Movesse seco di necessitate.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Accenna l'opinione rimproverata agli uomini da Marco Lombardo nel XVI di questa cantica v. 67 e segg.\r\n     Voi, che vivete, ogni cagion recate<\/i>\r\n        Pur suso a cielo, si come se tutto<\/i>\r\n        Movesse seco di necessitate.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVI 67-69","NotaFonte":"","TestoFonte":"Voi che vivete ogne cagion recate
pur suso al cielo, pur come se tutto
movesse seco di necessitate.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=50","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"13-14","from":19624.0,"to":19629.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Accenna la preghiera\nfatta da principio a Virgilio\n\n . . . . . . . . . . i' ti richieggio<\/i>\n Per quello Dio, che tu non conoscesti<\/i>,\n Acciocch'io fugga questo male e peggio<\/i>,\n Che tu mi meni<\/i> ec. \n [Inf. I, 130 e segg.]\n\n\tDel verbo die'<\/i> apostrofato invece di diede<\/i> vedi 'l\nProspetto di verbi Toscani<\/i> sotto il verbo dare<\/i> n. 6.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Accenna la preghiera fatta da principio a Virgilio\r\n     . . . . . . . . . . i' ti richieggio<\/i>\r\n        Per quello Dio, che tu non conoscesti<\/i>,\r\n        Acciocch'io fugga questo male e peggio<\/i>,\r\n     Che tu mi meni<\/i> ec. \r\n     [Inf. I, 130 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 130-136","NotaFonte":"","TestoFonte":"E io a lui: \"Poeta, io ti richeggio
per quello Dio che tu non conoscesti,
acciò ch'io fugga questo male e peggio,
che tu mi meni là dov'or dicesti,
sì ch'io veggia la porta di san Pietro
e color cui tu fai cotanto mesti\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"51","from":30240.0,"to":30248.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Accenna la teologica\nmassima, che opera ad extra sunt totius Trinitatis<\/i>: e per la\ndivina potestate<\/b> intende l'eterno Padre; per la somma\nsapienza<\/b>, il divin Verbo; pe 'l primo amore<\/b> lo Spirito santo. \nPatri<\/i><\/b> [dice s. Tommaso [P. I q. 55 art. 6]] attribuitur et\nappropriatur potentia .... Filio autem appropriatur sapientia\n.... Spiritui autem sancto appropriatur bonitas.<\/i> Vedi anche,\nse vuoi, Dante medesimo nel Convito [Tratt. 2 cap. 6].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Accenna la teologica massima, che opera ad extra sunt totius Trinitatis<\/i>: e per la divina potestate<\/b> intende l'eterno Padre; per la somma sapienza<\/b>, il divin Verbo; pe 'l primo amore<\/b> lo Spirito santo.  Patri<\/i> [dice s. Tommaso [P. I q. 55 art. 6]] attribuitur et appropriatur potentia ....  Filio autem appropriatur sapientia ....  Spiritui autem sancto appropriatur bonitas.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q653871","LuogoFonte":"I\u00aa q. 45 a. 6 ad 2 ","NotaFonte":"","TestoFonte":"patri appropriatur potentia, quae maxime manifestatur in creatione, et ideo attribuitur patri creatorem esse. Filio autem appropriatur sapientia, per quam agens per intellectum operatur, et ideo dicitur de filio, per quem omnia facta sunt. Spiritui sancto autem appropriatur bonitas, ad quam pertinet gubernatio deducens res in debitos fines, et vivificatio, nam vita in interiori quodam motu consistit, primum autem movens est finis et bonitas.","UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/sth1044.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"5-6","from":2058.0,"to":2061.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":"Summa Theologiae"},
{"Annotazione":"Accenna qu\u00ec\nDante quel giustificante pentimento, che le purganti anime, dopo\nle sofferte pene, giunte al fiume Lete, prima d'esservi immerse,\nsentono in se stesse eccitarsi: siccome il Poeta attesta di se\nmedesimo col\u00e0 giunto:\n\n     Di penter s\u00ec mi punge ivi l'ort\u00ecca<\/i>,\n        Che di tutt'altre cose, qual mi torse<\/i>\n        Pi\u00f9 nel suo amor, pi\u00f9 mi si f\u00e8 nimica.<\/i>\n     Tanta riconoscenza il cuor mi morse<\/i>,\n        Che<\/i> ec.\n         [Purg. XXXI, 85 e segg.]\n\nPentuta<\/b>, da pentere<\/i><\/b>, addiettivo adoperato dal Boccaccio pure\ne dal Villani.  Vedi 'l Vocab. della Cr.\n\n\tSi trova, dice il Venturi, in qualche codice pentuta ha\nrimossa<\/i>, e allora pentuta<\/i><\/b> sarebbe nome sostantivo, come\npentimento<\/i><\/b>, rendendo questo senso: la penitenza ha tolto via\nogni vestigio di colpa.<\/i>  E vi \u00e8 chi giura aver ritrovata in\naltri scrittori classici tal voce antica in questo medesimo\nsignificato.\n\n\tNon vi \u00e8 qu\u00ec bisogno della voce pentuta<\/b> a questo senso;\nquando per\u00f2 vi fosse, l'esempio l'avremmo lampante dalla Cronica\ndi Donato Velluti prodottoci nel Vocabol. della Cr. sconfitti\ndue volte, come sono stati, ed essere sotto tiranno; di che\nn'hanno centomila pentute.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Accenna quì Dante quel giustificante pentimento, che le purganti anime, dopo le sofferte pene, giunte al fiume Lete, prima d'esservi immerse, sentono in se stesse eccitarsi: siccome il Poeta attesta di se medesimo colà giunto:  Di penter sì mi punge ivi l'ortìca<\/i>, \/ Che di tutt'altre cose, qual mi torse \/ <\/i> Più nel suo amor, più mi si fè nimica. \/<\/i>  Tanta riconoscenza il cuor mi morse<\/i>, \/ Che<\/i> ec.  [Purg. XXXI, 85 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXI 85-88","NotaFonte":"","TestoFonte":"Di penter sì mi punse ivi l'ortica,
che di tutte altre cose qual mi torse
più nel suo amor, più mi si fé nemica.
Tanta riconoscenza il cor mi morse,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=65&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"138","from":13539.0,"to":13545.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Accenna qu\u00ec Dante ci\u00f2 che di\nNiccola III scrive Gio. Villani. Ancora imprese tenza<\/i>\n[tenzone, contrasto] col Re Carlo, per cagione, che il detto\nPapa fece richiedere lo Re Carlo d'imparentarsi con lui, volendo\ndare una sua nepote a uno nepote del Re, il quale parentado lo Re\nCarlo non volle assentire, dicendo: perch'egli abbia il\ncalzamento rosso, suo lignaggio non \u00e8 degno di mischiarsi col\nnostro; e che sua signor\u00eca non era retaggio. Per la qual cosa il\nPapa contro a lui indegnato, non fu poi suo amico; ma in tutte\ncose al segreto gli fu contrario; e del palese gli fece rifiutare\nil Sanato di Roma, e 'l vicariato di Toscana<\/i> ec. [Lib. 7 cap.\n54]. Gli espositori dicono in vece che Niccola III richiedesse\nal Re Carlo una figliuola per un suo nipote: ed il Volpi, e 'l\nVenturi danno al nominato Re Carlo il luogo di secondo<\/i>\nmalamente; imperocch\u00e8 mor\u00ec Carlo I del 1284 [Gio. Villani nel\ncit. lib. 7 cap. 94], quattro buoni anni dopo Niccola III.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Accenna quì Dante ciò che di Niccola III scrive Gio. Villani.  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VIII 54","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 225 (VII 54).","TestoFonte":"prese tenza col re Carlo per cagione che 'l detto papa fece richiedere lo re Carlo d'imparentarsi co·llui, volendo dare una sua nipote per moglie a uno nipote del re, il quale parentado il re non volle asentire, dicendo: «Perch'egli abbia il calzamento rosso, suo lignaggio nonn–è degno di mischiarsi col nostro, e sua signoria nonn–era retaggio»; per la qual cosa il papa contro a·llui isdegnato, e poi non fu suo amico, ma in tutte cose al sagreto gli fu contrario, e del palese gli fece rifiutare il sanato di Roma e il vicariato dello imperio","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"99","from":18176.0,"to":18180.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Accumula tanti aggettivi\n— gli stessi che user\u00e0 a descrivere l'inferno (Inf.<\/i>, XII, 92;\nPurg.<\/i>, II, 65) — non parendogli di poter adeguare a parole\nl'orrore della selva, selvaggia<\/b>, ossia incolta, non segnata da\nnessun sentiero, aspra<\/b>, di pruni, e forte<\/b>, difficile a\nsuperare.  In selva selvaggia<\/b> si nota una di quelle ripetizioni\ndi cui i nostri antichi si compiacevano come di un ornamento, che\npoi non manca di efficacia rappresentativa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Accumula tanti aggettivi\r\n— gli stessi che userà a descrivere l'inferno (Inf.<\/i>, XII, 92;\r\nPurg.<\/i>, II, 65) — non parendogli di poter adeguare a parole\r\nl'orrore della selva, selvaggia<\/b>, ossia incolta, non segnata da\r\nnessun sentiero, aspra<\/b>, di pruni, e forte<\/b>, difficile a\r\nsuperare.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII, 91-93; Purg. II, 64-66","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma per quella virtù per cu’ io movo
li passi miei per sì selvaggia strada,
danne un de’ tuoi, a cui noi siamo a provo

[...] Dianzi venimmo, innanzi a voi un poco,
per altra via, che fu sì aspra e forte,
che lo salire omai ne parrà gioco».","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=12&start=1&L=0 ; https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=36&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"5","from":30.0,"to":35.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Ad esprimere che l'anima di\nAdamo [detta primaia<\/b> perch\u00e8 la prima, che Iddio creasse] gli\nmostr\u00f2 il genio di compiacerlo per lo stesso mezzo, gi\u00e0 dalle\naltre beate anime praticato [Vedi per esempio, Par. XXIV, 10 e\nsegg.], di far pi\u00f9 risplendente il lume in cui si nascondeva,\nreca la similitudine di un animale coperto con un panno, che\nbrogliando<\/b>, agitandosi, fa per l'invoglia<\/b> per la copertura,\nconoscere ci\u00f2 che brama. Un cane esempigrazia cos\u00ec per trastullo\ncoperto, fa per la copertura conoscere la brama di accostarsi se\nsi chiama, o di fuggire se si minaccia. Le migliaia di miglia si\ndiscostano da quest'ovvio senso tutti gl'interpreti; intendendo\nalcuni che animal coverto<\/i><\/b> vaglia coperto della propria pelle<\/i>,\naltri che coverto<\/b> vaglia covertamente<\/i><\/b>, e che covertamente\nbrogliare<\/i> vaglia manifestare sua voglia senza esprimersi con\nparole, come l'uomo fa. Mancano cio\u00e8 d'avvertire che, oltre\nl'insufficienza delle parole a cotali sensi, operando sempre\nl'animale ne' divisati modi, ridicolo si renderebbe l'aggiunto\ntal volta<\/i><\/b> — ven\u00eca gaia<\/b>, diveniva allegra.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ad esprimere che l'anima di Adamo [...] gli mostrò il genio di compiacerlo per lo stesso mezzo, già dalle altre beate anime praticato [Vedi per esempio, Par. XXIV, 10 e segg.], di far più risplendente il lume in cui si nascondeva, reca la similitudine di un animale coperto con un panno<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXIV 10-12","NotaFonte":"","TestoFonte":"Così Beatrice; e quelle anime liete
si fero spere sopra fissi poli,
fiammando, volte, a guisa di comete.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=91&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97-102","from":26048.0,"to":26087.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Ad imitazione de' verbi intanarsi<\/i>,\ningolfarsi<\/i>, incorporarsi ec.<\/i>, significanti entrare in tana<\/i>,\nin golfo<\/i>, in corpo ec.<\/i>, ha il poeta nostro~, in grazia\nmassime della rima~, formato inluiarsi<\/i> qu\u00ec per entrare in\nlui<\/i>, e nel v. 81. di questo medesimo canto intuarsi<\/i> ed\nimmiarsi<\/i> per entrare in te<\/i> e in me<\/i>, e finalmente Parad.\nXXII. 127. inleirasi<\/i> per entrare in lei.<\/i> A proposito di che\nsovvenga a chi mai schizzinosetto fosse il ricordo del Davanzati\ndi sopra commemorato [Al verso 40.~], che tutti i grandi formano\nnomi delle cose<\/i>; e che Quintiliano<\/i>, e tutti i gramatici\nl'approvano<\/i>, quando calzino. Illuia<\/i> in vece d' inluia<\/i>\nleggono qui l'edizioni diverse dalla Nidob.~, le quali per\u00f2\ntutte poi nel XXII. 127. di questa cantica leggono come la\nNidob. inlei<\/i> e non illei.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Parad. XXII. 127.  inleiarsi<\/i> per entrare in lei.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXII 127","NotaFonte":"","TestoFonte":"e però, prima che tu più t'inlei,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=89&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"73","from":8530.0,"to":8538.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Aderendo il Poeta, com'\u00e8 detto\nInf. III, 133, a ci\u00f2 che gli Stoici pensano, eos anhelitus\nterrae, qui frigidi sint, cum fluere coeperint, ventos esse<\/i>, dee\nadditar qu\u00ec cagionarsi tale flusso, tale scorrimento, per azione\ndel contrario calore.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Aderendo il Poeta, com'è detto Inf. III, 133, a ciò che gli Stoici pensano, eos anhelitus terrae, qui frigidi sint, cum fluere coeperint, ventos esse<\/i>, dee additar quì cagionarsi tale flusso, tale scorrimento, per azione del contrario calore.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2416205","LuogoFonte":"II 44","NotaFonte":"","TestoFonte":"Placet enim Stoicis eos anhelitus terrae, qui frigidi sint, cum fluere coeperint, ventos esse; cum autem se in nubem induerint eiusque tenuissimam quamque partem coeperint dividere atque disrumpere idque crebrius facere et vehementius, tum et fulgores et tonitrua existere; si autem nubium conflictu ardor expressus se emiserit, id esse fulmen.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0474.phi053.perseus-lat1:2.44","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"68","from":8159.0,"to":8161.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":"De divinatione"},
{"Annotazione":"Agli averi, per chi le soddisfaccia del\nproprio; alla salute, per tutti.  Ecclesiastico, XXXVII, 34:\n«Propter crapulam multi obiere.»  E un proverbio toscano: «Ne\nammazza pi\u00f9 la gola che la spada.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Agli averi, per chi le soddisfaccia del proprio; alla salute, per tutti.  Ecclesiastico, XXXVII, 34: «Propter crapulam multi obiere.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q155980","LuogoFonte":"Siracide XXXVII, 34","NotaFonte":"","TestoFonte":"Propter crapulam multi obierunt<\/strong>;
qui autem abstinens est, adiciet vitam.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiasticus_lt.html#37","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"53","from":5348.0,"to":5349.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Siracide"}, {"Annotazione":"Al modo di chi nuota. \nNel C. innanzi: «Venir notando una figura in suso.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"l'aere a sè raccolse<\/strong>.  Al modo di chi nuota. Nel C. innanzi: «Venir notando una figura in suso.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVI, 131","NotaFonte":"","TestoFonte":"venir notando una figura in suso","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=16","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":16222.0,"to":16231.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Alessandro Magno scrisse\nal suo maestro Aristotile, aver veduto in India cadere dal cielo\nfalde di fuoco, le quali neppure in terra si disfacevano (infino\na terra salde<\/b>); e Dante suppone, o Dio sa dove avea letto,\nch'egli le avesse fatte scalpitare alle sue milizie, perch\u00e8 il\nfoco pi\u00f9 facilmente spegnevasi (il vapore Me' si stingueva<\/b>)\nprima che ne sopraccadesse dell'altro (mentre ch'era solo<\/b>).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Alessandro Magno scrisse al suo maestro Aristotile, aver veduto in India cadere dal cielo falde di fuoco, le quali neppure in terra si disfacevano (infino a terra salde<\/b>); e Dante suppone, o Dio sa dove avea letto, ch'egli le avesse fatte scalpitare alle sue milizie, perchè il foco più facilmente spegnevasi (il vapore Me' si stingueva<\/b>) prima che ne sopraccadesse dell'altro (mentre ch'era solo<\/b>).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60059","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/meteora","LuogoFonte":"Meteora I, iv, 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Admirabilem autem impressionem scribit Alexander ad Aristotelem in epistola de mirabilibus Indiae, dicens: \"Quemadmodum nivis nubes ignitae de aere cadebant, quas ipse militibus calcare praecepit\": et hoc fuit ideo, quia sub Cancro est terra ubi calor solis vaporem aquaeum exurit, et grossum terrestrem elevat, et statim exurit antequam ad aestum elevetur, et tunc a frigido loci expellitur, et cadit ad modum nivis","UrlFonte":"http:\/\/albertusmagnus.uwaterloo.ca\/PDFs\/Borgnet-volumen%2004.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31-36","from":12745.0,"to":12747.0,"NomeAutore":"Alberto Magno","TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"Alfonso Re di Spagna, a'\ntempi di Dante, uomo di costumi effeminati. Volpi — quel di\nBuemme, che mai<\/b> ec. dee intendere quel medesimo Venceslao Re di\nBoemia, che di lussuria e d'ozio riprende nel VII del Purg. V,\n102 Buemme<\/b> per Boemia<\/i>, scrive anche Gio. Villani [Vedi, tra\ngli altri luoghi, Cron. lib. 9 cap. 66], ed \u00e8 forse maniera presa\ndal Francese Boheme.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
quel di Buemme, che mai<\/b> ec. dee intendere quel medesimo Venceslao Re di Boemia, che di lussuria e d'ozio riprende nel VII del Purg. v. 102<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VII 101-102","NotaFonte":"","TestoFonte":"fu meglio assai che Vincislao suo figlio
barbuto, cui lussuria e ozio pasce.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=41","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"125-126","from":19025.0,"to":19028.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Alla\ninterrogazione di Dante risponde Francesca, ed acquistando\nbenivolenza da lui, mostra, che quantunque penoso le sia il\nricordarsi del tempo passato, nientedimeno far\u00e0 quel che dimanda. \nDice adunque Dante: fatta per me la interrogazione sopraddetta, e\nquella, Francesca, disse a me: Nessuno \u00e8 maggior dolore che\nessendo nella miseria ricordarsi del passato tempo felice, e ci\u00f2\nsa il tuo dottore Virgilio. Questo dice, perocch\u00e8 Virgilio, nel\nII libro dell'Eneide<\/i>, introdusse Enea usare a Dido simil parola\nove disse: «Infandum, Regina, jubes renovare dolorem». E poco di\nsotto disse: «Quanquam animus meminisse horret, luctuque refugit,\nIncipiam, etc.». Continuiamo il parlar di Francesca: nessuno \u00e8\nmaggior dolore, che ricordarsi del tempo felice, qual posso dir\nch'era il tempo del mio innamoramento, quando prendeva piacer\nsensuale, per rispetto del tempo presente, nel qual, essendo in\ntormenti, sono ancora privata di quei diletti, nei quali io\nfaceva stima, che consistesse la mia beatitudine. Or, quantunque\nnessuno mi sia maggior dolore, che ricordarmi di questo, pur, se\ntu hai cotanto affetto, cotanto desiderio a conoscer la prima\nradice del nostro male, io, a tua requisizione, far\u00f2 come colui\nche piange e dice: viene a dire, io piangendo ti dir\u00f2 quel che\nvuoi sapere, e comincialo a dire.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Guiniforto delli Bargigi 1440","FrammentoNota":"
Dice adunque Dante: fatta per me la interrogazione sopraddetta, e\r\nquella, Francesca, disse a me: Nessuno è maggior dolore che\r\nessendo nella miseria ricordarsi del passato tempo felice, e ciò\r\nsa il tuo dottore Virgilio.  Questo dice, perocchè Virgilio, nel\r\nII libro dell'Eneide<\/i>, introdusse Enea usare a Dido simil parola\r\nove disse: «Infandum, Regina, jubes renovare dolorem».  E poco di\r\nsotto disse: «Quanquam animus meminisse horret, luctuque refugit,\r\nIncipiam, etc.».<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"II, 1-13","NotaFonte":"Ma i commenti novecenteschi (cfr. ad es. Anna Maria Chiavacci Leonardi, ad loc.) indicano Boezio, Cons. II 4, 2 come fonte pi\u00f9 prossima al passo dantesco: \"in omni adversitate fortunae infelicissimum est genus infortunii fuisse felicem\".","TestoFonte":"Conticuere omnes, intentique ora tenebant.
Inde toro pater Aeneas sic orsus ab alto:
Infandum, regina, iubes renovare dolorem,
Troianas ut opes et lamentabile regnum
eruerint Danai; quaeque ipse miserrima vidi,
et quorum pars magna fui. Quis talia fando
Myrmidonum Dolopumve aut duri miles Ulixi
temperet a lacrimis? Et iam nox umida caelo
praecipitat, suadentque cadentia sidera somnos.
Sed si tantus amor casus cognoscere nostros
et breviter Troiae supremum audire laborem,
quamquam animus meminisse horret, luctuque refugit,
incipiam.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D2%3Acard%3D1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"121-126","from":4824.0,"to":4831.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Alla proposizione — canter\u00f2 la grerra s\u00ec\ndel cammino e s\u00ec della pietate<\/i> {v.5} — fa seguire subito\nl'invocazione alle muse, perch\u00e9 a narrare il viaggio per\nl'inferno l'ispirazione di queste gli \u00e8 sufficiente. Nel\nParadiso<\/i> si richieder\u00e0 anche quella di Apollo. — o alto\ningegno<\/b>: Sa d'aver ingegno adeguato all'altezza della materia\npresa a cantare, e lo dice chiaro (cfr. Inf.<\/i><\/b>, IV, 100 e segg.;\nPurg.<\/i>, XXX, 109 e segg.; Par.<\/i>, XXII, 112 e segg.), non per\niattanza, ma per obbedir alla virt\u00f9 della verit\u00e0<\/i>, la quale,\nsecondo gl'insegnava Aristotile, Modera noi dal vantare noi\noltre che siamo e da lo diminuire noi oltre che siamo, in nostro\nsermone<\/i> (Conv.<\/i>, IV, xvii, 6).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Sa d'aver ingegno adeguato all'altezza della materia\r\npresa a cantare, e lo dice chiaro (cfr. Inf.<\/i>, IV, 100 e segg.;\r\nPurg.<\/i>, XXX, 109 e segg.; Par.<\/i>, XXII, 112 e segg.), non per\r\niattanza, ma per obbedir alla virtù della verità<\/i>, la quale,\r\nsecondo gl'insegnava Aristotile, Modera noi dal vantare noi\r\noltre che siamo e da lo diminuire noi oltre che siamo, in nostro\r\nsermone<\/i> (Conv.<\/i>, IV, xvii, 6).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xvii, 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"La nona si è chiamata Veritade, la quale modera noi dal vantare noi oltre che siamo e dallo diminuire noi oltre che siamo, in nostro sermone.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=67&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":1038.0,"to":1040.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Allegoric., vaneggiante in morale\ne in politica.  Purg., XVIII, 87: «Stava com'uom che sonnolento\nvana.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Allegoric., vaneggiante in morale e in politica.  Purg., XVIII, 87: «Stava com'uom che sonnolento\r\nvana.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVIII, 87","NotaFonte":"","TestoFonte":"stava com’om che sonnolento vana.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=52&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"11","from":79.0,"to":82.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Allude Dante al detto di\nVirgilio\n\n     . . . . . . facilis descensus Averni<\/i>:\n        Sed revocare gradum, superasque evadere ad auras<\/i>\n        Hoc opus, hic labor est<\/i> \n         [Aeneid.<\/i> VI, 126 e segg.]\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Allude Dante al detto di Virgilio\r\n     . . . . . . facilis descensus Averni<\/i>:\r\n        Sed revocare gradum, superasque evadere ad auras<\/i>\r\n        Hoc opus, hic labor est<\/i> \r\n         [Aeneid.<\/i> VI, 126 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI 126-129","NotaFonte":"","TestoFonte":"facilis descensus Averno;
noctes atque dies patet atri ianua Ditis;
sed revocare gradum superasque evadere ad auras,
hoc opus, hic labor est.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:6.124-6.155","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"82-84","from":33691.0,"to":33709.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Allude al facilis descensus\nAverni; sed revocare gradum, superasque evadere ad auras, hoc\nopus, hic labor est.<\/i> Aen. 6. Venturi. Ma forse ancora\nall'avviso di Ges\u00f9 Cristo Lata porta, et spatiosa via est quae\nducit ad perditionem<\/i> [Matt.<\/i> 7 v. 13].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Allude al facilis descensus Averni [...]; sed revocare gradum, superasque evadere ad auras, \/  hoc opus, hic labor est.<\/i>.  Venturi<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI 126, 128-129.","NotaFonte":"","TestoFonte":"facilis descensus Averno […]; 
sed revocare gradum, superasque evadere ad auras,
hoc opus, hic labor est.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+6.128&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"20","from":4132.0,"to":4135.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Allude il Poeta a quello:\nNon omnis, qui dicit mihi Domine Domine, intrabit in Regnum\ncaelorum<\/i> [Matth.<\/i> 7]. Venturi — prope<\/b>, appresso, voce\nLatina. Dell'uso di spargere i poeti, ed anche i prosatori\nItaliani voci Latine nei loro componimenti, vedi Infern. I, 65.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Allude il Poeta a quello: Non omnis, qui dicit mihi Domine Domine, intrabit in Regnum caelorum<\/i> [Matth.<\/i> 7].  Venturi <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"VII 21","NotaFonte":"","TestoFonte":"Non omnis, qui dicit mihi: “Domine, Domine”, intrabit in regnum caelorum, sed qui facit voluntatem Patris mei, qui in caelis est. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#7","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"106-108","from":18892.0,"to":18894.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"Allusivamente al detto di s. Pietro Spiritu sancto inspirati\nlocuti sunt sancti Dei homines<\/i> [Ep. 2 cap. I], e, ad essere lo\nSpirito santo apparso in forma di colomba, vuol dire che non\ninspira a costoro le parole lo Spirito santo, ma il diavolo; e\nche questo nero uccellaccio, non la bianca colomba, s'annida in\nquel becchetto attorcigliato a guisa di nido intorno al collo od\nal capo, come di sopra ci ha il Varchi descritto.  Se questa\ndescrizione stata fosse al Venturi nota, avrebb'egli risparmiato\ndi dolersi, che per becchetto<\/i> gli espositori spieghino fascia\ndi cappuccio<\/i>, e di pretendere che debba piuttosto significare\nla punta del cappuccio<\/i>, qual pi\u00f9 atta ad immaginarsi come un\nnido.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Allusivamente al detto di s. Pietro Spiritu sancto inspirati locuti sunt sancti Dei homines<\/i> [Ep. 2 cap. I], e, ad essere lo Spirito santo apparso in forma di colomba, vuol dire che non inspira a costoro le parole lo Spirito santo, ma il diavolo<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q33923","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131178","LuogoFonte":"I 21","NotaFonte":"","TestoFonte":"non enim voluntate humana prolata est prophetia aliquando, sed a Spiritu Sancto ducti locuti sunt a Deo homines.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-ii-petri_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"118","from":29149.0,"to":29156.0,"NomeAutore":"Pietro","TitoloFonte":"Seconda lettera di Pietro"},
{"Annotazione":"Allusivamente al favoleggiar de' poeti, che il Sole sia Apolline,\ne che armato sia Apolline d'arco e di saette, dice che il Sole\nsaettava il giorno<\/b>, in vece di dire, che irradiavalo, rendevalo\nilluminato.  Ed aggiunge da tutte parti<\/b>: non cio\u00e8 solamente\ndalla parte d'oriente, come quando sta il Sole per alzarsi; ma\nper ogni dove, come quello che gi\u00e0 cacciato aveva di mezzo 'l\nciel il Capricorno<\/b>, segno del zodiaco discosto da Ariete [in cui\ntrovavasi allora il Sole [Vedi al v. 5]] una quarta parte di\ncircolo: il quale perci\u00f2 non pu\u00f2 esser cacciato di mezzo 'l\ncielo<\/b>, se non sia Ariete totalmente dall'orizzonte uscito —\nsaette conte<\/b> colla medesima allusione gi\u00e0 detta appella i\nsolari raggi: e l'aggettivo conto<\/i>, che altrove fa valere per\nchiaro all'intelletto<\/i> [Vedi a cagione d'esempio Inf. III, 76],\nnon pu\u00f2 qu\u00ec significare che chiaro<\/i>, rilucente all'occhio.<\/i> \nLucida tela diei<\/i> nota il Volpi appellati i medesimi solari\nraggi da Lucrezio pure.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
saette conte<\/b> [...] appella i solari raggi: e l'aggettivo conto<\/i>, che altrove fa valere per chiaro all'intelletto<\/i> [Vedi a cagione d'esempio Inf. III, 76], non può quì significare che chiaro<\/i>, rilucente all'occhio.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III 76","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ed elli a me: Le cose ti fier conte","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=3&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"55-57","from":1356.0,"to":1362.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Allusivamente al parlar\ndi s. Paolo: Sancti per Fidem vicerunt regna<\/i>.... fortes facti\nsunt in bello<\/i> ec. [Hebr.<\/i> II], appella Dante pugnare<\/b> il\npredicare che fecero gli Apostoli per accendere<\/i><\/b>, per eccitare\nne' cuori umani la fede Cristiana; e dice che per tale\ncombattimento fecero eglino scudi e lance del Vangelo, cio\u00e8 non\nd'altri mezzi si valsero che del Vangelo.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Allusivamente al parlar di s. Paolo: Sancti per Fidem vicerunt regna<\/i>.... fortes facti sunt in bello<\/i> ec. [Hebr.<\/i> II], appella Dante pugnare<\/b> il predicare che fecero gli Apostoli per accendere<\/i>, per eccitare ne' cuori umani la fede Cristiana<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128608","LuogoFonte":"XI 33-34","NotaFonte":"","TestoFonte":"33 qui per fidem devicerunt regna, operati sunt iustitiam, adepti sunt repromissiones, obturaverunt ora leonum,
34 exstinxerunt impetum ignis, effugerunt aciem gladii, convaluerunt de infirmitate, fortes facti sunt in bello, castra verterunt exterorum; ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-hebraeos_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"113-114","from":29110.0,"to":29114.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera agli Ebrei"}, {"Annotazione":"Allusivamente, credo, al\ncingersi di corda de' frati Minori ed altri penitenti: e quasi a\ndire, che la di lui corda non era, come quella di questi, un\ncomposto di canapa, ma un composto d'ogni valore<\/b>, d'ogni virt\u00f9,\nimitando cos\u00ec quell'accinxit fortitudine lumbos tuos<\/i>, che della\ndonna forte scrisse Salomone [Parab. 31], e quell'altro che di\nGes\u00f9 Cristo predisse Isaia: erit iustitia cingulum lumborum\neius, et fides cinctorium renum eius<\/i> [Cap. II]\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Allusivamente, credo, al cingersi di corda de' frati Minori ed altri penitenti: e quasi a dire, che la di lui corda non era, come quella di questi, un composto di canapa, ma un composto d'ogni valore<\/b>, d'ogni virtù, imitando così quell'accinxit fortitudine lumbos tuos<\/i>, che della donna forte scrisse Salomone [Parab. 31]. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4579","LuogoFonte":"XXXI 17","NotaFonte":"","TestoFonte":"Accinxit fortitudine lumbos suos","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_proverbiorum_lt.html#31","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"114","from":6882.0,"to":6889.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Proverbi"},
{"Annotazione":"Altra ciconscrizione\ndell'ora medesima suddetta prende dalla geomanz\u00eca, arte\ndivinatoria, cos\u00ec detta dal Greco %gamma%eta\\, che vuol dir\nterra<\/i>; perocch\u00e8 trae cotal arte le pazze sue predizioni\ndall'osservazione di figure in terrestri corpi [Vedi, tra gli\naltri, Passavanti nel capitolo della terza scienza diabolica<\/i>]. \nTra i vari nomi, che davano i geomanti a varie combinazioni di\npunteggiature, ch'essi alla cieca, con punta di verga facevano in\nsu l'arena, appellavano [insegnano il Landino, ed altri\nspositori] maggior fortuna<\/b> [fortuna maior] quella disposizione\ndi punteggiature, che riusciva somigliante alla disposizione\ndelle stelle componenti il fine del celeste segno dell'Aquario,\ned il principio dei Pesci.  Il Poeta adunque in vece di dire\nch'era quella l'ora in cui, essendo il Sole in Ariete [Vedi la\nnota Inf. I, 38], erano gi\u00e0 sopra l'orizzonte alzati tutto\nAquario, e parte de' Pesci [che, per essere questi segni\nimmediatamente precedenti Ariete, sarebbe stato il medesimo che\ndire poco avanti il nascer<\/i><\/b> del Sole] dice ch'era l'ora quando i\ngeomanti veggiono la loro maggior fortuna surgere in oriente\ninnanzi all'alba per via<\/i><\/b>, per quella strada, che<\/b> pe 'l presto\nvenirle il Sole in seguito, poco le<\/b> [alla medesima maggior\nfortuna<\/b>] sta bruna<\/b>, rimane oscura.\n\n\tPremette poi il Poeta essere stata questa l'ora del\nsogno, che adesso \u00e8 per raccontare, allusivamente a ci\u00f2 che nel\ncanto IX di questa cantica disse, che la mente nostra in cotale\nora\n\n     Alle sue vision quasi \u00e8 divina<\/i> \n     [Verso 18].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Altra ciconscrizione dell'ora medesima suddetta prende dalla geomanzìa, arte divinatoria, così detta dal Greco γ\u1fc6, che vuol dir terra<\/i>; perocchè trae cotal arte le pazze sue predizioni dall'osservazione di figure in terrestri corpi [Vedi, tra gli altri, Passavanti nel capitolo della terza scienza diabolica<\/i>].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3805918","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q19141302","LuogoFonte":"278-279","NotaFonte":"Lombardi cita da Lo specchio della vera penitenza di Fr. Jacopo PASSAVANTI fiorentino dell\u2019Ordine de\u2019 Predicatori dato in luce dagli Accademici della Crusca, Firenze, Tartini e Franchi, 1725.","TestoFonte":"Alcuna volta manifesta il diavolo certe cose occulte per certe figure e segni che appaiono in alcuni corpi insensibili : le quali se appariscono in alcun corpo terrestre, come s'è ferro, vetro, pietra pulita, specchio o unghia, si è geomanzia [...]. L'altra maniera d' indovinamento senza spressa invocazione del dimenio, si é quando si considerano certe cose che intervengono per alcune cose fatte dagli uomini studiosamente e in pruova , per sapere alcune cose occulte : come sarebbe protrarre punti o linee o figure, che si appartiene a geomanzia.","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=LJ9bAAAAcAAJ&pg=RA3-PA16&dq=Lo+specchio+di+vera+penitenza.+A+miglior+lezione+ridotto+geomanzia&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&sa=X&ved=2ahUKEwi1wqz0iOv2AhV3h_0HHQ8-Ar4Q6AF6BAgJEAI#v=onepage&q=Lo%20specchio%20di%20vera%20penitenza.%20A%20miglior%20lezione%20ridotto%20geomanzia&f=false","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"4-6","from":18513.0,"to":18516.0,"NomeAutore":"Jacopo Passavanti","TitoloFonte":"Specchio di vera penitenza"},
{"Annotazione":"Altra voce di rimprovero\nagl'invidiosi — Aglauro<\/b>, figliuola d'Eritteo Re d'Atene. \nCostei portando estrema invidia alla sorella Erse amata da\nMercurio, e opponendosi con ogni sua possa a' piaceri di quel\nnume, fu da lui convertita in sasso.  Vedi Ovidio nel 2 delle\nTrasformazioni.  Volpi.  E la non disdicevole cagione di unir\nfavole alla sacra storia vedila nel canto XII di questa cantica\nsotto il v. 28.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Aglauro<\/b>, figliuola d'Eritteo Re d'Atene.  Costei portando estrema invidia alla sorella Erse amata da Mercurio, e opponendosi con ogni sua possa a' piaceri di quel nume, fu da lui convertita in sasso.  Vedi Ovidio nel 2 delle Trasformazioni.  Volpi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"II 708-832","NotaFonte":"","TestoFonte":"Hinc se sustulerat paribus caducifer alis,
Munychiosque volans agros gratamque Minervae
despectabat humum cultique arbusta Lycei.
Illa forte die castae de more puellae
vertice supposito festas in Palladis arces
pura coronatis portabant sacra canistris.
Inde revertentes deus adspicit ales iterque
non agit in rectum, sed in orbem curvat eundem.
Ut volucris visis rapidissima miluus extis,
dum timet et densi circumstant sacra ministri,
flectitur in gyrum nec longius audet abire
spemque suam motis avidus circumvolat alis,
sic super Actaeas agilis Cyllenius arces
inclinat cursus et easdem circinat auras.
Quanto splendidior quam cetera sidera fulget
Lucifer, et quanto quam Lucifer aurea Phoebe,
tanto virginibus praestantior omnibus Herse
ibat, eratque decus pompae comitumque suarum.
Obstipuit forma Iove natus, et aethere pendens
non secus exarsit, quam cum Balearica plumbum
funda iacit: volat illud et incandescit eundo
et quos non habuit, sub nubibus invenit ignes.
Vertit iter caeloque petit terrena relicto
nec se dissimulat: tanta est fiducia formae.
Quae quamquam iusta est, cura tamen adiuvat illam
permulcetque comas chlamydemque, ut pendeat apte,
collocat, ut limbus totumque appareat aurum,
ut teres in dextra, qua somnos ducit et arcet,
virga sit, ut tersis niteant talaria plantis.
Pars secreta domus ebore et testudine cultos
tres habuit thalamos: quorum tu, Pandrose, dextrum,
Aglauros laevum, medium possederat Herse.
Quae tenuit laevum, venientem prima notavit
Mercurium nomenque dei scitarier ausa est
et causam adventus. Cui sic respondit Atlantis
Pleionesque nepos: “Ego sum, qui iussa per auras
verba patris porto: pater est mihi Iuppiter ipse.
Nec fingam causas; tu tantum fida sorori
esse velis prolisque meae matertera dici.
Herse causa viae. Faveas oramus amanti.”
Adspicit hunc oculis isdem, quibus abdita nuper
viderat Aglauros flavae secreta Minervae,
proque ministerio magni sibi ponderis aurum
postulat: interea tectis excedere cogit.
Vertit ad hanc torvi dea bellica luminis orbem
et tanto penitus traxit suspiria motu,
ut pariter pectus positamque in pectore forti
aegida concuteret. Subit, hanc arcana profana
detexisse manu tum cum sine matre creatam
Lemnicolae stirpem contra data foedera vidit,
et gratamque deo fore iam gratamque sorori
et ditem sumpto, quod avara poposcerat, auro.
Protinus Invidiae nigro squalentia tabo
tecta petit. Domus est imis in vallibus huius
abdita, sole carens, non ulli pervia vento,
tristis et ignavi plenissima frigoris, et quae
igne vacet semper, caligine semper abundet.
Huc ubi pervenit belli metuenda virago,
constitit ante domum (neque enim succedere tectis
fas habet) et postes extrema cuspide pulsat.
Concussae patuere fores. Videt intus edentem
vipereas carnes, vitiorum alimenta suorum,
Invidiam, visaque oculos avertit. At illa
surgit humo pigre semesarumque relinquit
corpora serpentum passuque incedit inerti;
utque deam vidit formaque armisque decoram,
ingemuit vultumque ima ad suspiria duxit.
Pallor in ore sedet, macies in corpore toto,
nusquam recta acies, livent rubigine dentes,
pectora felle virent, lingua est suffusa veneno.
Risus abest, nisi quem visi movere dolores.
Nec fruitur somno, vigilacibus excita curis,
sed videt ingratos intabescitque videndo
successus hominum, carpitque et carpitur una,
suppliciumque suum est. Quamvis tamen oderat illam,
talibus adfata est breviter Tritonia dictis:
“Infice tabe tua natarum Cecropis unam.
Sic opus est. Aglauros ea est.” Haud plura locuta
fugit et impressa tellurem reppulit hasta.
Illa deam obliquo fugientem lumine cernens
murmura parva dedit, successurumque Minervae
indoluit, baculumque capit, quod spinea totum
vincula cingebant, adopertaque nubibus atris,
quacumque ingreditur, florentia proterit arva
exuritque herbas et summa cacumina carpit,
adflatuque suo populos urbesque domosque
polluit. Et tandem Tritonida conspicit arcem
ingeniis opibusque et festa pace virentem,
vixque tenet lacrimas, quia nil lacrimabile cernit.
Sed postquam thalamos intravit Cecrope natae,
iussa facit pectusque manu ferrugine tincta
tangit et hamatis praecordia sentibus implet,
inspiratque nocens virus, piceumque per ossa
dissipat et medio spargit pulmone venenum.
Neve mali causae spatium per latius errent,
germanam ante oculos fortunatumque sororis
coniugium pulchraque deum sub imagine ponit,
cunctaque magna facit. Quibus inritata dolore
Cecropis occulto mordetur et anxia nocte,
anxia luce gemit, lentaque miserrima tabe
liquitur ut glacies incerto saucia sole.
Felicisque bonis non lenius uritur Herses,
quam cum spinosis ignis supponitur herbis,
quae neque dant flammas lenique tepore cremantur.
Saepe mori voluit, ne quicquam tale videret,
saepe velut crimen rigido narrare parenti;
denique in adverso venientem limine sedit
exclusura deum. Cui blandimenta precesque
verbaque iactanti mitissima “desine” dixit:
“hinc ego me non sum nisi te motura repulso.”
“Stemus” ait “pacto” velox Cyllenius “isto”:
caelestique fores virga patefecit. At illi
surgere conanti partes, quascumque sedendo
flectimus, ignava nequeunt gravitate moveri.
Illa quidem pugnat recto se attollere trunco,
sed genuum iunctura riget, frigusque per inguen
labitur, et callent amisso sanguine venae.
Utque malum late solet inmedicabile cancer
serpere et inlaesas vitiatis addere partes,
sic letalis hiems paulatim in pectora venit
vitalesque vias et respiramina clausit.
Nec conata loqui est, nec, si conata fuisset,
vocis habebat iter: saxum iam colla tenebat,
oraque duruerant, signumque exsangue sedebat.
Nec lapis albus erat: sua mens infecerat illam.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:2.708-2.832","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"139","from":14225.0,"to":14228.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Altro Centauro de' pi\u00f9 iracondi e risoluti:\nun di quelli che, al dir di Ovidio nelle Metam., tentarono il\nratto d'Ippodamia.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Altro Centauro de' più iracondi e risoluti: un di quelli che, al dir di Ovidio nelle Metam., tentarono il ratto d'Ippodamia.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"Metamorphoseon libri XII, 306","NotaFonte":"","TestoFonte":"et Pholus<\/strong> et Melaneus et Abas praedator aprorum","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D12%3Acard%3D210","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"72","from":10953.0,"to":10954.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
{"Annotazione":"Altro indovino, nativo di Tebe.  Dicevan\nle favole ch'egli, avendo con una verga percosso due serpi\namorosamente congiunti, divenne femmina: dopo sett'anni,\nritrovati i medesimi serpi, e ripercossili, torn\u00f2 maschio. \nSorta un di questione tra Giove e la moglie, del chi fosse pi\u00f9\ncaldo, se l'uomo o la donna, piacque interrogarne Tiresia: il\nquale rispose, che la donna.  Giunone, piccata, gli tolse la\nvista: Giove in compenso lo fece indovino, «pro lumine adempto\nScire futura dedit.» (Ovid. Met. III.)\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Tiresia<\/strong>. Altro indovino, nativo di Tebe. Dicevan le favole ch'egli, avendo con una verga percosso due serpi amorosamente congiunti, divenne femmina: dopo sett'anni, ritrovati i medesimi serpi, e ripercossili, tornò maschio. Sorta un di questione tra Giove e la moglie, del chi fosse più caldo, se l'uomo o la donna, piacque interrogarne Tiresia: il quale rispose, che la donna. Giunone, piccata, gli tolse la vista: Giove in compenso lo fece indovino, «pro lumine adempto Scire futura dedit.» (Ovid. Met. III.)","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"Metamorphoseon libri III, 334-336","NotaFonte":"","TestoFonte":"At pater omnipotens (neque enim licet inrita cuiquam
facta dei fecisse deo) pro lumine adempto
scire futura dedit, poenamque levavit honore.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D3%3Acard%3D314","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40","from":18705.0,"to":18706.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Anania Safira la moglie, che\nritennero, contra il voto fatto [o che venivano per fare [Vedi,\ntra gli altri, Tirino al cap. 5 degli atti degli Apostoli]] di\npovert\u00e0 [o sia di vita comune] parte del prezzo delle vendute\npossessioni, e caddero morti alla riprensione di s. Pietro Act.<\/i>\n5 Venturi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Col marito<\/strong> Anania Safira la moglie, che ritennero, contra il voto fatto [o che venivano per fare [Vedi, tra gli altri, Tirino al cap. 5 degli atti degli Apostoli]] di povertà [o sia di vita comune] parte del prezzo delle vendute possessioni, e caddero morti alla riprensione di s. Pietro Act. <\/i>5 Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","LuogoFonte":"V 1-11","NotaFonte":"","TestoFonte":"1 Vir autem quidam nomine Ananias cum Sapphira uxore sua vendidit agrum 
2 et subtraxit de pretio, conscia quoque uxore, et afferens partem quandam ad pedes apostolorum posuit. 
3 Dixit autem Petrus: “ Anania, cur implevit Satanas cor tuum mentiri te Spiritui Sancto et subtrahere de pretio agri? 
4 Nonne manens tibi manebat et venumdatum in tua erat potestate? Quare posuisti in corde tuo hanc rem? Non es mentitus hominibus sed Deo! ”. 
5 Audiens autem Ananias haec verba cecidit et exspiravit; et factus est timor magnus in omnes audientes. 
6 Surgentes autem iuvenes involverunt eum et efferentes sepelierunt.
7 Factum est autem quasi horarum trium spatium, et uxor ipsius nesciens, quod factum fuerat, introivit. 
8 Respondit autem ei Petrus: “ Dic mihi, si tanti agrum vendidistis? ”. At illa dixit: “ Etiam, tanti ”. 
9 Petrus autem ad eam: “ Quid est quod convenit vobis tentare Spiritum Domini? Ecce pedes eorum, qui sepelierunt virum tuum, ad ostium, et efferent te ”. 
10 Confestim cecidit ante pedes eius et exspiravit; intrantes autem iuvenes invenerunt illam mortuam et efferentes sepelierunt ad virum suum. 
11 Et factus est timor magnus super universam ecclesiam et in omnes, qui audierunt haec.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#5","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"112","from":20313.0,"to":20315.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"}, {"Annotazione":"Anche Francesca, ma in\nsuono pi\u00f9 conveniente a donna innamorata: «Far\u00f2 come colui che\npiange e dice.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Parlare e lagrimar<\/b> ec. Anche Francesca, ma in suono più conveniente a donna innamorata: «Farò come colui che piange e dice.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V, 126","NotaFonte":"","TestoFonte":"dirò come colui che piange e dice.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"9","from":31997.0,"to":32000.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Anche Ugolino, nel c.\nXXXIII: «Fiorentino Mi sembri veramente quand'i' t'odo.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Anche Ugolino, nel c. XXXIII: «Fiorentino Mi sembri veramente quand'i' t'odo.»\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIII, 11-12","NotaFonte":"","TestoFonte":"venuto se' qua giù; ma fiorentino
mi sembri veramente quand'io t'odo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=33","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25","from":8803.0,"to":8806.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Anche Virgilio, Georg., II:\n«Silvae, Quas animosi Euri assidue franguntque feruntque.» Ma\ncontro la lezione e porta i fiori<\/i>, sostenuta pur essa da\nautorevolissimi uomini, pi\u00f9 che il virgiliano feruntque<\/i> e che\nla ragion della gradazione, la quale non comporta che dopo i rami\nsi parli de' fiori, mi ha determinato l'osservare il proprio\nprocedimento di questa comparazione di Dante; secondo la quale il\nvento investe la selva, e volendo questa rattenerlo, egli ne\nschianta ed abbatte i rami, e seco portandoli prorompe vittorioso\nfuori di essa selva nell'opposta campagna, per la quale poi,\npreceduto da un nembo di polvere e di frantumi, prosegue sua\ncorsa. Dove mi par chiaro che il trasporto dei rami fuori<\/i>\ndella selva faccia parte integrale.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Anche Virgilio, Georg., II: «Silvae, Quas animosi Euri assidue franguntque feruntque.» <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q674439","LuogoFonte":"Georgica II, 440-441","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ipsae Caucasio steriles in vertice silvae,
quas animosi Euri adsidue franguntque feruntque,","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0059%3Abook%3D2%3Acard%3D426","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"70","from":8172.0,"to":8179.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Georgiche"}, {"Annotazione":"Anche queste parole\ndebbono intendersi cantate dagli angeli, come di quell'altre\nBeati pauperes<\/i> dicemmo nel canto XII, 110 di questa cantica: e\nsono pur esse parole di Ges\u00f9 Cristo, nel capo 5 di s. Matteo,\nencomianti l'amore del prossimo, virt\u00f9 contraria all'invidia nel\npoco anzi passato girone purgata. Qui miseretur<\/i>, dice s.\nAmbrogio, largitur de suo. Qui suum donat non quaerit alienum<\/i>\n[Lib. 5 in cap. 6 Lucae<\/i>], come l'invidioso fa. — godi tu che\nvinci<\/b>, corrisponde alle parole pur di Ges\u00f9 Cristo, nel citato\ncapo di s. Matteo, Gaudete exsultate, quoniam merces vestra\ncopiosa est in caelis.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Anche queste parole debbono intendersi cantate dagli angeli, come di quell'altre Beati pauperes<\/i> dicemmo nel canto XII, 110 di questa cantica<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XII 110","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Beati pauperes spiritu!\" voci","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=46&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"38-39","from":14596.0,"to":14598.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Anna, che oltre a essere suocero di\nCaifas, era pontefice nell'anno della morte di Ges\u00f9 (Giov.,\nXVIII, 13).  — si stenta<\/b>: si martira, spiegano i pi\u00f9. \nPreferirei interpretare col Tommaseo: si stende, o meglio: si\nsente stirar i muscoli sotto i piedi che gl'incappati uno dietro\nl'altro gli piantano sul corpo.  Lacte domum referent distenta\ncapellae ubera<\/i> (Virg., Ecl.<\/i>, IV, 21).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
si stenta<\/b>: si martira, spiegano i più. \r\nPreferirei interpretare col Tommaseo: si stende, o meglio: si\r\nsente stirar i muscoli sotto i piedi che gl'incappati uno dietro\r\nl'altro gli piantano sul corpo.  Lacte domum referent distenta<\/i>capellae ubera<\/i> (Virg., Ecl.<\/i>, IV, 21).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/eclogae","LuogoFonte":"IV, 21-22","NotaFonte":"Il testo latino non sembra aver nulla a che fare col verso commentato; l'unico legame pu\u00f2 risiedere nel richiamo ritmico \"distenta : si stenta\", l\u00ec dove i versi virgiliani hanno per\u00f2 significato completamente diverso (\u00abLe capre all'ovile riporteranno da sole le mammelle gonfie di latte\u00bb).","TestoFonte":"Ipsae lacte domum referent distenta capellae
Vbera, nec magnos metuent armenta leones;","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Ceclo%7C004","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=18375', 'Autore':'Niccol\u00f2 Tommaseo, 1837 [ed. of 1865]','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"121","from":22307.0,"to":22309.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"Anzi questo picciol lume di\nconoscenza, datomi dalla voce dell'ombra, rese intiera la\nconoscenza mia anche alla<\/b> [per circa la<\/i> [Vedi Cinon.\nPartic.<\/i> cap. 2 n. 2]] cambiata labbia<\/i><\/b>, sformata faccia:\nfacendomi cio\u00e8 riconoscere in lei quei caratteri, che ancora\nv'erano residui, e ch'io da prima non riconbbi. Di labbia<\/b> per\nfaccia<\/i><\/b> vedi 'l Vocab. della Cr. — Forese.<\/i><\/b> Sbagliano qu\u00ec di\ngrosso, quanto veggo, tutti gli espositori, dicendo costui\nfratello di Francesco Accursio il giurisconsulto mentovato Inf.\nXV, 110. Era costui, come dal canto seguente v. 13 apparisce,\nfratello di Piccarda, e perci\u00f2 fratello di M. Corso Donati, e non\ndi Francesco Accursio. Vedi Cionacci storia della beata Umiliana\n[Parte 4 cap. 1].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
 Forese.<\/b>  Sbagliano quì di grosso, quanto veggo, tutti gli espositori, dicendo costui fratello di Francesco Accursio il giurisconsulto mentovato Inf. XV, 110.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XV 110","NotaFonte":"","TestoFonte":" e Francesco d'Accorso anche; e vedervi,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=15","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': '', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46-48","from":22934.0,"to":22936.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Anzi, siccome dal fummo si\nargomenta il fuoco, cos\u00ec dallo averti l'attuffamento nel Let\u00e8o\nfiume [che la ricordanza delle colpe scancella [Purgatorio\nXXVIII, 128]] fatto dimentico di essere stata tua voglia altrove\nattenta<\/b>, attaccata altrove, ad altri oggetti, argomentasi che in\nvoglia cotale fosse colpa.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Anzi, siccome dal fummo si argomenta il fuoco, così dallo averti l'attuffamento nel Letèo fiume [che la ricordanza delle colpe scancella [Purgatorio XXVIII, 128]] fatto dimentico di essere stata tua voglia altrove attenta<\/b>, attaccata altrove, ad altri oggetti, argomentasi che in voglia cotale fosse colpa.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVIII 128","NotaFonte":"","TestoFonte":"che toglie altrui memoria del peccato;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=62","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97-99","from":33718.0,"to":33722.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Appartiene questo esempio\nnon ad altro che a far capire il simultaneo moversi e fermarsi di\nquelli spiriti~, — che i muove<\/i>, vale in questo luogo pure la\ni<\/i> per li<\/i>, o gli<\/i>, come in quell' altro verso\n\n     La sconoscente vita<\/i>, che i fe' sozzi<\/i> [Inf. VII. 53.~,\n     vedi 'l Voc. della Cr. sotto la lettera I {paragraph}. 5.].\n\nChiudere e levarsi<\/i> dice~, come per zeuma~, in vece di\nchiudersi e levarsi<\/i>, al modo che direbbesi in Latino oportet\nclaudere et aperire se<\/i>, in vece di claudere se<\/i>, et aperire\nse.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
che i muove<\/i>, vale in questo luogo pure la i<\/i> per li<\/i>, o gli<\/i>, come in quell' altro verso\r\n     La sconoscente vita<\/i>, che i fe' sozzi<\/i> [Inf. VII. 53]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII 53","NotaFonte":"","TestoFonte":"la sconoscente vita che i fé sozzi,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=7&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"26-27","from":11258.0,"to":11273.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Appella metaforicamente gli occhi\ndi Beatrice smeraldi<\/b>, per essere lo smeraldo gioia che, dice\nPlinio [Hist. nat.<\/i> lib. 37 cap. 5], ha un colore pi\u00f9 giocondo\nd'ogn'altra, e nel mirare la quale l'occhio mai non si sazia<\/i>;\nper\u00f2 attissima al caso.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Appella metaforicamente gli occhi di Beatrice smeraldi<\/b>, per essere lo smeraldo gioia che, dice  Plinio [Hist. nat.<\/i> lib. 37 cap. 5], ha un colore più giocondo d'ogn'altra, e nel mirare la quale l'occhio mai non si sazia<\/i>; però attissima al caso.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q82778","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q442","LuogoFonte":"XXXVII 20","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Hist. Nat., XXXVII 20","TestoFonte":"Tertia auctoritas smaragdis perhibetur pluribus de causis, quippe nullius coloris aspectus iucundior est [...]. praeterea soli gemmarum contuitu inplent oculos nec satiant.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0978.phi001.perseus-lat1:37.20","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"116","from":31715.0,"to":31722.0,"NomeAutore":"Plinio il Vecchio","TitoloFonte":"Naturalis historia"},
{"Annotazione":"Atamante, re di Tebe, fu da\nGiunone accecato di tanto furiosa pazzia, che incontrando nella\nreggia Ino sua moglie con in braccio i suoi due figlioletti\nLearco e Melicerta, la credette una leonessa con due leoncelli, e\ngrid\u00f2: Tendiam le reti ec.  Ovidio, Metam., IV: «Media\nfuribundus in aula Clamat: Io, comites! his retia pandite silvis:\nHic modo cum gemina visa est mihi prole leaena.»  — Mano<\/b> per\nbraccio<\/i>; la parte pel tutto.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Atamante divenne<\/b> ec. Atamante, re di Tebe, fu da Giunone accecato di tanto furiosa pazzia, che incontrando nella reggia Ino sua moglie con in braccio i suoi due figlioletti Learco e Melicerta, la credette una leonessa con due leoncelli, e gridò: Tendiam le reti ec. Ovidio, Metam., IV: «Media furibundus in aula Clamat: Io, comites! his retia pandite silvis: Hic modo cum gemina visa est mihi prole leaena.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"Metamorphoseon libri IV, 513-514","NotaFonte":"","TestoFonte":"clamat “io, comites, his retia tendite silvis!
hic modo cum gemina visa est mihi prole leaena:”","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D4%3Acard%3D481","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"4-8","from":28799.0,"to":28801.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Ateniese, poeta tragico\neccellentissimo. Anacreonte<\/b>, nato in Teo, citt\u00e0 dell'antica\nIonia [Teos Anacreontis patria teste Strabone, licet alii Teium\nillius patriam scribant.<\/i> Ferrar Lexic. geogr.<\/i> art Teos.<\/i>],\npoeta lirico leggiadrissimo. Simonide<\/i><\/b>, nato in Cea, isola del\nmare Egeo, uno de' nove lirici Greci famosi. Agatone<\/b>, poeta\nGreco antico, d'una favola del quale intitolata l'Anto<\/i><\/b>, o il\nFiore<\/i>, fa menzione Aristotele nella sua poetica. Volpi —\npi\u00f9e<\/i><\/b> per pi\u00f9<\/i><\/b>, paragoge.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Agatone<\/b>, poeta Greco antico, d'una favola del quale intitolata l'Anto<\/i>, o il Fiore<\/i>, fa menzione Aristotele nella sua poetica.  Volpi<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q868","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q264714","LuogoFonte":"1451b","NotaFonte":"","TestoFonte":"\u1f22 δ\u03cdο τ\u1ff6ν γνωρ\u03afμων \u1f10στ\u1f76ν \u1f40νομ\u03acτων, τ\u1f70 δ\u1f72 \u1f04λλα πεποιημ\u03adνα, \u1f10ν \u1f10ν\u03afαις δ\u1f72 ο\u1f50θ\u03adν, ο\u1f37ον \u1f10ν τ\u1ff7 \u1f08γ\u03acθωνος \u1f08νθε\u1fd6: <\/strong>","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0086.tlg034.perseus-grc1:1451b","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"106-107","from":22288.0,"to":22289.0,"NomeAutore":"Aristotele","TitoloFonte":"Poetica"},
{"Annotazione":"Atto farsi in altrui spregio, con\nmettere il dito grosso tra l'indice e il medio.  I Fiorentini nel\n1228 presero e disfecero la rocca di Carmignano, in su la quale\n«avea una torre alta 70 braccia, e aveavi suso due braccia di\nmarmo, le mani delle quali faceano le fiche a Firenze.» Gio.\nVillani, VI, 5.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"le fiche<\/strong>. Atto farsi in altrui spregio, con mettere il dito grosso tra l'indice e il medio. I Fiorentini nel 1228 presero e disfecero la rocca di Carmignano, in su la quale «avea una torre alta 70 braccia, e aveavi suso due braccia di marmo, le mani delle quali faceano le fiche a Firenze.» Gio. Villani, VI, 5.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica VII, 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"E nota che in su la rocca di Carmignano avea una torre alta LXX braccia, e ivi su due braccia di marmo, che faceano le mani le fiche a Firenze<\/strong>, onde per rimproccio usavano gli artefici di Firenze quando era loro mostrata moneta o altra cosa, diceano: «No·lla veggo, però che m’è dinanzi la rocca di Carmignano»; e per questa cagione feciono i Pistolesi le comandamenta de’ Fiorentini, sì come seppono divisare i Fiorentini, e feciono disfare la detta rocca di Carmignano.","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"2","from":23629.0,"to":23631.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Austriaco padre dell'Imperatore\nAlberto.  Vedi v. 97 e 103 e segg. del canto precedente.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Austriaco padre dell'Imperatore Alberto.  Vedi v. 97 e 103 e segg. del canto precedente.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VI 97","NotaFonte":"","TestoFonte":"O Alberto tedesco ch'abbandoni","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=40&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94","from":6736.0,"to":6741.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Avendo gi\u00e0 detto,\nche intorno al circolare prefato lume erano soglie<\/i> {v.113}, o\nsieno gradi, pi\u00f9 di mille, d'onde l'anime beate in quel lume si\nspecchiavano, ci ha fatto capire, che intorno al medesimo lume si\nalzasse una circolare scala, come d'anfiteatro.  Siccome adunque\ni gradi di circolare scala quanto pi\u00f9 alti sono tanto pi\u00f9 in\nlargo stendono la loro circonferenza, bene perci\u00f2 pretende il\nPoeta, che dalla larghezza dell'infimo grado, tanta che sarebbe\nal Sole troppo larga cintura<\/i>, argomentare si debba quanta\ndoveva essere la larghezza degli estremi pi\u00f9 alti gradi.  Ma,\nsiccome la struttura di quella celeste scala imitava, come\nespressamente dir\u00e0 poi [Canto seg. nel principio], la struttura\ndi una rosa, in cui dal giallo intermedio verso l'estremit\u00e0 si\nvanno appunto le foglie di mano in mano una sopra dell'altra\ninnalzando, per\u00f2 in vece di dire quant'\u00e8 la larghezza di questa\nscala negli estremi gradi<\/i>, dice quant'\u00e8 la larghezza Di questa\nrosa nell'estreme foglie.<\/b>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
la struttura di quella celeste scala imitava, come espressamente dirà poi [Canto seg. nel principio], la struttura di una rosa<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXXI 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"In forma dunque di candida rosa","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=98&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115-117","from":30142.0,"to":30147.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Avendo il Poeta nel terminare\ndella prossima passata notte detto, che nella notte precedente a\nquella fu la Luna tonda<\/i> [Cant. IX v. 107], dicendo ora, che la\nLuna gli era sotto i piedi, viene a dinotare, ch'era mezzo giorno\npassato: siccome all'opposto, quando due notti dopo il\nplenilunio, abbiamo la Luna sopra il capo, gi\u00e0 \u00e8 passata la mezza\nnotte.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Avendo il Poeta nel terminare della prossima passata notte detto, che nella notte precedente a quella fu la Luna tonda<\/i> [Cant. IX v. 107], dicendo ora, che la Luna gli era sotto i piedi, viene a dinotare, ch'era mezzo giorno passato<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XX 127","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Inf. XX 127, non IX 107.","TestoFonte":"e già iernotte fu la luna tonda:","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=20","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"10","from":27831.0,"to":27835.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Averroe comentator\nd'Aristotele, di cui parlando Scoto, Commentator<\/i>, dice, 3 de\nanima ponit intellectum possibilem esse substantiam separatam<\/i>\n[In<\/i> 4 dist.<\/i> 45 qu.<\/i><\/b> 2].  Possibile intelletto<\/b> significava\nappo i Scolastici la facolt\u00e0 d'intendere; imperocch\u00e8,\nall'intelletto ch'essi nomavano agente<\/i>, cotale facolt\u00e0 non\nattribuivano: Nullus intellectus intelligit<\/i> [dice il medesimo\nScoto [Ivi qu.<\/i> I]] nisi intellectus possibilis, quia agens non\nintelligit<\/i>: altro cio\u00e8 non era l'officio dell'intelletto\nagente<\/i>, che di formare traendo dalle materiali le spirituali\nspecie, colle quali movesse l'intelletto possibile\nall'intendimento: e per questo ricevere di cotali specie credo\nche possibile<\/i><\/b>, o passibile<\/i><\/b> [Passibile<\/i> in vece di\npossibile<\/b> legge il Vellutello], o passivo<\/i><\/b> [Possibilis est\npassivus<\/i> dice Scoto nel precit. luogo] lo appellassero.  Il\nDaniello, dopo di aver riferito la cagione d'Averroe di ammettere\ndisgiunto dall'anima il possibile intelletto<\/i>, perocch\u00e8, vuole,\nche nell'uomo non sia proprio e particolare intelletto, ma che\nsia un intelletto universale estrinseco, il quale s'infonda in\ntutti gli uomini, non altrimenti che faccia il Sole per tutte le\nparti del mondo<\/i>, passa a dichiarare che chiamasi questo\nintelletto<\/i> possibile, per essere in potenza d'infondersi in\ntutte le nature diverse degli uomini, ed operare in essi la virt\u00f9\nsua.<\/i>  Ma ci\u00f2 potrebbe accordarsi quando solo Averroe, ch'era in\ncotale falsa credenza, cos\u00ec appellato lo avesse, e non tutti\nunitamente gli Scolastici, anche i pi\u00f9 savi.  — Perch\u00e8 da lui\nnon vide organo assunto<\/i><\/b>: perch\u00e8 non vide che l'intelletto per\nintendere si adoprasse verun organo corporeo, siccome fa l'anima\nsensitiva, che per vedere, esempigrazia, adopera l'occhio, per\nudire l'orecchio ec.  Assunto<\/b> adunque val quanto assunto\nall'operazione sua.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Più savio di te.<\/strong> Averroe comentator d'Aristotele, di cui parlando Scoto, Commentator<\/i>, dice, 3 de anima ponit intellectum possibilem esse substantiam separatam <\/i>[In<\/i> 4 dist.<\/i> 45 qu.<\/i> 2]. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q190089","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/quaestiones-in-quartum-librum-sententiarum","LuogoFonte":"In IV dist. 45 qu. 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et sic Commentator loquitur III de anima<\/em> quia ponit intellectum possibilem esse substantiam separatam","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/operaomnia20duns\/page\/281\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"63-66","from":25163.0,"to":25167.0,"NomeAutore":"Duns Scoto","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Averroe, filosofo arabo del\nXII secolo, nato a Cordova, morto a Marrocco, tradusse e\ncoment\u00f2 tutte le opere di Aristotile; molte delle quali per gran\ntempo non furono in Europa conosciute altrimenti che per le\ntraduzioni latine fattene sulle arabe di lui.  I suoi comenti\ngodevano di autorit\u00e0 quasi eguale a quella del testo; e ne fu\nchiamato per antonomasia il Comentatore (Conv., IV, 13).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Averroe, filosofo arabo del XII secolo, nato a Cordova, morto a Marrocco, tradusse e comentò tutte le opere di Aristotile; molte delle quali per gran tempo non furono in Europa conosciute altrimenti che per le traduzioni latine fattene sulle arabe di lui.  I suoi comenti godevano di autorità quasi eguale a quella del testo; e ne fu chiamato per antonomasia il Comentatore (Conv., IV, 13). <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio IV, xiii, 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"E chi intende lo Comentatore <\/strong>nel terzo dell'Anima, questo intende da lui.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=63&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"144","from":3941.0,"to":3947.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Aveva costui menata vita\nepicurea; e per regnare, aveva data morte al proprio padre\nFederico II ed al fratello Corradino, ed era stato nemico e\npersecutore di santa chiesa [Vedi tra gli altri Gio. Villani lib.\n6 cap. 42, 44, 89, e lib. 7, cap. 9].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Aveva costui menata vita epicurea; e per regnare, aveva data morte al proprio padre Federico I [Vedi tra gli altri Gio. Villani lib.  6 cap. 42 (...)]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VII 41","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, pp. 150-151 (VI 42)","TestoFonte":"Nel detto anno MCCL, essendo Federigo imperadore in Puglia nella città di Fiorenzuola a l'uscita d'Abruzzi, si amalò forte, e già del suo aguro non si seppe guardare, che trovava che dovea morire in Firenze, e come dicemmo adietro, per la detta cagione mai non volle entrare in Firenze, né in Faenza; ma male seppe interpetrare la parola mendace del dimonio, che gli disse si guardasse che morrebbe in Firenze, e elli non si guardò di Fiorenzuola. Avenne che agravando de la detta malatia, essendo co·llui uno suo figliuolo bastardo ch'avea nome Manfredi, disiderando d'avere il tesoro di
Federigo suo padre, e la signoria del Regno e di Cicilia, e temendo che Federigo di quella malatia non iscampasse o facesse testamento, concordandosi col suo segreto ciamberlano, promettendoli molti doni e signoria, con uno pimaccio che a Federigo puose il detto Manfredi in su la bocca, sì·ll'afogò; e per lo detto modo morì il detto Federigo disposto dello 'mperio e scomunicato da santa Chiesa, sanza penitenzia, o nullo sagramento di santa Chiesa. E per questo potemo notare la parola che Cristo disse nel Vangelio: “Voi morrete nelle peccata vostre”; che così avenne a Federigo, il
quale fu così nimico di santa Chiesa, ch'egli fece morire la moglie e Arrigo re suo figliuolo, e... e videsi sconfitto e preso Enzo suo figliuolo, e egli dal suo figliuolo Manfredi vilmente morto e sanza penitenza; e ciò fu il dì di santa Lucia di dicembre, gli anni detti MCCL.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"121","from":2748.0,"to":2750.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"Azzone III. da Este suddetto. \nEsti<\/b> invece d'Este<\/i> scrive pur Gio. Villani [Vedi a cagion\nd'esempio Cron.<\/i> lib. 9 cap. 88] — il fe far<\/i><\/b>, fece commettere\nnella persona mia cotale assassinio — che<\/b>, val perciocch\u00e8.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Esti<\/b> invece d'Este<\/i> scrive pur Gio. Villani [Vedi a cagion d'esempio Cron.<\/i> lib. 9 cap. 88]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"X 89","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 421 (IX 88)","TestoFonte":"Nel detto anno, del mese di dicembre, il detto messer Cane con suo isforzo venne a oste sopra i Padovani, e prese Monselici ed Esti<\/strong>, e gran parte di loro castella","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"77","from":4515.0,"to":4518.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Barbariccia, capo della decina\n(XXI, 120).  Decurio<\/b> per decurione<\/i>; come Sermo<\/i>, Plato<\/i>,\nec.  Ved. nota 138 al C. XIII.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"il decurio loro<\/strong>, Barbariccia, capo della decina (XXI, 120).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI, 120","NotaFonte":"","TestoFonte":"e Barbariccia guidi la decina.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"74","from":20859.0,"to":20867.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Beatrice — che pria<\/b>, mentre nel mondo\nviveva, d'amor mi scald\u00f2 'l petto<\/b> [Vedi la nota al canto II\ndell'Infer. v. 70].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
che pria<\/b>, mentre nel mondo viveva, d'amor mi scaldò 'l petto<\/b> [Vedi la nota al canto II dell'Infer. v. 70].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II 70","NotaFonte":"","TestoFonte":"I' son Beatrice che ti faccio andare;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=2&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1","from":2005.0,"to":2007.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Benvenuto da Imola [dice il Venturi]\nspiega poledre<\/i>, o giovenchelle<\/i>, che sono delle gi\u00e0 domate\nbestie pi\u00f9 paurose, e pi\u00f9 facilmente si adombrano: Landino,\nVellutello, Daniello, e Volpi [pongasi a capo di tutti il Buti,\ncitato a questo passo dal Vocabolario della Crusca, ed aggiungasi\nil Vocabolario stesso] spiegano pigre<\/i>, sonnacchiose<\/i>,\npoltrone.<\/i>\n\n\tL'Ariosto [dico io] per non far torto a nissuno adopera\npoltro<\/i> in ambedue i significati: nel primo in que' versi del\nFurioso\n\n     La bestia ch'era spaventosa e poltra<\/i>,\n     Senza guardarsi i pi\u00e8, corse a traverso<\/i>\n       [Cant. XXII, 51, 90]:\n\nnell'altro in que' della Satira IV\n\n     E pi\u00f9 mi piace di posar le poltre<\/i>\n        Membra, che di vantarle, ch'agli Sciti<\/i>\n         Sien state, agl'Indi, agli Etiopi, et oltre.<\/i>\n\n\tMa se non abbiamo negli antichi buoni scrittori Italiani\naltro esempio dell'aggettivo poltro<\/i> fuor che il presente di\nDante, e ne rimane per tal difetto dubbioso il di lui\nsignificato, abbiamo per\u00f2 ne' medesimi atichi buoni scrittori\nvari esempi del diminutivo poltruccio<\/i>, e tali, che non ci\nlasciano punto dubitare del vero unico di lui significato di\npoledruccio.<\/i>  Nell'antica vita di Ges\u00f9 Cristo leggiamo, che\ncomand\u00f2 il medesimo a' discepoli, che gli menassono l'asina, e\n'l poltruccio, ch'erano legati<\/i> ec. [veggasi questo ed altri\nesempi nel Vocabolario della Crusca alla voce poltruccio<\/i>]. \nPuossi egli dubitare, che l'asina e 'l poltruccio<\/i> non\ncorrispondano all'asinam et pullum<\/i> del vangelo di s. Matteo\n[Cap. 21].  E se poltruccio<\/i><\/b> vale poledruccio<\/i>, dubitarem noi,\nche poltre<\/b> non vaglia lo stesso che poledre<\/i><\/b>; massime vedendo\nnoi il buon accordo, che in questo senso fa con spaventate<\/i><\/b>?\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Nell'antica vita di Gesù Cristo leggiamo, che comandò il medesimo a' discepoli, che gli menassono l'asina, e 'l poltruccio, ch'erano legati<\/i> ec.<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/vita-di-gesu-cristo","LuogoFonte":"","NotaFonte":"Informazioni sulla fonte citata attraverso il Vocabolario della Crusca: http:\/\/www.lessicografia.it\/refview.jsp?key=2617\r\n- Si veda inoltre il successivo rimando al Vangelo di Matteo.","TestoFonte":"Che egli menassono l'asina, e 'l poltruccio<\/strong>, ch'erano legati, in alcun luogo pubblico.","UrlFonte":"http:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=poltruccio","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=13755', 'Autore':'Benvenuto da Imola, 1375-80','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"135","from":24568.0,"to":24569.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Bertran de Born, signore del\ncastello di Hautefort in Guascogna, fu uno dei pi\u00f9 grandi poeti\nprovenzali, e Dante lo ricorda nel Conv.<\/i> (IV, xi, 14) per la\nsua liberalit\u00e0, nel De Vulg. eloq.<\/i>, come cantore delle armi\n(II, ii, 9).  Visse nella seconda met\u00e0 del sec. XII, e fu da'\nsuoi biografi accusato di aver seminata discordia tra Enrico II,\nre d'Inghilterra, e il figliuolo primogenito, anch'esso di nome\nEnrico, chiamato il re giovane.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Bertran de Born, signore del\r\ncastello di Hautefort in Guascogna, fu uno dei più grandi poeti\r\nprovenzali, e Dante lo ricorda nel Conv.<\/i> (IV, xi, 14) per la\r\nsua liberalità, <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xi, 13-14","NotaFonte":"","TestoFonte":"Certo nuova mercatantia è questa dell'altre, che, credendo comperare uno uomo per lo beneficio, mille e mille ne sono comperati. E cui non è ancora nel cuore Alessandro per li suoi reali beneficî? Cui non è ancora lo buono re di Castella o il Saladino o il buono Marchese di Monferrato o il buono Conte di Tolosa o Beltramo dal Bornio o Galasso di Montefeltro? Quando delle loro messioni si fa menzione, certo non solamente quelli che ciò farebbero volentieri, ma quelli che prima morire vorrebbero che ciò fare, amore hanno alla memoria di costoro.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=61&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"134","from":27707.0,"to":27710.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Bonifazio Papa.  — Nuovi\nFarisei.<\/b>  Cos\u00ec chiama i romani Prelati, de' quali crede potersi\ndire quel medesimo che de' Farisei disse Cristo: «Qualunque cosa\na voi diranno, osservatela e fatela; ma non vogliate gi\u00e0 operare\nsecondo le opere loro.» Matth., XXIII, 3.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Nuovi Farisei.<\/b>  Così chiama i romani Prelati, de' quali crede potersi dire quel medesimo che de' Farisei disse Cristo: «Qualunque cosa a voi diranno, osservatela e fatela; ma non vogliate già operare secondo le opere loro.» Matth., XXIII, 3.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"Matteo XXIII, 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Omnia ergo, quaecumque dixerint vobis, facite et servate; secundum opera vero eorum nolite facere: dicunt enim et non faciunt.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#23","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"85","from":26389.0,"to":26391.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"C. I, vv. 61 e segg.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"a pié del monte<\/strong>. C. I, vv. 61 e segg.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I, 61-66","NotaFonte":"","TestoFonte":"Mentre ch'i' rovinava in basso loco,
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco.
Quando vidi costui nel gran diserto,
Miserere<\/i> di me”, gridai a lui,
“qual che tu sii, od ombra od omo certo!”","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"21","from":22663.0,"to":22667.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Caifasso intende, il\nquale consigliando la morte di Cristo profetizz\u00f2, senza\naccorgersene, il vantaggio che avrebb'essa recato al mondo,\nexpedit ut unus moriatur homo pro populo<\/i> [Ioan.<\/i> II v. 50]. \nFarisei<\/b>, una setta de' pi\u00f9 antichi e considerabili tra i\nGiudei. Veramente il micidiale consiglio non fu da Caifasso dato\nai soli Farisei, ma ad un concilio, dice ivi il sacro testo,\nadunato da' sacerdoti e Farisei. Come per\u00f2 in quell'adunamento\ndovette il maggior numero essere de' Faisei, pone perci\u00f2 Dante\nessi per tutti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Caifasso intende, il quale consigliando la morte di Cristo profetizzò, senza accorgersene, il vantaggio che avrebb'essa recato al mondo, expedit ut unus moriatur homo pro populo<\/i> [Ioan.<\/i> II v. 50].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"XI 50","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Giovanni XI 50, non II 50.","TestoFonte":"nec cogitatis quia expedit vobis, ut unus moriatur homo pro populo, et non tota gens pereat!","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"116-117","from":22270.0,"to":22273.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"Cancellieri, nobile Pistoiese, il\nquale mozz\u00f2 una mano ad suo cugino, ed uccise un suo zio; d'onde\nnacquero in Pistoia le fazioni de' Bianchi e Neri.  Vedi 'l\nVillani [Giovanni] nel lib. 8 cap. 37, 38.  Venturi.  — non\nquesti, che m'ingombra col capo s\u00ec<\/b>, mi sta col capo innanzi agli\nocchi talmente — ch'io non veggio<\/b> [cos\u00ec la Nidobeatina: ch'i'\nnon veggi'<\/i> l'altr'edizioni] oltre pi\u00f9.<\/i><\/b>  Con aggiungere che pe\n'l costui capo non vegga pi\u00f9 oltre, ne fa capire che i\nprenominati soggetti vedesseli in isbieco guardando a destra ed a\nsinistra; e che per dritto mirando altro non vedesse che quel\ncapo  — Sassol Mascheroni<\/b>, Fiorentino uccisore d'un suo zio. \nVolpi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Cancellieri, nobile Pistoiese, il quale mozzò una mano ad suo cugino, ed uccise un suo zio; d'onde nacquero in Pistoia le fazioni de' Bianchi e Neri.  Vedi 'l Villani [Giovanni] nel lib. 8 cap. 37, 38.  Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"IX 38","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 312 (VIII 37)","TestoFonte":"In questi tempi essendo la città di Pistoia in felice e grande e buono stato secondo il suo essere, e intra gli altri cittadini v'avea uno lignaggio di nobili e possenti che si chiamavano i Cancellieri, non però di grande antichità, nati d'uno ser Cancelliere, il quale fu mercatante e guadagnò moneta assai, e di due mogli ebbe più figliuoli, i quali per la loro ricchezza tutti furono cavalieri, e uomini di valore e da bene; e di loro nacquero molti figliuoli e nipoti, sì che in questo tempo erano più di C uomini d'arme, ricchi e possenti e di grande affare, sicché non solamente i
maggiori di Pistoia, ma de' più possenti legnaggi di Toscana. Nacque tra·lloro per la soperchia grassezza, e per susidio del diavolo, isdegno e nimistà tra 'l lato di quelli ch'erano nati d'una donna a quelli dell'altra; e l'una parte si puosono nome i Cancellieri neri, e l'altra i bianchi. E crebbe tanto che si fedirono insieme, non però di cosa innorma, e fedito uno di que' del lato de' cancellieri bianchi, que' del lato de' Cancellieri neri per avere pace e concordia co·lloro mandarono quegli ch'avea fatta l'offesa a la misericordia di coloro che·ll'aveano ricevuta, che ne prendessono l'amenda e vendetta a·lloro volontà; i quali del lato de' Cancellieri bianchi ingrati e superbi, non avendo in
loro pietà né carità, la mano dal braccio tagliaro in su una mangiatoia a quegli ch'era venuto a la misericordia. Per lo quale cominciamento e peccato non solamente si divise la casa de' Cancellieri, ma più micidi ne nacquero tra·lloro, e tutta la città di Pistoia se ne divise, che l'uno tenea coll'una
parte e l'altro coll'altra, e chiamavansi parte bianca e nera, dimenticata tra·lloro parte guelfa e ghibellina; e più battaglie cittadine, con molti pericoli e micidi, ne nacquero e furono in Pistoia; e non solamente in Pistoia, ma poi la città di Firenze e tutta Italia contaminaro le dette parti, come innanzi potrete intendere e sapere.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"63-65","from":31374.0,"to":31375.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"Capaneo che nell'assedio di Tebe\nsalito sulle mura della citt\u00e0, mentre sfidava ed insultava Giove,\nfu da esso fulminato e dalle mura precipitato, come Stazio\nracconta [Theb.<\/i> lib. 10 v. 927 e seg.], o ammazzato e\nprecipato dai Tebani stessi, come crede Vegezio, che pone esso\nCapaneo l'inventore dello scalare l'assediate mura: qui scalis\nnituntur frequenter periculum sustinent: exemplo Capanei, a quo\nprimum haec scalarum oppugnatio perhibetur inventa: qu\u00ec tanta vi\noccisus est a Thebanis, ut extinctus fulmine diceretur<\/i> [De re\nmilit.<\/i> lib. 4 cap. 21]. Di Capaneo si \u00e8 detto anche nel canto\nXIV.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Capaneo che nell'assedio di Tebe salito sulle mura della città, mentre sfidava ed insultava Giove, fu da esso fulminato e dalle mura precipitato, come Stazio racconta [Theb.<\/i> lib. 10 v. 927 e seg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q243203","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2708117","LuogoFonte":"X 927-931","NotaFonte":"","TestoFonte":"talia dicentem toto Iove fulmen adactum 
corripuit: primae fugere in nubila cristae,
et clipei niger umbo cadit, iamque omnia lucent
membra viri. cedunt acies, et terror utrimque,
quo ruat, ardenti feriat quas corpore turmas, ","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Stat.+Theb.+10&fromdoc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0498","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"15","from":23721.0,"to":23723.0,"NomeAutore":"Publio Papinio Stazio","TitoloFonte":"Tebaide"}, {"Annotazione":"Carlo Duca d'Angi\u00f2\nsummentovato, fratello di s. Luigi, venne in Italia ad\nimpossessarsi del regno di Sicilia e di Puglia discacciandone non\nsolamente l'iniquo possessore Manfredi, che colla morte di\nCurrado se n'era reso padrone; ma privandone eziandio della\ngiusta eredit\u00e0 e della vita Curradino figlio di Currado [Vedi\nGio. Villani lib. 6 cap. 44 e segg.] — Vittimi f\u00e8<\/b>, quasi dica\nsacrificollo alla propria cupidigia<\/i> — Ripinse al ciel\nTommaso<\/i><\/b>, quasi di nuovo pinse l'anima di Tommaso al cielo, onde\nfu data<\/i><\/b>; imitando la frase dell'Ecclesiaste Revertatur pulvis\nin terram suam, et spiritus redeat ad Deum, qui dedit illum<\/i>\n[Cap. 12 v. 7]. Del medesimo intendimento sono anche il\nDaniello, ed il Venturi. Ripignere<\/i> per\u00f2 e ripingere<\/i> avvisa\nil Vocabolario della Crusca adoprarsi talvolta per semplicemente\npignere<\/i>; n\u00e8 vi ha ripugnanza che sia questo un de' luoghi ove a\ncotal senso ristringasi. Quanto poi all'istoria appartiene, \u00e8\nfama, dice il Venturi, e lo scrisse il Villani [Gio. Villani lib.\n9 cap. 218], che questo Carlo per opera d'un suo medico facesse\navvelenar s. Tommaso d'Aquino, mentre era in cammino per andare\nal concilio di Lione; temendo che gli dovesse esser contrario.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Carlo Duca d'Angiò summentovato, fratello di s. Luigi, venne in Italia ad impossessarsi del regno di Sicilia e di Puglia discacciandone non solamente l'iniquo possessore Manfredi, che colla morte di Currado se n'era reso padrone; ma privandone eziandio della giusta eredità e della vita Curradino figlio di Currado [Vedi Gio. Villani lib. 6 cap. 44 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VII 44","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, pp. 152-253 (VI 44). Si vedano anche le pp. successive.","TestoFonte":"Come il re Currado d'Alamagna seppe la morte dello 'mperadore Federigo suo padre, s'aparecchiò con grande compagnia per passare in Puglia e in Cicilia, per possedere il detto Regno, del quale Manfredi suo fratello bastardo s'era fatto vicario generale e signoreggiava tutto, salvo la città di Napoli e di Capova, i quali s'erano rubellati per la morte di Federigo, e tornati a l'ubbidenza della Chiesa. E per cagione della morte del detto Federigo molte cittadi di Lombardia e di Toscana aveano fatta mutazione, e tornate all'obedienza della Chiesa. Non si volle il detto Currado mettere a passare per terra, ma lui arrivato nella Marca di Trevigi, fece co' Viniziani apparecchiare grande navilio, e di là per mare con tutta sua gente arrivò in Puglia gli anni di Cristo MCCLI. E con tutto che Manfredi fosse cruccioso della sua venuta, perché intendea a esser signore del detto Regno, a Currado suo fratello fece grande accoglienza, rendendogli molto onore e reverenza. E come fue in Puglia, sì fece oste sopra la città di Napoli, la quale prima da Manfredi prenze di Salerno per V volte era stata osteggiata e assediata, e no·ll'avea potuta vincere, ma Currado con sua grande oste per lungo assedio ebbe la cittade, salvi le persone e la terra. Ma Currado non attenne loro i patti, ma come fu in Napoli sì fece disfare le mura e tutte le fortezze di Napoli; e simigliantemente fece a la città di Capova che s'era rubellata, e in poco di tempo tutto il Regno recò sotto la sua signoria, abbattendo ogni ribello, o che fosse amico o seguace di santa Chiesa; e non solamente i laici, ma i religiosi e le sacre persone, fece morire per tormenti, rubando le chiese, e abbattendo chi non era della sua obbedienza, e promovendo i benefici, come fosse papa, sì che se Federigo suo padre fue persecutore di santa Chiesa, questo Currado, se fosse vivuto lungamente, sarebbe stato peggiore. Ma come piacque a Dio, poco appresso infermò di grande malatia, ma non però mortale, e faccendosi curare a medici fisiziani, Manfredi suo fratello, per rimanere signore, il fece a' detti medici per moneta e gran promesse avelenare in uno cristeo, e per tale sentenzia di Dio, per opera del fratello, di tale morte morìo sanza penitenzia e scomunicato gli anni di Cristo MCCLII. E di lui rimase in Alamagna uno picciolo figliuolo ch'ebbe nome Curradino, nato per madre della figlia del duca di Baviera.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"67-69","from":19989.0,"to":19993.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Catalano dei Catalani, della nobile\nfamiglia dei Malavolti, di parte guelfa, nato verso il 1210, fu\nuno dei fondatori dell'Ordine dei Godenti; ebbe l'ufficio di\npodest\u00e0 in Milano e in altre citt\u00e0 d'Italia: si trov\u00f2 alla\nbattaglia di Fossalta nel 1249 contro il re Enzo, e nel 1266 fu\nchiamato a Firenze con il suo compagno di pena, perch\u00e9 vi\nconservassero la pace.  — Loderingo<\/b> degli Andal\u00f2, di parte\nghibellina, nato anch'esso verso il 1210, dopo aver esercitato\nl'ufficio di podest\u00e0 in parecchie citt\u00e0 italiane e retto nel 1265\nil comune di Bologna, fu, insieme con Catalano, a Firenze nel\n1266.  La cortesia avrebbe voluto che prima parlasse del compagno\ne poi di s\u00e9; ma Catalano \u00e8 di quegli ipocriti che «amano i primi\nposti nei banchetti e i primi seggi nelle sinagoghe» (Matt.,\nXXIII, 6).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Loderingo<\/b> degli Andalò, di parte\r\nghibellina, nato anch'esso verso il 1210, dopo aver esercitato\r\nl'ufficio di podestà in parecchie città italiane e retto nel 1265\r\nil comune di Bologna, fu, insieme con Catalano, a Firenze nel\r\n1266.  La cortesia avrebbe voluto che prima parlasse del compagno\r\ne poi di sé; ma Catalano è di quegli ipocriti che «amano i primi\r\nposti nei banchetti e i primi seggi nelle sinagoghe» (Matt.,\r\nXXIII, 6).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"23, 5-7","NotaFonte":"Per comprendere a pieno il riferimento, si ricordi che pochi versetti prima Iesus indica l'ipocrisia degli scribi e dei farisei nel fatto che \u00abdicunt enim et non faciunt\u00bb (Matteo 23, 3).","TestoFonte":"[5]<\/strong> Omnia vero opera sua faciunt, ut videantur ab hominibus: dilatant enim phylacteria sua et magnificant fimbrias, | [6]<\/strong> amant autem primum recubitum in cenis et primas cathedras in synagogis | [7]<\/strong> et salutationes in foro et vocari ab hominibus Rabbi.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#23","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"104","from":22186.0,"to":22187.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"Che l'aurora del Sole, la quale\n[esclusa quella della Luna] sola resta a intendersi, dovesse\nallora, ovunque la fosse, adornarsi<\/i> la fronte di gemme poste\n'n figura del freddo animale, che con la coda percuote la gente<\/b>,\ncio\u00e8 delle stelle del celeste Scorpione, intender\u00e0 chi\nrifletter\u00e0, che non \u00e8 l'aurora se non un passaggio de' raggi\nsolari per l'atmosfera, e che perci\u00f2 il suo pi\u00f9 basso limite dee\nsempre collineare al punto di cielo diametralmente opposto a\nquello in cui il Sole esiste.  Posto ci\u00f2, diviene chiaro\nch'essendo, mentre faceva Dante questo suo viaggio, avvanzato il\nSole verso gli ultimi gradi di Ariete [Vedi il computo fatto\nsecondo le Tavole Pruteniche dagli Accademici della Cr., e posto\nda essi in fine della divina commedia], doveva l'aurora avere il\nsuo pi\u00f9 basso confine verso gli ultimi gradi della Libra, e per\nprimo intero segno occuparne lo Scorpione.\n\n\tMa perch\u00e8<\/i><\/b> [addimanda qu\u00ec 'l Rosa Morando] lo Scorpione\nsi dir\u00e0<\/i> freddo?  Non<\/i> freddo per la natura dell'animale,\nch'anzi nemico del freddo intorpidisce nel verno, e col\nringiovenire della stagione ringiovenisce e riprende forza<\/i> ....\nNon<\/i> freddo per la natura del segno; ch'\u00e8 domicilio e casa di\nMarte, pianeta ardente e focoso: e non<\/i> freddo finalmente\nriguardo la stagione ch'abbiamo quando v'entra il Sole; lo che\nsuccede in ottobre, placido e temperato mese.  In fatti<\/i> ardente,\nnon<\/i> freddo, lo chiam\u00f2 Virgilio, ove disse nella Georgica<\/i>\n[lib. 1 v. 34]\n\n     . . . ipse tibi iam brachia contrahit ardens<\/i>\n     Sorpius.<\/i>\n\n\tAnzi, rispondo io, che un animale intorpidisca nel verno,\nci\u00f2 appunto \u00e8 segno che goda egli meno calore: e bene in noi\nstessi lo proviamo, che tra le parti del corpo nostro quelle pi\u00f9\nfacilmente delle altre al freddo interrizziscono, alle quali in\nminor copia il natural calore si diffonde.  Ed ove bastasse lo\nintorpidire dello Scorpione nel verno per non potersi dir freddo\nanimale<\/i><\/b>, bisognerebbe correggere eziandio Virgilio in que' versi\nFrigidus, o pueri fugite hinc, latet anguis in herba<\/i><\/b> [Eclog.\nIII, 93]; Frigidus in pratis cantando rumpitur anguis<\/i> [Eclog.\nVIII, 71]; imperocch\u00e8 la biscia pure nel verno intorpidisce.  N\u00e8\nfinalmente osta, che Virgilio stesso appelli il segno dello\nScorpione ardente, ardens Scorpius<\/i>; perocch\u00e8, come avverte a\nquel passo Servio, ardens ad illud refertur quia Martis est\ndomicilium: nam Scorpii tempus frigidum est, quippe cuius\nnovember mensis est<\/i>: entra cio\u00e8 il Sole nello Scorpione verso il\nfine d'ottobre, e vi si trattiene fin verso il termine di\nnovembre, mese nebbioso e freddo, anzi che placido e temperato.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ma perchè<\/i> [addimanda quì 'l Rosa Morando] lo Scorpione si dirà<\/i> freddo?  Non<\/i> freddo per la natura dell'animale, ch'anzi nemico del freddo intorpidisce nel verno, e col ringiovenire della stagione ringiovenisce e riprende forza<\/i> .... [...].Anzi, rispondo io, che un animale intorpidisca nel verno, ciò appunto è segno che goda egli meno calore: e bene in noi stessi lo proviamo, che tra le parti del corpo nostro quelle più facilmente delle altre al freddo interrizziscono, alle quali in minor copia il natural calore si diffonde.  Ed ove bastasse lo intorpidire dello Scorpione nel verno per non potersi dir freddo animale<\/b>, bisognerebbe correggere eziandio Virgilio in que' versi Frigidus, o pueri fugite hinc, latet anguis in herba<\/i> [Eclog. III, 93]; Frigidus in pratis cantando rumpitur anguis<\/i> [Eclog. VIII, 71]; imperocchè la biscia pure nel verno intorpidisce.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/eclogae","LuogoFonte":"III 93","NotaFonte":"","TestoFonte":"frigidus, O pueri, fugite hinc, latet anguis in herba.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi001.perseus-lat1:3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/filippo-rosa-morando-1751', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"4-6","from":8085.0,"to":8087.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Che non solo l'arche, nelle\nquali si rinchiudevano i miscredenti, ma anche le torri, intese\ndal Buti per le meschite<\/i> {v.70}, roventi fossero, apparisce dal\ncanto seguente v. 36:\n\n     Ver l'alta torre alla cima rovente.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Che non solo l'arche, nelle quali si rinchiudevano i miscredenti, ma anche le torri, intese dal Buti per le meschite<\/i> {v.70}, roventi fossero, apparisce dal canto seguente v. 36:\r\n     Ver l'alta torre alla cima rovente.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IX 36","NotaFonte":"","TestoFonte":"ver' l'alta torre a la cima rovente,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=9","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=13855', 'Autore':'Francesco da Buti, 1385-95','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"72","from":7243.0,"to":7245.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Che sempre oscur\u00f2 il nome di\nchi vi si trattenne.  Della medesima vita alla rinomanza\nintendendo dir\u00e0 de' poltroni nel canto III, 64\n\n      Questi sciaurati, che mai non fur vivi.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Che sempre oscurò il nome di chi vi si trattenne.  Della medesima vita alla rinomanza intendendo dirà de' poltroni nel canto III, 64, Questi sciaurati, che mai non fur vivi.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III 64","NotaFonte":"","TestoFonte":"Questi sciaurati, che mai non fur vivi.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=3&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"27","from":195.0,"to":198.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Che sola si piange,\npurgandosi i delitti per suo amore commessi, ne' tre gironi del\nPurgatorio, che ci restano sopra a vedere; ove si tormentano gli\navari, i golosi, e i lussuriosi.  Venturi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Che sola si piange, purgandosi i delitti per suo amore commessi, ne' tre gironi del Purgatorio, che ci restano sopra a vedere; ove si tormentano gli avari, i golosi, e i lussuriosi.  Venturi.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIII 61-75","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ed elli a me: \"De l'etterno consiglio
cade vertù ne l'acqua e ne la pianta
rimasa dietro, ond'io sì m'assottiglio.
Tutta esta gente che piangendo canta
per seguitar la gola oltra misura,
in fame e 'n sete qui si rifà santa.
Di bere e di mangiar n'accende cura
l'odor ch'esce del pomo e de lo sprazzo
che si distende su per sua verdura.
E non pur una volta, questo spazzo
girando, si rinfresca nostra pena:
io dico pena, e dovrìa dir sollazzo,
ché quella voglia a li alberi ci mena
che menò Cristo lieto a dire \"Elì\",
quando ne liberò con la sua vena\".","UrlFonte":" https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=57","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"59","from":18906.0,"to":18914.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Che \u00e8 il nono ed ultimo de'\ncieli corporei, sicch\u00e8 per confine all'ins\u00f9 non ha altro che\nl'empireo, cielo di tutt'altra sorta, e consistente in amore, e\nluce di conoscimento, siccome sede propria de i beati. Cos\u00ec pure\nha detto nel canto XXVII v. 112 Luce ed amor d'un cerchio lui\ncomprende.<\/i> Venturi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Così pure ha detto nel canto XXVII v. 112 Luce ed amor d'un cerchio lui comprende.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXVII 112","NotaFonte":"","TestoFonte":"Luce e amor d'un cerchio lui comprende,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=94&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"54","from":27772.0,"to":27775.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Chi intende la stella<\/b>\nVenere: cos\u00ec il Volpi: chi il Sole, per esser detta in questa\nforma assolutamente: cos\u00ec il Daniello, il Landino, e il\nVellutello: e vi \u00e8 qualche ragionevol motivo per l'una e per\nl'altra interpretazione.  Venturi.  Dante per\u00f2 medesimo nel suo\nConvito<\/i> nella canzone 2 che incomincia Amor, che nella mente\nmi ragiona<\/i>, nell'ultima strofa dice\n\n     Ma li nostr'occhi per cagioni assai<\/i>\n     Chiaman la stella talor tenebrosa<\/i>:\n\ne poscia comenta in guisa, che ben rende chiaro di non avere per\nstella<\/i><\/b> inteso n\u00e8 Venere, n\u00e8 il Sole, ma le stelle<\/i><\/b>\ngeneralmente, e di avere adoprato il singolare pe 'l plurale; a\nquel modo che comunemente diciamo avere alcuno l'occhio fiero, o\nvago, invece di dire, ch'ha gli occhi fieri, o vaghi.  Per\nessere<\/i>, dice, lo viso debilitato<\/i> .... puote anche la stella\nparere turbata: e io fui esperto di questo<\/i> .... che per\naffaticare lo viso molto a studio di leggere, in tanto debilitai\ngli spiriti visivi, che le stelle mi pareano tutte d'alcuno\nalbore ombrate<\/i> [Trat. 3 cap. 9].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Chi intende la stella <\/b>Venere: così il Volpi: chi il Sole, per esser detta in questa forma assolutamente: così il Daniello, il Landino, e il Vellutello: e vi è qualche ragionevol motivo per l'una e per l'altra interpretazione.  Venturi.  Dante però medesimo nel suo Convito<\/i> nella canzone 2 che incomincia Amor, che nella mente mi ragiona<\/i>, nell'ultima strofa dice \r\n     Ma li nostr'occhi per cagioni assai<\/i>\r\n     Chiaman la stella talor tenebrosa<\/i>:\r\ne poscia comenta in guisa, che ben rende chiaro di non avere per stella<\/b> inteso nè Venere, nè il Sole, ma le stelle <\/i>generalmente, e di avere adoprato il singolare pe 'l plurale; a quel modo che comunemente diciamo avere alcuno l'occhio fiero, o vago, invece di dire, ch'ha gli occhi fieri, o vaghi. Per essere<\/i>, dice, lo viso debilitato<\/i> .... puote anche la stella parere turbata: e io fui esperto di questo<\/i> .... che per affaticare lo viso molto a studio di leggere, in tanto debilitai gli spiriti visivi, che le stelle mi pareano tutte d'alcuno albore ombrate<\/i> [Trat. 3 cap. 9].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"III ix 14-16","NotaFonte":"","TestoFonte":"Per essere lo viso debilitato, incontra in esso alcuna disgregazione di spirito, sì che le cose non paiono unite ma disgregate, quasi a guisa che fa la nostra lettera in sulla carta umida: e questo è quello per che molti, quando vogliono leggere, si dilungano le scritture dalli occhi, perché la imagine loro vegna dentro più lievemente e più sottile; e in ciò più rimane la lettera discreta nella vista; e però puote anche la stella parere turbata. E io fui esperto di questo l'anno medesimo che nacque questa canzone, che per affaticare lo viso molto a studio di leggere, in tanto debilitai li spiriti visivi che le<\/strong> stelle <\/strong>mi pareano tutte d'alcuno albore ombrate. E per lunga riposanza in luoghi oscuri e freddi, e con affreddare lo corpo dell'occhio coll'acqua chiara, riuni' sì la vertù disgregata che tornai nel primo buono stato della vista. E così appaiono molte cagioni, per le ragioni notate, per che la stella puote parere non com'ella è.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_CV&pb=42","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"55","from":1392.0,"to":1396.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Chi siano questi due giusti, qu\u00ec\nnon si dice, Guido Frate Carmelitano [Nel comento<\/i> [dice\nLandino] ch'ei fece sopru ventisette capitoli di questo libro.<\/i>]\nasserisce essere stato Dante istesso, e Guido Cavalcanti: altri\nessere stato pi\u00f9 tosto Barduccio, e Giovanni da Vespignano, de'\nquali parla Giovanni Villani, e ne riporta l'intero capitolo il\nVellutello: ed altri, ma con poca felicit\u00e0 di ripiego, la legge\ndivina ed umana intendono.  Venturi.  — e non vi son intesi<\/b>,\nnon vi sono ascoltati.  Giusti son duo, ma non vi sono 'ntesi<\/i><\/b>\nleggono diversamente dalla Nidob. altre ediz.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Altri essere stato più tosto Barduccio, e Giovanni da Vespignano, de' quali parla Giovanni Villani, e ne riporta l'intero capitolo il Vellutello: ed altri, ma con poca felicità di ripiego, la legge divina ed umana intendono.  Venturi. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"XI 176","NotaFonte":"","TestoFonte":"Di certi miracoli che furono in Firenze.<\/strong>
L'anno MCCCXXXI morirono in Firenze due buoni e giusti uomini e di santa vita e conversazione e di grandi limosine, tutto che fossono laici. L'uno ebbe nome Barduccio, e soppellìsi in Santo Spirito a·luogo de' frati romitani; e l'altro ebbe nome Giovanni [...], e soppellìsi a San Piero Maggiore.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"73","from":5491.0,"to":5494.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"Chiama conversi dell'ultima\nchiostra gli abitatori della decima bolgia, per ironia; essendo\nle infernali bolge tutt'altro che chiostri abitati da devoti\nfraticelli. Onde si vede questa menzione del chiostro, non che\nessere a biasimo, tornare anzi in lode. Che che pensasse de'\nfrati del suo tempo, Dante circa gli Ordini loro non aveva certo\nle idee del tempo nostro; egli, che lo stesso Paradiso non dubita\nchiamare «il chiostro Nel quale \u00e8 Cristo abate.» Purg. XXVI,\n128.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"I suoi conversi.<\/b> Chiama conversi dell'ultima chiostra gli abitatori della decima bolgia, per ironia; essendo le infernali bolge tutt'altro che chiostri abitati da devoti fraticelli. Onde si vede questa menzione del chiostro, non che essere a biasimo, tornare anzi in lode. Che che pensasse de' frati del suo tempo, Dante circa gli Ordini loro non aveva certo le idee del tempo nostro; egli, che lo stesso Paradiso non dubita chiamare «il chiostro Nel quale è Cristo abate.» Purg. XXVI, 128.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVI, 128-129","NotaFonte":"","TestoFonte":"che licito ti sia l'andare al chiostro
nel quale è Cristo abate del collegio","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=60","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"41","from":28067.0,"to":28070.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Chiara la dice o perch\u00e8\ngli aveva (secondo il Tommas\u00e8o) con quel nome delle Salse\nridestate le memorie della patria; o fors'anche perch\u00e8 pi\u00f9\nspiccata di quella delle Ombre, le quali, a dir di Virgilio,\nhanno vocem exiguam.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Chiara la dice o perchè gli aveva (secondo il Tommasèo) con quel nome delle Salse ridestate le memorie della patria; o fors'anche perchè più spiccata di quella delle Ombre, le quali, a dir di Virgilio, hanno vocem exiguam.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis VI, 492-493","NotaFonte":"","TestoFonte":"ceu quondam petiere rates; pars tollere vocem<\/strong>
exiguam<\/strong>, inceptus clamor frustratur hiantes.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D6%3Acard%3D477","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"53","from":16833.0,"to":16837.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Chiosa e\ncritica questo passo il Castelvetro. Tale dice, fu il canto\ndelle Muse, quando tenzonarono con le Piche, che esse Piche non\ngiudicar trovare perdono del loro ardire d'aver voluto tenzonare\ndi canto con le Muse. Se non vi fosse stata molta differenza,\nquantunque fossero state superate, potevano sperare, che la gente\navesse perdonato loro quel fallo, poich\u00e8 avevano onde porsi a\ntenzone.<\/i> Fin qu\u00ec la chiosa. Siegue ora la critica. Ma \u00e8 da\npor mente che Ovidio nelle Metamorfosi, nel fine del quinto\nlibro, dice il contrario: perciocch\u00e8 esse non riconobbero il\ncanto delle Ninfe, e dissero villania alle Muse. Perch\u00e8 sdegnate\nle Muse le convertirono in gazze.<\/i>\n\n\tDal racconto per\u00f2 di Ovidio abbiamo bens\u00ec che non\nconfessassero le Piche la loro inferiorit\u00e0, ma non gi\u00e0 che non la\nconoscessero. Chi non sa essere vizio frequente, massimamente\ndella donnesca alterigia, quello di negare la verit\u00e0 conosciuta?\n\n\tPoi: se potevano le Piche sperare che la gente avesse\nperdonato loro questo fallo<\/i> fin che la cosa stette in parole;\nnon per\u00f2 quando in effetto provarono il maggior valore delle\nMuse, vedendosi trasformate in gazze, e costrette a portare\nperpetuamente in faccia al mondo la pena della loro tracotanza. \nOr come assicuraci 'l Castelvetro, che appunto questa medesima\ntrasformazione non sia il colpo<\/b> di che Dante favella?\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dal racconto però di Ovidio abbiamo bensì che non confessassero le Piche la loro inferiorità, ma non già che non la conoscessero [...].Poi: se potevano le Piche sperare che la gente avesse perdonato loro questo fallo<\/i> fin che la cosa stette in parole; non però quando in effetto provarono il maggior valore delle Muse, vedendosi trasformate in gazze, e costrette a portare perpetuamente in faccia al mondo la pena della loro tracotanza.  Or come assicuraci 'l Castelvetro, che appunto questa medesima trasformazione non sia il colpo<\/b> di che Dante favella?<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"V 662-678","NotaFonte":"","TestoFonte":"Finierat doctos e nobis maxima cantus.
At nymphae vicisse deas Helicona colentes
concordi dixere sono. Convicia victae
cum iacerent, “quoniam” dixit “certamine vobis
supplicium meruisse parum est maledictaque culpae
additis et non est patientia libera nobis,
ibimus in poenas et, qua vocat ira, sequemur.”
Rident Emathides spernuntque minantia verba:
conataeque loqui et magno clamore protervas
intentare manus, pennas exire per ungues
adspexere suos, operiri bracchia plumis;
alteraque alterius rigido concrescere rostro
ora videt volucresque novas accedere silvis.
Dumque volunt plangi, per bracchia mota levatae
aere pendebant, nemorum convicia, picae.
Nunc quoque in alitibus facundia prisca remansit
raucaque garrulitas studiumque inmane loquendi.”","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:5.572","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15705', 'Autore':'Lodovico Castelvetro, 1570','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"12","from":71.0,"to":77.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Chiosa il Venturi. Ma tu, o Papa\nBonifazio VIII.<\/i> Parlando per\u00f2 Dante ad un Papa vivente\nmentr'egli queste gi\u00e0 vedute cose scriveva, ed avendo accennato\naltrove [Inf. XIX, 82 e segg.] tinto della mala prefata pece\nClemente V creato nel 1305, a questo piuttosto che a Bonifazio\ndirei doversi intendere cotal parlare diretto — sol per\ncancellare scrivi<\/b>, scrivi le censure non per correggere e\ngastigare, ma per venderne poi le rivocazioni e la\nriconciliazione colla Chiesa cassandole. Venturi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Parlando però Dante ad un Papa vivente mentr'egli queste già vedute cose scriveva, ed avendo accennato altrove [Inf. XIX, 82 e segg.] tinto della mala prefata pece Clemente V creato nel 1305, a questo piuttosto che a Bonifazio direi doversi intendere cotal parlare diretto<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIX 82-84","NotaFonte":"","TestoFonte":"ché dopo lui verrà di più laida opra,
di ver' ponente, un pastor sanza legge,
tal che convien che lui e me ricuopra.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=19&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"130","from":18099.0,"to":18101.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Chiosando gl'interpreti [quelli\ni quali pe 'l veltro<\/i> {v.101} intendono giustamente Can Grande\nsignor di Verona] che per sua nazione<\/b> debbasi capire\nprecisamente Verona o 'l Veronese, e pe' due Feltri<\/b> i precisi\nluoghi di Feltro<\/i><\/b>, o Feltre<\/i>, nella Marca Trivigiana, e di\nMonte Feltro in Romagna [In Romagna dice bene il Vellutello\nessere Monte Feltro; ed errano il Daniello, e 'l Volpi, che lo\ndicono nella Marca Anconitana. Termina la Marca Anconitana al\nfiume Foglia, alias Isauro [vedi Magini Italia<\/i>, nella\nprefazione, e nella tav. 46], e Monte Feltro n'\u00e8 di l\u00e0 alquante\nmiglia: e Dante stesso al conte di Monte Feltro [nel XXVII di\nquesta cantica v. 37] Romagna tua<\/i> dice lui.] su 'l fondamento\ndi cotale chiosa passa il Venturi nel XX della presente cantica\nv. 65 ad allegare questo con altro mal inteso luogo [Par. IX\n25 e segg. Vedi quella nota.] in prova, che circonscriva Dante\ncon termini troppo lontani, e con istile geografico pochissimo\nscrupoloso.<\/i>\n\n\tSe per\u00f2 il Venturi avesse nelle sue chiose adoprato\nquello scrupolo che desidera in Dante, avrebbe trovato, che\nVerona riponesi da' Geografi nella Lombardia [Vedi tra gli altri\nil citato Magini nella prefazione, e Baudrand art, Verona.<\/i>]:\nche Dante stesso in Lombardia riconoscela, e perci\u00f2 appella gran\nLombardo<\/i> il medesimo Can Grande [Par. XVII, 71]: e che tra le\nItaliane provincie era la Lombardia quella nella quale trovavasi\nil maggior nerbo de' Ghibellini [Corio Istor. di Milano part.\n3], da i quali sperava Dante rimedio a' suoi guai. Ed avrebbe\nquindi potuto persuadersi, che per la nazione<\/i><\/b> di Cane non la\nsola Verona o 'l Veronese, ma la Lombardia tutta pot\u00e8 Dante\nintendere; e che pe' due Feltri<\/b> [quantunque dall'intiera\nLombardia non cos\u00ec svariatamente discosti, come da Verona] pot\u00e8\nsensatamente intendere, per una parte tutta la Marca Trivigiana,\nin cui \u00e8 Feltre nobile di lei porzione, e per l'altra parte\nRomagna tutta, nella quale \u00e8 Monte Feltro; sede allora de' Conti\nsignori di molti luoghi di Romagna. Sarebbe con questo\nintendimento ogni difficolt\u00e0 svanita; imperocch\u00e8 sono la Marca\nTrivigiana, e la Romagna provincie affatto contigue agli opposti\nlati della Lombardia.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
In Romagna dice bene il Vellutello essere Monte Feltro; ed errano il Daniello, e 'l Volpi, che lo dicono nella Marca Anconitana.  Termina la Marca Anconitana al fiume Foglia, alias Isauro [vedi Magini Italia<\/i>, nella prefazione, e nella tav. 46], e Monte Feltro n'è di là alquante miglia: e Dante stesso al conte di Monte Feltro [nel XXVII di questa cantica v. 37] Romagna tua<\/i> dice lui. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVII 37","NotaFonte":"","TestoFonte":"Romagna tua non è, e non fu mai","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=27","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":761.0,"to":764.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Chiosano qu\u00ec\ntutti gli espositori che voglia Dante esprimere la velocit\u00e0 della\nluce incomparabilmente maggiore di quella del cadere di una\npietra.  Ma se ci\u00f2 avesse voluto Dante esprimerne, a che, domin,\naggiunto ci avrebbe quell'in igual tratta<\/b>?  Pu\u00f2 egli forse in\nqualche diversit\u00e0 di tratta<\/b> agguagliarsi il moto della pietra\nal moto della luce?\n\n\tQuantunque non dissimilmente dagli altri spositori\nspieghi il Landino essere sentimento di Dante, che se una pietra\nin pari tempo scendesse dal Sole, che scende il raggio; molto pi\u00f9\ntardi giugnerebbe la pietra che il raggio<\/i>: inserisce egli per\u00f2\nnella sua chiosa una notizia, che ne apre la via ad intendere\nquesto passo di Dante in un senso affatto diverso dal finora\npreteso, ed assai pi\u00f9 aggiustato.  Il caso<\/i>, dice, della\npietra, secondo Alberto, nel libro della propriet\u00e0 degli\nelementi, \u00e8 detta per certa traslazione una linea indotta a\npiombo.  Laonde vuole nel medesimo libro, che gli Etiopi che\nabitan tra il Tropico estivo e l'equinoziale, abbino due\nardentissime stati, perch\u00e8 il Sole passa due volte il caso della\npietra sopra i lor capi.<\/i>\n\n\tLa convenienza di cotale appellazione alla linea\nperpendicolare, per la perpendicolare che sempre la pietra\nliberamente sul suolo cadendo descrive: l'essere Alberto Magno e\nDante contemporaneamente vissuti: e per terzo, il non potersene\nin altro modo da questo passo trarre buon senso, sono tre motivi\nche mi determinano a credere, che pe 'l cader della pietra<\/i><\/b> non\nintenda il Poeta qu\u00ec se non la perpendicolare medesima.\n\n\tQuant'io adunque capisco vuole qu\u00ec Dante con l'ellittico\nsuo famigliare linguaggio accennate due uguaglianze, che serbano\ntra di loro nel cadere e riflettere dall'acqua o dallo specchio i\nraggi.  La prima di modificazione, o sia di tessitura [quella\ncio\u00e8, senza della quale non avremmo certamente immagine n\u00e8\ndall'acqua, n\u00e8 dallo specchio, n\u00e8 da verun corpo lucido], ed\nesprime questa con dire, che\n\n        Salta lo raggio all'opposita parte<\/i><\/b>\n        Salendo su, per lo modo parecchio<\/i>\n     A quel che scende.<\/i>\n\nL'altra uguaglianza \u00e8 quella degli angoli d'incidenza e di\nriflessione, cosa pure certissima, ed esprimela con aggiungere,\nche lo stesso riflettente raggio in igual tratta<\/b>, in lughezza\nuguale a quella del raggio diretto, si diparte dal cader della\npietra<\/b>, dalla perpendicolare, tanto<\/b> [intendi valer tanto\nquanto<\/i><\/b> [Lo stesso cio\u00e8 che il solo quanto<\/i> alcuna fiata vale. \nVedi Cinon. Partic.<\/i> 211, 4]] lo stesso diretto raggio si\ndiparte.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Quantunque non dissimilmente dagli altri spositori spieghi il Landino essere sentimento di Dante, che se una pietra in pari tempo scendesse dal Sole, che scende il raggio; molto più tardi giugnerebbe la pietra che il raggio<\/i>: inserisce egli però nella sua chiosa una notizia, che ne apre la via ad intendere questo passo di Dante in un senso affatto diverso dal finora preteso, ed assai più aggiustato.  Il caso<\/i>, dice, della pietra, secondo Alberto, nel libro della proprietà degli elementi, è detta per certa traslazione una linea indotta a piombo.  Laonde vuole nel medesimo libro, che gli Etiopi che abitan tra il Tropico estivo e l'equinoziale, abbino due ardentissime stati, perchè il Sole passa due volte il caso della pietra sopra i lor capi. <\/i>\r\nLa convenienza di cotale appellazione alla linea perpendicolare, per la perpendicolare che sempre la pietra liberamente sul suolo cadendo descrive: l'essere Alberto Magno e Dante contemporaneamente vissuti: e per terzo, il non potersene in altro modo da questo passo trarre buon senso, sono tre motivi  che mi determinano a credere, che pe 'l cader della pietra<\/b> non intenda il Poeta quì se non la perpendicolare medesima.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60059","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/De_causis_proprietatum_elementorum(Alberto_Magno)","LuogoFonte":"I i 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sol [...] bis pertransit casus lapidis super capita eorum, hoc est, lineam perpendiculariter ductam a centro solis super capita eorum : hoc enim vocatur casus lapidis : eo quod lapis et quodlibet simpliciter grave, cadit inferius perpendiculariter.","UrlFonte":"http:\/\/watarts.uwaterloo.ca\/cgi-bin\/cgiwrap\/albertus\/webAlbertus.cgi?browse=%3B+Lib.I%3B+tract.1%3B+cap.4%3B+p.595&chosenTexts=11&normalized=0&exclude=0&language=0&word=liber%7Ccaput&newstart=1&quantity=10&scope=&format=browseFmt","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"19-20","from":14461.0,"to":14467.0,"NomeAutore":"Alberto Magno","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Ch\u00e8 tutti lo conoscon bene e sanno\nche il pi\u00f9 malizioso fra loro \u00e8 Malacoda; perci\u00f2, come accade\nsempre nelle folle, lo scelgono per acclamazione lor\nrappresentante.  — Malacoda<\/b>: e infatti, che fosse diavolo di\nmalizia assai raffinata, lo dice anche il nome, nella cui\nformazione non per nulla entra come elemento principale la coda,\nche ferisce di nascosto ed \u00e8 la parte pi\u00f9 terribile di Gerione\n(Inferno<\/i>, XVII, 84).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Malacoda<\/b>: e infatti, che fosse diavolo di\r\nmalizia assai raffinata, lo dice anche il nome, nella cui\r\nformazione non per nulla entra come elemento principale la coda,\r\nche ferisce di nascosto ed è la parte più terribile di Gerione\r\n(Inferno<\/i>, XVII, 84).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno XVII, 82-84","NotaFonte":"","TestoFonte":"Omai si scende per sì fatte scale;
monta dinanzi, ch'i' voglio esser mezzo,
sì che la coda non possa far male\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=17&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76","from":19889.0,"to":19891.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Cio\u00e8 il padre di\nSilvio, che fu Enea, essendo in corpo, and\u00f2 in Inferno, e dicelo\nVergilio nel VI dello Eneidos.<\/i> Questo dice perch\u00e8 Dio, ch'\u00e8\naversario d'ogni male, li li [per]misse e non sanza cagione, per\u00f2\nche di lui doveano scendere li fondatori del Romano Imperio,\nuniversale monarchia e principato del mondo. La quale fu ottima\ncagione, per\u00f2 che in Inferno ud\u00eco e vide quello perch'elli\nristette in Italia; come \u00e8 scritto nel sesto dello Eneidos.<\/i> \nL'altra quistione: Enea gener\u00f2 di Lavina, figliuola del Re\nLatino, Silvio; Silvio gener\u00f2 Enea e Bruto; Enea gener\u00f2 Latino;\ndi Latino nacque Silvio [e] Alba; di Silvio, Egiptio; di Egiptio,\nCarpento; di Carpento, Teverino; di Teverino, Agrippa; di\nAgrippa, Aremo; di Aremo, Aventino; di Aventino, Proco, Numitore\ned Amulio; di Numitore, Rea Silvia, o vero Ilia, della quale\nnacque Romolo e Remolo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
Cioè il padre di\r\nSilvio, che fu Enea, essendo in corpo, andò in Inferno, e dicelo\r\nVergilio nel VI dello Eneidos.<\/i>  Questo dice perchè Dio, ch'è\r\naversario d'ogni male, li li [per]misse e non sanza cagione, però\r\nche di lui doveano scendere li fondatori del Romano Imperio,\r\nuniversale monarchia e principato del mondo.  La quale fu ottima\r\ncagione, però che in Inferno udìo e vide quello perch'elli\r\nristette in Italia; come è scritto nel sesto dello Eneidos.<\/i> <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI, 760-787","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ille, uides, pura iuuenis qui nititur hasta,
Proxima sorte tenet lucis loca, primus ad auras
Aetherias Italo commixtus sanguine surget,
Siluius, Albanum nomen, tua postuma proles,
Quem tibi longaeuo serum Lauinia coniunx
Educet siluis regem regumque parentem,
Vnde genus Longa nostrum dominabitur Alba.
Proximus ille Procas, Troianae gloria gentis,
Et Capys et Numitor et qui te nomine reddet
Siluius Aeneas, pariter pietate uel armis
Egregius, si umquam regnandam acceperit Albam.
Qui iuuenes! quantas ostentant, aspice, uiris
Atque umbrata gerunt ciuili tempora quercu!
Hi tibi Nomentum et Gabios urbemque Fidenam,
Hi Collatinas imponent montibus arces,
Pometios Castrumque Inui Bolamque Coramque.
Haec tum nomina erunt, nunc sunt sine nomine terrae.
Quin et auo comitem sese Mauortius addet
Romulus, Assaraci quem sanguinis Ilia mater
Educet. uiden, ut geminae stant uertice cristae
Et; pater ipse suo superum iam signat honore?
En huius, nate, auspiciis illa incluta Roma
Imperium terris, animos aequabit Olympo,
Septemque una sibi muro circumdabit arces,
Felix prole uirum: qualis Berecyntia mater
Inuehitur curru Phrygias turrita per urbes
Laeta deum partu, centum complexa nepotes,
Omnis caelicolas, omnis supera alta tenentis.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C006","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"13-19","from":1083.0,"to":1088.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Cio\u00e8 quando esso carro fu\ndagl'infuocati cavalli tratto assai in alto — levorsi<\/b>, sincope\ndi levoronsi.<\/i> Questa stessa sincope adopera Dante anche nel\ncanto XXXIII v. 60 della presente cantica; e quanto all'intiero\nlevorono<\/i> in vece di levarono<\/i>, veggasi l'uso, che dice il\nCinonio [Tratt. de' verbi c. 22] essere in Firenze di cos\u00ec\nterminare le terze persone del preterito plurale di simili verbi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
levorsi<\/b>, sincope di levoronsi.<\/i>  Questa stessa sincope adopera Dante anche nel canto XXXIII v. 60 della presente cantica<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIII 60","NotaFonte":"","TestoFonte":"di manicar, di sùbito levorsi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=33","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"36","from":24995.0,"to":24998.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Cio\u00e8 s'indugia, spiegano tutti; senza\npor mente che queste anime, per quel che ne dice Dante stesso\nne' vv. 74 e 124-126, di troppa fretta potrebbero peccare, non\ngi\u00e0 mai di lentezza.  Intendi adunque che Caronte batteva\nqualunque, situandosi punto a suo agio nella barca, ne\ningombrasse pi\u00f9 dello stretto necessario.  N\u00e8 so come lo stesso\nTommas\u00e8o non abbia dedotta questa interpretazione dal luogo,\nch'egli pur cita, di Virgilio: «Alias animas, quae per juga\nlonga SEDEBANT, Deturbat.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Cioè s'indugia, spiegano tutti; senza por mente che queste anime, per quel che ne dice Dante stesso ne' vv. 74<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III, 74","NotaFonte":"","TestoFonte":"le fa di trapassar parer sì pronte","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=3","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"111","from":2806.0,"to":2808.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Cio\u00e8, a mensa.  — Il corpo\nsuo l'\u00e8 tolto<\/b> ec.  Ingegnosa invenzione, per cui vengono ad\nesser dichiarati demonii in carne umana i traditori di quelli che\nin loro si fidano; fondata sopra varie sentenze delle sacre\ncarte, come: «Nomen habes quod vivas, et mortuus es» (Apoc.,\nIII, 1; «Introivit in Judam Satanas» (Jon. XIII, 27); «Descendant\nin infernum viventes» (Psal., LIV, 15); e simiglianti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Il corpo suo l'è tolto<\/b> ec.  Ingegnosa invenzione, per cui vengono ad esser dichiarati demonii in carne umana i traditori di quelli che in loro si fidano; fondata sopra varie sentenze delle sacre carte, come: «Nomen habes quod vivas, et mortuus es» (Apoc., III, 1; «Introivit in Judam Satanas» (Jon. XIII, 27); «Descendant in infernum viventes» (Psal., LIV, 15)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","LuogoFonte":"Apocalisse III, 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et angelo ecclesiae, quae est Sardis, scribe: Haec dicit, qui habet septem spiritus Dei et septem stellas: Scio opera tua, quia nomen habes quod vivas, et mortuus es<\/strong>.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"130-131","from":32888.0,"to":32891.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"},
{"Annotazione":"Cio\u00e8, secondo le colpe\ndelle quali tu stesso (C. V, 7-8) hai dovuto accusarti a Minosse.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"In su le tue accuse.<\/b> Cioè, secondo le colpe delle quali tu stesso (C. V, 7-8) hai dovuto accusarti a Minosse.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V, 7-8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dico che quando l'anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=5&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"45","from":27069.0,"to":27074.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Cio\u00e8, succedette a Nino nella\nfinta qualit\u00e0 di figliuolo di quello, mentre che n'era stata la\nmoglie. Perocch\u00e8 si legge<\/i> in Giustino e in altri, che non\nvolendo Semiramide dopo la morte del marito commetter l'impero\nalle deboli mani del figlio Ninia, n\u00e8 osando prenderlo\napertamente per s\u00e8, si vesti da uomo, e fattasi credere il\nfigliuolo, a cui somigliava moltissimo, resse in tal modo infino\na quando, fermatasi in sul trono, pot\u00e8 svelar la finzione ed\nimperar davvero. — Della nuova lezione sugger dette a Nino<\/i>,\nche alcuni vorrebbero intrudere, io non veggo il fondamento n\u00e8\nla necessit\u00e0.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Perocchè si legge<\/i> in Giustino e in altri, che non volendo Semiramide dopo la morte del marito commetter l'impero alle deboli mani del figlio Ninia, nè osando prenderlo apertamente per sè, si vesti da uomo, e fattasi credere il figliuolo, a cui somigliava moltissimo, resse in tal modo infino a quando, fermatasi in sul trono, potè svelar la finzione ed imperar davvero. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q210853","Fonte":"","LuogoFonte":"Epitoma Historiarum Philippicarum Pompei Trogi I, 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Haec neque inmaturo puero ausa tradere imperium nec ipsa palam tractare, tot ac tantis gentibus vix patienter Nino viro, nedum feminae parituris, simulat se pro uxore Nini filium, pro femina puerum. Nam et statura utrique mediocris et vox pariter gracilis et liniamentorum qualitas matri ac filio similis. igitur bracchia et crura calciamentis, caput tiara tegit; et ne novo habitu aliquid occultare videretur, eodem ornatu et populum vestiri iubet, quem morem vestis exinde gens universa tenet. Sic primis initiis sexum mentita puer esse credita est. Magnas deinde res gessit; quarum amplitudine ubi invidiam superatam putat, quae sit fatetur quemve simulasset. Nec hoc illi dignitatem regni ademit, sed auxit, quod mulier non feminas modo virtute, sed etiam viros anteiret","UrlFonte":"http:\/\/www.thelatinlibrary.com\/justin\/1.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"59","from":4397.0,"to":4398.0,"NomeAutore":"Marco Giuniano Giustino","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Circoscrive l'ultima ora della\nnotte dalla freddezza che regolarmente suol avere maggiore sopra\nle ore precedenti, e tocca nel tempo stesso la cagione per cui\nci\u00f2 avviene; cio\u00e8 perch\u00e8 in quell'ora il calor diurno<\/b>, il caldo\nrimasto nella terra e nell'atmosfera dal Sole del precedente\ngiorno, vinto<\/b>, estinto, da terra<\/b>, dal natural freddo della\nterra, non pu\u00f2 pi\u00f9 intiepidare<\/b>, render minore, il freddo della\nLuna<\/b>, della notte.  V'aggiunge anche vinto talor da Saturno<\/b>\n[quando cio\u00e8 trovasi nell'emisferio notturno] per l'opinione che\nvi era che questo pianeta apportasse freddo: e riferisce perci\u00f2\nil Landino ci\u00f2 che di Saturno scrive Alano astrologo\n\n     Hic algore suo furatur gaudia veris<\/i>,\n     Furaturque decus pratis, et sidera florum.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
V'aggiunge anche vinto talor da Saturno <\/b>[quando cioè trovasi nell'emisferio notturno] per l'opinione che vi era che questo pianeta apportasse freddo: e riferisce perciò il Landino ciò che di Saturno scrive Alano astrologo    Hic algore suo furatur gaudia veris<\/i>, \r\nFuraturque decus pratis, et sidera florum.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4313","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q71475113","LuogoFonte":"IV viii 474-475","NotaFonte":"L'ed. moderna legge \"praedatur gaudia\"","TestoFonte":"Hic algore suo praedatur gaudia veris,
Furaturque decus pratis, et sidera florum,","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=6705\/11754&text=11754:8.8","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1-3","from":18490.0,"to":18513.0,"NomeAutore":"Alano di Lilla","TitoloFonte":"Anticlaudianus"}, {"Annotazione":"Coerentemente alla legge di\nquel luogo, detta nel settimo di questa cantica v. 52 e segg.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Coerentemente alla legge di quel luogo, detta nel settimo di questa cantica v. 52 e segg.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VII 52-60","NotaFonte":"","TestoFonte":"E 'l buon Sordello in terra fregò 'l dito,
dicendo: \"Vedi? sola questa riga
non varcheresti dopo 'l sol partito:
non però ch'altra cosa desse briga,
che la notturna tenebra, ad ir suso;
quella col nonpoder la voglia intriga.
Ben si poria con lei tornare in giuso
e passeggiar la costa intorno errando,
mentre che l'orizzonte il dì tien chiuso\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=41","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"59","from":8479.0,"to":8484.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Col nome di Poeta, il quale\npi\u00f9 dura, che d'altro scrittore; e pi\u00f9 onora chi \u00e8 insignito\nveramente di tale titolo. Onde Lucano O sacer, et magnus vatum\nlabor: omnia fato Eripis, et donas populis mortalibus aevum.<\/i> \nLandino.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"Onde Lucano O sacer, et magnus vatum labor: omnia fato <\/em>eripis, et donas populis mortalibus aevum.<\/em>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"IX 980-981","NotaFonte":"","TestoFonte":"O sacer et magnus vatum labor, omnia fato
Eripis, et populis donas mortalibus aevum.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0917.phi001.perseus-lat1:9.938","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"85","from":21198.0,"to":21202.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, {"Annotazione":"Coll'esempio degli\nuccelli prosiegue Beatrice a far conoscere la foll\u00eca di un uomo\ndi formato giudizio, che dopo provati gli aspri colpi de' mondani\npiaceri, non si diparta da essi. Solamente, dice, il novello\nsciocco augelletto, dopo il primo colpo d'insidie aspetta due o\ntre<\/b>, non isfugge il secondo o terzo colpo. Ma agli uccelli\npennuti<\/b> vecchi, provato che abbiano una volta l'insidia tramata\nloro sotto lusinga di richiamo o d'esca, indarno poscia si\ntendono reti [allusivamente a quel de' Proverbi Frustra iacitur\nrete ante oculos pennatorum<\/i> [Cap. 1]], o si scagliano saette. \nNota che ai tempi di Dante non era ancor trovato l'archibuso.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ma agli uccelli pennuti<\/b> vecchi, provato che abbiano una volta l'insidia tramata loro sotto lusinga di richiamo o d'esca, indarno poscia si tendono reti [allusivamente a quel de' Proverbi  Frustra iacitur rete ante oculos pennatorum<\/i> [Cap. 1]], o si scagliano saette.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4579","LuogoFonte":"I 17","NotaFonte":"","TestoFonte":"Frustra autem iacitur rete ante oculos pinnatorum.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_proverbiorum_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"61-63","from":31332.0,"to":31352.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Proverbi"},
{"Annotazione":"Come Fetonte [colui che essendo\nstato da Giove fulminato per avere malamente esercitato l'impiego\ndal padre Apollo con preghiere ottenuto di guidare il carro del\nSole, fa col proprio esempio avvertiti li genitori ad essere\nscarsi nel concedere licenze a' figliuoli] venne a Climen\u00e8<\/b>,\nalla madre sua<\/i>, per accertarsi di ci\u00f2, ch'aveva incontro a se\nudito<\/i><\/b>, per sapere se gli aveva Epafo con verit\u00e0 negato, che\nfoss'egli, quale per testimonianza di Climen\u00e8 si credeva di\nessere, figlio d'Apollo [Ovid. Met.<\/i><\/b> lib. I v. 754 e segg.]. \nClimen\u00e8<\/b> coll'accento acuto sull'ultima e<\/i> rettamente scrivono\nle moderne edizioni, richiedendo il verso che pronunzisi questo\nnome, qual da' Greci e Latini pronunziossi, colla media sillaba\nbreve, e coll'ultima lunga.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Come Fetonte [...] venne a Climenè<\/b>, alla madre sua<\/i>, per accertarsi di ciò, ch'aveva incontro a se udito<\/b>, per sapere se gli aveva Epafo con verità negato, che  foss'egli, quale per testimonianza di Climenè si credeva di essere, figlio d'Apollo [Ovid. Met.<\/i> lib. I v. 754 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"I 754-779","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nunc dea linigera colitur celeberrima turba,
nunc Epaphus magni genitus de semine tandem
creditur esse Iovis, perque urbes iuncta parenti
templa tenet. Fuit huic animis aequalis et annis
Sole satus Phaethon. Quem quondam magna loquentem
nec sibi cedentem Phoeboque parente superbum
non tulit Inachides, “matri” que ait “omnia demens
credis et es tumidus genitoris imagine falsi.”
Erubuit Phaethon iramque pudore repressit
et tulit ad Clymenen Epaphi convicia matrem;
“quo” que “magis doleas genetrix,” ait “ille ego liber,
ille ferox tacui. Pudet haec opprobria nobis
et dici potuisse et non potuisse refelli.
At tu, si modo sum caelesti stirpe creatus,
ede notam tanti generis meque adsere caelo.”
Dixit et inplicuit materno bracchia collo
perque suum Meropisque caput taedasque sororum
traderet oravit veri sibi signa parentis.
Ambiguum, Clymene, precibus Phaethontis an ira
mota magis dicti sibi criminis utraque caelo
bracchia porrexit spectansque ad lumina solis
“per iubar hoc” inquit “radiis insigne coruscis,
nate, tibi iuro, quod nos auditque videtque,
hoc te, quem spectas, hoc te, qui temperat orbem,
Sole satum. Si ficta loquor, neget ipse videndum
se mihi, sitque oculis lux ista novissima nostris.
Nec longus patrios labor est tibi nosse penates:
unde oritur, domus est terrae contermina nostrae.
Si modo fert animus, gradere et scitabere ab ipso.”
Emicat extemplo laetus post talia matris
dicta suae Phaethon et concipit aethera mente,
Aethiopasque suos positosque sub ignibus Indos
sidereis transit patriosque adit inpiger ortus.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:1.746","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1-3","from":16192.0,"to":16194.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Come annota il Boccaccio, gora <\u00e8\nuna parte d'acqua tratta per forza dal vero corso d'alcun fiume e\nmenata ad alcun mulino o altro servigio, il quale fornito si\nritorna nel fiume onde era stata tratta»; qui vale semplicemente:\nquel fosso d'acqua stagnante. «All'uscita della citt\u00e0 (Firenze),\nove i detti acquidocci, ovvero gora<\/b>, si scoprivano e\nrientravano in Arno, si vedea tutta l'acqua rossa come sangue»\n(G. Villani, loc. cit.<\/i>).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Come annota il Boccaccio, gora <è\r\nuna parte d'acqua tratta per forza dal vero corso d'alcun fiume e\r\nmenata ad alcun mulino o altro servigio, il quale fornito si\r\nritorna nel fiume onde era stata tratta»; qui vale semplicemente:\r\nquel fosso d'acqua stagnante.  «All'uscita della città (Firenze),\r\nove i detti acquidocci, ovvero gora<\/b>, si scoprivano e\r\nrientravano in Arno, si vedea tutta l'acqua rossa come sangue»\r\n(G. Villani, loc. cit.<\/i>).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/istorie-fiorentine","LuogoFonte":"II, 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"E così ne fece morire grande quantità, che nulla se ne sentia per la città, se non che all'uscita della città, ove i detti acquidocci ovvero gora si scoprivano e rientravano in Arno, si vedea tutta l'acqua rossa come sangue.","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=9f0ybLOkQyIC&pg=PA93&lpg=PA93&dq=All%27uscita+della+citt%C3%A0+(Firenze),+ove+i+detti+acquidocci,+ovvero+gora,+si+scoprivano+e+rientravano+in+Arno,+si+vedea+tutta+l%27acqua+rossa+come+sangue&source=bl&ots=AdygRpDa4p&sig=ACfU3U3AB90Ak7ejf2sVYExhHpD2_rH4Ag&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiR8s3qqO72AhXDRfEDHct1Cq0Q6AF6BAgLEAM#v=onepage&q=All'uscita%20della%20citt%C3%A0%20(Firenze)%2C%20ove%20i%20detti%20acquidocci%2C%20ovvero%20gora%2C%20si%20scoprivano%20e%20rientravano%20in%20Arno%2C%20si%20vedea%20tutta%20l'acqua%20rossa%20come%20sangue&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=13735', 'Autore':'Giovanni Boccaccio, 1373-75','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31","from":6956.0,"to":6959.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Come delle sette piaghe\n[aperte in fronte a Dante dall'angelo nell'ingresso del\nPurgatorio [Canto IX verso 112], sono gi\u00e0 spente<\/b>, guarite, due,\ncio\u00e8 superbia ed invidia [purgate ne' due passati balzi], cos\u00ec\nprocura che spente ne vengano l'altre cinque, cio\u00e8 ira, accidia,\navarizia, gola, e lussuria.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Come delle sette piaghe [aperte in fronte a Dante dall'angelo nell'ingresso del Purgatorio [Canto IX verso 112], sono già spente<\/b>, guarite, due, cioè superbia ed invidia [purgate ne' due passati balzi], così procura che spente ne vengano l'altre cinque, cioè ira, accidia, avarizia, gola, e lussuria.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IX 112","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sette P ne la fronte mi descrisse","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=43","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79-80","from":14879.0,"to":14881.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Come gi\u00e0 Commed\u00eca<\/i> (C. XVI 128), alla\ngreca.  E chiama tragedia l'Eneida per le ragioni contrarie a\nquella che gli fecero chiamar commedia il proprio poema, cio\u00e8\npel tristo fine dell'Eneide terminante con la morte di Turno, e\nper la nobile lingua usata da Virgilio.  Vero \u00e8 che la morte di\nTurno fu lietissimo fine a' travagli del protagonista Enea, e che\nil latino a tempo di Virgilio non era meno la lingua delle latine\nfemminette<\/i>, che il toscano poi delle toscane: ma con Dante, in\ncos\u00ec fatta materia, non \u00e8 da guardar troppo pel sottile. \nNell'epistola allo Scaligero egli annovera tra le narrazioni\npoetiche<\/i> la tragedia, la commedia, il carme buccolico, l'elegia,\nla satira, e la sentenza votiva, cio\u00e8 tutto fuorch\u00e8 le\nnarrazioni.  Tanto \u00e8 vero, che i grandi Poeti non li fa l'Arte\nPoetica.  — In alcun loco.<\/b>  Si fa menzione di Euripilo nel\nlib. II, v. 114 dell'Eneide.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Tragedìa<\/strong>. Come già Commedìa<\/i> (C. XVI 128), alla greca. E chiama tragedia l'Eneida per le ragioni contrarie a quella che gli fecero chiamar commedia il proprio poema, cioè pel tristo fine dell'Eneide terminante con la morte di Turno, e per la nobile lingua usata da Virgilio. Vero è che la morte di Turno fu lietissimo fine a' travagli del protagonista Enea, e che il latino a tempo di Virgilio non era meno la lingua delle latine femminette<\/i>, che il toscano poi delle toscane: ma con Dante, in così fatta materia, non è da guardar troppo pel sottile. Nell'epistola allo Scaligero egli annovera tra le narrazioni poetiche<\/i> la tragedia, la commedia, il carme buccolico, l'elegia, la satira, e la sentenza votiva, cioè tutto fuorchè le narrazioni. Tanto è vero, che i grandi Poeti non li fa l'Arte Poetica. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVI, 128","NotaFonte":"","TestoFonte":"di questa comedìa, lettor, ti giuro","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=16","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"113","from":19219.0,"to":19220.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Come la detta costellazione\nde' Gemini<\/i> \u00e8 pi\u00f9 vicina all'Orse [due costellazioni al polo\nnostro artico contigue] di quello sia Ariete, certa cosa \u00e8 che,\nove il Sole, in vece d'essere, com'era allora, in Ariete [Vedi la\nnota al canto I dell'Inf. v. 38], stato fosse in Gemini,\nsarebbesi veduto e il Sole, e la porzione del zodiaco dal Sole\ntocca e fatta rubecchia<\/b>, rosseggiante, rotare pi\u00f9 stretto<\/b>,\naggirarsi pi\u00f9 vicino, all'Orse.<\/b>  Di necessit\u00e0 dee pe 'l\nzodiaco rubecchio<\/b> intendersi la sola porzione del zodiaco dal\nSole tocca e fatta rosseggiante; imperocch\u00e8 l'intiero zodiaco non\ncangia mai, n\u00e8 sembra cangiare rapporto al rimanente del cielo.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Certa cosa è che, ove il Sole, in vece d'essere, com'era allora, in Ariete [Vedi la nota al canto I dell'Inf. v. 38], stato fosse in Gemini, sarebbesi veduto e il Sole, e la porzione del zodiaco dal Sole tocca e fatta rubecchia<\/b>, rosseggiante, rotare più stretto<\/b>,  aggirarsi più vicino, all'Orse.<\/b><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 38","NotaFonte":"","TestoFonte":"e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64-65","from":3391.0,"to":3393.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Come ora sono.  Dante vuol sapere se\ndopo il giudizio universale i tormenti dei dannati si\naumenteranno, o se diminueranno, oppure se resteranno i medesimi.\nVirgilio gli risponde che essi diverranno maggiori, poich\u00e8 la\ndannazione sar\u00e0 perfetta dopo la risurrezione; le gioje del\nparadiso saranno medesimamente perfette, Cfr. Parad. XIV, 43.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Dante vuol sapere se dopo il giudizio universale i tormenti dei dannati si aumenteranno, o se diminueranno, oppure se resteranno i medesimi. Virgilio gli risponde che essi diverranno maggiori, poichè la dannazione sarà perfetta dopo la risurrezione; le gioje del paradiso saranno medesimamente perfette, Cfr. Parad. XIV, 43<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XIV, 43-51","NotaFonte":"","TestoFonte":"Come la carne glorïosa e santa
fia rivestita, la nostra persona
più grata fia per esser tutta quanta;
per che s'accrescerà ciò che ne dona
di gratüito lume il sommo bene,
lume ch'a lui veder ne condiziona;
onde la visïon crescer convene,
crescer l'ardor che di quella s'accende,
crescer lo raggio che da esso vene.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=81&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":5735.0,"to":5737.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Come part\u00ec Ipolito da Atene\nforzatamente, per non voler piegarsi al furioso amore della\nmatrigna Fedra; cos\u00ec partirai tu, costretto a ci\u00f2 fare, per non\nvoler tu consentire alle inique voglie de' cittadini perversi, e\ndella patria divenuta tua matrigna. Venturi.\n\n\tProsiegue poi il medesimo Venturi e ripete qu\u00ec nuovamente\nla taccia di smemoraggine gi\u00e0 Inf. X, 130 data al Poeta per\nessersi ivi fatto da Farinata perdire\n\n Quando sarai dinanzi al dolce raggio<\/i>\n Di quella, il cui bell'occhio tutto vede<\/i>,\n Da lei soprai di tua vita il viaggio<\/i>:\n\ne facendo qu\u00ec poi tale promessa adempiersi, non per Beatrice\nstessa, ma per Cacciaguida.\n\n\tRipeterem perci\u00f2 noi ancora quant'ivi per autorit\u00e0 del\nCinonio e del Vocabolario della Crusca avvisammo che da lei<\/i> pu\u00f2\ne dee in quel passo valere il medesimo che appresso da lei<\/i>, in\ncompagnia di lei.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Prosiegue poi il medesimo Venturi e ripete quì nuovamente la taccia di smemoraggine già Inf. X, 130 data al Poeta per essersi ivi fatto da Farinata predire\r\n     Quando sarai dinanzi al dolce raggio<\/i>\r\n        Di quella, il cui bell'occhio tutto vede<\/i>,\r\n        Da lei soprai di tua vita il viaggio<\/i>:\r\ne facendo quì poi tale promessa adempiersi, non per Beatrice stessa, ma per Cacciaguida.  \tRipeterem perciò noi ancora quant'ivi per autorità del Cinonio e del Vocabolario della Crusca avvisammo che da lei<\/i> può e dee in quel passo valere il medesimo che appresso da lei<\/i>, in compagnia di lei.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. X 130-132","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"quando sarai dinanzi al dolce raggio
di quella il cui bell'occhio tutto vede,
da lei saprai di tua vita il vïaggio\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=10&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46-48","from":16505.0,"to":16523.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Comprendono questi primi\nquattro terzetti non altro che una digressione~, colla quale\ncompiange il Poeta la cecit\u00e0 de' mondani che si trovavano in\ncrucciose occupazioni circa le cose della terra~, mentr' egli\ngodeva delle delizie celesti. Ed allegoricamente insinuar vuole\nil contento~, che anche quaggi\u00f9 in terra gode un'anima unita a\nDio~, e tutta dedita alla contemplazione delle celesti cose — O\ninsensata cura de' mortali.<\/i> Pare che Dante si approfittasse\nqu\u00ec di Lucrezio al 2. Suave mari magno ec.<\/i>, che in fine\nconclude la sua amplificazione esclamando O miseras hominum\nmentes<\/i>, et pectora caeca<\/i>, Qualibus in tenebris vitae ec.<\/i>\nVenturi. — Quanto son difettivi ec.<\/i>, quanto sono corte e\nmancanti le ragioni che vi piegan gli animi a questi bassi\noggetti~? — Chi dietro a iura ec.<\/i> Di questo e de' seguenti\notto versi dee essere la costruzione~, quando<\/i>, allor che in\nquel tempo che [Vedi Cinon. Partic.<\/i> 110. 1] io<\/i>, sciolto da\ntutte queste cose<\/i>, terrene~, m' era<\/i>, mi stava~, con Beatrice\naccolto<\/i>, ricevuto~, suso in cielo cotanto gloriosamente<\/i>,\nchi<\/i>, parte degli altri uomini~, sen giva dietro a' iura<\/i>\n[plurale di iure<\/i>, che in vece di ius<\/i> scrisse pure il\nDavanzati [Scisma d'Inghilt. 13.]] cio\u00e8 al ius civile~,\ncriminale~, e canonico~, e chi ad aforismi<\/i>, agli aforismi\nd'Ippocrate~, cio\u00e8 all'arte medica~, e chi seguendo\nsacerdozio<\/i>, intendi~, con fine mondano di ottenere ricchezze ed\nonori~, e chi regnar<\/i>, intendi~, procurava~, per forza<\/i>, e per\nsofismi<\/i>, per via d'imposture~, d'inganni~, e chi rubare<\/i>, e chi\ndi usurprsi l'atrui~, e chi civil negozio<\/i>; intendi~,\nesercitare~, chi<\/i>, nel diletto della carne involto<\/i>,\ns'affaticava<\/i>, intendi~, per venire a capo de' pravi suoi\ndesideri~, e chi si dava all'ozio.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
O insensata cura de' mortali.<\/i>  Pare che Dante si approfittasse quì di Lucrezio al 2.  Suave mari magno ec.<\/i>, che in fine conclude la sua amplificazione esclamando O miseras hominum mentes<\/i>, et pectora caeca<\/i>, Qualibus in tenebris vitae ec. <\/i>Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q47154","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q861986","LuogoFonte":"II 14-19","NotaFonte":"","TestoFonte":"o miseras hominum mentes, o pectora caeca! 
qualibus in tenebris vitae quantisque periclis
degitur hoc aevi quod cumquest! nonne videre
nihil aliud sibi naturam latrare, nisi ut qui
corpore seiunctus dolor absit, mente fruatur
iucundo sensu cura semota metuque?","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0550.phi001.perseus-lat1:2.1-2.61","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1-12","from":10128.0,"to":10207.0,"NomeAutore":"Tito Lucrezio Caro","TitoloFonte":"De rerum natura"}, {"Annotazione":"Con questa\nesclamazione in lode della divina grazia ne fa capire, che\npres'egli il predetto ardire; non confidato nelle proprie forze,\nma nell'aiuto di essa divina grazia — per la luce eterna<\/b>, vale\nnella luce eterna<\/i> [Della particella per<\/i><\/b> a senso d'in<\/i><\/b> o\nnel<\/i> vedi Cinonio Partic.<\/i> 195, 15] — la veduta vi consunsi<\/b>,\nla visione vi compii: come Inf. II, 41 disse consumai la\n'mpresa<\/i><\/b>, per compii l'impresa. Questo consunsi<\/i><\/b> gli altri\nspositori intendono chi per logorai inutilmente<\/i>, chi per\nimpiegai.<\/i> Che per\u00f2 compisse il Poeta la bramata visione, ne lo\nfa capire e con quanto ha di gi\u00e0 detto, e con quanto siegue a\ndire. Il consumare<\/i> poi per impiegare<\/i> vuole dirsi di cosa che\ncoll'impiegarla si perde.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
la veduta vi consunsi<\/b>, la visione vi compii: come Inf. II, 41 disse consumai la 'mpresa<\/i>, per compii l'impresa.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II 41","NotaFonte":"","TestoFonte":"perché, pensando, consumai la 'mpresa","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"82-84","from":32933.0,"to":32952.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Conciossiach\u00e8 quella\nvoglia e quel desiderio ne mena all'albero, che men\u00f2 Cristo lieto\na dire, Eli, lammasabacthani<\/i>, cio\u00e8 Dio mio perch\u00e8 m'hai\nabbandonato<\/i>? quando col prezioso sangue suo ci liber\u00f2 dal\ndemonio infernale: perch\u00e8 ancora che Cristo, quanto all'umanit\u00e0,\ntemesse la morte, pur per redimere l'umana generazione,\nvolontieri e lietamente vi si condusse.  Cos\u00ec quest'anime avegna\nche temano rinovar la fame e la sete per ritornare a\nquell'arbore, pur per pi\u00f9 tosto purgarsi, et usar di quella pena,\nvi ritornano volontieri.  Daniello.  — all'albero<\/b> legge la\nNidobeatina, ed all'arbore<\/i><\/b> l'altre edizioni.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Conciossiachè quella voglia e quel desiderio ne mena all'albero, che menò Cristo lieto  a dire, Eli, lammasabacthani<\/i>, cioè Dio mio perchè m'hai abbandonato<\/i>? quando col prezioso sangue suo ci liberò dal demonio infernale: perchè ancora che Cristo, quanto all'umanità, temesse la morte, pur per redimere l'umana generazione, volontieri e lietamente vi si condusse.  Così quest'anime avegna che temano rinovar la fame e la sete per ritornare a quell'arbore, pur per più tosto purgarsi, et usar di quella pena, vi ritornano volontieri.  Daniello.  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XXVII 46","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et circa horam nonam clamavit Iesus voce magna dicens: “ Eli, Eli, lema sabacthani? ”, hoc est: “ Deus meus, Deus meus, ut quid dereliquisti me? ”. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#27","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"73-75","from":23134.0,"to":23156.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"Conforme alla comune opinione della\nuniversal dottrina di Virgilio.  Nel c. VII: «Quel savio gentil\nche tutto seppe.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Conforme alla comune opinione della universal dottrina di Virgilio.  Nel c. VII: «Quel savio gentil che tutto seppe.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII, 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"e quel savio gentil, che tutto seppe","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"73","from":3476.0,"to":3483.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Construzione.  Ora,\nper lo remunerar, ch'\u00e8 altrettanto<\/b>, per la rimunerazione, che\ncorrisponde al merito, conosce in quanto affetto fu del suo\nconsiglio<\/b> ec. [imita la frase Latina in amore esse<\/i> per\namari<\/i>] conosce quanto dal suo consiglio<\/i><\/b> [dal suo\nconsigliatore lo Spirito santo, appellato Spiritus consilii<\/i><\/b>\n[Isai.<\/i> II]] gradita fu la meritevole azione del suo comporre e\ncantar Salmi.  Consiglio<\/b> per consigliatore<\/i><\/b> \u00e8 metonimia non\npunto dissimile dalla comunemente adoprata d'amore<\/i> per\namante<\/i>, aiuto<\/i> per aiutante<\/i> ec.\n\n\tAltre interpretazioni del verso In quanto affetto fu del\nsuo consiglio<\/i><\/b> ci danno que' pochi spositori che sopra vi si\nfermano, e no 'l saltano, come il Landino, tra gli altri, fa.  Il\nVellutello vuole che del suo consiglio<\/b> vaglia del suo secreto\npensiero.<\/i><\/b>  Il Daniello leggendo effetto<\/i> in luogo d'affetto<\/i><\/b>\n[ed istessamente legge la Nidobeatina], chiosa: In quanto esso\ncanto fu effetto del consiglio suo, dello Spirito santo, dal qual\na cantar fu spirato.<\/i><\/b>  Il Venturi finalmente criticando la\nlezione ed esposizione del Daniello, altro poi egli non fa che\nconfondere il merito del canto col merito, cui Dante non tocca,\ndella traslazion dell'Arca.  In quanto<\/i> [dice] non fu gi\u00e0 un\ncantar per genio di musica, ma in quanto fu un cantare tutto\nanimato dall'affetto derivato dalla sua santa determinazione di\nfare quella religiosissima traslazione dell'Arca.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
dal suo consiglio<\/b> [dal suo consigliatore lo Spirito santo, appellato Spiritus consilii <\/i>[Isai.<\/i> II]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131458","LuogoFonte":"XI 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"spiritus consilii et fortitudinis,","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_isaiae_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"40-42","from":19462.0,"to":19466.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro di Isaia"},
{"Annotazione":"Consuona col v. 74 del c. VI:\n«Superbia, invidia ed avarizia sono Le tre faville ec.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Consuona col v. 74 del c. VI: «Superbia, invidia ed avarizia sono Le tre faville ec.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VI, 74-75","NotaFonte":"","TestoFonte":"superbia, invidia e avarizia sono
le tre faville c'hanno i cuori accesi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=6","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"68","from":14056.0,"to":14062.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Corrisponde questa a\nquella petizione et ne nos inducas in tentationem<\/i>, —\ns'adona<\/b>, resta abbattuta [D'adonare<\/i><\/b> per abbassare<\/i> ed\nabbattere<\/i> vedi altri esempi recati dal Vocabol. della Cr.], —\nnon spermentar<\/i><\/b> ec. non permetti che sia tentata da Satanasso. \nSpermentare<\/b> sincope di sperimentare<\/i><\/b>, molto adoprata. Vedi 'l\nVocabol. della Cr. — da lui<\/i><\/b>, \u00e8 questa la petizione libera\nnos a malo<\/i> intesa con s. Gio. Grisostomo [In Matth.<\/i> c. 6]\nvaler quanto libera nos a diabolo<\/i><\/b> — Che s\u00ec la sprona<\/b>, la\ninstiga, intendi, al male.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Corrisponde questa a quella petizione et ne nos inducas in tentationem<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"VI 13","NotaFonte":"","TestoFonte":" et ne inducas nos in tentationem","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#6","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"19-21","from":10241.0,"to":10244.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"Corrisponde questo plurale numero\nnon alla voce mal seme<\/b>, ma alla moltitudine che per quella vien\nsignificata: come dice Virgilio Pars gladios stringunt<\/i>\n[Aeneid.<\/i> XII, 158], e come ne' sacri Salmi Attendite popule\nmeus<\/i> [Psalm<\/i> 77, I].  Sintesi<\/i> vien questa figura dai\ngrammatici appellata [Gerard. Voss. Gramm. De contruct.\nfigurata.<\/i>].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Gittansi<\/strong>. Corrisponde questo plurale numero non alla voce mal seme<\/b>, ma alla moltitudine che per quella vien significata: come dice Virgilio Pars gladios stringunt <\/i>[Aeneid.<\/i> XII, 158]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"XII 278","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Aen. XII 278, non 158.","TestoFonte":"pars, gladios stringunt manibus, pars missile ferrum","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+12.278&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115-116","from":2839.0,"to":2840.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"Costruzione E lungh'esso<\/b>,\nvicino ad esso Pietro siede quei<\/b> [sincope di quegli<\/i>, sinonimo\ndi colui<\/i> [Vedi Cinon. Partic.<\/i> 214, 7]] siede colui, quel s.\nGiovanni Evangelista, che pria che morisse vide<\/i><\/b>,\nnell'Apocalisse predicendoli, tutt'i tempi gravi<\/b>, tutte le\ncalamit\u00e0, della bella sposa<\/b>, della Chiesa, che s'acquist\u00f2<\/b>,\nche fu acquistata [intendi da Ges\u00f9 Cristo] con la lancia, e co'\nchiavi<\/b>, e con li chiodi [Chiavo<\/i><\/b> per chiodo<\/i><\/b> anticamente da\naltri Toscani scrittori anche in prosa adoprato vedilo nel\nVocabolario della Crusca].  Allusivamente al dire s. Paolo\nEcclesiam Dei, quam acquisivit sanguine suo<\/i> [Act.<\/i> 20] — e\nlungo l'altro<\/b> ec. ed accanto di quell'altro<\/b> [cio\u00e8 di Adamo,\ngi\u00e0 detto da sinistra<\/i><\/b> {v.121} di Maria Vergine] siede Mois\u00e8,\nquel capitano sotto la cui condotta visse nel deserto di\nprodigiosa manna l'ingrata, mobile, e ritrosa Ebrea gente.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Allusivamente al dire s. Paolo Ecclesiam Dei, quam acquisivit sanguine suo<\/i> [Act.<\/i> 20]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","LuogoFonte":"XX 28","NotaFonte":"","TestoFonte":"Attendite vobis et universo gregi, in quo vos Spiritus Sanctus posuit episcopos, pascere ecclesiam Dei, quam acquisivit sanguine suo.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#20","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"127-132","from":32202.0,"to":32205.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"},
{"Annotazione":"Costruzione E tra 'l Po e 'l\nmonte e la marina e 'l Reno<\/b> [cio\u00e8 nella provincia di Romagna]\nnon pur<\/b> [non solamente] lo sangue suo<\/b> [la discendenza di\nRinieri] \u00e8 fatto brullo<\/b> [spogliato ignudo [Brullo<\/b> a cotal\nsenso adopera Dante anche Inf. XXXIV, 60 ed altri esempi puoi\nvedere nel Vocab. della Cr.]] del ben richiesto al vero ed al\ntrastullo.<\/b>  Il vero<\/b> \u00e8 l'obbietto cui siegue l'intelletto; e il\ntrastullo<\/b>, o sia il diletto, \u00e8 l'obbietto cui siegue la\nvolont\u00e0.  Pone il Poeta, per sineddoche cotali obbietti per\nl'operare delle stesse due potenze, ed in vece di dire, ch'erano\ni discendenti di Rinieri sprovveduti di ci\u00f2 che si richiede per\nben pensare e volere, di scienza cio\u00e8, e di costumatezza, diceli\nbrulli del ben richiesto al vero, ed al trastullo.<\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
è fatto brullo<\/b> [spogliato ignudo [Brullo<\/b> a cotal senso adopera Dante anche Inf. XXXIV, 60 ed altri esempi puoi vedere nel Vocab. della Cr.]] <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIV 60","NotaFonte":"","TestoFonte":"rimanea de la pelle tutta brulla.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=34&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"91-93","from":13896.0,"to":13900.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Costruzione Quella da'<\/b> [per a'<\/i>\n[Vedi Cinonio Partic.<\/i> 70, 2]] piedi suoi<\/i><\/b>, ai piedi cio\u00e8 di\nMaria Vergine, nel grado secondo, ch'\u00e8 tanto bella, \u00e8 colei che\naperse e punse La piaga che Maria richiuse ed unse<\/b>: \u00e8 colei la\nprima donna la quale disubbidendo essa a Dio apr\u00ec, e rendendo\nseco disubbidiente Adamo inaspr\u00ec quella ferita fatta all'uman\ngenere, che Maria Vergine, col darne dalle castissime sue viscere\nil Redentore, serr\u00f2 e medic\u00f2.  Illa percussit, ista sanavit<\/i><\/b>,\ndice anche s. Agostino [Serm. 18 de Sanctis<\/i>].  Giustamente poi\nfinge Eva bellissima, perocch\u00e8, fatta da Dio stesso\nimmediatamente, non poteva nel di lei corpo aver luogo veruna\nsproporzione.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Illa percussit, ista sanavit<\/i>, dice anche s. Agostino [Serm. 18 de Sanctis<\/i>]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7254397","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/sermoni","LuogoFonte":"CCVIII 4","NotaFonte":"Cfr. Sermo CCVIII in Festo Assumptionis B. Mariae, olim de Sanctis 35 (PL 39 col. 2131)","TestoFonte":"Auctrix peccati Eva; auctrix meriti Maria. Eva occidendo obfuit; Maria vivificando profuit. Illa percussit; ista sanavit.","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=\/&text=7337:21.4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"4-6","from":31372.0,"to":31374.0,"NomeAutore":"Pseudo-Agostino","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Costruzione. \nIncominciommi<\/b> [intendi a dire<\/i>], Or si vuole<\/i><\/b>, dei tu ora,\nriguardar fisamente in me la parte, che nelle aguglie mortali<\/b>,\nnell'aquile terrene, vede e pate<\/b>, e soffre, il Sole<\/b>; cio\u00e8\nl'occhio.  Di questa propriet\u00e0 dell'occhio aquilino di affissarsi\nnel Sole senza abbagliarsi vedi quanto si \u00e8 da sant'Agostino\nriferito al primo di questa cantica, a quei versi\n\n     Quando Beatrice in sul sinistro fianco<\/i><\/b>\n        Vidi rivolta, e riguardar nel Sole<\/i>:\n        Aquila s\u00ec non gli s'affisse unquanco<\/i>\n        [Par. I, 46 e segg.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Di questa proprietà dell'occhio aquilino di affissarsi nel Sole senza abbagliarsi vedi quanto si è da sant'Agostino riferito al primo di questa cantica, a quei versi\r\n     Quando Beatrice in sul sinistro fianco<\/i>\r\n        Vidi rivolta, e riguardar nel Sole<\/i>:\r\n        Aquila sì non gli s'affisse unquanco<\/i>\r\n        [Par. I, 46 e segg.].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/in-evangelium-ioannis-tractatus","LuogoFonte":"XXXVI 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dicuntur enim et pulli aquilarum a parentibus sic probari, patris scilicet ungue suspendi, et radiis solis opponi: qui firme contemplatus fuerit, filius agnoscitur; si acie palpitaverit, tamquam adulterinus ab ungue dimittitur.","UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/commento_vsg\/index2.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"31-33","from":19397.0,"to":19401.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Costruzione. \nL'alta corte santa<\/b>, la sublime santa adunanza per le spere<\/b>,\nper le anzidette [Verso 11 del presente canto] spere ripartita,\nnella melode<\/b>, con [Della particella in<\/i> per con<\/i> vedi il\nVocabolario della Crusca sotto di essa particella in<\/i>\n{paragraph.} 2] la melodia, con la soavit\u00e0 e dolcezza, che<\/i><\/b>,\ncolla quale [Della che<\/b> a cotal senso vedi Cinonio partic.<\/i><\/b> 44,\n5] si canta lass\u00f9, rison\u00f2, un Dio lodiamo<\/i><\/b>, inton\u00f2 l'inno Te\nDeum laudamus<\/i>: e ci\u00f2 dee intendersi in ringraziamento a Dio per\nla fede vera in Dante manifestatasi.  Di melode<\/b> per melodia<\/i><\/b>\nvedi detto Par. XIV, 122.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Di melode<\/b> per melodia <\/i>vedi detto Par. XIV, 122.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XIV 122","NotaFonte":"","TestoFonte":"s'accogliea per la croce una melode","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=81&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"112-114","from":24065.0,"to":24086.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Costruzione. \nQuest'uno, che tu povero e digiuno<\/b>, e famelico, cio\u00e8 in\nributtante figura, entrasti in campo a seminar la buona pianta<\/b>,\nuscisti nel mondo a seminar la fede di Ges\u00f9 Cristo, che fu gi\u00e0\nvite, ed ora \u00e8 fatta pruno<\/b>, che dolci uve un tempo produsse, ed\nora pungenti spine [accenna la santit\u00e0 de'primi tempi cristiani,\ne la corruttela de' tempi suoi], \u00e8 tal che gli altri non sono 'l\ncentesmo<\/b>, diviene un miracolo tale, che i miracoli registrati\nnel Vangelo, negli atti Apostolici, e nell'ecclesiastica Storia\nnon vagliono la centesima parte di esso.  \u00c8 questo il famoso\nargomento di s. Agostino nel libro ultimo De Civ. Dei<\/i> cap. 5\nSi per Apostolos Christi, ut eis crederetur resurrectionem atque\nascensionem praedicantibus Christi, etiam ista miracula esse\nfacta non credunt, hoc nobis unum grande miraculum sufficit, quod\nea terrarum orbis sine ullis miraculis credidit.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
È questo il famoso argomento di s. Agostino nel libro ultimo De Civ. Dei<\/i> cap. 5 Si per Apostolos Christi, ut eis crederetur resurrectionem atque ascensionem praedicantibus Christi, etiam ista miracula esse facta non credunt, hoc nobis unum grande miraculum sufficit, quod ea terrarum orbis sine ullis miraculis credidit.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q212318","LuogoFonte":"XXII 5","NotaFonte":"Cfr. PL 41 coll. 756-57","TestoFonte":"Si vero per Apostolos Christi, ut eis crederetur resurrectionem atque ascensionem praedicantibus Christi, etiam ista miracula facta esse non credunt, hoc nobis unum grande miraculum sufficit, quod eam terrarum orbis sine ullis miraculis credidit.","UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/cdd\/index2.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"107-111","from":24032.0,"to":24036.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":"La citt\u00e0 di Dio"},
{"Annotazione":"Costruzione.  Accorte di mio\nvivere traean<\/b>, mostravano, per le fosse degli occhi<\/b> [invece di\nper gli occhi<\/i>; allusivamente alla descrizione di quest'anime\nfatta nel canto preced. v. 22 e segg.] ammirazione di me.<\/i><\/b> \nOvvero accorte per le fosse degli occhi di mio vivere, traean\nammirazione di me<\/b> — tra\u00e8n<\/i><\/b> in vece di traean<\/i><\/b> leggono\nl'edizioni diverse dall Nidobeatina.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per le fosse degli occhi<\/b> [invece di per gli occhi<\/i>; allusivamente alla descrizione di quest'anime fatta nel canto preced. v. 22 e segg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIII 22-24","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ne li occhi era ciascuna oscura e cava,
palida ne la faccia, e tanto scema
che da l'ossa la pelle s'informava.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=57&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"5-6","from":23607.0,"to":23610.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Costruzione. Adunque quel\ncinghio<\/b>, quella fascia di terreno, che rimane tra 'l pozzo, e\n'l pi\u00e8 dell'alta ripa dura<\/b> [cio\u00e8 della stagliata rocca<\/i> detta\nnel canto prec. v. 134] \u00e8 tondo.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Adunque quel cinghio<\/b>, quella fascia di terreno, che rimane tra 'l pozzo, e 'l piè dell'alta ripa dura<\/b> [cioè della stagliata rocca<\/i> detta nel canto prec. v. 134] è tondo.<\/b><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVII 134","NotaFonte":"","TestoFonte":"al piè al piè de la stagliata rocca,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=17","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-8","from":16496.0,"to":16498.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Costruzione.  Andavam oltre\nristretti dal<\/b> [per al<\/i> [Cinon. Partic.<\/i> 72, 2]] lato, che si\nleva<\/i><\/b>, al lato della strada, che risguardava il centro del monte,\ne dove il monte alzandosi faceva sponda.  Supponendo essere\nquell'albero impiantato nel mezzo della strada, ed avendo\nricevuto comando di non gli si far presso, conveniva ai tre poeti\ndi camminare in una delle due estremit\u00e0 della strada; e per\nevitare il pericolo di troppo accostarsi all'estremit\u00e0, che\nguardava fuor del monte, perocch\u00e8 senza sponda, elessero perci\u00f2\nla estremit\u00e0 opposta; siccome fecero Dante e Virgilio nel girone\nprecedente<\/b>, a cagione del troppo accostarsi che facevano le\nprostese anime degli avari alla parte in fuor<\/i> [Purg. 9]. \nDell'attenersi in camminando i tre poeti a cotal lato, che si\nleva<\/i><\/b>, tra gli espositori, quanto veggo, il solo Landino\ncercandone ragione, non sa trovarne che una troppo mistica, cio\u00e8\nche il lato che si leva significa le virt\u00f9.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Supponendo essere quell'albero impiantato nel mezzo della strada, ed avendo ricevuto comando di non gli si far presso, conveniva ai tre poeti di camminare in una delle due estremità della strada; e per evitare il pericolo di troppo accostarsi all'estremità, che guardava fuor del monte, perocchè senza sponda, elessero perciò la estremità opposta; siccome fecero Dante e Virgilio nel girone precedente, a cagione del troppo accostarsi che facevano le prostese anime degli avari alla parte in fuor<\/i> [Purg. 9].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XX 4-9","NotaFonte":"","TestoFonte":"Mossimi; e 'l duca mio si mosse per li
luoghi spediti pur lungo la roccia,
come si va per muro stretto a' merli;
ché la gente che fonde a goccia a goccia
per li occhi il mal che tutto 'l mondo occupa,
da l'altra parte in fuor troppo s'approccia.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=54","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"119-120","from":24467.0,"to":24468.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Costruzione. Appresso<\/b>, in\nseguito, della luce profonda<\/b>, della [val dalla<\/i> [Vedi Cinonio\nPartic.<\/i> 81, 12]] profondit\u00e0 della luce, che l\u00ec splendeva,\nusc\u00ec<\/i><\/b> [intendi, il parlar seguente<\/i><\/b>]: questa cara gioia<\/b>,\npreziosa gemma, della fede, sovra la quale ogni virt\u00f9 si fonda<\/b>\n[perocch\u00e8, come insegna l'Apostolo in seguito alla riferita\ndefinizione della fede, sine fide impossibile est placere Deo<\/i>],\nonde<\/i><\/b>, da qual parte, ti venne? Ed io<\/b>, risposi: la larga\nploia<\/b> [Di ploia<\/i><\/b> per pioggia<\/i><\/b> vedi ci\u00f2 ch'\u00e8 detto Par. XIV,\n27], l'abbondante pioggia, cio\u00e8 grazia, dello Spirito santo,\nch'\u00e8 diffusa in su le vecchie, e 'n su le nuove cuoia<\/b>, ch'\u00e8\nsparsa in su le pergamene [Essendo la pergamena, pelle di pecora,\ned appellata perci\u00f2 con altro vocabolo cartapecora<\/i>, giustamente\nappella Dante cuoia<\/i><\/b> le pegamene, le sole carte che un tempo\nadopravansi] de' sacri libri del vecchio e nuovo Testamento, \u00e8\nsillogismo<\/i><\/b>, e l'argomento, la ragione, che la mi ha conchiusa<\/b>\ndimostrata s\u00ec acutamente<\/b>, s\u00ec convincentemente, che 'n verso<\/b>,\ncontra, o in confronto [Vedi Cinonio Partic.<\/i> 142, 1 e 5]\nd'ella<\/i><\/b>, o della stessa infusa fede, o della infondente detta\ngrazia dello Spirito santo, ogni dimostrazion mi pare ottusa<\/b>,\ninconvincente.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
sovra la quale ogni virtù si fonda <\/b>[perocchè, come insegna l'Apostolo in seguito alla riferita definizione della fede, sine fide impossibile est placere Deo<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128608","LuogoFonte":"XI 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sine fide autem impossibile placere","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-hebraeos_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"88-96","from":23896.0,"to":23898.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera agli Ebrei"},
{"Annotazione":"Costruzione.  Che la fronda\nPenea<\/b> [patronimico in vece di Dafnea<\/i>, per essere Dafne, la\nconvertita in alloro, stata figlia del fiume Peneo [Vedi i\nmitologi]] quando asseta<\/i><\/b>, invoglia, alcuno di se<\/b>, stessa,\ndovria<\/b> cotale avvenimento per la sua rarezza partorire<\/b>,\ncagionare, letizia in su<\/b>, alla [In su<\/b> al senso d'allo<\/i><\/b>\nadopera Dante nel Purgatorio XX in quel verso 144 Tornate gi\u00e0\nin su l'usato pianto<\/i>; ed altri simili esempi d'altri scrittori\nne arrecano a cotal preposizione il Cinonio e 'l Vocabolario\ndella Crusca] lieta<\/i><\/b>, beata, Delfica deit\u00e0<\/b>, intendi d'Apollo,\nperocch\u00e8 in Delfo specialmente venerato.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
In su<\/b> al senso d'allo <\/i>adopera Dante nel Purgatorio XX in quel verso 144 Tornate già in su l'usato pianto<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XX 144","NotaFonte":"","TestoFonte":"tornate già in su l'usato pianto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=54","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31-33","from":207.0,"to":225.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Costruzione.  Chi, non\nsapendo como<\/b> [come<\/i> cio\u00e8 si pu\u00f2 far magro, La dove l'uopo di\nnutrir non tocca<\/i> [Cos\u00ec viene a spiegare questo como<\/i><\/b> il Poeta\nmedesimo nel XXV del Purg. v. 20 e seg.], per non esservi che\nanime dai corpi gi\u00e0 separate] crederebbe che l'odor d'un pomo, e\nquel d'un'acqua, generando brama, s\u00ec governasse<\/b>, s\u00ec malamente\nconciasse, intendi, quelle anime<\/i><\/b>  — Sappiendo<\/i> in luogo di\nsapendo<\/i><\/b> leggono l'edizioni diverse dalla Nidob.  — como<\/b> per\ncome in rima<\/i><\/b>, dice il Volpi; ma adoprato molto anche fuor di\nrima vedilo nel Vocabol. della Cr.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Chi, non sapendo como<\/b> [come<\/i> cioè si può far magro, La dove l'uopo di nutrir non tocca<\/i> [Così viene a spiegare questo como<\/b> il Poeta medesimo nel XXV del Purg. v. 20 e seg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXV 20-21","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Come si può far magro
là dove l'uopo di nodrir non tocca?\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=59&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"34-36","from":22844.0,"to":22846.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Costruzione. Com'\u00e8\nscritto nel Sol, che raggia tutto nostro stuolo<\/b>, come apparisce\nin Dio, che illumina tutti noi [Vedi il canto XXIII, 28 e segg.],\nnon ha la militante chiesa alcun figliuolo con pi\u00f9 speranza<\/b>,\nfornito di maggiore speranza di costui.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Com'è scritto nel Sol, che raggia tutto nostro stuolo<\/b>, come apparisce in Dio, che illumina tutti noi [Vedi il canto XXIII, 28 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXIII 28-30","NotaFonte":"","TestoFonte":"vid'i' sopra migliaia di lucerne
un sol che tutte quante l'accendea,
come fa 'l nostro le viste superne;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=90","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"52-54","from":24735.0,"to":24738.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Costruzione. Come\nl'augello, che la notte<\/b>, nella notte [Della particella la<\/i> ed\nil<\/i> per nella<\/i> e nello<\/i> vedi 'l Vocab. della Cr. art. il<\/i>\n{paragraph.} 3] che le cose ci nasconde, posato<\/i><\/b> [intendi\navendo<\/i><\/b>] intra l'amate fronde al nido de' suoi dolci nati<\/i>, de'\nsuoi pulcini, pur che nasca l'alba<\/b>, sol che l'alba spunti, in\nsu l'aperta frasca<\/b>, in cima alle frondi [intendi portandosi<\/i><\/b>],\npreviene il tempo<\/i><\/b>, il tempo cio\u00e8 del nascere del Sole, e fiso\nguardando aspetta con ardente affetto il Sole per<\/b>, col di lui\nlume, vedere gli desiati aspetti<\/b> de' pulcini suoi, e per\ntrovar lo cibo onde gli pasca; in che<\/b>, nel trovar il quale,\ngravi labori gli son grati<\/b>, gravi fatiche gli sono gradevoli. \nCos\u00ec legge la Nidobeatina meglio che non leggano l'altre edizioni\nIn che i gravi labor gli sono aggrati<\/i>, introducendo l'aggettivo\naggrato<\/i>, del quale non se ne rinviene altro esempio. Come la\nNidob. leggono anche due mss. della biblioteca Vaticana [Segnati\n263, 266].\n\n\tIl Venturi, non so qual costruzione facendo, chiosa che\nla particella pur<\/i><\/b> sia qu\u00ec riempitiva: Dee egli forse avere\ninteso, ch'esca l'uccello in su l'aperta frasca<\/b> a guardare se\nnasce l'alba; che muovasi cio\u00e8 dal suo nido prima ancor\ndell'alba; ci\u00f2 che l'uccello non fa mai.\n\n\tDella parola labori<\/b>, per fatiche<\/i><\/b>, vedi ci\u00f2 ch'\u00e8 detto\nPurg. XXII, 8.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Della parola labori<\/b>, per fatiche<\/i>, vedi ciò ch'è detto Purg. XXII, 8.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXII 8","NotaFonte":"","TestoFonte":" m'andava, sì che sanz'alcun labore<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=56&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-9","from":22335.0,"to":22339.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Costruzione.  Come suso per\nlo papiro innanzi dall'ardore procede un color bruno, che il\nbianco muore, e non \u00e8 ancor nero<\/b> — che<\/b> sta qu\u00ec in cambio di\nperciocch\u00e8<\/i>, o conciosiach\u00e8<\/i> — papiro.<\/i><\/b>  Il papiro<\/i><\/b> [scrive\nPier Crescenzio] si dice quasi nutrimento del fuoco; imperocch\u00e8\nseccato \u00e8 molto acconcio a nutrimento del fuoco nelle lucerne, e\nnelle lampane, ed \u00e8 un'erba, la quale \u00e8 dalla parte di fuori\nmolto piana; ed ha la sua midolla molto bianca, spugnosa, e\nporosa, la qual suga molto l'umidit\u00e0, e nasce in luoghi acquosi,\ne dicesi volgarmente giunco appo noi.  Seccasi e scorticasi in\nmodo, che rimane un po' di corteccia dall'un lato, acciocch\u00e8 la\nmidolla si sostenga; e quanto ha meno della corteccia, tanto arde\nmeglio, e pi\u00f9 chiaro nella lampana, e pi\u00f9 agevolmente s'accende<\/i>\n[Agricolt.<\/i> lib. 6 cap. 95].  Pier Crescenzio visse a Dante\ncontemporaneo [Basta por mente, ch'egli dedica la sua opera a\nCarlo II Re di Sicilia, e che mor\u00ec questo Re, come tra gli altri\nafferma Petavio [Rat. temp.<\/i> lib. 9 cap. 5], nell'anno 1309];\ne per\u00f2, parlando di cotal papiro come di materia solita ad\nardersi nelle lucerne e lampade in vece della bambagia, come\nafferma Landino pure che una volta si usasse, non pu\u00f2 meglio\nDante qu\u00ec intedersi d'altro papiro, che del medesimo: e malamente\nil Venturi se la prende contro del Landino e del Vellutello, che\nappunto cos\u00ec spiegano; e vuole in vece intesa la carta, la quale,\noltrech\u00e8 non avrebbe altro esempio di essere da Italiano\nscrittore appellata papiro<\/b> [almen certo nel Vocabolario della\nCrusca non se ne reca altro] non \u00e8 poi essa sempre bianca, come\nqu\u00ec Dante suppone essere il papiro; e non ardendo sotto gli occhi\ndi tutti cos\u00ec comunemente, come accenna Crecenzio che il papiro\nardesse, verrebbe a far scemare di pregio il paragone poco meno,\nche se in luogo del papiro avesse Dante posta la tela; che pure,\nquando \u00e8 bianca, abbrucciando opera lo stesso cangiamento di\ncolore — Innanzi dall'ardore procede un color bruno.<\/b>  La\nparticella dal<\/b> sta qu\u00ec in vece di al<\/i><\/b>, come trovasi da<\/i>\nadoperata per a.<\/i>  Vedi 'l Cinonio [Partic.<\/i> 70, 2]: ed \u00e8 il\nsenso, che le parti del papiro vicine alla fiamma, prima di\nanch'esse accendersi, diventan brune di mano in mano.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
P<\/strong>apiro.<\/b>  Il papiro<\/i> [scrive Pier Crescenzio] si dice quasi nutrimento del fuoco; imperocchè seccato è molto acconcio a nutrimento del fuoco nelle lucerne, e nelle lampane, ed è un'erba, la quale è dalla parte di fuori molto piana; ed ha la sua midolla molto bianca, spugnosa, e porosa, la qual suga molto l'umidità, e nasce in luoghi acquosi, e dicesi volgarmente giunco appo noi.  Seccasi e scorticasi in modo, che rimane un po' di corteccia dall'un lato, acciocchè la midolla si sostenga; e quanto ha meno della corteccia, tanto arde meglio, e più chiaro nella lampana, e più agevolmente s'accende    <\/i>Agricolt.<\/i> lib. 6 cap. 95].  Pier Crescenzio visse a Dante contemporaneo [...]; e però, parlando di cotal papiro come di materia solita ad ardersi nelle lucerne e lampade in vece della bambagia, come afferma Landino pure che una volta si usasse, non può meglio Dante quì intedersi d'altro papiro, che del medesimo.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1933377","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/trattato-della-agricoltura","LuogoFonte":"VI 95","NotaFonte":"","TestoFonte":"Il papiro si dice quasi nutrimento del fuoco, imperocchè seccato, è molto acconcio a nutrimento del fuoco nelle lucerne, e nelle lampane, ed è un'erba, la quale è dalla parte di fuori molto piana; ed ha la sua midolla molto bianca, spugnosa, e porosa, la qual suga molto l'umidità, e nasce in luoghi acquosi, e dicesi volgarmente giunco appo noi. Seccasi e scorticasi in modo, che rimane un po' di corteccia dall'un lato, acciocchè la midolla si sostenga; e quanto ha meno della corteccia, tanto arde meglio, e più chiaro nella lampana, e più agevolmente s'accende.","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/bub_gb_wqGNggskO2EC\/page\/n102\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64-66","from":24083.0,"to":24085.0,"NomeAutore":"Pietro de' Crescenzi","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Costruzione.  Cos\u00ec\nvid'io farsi adorno l'etera<\/b>, il cielo, e fioccar in su<\/b>,\nmandare all'ins\u00f9 [al contrario cio\u00e8 di quello mandi il freddo\naere nostro la neve] vapori trionfanti<\/b> [cos\u00ec, coerentemente al\nverbo fioccare<\/i>, nomina gli spiriti medesimi che prima, mentre\nvideli venire, appell\u00f2 turba trionfante<\/i> [Parad. XXII, 132]],\nche fatto avean quivi soggiorno con noi<\/i><\/b>, che partendosi Ges\u00f9\nCristo e Maria Vergine rimaser l\u00ec nel mio cospetto<\/i><\/b> [Vedi Parad.\nXXIII, 127, ed osserva che nissuno di que' lumi si \u00e8 mai di qu\u00ec\nfinora dipartito] — Etera<\/b> [di cui etra<\/i>, il pi\u00f9 comunemente\nadoprato, \u00e8 sincope] legge la Nidob. e qualch'altra edizione\n[Quella, tra l'altre, Veneta dell'anno 1578], se non con altro\nvantaggio, con quello certamente dell'uniformit\u00e0 al Parad. XXII,\n132 ove leggon etera<\/i><\/b> anche l'edizioni che qu\u00ec leggon etere.<\/i><\/b> \nN\u00e8 par ragione che volesse Dante dir venuti quegli spiriti per\nl'etera<\/b>, e tornati per l'etere.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
vapori trionfanti<\/b> [così, coerentemente al verbo fioccare<\/i>, nomina gli spiriti medesimi che prima, mentre videli venire, appellò turba trionfante<\/i> [Parad. XXII, 132] <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXII 132","NotaFonte":"","TestoFonte":"s'appresenti a la turba trïunfante<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=89&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"70-72","from":26833.0,"to":26854.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Costruzione.  Cos\u00ec tutta la\ngente, ch'era l\u00ec, leggiera, e per magrezza, e per voler<\/b> [per\ndesiderio di purgarsi [Vedi nel canto precedente v. 73 e segg.]],\nvolgendo il viso<\/b> [voltando altrove la faccia] raffrett\u00f2 suo\npasso<\/b>, ripigli\u00f2 il frettoloso camminar che faceva prima di\nabbattersi in me, che col mio vivere le cagionai ammirazione e\nrallentamento nel camminare [Vedi v. 5 e segg. del presente\ncanto].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per voler<\/b> [per desiderio di purgarsi [Vedi nel canto precedente v. 73 e segg.]],<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIII 73-75","NotaFonte":"","TestoFonte":"ché quella voglia a li alberi ci mena
che menò Cristo lieto a dire \"Elì\",
quando ne liberò con la sua vena\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=57&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"67-69","from":24070.0,"to":24072.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Costruzione. Dalla destra\nruota<\/b>, dalla destra parte del carro, venien tre donne danzando\nin giro<\/b>, intende le tre virt\u00f9 teologali fede, speranza, e carit\u00e0\n— l'una tanto rossa<\/b> [la carit\u00e0] che appena<\/b> ec., che se fosse\nnel fuoco, appena [a guisa di rovente ferro in mezzo agli accesi\ncarboni] dal fuoco discernerebbesi. L'altra<\/b>, la speranza —\ndi smeraldo<\/b>, pietra di color verde bellissimo, in virt\u00f9 del\nqual verde colore, alla speranza solito attribuirsi, disse il\nPoeta anche nel terzo canto di questa cantica, mentre che la\nsperanza ha fior del verde<\/i> [Verso 135] — La terza<\/i><\/b> [la fede]\nparea neve test\u00e8 mossa<\/b>: era bianca come neve appena caduta dal\nCielo; o appena rimossa dal mucchio, la quale suol presentare una\nsuperficie molto pi\u00f9 candida di quella di tutto il mucchio. \nDinota cotal candore l'illibatezza della fede, perocch\u00e8 quella\nche vince ogni errore<\/i><\/b> [Infer. IV, 48].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
L'altra<\/b>, la speranza — di smeraldo<\/b>, pietra di color verde bellissimo, in virtù del qual verde colore, alla speranza solito attribuirsi, disse il Poeta anche nel terzo canto di questa cantica, mentre che la speranza ha fior del verde<\/i> [Verso 135]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. III 135","NotaFonte":"","TestoFonte":"mentre che la speranza ha fior del verde.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=37&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"121-126","from":29669.0,"to":29671.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Costruzione.  E sentirei<\/b>\n[intendi ora<\/i>] le giostre grame<\/i><\/b>, gli scontri penosi,\nvoltando<\/b> [intendi pesi per forza di poppa<\/i><\/b>, pena de' prodighi\ne degli avari nell'Inferno [Cant. VII, 22 e segg.]], se non\nfosse, che drizzai mia cura<\/i><\/b>, mia condotta, quando intesi l\u00e0<\/b>,\nnella tua Eneide, dove tu quasi crucciato, chiame<\/b> [antitesi per\nchiami esclami<\/i>] all'umana natura, a che non reggi<\/i><\/b>, non\ntrasporti, l'appetito de' mortali o sacra<\/b>, o esecranda, fame\ndell'oro<\/b>!  Accenna l'esclamazione di Virgilio Quid non mortalia\npectora cogis auri sacra fames<\/i><\/b>? [Aeneid.<\/i> III, 56]\n\n\tA que non reggi<\/i> ec. ha la Nidobeatina ove tutte l'altre\nedizioni hanno perch\u00e8 non reggi<\/i>: ma scrivendo essa Nidobeatina\nque<\/i> in vece di che<\/i><\/b> anche altrove [come, per cagion d'esempio,\nInf. V, 111, VI, 60], ho io perci\u00f2 l'a que<\/i><\/b> volto a che.<\/b>\n\n\tAl chiaro di questa lezione risparmiato avrebbero ed il\nVenturi il nero dubbio, che ingannato Dante da quell'epiteto<\/i>\nsacra, intendesse a traverso tutta la sentenza, prendendo la<\/i>\nsacra fames per una virt\u00f9, di cui fosse uffizio il regolare\nl'appetito delle ricchezze<\/i>; ed il Rosa Morando la, per altro\nlodevolissima, cura di trarre al buono la particella perch\u00e8<\/i>,\ncon ispartire il per<\/i><\/b> dal che<\/i><\/b>, e d'interpretare, per che\ndistorte vie, per che malvagit\u00e0, per<\/i> quae non reggi<\/i> ec.\n\n\tPer poi intendere in qual modo la detta riprensione, che\nVirgilio fa alla fame dell'oro, appartenga a far conoscere\ncattiva anche la prodigalit\u00e0, basta riflettere, che tanto l'avaro\nche il prodigo hanno mala fame del danaro.  L'avaro ne ha fame\nper contemplarlo; ed il prodigo ne ha fame per ottenersi con\nquello smoderate soddisfazioni.  Aggiungasi ci\u00f2 che dice\nAristotele, che lo spendere assai non si pu\u00f2 fare agevolmente,\nconciossia che le facult\u00e0 manchino; per\u00f2 son costretti tali\nuomini a togliere l'altrui roba<\/i> [Etica lib. 4, cap. 1. \nTraduzione del Segni, riferita dal Rosa Morando].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Voltando<\/b> [intendi pesi per forza di poppa<\/i>, pena de' prodighi e degli avari nell'Inferno [Cant. VII, 22 e segg.]]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII 22-27","NotaFonte":"","TestoFonte":"Come fa l'onda là sovra Cariddi,
che si frange con quella in cui s'intoppa,
così convien che qui la gente riddi.
Qui vid'i' gente più ch'altrove troppa,
e d'una parte e d'altra, con grand'urli,
voltando pesi per forza di poppa.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"37-42","from":21819.0,"to":21823.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Costruzione. Fisso alle\ncose terrene, non s'aderse<\/b> [ non si erse, non si sollev\u00f2] in\nalto.<\/b> Merita d'esser qu\u00ec riferita la solenne scorbacchiatura,\nche fa al Venturi il Rosa Morando. Non s'aderse<\/b> [chiosa il\nVenturi] non ader\u00ec alle cose del cielo. Pare che la regolar\ncostruzione richiederebbe, che quell'<\/i> aderse con istroppiatura\nmaggiore da<\/i> addrizzare venisse, non da<\/i> aderire; ma perch\u00e8\nquesto<\/i> aderse lo passa affatto sotto silenzio la Crusca, n\u00e8\naltri v'\u00e8, che in questo ci faccia lume, non so a che risolvermi,\ne qu\u00ec mi fermo.<\/i>\n\n\tOh difficolt\u00e0 insuperabile [esclama il Rosa] di questo\naderse<\/i><\/b>! oh infernale oscurit\u00e0! oh tenebre impenetrabili! \nDisperanti del successo tacciono gli spositori; non ne fa parola\nla Crusca; e il povero comentatore non ha chi gli faccia lume, e\nnon sa a che risolversi.<\/i><\/b> Avrebbe mai il licenzioso<\/i> Dante\nfatto aderse<\/b> dal verbo aderire<\/i><\/b>, bench\u00e8 faccia nel passato\nader\u00ec<\/i>; o dal verbo addrizzare<\/i>, bench\u00e8 faccia addrizz\u00f2<\/i> nel\npassato? La stroppiatura sarebbe grande, non per\u00f2 maravigliosa\nin costui, che ricus\u00f2 ogni freno di grammatica, e fu s\u00ec solenne\nstroppiator<\/i> di vocaboli. Ma Dio immortale, \u00e8 egli possibile\nche il comentatore non si sia ricordato del verbo adergere<\/i>? \u00c8\negli possibile che da un comentatore di Dante<\/i>, che gli fa\ntalora del critico e del maestro, non si sia saputo ridur\nl'aderse<\/i><\/b> alla sua radice? Adergere<\/i><\/b> nella Crusca a lettere\nmaiuscole vien registrato, e autorizzato con questo verso\nstessissimo, e con un passo d'Albertano da Brescia; adergere<\/i>\nvien registrato nell'Indice<\/i> del sig. Volpi, e si spone\nsollevare<\/i> e drizzare.<\/i> Questo verbo \u00e8 fatto come presso i\nLatini adamare<\/i>, aderrare<\/i>, e simili. Nello stesso modo\nadimare<\/i> nel verso 100 di questo canto medesimo\n\n Intra Siestri e Chiaveri s'adima.<\/i>\n\nO superbissimo ingegno umano, che stendi talora s\u00ec audaci voli,\na che miserabili errori se' tu soggetto!\n\n\tCortese leggitor mio, se l'invettiva ti sembra contro del\nVenturi troppa, dividila tu, e fanne parte a quelli che in\nFirenze parecchi anni dopo stampate le dottissime osservazioni\ndel Rosa Morando, hanno ristampata la divina commedia colle\nchiose del Venturi, senza veruno avvertimento.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Adergere<\/i> nella Crusca a lettere maiuscole vien registrato, e autorizzato con questo verso stessissimo, e con un passo d'Albertano da Brescia<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2831705","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/trattati","LuogoFonte":"I 11","NotaFonte":"La citazione \u00e8 mediata dalla Crusca: cfr. http:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=ADERGERE&rewrite=1","TestoFonte":"Non ricevono gli stolti gastigamento, ma alla lor via s'adergono.","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/bub_gb_yzWFrBX7_ygC\/page\/n45\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"118-119","from":19345.0,"to":19348.0,"NomeAutore":"Albertano da Brescia","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Costruzione.  L'anima prima<\/b>,\nl'anima di Adamo, per morder quella<\/b>, per aver mangiato il\nfrutto di quella pianta, bram\u00f2 in pena ed in disio cinque\nmill'anni e pi\u00f9 colui<\/b>, Ges\u00f9 Cristo, che 'l morso in se pun\u00eco<\/b>,\nche colla propria morte soddisfece pe 'l peccato di lui.\n\n\tChiosando il Venturi sopra il numero di questi anni\nquanti<\/i>, dice, Dante ne contava da Adamo alla morte del\nRedentore.<\/i>  Ma, perch\u00e8 quanti Dante ne contava<\/i>, e non\npiuttosto quanti comunemente se ne contano<\/i> da tutta la Chiesa?\n[Vedi, tra gli altri Baronio nella nota al d\u00ec 25 Dicembre nel\nMartirologio Romano].  Io dubito ch'abbia il Venturi malamente\ninteso, che contasse Dante solamente gli anni che dopo morto\naspett\u00f2 Adamo nel Limbo la Redenzione, e non insieme anche quei\nnovecento trent'anni che l'aspett\u00f2 mentre visse.  Dante li\ncomprende tutti: anzi perci\u00f2 disse avere Adamo per cotal numero\nd'anni bramato Cristo in pena, ed in disio<\/i><\/b>, riferendo la pena<\/b>\nai novecento trent'anni che visse nel mondo, ed il disio<\/b> al\nrimanente che aspett\u00f2 nel Limbo; ove certamente il santi padri\nnon ebbero pena.  E come ai santi padri assegnar Dante pena nel\nLimbo, se dai gentili medesimi fa in quel luogo dire\n\n     . . . . . . . . . sol di tanto offesi<\/i><\/b>\n     Che senza speme vivemo in disio<\/i>\n      [Inf. IV, 41, 42]?\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Io dubito ch'abbia il Venturi malamente inteso, che contasse Dante solamente gli anni che dopo morto aspettò Adamo nel Limbo la Redenzione, e non insieme anche quei novecento trent'anni che l'aspettò mentre visse.  Dante li comprende tutti: anzi perciò disse avere Adamo per cotal numero d'anni bramato Cristo in pena, ed in disio<\/b>, riferendo la pena <\/b>ai novecento trent'anni che visse nel mondo, ed il disio<\/b> al rimanente che aspettò nel Limbo; ove certamente il santi padri  non ebbero pena.  E come ai santi padri assegnar Dante pena nel  Limbo, se dai gentili medesimi fa in quel luogo dire \r\n     . . . . . . . . . sol di tanto offesi<\/i>\r\n     Che senza speme vivemo in disio<\/i>\r\n      [Inf. IV, 41, 42]?\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV 41-42","NotaFonte":"","TestoFonte":"semo perduti, e sol di tanto offesi
che sanza speme vivemo in disio\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61-63","from":33470.0,"to":33472.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Costruzione. La meretrice<\/b>\n[l'invidia], morte comune<\/b> [allusivamente al detto della\nSapienza invidia Diaboli mors introivit in orbem terrarum<\/i>\n[Sap.<\/i> 2, 24]] e vizio delle corti<\/i> [per de' cortigiani<\/i><\/b>]\nche mai torse<\/i><\/b> [volt\u00f2 via] gli occhi putti<\/b> [puttaneschi,\nmaliziosi, maligni: allo stesso significato adopera Dante questo\naddiettivo nell'undecimo del Purg. v. 114] dall'ospizio di\nCesare<\/b>, dall'Imperiale palagio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La meretrice <\/b>[l'invidia], morte comune<\/b> [allusivamente al detto della Sapienza invidia Diaboli mors introivit in orbem terrarum <\/i>[Sap.<\/i> 2, 24]]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q202135","LuogoFonte":"II 24","NotaFonte":"","TestoFonte":"Invidia Diaboli mors introivit in orbem terrarum","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_sapientiae_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"64-66","from":11917.0,"to":11919.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro della Sapienza"},
{"Annotazione":"Costruzione.  Ma\nconveniasi che Fiorenza nella postrema sua pace<\/b> [perocch\u00e8 dopo\ndi quell'avvenimento fu Fiorenza sempre in disturbi] fesse<\/b>,\nfacesse, vittima<\/b>, sacrificio, a quella pietra scema, che 'l\nponte guarda<\/b>, a quella base della statua di Marte priva di essa\nstatua, che il Ponte Vecchio conserva.  Ci\u00f2 dice perocch\u00e8 a pi\u00e8\ndi quella base appunto fu Buondelmonte ucciso [Vedi Gio. Vill.\nnel cit. lib. 5 cap. 38], quasi in augurio di quella, che\nd'allora incominciava perpetua guerra, di cui Marte n'\u00e8 'l Dio.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ciò dice perocchè a piè di quella base appunto fu Buondelmonte ucciso [Vedi Gio. Vill. nel cit. lib. 5 cap. 38], quasi in augurio di quella, che d'allora incominciava perpetua guerra, di cui Marte n'è 'l Dio.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VI 38","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 120 (V 38).","TestoFonte":"la mattina di Pasqua di Risurresso si raunaro in casa gli Amidei da Santo Stefano, e vegnendo d'Oltrarno il detto messere Bondelmonte vestito nobilemente di nuovo di roba tutta bianca, e in su uno palafreno bianco, giugnendo a piè del ponte Vecchio dal lato di qua, apunto a piè del pilastro ov'era la 'nsegna di Mars, il detto messer Bondelmonte fue atterrato del cavallo per lo Schiatta degli Uberti, e per lo Mosca Lamberti e Lambertuccio degli Amidei assalito e fedito, e per Oderigo Fifanti gli furono segate le vene e tratto a·ffine; e ebbevi co·lloro uno de' conti da Gangalandi.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"145-147","from":16124.0,"to":16143.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Costruzione.  Ma ricevieno\nle prime ore con piena letizia, cantando intra le foglie.<\/b>  Il\nDaniello per le prime ore<\/b>, intende le prime ore del giorno<\/i>;\ned il Venturi i primi raggi.<\/i>  Io per\u00f2 ho qualche dubbio che non\nadoperi Dante ore<\/i><\/b> per aure<\/i><\/b>, come adopralo il Petrarca nel\nsonetto 143\n\n     Parmi d'udirla, udendo i rami, e l'ore<\/i>,\n        E le frondi, e gli augei lagnarsi<\/i> ec.\n\nMa o il vento, o il tempo, che per l'ore<\/b> s'intenda, torna\nsempre meglio che intendere col Landino e col Vellutello, che le\nore<\/b> sieno soggetto del canto, e non del ricevimento, chiosando\nche gli uccelli cantassero le prime ore; a similitudine<\/i><\/b>\n[v'aggiunge particolarmente il Vellutello] che fa la Chiesa, la\nqual a tal ora canta prima, terza, e sesta.<\/i>  — Ricevieno<\/i><\/b>\nlegge la Nidob., ed altre antiche ediz., riceveano<\/i><\/b> l'ediz.\ndella Crusca, e tutte le moderne seguaci: ma s'accordano poi le\nultime colle prime a legger parrieno<\/i> in questo medesimo canto\nv. 29, e movieno<\/i> nel canto seguente v. 59.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ricevieno <\/b>legge la Nidob., ed altre antiche ediz., riceveano<\/i> l'ediz. della Crusca, e tutte le moderne seguaci: ma s'accordano poi le ultime colle prime a legger parrieno<\/i> in questo medesimo canto v. 29, e movieno<\/i> nel canto seguente v. 59.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIX 59","NotaFonte":"","TestoFonte":"che si movieno incontr'a noi sì tardi,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=63","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16-17","from":27890.0,"to":27893.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Costruzione.  Non s'usa\npure<\/b> [ancora, tuttavia] nel mondo un linguaggio<\/b>, intendi,\ncom'era prima dell'attentato di Nembrotto, che erat terra labii\nunius<\/i>, dice il sacro testo [Gen.<\/i> II v. 1].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Non s'usa pure<\/b> [ancora, tuttavia] nel mondo un linguaggio<\/b>, intendi, com'era prima dell'attentato di Nembrotto, che erat terra labii unius<\/i>, dice il sacro testo [Gen.<\/i> II v. 1].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"XI 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Erat autem universa terra labii unius et sermonum eorundem. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"78","from":30413.0,"to":30416.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"Costruzione.  Non trarrei a me\npi\u00f9 tosto<\/b>, non riceverei pi\u00f9 presto, l'immagine tua di fuor<\/b>,\nl'immagine del tuo esterno, che<\/b>, di quello che, impetro<\/b>,\nacquisto, quella dentro<\/b>; l'immagine cio\u00e8 del tuo interno,\ndell'animo tuo.  Impetrare<\/i> per aquistare<\/i> adopera Dante anche\nnella quarta delle canzoni sue\n\n     Cos\u00ec nel mio parlar voglio esser aspro<\/i>\n        Com'\u00e8 negli atti questa bella pietra<\/i>:\n        La quale ogn'ora impetra<\/i>\n        Maggior durezza<\/i> ec.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Impetrare<\/i> <\/strong>per aquistare<\/i> adopera Dante anche nella quarta delle canzoni sue\r\n     Così nel mio parlar voglio esser aspro<\/i>\r\n        Com'è negli atti questa bella pietra<\/i>:\r\n        La quale ogn'ora impetra<\/i>\r\n        Maggior durezza<\/i> ec.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1092462","LuogoFonte":"XLVI 1-4","NotaFonte":"La fonte di Lombardi \u00e8 il Vocabolario della Crusca, alla voce \"impetrare\".","TestoFonte":"Così nel mio parlar vogliesser aspro
comè negli atti questa bella pietra
la quale ognora impetra
maggior durezza e più natura cruda","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Rime&pb=57&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"26-27","from":21599.0,"to":21614.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Le Rime"}, {"Annotazione":"Costruzione. Per\nquel ch'io compresi da vicino<\/b>, dal vicin luogo, onde si poteo<\/b>\n[per pot\u00e8<\/i> detto anticamente anche fuori di rima [Vedi 'l\nProsp. di verb. Tosc.<\/i> sotto il verbo potere<\/i> n. 16]] intender\nlo grido, dicean tutti Gloria in excelsi Deo.<\/i><\/b> Gloria a Dio<\/i><\/b>\n[chiosa il Volpi] ne' luoghi eccelsi, o nelle creature eccelse. \nPrincipio dell'inno degli angeli, nella nascita di nostro Signor\nGes\u00f9 Cristo.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Gloria a Dio <\/i>[chiosa il Volpi] ne' luoghi eccelsi, o nelle creature eccelse.  Principio dell'inno degli angeli, nella nascita di nostro Signor Gesù Cristo.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","LuogoFonte":"II 14","NotaFonte":"","TestoFonte":"“ Gloria in altissimis Deo,
et super terram pax in hominibus bonae voluntatis ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"136-138","from":20483.0,"to":20486.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"}, {"Annotazione":"Costruzione. Poi solo\naccennando<\/b>, senza far altre parole, ma col solo cenno, le si\nmise innanzi tutte sette<\/i>, quelle virt\u00f9 teologali e cardinali, e\ndopo<\/i><\/b>, dietro, se mosse me, e la donna<\/b>, Matelda, e 'l savio,\nche ristette<\/b>, quello de' due savi, Virgilio e Stazio, che\nristette<\/b>, cio\u00e8 Stazio; il quale rest\u00f2 in di lui compagnia\npartendosi Virgilio, come di sopra fu detto [Purg. XXX, 49 e\nsegg.].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
e 'l savio, che ristette<\/b>, quello de' due savi, Virgilio e Stazio, che ristette<\/b>, cioè Stazio; il quale restò in di lui compagnia partendosi Virgilio, come di sopra fu detto [Purg. XXX, 49 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXX 49-51","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma Virgilio n'avea lasciati scemi
di sé, Virgilio dolcissimo patre,
Virgilio a cui per mia salute die'mi;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=64","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"13-15","from":33123.0,"to":33127.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Costruzione. Quando\nle sette donne<\/b> [le sopraddette virt\u00f9, tre teologali e quattro\ncardinali] al fin d'un ombra smorta<\/b> [al fine della passeggiata\nselva, e conseguentemente al fine dell'ombra smorta<\/b>, cio\u00e8\noscura, che gli alti e folti alberi [Vedi Purg. XXX nel\nprincipio, e per entro] cagionavano] qual l'Alpe<\/b> [montagna alla\nsponda settentrionale d'Italia [Vedi 'l Vocabolario della Cr.\nalla voce Alpe<\/i>]] sotto foglie verdi, e rami nigri<\/i><\/b> [nigro<\/i><\/b>\nper negro<\/i>, antitesi presa dal Latino in grazia della rima anche\ndal Petrarca [Son. 44]: negro<\/i> per\u00f2 ponesi qu\u00ec per oscuro<\/i>,\nqual'\u00e8 il colore de' tronchi e rami delle annose querce] porta<\/b>,\nspande, sovra suoi freddi rivi, s'affissero<\/b>, si fermarono, s\u00ec\ncome s'affigge chi per iscorta va dinanzi a schiera, se trova\nnovitate in sue vestigge<\/b>, se ne' suoi passi, nel suo camminare,\nincontra cosa nuova. In sue vestigge<\/b> leggono quattro, mss.\ndella biblioteca Corsini [Segnati 608, 609, 1217, 1265], e\nl'edizione Venata 1578: a sue vestigge<\/i><\/b> un altro ms. della\nmedesima Corsini [Segnato 607]: ed o sue vestigge<\/i> finalmente la\nNidobeatina. La comune dell'altre edizione leggendo in suo\nvestigge<\/i> adirato chiosa il Venturi: Vestigge per vestigio lo\nvuol la rima, e convien accordarglielo.<\/i> Non vestigge<\/i><\/b> per\nvestigio<\/i><\/b> accorderem noi, ma per vestigie<\/i>; una semplice\nantitesi.\n\n\tRimane per\u00f2 qu\u00ec da investigare [ci\u00f2 che, quanto veggo gli\nespositori omettono] per qual motivo faccia Dante dell'aperta\nsolar luce schive, e per\u00f2 al fin dell'ombra smorta<\/b> fermarsi\nquelle sette donne figuranti le sette anzidette virt\u00f9, che\nportando ciascuna in mano un de' sette candelabri [Cant. prec. v.\n98] precedevano la comitiva.\n\n\tQuantunque siegua il Poeta a dire, che dinanzi ad esse\ndonne gli paresse di veder uscire d'una fontana Eufrates e\nTigri<\/i><\/b> {vv.112-113}; nientedimeno io non le direi fermate per\nl'intoppo delle acque, n\u00e8 per altra cagione se non se pe 'l\nterminare dell'ombra<\/i><\/b>, cio\u00e8 della occultazione, amica delle\nvirt\u00f9, e d'ogni spirituale dono.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
smorta<\/b>, cioè oscura, che gli alti e folti alberi [Vedi Purg. XXX nel principio, e per entro] cagionavano]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVIII 2, 115-117","NotaFonte":"Il canto a cui si riferisce Lombardi \u00e8 il XXVIII, non il XXX.","TestoFonte":"Vago già di cercar dentro e dintorno
la divina foresta spessa <\/strong>e viva,
ch'a li occhi temperava il novo giorno,
sanza più aspettar, lasciai la riva,
prendendo la campagna lento lento
su per lo suol che d'ogne parte auliva [...].
Non parrebbe di là poi maraviglia,
udito questo, quando alcuna pianta<\/strong>
sanza seme palese vi s'appiglia.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=62","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"106-111","from":33775.0,"to":33778.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Costruzione. Rispos'io\nlui, la faccia tua, che gi\u00e0 lagrimai morta, veggendola mo<\/b> [ora,\ndal Latino modo<\/i>] s\u00ec torta<\/i><\/b> [per diformata<\/i><\/b> [Vedi l'aggettivo\ntorto<\/i> adoprato al medesimo significato Parad. XIII, 129]], mi\nd\u00e0 non minor doglia<\/b> [dolorosa cagione] di piangere<\/b> —\nRisposi lui<\/i><\/b> l'edizioni diverse dalla Nidob.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sì torta<\/b> [per diformata<\/i> [Vedi l'aggettivo torto<\/i> adoprato al medesimo significato Parad. XIII, 129]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XIII 129","NotaFonte":"","TestoFonte":"in render torti li diritti volti.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=80&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"55-57","from":22996.0,"to":22999.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Costruzione.  Sperino in te\ncolor, che sanno 'l nome tuo, dice nell'alta sua Teod\u00eca<\/b>, ne'\nsuoi sublimi, misteriosissimi canti in lode d'Iddio [Teod\u00eca<\/b>,\nspiega anche il Vocabolario della Crusca canto in lode di Dio<\/i>,\ne non deit\u00e0<\/i>; come il Venturi a questo passo ne lo accusa]; e\nsono le parole del nono salmo Sperent in te qu\u00ec noverunt nomen\ntuum.<\/i>  L'edizioni diverse dalla Nidobeatina in vece d'alta\nTeod\u00eca<\/i><\/b> leggono chi sua<\/i><\/b>, e chi tua Teod\u00eca.<\/i>  Nella Nidobeatina\nlezione per\u00f2, oltre la maggior eleganza e concetto, scorgesi\nanche uniformit\u00e0 all'epiteto d'altissimo<\/b> dato dal poeta nostro\nmedesimo al canto d'Om\u00e8ro [Inf. IV, 95].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sperino in te color, che sanno 'l nome tuo, dice nell'alta sua Teodìa<\/b>, ne' suoi sublimi, misteriosissimi canti in lode d'Iddio [...<\/b>]; e sono le parole del nono salmo Sperent in te quì noverunt nomen tuum.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"IX 11","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et sperent in te, qui noverunt nomen tuum,","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%209","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"73-74","from":24882.0,"to":24885.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"},
{"Annotazione":"Costruzione.  Voci\ncantaron<\/b> Beati pauperes spiritu s\u00ec<\/b> cos\u00ec dolcemente, che nol\ndiria sermone<\/b>, che non potrebbe con parole esprimersi.  Siccome\nqu\u00ec alla purgata superbia fa cantarsi il vangelico encomio alla\npovert\u00e0 di spirito, cio\u00e8 alla umilt\u00e0 [Sant'Ambrogio tra gli\naltri, comentando il detto di Ges\u00f9 Cristo Beati pauperes\nspiritu<\/i>, Matt. 5 Recte<\/i> [dice] hic intelliguntur pauperes\nspiritu, humiles.<\/i> Lib. 1 de sermone Domini in monte<\/i>], cos\u00ec ad\nogni altro dei sette vizi capitali purgato fa di girone in girone\ncantarsi encomio alla virt\u00f9 contraria al medesimo vizio.  Per\nl'armonia poi, che ne descrive qu\u00ec di questo canto, e per\nconfronto a quanto pi\u00f9 chiaramente n'esprime altrove [nel canto,\nper cagion d'esempio, XXVII, 8 di questa cantica] debbono cotali\nvoci intendersi degli angeli.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
il detto di Gesù Cristo Beati pauperes spiritu<\/i>, Matt. 5<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"V 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Beati pauperes spiritu, quoniam ipsorum est regnum caelorum.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#5","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"110-111","from":11907.0,"to":11909.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"Costruzione.  Affermando esser\nbeati qui lugent<\/i>: essere cio\u00e8 benavventurati coloro che in\nquesta mortal vita, non da accidia occupati, ma accesi di\nfervoroso amor di Dio piangono le proprie ed altrui colpe.  Che\nalla purgata accidia riferisca l'angelo l'evangelico elogio\nBeati qui lugent<\/i> [Matth.<\/i> 5], non lascia dubitare il consueto\nmodo di applicarsi di mano in mano all'uscir de' balzi parole\nevangeliche in lode di chi va esente della colpa nel precedente\nbalzo purgata [Cos\u00ec nel XII, 110 in ammenda della superbia punita\nnel precedente balzo odesi 'l Beati pauperes spiritu.<\/i>  Cos\u00ec nel\nXV, 38 in ammenda dell'invidia il Beati misericordes.<\/i>  Cos\u00ec nel\nXVII, 68, 69 in ammenda dell'ira il Beati pacifici<\/i><\/b>].  —\nCh'avran di consolar<\/b> ec.: corrisponde al quoniam ipsi\nconsolabuntur<\/i>, che il Vangelo soggiunge al Beati qui lugent<\/i>: e\nper\u00f2 dovrebb'essere il senso: che<\/i><\/b>, imperocch\u00e8, avran<\/b> essi\nl'anime donne<\/b>, posseditrici [dal Latino dominus<\/i><\/b>] ricche, di\nconsolar<\/i><\/b>, nome verbale per di consolazione.<\/i>  Ovvero, avran di\nconsolar<\/b>, avran essi onde consolar l'anime donne<\/b>, l'anime loro\nmantenutesi padrone di se medesime, e non soggiaciute alla\nmondana schiavit\u00f9.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Che alla purgata accidia riferisca l'angelo l'evangelico elogio Beati qui lugent<\/i> [Matth.<\/i> 5], non lascia dubitare il consueto modo di applicarsi di mano in mano all'uscir de' balzi parole evangeliche in lode di chi va esente della colpa nel precedente balzo purgata [...]. Ch'avran di consolar<\/b> ec.: corrisponde al quoniam ipsi consolabuntur<\/i>, che il Vangelo soggiunge al Beati qui lugent<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"V 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Beati, qui lugent, quoniam ipsi consolabuntur.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#5","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"50-51","from":18847.0,"to":18849.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"Costruzione.  Canto<\/i>, che\nin quelle dolci tube<\/i>, in que' soavi spirituali organi [intendi~,\nrisonando<\/i>] tanto vince nostre Muse<\/i>, nostri poeti~, nostre\nSirene<\/i>, nostre cantanti innamorate donne [Pu\u00f2 questa chiosa\navvalorarsi dal v.  i.  del canto XXIX.  del Purg.  Cantando\ncome donna innamorata.<\/i>] [tralascia~, per asindeton~, d'\ninterporre tra nostre Muse<\/i> e nostre Sirene<\/i> la particella\ncongiuntiva e<\/i>~], quanto primo splendor quel che rifuse.<\/i>  In\ngrazia della rima adopera per enallage di tempo~, rifuse<\/i> in\nluogo di rifonde<\/i>; e vuol dire~, quanto la diretta luce vince\nin chiarezza quella che dagli obbietti ribatte<\/i>, quanto~,\nesempigrazia~, la luce del Sole vince quella della Luna.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Può questa chiosa avvalorarsi dal v.  i.  del canto XXIX.  del Purg.  Cantando come donna innamorata.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIX 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cantando come donna innamorata,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=63&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-9","from":11129.0,"to":11148.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Costruzione.  E per la\nruota<\/i>, pe 'l giro~, in che si mise com' era davante<\/i> [Vedi nel\ncanto preced.  v. 16.  e segg.~], fecemi sembiante che fosse\nvolta ad altro<\/i>, fece che mi sembrasse~, ch'io m' accorgessi~,\nche pi\u00f9 non attendeva a me.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
E per la ruota<\/i>, pe 'l giro, in che si mise com' era davante<\/i> [Vedi nel canto preced.  v. 16.  e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. VIII 16-21","NotaFonte":"","TestoFonte":"E come in fiamma favilla si vede,
e come in voce voce si discerne,
quand'una è ferma e altra va e riede,
vid'io in essa luce altre lucerne
muoversi in giro più e men correnti,
al modo, credo, di lor viste interne.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=75","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64-66","from":8461.0,"to":8482.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Costruzione. E<\/i>, per lo patto\nche pose<\/i>, fece~, Dio con No\u00e8<\/i> [Arcum meum ponam in nubibus~,\net erit signum foederis ec.~, et non erunt ultra aquae diluvii ad\ndelendam universam carnem [Gen.<\/i> 9.]~], fanno<\/i>, i detti\narchibaleni~, esser qu\u00ec<\/i>, quaggi\u00f9~, la gente presaga<\/i>,\npresciente~, del mondo<\/i> [la particella del<\/i> sta qu\u00ec per il\nde<\/i> dei Latini [Vedi Cinon. Partic.<\/i> 80. 6.~], e per\u00f2 vale\ndel mondo<\/i>, come quanto al mondo<\/i>, circa 'l mondo<\/i>], che\ngiammai pi\u00f9 non s'allaga.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
E<\/i>, per lo patto che pose<\/i>, fece, Dio con Noè<\/i> [Arcum meum ponam in nubibus~, et erit signum foederis ec.~, et non erunt ultra aquae diluvii ad delendam universam carnem [Gen.<\/i> 9.]]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"IX 12-15","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dixitque Deus: “Hoc signum foederis, quod do inter me et vos et ad omnem animam viventem, quae est vobiscum, in generationes sempiternas:
arcum meum ponam in nubibus, et erit signum foederis inter me et inter terram.
Cumque obduxero nubibus caelum, apparebit arcus meus in nubibus,
et recordabor foederis mei vobiscum et cum omni anima vivente, quae carnem vegetat; et non erunt ultra aquae diluvii ad delendum universam carnem","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#9","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"16-18","from":11186.0,"to":11210.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"}, {"Annotazione":"Costruzione. Ma<\/i>, per\nessere le genti<\/i> [intendi Padovane<\/i>] crude al dover<\/i>, dure~,\nostinate contra 'l giusto [nella pretensione d'impadronirsi di\nVicenza~], tosto fia che al palude<\/i>, dove il Bacchiglione fa\npalude~, presso a Vicenza~, Padova<\/i>, le Padovane genti~,\nCanger\u00e0<\/i> [intendi di colore<\/i>, facendola col suo sangue\nrosseggiare] l' acqua che Vincenza bagna<\/i>, l'acqua del\nBacchiglione.\n\n\tChiosa il Vellutello~, che vogliasi qu\u00ec predire una\ngran rotta<\/i>, che Iacopo di Carrara Signor di Padova ricev\u00e8 da\nCan Grande de la Scala<\/i>, Signor di Verona<\/i>, ne' borghi di\nVicenza<\/i>, l'anno<\/i> 1314. a d\u00ec<\/i> 17. di settembre<\/i>, e\nrettamente deduce quindi 'l Venturi~, che Dante scrisse queste\ncose dopo tal tempo.<\/i>\n\n\tTre volte per\u00f2~, nel termine d'anni sette~, narrano gli\nStorici essere stati a Vicenza rotti i Padovani. Una del 1311.~,\nma senza effusion di sangue~, quanto pare~; perocch\u00e8 riferisce\nGio. Villani~, che i Padovani per paura abbandonarono Vicenza\nsenza difenderla [Lib. 9. cap. 14.]. Un' altra volta con\nsangue~, e con la prigion\u00eca di Iacopo di Carrara [che non era\nper\u00f2 ancora Signor di Padova<\/i> [Fu Iacopo da Carrara fatto\nSignor di Padova nel 1318. Vedi le due Cronologie de' Reggimenti\ndi Padova~, e l' aggiunta alla Cronica del Monaco Padovano nel\ntomo 8. degli Scritt. d'Italia del Muratori.]] nel 1314.[Gio.\nVillani lib. 9. cap. 62.~], o 1317.[Corio Istor. di Milano<\/i>\nparte 3.]. La terza finalmente con maggior sangue nel 1318.[Gio.\nVillani lib.[9?]. cap. 87.~, e Corio nel cit. luogo. La\nCronica per\u00f2 Veronese nel tomo 8. degli Scrittori d'Italia del\nMuratori dice essa terza rotta accaduta nel 1317.]. Il parlare\nin generale del Poeta pu\u00f2 riferirsi a tutte e tre le rotte~: e\n'l farci Dante stesso nel Purg. canto XXXIII. 43. capire~, che\nattendeva alla composizione di questa sua opera quando Can Grande\ndella Scala fu eletto Capitano della Lega Ghibellina~, che fu nel\ndicembre del 1318.[Vedi la stessa Cronica Veronese~, ed il Corio\nnella cit. parte 3.~], d\u00e0 tutto l'adito a crederlo.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Tre volte però, nel termine d'anni sette, narrano gli Storici essere stati a Vicenza rotti i Padovani.  Una del 1311, ma senza effusion di sangue, quanto pare; perocchè riferisce Gio.  Villani, che i Padovani per paura abbandonarono Vicenza senza difenderla [Lib. 9.  cap. 14.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"X 14","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 386 (IX 14).","TestoFonte":"Nel detto anno, dì XII del mese d'aprile, faccendo lo 'mperadore oste sopra Chermona, mandò il vescovo di Ginevra suo cugino con IIIC cavalieri oltramontani, e co la forza di messer Cane de la Scala di Verona subitamente tolse la città di Vincenza a' Padovani, e quegli ch'erano di Padova nel castello per paura sanza difendersi abandonarono la fortezza, la quale perdita fue grande isbigottimento a' Padovani e a tutta loro parte","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"46-48","from":8339.0,"to":8359.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Costruzione.  Se\nnatura trova fortuna<\/i> [quell'altra intelligenza messa da Dio nel\nmondo general ministra e duce<\/i>, Che permutasse a tempo li ben\nvani<\/i> [Inf. VII. 78.  e seg.]] discorde a se<\/i>, sempre fa mala\npruova<\/i>, fa mala riuscita~, come<\/i> [intendi fa mala riuscita<\/i> ]\nogni altra semente fuor di sua region<\/i>, fuor del clima alla\nmedesima convenevole.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Se\r\nnatura trova fortuna<\/i> [quell'altra intelligenza messa da Dio nel\r\nmondo general ministra e duce<\/i>, Che permutasse a tempo li ben\r\nvani<\/i> [Inf. VII. 78.  e seg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII 78-79","NotaFonte":"","TestoFonte":"ordinò general ministra e duce
che permutasse a tempo li ben vani","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"139-141","from":7946.0,"to":7965.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Costruzione. Per\u00f2,\nancorch\u00e8 agli Ebrei si permutasse, come dei sapere, alcuna\nofferta, pur<\/b>, tuttavia [Della particella pur<\/b> per tuttavia<\/i>\nvedi Cinon. Partic.<\/i> 206, 8], l'offerire fu loro necessitato<\/i><\/b>,\nreso necessario. Fu<\/b> [chiosa questo passo il Venturi] ingiunto\nagli Ebrei per necessit\u00e0 indispensabile l'obbligo d'offerire;\nancorch\u00e8 in vece di una cosa potessero offerirne un'altra, per\nesempio due tortore, o due colombe, in vece di un agnello; come\nfaceva la povera gente.<\/i><\/b> Io per\u00f2 dubito molto, se mirasse qu\u00ec\nDante alle offerte che comand\u00f2 Iddio nel Levitico [Cap. 12] alle\npartorienti Ebree; e non piuttosto alle altre offerte che per\nispontaneo voto promettevano gli Ebrei stessi a Dio; delle quali\nnel medesimo Levitico [Cap. ult.] abbiamo, che in alcuni capi non\nv'era luogo a permuta; e che in altri capi, ove la permuta aveva\nluogo, conveniva che la cosa sostituita eccedesse in valore la\npromessa di una quinta parte. Offerere<\/i> in luogo d'offerire<\/i><\/b>\nlegge l'edizione della Crusca e le seguaci, contrariamente alla\nNidob. e ad altre antiche edizioni.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Io però dubito molto, se mirasse quì Dante alle offerte che comandò Iddio nel Levitico [Cap. 12] alle partorienti Ebree<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41490","LuogoFonte":"XII 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quod si non invenerit manus eius, nec potuerit offerre agnum, sumet duos turtures vel duos pullos columbae, unum in holocaustum et alterum pro peccato; expiabitque eam sacerdos, et sic mundabitur ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_leviticus_lt.html#12","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"49-51","from":4278.0,"to":4281.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Levitico"},
{"Annotazione":"Costui dicono essere stato della famiglia\nde' Donati di Firenze.  Vellutello.  Di questo e degli altri\nillustri Fiorentini, che prosiegue Dante a nominare o accennare\nnel resto del presente canto, a noi non pare da credere<\/i>, dice\nil medesimo Vellutello, che essendo costoro stati nella\nrepubblica loro di grande autorit\u00e0, e molto reputati<\/i>, [come nel\nseguente canto dimostra il Poeta, e tutti gli espositori della\npresente opera affermano<\/i>] che essi avessero commesso furti\nparticolari nelle private cose, come soglion comunemente far\nladri di vil condizione, astretti molte volte dalla necessit\u00e0: ma\nche avendo nelle mani il governo della repubblica, avessero le\npubbliche entrate di quella nel privato lor uso; come per che per\ntransito tocchi in quella sua digressione, che fa nel VI canto\ndel Purg. ove parlando ad essa repubblica dice<\/i>\n\n     Molti rifiutan lo comune incarco<\/i>;\n        Ma il popol tuo sollecito risponde<\/i>\n        Senza chiamar, e grida, io mi sobbarco.<\/i><\/b>\n\nDove fia rimaso<\/b>?  Vuole s'intenda che fosse agli occhi di que'\ntre spiriti spartito, e trasformato nel serpente di sei piedi,\nche ora dir\u00e0 avviticchiarsi, ed immedesimarsi con Agnel<\/i> {v.68}\nBrunelleschi.  Aggiunti cos\u00ec ai tre spiriti nella propria forma\nveduti v. 85 altri due sotto forma di serpenti, cio\u00e8 Cianfa\nDonati, e Francesco Guercio Cavalcante [il nero serpentello<\/i> che\nin appresso verr\u00e0 a trasformar Buoso degli Abati], si hanno i\ncinque Fiorentini, che nel vers. 4 del Canto seguente dice Dante\ndi avere in questa bolgia trovati.\n\n\tCotale trasformazione nei fraudolenti ladri dovrebbe dal\nPoeta volersi corrispondentemente a quel trasformarsi, o sia\ntravestirsi e mascherarsi, che fanno essi per non essere\nconosciuti: e di trasformarli in serpenti pi\u00f9 che in altro\ndovrebbe avere scelto allusivamente all'astuzia che i medesimi\nadoperano; ed a quella astutezza che al serpente attribuisce la\nsacra Genesi maggiore sopra gli animali tutti.  Gen. 3.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Di questo e degli altri illustri Fiorentini, che prosiegue Dante a nominare o accennare nel resto del presente canto, a noi [...] pare da credere<\/i>, dice il medesimo Vellutello, che [...] <\/i>avendo nelle mani il governo della repubblica, avessero le pubbliche entrate di quella nel privato lor uso; come per che per transito tocchi in quella sua digressione, che fa nel VI canto del Purg. ove parlando ad essa repubblica dice <\/i>     Molti rifiutan lo comune incarco<\/i>;         Ma il popol tuo sollecito risponde<\/i>\r\nSenza chiamar, e grida, io mi sobbarco.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VI 133-135","NotaFonte":"","TestoFonte":"Molti rifiutan lo comune incarco;
ma il popol tuo solicito risponde
sanza chiamare, e grida: \"I' mi sobbarco!\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=40","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"43","from":23922.0,"to":23923.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Costui fu dei Manfredi Signori\ndi Faenza: e nella sua ultima et\u00e0 divent\u00f2 Cavalier Gaudente; onde\nfu detto frate Alberigo. E poi fu tanto crudele, che essendo in\ndiscordia co' consorti, cupido di levarli di terra, finse di\nvolere riconciliarsi con loro, e dopo la pace fatta, gli convit\u00f2\nmagnificamente, e nella fine del convito comand\u00f2, che venissero\nle frutta, le quali eran segno dato a quelli, che avessero a\nucciderli. Adunque di subito saltarono dentro, ed uccisero tutti\nquelli, che Alberigo voleva che morissero. Landino. \nDell'istituto de' frati Gaudenti, e della cagione di cotal\nsoprannome vedi la nota al v. 103 del passato canto XXIII.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dell'istituto de' frati Gaudenti, e della cagione di cotal soprannome vedi la nota al v. 103 del passato canto XXIII<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIII 103","NotaFonte":"","TestoFonte":"Frati godenti fummo, e bolognesi;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=23","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"118","from":32810.0,"to":32812.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Costui fu mandato da Seleuco Re di\nSiria in Gerusalemme per torre i tesori del tempio; ma, appena\nposto il piede sulla soglia di quello, gli comparve un uomo\narmato sopra un cavallo, che con i calci lo percuoteva; e cos\u00ec\numiliato, ritorn\u00f2 addietro colle mani vuote.  2 Mac.<\/i> 3 Venturi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Costui fu mandato da Seleuco Re di Siria in Gerusalemme per torre i tesori del tempio; ma, appena posto il piede sulla soglia di quello, gli comparve un uomo armato sopra un cavallo, che con i calci lo percuoteva; e così umiliato, ritornò addietro colle mani vuote.  2 Mac.<\/i> 3 Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q209748","LuogoFonte":"III 7-40","NotaFonte":"","TestoFonte":"7 Collocutus autem Apollonius cum rege, de indicatis sibi pecuniis aperuit; at ille vocans Heliodorum, qui erat super negotia, misit datis mandatis, ut praedictam pecuniam transportaret.
8 Statimque Heliodorus iter est aggressus, specie quidem quasi per Coelesyriam et Phoenicen civitates esset peragraturus, re vera autem regis propositum perfecturus.
9 Sed cum venisset Hierosolymam et benigne a summo sacerdote civitatis esset exceptus, narravit de dato indicio, et cuius rei gratia adesset aperuit; interrogabat autem, si vere haec ita essent.
10 Tunc summus sacerdos ostendit deposita esse viduarum et pupillorum;
11 quaedam vero esse Hircani Thobiae, viri valde eminentis, non sicut detulerat obtrectans impius Simon; universa autem argenti talenta esse quadringenta et auri ducenta;
12 decipi vero eos, qui credidissent loci sanctitati et honorati per universum mundum templi venerationi inviolabili tutelae, omnino impossibile esse.
13 At ille, pro his, quae habebat, mandatis a rege, omnino dicebat in regium fiscum ea esse deferenda.
14 Constituta autem die, intrabat de his visitationem ordinaturus. Non modica vero per universam civitatem erat trepidatio.
15 Sacerdotes autem ante altare cum stolis sacerdotalibus iactaverunt se et invocabant in caelum eum, qui de deposito legem posuit, ut his, qui deposuerant, ea salva custodiret.
16 Erat autem, ut qui videret summi sacerdotis vultum, mente vulneraretur; facies enim et color immutatus declarabat internum animi dolorem.
17 Circumfusus enim erat metus quidam viro, et horror corporis, unde manifestus aspicientibus dolor instans cordi efficiebatur.
18 Alii autem de domibus gregatim prosiliebant ad publicam supplicationem, pro eo quod in contemptum locus esset venturus.
19 Accinctaeque mulieres ciliciis sub mammis per vias confluebant; sed et virgines, quae conclusae erant, aliae quidem procurrebant ad ianuas, aliae autem ad muros, quaedam vero per fenestras aspiciebant;
20 universae autem protendentes manus in caelum deprecabantur.
21 Erat enim misereri commixtae multitudinis prostrationem et summi sacerdotis in magna agonia constituti exspectationem.
22 Et hi quidem invocabant omnipotentem Dominum, ut credita salva his, qui crediderant, conservaret cum omni tutela.
23 Heliodorus autem, quod fuerat decretum, perficiebat.
24 Eodem loco, ipso cum satellitibus circa aerarium praesente, spirituum et omnis potestatis Dominus magnam fecit ostensionem, ita ut omnes, qui ausi fuerant convenire, perterriti virtute Dei in dissolutionem et formidinem converterentur.
25 Apparuit enim illis quidam equus terribilem habens sessorem et optimo operimento adornatus; isque cum impetu invectus Heliodoro priores calces impegit; qui autem supersedebat, videbatur arma habere aurea.
26 Alii etiam apparuerunt duo iuvenes virtute decori, optimi gloria speciosique amictu, qui etiam circumsteterunt eum et ex utraque parte flagellabant sine intermissione multas inferentes ei plagas.
27 Subito autem concidit in terram; eumque multa caligine circumfusum rapuerunt atque in sellam gestatoriam imposuerunt;
28 et eum, qui cum multis cursoribus et satellitibus praedictum ingressus erat aerarium, portabant carentem auxilio ex armis constitutum, manifeste Dei virtutem cognoscentem.
29 Et ille quidem per divinam virtutem iacebat mutus atque omni spe et salute privatus;
30 hi autem Dominum benedicebant, qui magnificabat locum suum; et templum, quod paulo ante timore ac tumultu erat plenum, apparente omnipotente Domino, gaudio et laetitia impletum est.
31 Confestim vero ex amicis Heliodori quidam rogabant Oniam, ut invocaret Altissimum, ut vitam donaret ei, qui prorsus in supremo spiritu erat constitutus.
32 Suspectus autem factus summus sacerdos, ne forte rex opinaretur malitiam aliquam ex Iudaeis circa Heliodorum consummatam, obtulit hostiam pro salute viri.
33 Cumque summus sacerdos litationem perficeret, iidem iuvenes rursus apparuerunt Heliodoro eisdem vestibus amicti et astantes dixerunt: “ Oniae summo sacerdoti multas gratias age, nam propter eum Dominus tibi vitam donavit;
34 tu autem a caelo flagellatus nuntia omnibus magnam Dei potestatem ”. Et his dictis, non comparuerunt.
35 Heliodorus autem, hostia Domino oblata et votis magnis promissis ei, qui vivere concessit, et Oniam acceptum habens cum exercitu repedavit ad regem;
36 testabatur autem omnibus ea, quae sub oculis suis viderat, opera maximi Dei.
37 Cum autem rex interrogasset Heliodorum, quis esset aptus adhuc semel Hierosolymam mitti, ait:
38 “ Si quem habes hostem aut rerum insidiatorem, mitte eum illuc et flagellatum eum recipies, si tamen evaserit, eo quod in loco sit vere Dei quaedam virtus;
39 nam ipse, qui habet in caelis habitationem, visitator et adiutor est loci illius et venientes ad malefaciendum percutit ac perdit ”.
40 Igitur de Heliodoro et aerarii custodia ita res processerunt.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ii-maccabaeorum_lt.html#3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"113","from":20321.0,"to":20322.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Secondo libro dei Maccabei"}, {"Annotazione":"Costui offerse denari a San Pietro per\nacquistare i doni dello Spirito Santo. «La tua pecunia (gli\nrispose l'Apostolo) sia teco in perdizione, giacch\u00e8 stimasti che\nil dono di Dio si potesse per pecunia possedere.» Act. Ap.,\nVIII, 20. E d'allora il far mercato delle sacre cose fu detto\nSimonia.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Simon mago<\/strong>. Costui offerse denari a San Pietro per acquistare i doni dello Spirito Santo. «La tua pecunia (gli rispose l'Apostolo) sia teco in perdizione, giacchè stimasti che il dono di Dio si potesse per pecunia possedere.» Act. Ap., VIII, 20.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","LuogoFonte":"Atti degli Apostoli VIII, 20","NotaFonte":"","TestoFonte":"Petrus autem dixit ad eum: “ Argentum tuum tecum sit in perditionem, quoniam donum Dei existimasti pecunia possideri!","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#8","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1","from":17432.0,"to":17434.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"}, {"Annotazione":"Costui, come leggesi negli Atti\nApostolici, offerse danari a s. Pietro, per comprar da lui la\npotest\u00e0 di conferire la grazia dello Spirito santo, e perci\u00f2\ndall'Apostolo fu maledetto. E quindi il patteggiare, e\ncontrattare che si fa delle cose sacre, chiamasi simon\u00eca.<\/i> \nVolpi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Costui, come leggesi negli Atti Apostolici, offerse danari a s. Pietro, per comprar da lui la potestà di conferire la grazia dello Spirito santo, e perciò dall'Apostolo fu maledetto. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","LuogoFonte":"VIII 18-20","NotaFonte":"","TestoFonte":"18 Cum vidisset autem Simon quia per impositionem manuum apostolorum daretur Spiritus, obtulit eis pecuniam
19 dicens: “ Date et mihi hanc potestatem, ut cuicumque imposuero manus, accipiat Spiritum Sanctum ”.
20 Petrus autem dixit ad eum: “ Argentum tuum tecum sit in perditionem, quoniam donum Dei existimasti pecunia possideri!","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#8","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1","from":17432.0,"to":17434.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"}, {"Annotazione":"Cos\u00ec chiama anche in una Canzone\nquella cavit\u00e0 del cuore, ch'\u00e8 ricettacolo del sangue, e dove\nquesto per la paura, rallentando nella sua circolazione, vien\nquasi a ristagnare. Similmente l'Harvey: «Sanguinis promptuarium\net cisterna.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Così chiama anche in una Canzone quella cavità del cuore, ch'è ricettacolo del sangue, e dove\r\nquesto per la paura, rallentando nella sua circolazione, vien quasi a ristagnare. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1092462","LuogoFonte":"Rime, d. 2, vv. 8-9 (ed. De Robertis) ","NotaFonte":"","TestoFonte":"una saetta che m'asciuga un lago
del cor pria che sia spenta","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Rime&pb=86&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"20","from":144.0,"to":147.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Le Rime"}, {"Annotazione":"Cos\u00ec col\nDaniello leggo in vece di Un s'appellava<\/i> ec., che la maggior\nparte delle edizioni, e le moderne massimamente, leggono. El<\/b>\n[dice Daniello] e non Un<\/i><\/b>: cos\u00ec trovo negli antichi [tra questi\ncontisi anche il comento di Dante creduto di Pietro di lui\nfigliuolo [Testimonio l'autore della serie di Aneddoti num.<\/i> II\n[stampata in Verona nel 1786] cap. 23]], e che cos\u00ec venisse in\nprima Iddio chiamato lo dimostra il Poeta nel suo libro De vulg.\neloquen.<\/i> ove della prima parola da Adamo pronunziata cercando\ndice, Che voce poi fosse quella che parl\u00f2 prima, a ciascuno di\nsana mente pu\u00f2 essere in pronto: ed io non dubito, che la fosse\nquella ch'\u00e8 Dio, cio\u00e8 El<\/i> [Lib. I cap. 4]. Aggiungasi s.\nIsidoro, che nelle sue etimologie<\/i>, dietro alla scorta di s.\nGirolamo, scrive Primum apud Hebraeos Dei nomen El dicitur,\nsecundum nomen Eloi est<\/i> [Lib. 7 cap. I]. Ed aggiungasi, per\nfine, la facilit\u00e0 con la quale hanno i copiatori potuto errare:\nprima scrivendo alcuni la semplice lettera l<\/i><\/b> in vece d'El<\/i><\/b>;\nposcia altri immaginando per isbaglio scritta l<\/i> in vece d'i<\/i>\nsegno d'unit\u00e0, e la i<\/i> in vece della l<\/i> scrivendo [Cos\u00ec trovasi\nfatto nella Nidobeatina, ed in alcuni testi manoscritti]; ed\naltri finalmente un<\/i> in vece d'i.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Che così venisse in prima Iddio chiamato lo dimostra il Poeta nel suo libro De vulg. eloquen.<\/i> ove della prima parola da Adamo pronunziata cercando dice, Che voce poi fosse quella che parlò prima, a ciascuno di sana mente può essere in pronto: ed io non dubito, che la fosse quella ch'è Dio, cioè El<\/i> [Lib. I cap. 4].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18081","LuogoFonte":"I iv 4","NotaFonte":"Per Lombardi, la lezione di Par. XXVI 134 \u00e8 \"El s'appellava in terra il sommo bene\".","TestoFonte":"Quid autem prius vox primi loquentis sonaverit, viro sane mentis in promptu esse non titubo ipsum fuisse quod Deus est, scilicet El, vel per modum interrogationis vel per modum responsionis. Absurdum atque rationi videtur orrificum ante Deum ab homine quicquam nominatum fuisse, cum ab ipso et in ipsum factus fuisset homo. Nam sicut post prevaricationem humani generis quilibet exordium sue locutionis incipit ab heu, rationabile est quod ante qui fuit inciperet a gaudio; et cum nullum gaudium sit extra Deum, sed totum in Deo, et ipse Deus totus sit gaudium, consequens est quod primus loquens primo et ante omnia dixisset Deus.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_VE&pb=4&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"134","from":26299.0,"to":26307.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"De vulgari eloquentia"},
{"Annotazione":"Cos\u00ec dee\nleggersi con la Nidob. ed altre edizioni [Vedi, tra le altre,\nquella di Foligno 1472 e quella di Venezia 1578], e con parecchi\nmss. [Quattro della biblioteca Corsini, segnati 1217, 609, 61, 5\ne due dell'eminentissimo Card. Zelada, segnati 242, 229], e dee\nla sinchisi, che in questo terzetto Dante adopera, in tal modo\nordinarsi: Veramente<\/b> [al senso del Latino veruntamen<\/i>] fu pi\u00f9\nmirabile a veder Giord\u00e0n, volto retrorso, fuggir il mar<\/i><\/b> [verso\nil quale da prima correva] quando Dio volse, che<\/b> intendi\nvender<\/i><\/b>, qu\u00ec il soccorso.<\/i><\/b>  E vuole sperando dire che, se Iddio\nnon abbandon\u00f2 il popolo Ebreo quando per soccorrerlo v'era\nbisogno di pi\u00f9 mirabil opra, molto meno abbandonerebbe il popolo\ncristiano e i di lui religiosi ordini, pe 'l soccorso de' quali\ndi minor prodigio abbisognava.\n\n\tL'avverdio retrorso<\/b> formalo Dante in grazia della rima\ndal Latino retrorsum<\/i>, ch'adopera il salmo 113 accennando\nl'arresto medesimo fatto da Dio delle acque del Giordano per\npassaggio all'Arca del Testamento ed al seguace Israelitico\npopolo, come leggesi in Giosu\u00e8 [Cap. 3].\n\n\tLeggendosi poi, come tutte le moderne edizioni leggono\nVeramente Giord\u00e0n volto \u00e8 retrorso<\/i>, oltre il primiero\ninconveniente di rimanersene affatto staccati, ed in aria i due\nseguenti versi, vi s'aggiunge l'altro, che superfluamente e\nstucchevolmente, dopo toccato il retrocedere del Giordano,\ntralascerebbesi questo, e ricercherebbesi il mirabile in altro\nnon maggiormente mirabile prodigio nel fuggir il mare<\/i><\/b>,\nnell'aprire cio\u00e8 [dovrebbe intendersi] il passaggio che fece il\nmar Rosso alle stesse Israelitiche turbe sotto Mos\u00e8 [Exod.<\/i><\/b> 14].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
L'avverdio retrorso<\/b> formalo Dante in grazia della rima dal Latino retrorsum<\/i>, ch'adopera il salmo 113 accennando l'arresto medesimo fatto da Dio delle acque del Giordano per passaggio all'Arca del Testamento ed al seguace Israelitico popolo, come leggesi in Giosuè [Cap. 3].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"CXIV (CXIII A) 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Mare vidit et fugit,
Iordanis conversus est retrorsum<\/strong>;","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"94-96","from":21891.0,"to":21911.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"}, {"Annotazione":"Cos\u00ec fatti giuochi di parole\ndistraggono lo spirito e raffreddano il sentimento. «Quandoque\nbonus dormitat Homerus.» — Io credesse.<\/b> Ved. nota 141 al c.\nV.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Così fatti giuochi di parole distraggono lo spirito e raffreddano il sentimento. «Quandoque bonus dormitat Homerus.» <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q703985","LuogoFonte":"Ars poetica, 359","NotaFonte":"","TestoFonte":"indignor, quandoque bonus dormitat Homerus","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0064%3Acard%3D347","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25","from":32960.0,"to":32962.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Ars poetica"},
{"Annotazione":"Cos\u00ec la Nidobeatina ed ei\nsi fugg\u00ec<\/i> l'altre edizioni.  El<\/b> ed ello<\/i><\/b> sono accorciamenti di\nquello<\/i>, o hanno per lo meno un equivalente significato, come,\ntra gli altri esempi, apparisce dal dire dello stesso Dante\n\n     Noi eravam partiti gi\u00e0 da ello<\/i> \n        [Inf. XXXII, 124].\n\nQuel Vanni adunque [vuole il Poeta dire] che stretto nella gola\ndal serpente non proffer\u00ec pi\u00f9 parola, se ne fugg\u00ec.  Verbo<\/i><\/b> per\nparola<\/i><\/b> trovasi adoprato da molt'altri buoni scrittori in verso\ne in prosa: vedi il Vocabolario della Crusca.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
El<\/b> ed ello<\/i> sono accorciamenti di quello<\/i>, o hanno per lo meno un equivalente significato, come, tra gli altri esempi, apparisce dal dire dello stesso Dante     Noi eravam partiti già da ello<\/i> \r\n        [Inf. XXXII, 124].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXII 124","NotaFonte":"","TestoFonte":"Noi eravam partiti già da ello,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=32","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16","from":23730.0,"to":23734.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Cos\u00ec la Nidobeatina, e l'edizioni del\nVellutello e Daniello, e pi\u00f9 di due dozzine di mss. veduti dagli\nAccademici della Crusca, in luogo di risiede<\/i>, che leggono\nl'altre edizioni.  E vale rifiede<\/b> lo stesso che mira<\/i><\/b>; da\nfiedere<\/i>, che pure a senso di mirare<\/i> adopera Dante:\n\n     . . . . . . e fa che feggia<\/i>\n     Lo viso in te di quest'altri mal nati<\/i> \n     [Inf. XVIII, 75]\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
vale rifiede<\/b> lo stesso che mira<\/i>; da fiedere<\/i>, che pure a senso di mirare<\/i> adopera Dante:\r\n     . . . . . . e fa che feggia<\/i>\r\n     Lo viso in te di quest'altri mal nati<\/i> \r\n     [Inf. XVIII, 75]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVIII 75-76","NotaFonte":"","TestoFonte":"lo duca disse: \"Attienti, e fa che feggia
lo viso in te di quest'altri mal nati,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=18&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":19163.0,"to":19164.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Cos\u00ec leggesi in un bellissimo\nms. del fu March. Capponi, ora della Vaticana [Num. 266 codice,\ncome lo stesso copiatore avvisa, scritto nell'anno 1368], cos\u00ec\nnel parimente bellissimo ms. della libreria Chigi segnato L. V.\n167, e cos\u00ec attesta il Venturi di essere scritto in qualche\nedizione<\/i>: \u00e8 certo se non malamente legge la comune per li\nTroiani.<\/i> Nella Puglia non fecero i Troiani mai guerra, n\u00e8\nstrage veruna: e pretendere, come il prefato Venturi pretende,\nche per Troiani possono intendersi i Romani<\/i>, perocch\u00e8 da loro\ndiscendenti, la sarebbe una troppo violenta stiracchiatura. \nTanto pi\u00f9 che, per attestazione di T. Livio [Lib. 8, 25], le\nprime brighe tra i Romani e i Pugliesi furono nel consolato di C.\nPetelio, e L. Papirio, negli anni di Roma 429, in tempi cio\u00e8\ntroppo dalla Troiana origine discosti. Per li Romani<\/b> adunque\nsta bene scritto; che di fatto per le Romane armi molta gente\nper\u00ec nella Puglia, prima eziandio della guerra asprissima con\nAnnibale, di cui il Poeta dice in seguito: e tra gli altri fatti\nvi fu l'uccisione di due mila Pugliesi, che Livio medesimo\nracconta fatta dal Console P. Decio [Lib. 10, 15], — e per la\nlunga guerra<\/b> ec.: la seconda guerra Cartaginese contro i Romani,\nche dur\u00f2 pi\u00f9 di tre lustri, nel corso della quale soffrirono i\nRomani a Canne nella Puglia sconfitta tale, che le anella tratte\ndalle dita dei morti [quantunque non si portasse anello che dai\nnobili] empirono la misura, chi dice di un moggio, e chi fino di\ntre moggia e mezzo: tantus acervus fuit [sono parole di Livio]\nut metientibus, dimidium super tres modios explesse sint quidam\nauctores. Fama tenuit, quae propior vero est, haud plus fuisse\nmodio<\/i><\/b> [Lib. 23, 12]. E per\u00f2 male il Venturi, correggendo\nl'errore di stampa delle pi\u00f9 di tre mila moggia e mezzo<\/i> del\nDaniello, v'aggiunge egli, che non furon meno di tre moggia e\nmezzo, come riferisce Livio.<\/i> Tale contegno di Livio nello\nscrivere dee lodar Dante con dire che non erra.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Nella Puglia non fecero i Troiani mai guerra, nè strage veruna: e pretendere, come il prefato Venturi pretende, che per Troiani possono intendersi i Romani<\/i>, perocchè da loro discendenti, la sarebbe una troppo violenta stiracchiatura.  Tanto più che, per attestazione di T. Livio [Lib. 8, 25], le prime brighe tra i Romani e i Pugliesi furono nel consolato di C. Petelio, e L. Papirio, negli anni di Roma 429, in tempi cioè troppo dalla Troiana origine discosti.  Per li Romani<\/b> adunque sta bene scritto.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2039","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1155892","LuogoFonte":"VIII xxv 1-2","NotaFonte":"Lombardi legge \"per li Romani\", non \"per li Troiani\".","TestoFonte":"eodem anno lectisternium Romae, quintum post conditam urbem, iisdem quibus ante placandis habitum est deis. novi deinde consules iussu populi cum misissent qui indicerent Samnitibus bellum, ipsi maiore conatu quam adversus Graecos cuncta parabant; et alia nova nihil tum animo tale agitantibus accesserunt auxilia.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0914.phi0018.perseus-lat3:25","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"10-12","from":26821.0,"to":26843.0,"NomeAutore":"Tito Livio","TitoloFonte":"Ab Urbe condita libri"},
{"Annotazione":"Cos\u00ec tu viva lungamente, e\ncos\u00ec risplenda e sia chiaro il tuo nome ancor dopo che sarai\nmorto.  Venturi.  Il se<\/b> per cos\u00ec<\/i>, o che<\/i> [Vedi 'l Cinonio\nPartic.<\/i> 44, 23] apprecativo, a quel modo ch'adoprarono i\nLatini il sic<\/i> e l'utinam<\/i>, ripetelo Dante anche altrove [Inf.\nXXVII, 57, XXIX, 59, ed altrove], e del medesimo han fatto uso\naltri buoni scrittori [Vedi 'l Cinon. 223, 12, e 'l Vocab. della\nCr.].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Così tu viva lungamente, e così risplenda e sia chiaro il tuo nome ancor dopo che sarai morto.  Venturi.  Il se<\/b> per così<\/i>, o che<\/i> [Vedi 'l Cinonio Partic.<\/i> 44, 23] apprecativo, a quel modo ch'adoprarono i Latini il sic<\/i> e l'utinam<\/i>, ripetelo Dante anche altrove [Inf. XXVII, 57, XXIX, 59, ed altrove]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVII 57","NotaFonte":"","TestoFonte":"se <\/strong>'l nome tuo nel mondo tegna fronte","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=27","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64-66","from":14933.0,"to":14935.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Cos\u00ec veggendo quel\nmiracolo<\/b>, quel maraviglioso sembiante della mia donna, reso pi\u00f9\nadorno, m'accorsi che 'l mio girare intorno insieme co 'l cielo\navea cresciuto l'arco<\/b>, erasi portato in pi\u00f9 alta ed ampia\ncirconferenza.  Suppone quello, che ha gi\u00e0 pi\u00f9 volte avvisato,\nche coll'avvanzarsi verso l'Empireo divenisse Beatrice pi\u00f9 bella\n[Vedi, tra gli altri luoghi, Par. VIII, 13 e segg.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Suppone quello, che ha già più volte avvisato, che coll'avvanzarsi verso l'Empireo divenisse Beatrice più bella [Vedi, tra gli altri luoghi, Par. VIII, 13 e segg.].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. VIII 13-15","NotaFonte":"","TestoFonte":"Io non m'accorsi del salire in ella;
ma d'esservi entro mi fé assai fede
la donna mia ch'i' vidi far più bella.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=75&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61-63","from":17621.0,"to":17625.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Cos\u00ec \u00e8 chiamato S. Paolo\nnelle sacre carte; che \u00e8 lo stesso che dire instrumento eletto\nda Dio<\/i> alla diffusione della fede. Veramente San Paolo non dice\ns\u00ec chiaro d'essere stato pei luoghi eterni sensibilmente<\/i> ma fu\ncreduto nel Medio Evo\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Brunone Bianchi 1868","FrammentoNota":"
Così è chiamato S. Paolo nelle sacre carte<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","LuogoFonte":"9, 15","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dixit autem ad eum Dominus: “ Vade, quoniam vas electionis est mihi iste, ut portet nomen meum coram gentibus et regibus et filiis Israel","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#9","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"28-29","from":1194.0,"to":1198.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"},
{"Annotazione":"Cos\u00ec, oltre due mss. della Corsini\n[Segnati 608 e 1265] ed alcuni altri veduti dagli Accademici\ndella Crusca, leggono il Landino, Vellutello, Daniello, ed il\ncomento della edizione Nidobeatina, quantunque il testo della\nmedesima edizione legga, conformemente a quello degli Accademici\ndella Crusca, signori.<\/i>  Ci\u00f2 per\u00f2 che dee farne di buon grado\naccettare seniori<\/b> \u00e8 che nell'Apocalisse, da cui ritrae il Poeta\nqueste sue idee [e ne lo accenna egli stesso nel v. 105], vide s.\nGiovanni ventiquattro seniori<\/i><\/b> [seniores<\/i><\/b>], non signori.<\/i>\n\n\tFacendoci 'l Poeta capire, che altri personaggi, che in\nseguito introduce [Versi 92 e segg. 134 e segg. 142 e 143],\nfigurano i libri scritturali del nuovo Testamento, ragion vuole,\nche questi ventiquattro seniori<\/b> figurino i libri del vecchio\nTestamento; i quali ecco in qual modo possono per ventiquattro\ncomputarsi: 1 Genesi, 2 Esodo, 3 Levitico, 4 Numeri, 5\nDeuteronomio, 6 Giosu\u00e8, 7 Giudici, 8 Ruth, 9 Re, 10 Paralipomeni,\n11 Esdra, 12 Tobia, 13 Giuditta, 14 Ester, 15 Giobbe, 16 Salmi,\n17 Proverbi, 18 Ecclesiaste, 19 Cantica, 20 Sapienza, 21\nEcclesiastico, 22 Profeti maggiori, 23 Profeti minori, 24\nMaccabei.\n\n\tIntorno al detto ultimo sacro volume de' Maccabei\navvertasi, che non fu il primo il Concilio di Trento [dopo i\ntempi di Dante] ad ammetterlo tra' libri canonici; ma che vi era\ngi\u00e0 molti secoli innanzi stato ammesso dal terzo Concilio di\nCartagine [Cap. 47]\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Nell'Apocalisse, da cui ritrae il Poeta queste sue idee [...], vide s. Giovanni ventiquattro seniori<\/b> [seniores<\/i>], non signori.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","LuogoFonte":"IV 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"4 Et in circuitu throni, viginti quattuor thronos, et super thronos viginti quattuor seniores sedentes, circumamictos vestimentis albis, et super capita eorum coronas aureas.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"83","from":29406.0,"to":29407.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"},
{"Annotazione":"Credendosi volgarmente la\nlingua de' serpenti tale, quale all'occhio per la veloce sua\nvibrazione apparisce, biforcuta, e per biforcuta ammettendola\nanche i poeti; facendo, tra gli altri esempi, Ovidio da Acheloo\nconvertito in serpente dirsi\n\n     Cumque fero movi linguam stridore bisulcam<\/i>\n     [Met.<\/i> lib 9, 65];\n\nsiegue anche il poeta nostro cotal persuasione e modo di parlare,\ne fa per ultimo atto della trasformazione, che ne descrive,\nfendersi all'uomo convertito in serpente la lingua; ed al\nserpente convertito in uomo fa all'opposto i membri della\nbiforcuta lingua in uno richiudersi.  — e 'l fummo resta<\/b>, la\nreciproca emissione delle sostanziali forme detta al vers. 93.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Credendosi volgarmente la lingua de' serpenti tale, quale all'occhio per la veloce sua vibrazione apparisce, biforcuta, e per biforcuta ammettendola anche i poeti; facendo, tra gli altri esempi, Ovidio da Acheloo convertito in serpente dirsi\r\n     Cumque fero movi linguam stridore bisulcam<\/i>\r\n     [Met.<\/i> lib 9, 65];\r\nsiegue anche il poeta nostro cotal persuasione e modo di parlare [...].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"IX 65","NotaFonte":"","TestoFonte":"cumque fero movi linguam stridore bisulcam,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:9.1-9.97","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"133-135","from":24587.0,"to":24590.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
{"Annotazione":"Credo voglia Dante accennare\nche avesse Caco quell'atros ore vomens ignes<\/i>, che gli\nattribuisce Virgilio [Aeneid.<\/i> VIII, 198 e segg.], dal drago,\nche portava su le spalle: quasi dica e quel drago medesimo \u00e8 che\nvomitando fiamme affuoca<\/i>, abbrucia, qualunque in Caco\ns'intoppa<\/i>, s'imbatte.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Credo voglia Dante accennare che avesse Caco quell'atros ore vomens ignes<\/i>, che gli attribuisce Virgilio [Aeneid.<\/i> VIII, 198 e segg.], dal drago, che portava su le spalle<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VIII 198-199","NotaFonte":"","TestoFonte":"illius atros
ore vomens ignis magna se mole ferebat.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+8.198&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"24","from":23790.0,"to":23793.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Cristo nimico de' reprobi con\npodest\u00e0 di giudice. Il Padre ha dato al Figlio podest\u00e0 eziandio\ndi far giudizio.<\/i> S. Giov. V, 27. — Pod\u00e8sta<\/b>: podest\u00e0, come\npi\u00e8ta<\/i><\/b> per piet\u00e0 ecc.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Cristo nimico de' reprobi con podestà di giudice. Il Padre ha dato al Figlio podestà eziandio di far giudizio.<\/i> S. Giov. V, 27.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"5, 26-27","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sicut enim Pater habet vitam in semetipso, sic dedit et Filio vitam habere in semetipso; et potestatem dedit ei iudicium facere, quia Filius hominis est.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":5677.0,"to":5679.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"Cristo.  «Ogni podest\u00e0 mi \u00e8 data in\ncielo ed in terra.»  Matt. XXVIII, 18.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Cristo.  «Ogni podestà mi è data in cielo ed in terra.»  Matt. XXVIII, 18<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"28, 18","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et accedens Iesus locutus est eis dicens: “Data est mihi omnis potestas in caelo et in terra\"","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#28","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"53","from":3350.0,"to":3352.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"Curione: come gi\u00e0 Plato<\/i>, sermo<\/i>, ec.  —\nCh'a dicer<\/b> ec., egli che pure in vita ebbe lingua si audace. \nLucano: «Audax venali comitatur Curio lingua.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Ch'a dicer<\/b> ec., egli che pure in vita ebbe lingua si audace.  Lucano: «Audax venali comitatur Curio lingua.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"Pharsalia I, 269","NotaFonte":"","TestoFonte":"Audax venali comitatur Curio lingua","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0133%3Abook%3D1%3Acard%3D158","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"102","from":27468.0,"to":27469.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"},
{"Annotazione":"D'onde l'invidia, ch'ebbe\nl'avversario nostro, che l'uomo avesse a possedere quelle sedie,\ndalle quali egli per la sua superbia era stato cacciato, l'aveva\nprima dipartita, ed insieme con gli altri vizi introdotta nel\nmondo.  Onde \u00e8 scritto Invidia Diaboli mors introivit in orbem\nterrarum<\/i> [Sap.<\/i> 2 vers. 24].  Vellutello.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
\"D'onde l'invidia,<\/strong> ch'ebbe l'avversario nostro, che l'uomo avesse a possedere quelle sedie, dalle quali egli per la sua superbia era stato cacciato, l'aveva prima dipartita, ed insieme con gli altri vizi introdotta nel mondo.  Onde è scritto Invidia Diaboli mors introivit in orbem terrarum.\" <\/i>(Vellutello).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q202135","LuogoFonte":"II 24","NotaFonte":"","TestoFonte":"Invidia Diaboli mors introivit in orbem terrarum","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_sapientiae_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"111","from":802.0,"to":807.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro della Sapienza"},
{"Annotazione":"Da ci\u00f2 che a Dante\nmedesimo si fa dire da Cavalcante Cavalcanti Inf. X, 58 e segg.\nse per questo cieco carcere vai per altezza d'ingegno, mio\nfiglio<\/i> (cio\u00e8 Guido Cavalcanti) ov'\u00e8<\/i>? scorgesi che il proprio\ningegno in un colle Muse eccita qu\u00ec Dante all'impresa; e che\nalto<\/b> vaglia quanto nelle scienze coltivato ed innalzato, come\nlo era quello di Guido, esso pure uomo scienziato.  Apollo per\nl'alto ingegno<\/b> sospetta qu\u00ec inteso l'erudito autore degli\nAneddoti<\/i><\/b> stampati recentemente in Verona, num. iv cap. 6.  Ma\nnel principio del Paradiso ci avvisa Dante di non aver egli per\nl'Inferno e Purgatorio incomodato se non le Muse, e di essersi\nriserbato l'aiuto d'Apollo a quell'ultimo lavoro.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Da ciò che a Dante medesimo si fa dire da Cavalcante Cavalcanti Inf. X, 58 e segg. se per questo cieco carcere vai per altezza d'ingegno, mio figlio<\/i> (cioè Guido Cavalcanti) ov'è<\/i>? scorgesi che il proprio ingegno in un colle Muse eccita quì Dante all'impresa; e che alto<\/b> vaglia quanto nelle scienze coltivato ed innalzato, come lo era quello di Guido, esso pure uomo scienziato.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. X 58-60","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Se per questo cieco
carcere vai per altezza d'ingegno,
mio figlio ov'è? [...]\"","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=10&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":1038.0,"to":1043.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Da queste parole anche\nsole si pu\u00f2 ben rilevare la superiorit\u00e0 di Beatrice sopra\nVirgilio (cf. Inf.<\/i>, XII, 88-89), ovvero la maggiore eccellenza\ndella divina Rivelazione rispetto alla umana Ragione; ma di ci\u00f2\ndiremo sulla fine del presente canto. La stessa frase ricorre\nall'Inf.<\/i>, IX, 26. — Vegno di loco, ove<\/b> ecc. (nella Vit.\nN.<\/i><\/b>, IX, «Vegno di lontana parte, ove ecc.»): cf. v. 65. —\nOve<\/i><\/b>, cio\u00e8 nell'ordine de' terzi seggi<\/i> (Par.<\/i>, XXXII, 7). —\nTornar disio<\/b>, cio\u00e8 ardo del desiderio<\/i><\/b> (cf. v. 84); e ci\u00f2 dice\nper mettere in sodo che ci\u00f2 che la indusse al venire fu stretta\nnecessit\u00e0 (cf. Purg.<\/i>, XXX, 139). — Amor mi mosse<\/i><\/b> ecc. A\nBeatrice doveva grandemente pesare lo smarrimento di Dante nella\nselva<\/i><\/b> de' vizi (e neppure in quel misero stato non lasci\u00f2 cure\nper lui, cf. Purg.<\/i>, XXX, 130-135), ella che, vivendo, fu per\nlui distruggitrice di tutti li vizi<\/i>, e reina delle virt\u00f9<\/i>\n(Vit. N.<\/i>, X), seco menandolo in dritta parte v\u00f4lto<\/i>, che \u00e8\nproprio l'opposto della selva<\/i> (Purg.<\/i>, XXX, 123): ed ecco di\nqual fatta fosse l'amore<\/i> di Beatrice (cf. Purg.<\/i><\/b>, XXXI, 23), e\nche la mosse<\/b> a discendere al Limbo. — Mosse<\/b>: Virgilio dir\u00e0\na Catone (Purg.<\/i>, I, 53):\n\n Donna scese del Ciel, per li cui prieghi\n Della mia compagnia costui sovvenni:\n\ne Catone gli risponder\u00e0:\n\n se Donna del Ciel ti muove e regge ecc.;\n\nove, dallo stesso tempo in che \u00e8 usato il muovere<\/i>, si fa palese\nla continuit\u00e0 dell'amor vigile di Beatrice verso il ministero\naffidato a Virgilio. Beatrice pi\u00f9 tardi mover\u00e0<\/i> Bernardo a\nfarsi guida di Dante (Par.<\/i>, XXXI, 45); e Bernardo dir\u00e0: «Lucia, \nche mosse la tua Donna ecc. (Par.<\/i>, XXXII, 137).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Da queste parole anche sole si può ben rilevare la superiorità di Beatrice sopra Virgilio (cf. Inf.<\/i>, XII, 88-89), ovvero la maggiore eccellenza della divina Rivelazione rispetto alla umana Ragione; ma di ciò diremo sulla fine del presente canto. La stessa frase ricorre all'Inf.<\/i>, IX, 26.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII, 88-89","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tal si partì da cantare alleluia
che mi commise quest'officio novo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=12","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"70-72","from":1500.0,"to":1520.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Dal favoloso ermafrodito, al\ndi cui corpo unendosi per voler degli Dei quello della ninfa\nSalmace, si compose un solo corpo avente ambedue i sessi [Vedi\nOvidio nel IV delle Metamorfosi v. 374 e segg.], appellansi\nermafroditi tutti quelli che sortiscono dalla natura simili\ncorpi; e quindi trasferendo applica Dante l'epiteto di\nermafrodito<\/b> al peccato stesso di congiunzione di maschio con\nfemmina.\n\n\tIl Vellutello assertivamente, e dubbiosamente il Volpi\nchiosano, che Dante chiama<\/i> ermafrodito il peccato contra\nnatura, dove il maschio viene in certo modo ad effeminarsi, cio\u00e8\na cangiarsi in femmina.<\/i> Altri, al riferir del Venturi,\nintendono la bestialit\u00e0, per l'esempio, che si adduce di Pasife. \nOltre per\u00f2 la particolar ragione, che si oppone al primiero\nsenso, cio\u00e8 che sarebbero in cotal modo Soddomiti nell'una e\nnell'altra schiera d'anime, si oppone poi ugualmente ad ambedue i\nprefati sensi ci\u00f2 che siegue Dante a dire, ma perch\u00e8 non\nservammo umana legge<\/i><\/b>: parlare, col quale ne fa capire, che il\npeccato di costoro consistesse in azioni tali che, osservata\ncirca di esse umana legge<\/b>, sarebbero state lecite, quali\ncertamente esser non potevano n\u00e8 la soddomia, n\u00e8 la bestialit\u00e0. \n— Umana legge<\/b>, per umano contegno.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dal favoloso ermafrodito, al di cui corpo unendosi per voler degli Dei quello della ninfa Salmace, si compose un solo corpo avente ambedue i sessi [Vedi Ovidio nel IV delle Metamorfosi v. 374 e segg.], appellansi ermafroditi tutti quelli che sortiscono dalla natura simili corpi<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"IV 377-388","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sic ubi conplexu coierunt membra tenaci,
nec duo sunt et forma duplex, nec femina dici
nec puer ut possit: neutrumque et utrumque videntur.
Ergo ubi se liquidas, quo vir descenderat, undas
semimarem fecisse videt, mollitaque in illis
membra, manus tendens, sed non iam voce virili,
Hermaphroditus ait: “Nato date munera vestro,
et pater et genetrix, amborum nomen habenti:
quisquis in hos fontes vir venerit, exeat inde
semivir et tactis subito mollescat in undis.”
Motus uterque parens nati rata verba biformis
fecit et incesto fontem medicamine tinxit.”","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:1.1-1.4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"82-83","from":26276.0,"to":26278.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Dal verso 12 del canto\nseg. in cui Dante questo medesimo fatto rammemorando dice Pietro\nper lei s\u00ec mi gir\u00f2 la fronte<\/i>, inferisce il d'Aquino che questo\ncinse me<\/b> vaglia quanto mi si aggir\u00f2 intorno della fronte.<\/i><\/b> Il\nVenturi, tutto all'opposto, pretende che non possa qu\u00ec la\nsimilitudine del padrone, ch'abbraccia il servo, avere il suo\ndovuto riscontro se non intendendosi che 'l cinse me<\/i><\/b> equivalga\nad abbracci\u00f2 me<\/i>; e che anzi da questo, come da pi\u00f9 chiaro,\ndebba anche il mi gir\u00f2<\/i> del seguente canto spiegarsi di proprio\nabbracciamento. Io per me sono col d'Aquino, si perch\u00e8 non con\naltri termini che di volgersi<\/i>, di girarsi intorno<\/i> n'esprime\nDante atti simili praticati e dall'arcangelo Gabriele verso di\nMaria Vergine [Cant. preced. v. 96] e da s. Pietro medesimo verso\ndi Beatrice [Verso 22 del presente canto], come, e molto pi\u00fb,\nperch\u00e8 vedendo il Poeta que' beati sotto figura di lucerne e di\nlumi [Cant. precedenti versi 28 e 110 e qu\u00ec parimente, ove perci\u00f2\napostolico lume<\/i> appella s. Pietro], e non d'uomini, come poteva\nvederli stender le braccia ad abbracciare? N\u00e8 poi finalmente d\u00e0\nveruno impaccio la divisata similitudine; imperocch\u00e8, come dicono\nbene i dialettici scolastici, non \u00e8 sempre necessario che la\nsimilitudine corra con quattro ruote.\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dal verso 12 del canto seg. in cui Dante questo medesimo fatto rammemorando dice Pietro per lei sì mi girò la fronte<\/i>, inferisce il d'Aquino che questo cinse me<\/b> vaglia quanto mi si aggirò intorno della fronte.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXV 12","NotaFonte":"","TestoFonte":"Pietro per lei sì mi girò la fronte.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=92&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"152-153","from":24345.0,"to":24349.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Dall'essersi Dante\nimprovisamente trovato Catone vicino senza vederselo venire v.\n31, e da quell'altro parimente improviso comparire di Catone a\nrimproverare a Casella e compagni il lento loro andare, nel canto\nseg. v. 119 e seg., sembra potersi dedurre che questo spar\u00ec<\/b>\nvaglia propriamente rendessi 'invisibile<\/i> — su mi levai<\/i><\/b>,\ndallo star inginocchione, in cui lo aveva messo Virgilio v. 51.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dall'essersi Dante improvisamente trovato Catone vicino senza vederselo venire v. 31, e da quell'altro parimente improviso comparire di Catone a rimproverare a Casella e compagni il lento loro andare, nel canto seg. v. 119 e seg., sembra potersi dedurre che questo sparì <\/b>vaglia propriamente rendessi 'invisibile<\/i>   <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. II 119-123","NotaFonte":"","TestoFonte":"ed ecco il veglio onesto
gridando: \"Che è ciò, spiriti lenti?
qual negligenza, quale stare è questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
ch'esser non lascia a voi Dio manifesto\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=36","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"109-110","from":791.0,"to":793.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Dalle spezzature di\nparole, che si rinvengono tal volta nella fine de' versi e Greci,\ne Latini, ed Italiani: com'\u00e8, per un de' molti esempi, quella di\nOrazio\n\n ..... non gemmis, neque purpure ve<\/i>\n Nale, nec auro<\/i>:\n\nargomenta, per mio giudizio, egregiamente il sig. Rosa Morando\n[Osserv. sopra il Parad. XXIV] anche nel mezzo de' versi essersi\nfatto, e doversi fare uso della spezzatura per aggiustamento del\nmetro: e siccome que' versi del Petrarca\n\n Nemica naturalmente di pace<\/i> \n [Canz. 5 stanz. 4],\n E perch\u00e8 naturalmente s'aita<\/i> \n [Son. 39]:\n\nvuole che abbiansi a leggere come se scritti fossero\n\n Nemica natural — mente di pace.<\/i>\n E perch\u00e8 natural — mente s'aita.<\/i>\n\nad uno stesso modo spezzato vuole che si legga anche il presente\nverso di Dante\n\n Con tre gole canina — mente latra.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dalle spezzature di parole, che si rinvengono tal volta nella fine de' versi e Greci, e Latini, ed Italiani: com'è, per un de' molti esempi, quella di Orazio\r\n     ..... non gemmis, neque purpure ve<\/i>\r\n         Nale, nec auro<\/i>:\r\nargomenta, per mio giudizio, egregiamente il sig. Rosa Morando<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q943884","LuogoFonte":"II xvi 7-8","NotaFonte":"","TestoFonte":"non gemmis neque purpura ve-
nale nec auro.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0893.phi001.perseus-lat1:2.16","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/filippo-rosa-morando-1751', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"14","from":5060.0,"to":5064.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Odi"}, {"Annotazione":"Dante era conscio del proprio valore. \n— Qui non fa parola che de' cinque; nel Purg. XXII, 97 e seg. ne\nenumera, forse ammendandosi, diversi altri, i quali\n\n sono con quel Greco<\/i>\n Che le Muse latt\u00e2r pi\u00f9 ch'altro mai<\/i>,\n Nel primo cinghio del carcere cieco.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Qui non fa parola che de' cinque; nel Purg. XXII, 97 e seg. ne enumera, forse ammendandosi, diversi altri, i quali\r\n\r\n                    sono con quel Greco<\/i>\r\n     Che le Muse lattâr più ch'altro mai<\/i>,\r\n     Nel primo cinghio del carcere cieco.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXII, 97-114","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"dimmi dov'è Terrenzio nostro antico,
Cecilio e Plauto e Varro, se lo sai:
dimmi se son dannati, e in qual vico\".
\"Costoro e Persio e io e altri assai\",
rispuose il duca mio, \"siam con quel Greco
che le Muse lattar più ch'altri mai,
nel primo cinghio del carcere cieco;
spesse fïate ragioniam del monte
che sempre ha le nutrice nostre seco.
Euripide v'è nosco e Antifonte,
Simonide, Agatone e altri piùe
Greci che già di lauro ornar la fronte.
Quivi si veggion de le genti tue
Antigone, Deïfile e Argia,
e Ismene sì trista come fue.
Védeisi quella che mostrò Langia;
èvvi la figlia di Tiresia, e Teti
e con le suore sue Deïdamia\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=56&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"102","from":3681.0,"to":3683.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Dante pone a custodia de' diversi\ncerchi infernali enti mitologici; in ci\u00f2 egli si conforma alle\ncredenze teologiche del medio evo, che negli enti della mitologia\npagana soleva vedere esseri reali, ma non dei, anzi altrettanti\ndemoni, conciliando in tal modo, bene o male, la cristiana\ncredenza con la tradizione pagana. La fonte di tale credenza \u00e8\nnessun altri che San Paolo, il quale scrive (1 Cor. X, 20): le\ncose che i pagani sacrificano le sacrificano a' demoni.<\/i> — Di\nbragia<\/b>: infuocati.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Dante pone a custodia de' diversi cerchi infernali enti mitologici; in ciò egli si conforma alle credenze teologiche del medio evo, che negli enti della mitologia pagana soleva vedere esseri reali, ma non dei, anzi altrettanti demoni, conciliando in tal modo, bene o male, la cristiana credenza con la tradizione pagana.  La fonte di tale credenza è nessun altri che San Paolo, il quale scrive (1 Cor. X, 20): le cose che i pagani sacrificano le sacrificano a' demoni.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80355","LuogoFonte":"10, 20","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sed, quae immolant, daemoniis immolant et non Deo; nolo autem vos communicantes fieri daemoniis. ","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-i-corinthios_lt.html#10","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"109","from":2791.0,"to":2793.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Prima lettera ai Corinzi"},
{"Annotazione":"Dante tace tra riverente a\nVirgilio e commosso per le pietose parole; Virgilio tace per\ndebito rispetto, per vedere se quell'anima avesse altro da dire;\nma l'anima tace pur ella; perci\u00f2 Virgilio invita Dante a non\nperdere il momento propizio d'interrogare il dannato, se altro\nvolesse saperne.  — Non perder l'ora<\/b>, il momento, l'occasione\nopportuna prima che la rottura si richiuda (cf. v. 102).  Anche\nqui consiglio di cogliere ogni buona occasione per apprendere\n(cf. Purg.<\/i>, XII, 84).  — Se pi\u00f9 ti piace<\/i><\/b> di sapere, di\nudire.  Cos\u00ec Francesca (Inf.<\/i><\/b>, V, 94):\n\n     Di quel che udire e che parlar ti piace.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Non perder l'ora<\/b>, il momento, l'occasione opportuna prima che la rottura si richiuda (cf. v. 102).  Anche qui consiglio di cogliere ogni buona occasione per apprendere (cf. Purg.<\/i>, XII, 84).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XII, 84-87","NotaFonte":"","TestoFonte":"pensa che questo dì mai non raggiorna!”.
Io era ben del suo ammonir uso
pur di non perder tempo, sì che 'n quella
materia non potea parlarmi chiuso. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=46","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79-81","from":12020.0,"to":12023.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Davano alla fenice non meno\ndi cinque secoli di vita. Ovidio, Metam., XV: «Ubi quinque suae\ncomplevit saecula vitae.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"cinquecentesimo anno<\/strong>. Davano alla fenice non meno di cinque secoli di vita. Ovidio, Metam., XV: «Ubi quinque suae complevit saecula vitae.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"Metamorphoseon libri XV, 395","NotaFonte":"","TestoFonte":"Haec ubi quinque suae complevit saecula vitae","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D15%3Acard%3D335","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"108","from":23291.0,"to":23293.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Davide still\u00f2 prima in me,\ne tu di poi Iacopo stillasti con lo stillar suo nell'epistola tua\ncanonica: perciocch\u00e8 quello, che vi scrivi, avesti da lui: s\u00ec che\nio sono s\u00ec pieno di questo stillamento, ch'io ripl\u00f9o<\/b>, cio\u00e8,\nripiovo in altrui vostra pioggia. Landino. Un passo\ndell'epistola di s. Giacomo, insinuante la speranza in conformit\u00e0\nallo stile Davidico, pu\u00f2, tra gli altri, riputarsi quello del\ncapo I Beatus vir qui suffert tentationem: quoniam cum probatus\nfuerit accipiet coronam vitae, quam repromisit Deus diligentibus\nse<\/i>, passo molto coerente all'espressioni del Reale profeta nel\nsalmo I Beatus vir, qui non abiit in consilio impiorum<\/i> ec.\nerit tamquam lignum, quod plantatum est secus decursus aquarum,\nquod fructum suum dabit in tempore suo<\/i>, e nel salmo 111 Beatus\nvir, qui timet Dominum<\/i> ec. Potens in terra erit semec eius<\/i>\nec. Gloria, et divitiae in domo eius, et iustitia eius manet in\nsaeculum saeculi.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Un passo dell'epistola di s. Giacomo, insinuante la speranza in conformità allo stile Davidico, può, tra gli altri, riputarsi quello del capo I Beatus vir qui suffert tentationem: quoniam cum probatus fuerit accipiet coronam vitae, quam repromisit Deus diligentibus se<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q26925","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131097","LuogoFonte":"I 12","NotaFonte":"","TestoFonte":"Beatus vir, qui suffert tentationem, quia, cum probatus fuerit, accipiet coronam vitae, quam repromisit Deus diligentibus se.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-iacobi_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"76-78","from":24906.0,"to":24909.0,"NomeAutore":"Giacomo il Giusto","TitoloFonte":"Lettera di Giacomo"},
{"Annotazione":"Dee aver qu\u00ec 'l\nPoeta riguardo a quell'evangeliche massime Regnum caelorum vim\npatitur, et violenti rapiunt illud<\/i> [Matt.<\/i> II]: Nemo mittens\nmanum suam ad aratrum, et respiciens retro, aptus est regno Dei<\/i>\n[Luc.<\/i> 9]: e voler dire che, se gli occhi suoi, non reggendo\nviolentemente all'acutezza di quel vivo lume, da lui fossero\navversi<\/b> [frase imitante il Latino aversi fuissent<\/i><\/b>], rivolti si\nfossero, sarebbesi egli smarrito, non avrebbe pi\u00f9 avuta la grazia\ndi veder Dio.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dee aver quì 'l Poeta riguardo a quell'evangeliche massime Regnum caelorum vim patitur, et violenti rapiunt illud<\/i> [Matt.<\/i> II]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XI 12","NotaFonte":"","TestoFonte":"A diebus autem Ioannis Baptistae usque nunc regnum caelorum vim patitur, et violenti rapiunt illud. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"76-78","from":32888.0,"to":32893.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"Dee intendersi come se\ndetto avesse: Gi\u00e0 hanno passato il mezzo cielo, e cadono verso\noccidente le stelle, che mentre entrammo nell'Inferno in oriente\nsalivano.<\/i>  Ed essendovi entrati mentre lo giorno se n'andava, e\nl'aere bruno toglieva gli animai, che sono in terra, dalle\nfatiche<\/i> ec. [Inf. II, 1 e segg.], ch'\u00e8 quanto a dire, su 'l\nprincipiar della notte, viene, cos\u00ec dicendo, a dichiarare passata\nla mezza notte.  Questo luogo di Dante, dice il Daniello, fa pi\u00f9\nchiaro quel di Virgilio, che \u00e8 nel secondo dell'Eneide,\nsuadentque cadentia sidera somnos.<\/i><\/b>  — e 'l troppo star si\nvieta<\/b>: allude all'insegnamento degli ascetici, che nella\nconsiderazione de' vizi non si fermi la mente di soverchio, ma\nsolo quanto basta a conoscerne la bruttezza loro e pernizie.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dee intendersi come se detto avesse: Già hanno passato il mezzo cielo, e cadono verso occidente le stelle, che mentre entrammo nell'Inferno in oriente salivano.<\/i>  Ed essendovi entrati mentre lo giorno se n'andava, e l'aere bruno toglieva gli animai, che sono in terra, dalle fatiche<\/i> ec. [Inf. II, 1 e segg.], ch'è quanto a dire, su 'l principiar della notte, viene, così dicendo, a dichiarare passata la mezza notte.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II 1-3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Lo giorno se n'andava, e l'aere bruno
toglieva li animai che sono in terra
da le fatiche loro; e io sol uno","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"98-99","from":6478.0,"to":6494.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Dee intendersi come se fosse detto: recita per me a Ges\u00f9\nCristo tanto del paternostro quanto bisogna a noi di quest'altro\nmondo, dove non possiam pi\u00f9 peccare: tralascia cio\u00e8 le due ultime\npetizioni<\/i> et ne nos inducas in tentationem; sed libera nos a\nmalo.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
t<\/em>ralascia cioè le due ultime petizioni<\/i> et ne nos inducas in tentationem; sed libera nos a malo.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"VI 13","NotaFonte":"","TestoFonte":"et ne inducas nos in tentationem,
sed libera nos a Malo","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#6","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"130-132","from":26623.0,"to":26645.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"}, {"Annotazione":"Dee questo\nintendersi detto per interiezione, ad indicare l'ora in cui si\nalzava la Luna; e come se avesse in vece detto la Luna, la quale\nin quel tempo tardava ad alzarsi fino quasi alla mezza notte,\nfaceva<\/i> ec. Di fatto essendo quello il tempo d'equinozio, e\nquella la quinta notte [A primi tre giorni successi al plenilunio\ne consumati fino all'uscita in quell'altro emisferio [giusta\nl'avviso sotto la nota al canto II della presente cantica v. 93\nal 102] aggiungansi due altri impiegati uno nell'antipurgatorio,\ne l'altro fin qu\u00ec] del misterioso viaggio a Luna piena\nincominciato [Vedi Inf. XX, 127], e sorgendo la calante Luna\ntramontato il Sole, ogni sera pi\u00f9 tardi quasi d'un'ora, doveva in\nquella notte alzarsi verso l'ore cinque; ch'\u00e8 quanto dire verso\nla mezza notte — faceva le stelle parer pi\u00f9 rade<\/b>: rendendo col\nsuo lume invisibili le stelle di minor grandezza, e le sole pi\u00f9\ngrandi lasciando vedere.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
A primi tre giorni successi al plenilunio e consumati fino all'uscita in quell'altro emisferio [...] del misterioso viaggio a Luna piena incominciato [Vedi Inf. XX, 127], e sorgendo la calante Luna tramontato il Sole, ogni sera più tardi quasi d'un'ora, doveva in quella notte alzarsi verso l'ore cinque; ch'è quanto dire verso la mezza notte<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XX 127","NotaFonte":"","TestoFonte":"e già iernotte fu la luna tonda:","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=20&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76-77","from":17989.0,"to":17994.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Dee qu\u00ec Dante, senza\ndirenelo, volere inteso che, scorgendo Maria Vergine in lui il\ndesiderio di riconoscere i soggetti di quella celestial corte,\nanch'ella, a guisa ch'ebbero fin qu\u00ec tutti i descritti beati\ncori, avesse piacere che foss'egli di sua brama soddisfatto; e\nche di ci\u00f2 accortosi quel contemplante<\/b> s. Bernardo, il quale\n[come due versi innanzi \u00e8 detto [Vers. 141 del canto precedente]]\nvolti aveva gli occhi a Maria Vergine, affetto al suo piacer<\/b>,\naffezionato premuroso d'eseguire il piacere della medesima,\nassumesse<\/i> perci\u00f2 libero<\/i><\/b>, non comandato, officio di dottore<\/b>,\nd'insegnare cio\u00e8 a Dante chi fossero que' beati soggetti.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
quel contemplante<\/b> s. Bernardo, il quale [come due versi innanzi è detto [Vers. 141 del canto precedente]] volti aveva gli occhi a Maria Vergine<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXXI 141","NotaFonte":"","TestoFonte":"li suoi con tanto affetto volse a lei,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=98","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-2","from":31356.0,"to":31360.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Dee, parmi,\nintendersi come se dicesse: io rappresento l'amore di tutti noi\nangeli a te o Regina nostra; e con questo aggirarmiti intorno,\nesulto a quell'allegrezza che apport\u00f2 a noi il tuo ventre, che fu\nalbergo del nostro dis\u00ecro<\/b>, del da noi desiderato Redentore del\nmondo.  Desiderium collium aeternorum<\/i> [Gen.<\/i> 49], \u00e8, come bene\navvisa qu\u00ec 'l Venturi, chiamato Cristo rispetto agli angeli: al\ndesiderio cio\u00e8 che di lui avevano gli angeli.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Desiderium collium aeternorum<\/i> [Gen.<\/i> 49], è, come bene avvisa quì 'l Venturi, chiamato Cristo rispetto agli angeli: al desiderio cioè che di lui avevano gli angeli.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"XLIX 26","NotaFonte":"","TestoFonte":"26 Benedictiones patris tui confortatae sunt
super benedictiones montium aeternorum,
desiderium collium antiquorum;","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#49","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"103-105","from":23033.0,"to":23038.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"}, {"Annotazione":"Definisce Dante la\nsperanza colle parole stesse del maestro delle sentenze che sono,\nEst spes certa expectatio futurae beatitudinis, veniens ex Dei\ngratia, et meritis praecedentibus, vel ipsam spem, quam natura\npraeit charitas, vel rem speratam, idest beatitudinem aeternam<\/i>\n[Lib. 3 dist. 26].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Definisce Dante la speranza colle parole stesse del maestro delle sentenze che sono, Est spes certa expectatio futurae beatitudinis, veniens ex Dei gratia, et meritis praecedentibus, vel ipsam spem, quam natura praeit charitas, vel rem speratam, idest beatitudinem aeternam <\/i>[Lib. 3 dist. 26]. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q315347","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q78792604","LuogoFonte":"III 26","NotaFonte":"","TestoFonte":"Est enim certa expectatio futurae beatitudinis, veniens ex Dei gratia, et meritis praecedentibus, vel ipsam spem, quam natura praeit charitas, vel rem speratam, id est beatitudinem aeternam.","UrlFonte":"http:\/\/magistersententiarum.com\/book\/5\/distinction\/368","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"67-69","from":24841.0,"to":24860.0,"NomeAutore":"Pietro Lombardo","TitoloFonte":"Sententiarum libri IV"},
{"Annotazione":"Dei due oscuri\nversi~, che nel cato XI. 22.  e segg.  s'accinse s.  Tommaso a\ndichiarare a Dante cio\u00e8 di quello U' ben s'impingua<\/i>, se non\nsi vaneggia<\/i> [Par. X. 96.~], e di quell' altro A veder tanto non\nsurse 'l secondo<\/i> [Par. X. 114.]~], non avendo prima\ndell'intromettersi di s.  Bonaventura dichiarato altro che il\nprimo [Vedi Par. XI. 136.  e segg.~], vien ora~, terminata\nl'interlocuzione di s.  Bonaventura~, a dichiarargli anche il\nsecondo.  Parla di cotale gi\u00e0 fatta dichiarazione come di grano\ndi gi\u00e0 battuto e riposto~; e della dichiarazione~, ch' \u00e8 ora\nper fare~, come di grano ancor da battersi~; e giudiziosamente~:\nimperocch\u00e8 siccome per la battitura sciogliesi e traggesi il\ngrano dalla scorza e paglia che lo nasconde~, cos\u00ec per la\ndichiarazione sciogliesi e traggesi il senso dall'oscuro parlare\nche lo tiene celato.  La particella quando<\/i> vale qu\u00ec in amendue\nli luoghi il medesimo che dappoich\u00e8<\/i> [Vedine altri esempi nel\nCinon. Partic.<\/i> 210.  3.] — l'una paglia \u00e8 trita<\/i>, l'una\nporzione di grano in paglia \u00e8 battuta — amor<\/i>, intendi~, verso\nil dubbioso Poeta.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dei due oscuri versi, che nel canto XI. 22.  e segg.  s'accinse s.  Tommaso a dichiarare a Dante cioè di quello U' ben s'impingua<\/i>, se non si vaneggia<\/i> [Par. X. 96.], e di quell' altro A veder tanto non surse 'l secondo<\/i> [Par. X. 114.]], non avendo prima  dell'intromettersi di s.  Bonaventura dichiarato altro che il primo [Vedi Par. XI. 136.  e segg.], vien ora, terminata l'interlocuzione di s.  Bonaventura, a dichiarargli anche il secondo.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XI 22-27","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tu dubbi, e hai voler che si ricerna
in sì aperta e 'n sì distesa lingua
lo dicer mio, ch'al tuo sentir si sterna,
ove dinanzi dissi \"U' ben s'impingua\",
e là u' dissi: \"Non nacque il secondo\";
e qui è uopo che ben si distingua.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=78","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"34-36","from":12327.0,"to":12333.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Del diavolo si legge\nnel vangelo (Giovanni VIII 44) che «quando proferisce la\nmenzogna, parla del suo proprio, perciocch\u00e9 egli \u00e8 mendace, e il\npadre della menzogna».\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","FrammentoNota":"
Del diavolo si legge nel vangelo (Giovanni VIII 44) che «quando proferisce la menzogna, parla del suo proprio, perciocché egli è mendace, e il padre della menzogna».<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"8, 44","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vos ex patre Diabolo estis et desideria patris vestri vultis facere. Ille homicida erat ab initio et in veritate non stabat, quia non est veritas in eo. Cum loquitur mendacium, ex propriis loquitur, quia mendax est et pater eius.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#8","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"144","from":22468.0,"to":22472.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"Delectasti.  Salmo<\/b> dice\nper versetto del salmo, pe 'l versetto 5 del salmo 91 Delectasti\nme Domine in factura tua, et in operibus manuum tuarum exultabo.<\/i> \n— Che puote disnebbiar<\/i><\/b> ec. il quale versetto pu\u00f2 dar lume\nall'intelletto vostro a conoscere la cagione per cui qu\u00ec si ride,\ne si gioisce.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Delectasti.  Salmo<\/b> dice per versetto del salmo, pe 'l versetto 5 del salmo 91 Delectasti me Domine in factura tua, et in operibus manuum tuarum exultabo.<\/i> <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"XCII (XCI) 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quia delectasti me, Domine, in factura tua,
et in operibus manuum tuarum exsultabo.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#LIBER%20IV%20(Psalmi%2090-106)","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"80-81","from":28329.0,"to":28333.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"}, {"Annotazione":"Dell'apparire,\ned accompagnarsi che fece Ges\u00f9 Cristo dopo la gloriosa sua\nrisurrezione ai due discepoli che andavano in Emmaus, quantunque\nne motivi anche s. Marco [Cap. 16], ci\u00f2 per\u00f2 fa tanto\nsuccintamente, che a ragione pot\u00e8 Dante dire come ne scrive\nLuca<\/b>; che di fatto ne descrive quell'avvenimento assai\ndiffusamente [Cap. 24] — sepulcral buca<\/b> per sepolcro.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dell'apparire, ed accompagnarsi che fece Gesù Cristo dopo la gloriosa sua risurrezione ai due discepoli che andavano in Emmaus, quantunque ne motivi anche s. Marco [Cap. 16], ciò però fa tanto succintamente, che a ragione potè Dante dire come ne scrive Luca<\/b>; che di fatto ne descrive quell'avvenimento assai diffusamente [Cap. 24]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q31966","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q107388","LuogoFonte":"XVI 12-13","NotaFonte":"","TestoFonte":"Post haec autem duobus ex eis ambulantibus ostensus est in alia effigie euntibus in villam;
et illi euntes nuntiaverunt ceteris, nec illis crediderunt.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-marcum_lt.html#16","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"7-9","from":20627.0,"to":20633.0,"NomeAutore":"Marco","TitoloFonte":"Vangelo secondo Marco"}, {"Annotazione":"Dell'uncino comunemente ci\nserviamo per attirare: ma pu\u00f2 ben anche, in altra maniera\nadoprato, servire a deprimere — Galli.<\/b> Gallare<\/i> per venire\na galla<\/i> adopera Dante qu\u00ec, e metaforicamente per insuperbire<\/i>\nnel Purg. X, 127: come per\u00f2 in ambedue i luoghi in rima, puossi\nragionevolmente creder sincope di galleggiare.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Galli.<\/b> Gallare<\/i> per venire a galla<\/i> adopera Dante quì, e metaforicamente per insuperbire <\/i>nel Purg. X, 127: come però in ambedue i luoghi in rima, puossi ragionevolmente creder sincope di galleggiare.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. X 127","NotaFonte":"","TestoFonte":"Di che l'animo vostro in alto galla","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=44","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"57","from":19742.0,"to":19750.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Detta la somiglianza tra la via di\nsalire al girone secondo, e la via di salire sul monte san\nMiniato, acci\u00f2 non fosse inteso, che fosse quella simile a questa\nanche nella spaziosit\u00e0, aggiunge, che in questa l'alta pietra che\nfa sponda alla via quinci e quindi<\/b> da una e dall'altra banda,\nrade<\/b>, strofina, intendi il viandante<\/i>, tanto che da ambo i\nlati stringelo: come [avverte il Daniello] della nave di Cloante\nscrive Virgilio nel quinto dell'Eneide dicendo:\n\n     Ille inter navemque Gyae, scopulosque sonantes<\/i>\n     Radit iter laevum interior<\/i> \n     [Vers. 169]\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
l'alta pietra che fa sponda alla via quinci e quindi<\/b> da una e dall'altra banda, rade<\/b>, strofina, intendi il viandante<\/i>, tanto che da ambo i lati stringelo: come [avverte il Daniello] della nave di Cloante scrive Virgilio nel quinto dell'Eneide dicendo:\r\n     Ille inter navemque Gyae, scopulosque sonantes<\/i>\r\n     Radit iter laevum interior<\/i> \r\n     [Vers. 169]\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"V 169-170","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ille inter navemque Gyae scopulosque sonantes
radit iter laevum interior","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:5.151-5.182","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"108","from":11893.0,"to":11895.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Di stanziare<\/i> in corrispondenza al\nLatino statuere<\/i> sono esempi parecchi [Vedi l' Vocabolario della\nCrusca e 'l poetra nostro stesso Inf. XXV, 10]. Or come hanno i\nLatini esteso il verbo statuere<\/i> al significato di pensare<\/i>\n[Vedine esempi nel Thesaur. ling. Lat.<\/i> di Roberto Stefano] cos\u00ec\nal significato medesimo estende qu\u00ec Dante il verbo stanziare.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vedi l' Vocabolario della Crusca e 'l poetra nostro stesso Inf. XXV, 10<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXV 10","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=25","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"54","from":5371.0,"to":5372.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Di Cadmo trasformato in\nserpente canta Ovidio nel terzo delle Metamorfosi; di Aretusa\nmutata in fonte, nel quinto.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Taccia di Cadmo<\/strong> ec. Di Cadmo trasformato in serpente canta Ovidio nel terzo delle Metamorfosi; di Aretusa mutata in fonte, nel quinto.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"Metamorphoseon libri IV, 564-603","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nescit Agenorides natam parvumque nepotem
aequoris esse deos: luctu serieque malorum
victus et ostentis, quae plurima viderat, exit
conditor urbe sua, tamquam fortuna locorum,
non sua se premeret; longisque erroribus actus
contigit Illyricos profuga cum coniuge fines.
Iamque malis annisque graves, dum prima retractant
fata domus releguntque suos sermone labores,
“num sacer ille mea traiectus cuspide serpens”
Cadmus ait “fuerat, tum, cum Sidone profectus
vipereos sparsi per humum, nova semina, dentes?
Quem si cura deum tam certa vindicat ira,
ipse precor serpens in longam porrigar alvum.”
Dixit, et ut serpens in longam tenditur alvum
durataeque cuti squamas increscere sentit
nigraque caeruleis variari corpora guttis.
In pectusque cadit pronus. Commissaque in unum
paulatim tereti tenuantur acumine crura.
Bracchia iam restant: quae restant bracchia tendit
et lacrimis per adhuc humana fluentibus ora
“accede, o coniunx, accede, miserrima,” dixit
“dumque aliquid superest de me, me tange manumque
accipe, dum manus est, dum non totum occupat anguis!”
Ille quidem vult plura loqui, sed lingua repente
in partes est fissa duas: nec verba volenti
sufficiunt, quotiensque aliquos parat edere questus,
sibilat: hanc illi vocem natura reliquit.
Nuda manu feriens exclamat pectora coniunx
“Cadme, mane, teque, infelix, his exue monstris!
Cadme, quid hoc? ubi pes, ubi sunt umerique manusque
et color et facies et, dum loquor, omnia? cur non
me quoque, caelestes, in eandem vertitis anguem?”
Dixerat: ille suae lambebat coniugis ora
inque sinus caros, veluti cognosceret, ibat
et dabat amplexus adsuetaque colla petebat.
Quisquis adest (aderant comites), terretur: at illa
lubrica permulcet cristati colla draconis.
Et subito duo sunt iunctoque volumine serpunt,
donec in adpositi nemoris subiere latebras.
Nunc quoque nec fugiunt hominem nec vulnere laedunt
quidque prius fuerint, placidi meminere dracones.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D4%3Acard%3D563","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"97","from":24317.0,"to":24320.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Di Filomela [chiosa\nil Venturi] che, per vendicare l'oltraggio ricevuto da Tereo suo\nincestuoso cognato, insieme con Progne di lui moglie, e sua\nsorella, ucciso, fatto in pezzi, e cotto Iti figlio di Tereo, e\ndatoglielo a mangiare, fu trasformata in rosignuolo. Vedi Ovidio\nnel lib. 6 delle Metamorfosi. Ma l'empiezza<\/b> [soggiugne il\nmedesimo] fu piuttosto di Progne, che di Filomela: e dall'altra\nparte l'uccello, che pi\u00f9 d'ogn'altro par compiacersi del canto, \u00e8\nil rosignuolo piuttosto che la rondine. Vero \u00e8 per\u00f2, che intorno\na questa trasformazione ancor tra gli antichi poeti Latini v'\u00e8\ndell'impiccio. Fin qu\u00ec 'l Venturi.\n\n\tL'impiccio \u00e8 [aggiungo io] che alcuni dicono convertita\nFilomela in rosignuolo, e Progne in rondine; ed altri [tra i quali\nProbo [All'egloga 6 di Virg.], e Libanio [Excerpta Graecorum\nsophistaram, ac rhetorum<\/i> Leonis Allatii, narrat. 12], e Strabone\n[Presso Natal Conti Mythol.<\/i> lib. 7 c. 10]] dicono convertita\nFilomela in rondine, e Progne in rosignuolo; e che al poeta\nnostro \u00e8 piaciuto di seguir questi e non quelli: e per\u00f2 il di\nlei<\/i><\/b> dee spiegarsi di Progne<\/i><\/b> appunto come brama il Venturi, e\nnon di Filomela<\/i> — d'empiezza<\/b> per empiet\u00e0<\/i><\/b> vedi 'l Vocab.\ndella Cr. — nell'immagine mia<\/i><\/b> per nella mia immaginativa.<\/i> \nVolpi. — orma<\/b>, per rappresentazione.<\/i><\/b>\n\n\tIl Landino, Vellutello, e Daniello non hanno trovato\naltro scampo che di rivolgersi a dire, che per l'uccello, che di\ncantar pi\u00f9 si diletta<\/i><\/b>, intenda il Poeta la rondine, perocch\u00e8\ndicono, garrisce e canta pi\u00f9 spesso, che ciascun altro uccello.<\/i> \nChi per\u00f2 sa il cantare, e il veramente dilettoso cantare, che fa\nil rosignuolo, non di giorno solo, ma anche di notte\ncontinuamente [ci\u00f2 che n\u00e8 la rondine, n\u00e8 altri uccelli fanno] non\npotr\u00e0 in cotale interpretazione lodare se non il buon desiderio\ndi procurare a Dante schermo.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Di Filomela [chiosa il Venturi] che, per vendicare l'oltraggio ricevuto da Tereo suo incestuoso cognato, insieme con Progne di lui moglie, e sua sorella, ucciso, fatto in pezzi, e cotto Iti figlio di Tereo, e datoglielo a mangiare, fu trasformata in rosignuolo.  Vedi Ovidio nel lib. 6 delle Metamorfosi.  Ma l'empiezza<\/b> [soggiugne il medesimo] fu piuttosto di Progne, che di Filomela: e dall'altra parte l'uccello, che più d'ogn'altro par compiacersi del canto, è il rosignuolo piuttosto che la rondine.  Vero è però, che intorno a questa trasformazione ancor tra gli antichi poeti Latini v'è dell'impiccio.  Fin quì 'l Venturi.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"VI 412-674","NotaFonte":"","TestoFonte":"Finitimi proceres coeunt, urbesque propinquae
oravere suos ire ad solacia reges,
Argosque et Sparte Pelopeiadesque Mycenae
et nondum torvae Calydon invisa Dianae
Orchomenosque ferax et nobilis aere Corinthus
Messeneque ferox Patraeque humilesque Cleonae
et Nelea Pylos, neque adhuc Pittheia Troezen,
quaeque urbes aliae bimari clauduntur ab Isthmo
exteriusque sitae bimari spectantur ab Isthmo.
Credere quis posset? solae cessastis Athenae.
Obstitit officio bellum, subvectaque ponto
barbara Mopsopios terrebant agmina muros.
Threicius Tereus haec auxiliaribus armis
fuderat et clarum vincendo nomen habebat.
Quem sibi Pandion opibusque virisque potentem
et genus a magno ducentem forte Gradivo
conubio Procnes iunxit. Non pronuba Iuno,
non Hymenaeus adest, non illi Gratia lecto.
Eumenides tenuere faces de funere raptas,
Eumenides stravere torum, tectoque profanus
incubuit bubo thalamique in culmine sedit.
Hac ave coniuncti Procne Tereusque, parentes
hac ave sunt facti. Gratata est scilicet illis
Thracia, disque ipsi grates egere diemque,
quaque data est claro Pandione nata tyranno,
quaque erat ortus Itys, festum iussere vocari.
Usque adeo latet utilitas. Iam tempora Titan
quinque per autumnos repetiti duxerat anni,
cum blandita viro Procne “si gratia” dixit
“ulla mea est, vel me visendam mitte sorori,
vel soror huc veniat! redituram tempore parvo
promittes socero: magni mihi muneris instar
germanam vidisse dabis.” Iubet ille carinas
in freta deduci veloque et remige portus
Cecropios intrat Piraeaque litora tangit.
Ut primum soceri data copia, dextera dextrae
iungitur, et fausto committitur omine sermo.
Coeperat adventus causam, mandata referre
coniugis et celeres missae spondere recursus:
ecce venit magno dives Philomela paratu,
divitior forma: quales audire solemus
naidas et dryadas mediis incedere silvis,
si modo des illis cultus similesque paratus.
Non secus exarsit conspecta virgine Tereus,
quam siquis canis ignem supponat aristis,
aut frondem positasque cremet faenilibus herbas.
Digna quidem facies: sed et hunc innata libido
exstimulat, pronumque genus regionibus illis
in venerem est: flagrat vitio gentisque suoque.
Impetus est illi comitum corrumpere curam
nutricisque fidem, nec non ingentibus ipsam
sollicitare datis totumque impendere regnum,
aut rapere et saevo raptam defendere bello—,
et nihil est quod non effreno captus amore
ausit nec capiunt inclusas pectora flammas.
Iamque moras male fert cupidoque revertitur ore
ad mandata Procnes, et agit sua vota sub illa.
Facundum faciebat amor: quotiensque rogabat
ulterius iusto Procnen ita velle ferebat.
Addidit et lacrimas, tamquam mandasset et illas.
Pro superi, quantum mortalia pectora caecae
noctis habent! ipso sceleris molimine Tereus
creditur esse pius laudemque a crimine sumit.
Quid quod idem Philomela cupit patriosque lacertis
blanda tenens umeros, ut eat visura sororem,
perque suam contraque suam petit ipsa salutem.
Spectat eam Tereus praecontrectatque videndo
osculaque et collo circumdata bracchia cernens
omnia pro stimulis facibusque ciboque furoris
accipit; et quotiens amplectitur illa parentem,
esse parens vellet: neque enim minus impius esset.
Vincitur ambarum genitor prece. Gaudet agitque
illa patri grates et successisse duabus
id putat infelix, quod erit lugubre duabus.
Iam labor exiguus Phoebo restabat, equique
pulsabant pedibus spatium declivis Olympi:
regales epulae mensis et Bacchus in auro
ponitur; hinc placido dantur sua corpora somno.
At rex Odrysius, quamvis secessit, in illa
aestuat, et, repetens faciem motusque manusque,
qualia vult fingit quae nondum vidit, et ignes
ipse suos nutrit, cura removente soporem.
Lux erat, et generi dextram complexus euntis
Pandion comitem lacrimis commendat obortis:
“Hanc ego, care gener, quoniam pia causa coegit
et voluere ambae, voluisti tu quoque, Tereu,
do tibi, perque fidem cognataque pectora supplex,
per superos oro, patrio ut tuearis amore
et mihi sollicitae lenimen dulce senectae
quam primum (omnis erit nobis mora longa) remittas.
Tu quoque quam primum (satis est procul esse sororem)
si pietas ulla est, ad me, Philomela, redito.”
Mandabat pariterque suae dabat oscula natae,
et lacrimae mites inter mandata cadebant.
Utque fide pignus dextras utriusque poposcit
inter seque datas iunxit natamque nepotemque
absentes pro se memori rogat ore salutent;
supremumque vale pleno singultibus ore
vix dixit timuitque suae praesagia mentis.
Ut semel imposita est pictae Philomela carinae,
admotumque fretum remis tellusque repulsa est,
“vicimus” exclamat, “mecum mea vota feruntur”
exsultatque et vix animo sua gaudia differt
barbarus et nusquam lumen detorquet ab illa,
non aliter, quam cum pedibus praedator obuncis
deposuit nido leporem Iovis ales in alto:
nulla fuga est capto, spectat sua praemia raptor.
Iamque iter effectum, iamque in sua litora fessis
puppibus exierant, cum rex Pandione natam
in stabula alta trahit, silvis obscura vetustis,
atque ibi pallentem trepidamque et cuncta timentem
et iam cum lacrimis, ubi sit germana, rogantem
includit: fassusque nefas et virginem et unam
vi superat frustra clamato saepe parente,
saepe sorore sua, magnis super omnia divis.
Illa tremit velut agna pavens, quae saucia cani
ore excussa lupi nondum sibi tuta videtur,
utque columba suo madefactis sanguine plumis
horret adhuc avidosque timet, quibus haeserat, ungues.
Mox ubi mens rediit, passos laniata capillos,
lugenti similis, caesis plangore lacertis,
intendens palmas “o diris barbare factis,
o crudelis” ait “nec te mandata parentis
cum lacrimis movere piis nec cura sororis
nec mea virginitas nec coniugialia iura!
Omnia turbasti: paelex ego facta sororis,
tu geminus coniunx, hostis mihi debita Procne.
Quin animam hanc, ne quod facinus tibi, perfide, restet,
eripis? atque utinam fecisses ante nefandos
concubitus vacuas habuissem criminis umbras.
Si tamen haec superi cernunt, si numina divum
sunt aliquid, si non perierunt omnia mecum,
quandocumque mihi poenas dabis. Ipsa pudore
proiecto tua facta loquar. Si copia detur,
in populos veniam; si silvis clausa tenebor,
implebo silvas et conscia saxa movebo:
audiet haec aether, et si deus ullus in illo est.”
Talibus ira feri postquam commota tyranni
nec minor hac metus est, causa stimulatus utraque
quo fuit accinctus, vagina liberat ensem
arreptamque coma flexis post terga lacertis
vincla pati cogit. Iugulum Philomela parabat
spemque suae mortis viso conceperat ense:
ille indignantem et nomen patris usque vocantem
luctantemque loqui comprensam forcipe linguam
abstulit ense fero. Radix micat ultima linguae,
ipsa iacet terraeque tremens inmurmurat atrae;
utque salire solet mutilatae cauda colubrae,
palpitat et moriens dominae vestigia quaerit.
Hoc quoque post facinus (vix ausim credere) fertur
saepe sua lacerum repetisse libidine corpus.
Sustinet ad Procnen post talia facta reverti.
Coniuge quae viso germanam quaerit: at ille
dat gemitus fictos commentaque funera narrat,
et lacrimae fecere fidem. Velamima Procne
deripit ex umeris auro fulgentia lato
induiturque atras vestes et inane sepulcrum
constituit falsisque piacula manibus infert
et luget non sic lugendae fata sororis.
Signa deus bis sex acto lustraverat anno.
Quid faciat Philomela? fugam custodia claudit,
structa rigent solido stabulorum moenia saxo,
os mutum facti caret indice. Grande doloris
ingenium est, miserisque venit sollertia rebus.
Stamina barbarica suspendit callida tela
purpureasque notas filis intexuit albis,
indicium sceleris; perfectaque tradidit uni,
utque ferat dominae gestu rogat: illa rogata
pertulit ad Procnen, nec scit, quid tradat in illis.
Evolvit vestes saevi matrona tyranni
fortunaeque suae carmen miserabile legit
et (mirum potuisse) silet. Dolor ora repressit,
verbaque quaerenti satis indignantia linguae
defuerunt; nec flere vacat, sed fasque nefasque
confusura ruit, poenaeque in imagine tota est.
Tempus erat, quo sacra solent trieterica Bacchi
Sithoniae celebrare nurus: nox conscia sacris.
Nocte sonat Rhodope tinnitibus aeris acuti,
nocte sua est egressa domo regina deique
ritibus instruitur furialiaque accipit arma.
Vite caput tegitur, lateri cervina sinistro
vellera dependent, umero levis incubat hasta.
Concita per silvas turba comitante suarum
terribilis Procne furiisque agitata doloris,
Bacche, tuas simulat. Venit ad stabula avia tandem
exululatque euhoeque sonat portasque refringit
germanamque rapit; raptaeque insignia Bacchi
induit et vultus hederarum frondibus abdit
attonitamque trahens intra sua moenia ducit.
Ut sensit tetigisse domum Philomela nefandam,
horruit infelix totoque expalluit ore.
Nacta locum Procne sacrorum pignera demit
oraque develat miserae pudibunda sororis
amplexumque petit. Sed non attollere contra
sustinet haec oculos, paelex sibi visa sororis,
deiectoque in humum vultu iurare volenti
testarique deos, per vim sibi dedecus illud
illatum, pro voce manus fuit. Ardet et iram
non capit ipsa suam Procne; fletumque sororis
corripiens “non est lacrimis hoc” inquit “agendum,
sed ferro, sed si quid habes, quod vincere ferrum
possit. In omne nefas ego me, germana, paravi.
Aut ego, cum facibus regalia tecta cremabo,
artificem mediis inmittam Terea flammis,
aut linguam, aut oculos et quae tibi membra pudorem
abstulerunt, ferro rapiam, aut per vulnera mille
sontem animam expellam. Magnum quodcumque paravi:
quid sit, adhuc dubito.” Peragit dum talia Procne,
ad matrem veniebat Itys. Quid possit, ab illo
admonita est: oculisque tuens inmitibus “a quam
es similis patri” dixit. Nec plura locuta
triste parat facinus tacitaque exaestuat ira.
Ut tamen accessit natus matrique salutem
attulit et parvis adduxit colla lacertis
mixtaque blanditiis puerilibus oscula iunxit,
mota quidem est genetrix infractaque constitit ira
invitique oculi lacrimis maduere coactis:
sed simul ex nimia mentem pietate labare
sensit, ab hoc iterum est ad vultus versa sororis
inque vicem spectans ambos “cur admovet” inquit
“alter blanditias, rapta silet altera lingua?
Quam vocat hic matrem, cur non vocat illa sororem?
Cui sis nupta, vide, Pandione nata, marito.
Degeneras: scelus est pietas in coniuge Tereo.”
Nec mora, traxit Ityn, veluti Gangetica cervae
lactentem fetum per silvas tigris opacas.
Utque domus altae partem tenuere remotam,
tendentemque manus et iam sua fata videntem
et “mater, mater” clamantem et colla petentem
ense ferit Procne, lateri qua pectus adhaeret,
nec vultum vertit. Satis illi ad fata vel unum
vulnus erat: iugulum ferro Philomela resolvit.
Vivaque adhuc animaeque aliquid retinentia membra
dilaniant. Pars inde cavis exsultat aenis,
pars veribus stridunt: manant penetralia tabo.
His adhibet coniunx ignarum Terea mensis
et patrii moris sacrum mentita, quod uni
fas sit adire viro, comites famulosque removit.
Ipse sedens solio Tereus sublimis avito
vescitur inque suam sua viscera congerit alvum.
Tantaque nox animi est, “Ityn huc accersite” dixit.
Dissimulare nequit crudelia gaudia Procne,
iamque suae cupiens exsistere nuntia cladis,
“intus habes, quem poscis” ait. Circumspicit ille
atque ubi sit quaerit. Quaerenti iterumque vocanti,
sicut erat sparsis furiali caede capillis,
prosiluit Ityosque caput Philomela cruentum
misit in ora patris: nec tempore maluit ullo
posse loqui et mentis testari gaudia dictis.
Thracius ingenti mensas clamore repellit
vipereasque ciet Stygia de valle sorores;
et modo, si posset reserato pectore diras
egerere inde dapes inmersaque viscera gestit,
flet modo seque vocat bustum miserabile nati,
nunc sequitur nudo genitas Pandione ferro.
Corpora Cecropidum pennis pendere putares:
pendebant pennis. Quarum petit altera silvas,
altera tecta subit; neque adhuc de pectore caedis
excessere notae, signataque sanguine pluma est.
Ille dolore suo poenaeque cupidine velox
vertitur in volucrem, cui stant in vertice cristae;
prominet inmodicum pro longa cuspide rostrum:
nomen epops volucri, facies armata videtur.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:6.412-6.503","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"19-21","from":16555.0,"to":16579.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Di costui in molte parti di questo\nlibro si tratta, e per\u00f2 brievemente di lui in ogni luogo si\ndir\u00e0. Questi fu figliuolo d'Anchise della schiatta delli Re di\nTroia, e radice delli edificatori e Imperadori di Roma; fu uomo\nbello del corpo, facondo della lingua, pro de l'armi, ed ebbe in\ns\u00e8 virtude di pietade; e per\u00f2 Virgilio, parlando di lui, dice\nil pietoso Enea. Questa pietade mostr\u00f2 verso il padre, e verso\nAscanio suo figliuolo, e verso i suoi e altrui. Questi, dopo il\ncadimento di Troia, con Ascanio suo figliuolo, e Creusa sua\nmoglie, e Anchise suo padre, e moltitudine di genti e di tesori\nse ne part\u00ec; poi lasciata Creusa, e morto il padre, venne in\nItalia, prese Lavina per moglie, e guerreggi\u00f2 con Turno, e\nucciselo, e edific\u00f2 un castello, lo quale dinomin\u00f2e dalla\nmoglie. Mor\u00ec, e lasci\u00f2 Ascanio, e Lavina gravida, la quale poi\npartor\u00ece uno figliuolo, nome Silvio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
Questi fu figliuolo d'Anchise della schiatta delli Re di\r\nTroia, e radice delli edificatori e Imperadori di Roma; fu uomo\r\nbello del corpo, facondo della lingua, pro de l'armi, ed ebbe in\r\nsè virtude di pietade; e però Virgilio, parlando di lui, dice\r\nil pietoso Enea.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"I, 10-11","NotaFonte":"","TestoFonte":"Insignem pietate uirum, tot adire labores
Impulerit.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C001","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"122","from":3814.0,"to":3816.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Di fatto sebben rimanga\nVirgilio in compagnia di Dante anche di poi per qualche po di\ntempo [Vedi 'l canto seg. v. 147 e il XXIX, 55 segg.] e [quanto\nsembra] fino al trovamento di Beatrice [Vedi cant. XXX, 46 e\nsegg.], non per\u00f2 mai pi\u00f9 apre egli bocca, n\u00e8 ci lascia scorgere\naltra cagione del suo rimanere se non per consegnare a Beatrice\nmedesima colui che gli era stato raccomandato.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Di fatto sebben rimanga Virgilio in compagnia di Dante anche di poi per qualche po di tempo [Vedi 'l canto seg. v. 147 e il XXIX, 55 segg.] e [quanto sembra] fino al trovamento di Beatrice [Vedi cant. XXX, 46 e segg.], non però mai più apre egli bocca, nè ci lascia scorgere altra cagione del suo rimanere se non per consegnare a Beatrice medesima colui che gli era stato raccomandato.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVIII 147","NotaFonte":"","TestoFonte":"udito avëan l'ultimo costrutto;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=62&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"139","from":27757.0,"to":27759.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Di questa amicizia del\npoeta nostro col Re Carlo Martello non trovo chi ne favelli.\nFors'egli contrasse cotale amicizia o nell'occasione d'essere\nstato per due fiate ambasciatore a Napoli al Re di lui padre\n[Memor.  per la vita di Dante<\/i> {paragraph}. 9.~], ovvero mentre\nlo stesso Re Carlo Martello~, portatosi a Firenze~, ivi per pi\u00f9\ndi 20.  giorni attesi il ritorno di Francia del medesimo Re suo\ngenitore [Gio.  Villani lib. 8.  cap. 13.]. — ed avesti bene\nonde<\/i>, e ben ne avesti motivo~: accenna Dante~, facendo cos\u00ec\nparlare Carlo Martello~, di aver egli da quel principe ricevuto\nqualche grande benefizio. — fossi gi\u00f9 stato<\/i> fossi restato\ngi\u00f9 nel mondo — pi\u00f9 oltre che le fronde<\/i>: ben altro che\nfrondi di parole cortesi~, e larghe promesse~, chiosa il\nVenturi~: ma lo avesti ben onde<\/i> detto dallo stesso Carlo dee\nsupporre compartiti da esso Principe a Dante favori segnalati~: e\nper\u00f2 chioserei io che fronde<\/i> appelli Carlo cotali favori per\ngrandezza d'animo~, e per accennare che~, se fosse vissuto~,\navrebbegli fatto favori di tanto maggior peso~, che sarebbero\nquelli rispetto a questi divenuti come le fronde ai frutti.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Fors'egli contrasse cotale amicizia [...] mentre lo stesso Re Carlo Martello, portatosi a Firenze, ivi per più di 20.  giorni attesi il ritorno di Francia del medesimo Re suo genitore [Gio.  Villani lib. 8.  cap. 13.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"IX 13","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 299 (VIII 13).","TestoFonte":"E per ciò fornire andò il re Carlo in Francia in persona, e lui tornando coll'accordo fatto e co' suoi figliuoli, i quali avea diliberi di pregione, sì passò per la città di Firenze, ne la quale era già venuto da Napoli per farglisi incontro Carlo Martello re d'Ungheria suo figliuolo, e con sua compagnia CC cavalieri","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"55-57","from":7347.0,"to":7371.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Di questi due rivi, de'\nloro nomi, effetti e direzioni vedi quant'\u00e8 detto nella nota al\nverso 25 e segg. del presente canto.  Aggiungesi qu\u00ec la\nparticolare propriet\u00e0 d'Euno\u00e8, che bevuto solo senza prima aver\nbevuto di Lete, non produrebbe l'effetto di rendere la memoria\nd'ogni ben fatto.<\/b>  Il Venturi alle parole e non adopra Se\nquinci e quindi pria non \u00e8 gustato<\/b>, chiosa in modo di togliere\nvicendevolmente anche a Lete l'effetto d'indurre obblivione delle\ncolpe, se non insieme bevasi d'Euno\u00e8: Nessun<\/i>, dice, de' due\nproduce pienamente l'effetto suo, e fa vero pro gustato solo.<\/i> \nIl contrario per\u00f2 insegna Dante nel canto XXXIII di questa\ncantica, ove solo per aver bevuto di Lete, prima di bere d'Euno\u00e8,\ntrovasi dimentico d'essersi un tempo straniato<\/i> da Beatrice\n[Versi 91 e segg.].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il Venturi alle parole e non adopra Se quinci e quindi pria non è gustato<\/b>, chiosa in modo di togliere vicendevolmente anche a Lete l'effetto d'indurre obblivione delle colpe, se non insieme bevasi d'Eunoè: Nessun<\/i>, dice, de' due produce pienamente l'effetto suo, e fa vero pro gustato solo.<\/i>  Il contrario però insegna Dante nel canto XXXIII di questa  cantica, ove solo per aver bevuto di Lete, prima di bere d'Eunoè,  trovasi dimentico d'essersi un tempo straniato<\/i> da Beatrice [Versi 91 e segg.].  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXXIII 91-93","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ond'io rispuosi lei: \"Non mi ricorda
ch'i' stranïasse me già mai da voi,
né honne coscïenza che rimorda\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=67&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"127-132","from":28675.0,"to":28678.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Di questo verbo soffolgere<\/i> non\nreca il Vocabolario della Crusca che due esempi di Dante; questo,\ne quell'altro Paradiso XXIII, 130.\n\n Oh quanta \u00e8 l'ubert\u00e0, che si soffolce<\/i>\n In quell'arche ricchissime<\/i> ec.?\n\nLa struttura di cotal verbo simile al Latino suffulcire<\/i>, ed il\nsignificato del Latino suffulcire<\/i> adattabile ad esso verbo ne'\ndue prodotti esempi, pare che ne persuadano, che il soffolgere<\/i>\nnon sia che 'l Latino stesso suffulcire<\/i> italianamente detto. \nPoggiando in certo qual modo la vista, o sia visione,\nnell'obbietto veduto, pu\u00f2 ed in Latino dirsi suffulcitur visio\nab obiecto<\/i>, ed in Italiano, la vista dagli obbietti<\/i>, o<\/i> [ch'\u00e8\nlo stesso] tra gli obbietti si soffolge<\/i><\/b> — smozzicate<\/b>,\ntrinciate, mutilate.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Di questo verbo soffolgere<\/i> non reca il Vocabolario della Crusca che due esempi di Dante; questo, e quell'altro Paradiso XXIII, 130.\r\n     Oh quanta è l'ubertà, che si soffolce<\/i>\r\n        In quell'arche ricchissime<\/i> ec.?\r\nLa struttura di cotal verbo simile al Latino suffulcire<\/i>, ed il significato del Latino suffulcire<\/i> adattabile ad esso verbo ne' due prodotti esempi, pare che ne persuadano, che il soffolgere <\/i>non sia che 'l Latino stesso suffulcire<\/i> italianamente detto. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXIII 130","NotaFonte":"","TestoFonte":"Oh quanta è l'ubertà che si soffolce<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=90&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"5-6","from":27801.0,"to":27803.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Dice che il Sole ferivalo su\nl'omero<\/b> a dinotare ch'era in allora pi\u00f9 abbassato, e\nconseguentemente di pi\u00f9 lunga ombra reso il Sole, che non disselo\nin principio del canto precedente.  Specifica poi il destro<\/b>\nomero per far capire, che l'ombra del suo corpo doveva cadere\nsopra le vicine fiamme.  Imperocch\u00e8 se salito che fu al sommo\ndella scala che mette al presente girone, prese cammino alla\ndestra parte s\u00ec della strada che delle fiamme [Cant. prec. v. 110\ne segg.], ed il Sole abbassato ferivalo nel destro lato, doveva\nnecessariamente l'ombra del di lui corpo cadere sopra le vicine\nfiamme.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dice che il Sole ferivalo su l'omero<\/b> a dinotare ch'era in allora più abbassato, e conseguentemente di più lunga ombra reso il Sole, che non disselo in principio del canto precedente.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXV 2-3","NotaFonte":"","TestoFonte":"ché 'l sole avëa il cerchio di merigge
lasciato al Tauro e la notte a lo Scorpio:","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=59&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"4","from":25723.0,"to":25726.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Dicendo nell'Apocalisse san Giovanni, che i quattro da lui veduti\nanimali, habebant alas senas, et in circuitu, et intus plena\nsunt oculis<\/i> [Cap. 4], attribuisce perci\u00f2 Dante ai medesimi le\npenne piene d'occhi<\/b> — Argo<\/b>, pastore che fingono le favole\navesse cent'occhi — se fosser vivi<\/b>, per se fosse vivo<\/i><\/b> esso\nArgo — cotali<\/i><\/b>, per somiglianti.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dicendo nell'Apocalisse san Giovanni, che i quattro da lui veduti animali, habebant alas senas, et in circuitu, et intus plena sunt oculis<\/i> [Cap. 4], attribuisce perciò Dante ai medesimi le penne piene d'occhi<\/b><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","LuogoFonte":"IV 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et quattuor animalia singula eorum habebant alas senas, in circuitu et intus plenae sunt oculis","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"94-96","from":29473.0,"to":29483.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"},
{"Annotazione":"Dio.  Tu odii tutti gli operatori\nd'iniquit\u00e0<\/i>, Sal. V, 5.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Dio. Tu odii tutti gli operatori d'iniquità<\/i>, Sal. V, 5<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"5, 6","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 a Sal 5, 6, non a Sal 5, 5","TestoFonte":"Odisti omnes, qui operantur iniquitatem","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%205","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"16","from":1101.0,"to":1103.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"},
{"Annotazione":"Dir\u00e0 altrove che egli si smarr\u00ec\nsubito dopo la morte di Beatrice, che fu il 9 giugno del 1290,\nquando cio\u00e8, perduta colei che lo menava per diritto cammino, si\nlasci\u00f2 adescare da false immagini di bene, che gli fecero velo\nall'intelletto, lo addormentarono.  Ma qui giova tener presente\nanche quello di S. Agostino: somnus animae est oblivisci Deum.<\/i> \nNella selva infatti il sol tace<\/i> (v. 60), non c'\u00e8 la luce di\nDio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Ma qui giova tener presente\r\nanche quello di S. Agostino: somnus animae est oblivisci Deum.<\/i> \r\nNella selva infatti il sol tace<\/i> (v. 60), non c'è la luce di\r\nDio.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Enarrationes_in_psalmos","LuogoFonte":"62, 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"4.<\/b> [v 2.] Deus, Deus meus, ad te de luce vigilo.<\/i> Quid est vigilare? Utique non dormire. Quid est dormire? Est somnus animae, est somnus corporis. Somnum corporis omnes debemus habere; quia si non habeatur somnus corporis, deficit homo, deficit ipsum corpus. Non enim potest diu sustinere corpus nostrum fragile animam vigilantem et intentam in actionibus: si diu fuerit intenta anima in actionibus, corpus fragile et terrenum non illam capit, non illam sustinet perpetuo agentem; et deficit, et succumbit. Ideo Deus donavit somnum corpori, quo reparantur membra corporis, ut possint vigilantem animam sustinere. Illud autem cavere debemus, ne ipsa anima nostra dormiat; malus enim est somnus animae. Bonus somnus corporis, quo reparatur valetudo corporis. Somnus autem animae est oblivisci Deum suum. Quaecumque anima oblita fuerit Deum suum, dormit.","UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/esposizioni_salmi\/esposizione_salmo_079_testo.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"11-12","from":77.0,"to":90.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Distrutta Troia, Ecuba moglie\ndell'estinto Priamo Re Troiano condotta dai Greci in cattivit\u00e0\ninsieme con sua figliuola Polisena, vedendosi primieramente\nscannata la figlia in sacrificio sopra la tomba d'Achille, ed\nincontrandosi poscia sui Traci lidi nel cadavero dell'estinto suo\nfiglio Polidoro, latravit conata loqui<\/i> scrive Ovidio [Met.<\/i>\nXIII, 570].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Distrutta Troia, Ecuba <\/strong>moglie dell'estinto Priamo Re Troiano condotta dai Greci in cattività insieme con sua figliuola Polisena, vedendosi primieramente scannata la figlia in sacrificio sopra la tomba d'Achille, ed incontrandosi poscia sui Traci lidi nel cadavero dell'estinto suo figlio Polidoro, latravit conata loqui<\/i> scrive Ovidio [Met. <\/i>XIII, 570].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"XIII 569","NotaFonte":"Il riferimento corretto alle Metamorfosi di Ovidio in base alle edd. moderne \u00e8 XIII 569, non 570.","TestoFonte":"latravit, conata loqui: locus exstat et ex re","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:13.494-13.575","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"16-20","from":28881.0,"to":28882.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
{"Annotazione":"Donati, sorella di Forese, fattasi monaca\ncon assumersi il nome di Costanza, fu poscia per forza smonacata\n[Dello smonacamento di Piccarda vedi Paradiso III, 107 e della di\nlei parentela, e nomi vedi Cionacci Storia della B. Umiliana\npart. 4 cap. I].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Piccarda <\/strong>Donati, sorella di Forese, fattasi monaca con assumersi il nome di Costanza, fu poscia per forza smonacata [Dello smonacamento di Piccarda vedi Paradiso III, 107].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. III 107","NotaFonte":"","TestoFonte":"fuor mi rapiron de la dolce chiostra:","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=70&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"10","from":23648.0,"to":23649.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Donna di virt\u00f9 dee\nVirgilio in Beatrice appellare, non la persona di lei, ma la\nceleste sapienza, la teologia, di cui, come di sopra \u00e8 detto,\nella ne veste il carattere: ed \u00e8 certamente la cognizione delle\ndivine cose la donna<\/b>, la regina, di<\/b> [per delle<\/i> [Vedi\nCinonio Partic.<\/i> 80, 7]] virt\u00f9<\/i><\/b>, delle cognizioni, per le\nquali dicesi l'uom virtuoso<\/i><\/b>; \u00e8 la sola che forma il grande\npregio dell'uomo sopra ogni contento<\/b>, ogni cosa contenuta, da\nquel ciel, ch'ha minori i cerchi sui<\/b>, da quel cielo che ha pi\u00f9\nristretto giro degli altri, dal ciel lunare  — Contento<\/i><\/b> per\ncontenuto<\/i> non solamente l'adopera Dante qu\u00ec ed altrove pe 'l\nsuo poema [Par. II, 114], ma adoperanlo altri pure scrivendo in\nprosa [Vedi 'l Vocabolario della Cr.] ed \u00e8 preso dal Latino\nsupino del verbo contineo, es<\/i>  — sui<\/b> per suoi<\/i><\/b>, sincope\nimitante la maniera pur de' Latini, in grazia della rima —\nminor li cerchi sui<\/i>, leggono l'edizioni diverse dalla Nidob.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Contento<\/b> per contenuto<\/i> non solamente l'adopera Dante quì ed altrove pe 'l suo poema [Par. II, 114], ma adoperanlo altri pure scrivendo in prosa [Vedi 'l Vocabolario della Cr.] ed è preso dal Latino supino del verbo contineo, es <\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. II 114","NotaFonte":"Nella nota Lombardi rimanda al Vocabolario della Crusca: \r\nhttp:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=CONTENTO","TestoFonte":"l'esser di tutto suo contento giace","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=69&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76-78","from":1539.0,"to":1543.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Dovendo\nper questo nodo<\/b> intendersi le poco anzi nel profondo\ndell'eterna luce vedute in un volume da amore annodate sempiterne\nidee di ci\u00f2 che nell'universo si squaderna, e dovendosi per\nl'annodante amore<\/i> intendere Iddio stesso [secondo cio\u00e8 quel\nDeus caritas est<\/i> di s. Giovanni, gi\u00e0 riferito di sopra [Canto\nXXX della presente cantica v. 52]], consiegue che per La forma\nuniversal di questo nodo<\/i><\/b> debba intendersi la produttrice ed\nannodatrice delle stesse idee divina essenza; e non, come la\ncomune degli espositori chiosa, l'idea generale della mondana\nmacchina<\/i><\/b>: imperocch\u00e8 non pare che dalle idee di tutto ci\u00f2 che\nnell'universo si squaderna possa ragionevolmente l'idea generale\ndella mondana macchina<\/i> volersi esclusa, e tanto diversificata\nche potesse Dante delle altre idee con certezza dire vidi<\/b>, e di\nquesta solo conghietturarne la vista dal sentire che, favellando\ndi essa, gli si aggrandiva nel cuore quel godimento che ha detto\ndi sopra [Verso 61 e segg.], rimasto in lui per la quantunque\ndimenticata beata visione.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
dovendosi per l'annodante amore<\/i> intendere Iddio stesso [secondo cioè quel Deus caritas est<\/i> di s. Giovanni<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131101","LuogoFonte":"IV 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Qui non diligit, non cognovit Deum, quoniam Deus caritas est. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-i-ioannis_lt.html#4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"91-93","from":32993.0,"to":32999.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Prima lettera di Giovanni"},
{"Annotazione":"Dubito che non sia questo termine preso\ndal Francese ramon<\/i>, che scopa<\/i>, e rammoner<\/i> che scopare<\/i> e\nspazzare<\/i> significa; e che perci\u00f2 vaglia lo stesso che\nspazzamento<\/i> o purgazione.<\/i>  Gl'interpreti comunemente spiegano\nramogna<\/b> per viaggio<\/i><\/b> o proseguimento di viaggio.<\/i>  Se per\u00f2 la\nsi ha a credere voce Italiana, io, attesa la formazione di essa,\ndirei, che non semplicemente viaggio<\/i> significhi, ma viaggio\nramingo<\/i>; e che, come pellegrinaggio<\/i> appellasi il viaggio del\npellegrino, cos\u00ec ramogna<\/i><\/b> fosse detto il viaggio del ramingo. \nDa ramo<\/i><\/b>, come ne accenna Pier Crescenzio, fu da prima detto\nramingo<\/i> l'uccello che di nidio uscito, di ramo in ramo va\nseguitando la madre<\/i> [Agric.<\/i> lib. 10 c. 3]; e da ramo<\/i> pot\u00e8\npur dirsi ramogna<\/b> anche lo stesso errare ramingo.  E noi qu\u00ec nel\ntristo mondo, e quelli che nel Purgatorio ritrovansi, in\nconfronto di que' fortunati che gi\u00e0 hanno spiegato il volo alla\nceleste patria, siam proprio raminghi, non che pellegrini; e\ndobbiam bene saperne grado a chi ne prega buona<\/b>, cio\u00e8 breve ed\navventurata, ramogna.<\/b>\n\n\tLa stessa voce ramogna<\/b> citasi nel Vocabolario della Cr.\nadoperata da Fra Iacopo da Cessole nel trattato suo degli\nscacchi; e del verbo ramognare<\/i><\/b> fa menzione il Passavanti nello\nSpecchio della vera penitenza<\/i> [Tratt. della vanagloria<\/i>,\nnell'aggiunta al cap. 5.  Avverti per\u00f2 di guardare l'ediz. di\nFirenze 1725 pag. 230, imperocch\u00e8 altre ediz. trovo\ndell'accennata voce mancanti]: quanto per\u00f2 a me sembra, senza\nfruttarne maggior certezza di significato.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Da ramo<\/i>, come ne accenna Pier Crescenzio, fu da prima detto ramingo<\/i> l'uccello che di nidio uscito, di ramo in ramo va seguitando la madre<\/i> [Agric.<\/i> lib. 10 c. 3]; e da ramo<\/i> potè pur dirsi ramogna<\/b> anche lo stesso errare ramingo.  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1933377","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/trattato-della-agricoltura","LuogoFonte":"X 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quello che di nidio uscito, di ramo in ramo, va seguitando la madre, e si chiama ramingo.","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/trattatodellaag00sorigoog\/page\/n222\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25","from":10290.0,"to":10291.0,"NomeAutore":"Pietro de' Crescenzi","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Due errori, uno\nin conseguenza dell'altro, commettono qu\u00ec, a mio giudizio, tutti\ngli espositori.  Il primo \u00e8 d'intendere, che si smarrisse Dante\nin cotesta selvosa valle nel mezzo del cammin di nostra vita<\/i>,\ncio\u00e8 [come a suo luogo \u00e8 detto] in et\u00e0 d'anni trentacinque. \nL'altro \u00e8 di conseguentemente spiegare, che per la non piena et\u00e0\nne indichi il Poeta il medesimo mezzo di nostra vita.<\/i> \nInnanzi<\/i> [ecco il Daniello, da cui non sembrano discordi gli\naltri spositori] che l'et\u00e0 sua fosse piena; perch\u00e8 disse, che vi\nsi smarr\u00ec nel mezzo del cammin della sua vita.<\/i>\n\n\tNon hanno cio\u00e8 essi avvertito ch'era Dante nel mezzo del\ncammin di nostra vita<\/i>, d'anni trentacinque, mentr'era\nnell'Inferno e parlava con ser Brunetto; e che, dicendo Avanti\nche l'et\u00e0 mia fosse piena<\/b>, mostra evidentemente che fosse,\nmentre cos\u00ec parlava, a cotale pienezza di et\u00e0 pervenuto: come ben\nmostrerebbe d'esser vecchio chi parlando dicesse, avanti che mi\nsopravvenisse la vecchiaia.<\/i><\/b>\n\n\tD'uopo adunque \u00e8 distingere l'et\u00e0 nella quale si smarr\u00ec\nDante sonnacchioso [Inf. I, 11] nella selvosa valle, dalla et\u00e0\nin cui, come dal sonno risvegliato, trovossi nella valle\nsmarrito.  Qu\u00ec parla dell'et\u00e0 in cui si smarr\u00ec; e nel principio\ndel poema dice l'et\u00e0 in cui si riconobbe smarrito: et\u00e0 che,\nperch\u00e8 appunto nel mezzo di nostra vita<\/i>, \u00e8 la pi\u00f9 compiuta di\nforze, e quasi lume di Luna in mezzo al di lei periodo, perci\u00f2\nintende essere la piena<\/i><\/b> e pi\u00f9 perfetta.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
D'uopo adunque è distingere l'età nella quale si smarrì Dante sonnacchioso [Inf. I, 11] nella selvosa valle, dalla età in cui, come dal sonno risvegliato, trovossi nella valle smarrito.  Quì parla dell'età in cui si smarrì; e nel principio del poema dice l'età in cui si riconobbe smarrito: età che, perchè appunto nel mezzo di nostra vita<\/i>, è la più compiuta di forze, e quasi lume di Luna in mezzo al di lei periodo, perciò intende essere la piena<\/b> e più perfetta.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 11","NotaFonte":"","TestoFonte":"tant'era pien di sonno a quel punto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"51","from":13934.0,"to":13941.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Due esempi di celerit\u00e0 a\nredarguzione e stimolo degli accidiosi: uno sacro di Maria\nVergine, che portandosi a visitar sua cognata santa Elisabetta\nabiit in montana cum festinatione<\/i> [Lucae.<\/i> I v. 39]: l'altro\nprofano di Giulio Cesare, che con grandissima celerit\u00e0, com'egli\nmedesimo nel primo libro de' comentari suoi descrive, partito da\nRoma and\u00f2 a Marsilia, citt\u00e0 a lui nemica; e quella pungendo<\/i>,\ncio\u00e8 lasciando da Bruto con parte dell'esercito assediata, corse\negli in Ispagna, ove super\u00f2 Affranio, Petreio, ed un figliuolo di\nPompeo, e soggiog\u00f2 Ilerda [oggi Lerida] citt\u00e0 famosa di quella\nprovincia.  — suggiugare<\/b> legge l'edizione della Crusca e le\nseguaci edizioni.\n\n\tPe 'l primo sacro esempio il Landino e 'l Vellutello\nintendono la fuga di Maria Vergine in Egitto: ma troppo le recate\nparole del sacro testo ne dimostrano il torto.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Maria Vergine [...] portandosi a visitar sua cognata santa Elisabetta abiit in montana cum festinatione<\/i> [Lucae.<\/i> I v. 39]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","LuogoFonte":"I 39","NotaFonte":"","TestoFonte":"Exsurgens autem Maria in diebus illis abiit in montana cum festinatione in civitatem Iudae ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"100-102","from":18159.0,"to":18161.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"},
{"Annotazione":"Due voci significanti egualmente\nadesso<\/i>: la prima propria de' Toscani, la seconda de' Lombardi\n(C. XXVII, 21); sebbene l'una e l'altra usate anche altrove.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"mo ed issa<\/strong>. Due voci significanti egualmente adesso<\/i>: la prima propria de' Toscani, la seconda de' Lombardi (C. XXVII, 21); sebbene l'una e l'altra usate anche altrove.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVII, 21","NotaFonte":"","TestoFonte":"dicendo \"Istra ten va, più non t'adizzo\"","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=27&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":21453.0,"to":21461.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"E bench\u00e8 Virgilio si fosse\nrivolto a me con quelle parole, tuttavia io non lasciai d'andar\nparlando con Brunetto.  — Pi\u00f9 noti e pi\u00f9 sommi<\/b>: degli altri\nDante non aveva motivo d'occuparsene: dalla gente inetta e\nfannullona non c'\u00e8 mai nulla da apprendere; e Virgilio fin dal\nbel principio gliel fece intendere (Inf.<\/i>, III, 51), a proposito\ndei vili:\n\n     Non ragioniam di lor, ma guarda e passa.\n\nIn tutti e tre i Regni del suo viaggio il Poeta parler\u00e0 solo con\nanime di fama nate<\/i>, e il perch\u00e8 glielo rende Cacciaguida\n(Par.<\/i>, XVII, 139-142):\n\n     Ch\u00e8 l'animo di quel ch'ode non posa, \n     N\u00e8 ferma fede per esemplo ch'aia\n     La sua radice incognita e nascosa, \n     N\u00e8 per altro argomento che non paia.\n\nE qui opportunamente il Giuliani (Op. Lat. di D. All.<\/i>, vol. II, \np. 203): «La Commedia<\/i>, se dall'una parte sembra pigliar forma\ndi un trattato<\/i> poetico degli umani vizi e virt\u00f9 e de'\nconseguenti premi e castighi, dall'altra appare una Storia\nragionata<\/i> di que' uomini famosi che nella varia vicenda della\nvita e dello stato diverso in cui si mostrano dopo la morte, ne\nammaestrano a dispogliarci de' vizi, a rivestire le virt\u00f9 e farci\ndegni di quella felicit\u00e0 che qui s'inizia per terminare nel\nSecolo immortale.»  Si osservi altra consimile domanda, e\nconsimile risposta nell'Inf.<\/i>, X, 115-120.  — Il Lombardi:\n<Noti<\/i><\/b> per grido di fama, sommi<\/b> per grado di dignit\u00e0.»  Pi\u00f9\nsommi<\/b>: ad aggettivi superlativi \u00e8 propriet\u00e0 di nostra lingua\naccoppiare un termine comparativo: e cos\u00ec, alla maniera de'\nLatini, molto benissimo, molto ricchissimo<\/i><\/b>, troviamo detto da'\nnostri classici.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Più noti e più sommi<\/b>: degli altri Dante non aveva motivo d'occuparsene: dalla gente inetta e fannullona non c'è mai nulla da apprendere; e Virgilio fin dal bel principio gliel fece intendere (Inf.<\/i>, III, 51), a proposito dei vili: Non ragioniam di lor, ma guarda e passa. In tutti e tre i Regni del suo viaggio il Poeta parlerà solo con anime di fama nate<\/i>, e il perchè glielo rende Cacciaguida (Par.<\/i>, XVII, 139-142): Chè l'animo di quel ch'ode non posa, Nè ferma fede per esemplo ch'aia La sua radice incognita e nascosa, Nè per altro argomento che non paia.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III, 51","NotaFonte":"","TestoFonte":"non ragioniam di lor, ma guarda e passa","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100-102","from":14297.0,"to":14300.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"E prima ch'io\nfossi arrivato nel comporre la mia Tebaide, a quel passo, dove\ndescrivo, come i Greci sotto Adrasto loro Re vennero in soccorso\ndi Polinice, e come giunsero a Ismeno, e Asopo fiumi di Tebe. \nCos\u00ec 'l Venturi seguendo il Landino e Vellutello.  Ci\u00f2 essendo\ndovrebbe intendersi come se detto avesse, prima che giugnessi a\ncomporre il nono libro della Tebaide<\/i>; nel qual libro descrive\nStazio i danni sofferti dal Greco esercito nel passaggio dei due\ndetti fiumi.  Ma dubito che non sia questo il senso; ma che\npiuttosto i fiumi di Tebe<\/b> ponendo per sineddoche in vece di\nTebe stessa, voglia dire, prima ch'io conducessi i Greci a\nTebe<\/i><\/b>; che varrebbe poi poi quanto, prima ch'io componessi la\nTebaide.<\/i>  — Chiuso<\/i><\/b>, occulto.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
E prima ch'io fossi arrivato nel comporre la mia Tebaide<\/em>, a quel passo, dove descrivo, come i Greci sotto Adrasto loro Re vennero in soccorso di Polinice, e come giunsero a Ismeno, e Asopo fiumi di Tebe.  Così 'l Venturi seguendo il Landino e Vellutello.  Ciò essendo dovrebbe intendersi come se detto avesse, prima che giugnessi a  comporre il nono libro della Tebaide<\/i>; nel qual libro descrive Stazio i danni sofferti dal Greco esercito nel passaggio dei due detti fiumi.  Ma dubito che non sia questo il senso; ma che piuttosto i fiumi di Tebe<\/b> ponendo per sineddoche in vece di Tebe stessa, voglia dire, prima ch'io conducessi i Greci a Tebe<\/i>; che varrebbe poi poi quanto, prima ch'io componessi la Tebaide.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q243203","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2708117","LuogoFonte":"IX 1-907","NotaFonte":"","TestoFonte":"Asperat Aonios rabies audita cruenti 
Tydeos; ipsi etiam minus ingemuere iacentem
Inachidae, culpantque virum et rupisse queruntur
fas odii; quin te, divum implacidissime, quamquam
praecipuum tunc caedis opus, Gradive, furebas,
offensum virtute ferunt, nec comminus ipsum
ora, sed et trepidos alio torsisse iugales,
ergo profanatum Melanippi funus acerbo
volnere non aliis ultum Cadmeia pubes
insurgunt stimulis, quam si turbata sepulcris
ossa patrum monstrisque datae crudelibus urnae,
accendit rex ipse super: ‘quisquamne Pelasgis
mitis adhuc hominemque gerit? iam morsibus uncis —
pro furor! usque adeo tela exsatiavimus! — artus
dilacerant. nonne Hyrcanis bellare putatis
tigribus, aut saevos Libyae contra ire leones?
et nunc ille iacet — pulchra o solacia leti! —
ore tenens hostile caput, dulcique nefandus
immoritur tabo; nos ferrum immite 9 facesque,
illis nuda odia, et feritas iam non eget armis.
sic pergant rabidi claraque hac laude 10 fruantur,
dum videas haec, summepater. sed enim hiscere campos
conquesti terraeque fugam mirantur; an istos
vel sua portet humus?’ magno sic fatus agebat
procursu fremituque viros, furor omnibus idem
Tydeos invisi spoliis raptoque potiri
corpore, non aliter subtexunt astra catervae
incestarum avium, longe quibus aura nocentem
aera desertasque tulit sine funere mortes;
illo avidae cum voce ruunt, sonat arduus aether
plausibus, et caelo volucres cessere minores.
Fama per Aonium rapido vaga murmure campum
spargitur in turmas, solito pernicior index
cum lugenda refert, donec, cui maxima fando
damna vehit, trepidas lapsa est Polynicis ad aures.
deriguit iuvenis lacrimaeque haesere paratae,
et cunctata fides; nimium nam cognita virtus
Oenidae credi letum suadetque vetatque.
sed postquam haud dubio clades auctore reperta est,
nox oculos mentemque rapit; tum sanguine fixo
membra simul, simul arma ruunt: madet ardua fletu
iam galea atque ocreae clipeum excepere cadentem.
it maestus genua aegra trahens hastamque sequentem,
vulneribus ceu mille gravis totosque per artus
saucius, absistunt socii monstrantque gementes.
tandem ille abiectis, vix quae portaverat, armis
nudus in egregii vacuum iam corpus amici
procidit et tali lacrimas cum voce profudit:
‘hasne tibi, armorum spes o suprema meorum,
Oenide, grates, haec praemia digna rependi,
nudus ut invisa Cadmi tellure iaceres
sospite me? nunc exsul ego aeternumque fugatus,
quando alius misero ac melior mihi frater ademptus.
nec iam sortitus veteres regnique nocentis
periurum diadema peto: quo gaudia tanti
empta mihi aut sceptrum, quod non tua dextera tradet?
ite, viri, solumque fero me linquite fratri:
nil opus arma ultra temptare et perdere mortes;
ite, precor; quid iam dabitis mihi denique maius?
Tydea consumpsi! quanam hoc ego morte piabo?
o socer, o Argi! et primae bona iurgia noctis,
alternaeque manus et longi pignus amoris
ira brevis; non me ense tuo tunc, maxime Tydeu,
— et poteras — nostri mactatum in limine Adrasti!
quin etiam Thebas me propter et impia fratris
tecta libens, unde haud alius remeasset, adisti,
ceu tibimet sceptra et proprios laturus honores,
iam Telamona pium, iam Thesea fama tacebat —
qualis et ecce iaces! quae primum vulnera mirer?
quis tuus hic, quis ab hoste cruor? quae te agmina quive
innumeri stravere globi? num fallor, et ipse
invidit pater et tota Mars impulit hasta?’
sic ait, et maerens etiamnum lubrica tabo
ora viri terget lacrimis dextraque reponit.
‘tune meos hostes hucusque exosus, et ultra
sospes ego?’ exuerat vagina turbidus ensem
aptabatque neci: comites tenuere, socerque
castigat bellique vices ac fata revolvens
solatur tumidum, longeque a corpore caro
paulatim, unde dolor letique animosa voluntas,
amovet ac tacite ferrum inter verba reponit.
ducitur amisso qualis consorte laborum
deserit inceptum media inter iugera sulcum
taurus iners colloque iugum deforme remisso
parte trahit, partem lacrimans sustentat arator.
Ecce autem hortatus Eteoclis et arma secuti,
lecta manus, iuvenes, quos nec Tritonia bello,
nec prope conlata sprevisset cuspide Mavors,
adventant; contra conlecta ut pectora parmae
90fixerat atque hastam longe protenderat, haeret
arduus Hippomedon: ceu fluctibus obvia rupes,
cui neque de caelo metus et fracta aequora cedunt,
stat cunctis immota minis, fugit ipse rigentem
pontus et ex alto miserae novere carinae.
tunc prior Aonides — validam simul eligit hastam —
‘non pudet hos manes, haec infirmantia bellum
funera dis coram et caelo inspectante tueri?
scilicet egregius sudor memorandaque virtus
hanc tumulare feram, ne non maerentibus Argos
exsequiis lacrimandus eat mollique feretro
infandam eiectans saniem! dimittite curam;
nullae illum volucres, nulla impia monstra nec ipse,
si demus, pius ignis edat.’ nec plura, sed ingens
intorquet iaculum, duro quod in aere moratum
transmissumque tamen clipei stetit orbe secundo,
inde Pheres acerque Lycus; sed cassa Pheretis
hasta redit, Lycus excelso terrore comantem
perstringit galeam; convulsae cuspide longe
diffugere iubae patuitque ingloria cassis,
ipse nec ire retro, nec in obvia concitus arma
exsilit, inque eadem sese vestigia semper
obversus cunctis profert recipitque, nec umquam
longius indulget dextrae motusque per omnes
corpus amat, corpus servans circumque supraque
vertitur, imbellem non sic amplexa iuvencum
infestante lupo tunc primum feta tuetur
mater et ancipiti circumfert cornua gyro;
ipsa nihil metuens sexusque oblita minoris
spumat et ingentes imitatur femina tauros,
tandem intermissa iaculantum nube potestas
reddere tela fuit; iamque et Sicyonius Alcon
venerat auxilio, Pisaeaque praepetis Idae
turma subit cuneumque replent, his laetus in hostes
Lernaeam iacit ipse trabem, volat illa sagittis
aequa fuga mediumque nihil cunctata Politen
transabit et iuncti clipeum cavat improba Mopsi.
Phocea tum Cydona Tanagraeumque Phalanthum
atque Erycem, hunc retro conversum et tela petentem,
dum spes nulla necis, crinito a vertice figit;
faucibus ille cavis hastam non ore receptam
miratur moriens, pariterque et murmure plenus
sanguis et expulsi salierunt cuspide dentes,
ausus erat furto dextram eiectare 23 Leonteus,
pone viros atque arma latens, positumque trahebat
prenso crine caput: vidit, quamquam undique crebrae,
Hippomedon, ante ora minae, saevoque protervam
abstulit ense manum; simul increpat: ‘hanc tibi Tydeus,
Tydeus ipse rapit; post et confecta virorum
fata time magnosque miser fuge tangere manes!’
ter Cadmea phalanx torvum abduxere cadaver,
ter retrahunt Danai: Siculi velut anxia puppis
seditione maris nequiquam obstante magistro
errat et averso redit in vestigia velo.
Non ibi Sidoniac valuissent pellere coepto
Hippomedonta manus, non illum impacta moverent
tormenta oppositum, formidatique superbis
turribus impulsus temptato umbone redissent.
sed memor Elysii regis noxasque recensens
Tydeos in medios astu subit impia campos
Tisiphone: sensere acies subitusque cucurrit
sudor equis sudorque viris, quamquam ore remisso
Inachium Angebat Halyn; nusquam impius ignis
verberaque, et iussi tenuere silentia crines,
arma gerit iuxtaque feri latus Hippomedontis
blanda genas vocemque venit, tamen ille loquentis
extimuit vultus admiraturque timorem.
illa autem lacrimans ‘tu nunc’ ait, ‘inclyte, frustra
exanimes socios inhumataque corpora Graium —
scilicet is nobis metus, aut iam cura sepulcri? —
protegis; ipse manu Tyria tibi captus Adrastus
raptatur, teque ante alios, te voce manuque
invocat; heu qualem lapsare in sanguine vidi,
exutum canos lacero diademate crines!
nec procul hinc, adverte oculos; ubi plurimus ille
pulvis, ubi ille globus.’ paulum stetit anxius heros
librabatque metus; premit aspera virgo: ‘quid haeres?
imus? an hi retinent manes, et vilior ille
qui superest?’ miserum sociis opus et sua mandat
proelia et unanimi vadit desertor amici,
respiciens tamen et revocent si forte paratus.
inde legens turbata trucis vestigia divae
huc illuc frustra ruit avius, impia donec
Eumenis ex oculis reiecta caerula parma
fugit et innumeri galeam rupere cerastae.
aspicit infelix discussa nube quietos
Inachidas currumque nihil metuentis Adrasti.
Et Tyrii iam corpus habent, iam gaudia magnae
testantur voces, victorque ululatus aderrat
auribus occultoque ferit praecordia luctu,
ducitur hostili — pro dura potentia fati! —
Tydeus ille solo, modo cui Thebana sequenti
agmina, sive gradus seu frena effunderet, ingens
limes utrimque datus; numquam arma manusque quiescunt,
nulla viri feritas: iuvat ora rigentia leto
et formidatos impune lacessere vultus.
hic amor, hoc una timidi fortesque sequuntur
nobilitare manus, infectaque sanguine tela
coniugibus servant parvisque ostendere natis,
sic ubi Maura diu populatum rura leonem,
quem propter clausique greges vigilantque magistri,
pastorum lassae debellavere cohortes:
gaudet ager, magno subeunt clamore coloni,
praecerpuntque iubas immaniaque ora recludunt
damnaque commemorant, seu iam sub culmine fixus
excubat, antiquo seu pendet gloria luco.
At ferus Hippomedon quamquam iam sentit inane
auxilium et seram rapto pro corpore pugnam,
it tamen et caecum rotat inrevocabilis ensem,
vix socios hostesque, nihil dum tardet euntem,
secernens; sed caede nova iam lubrica tellus
armaque seminecesque viri currusque soluti25
impediunt laevumque femur, quod cuspide fixum
regis Echionii, sed dissimulaverat ardens,
sive ibi nescierat. maestum videt Hoplea tandem;
Tydeos hic magni fidus comes et modo frustra
armiger alipedem prona cervice tenebat
fatorum ignarum domini solumque frementem,
quod vacet inque acies audentior ille pedestres,
hunc aspernantem tumido nova pondera tergo —
unam quippe manum domitis expertus ab annis —
corripit adfaturque: ‘quid o nova fata recusas,
infelix sonipes? numquam tibi dulce superbi
regis onus; non iam Aetolo satiabere campo
gaudentemque iubam per stagna Acheloia solves,
quod superest, caros, i, saltem ulciscere manes
aut sequere, extorrem ne tu quoque laeseris umbram
captivus tumidumque equitem post Tydea portes.’
audisse accensumque putes: hoc fulmine raptum
abstulit et similes minus indignatur habenas.
semifer aeria talis Centaurus ab Ossa
desilit in valles, ipsum nemora alta tremiscunt,
campus equum, trepidi cursu glomerantur anhelo
Labdacidae, premit ille super, necopinaque ferro
colla metens linquit truncos post terga cadentes.
ventum erat ad fluvium; solito tunc plenior alveo
— signa mali — magna se mole Ismenos agebat.
illa brevis requies, illo timida agmina lassam
de campis egere fugam; stupet hospita belli
unda viros claraque armorum incenditur umbra,
insiluere vadis, magnoque fragore solutus
agger et adversae latuerunt pulvere ripae,
ille quoque hostiles saltu maiore per undas
inruit attonitis — longum dimittere habenas —
sicut erat, tantum viridi defixa parumper
caespite populeo commendat spicula trunco.
tunc vero exanimes tradunt rapientibus ultro
arma vadis: alii demissa casside, quantum
tendere conatus animae valuere sub undis, [p. 270]
turpe latent; multi fluvium transmittere nando
adgressi, sed vincla tenent laterique repugnat
balteus et madidus deducit pectora thorax,
qualis caeruleis tumido sub gurgite terror
piscibus, arcani quotiens devexa profundi
scrutantem delphina vident; fugit omnis in imos
turba lacus viridesque metu stipantur in algas;
nec prius emersi, quam summa per aequora flexus
emicet et visis malit certare carinis:
talis agit sparsos mediisque in fluctibus heros
frena manu pariter, pariter regit arma, pedum quem
remigio sustentat equus2; consuetaque campo
fluctuat et mersas levis ungula quaerit harenas.
sternit Iona Chromis, Chromin Antiphos, Antiphon Hypseus,
Hypseus Astyagen evasurumque relicto
amne Linum, ni fata vetent et stamine primo
ablatum tellure mori. premit agmina Thebes
Hippomedon, turbat Danaos Asopius Hypseus:
amnis utrimque timet, crasso vada mutat uterque
sanguine, et e fluvio neutri fatale reverti,
iam laceri pronis volvuntur cursibus artus
oraque et abscisae redeunt in pectora dextrae,
spicula iam clipeosque leves arcusque remissos
unda vehit, galeasque vetant descendere cristae:
summa vagis late sternuntur flumina telis,
ima viris; illic luctantur corpora leto,
efflantesque animas retro premit obvius amnis.
Flumineam rapiente vado puer Argipus ulmum
prenderat, insignes umeros ferus ense Menoeceus
amputat; ille cadens, nondum conamine adempto,
truncus in excelsis spectat sua bracchia ramis.
Hypseos hasta Tagen ingenti vulnere mersit,
ille manet fundo, rediit pro corpore sanguis,
desiluit ripis fratrem rapturus Agenor
heu! miser et tenuit, sed saucius ille levantem
degravat amplexu: poterat resolutus Agenor
emersisse vadis, piguit sine fratre reverti.
surgentem dextra Capetum vulnusque minantem
sorbebat rapidus nodato 32 gurgite vertex;
iam voltu, iam crine latet, iam dextera nusquam,
ultimus abreptas ensis descendit in undas,
mille modis leti miseros mors una fatigat.
induit a tergo Mycalesia cuspis Agyrten;
respexit: nusquam auctor erat, sed concita tractu
gurgitis effugiens invenerat hasta cruorem.
Figitur et validos sonipes Aetolus in armos,
exsiluitque alte vi mortis et aera pendens
verberat; haud tamen est turbatus fulmine ductor,
sed miseratur equum, magnoque ex volnere telum
exuit ipse gemens et sponte remisit habenas.
inde pedes repetit pugnas gressuque manuque
certior, et segnem Nomium fortemque Mimanta
Thisbaeumque Lichan Anthedoniumque Lycetum 34 35 [p. 274]
continuat ferro geminasque e fratribus unum
Thespiaden; eadem poscenti fata Panemo:
‘vive superstes’ ait, ‘diraeque ad moenia Thebes
295solus abi, miseros non decepture parentes.
di bene, quod pugnas rapidum deiecit in amnem
sanguinea Bellona manu: trahit unda timentes
gurgite gentili, nuda nee flebilis umbra
stridebit vestros Tydeus inhumatus ad ignes;
ibitis aequoreis crudelia pabula monstris,
illum terra vehit suaque in primordia solvet.’
sic premit adversos et acerbat vulnera dictis
ac nunc ense furit, nunc tela natantia captans
ingerit: innuptae comitem Therona Dianae,
ruricolamque Gyen cum fluetivago Ergino,
intonsumque Hersen contemptoremque profundi
Crethea, nimbosam qui saepe Caphereos arcem
Euboicasque hiemes parva transfugerat alno.
quid non fata queant? traiectus pectora ferro
volvitur in fluctus, heu cuius naufragus undae!
te quoque sublimi tranantem flumina curru,
dum socios, Pharsale, petis, resupinat ademptis
Dorica cuspis equis; illos violentia saevi
gurgitis infelixque iugi concordia mergit.
Nune age, quis tumidis magnum inclinarit in undis
Hippomedonta labor, cur ipse excitus in arma
Ismenos, doctae nosse indulgete sorores:
vestrum opus ire retro et senium depellere famae,
gaudebat Fauno Nymphaque Ismenide natus
maternis bellare tener Crenaeus in undis,
Crenaeus, cui prima dies in gurgite fido
et natale vadum et virides cunabula ripae,
ergo ratus nihil Elysias ibi posse Sorores,
laetus adulantem nunc hoc, nunc margine ab illo
transit avum: levat unda gradus, seu defluus ille,
sive obliquus eat; nec cum subit obvius, ullas
stagna dedere moras pariterque revertitur amnis,
non Anthedonii tegit hospitis inguina pontus
blandior, aestivo nec se magis aequore Triton
exserit, aut carae festinus ad oscula matris
cum remeat tardumque ferit delphina Palaemon.
arma decent umeros, clipeusque insignis et auro
lucidus Aoniae caelatur origine gentis.
Sidonis hic blandi per candida terga iuvenci,
iam secura maris, teneris iam cornua palmis
non tenet, extremis adludunt aequora plantis;
ire putes clipeo fluctusque secare iuvencum.
adiuvat unda fidem pelago nec discolor amnis,
tunc audax pariter telis et voce proterva
Hippomedonta petit: ‘non haec fecunda veneno
Lerna. nec Herculeis haustae serpentibus undae:
sacrum amnem, sacrum — et miser experiere! — deumque
altrices inrumpis aquas.’ nihil ille, sed ibat
comminus; opposuit cumulo se densior amnis
tardavitque manum, vulnus tamen illa retentum
pertulit atque animae tota in penetralia sedit. 
horruit unda nefas, silvae flevistis utraeque,
et. graviora cavae sonuerunt murmura ripae.
ultimus ille sonus moribundo emersit ab ore:
‘mater!’ in hanc miseri ceciderunt flumina vocem.
At genetrix coetu glaucarum cincta sororum
protinus icta malo vitrea de valle solutis
exsiluit furibunda comis, ac verbere crebro
oraque pectoraque et viridem scidit horrida vestem,
utque erupit aquis iterumque iterumque trementi
ingeminat ‘Crenaee’ sono: nusquam ille, sed index
desuper, a miserae nimium noscenda parenti,
parma natat; iacet ipse procul, qua mixta supremum
Ismenon primi mutant confinia ponti,
fluctivagam sic saepe domum madidosque penates
Alcyone deserta gemit, cum pignora saevus
Auster et algentes rapuit Thetis invida nidos,
mergitur orba iterum, penitusque occulta sub undis
limite non uno, liquidum qua subter eunti
lucet iter, miseri nequaquam funera nati
vestigat, plangitque tamen; saepe horridus amnis
obstat, et obducto caligant sanguine visus,
illa tamen praeceps in tela offendit et enses
scrutaturque manu galeas et prona reclinat
corpora; nec ponto submota intrabat amaram
Dorida, possessum donec iam fluctibus altis
Nereidum miserata cohors ad pectora matris
impulit, illa manu ceu vivum amplexa reportat
insternitque toris riparum atque umida siccat
mollibus ora comis, atque haec ululatibus addit:
‘ hoc tibi semidei munus tribuere parentes
nee mortalis avus? sic nostro in gurgite regnas?
mitior haec misero discors alienaque tellus,36
mitior unda maris, quae iuxta flumina corpus
rettulit et miseram visa exspectasse parentem.
hine mei vultus? haec torvi lumina patris?
hi crines undantis avi? tu nobile quondam
undarum nemorumque decus, quo sospite maior
diva et Nympharum longe regina ferebar.
heu ubinam ille frequens modo circa limina matris
ambitus orantesque tibi servire Napaeae?
cur nunc te, melius saevo mansure profundo,
amplexu misero tumulis, Crenaee, reporto
non mihi? nec tantae pudet heu miseretque ruinae,
dure parens? quae te alta et ineluctabilis imo
condidit amne palus, quo nec iam cruda nepotis
funera, nec nostri valeant perrumpere planctus?
ecce furit iactatque tuo se in gurgite maior
Hippomedon, illum ripaeque undaeque tremiscunt,
illius impulsu nostrum bibit unda cruorem:
tu piger et trucibus facilis servire Pelasgis.
ad cineres saltem supremaque iusta tuorum,
saeve, veni, non hic solum accensure nepotem.’
his miscet planctus multumque indigna cruentat
pectora, caeruleae referunt lamenta sorores:
qualiter Isthmiaco nondum Nereida portu
Leucothean planxisse ferunt, dum pectore anhelo
frigidus in matrem saevum mare respuit infans.
At pater arcano residens Ismenos in antro,
unde aurae nubesque bibunt atque imbrifer arcus
pascitur et Tyrios melior venit annus in agros,
ut lamenta procul, quamquam obstrepit ipse, novos-que
accepit natae gemitus, levat aspera musco
colla gravemque gelu crinem, ceciditque soluta
pinus adulta manu dimissaque volvitur urna.
illum per ripas annoso scrupea limo
ora exsertantem silvae fluviique minores
mirantur: tantus tumido de gurgite surgit,
spumosum attollens apicem lapsuque sonoro
pectora caerulcae rivis manantia barbae.
obvia cognatos gemitus casumque nepotis
Nympharum docet una patrem monstratque cruentum
auctorem dextramque premit: stetit arduus alto
amne, manuque genas et nexa virentibus ulvis
cornua concutiens sic turbidus ore profundo
incipit: ‘huncne mihi, superum regnator, honorem,
quod totiens hospesque tuis et conscius actis —
nec memorare timor — falsa nunc improba fronte
cornua, nunc vetitam currus deiungere Phoeben,
dotalesque rogos deceptaque fulmina vidi
praecipuosque alui natorum? an vilis et illis
gratia? ad hunc certe repsit Tirynthius amnem,
hac tibi flagrantem Bromium restinximus unda. 
aspice, quas fluvio caedes, quae funera portem,
continuus telis alioque adopertus acervo.
omne vadum belli series tenet, omnis anhelat
unda nefas, subterque animae supraque recentes
errant et geminas iungunt caligine ripas.
ille ego clamatus sacris ululatibus amnis,
qui molles thyrsos Baccheaque cornua puro
fonte lavare feror, stipatus caedibus artas
in freta quaero vias; non Strymonos impia tanto
stagna cruore natant, non spumifer altius Hebrus
Gradivo bellante rubet, nee te admonet altrix
unda tuasque manus, iam pridem oblite parentum
Liber? an Eous melius pacatur Hydaspes?
at tu, qui tumidus spoliis et sanguine gaudes
insontis pueri, non hoc ex amne potentem
Inachon aut saevas victor revehere Mycenas,
ni mortalis ego et tibi ductus ab aethere sanguis.’
Sic ait infrendens et sponte furentibus undis
signa dedit: mittit gelidus montana Cithaeron
auxilia antiquasque nives et pabula brumae
ire iubet; frater tacitas Asopos eunti
conciliat vires et hiulcis flumina venis
suggerit. ipse cavae scrutatur viscera terrae
stagnaque torpentesque lacus pigrasque paludes
excutit, atque avidos tollens ad sidera voltus
umentes nebulas exhaurit et aera siccat.
iamque super ripas utroque exstantior ibat
aggere, iam medium modo qui superaverat amnem 
Hippomedon intactus aquis umerosque manusque,
miratur crevisse vadum seseque minorem,
hinc atque hinc tumidi fluctus animosaque surgit
tempestas instar pelagi, cum Pliadas haurit
aut nigrum trepidis impingit Oriona nautis,
non secus aequoreo iactat Teumesius amnis 40
Hippomedonta salo, semperque umbone sinistro
tollitur et clipeum nigrante supervenit aestu
spumeus adsultans, fractaque refunditur unda
et cumulo maiore redit; nec mole liquenti
contentus carpit putres servantia ripas
arbusta annosasque trabes eiectaque fundo
saxa rotat, stat pugna impar amnisque virique,
indignante deo; nec enim dat terga nec ullis
frangitur ille minis, venientesque obvius undas
intrat et obiecta dispellit flumina parma,
stant terra fugiente gradus, et poplite tenso
lubrica saxa tenet, genibusque obnixus et haerens
subruta fallaci servat vestigia limo,
sic etiam increpitans: ‘unde haec, Ismene, repente
ira tibi? quove has traxisti gurgite vires,
imbelli famulate deo solumque cruorem
femineis experte choris, cum Bacchica mugit
buxus et insanae maculant trieterida matres?’
dixerat; atque illi sese deus obtulit ultro
turbidus imbre genas et nube natantis harenae,
nec saevit dictis, trunca sed pectora quercu
ter quater oppositi, quantum ira deusque valebat,
impulit adsurgens: tandem vestigia flexit
excussumque manu tegimen, conversaque lente
terga refert, instant undae sequiturque labantem
amnis ovans; nec non saxis et grandine ferri
desuper infestant Tyrii geminoque repellunt
aggere, quid faciat bellis obsessus et undis?
nec fuga iam misero, nec magnae copia mortis.
Stabat gramineae producta crepidine ripae
undarum ac terrae dubio, sed amicior undis,
fraxinus ingentique vadum possederat umbra,
huius opem — nam qua terras invaderet? — unca
arripuit dextra: nec pertulit illa trahentem;
sed maiore super, quam stabat, pondere victa
solvitur, et qua stagna subit radice quibusque
arentem mordebat humum, demissa superne
iniecit sese trepido ripamque, nec ultra
passa virum subitae vallavit ponte ruinae,
huc undae coeunt, et ineluctabile caeno
verticibusque cavis sidit crescitque barathrum,
iamque umeros, iam colla ducis sinuosa vorago
circuit: hic demum victus suprema fateri
exclamat: ‘fluvione — pudet! — Mars inclyte, merges
hanc animam, segnesque lacus et stagna subibo
ceu pecoris custos, subiti torrentis iniquis
interceptus aquis? adeone occumbere ferro
non merui?’ tandem precibus commota Tonantem
Iuno subit: ‘quonam miseros, sator inclyte divum,
Inachidas, quonam usque premes? iam Pallas et odit
Tydea, iam rapto tacuerunt augure Delphi:
en meus Hippomedon, cui gentis origo Mycenae
Argolicique lares numenque ante omnia Iuno —
sic ego fida meis? — pelagi crudelibus ibit
praeda feris? certe tumidos supremaque victis
iusta dabas; ubi Cecropiae post proelia flammae,
Theseos ignis ubi est?’ non spernit coniugis aequas
ille preces, leviterque oculos ad moenia Cadmi
rettulit, et viso sederunt flumina nutu.
illius exsangues umeri et perfossa patescunt
pectora: ceu ventis alte cum elata resedit
tempestas, surgunt scopuli quaesitaque nautis
terra, et ab infestis descendunt aequora saxis.
quid ripas tenuisse iuvat? premit undique nimbo
telorum Phoenissa cohors, nec tegmina membris
ulla, omnisque patet leto; tunc vulnera manant,
quique sub amne diu stupuit cruor, aere nudo
solvitur et tenues venarum laxat hiatus,
incertique labant undarum e frigore gressus,
procumbit, Getico qualis procumbit in Haemo
seu Boreae furiis putri seu robore quercus
caelo mixta comas, ingentemque aera laxat:
illam nutantem nemus et mons ipse tremiscit,
qua tellure cadat, quas obruat ordine silvas,
non tamen aut ensem galeamve audacia cuiquam 
tangere; vix credunt oculis ingentiaque horrent
funera, et adstrictis accedunt comminus armis.
Tandem adiit Hypseus capulumque in morte tenenti
extrahit et torvos laxavit casside vultus;
itque per Aonios alte mucrone corusco
suspensam ostentans galeam et clamore superbit:
‘hic ferus Hippomedon, hic formidabilis ultor
Tydeos infandi debellatorque cruenti
gurgitis!’ agnovit longe pressitque dolorem
magnanimus Capaneus, telumque immane lacerto
hortatur librans: ‘ades o mihi, dextera, tantum
tu praesens bellis et inevitabile numen,
te voco, te solam superum contemptor adoro.’
sic ait, et voti sese facit ipse potentem,
it tremibunda abies clipeum per et aerea texta
loricae tandemque animam sub pectore magno
deprendit: ruit haud alio quam celsa fragore
turris, ubi innumeros penitus quassata per ictus
labitur effractamque aperit victoribus urbem,
cui super adsistens ‘non infitiamur honorem
mortis’ ait, ‘refer huc oculos, ego vulneris auctor;
laetus abi multumque aliis iactantior umbris!’
tunc ensem galeamque rapit clipeumque revellit
Hypseos; exanimumque tenens super Hippomedonta
‘accipe’ ait, ‘simul hostiles, dux magne, tuasque
exuvias, veniet cineri decus et suus ordo
manibus; interea iustos dum reddimus ignes,
565hoc ultor Capaneus operit tua membra sepulcro.’
sic anceps dura belli vice mutua Grais
Sidoniisque simul nectebat vulnera Mavors:
hic ferus Hippomedon, illic non segnior Hypseus
fletur, et alterni praebent solacia luctus.
Tristibus interea somnum turbata figuris
torva sagittiferi mater Tegeatis ephebi,
crine dato passim plantisque ex more solutis,
ante diem gelidas ibat Ladonis ad undas
purgatura malum fluvio vivente soporem,
namque per attonitas curarum pondere noctes
saepe et delapsas adytis, quas ipsa dicarat,
exuvias, seque ignotis errare sepulcris
extorrem nemorum Dryadumque a plebe fugatam,
saepe novos nati bello rediisse triumphos,
armaque et alipedem notum comitesque videbat,
numquam ipsum, nunc ex umeris fluxisse pharetras,
effigiesque suas simulacraque nota cremari,
praecipuos sed enim illa metus portendere visa est
nox miserae totoque erexit pectore matrem,
nota per Arcadias felici robore silvas
quercus erat, Triviae quam desacraverat ipsa
electam turba nemorum numenque colendo
fecerat: hic arcus et fessa reponere tela,
armaque curva suum et vacuorum terga leonum
figere et ingentes aequantia cornua silvas.
vix ramis 59 locus, agrestes adeo omnia cingunt 
exuviae, et viridem ferri nitor impedit umbram,
hane, ut forte iugis longo defessa redibat
venatu, modo rapta ferox Erymanthidos ursae
ora ferens, multo proscissam vulnere cernit
deposuisse comam et rorantes sanguine ramos
exspirare solo; quaerenti Nympha cruentas
Maenadas atque hostem dixit saevisse Lyaeum.
dum gemit et planctu circumdat pectus inani,
abrupere oculi noctem maestoque cubili
exsilit et falsos quaerit per lumina fletus.
Ergo ut in amne nefas merso ter crine piavit
verbaque sollicitas matrum solantia curas
addidit, armatae ruit ad delubra Dianae
rore sub Eoo, notasque ex ordine silvas
et quercum gavisa videt, tunc limina divae
adstitit et tali nequiquam voce precatur:
‘virgo potens nemorum, cuius non mollia signa
militiamque trucem sexum indignata frequento
more nihil Graio — nec te gens aspera ritu
Colchis Amazoniaeve magis coluere catervae — :
si mihi non umquam thiasi ludusve protervae
noctis et, inviso quamvis temerata cubili,
non tamen aut teretes thyrsos aut mollia gessi
pensa, sed in tetricis et post conubia lustris
sic quoque venatrix animumque innupta remansi:
nec mihi secretis culpam occultare sub antris
cura, sed ostendi prolem posuique trementem
ante tuos confessa pedes; nec degener ille
sanguinis inque meos reptavit protinus arcus,
tela puer lacrimis et prima voce poposcit:
hunc mihi — quid trepidae noctes somnusque minantur?
— hunc, precor, audaci qui nunc ad proelia voto
heu nimium tibi fisus abit, da visere belli
victorem, vel, si ampla peto, da visere tantum!
hic sudet tuaque arma ferat, preme dira malorum
signa; quid in nostris, nemoralis Delia, silvis
Maenades hostiles Thebanaque numina regnant?
ei mihi! cur penitus — simque augur cassa futuri! —
cur penitus magnoque interpreter omine quercum?
quod si vera sopor miserae praesagia mittit,
per te maternos, mitis Dictynna, labores
fraternumque decus, cunctis hune Age sagittis
infelicem uterum; miserae sine funera matris
audiat ille prior!’ dixit, fletuque soluto
aspicit et niveae saxum maduisse Dianae.
Illam diva ferox etiamnum in limine sacro
expositam et gelidas verrentem crinibus aras
linquit, et in mediis frondentem Maenalon astris
exsuperat saltu gressumque ad moenia Cadmi
destinat, interior caeli qua semita lueet
dis tantum, et cunctas iuxta videt ardua terras,
iamque fere medium Parnassi frondea praeter
colla tenebat iter, cum fratrem in nube corusca
aspicit haud solito visu: remeabat ab armis
maestus Echioniis, demersi funera lugens 
auguris. inrubuit caeli plaga sidere mixto,
occursuque sacro pariter iubar arsit utrimque,
et coiere arcus et respondere pharetrae.
ille prior: ‘scio, Labdacias, germana, cohortes
et nimium fortes ausum petis Arcada pugnas.
fida rogat genetrix: utinam indulgere precanti
fata darent! en ipse mei — pudet! — inritus arma
cultoris frondesque sacras ad inania vidi
Tartara et in memet versos descendere vultus;
nec tenui currus terraeque abrupta coegi,
saevus ego immeritusque coli. lugentia cernis
antra, soror, mutasque domos: haec sola rependo
dona pio comiti; nec tu peritura movere
auxilia et maestos in vanum perge labores.
finis adest iuveni, non hoc mutabile fatum,
nec te de dubiis fraterna oracula fallunt.’
‘sed decus extremum certe’ confusa vicissim
virgo refert, ‘veraeque licet solacia morti
quaerere, nec fugiet poenas, quicumque nefandam
insontis pueri scelerarit sanguine dextram
impius, et nostris fas sit saevire sagittis.’
sic effata movet gressus libandaque fratri
parcius ora tulit, Thebasque infesta petivit.
At pugna ereptis maior crudescit utrimque
regibus, alternosque ciet vindicta furores.
Hypseos hinc turmae desolatumque magistro
agmen, at hinc gravius fremit Hippomedontis adempti
orba cohors; praebent obnixi corpora ferro,
idem ardor rabidis externum haurire cruorem
ac fudisse suum, nec se vestigia mutant:
stat cuneo defixa acies, hostique cruento
dant animas et terga negant: cum lapsa per auras
vertice Dircaei velox Latonia montis
adstitit; adgnoscunt colles notamque tremiscit
silva deam, saevis ubi quondam exserta sagittis
fecundam lasso Nioben consumpserat arcu.
Illum acies inter coepta iam caede superbum
nescius armorum et primas tunc passus habenas
venator raptabat equus, quem discolor ambit
tigris et auratis adverberat unguibus armos,
colla sedent nodis et castigata iubarum
libertas, nemorisque notae sub pectore primo
iactantur niveo lunata monilia dente,
ipse bis Oebalio saturatam murice pallam
lucentesque auro tunicas — hoc neverat unum
mater opus — tenui collectus in ilia vinclo,
cornipedis laevo clipeum demiserat armo,
ense gravis nimio: tereti iuvat aurea morsu
fibula, pendentes circum latera aspera cinctus,
vaginaeque sonum tremulumque audire pharetrae
murmur et a cono missas in terga catenas;
interdum cristas hilaris iactare comantis
et pictum gemmis galeae iubar, ast ubi pugna
cassis anhela calet, resoluto vertice nudus
exoritur: tunc dulce comae radiisque trementes
dulce nitent visus et, quas dolet ipse morari,
nondum mutatae rosea lanugine malae,
nec formae sibi laude placet multumque severis
asperat ora minis, sed frontis servat honorem
ira decens. dat sponte locum Thebana iuventus,
natorum memores, intentaque tela retorquent,
sed premit et saevas miserantibus ingerit hastas,
illum et Sidoniae iuga per Teumesia Nymphae
bellantem atque ipso sudore et pulvere gratum
laudant, et tacito ducunt suspiria voto.
Talia cernenti mitis subit alta Dianae
corda dolor, fletuque genas violata ‘quod’ inquit,
‘nunc tibi, quod leti quaeram dea fida propinqui
effugium? haecne ultro properasti in proelia, saeve
ac miserande puer? cruda heu festinaque virtus
suasit et hortatrix animosi gloria leti.
scilicet angustum iamdudum urgentibus annis
Maenalium tibi, parve, nemus, perque antra ferarum
vix tutae sine matre viae, silvestria cuius
nondum tela procax arcumque implere valebas.
et nunc illa meas ingentem plangit ad aras
invidiam surdasque fores et limina lassat:
tu dulces lituos ululataque proelia gaudes
felix et miserae tantum moriture parenti.’
ne tamen extremo frustra morientis honori
adfuerit, venit in medios caligine furva
saepta globos, primumque leves furata sagittas
audacis tergo pueri caelestibus implet
coryton telis, quorum sine sanguine nullum
decidit; ambrosio tum spargit membra liquore,
spargit equum, ne (pio videtur vulnere corpus
ante necem, cantusque sacros et conscia miscet
murmura, secretis quae Colchidas ipsa sub antris
nocte docet monstratque feras quaerentibus herbas.
Tunc vero exserto circumvolat igneus arcu
nec se mente regit, patriae matrisque suique
immemor, et nimium caelestibus utitur armis:
ut leo, cui parvo mater Gaetula cruentos
suggerit ipsa cibos, cum primum crescere sensit
colla iubis torvusque novos respexit ad ungues,
indignatur ali, tandemque effusus apertos
liber amat campos et nescit in antra reverti,
quos, age, Parrhasio sternis, puer improbe, cornu?
prima Tanagraeum turbavit harundo Coroebum
extremo galeae primoque in margine parmae
angusta transmissa via, stat faucibus unda
sanguinis, et sacri facies rubet igne veneni,
saevius Eurytion, cui luminis orbe sinistro
callida tergeminis acies se condidit uncis.
ille trahens oculo plenam labente sagittam
ibat in auctorem: sed divum fortia quid non
tela queant? alio geminatum lumine volnus
explevit tenebras; sequitur tamen improbus hostem,
qua meminit, fusum donec prolapsus in Idan
decidit: hic saevi miser inter funera belli
palpitat et mortem sociosque hostesque precatur.
addit Abantiadas, insignem crinibus Argum
et male dilectum miserae Cydona sorori.
huic geminum obliqua traiecit harundine tempus,
exsilit hac ferrum, velox hac pinna remansit:
fluxit utrimque cruor, nulli tela aspera mortis
dant veniam, non forma Lamum, non infula Lygdum,
non pubescentes texerunt Aeolon anni:
Agitur ora Lamus, fiet saucius inguina Lygdus,
perfossus telo niveam gemis, Aeole, frontem,
te praeceps Euboea tulit, te candida Thisbe
miserat, hunc virides non excipietis Erythrae.
numquam cassa manus, nullum sine numine fugit
missile, nec requies dextrae, sonitumque priori
iungit harundo sequens, unum quis crederet arcum
aut unam saevire manum? modo derigit ictus,
nunc latere alterno dubius conamina mutat,
nunc fugit instantes et solo respicit arcu.
Et iam mirantes indignantesque coibant
Labdacidae, primusque Iovis de sanguine claro
Amphion ignarus adhuc, quae funera campis
ille daret: ‘quonam usque moram lucrabere fati,
o multum meritos puer orbature parentes?
quin etiam menti tumor atque audacia gliscit,
congressus dum nemo tuos pugnamque minorem
dignatur bellis, iramque relinqueris infra,
i, repete Arcadiam mixtusque aequalibus illic,
dum ferus hic vero desaevit pulvere Mavors,
proelia lude domi: quodsi te maesta sepulcri
fama movet, dabimus leto moriare virorum!’
iamdudum hune contra stimulis gravioribus ardet
trux Atalantiades — necdum ille quierat — et infit:
‘sera etiam in Thebas, quarum hic exercitus, arma
profero; quisnam adeo puer, ut bellare recuset
talibus? Arcadiae stirpem et fera semina gentis,
non Thebana vides: non me sub nocte silenti
Thyias Echionio genetrix famulata Lyaeo
edidit, haud umquam deformis vertice mitras
induimus turpemque 98 manu iactavimus hastam,
protinus adstrictos didici reptare per amnes
horrendasque domos magnarum intrare ferarum
et — quid plura loquar? ferrum mea semper et arcus
mater habet, vestri feriunt cava tympana patres.’
non tulit Amphion vultumque et in ora loquentis
telum immane rotat; sed ferri lumine diro
turbatus sonipes sese dominumque retorsit
in latus atque avidam transmisit devius hastam,
acrior hoc iuvenem stricto mucrone petebat
Amphion, cum se medio Latonia campo
iecit et ante oculos omnis stetit obvia vultu.
Haerebat iuveni devinctus amore pudico
Maenalius Dorceus, cui bella suumque timorem
mater et audaces pueri mandaverat annos.
huius tum vultu dea dissimulata profatur:
‘hactenus Ogygias satis infestasse catervas,
Parthenopaee, satis; miserae iam parce parenti, 99 100 [p. 312]
parce deis, quicumque favent.’ nec territus ille:
‘hunc sine me — non plura petam — fidissime Dorceu,
sternere humi, qui tela meis gerit aemula telis
et similes cultus et frena sonantia iactat.
frena regam, cultus Triviae pendebitis alto
limine,, captivis matrem donabo pharetris.’
audiit et mixto risit Latonia fletu.
viderat hanc caeli iamdudum in parte remota
Gradivum complexa venus, dumque anxia Thebas
commemorat Cadmumque viro caraeque nepotes
Harmoniae, pressum tacito sub corde dolorem
tempestiva movet: ‘nonne hanc,Gradive, protervam
virginitate vides mediam se ferre virorum
coetibus? utque acies audax et Martia signa
temperet? en etiam donat praebetque necandos
tot nostra de gente viros, huic tradita virtus,
huic furor? agrestes superest tibi figere dammas.’
desiluit iustis commotus in arma querellis
Bellipotens, cui sola vagum per inane ruenti
Ira comes, reliqui sudant ad bella Furores,
nec mora, cum maestam monitu Letoida duro
increpat adsistens: ‘non haec tibi proelia divum
dat pater; armiferum ni protinus improba campum
deseris, huic aequam nosces nec Pallada dextrae.’
quid faciat contra? premit hinc Mavortia cuspis,
hinc plenae tibi, parve, colus, Iovis inde severi
vultus: abit solo post haec evicta pudore.
At pater Ogygias Mavors circumspicit alas
horrendumque Dryanta movet, cui sanguinis auctor
turbidus Orion, comitesque odisse Dianae
inde furit) patrium, hic 101 turbatos arripit ense
Arcadas exarmatque ducem; cadit agmine longo
Cyllenes populus Tegeesque habitator opacae,
Aepytiique duces Telphusiacaeque phalanges,
ipsum autem et lassa fidit prosternere dextra,
nec servat vires: etenim huc iam fessus et illuc
mutabat turmas; urgent praesagia mille
funeris, et nigrae praecedunt nubila mortis,
iamque miser raros comites verumque videbat
Dorcea, iam vires paulatim abscedere sensit,
sensit et exhaustas umero leviore pharetras;
iam minus atque minus fert arma puerque videtur
et sibi, cum torva clipei metuendus obarsit
luce Dryas: tremor ora repens ac viscera torsit
Arcados; utque feri vectorem fulminis albus
cum supra respexit olor, cupit hiscere ripam
Strymonos et trepidas in pectora contrahit alas:
sic iuvenem saevi conspecta mole Dryantos
iam non ira subit, sed leti nuntius horror,
arma tamen, frustra superos Triviamque precatus,
molitur pallens et surdos expedit arcus,
iamque instat telis et utramque obliquus  in ulnam
cornua contingit mucrone et pectora nervo,
cum ducis Aonii magno cita turbine cuspis 
fertur in adversum nervique obliqua sonori
vincla secat: pereunt ictus manibusque remissis
vana supinato ceciderunt spicula cornu.
tunc miser et frenos turbatus et arma remisit,
vulneris impatiens, umeri quod tegmine dextri
intrarat facilemque cutem: subit altera cuspis
cornipedisque fugam succiso poplite sistit,
tunc cadit ipse Dryas — mirum — nec vulneris umquam
conscius: olim auctor teli causaeque patebunt.107
At puer infusus sociis in devia campi
tollitur — heu simplex aetas! — moriensque iacentem
flebat equum; cecidit laxata casside vultus,
aegraque per trepidos exspirat gratia visus,
et prensis concussa comis ter colla quaterque
stare negant, ipsisque nefas lacrimabile Thebis,
ibat purpureus niveo de pectore sanguis,
tandem haec singultu verba incidente profatur:
‘labimur, i, miseram, Dorceu, solare parentem.
illa quidem, si vera ferunt praesagia curae,
aut somno iam triste nefas aut omine vidit,
tu tamen arte pia trepidam suspende diuque
decipito; neu tu subitus neve arma tenenti
veneris, et tandem, cum iam cogere fateri,
dic: merui, genetrix, poenas invita capesse;
arma puer rapui, nec te retinente quievi,
nec tibi sollicitae tandem inter bella peperci,
vive igitur potiusque animis irascere nostris,
et iam pone metus, frustra de colle Lycaei
anxia prospectas, si quis per nubila longe
aut sonus aut nostro sublatus ab agmine pulvis:
frigidus et nuda iaceo tellure, nec usquam
tu prope, quae voltus efflantiaque ora teneres.
hunc tamen, orba parens, crinem’ dextraque secandum
praebuit ‘hunc toto capies pro corpore crinem,
comere quem frustra me dedignante solebas,
huic dabis exsequias, atque inter iusta memento,
ne quis inexpertis hebetet mea tela lacertis
dilectosque canes ullis agat amplius antris.
haec autem primis arma infelicia castris
ure, vel ingratae crimen suspende Dianae.’","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1020.phi001.perseus-lat1:9","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"88-90","from":22165.0,"to":22170.0,"NomeAutore":"Publio Papinio Stazio","TitoloFonte":"Tebaide"}, {"Annotazione":"E queste parole hanno\ndue sposizioni; una si referisce alla etade dello Autore, l'altra\nal tempo della sua speculazione. Alla etade, cio\u00e8 XXXV anni, che\n\u00e8 mezo di LXX anni, li quali sono il corso universalmente comune\ndella nostra etade, quando non si passano, per ottima\ncomplessione, o si minuiscono, per mala complessione od\naccidente. Cogliesi dunque che l'Autore fosse d'etade di XXXV\nanni, quando cominci\u00f2 questa sua Opera. Questa etade \u00e8 perfetta;\nha forteza, ed ha cognizione. Alcuni dicono, che la etade di\nXXXIIJ anni \u00e8 mezo, cogliendola dalla vita di Cristo; dicono, che\ninfino a quello tempo la virt\u00f9 e le potenze corporali crescono; e\nda l\u00ec in su col calore naturale diminuiscono; s\u00ec che quella etade\nsia mezo e termine tra lo montare e lo scendere. In questa etade\ndebbono li uomini essere quanto si puote umanamente perfetti,\nlasciare le cose giovanesche, partirsi da' vizj, e seguire virt\u00f9\ne conoscenza. E con questa motiva essemplifica s\u00e8 l'Autore agli\naltri: duolsi del tempo passato in vita viziosa, e volge li passi\na' migliori gradi. Al tempo della sua speculazione si puote\nquesta parola riferire, cio\u00e8 che elli si trovasse nel tempo della\nnotte, la quale tiene mezo del camino mortale, per\u00f2 che tanto\ncomprendono le notti, quanto li d\u00ec, compensati tutti li tempi, ed\nancora pi\u00f9 che l'Autore cominci\u00f2 questa opera a mezo Marzo,\nquando erano eguali li d\u00ec con le notti; e seguita che si trov\u00f2\nper una selva oscura, ec.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
Alcuni dicono, che la etade di\r\nXXXIIJ anni è mezo, cogliendola dalla vita di Cristo; dicono, che\r\ninfino a quello tempo la virtù e le potenze corporali crescono; e\r\nda lì in su col calore naturale diminuiscono; sì che quella etade\r\nsia mezo e termine tra lo montare e lo scendere.  In questa etade\r\ndebbono li uomini essere quanto si puote umanamente perfetti,\r\nlasciare le cose giovanesche, partirsi da' vizj, e seguire virtù\r\ne conoscenza.  E con questa motiva essemplifica sè l'Autore agli\r\naltri: duolsi del tempo passato in vita viziosa, e volge li passi\r\na' migliori gradi. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xxiii, 9-11","NotaFonte":"Che il riferimento sia al \"Convivio\", lo conferma l\u2019edizione 2018 dell\u2019Ottimo Commento, che presenta il seguente testo: \u00ab[1] Nel mezzo etc. In questo e nel seguente capitulo, s\u00ed come detto, fa proemio e mostra sua disposizione s\u00ed d\u2019essere come di tempo, la quale per alleguria difigura la disposizione dell\u2019umana spetie. E dice nel mezzo, onde \u00e8 da notare che il camino della peregrina vita delli uomini, s\u00ed come l\u2019aultore stesso chiosa sopra la sua canzone che fece della gentilezza, comprende perfetto naturalmente iiiio etadi, ci\u00f2 sono adolescenza, giovenezza, senetta e senio\u00bb (Ottimo I, p. 16). La \u00abcanzone della gentilezza\u00bb \u00e8 \"Le dolci rime d\u2019amor ch\u2019i' solia\", commentata proprio nel IV libro del \"Convivio\".","TestoFonte":"Là dove sia lo punto sommo di questo arco, per quella disaguaglianza che detta è di sopra, è forte da sapere; ma nelli più, io credo, tra il trentesimo e 'l quarantesimo anno; e io credo che nelli perfettamente naturati esso ne sia nel trentacinquesimo anno. E muovemi questa ragione: che ottimamente naturato fue lo nostro salvatore Cristo, lo quale volle morire nel trentaquattresimo anno della sua etade; ché non era convenevole la divinitade stare in cosa in discrescere; né da credere è ch'elli non volesse dimorare in questa nostra vita al sommo, poi che stato c'era nel basso stato della puerizia. E ciò manifesta l'ora del giorno della sua morte, cioè di Cristo, che volle quella consimigliare colla vita sua: onde dice Luca che era quasi ora sesta quando morìo, che è a dire lo colmo del die. Onde si può comprendere per quello quasi che al trentacinquesimo anno di Cristo era lo colmo della sua etade.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=73&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-2","from":0.0,"to":4.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"E sebbene il\nprofeta Daniello degli angeli parlando dica, Millia millium\nministrabant ei, et decies millies centena millia assistebant ei<\/i>\n[Dan.<\/i> 7]; tu nondimeno, se ben guardi, dei accorgerti che per\ncotali migliaia si cela<\/b> [vale non si manifesta<\/i><\/b>] il loro\ndeterminato numero.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
E sebbene il profeta Daniello degli angeli parlando dica, Millia millium ministrabant ei, et decies millies centena millia assistebant ei <\/i>[Dan.<\/i> 7]; tu nondimeno, se ben guardi, dei accorgerti che per cotali migliaia si cela<\/b> [vale non si manifesta<\/i>] il loro determinato numero.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80115","LuogoFonte":"VII 10","NotaFonte":"","TestoFonte":"milia milium ministrabant ei,
et decies milies centena milia assistebant ei:","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_danielis_lt.html#7","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"133-135","from":29248.0,"to":29253.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro di Daniele"}, {"Annotazione":"E' questo~, che profetizza~,\nCarlo Martello primogenito di Carlo II. il Zoppo Re di Napoli~,\ne Signor di Provenza [Il nome di Carlo<\/i> nel canto seg. v. I~;\nla posseduta da Carlo Martello corona d'Ungheria~, l'appartenenza\na lui della corona di Napoli e di Sicilia e l' essere morto prima\ndel 1300.~, anno in cui finge Dante questo suo viaggio~, formano\nun complesso di circostanze che non pu\u00f2 convenire ad altri che a\nCarlo Martello.]. Fu egli~, vivente suo padre~, coronato Re d'\nUngheria~; e se sopravvissuto fosse al padre sarebbe~, come\nprimogenito~, ch'egli era~, entrato ancora al possesso degli\nstati paterni anzidetti~: ma premorto essendo al padre [Carlo II.\ndetto il Zoppo<\/i> mor\u00ec del 1309.[Vedi Gio. Villani lib. 8. cap.\n108.] e Carlo Martello era in Paradiso nel 1300.~], vi\ns'intruse~, ad esclusione de' figli di Carlo Martello~, il\nfratello Roberto~; del cui mal governo gi\u00e0 effettuato quando\nDante queste cose scriveva [Nella nota al verso 101. del canto\nI. dell'Inferno s' \u00e8 fatto vedere che proseguiva Dante a\ntravagliare intorno a questo suo poema in vicinanza dell'anno\n1318. e Roberto gi\u00e0 fino dall'anno 1309. in cui gli mor\u00ec il\npadre~, incominci\u00f2 a regnare. Vedi Gio. Villani lib. 8. cap.\n112.~], fa che il morto Carlo Martello parecchi anni prima ne sia\nprofeta. Tra i mali cagionati dal governo di Roberto~, dee il\nGhibellino Dante~, per l'amicizia e speranze~, che aveva\nnell'Imperatore Arrigo VII.[Memor. per la vita di Dante<\/i>\n{paragraph}. 13.] intendere principalmente le guerre e stragi dal\nmedesimo Roberto cagionate coll'opporsi alla coronazione ed\ningrandimento di Arrigo [Vedi Gio. Villani lib. 9. cap. 38. e\nsegg.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il nome di Carlo<\/i> nel canto seg.  v.  I<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. IX 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=76&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"51","from":7320.0,"to":7324.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"E' saggio avviso del\nDaniello~, che tocchi Dante qu\u00ec brevemente la santissima\nTrinit\u00e0~, significando per la prima virt\u00f9<\/i> il Padre~, per la\nchiara vista<\/i> la sapienza del Figliuolo~, e pe 'l caldo amore<\/i>\nla carit\u00e0 dello Spirito santo~; e dir voglia~, che quando Iddio\nimmediatemente per se stesso dispone la materia~, e v' imprime il\nproprio suggello~, quivi<\/i> [dee valere quanto allora<\/i> [Vedi Cin.\nPartic.<\/i> 219. 4.]] si acquista<\/i> [dalla cosa<\/i>, intendi] tutta\nla perfezione.<\/i> Allude [siegue il Venturi] a quel Dei perfecta\nsunt opera<\/i> [Deut. 32.~], intendendolo in senso comparativo tra\nl'opere fatte da dio immediate~, e le fatte per mezzo delle cause\nnaturali.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Allude [siegue il Venturi] a quel Dei perfecta sunt opera<\/i> [Deut. 32.], intendendolo in senso comparativo tra l'opere fatte da dio immediate, e le fatte per mezzo delle cause naturali.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42614","LuogoFonte":"XXXII 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Perfecta sunt opera eius,","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_deuteronomii_lt.html#32","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"79-81","from":12653.0,"to":12674.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Deuteronomio"},
{"Annotazione":"E, con una frase sprezzante,\nche ricorda quella contro i vilissimi del Vestibolo (III, 51),\ntroncando la narrazione, lo lascia in preda all'ira sua e dei\ncompagni.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
E, con una frase sprezzante,\r\nche ricorda quella contro i vilissimi del Vestibolo (III, 51),\r\ntroncando la narrazione, lo lascia in preda all'ira sua e dei\r\ncompagni.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno III, 49-51","NotaFonte":"","TestoFonte":"Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=3&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64","from":7188.0,"to":7193.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Ecco come descrive l'arpie Virgilio\n\n Tristius haud illis monstrum, nec saevior ulla<\/i>\n Pestis et ira Deum stygiis se se extulit undis.<\/i>\n Virginei volucrum vultus, faedissima ventris<\/i>\n Proluvies, uncaeque manus, et pallida semper<\/i>\n Ora fame.<\/i> \n [Aeneid.<\/i> III, 214 et segg.]\n\nnidi<\/b> legge la Nidobeatina, e nido<\/i><\/b> l'altre edizioni.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ecco come descrive l'arpie Virgilio\r\n     Tristius haud illis monstrum, nec saevior ulla<\/i>\r\n     Pestis et ira Deum stygiis se se extulit undis.<\/i>\r\n     Virginei volucrum vultus, faedissima ventris<\/i>\r\n     Proluvies, uncaeque manus, et pallida semper<\/i>\r\n     Ora fame.<\/i> \r\n      [Aeneid.<\/i> III, 214 et segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"III 214-218","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tristius haud illis monstrum, nec saevior ulla
pestis et ira deum Stygiis sese extulit undis.
Virginei volucrum voltus, foedissima ventris
proluvies, uncaeque manus, et pallida semper
ora fame.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+3.214&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"10","from":11524.0,"to":11526.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Ecuba, la vedova di Priamo,\ntratta prigioniera (cattiva<\/b>) da' Greci, vide prima la sua\nfigliuola Polissena immolata da quelli all'ombra di Achille; poi\nsu' lidi della Tracia si abbatt\u00e8 nel cadavere di Polidoro suo\nfiglio perfidamente ucciso da Polinnestore: ond'ella, vinta dal\nduolo, mise altissime grida. I Poeti finsero si fosse\ntrasformata in cagna. Ved. Ovidio, Met., XIII.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Ecuba trista<\/b> ec. Ecuba, la vedova di Priamo, tratta prigioniera (cattiva<\/b>) da' Greci, vide prima la sua figliuola Polissena immolata da quelli all'ombra di Achille; poi su' lidi della Tracia si abbattè nel cadavere di Polidoro suo figlio perfidamente ucciso da Polinnestore: ond'ella, vinta dal duolo, mise altissime grida. I Poeti finsero si fosse trasformata in cagna. Ved. Ovidio, Met., XIII.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"Metamorphoseon libri XIII, 533-575","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dixit et ad litus passu processit anili,
albentes lacerata comas. “Date, Troades, urnam”
dixerat infelix, liquidas hauriret ut undas:
adspicit eiectum Polydori in litore corpus
factaque Threiciis ingentia vulnera telis!
Troades exclamant: obmutuit illa dolore,
et pariter vocem lacrimasque introrsus obortas
devorat ipse dolor, duroque simillima saxo
torpet et adversa figit modo lumina terra,
interdum torvos sustollit ad aethera vultus,
nunc positi spectat vultum, nunc vulnera nati
vulnera praecipue, seque armat et instruit iram.”
Qua simul exarsit, tamquam regina maneret,
ulcisci statuit poenaeque in imagine tota est,
utque furit catulo lactente orbata leaena
signaque nacta pedum sequitur, quem non videt, hostem,
sic Hecube, postquam cum luctu miscuit iram,
non oblita animorum, annorum oblita suorum,
vadit ad artificem dirae, Polymestora, caedis
conloquiumque petit: nam se monstrare relictum
velle latens illi, quod nato redderet, aurum.
Credidit Odrysius praedaeque adsuetus amore
in secreta venit. Tum blando callidus ore
“tolle moras, Hecube,” dixit, “da munera nato!
Omne fore illius quod das, quod et ante dedisti,
per superos iuro.” Spectat truculenta loquentem
falsaque iurantem tumidaque exaestuat ira
atque ita correpto captivarum agmina matrum
invocat et digitos in perfida lumina condit
expellitque genis oculos (facit ira nocentem)
immergitque manus, foedataque sanguine sonti
non lumen (neque enim superest), loca luminis haurit.
Clade sui Thracum gens inritata tyranni
Troada telorum lapidumque incessere iactu
coepit. At haec missum rauco cum murmure saxum
morsibus insequitur, rictuque in verba parato
latravit, conata loqui: locus exstat et ex re
nomen habet, veterumque diu memor illa malorum
tum quoque Sithonios ululavit maesta per agros.
illius Troasque suos hostesque Pelasgos,
illius fortuna deos quoque moverat omnes,
sic omnes, ut et ipsa Iovis coniunxque sororque
eventus Hecubam meruisse negaverit illos.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D13%3Acard%3D494","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16-20","from":28881.0,"to":28883.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Ed era in tale umile\natteggiamento, che, come figura in cera per suggello apparisce,\ncos\u00ec chiaramente apparivano dirsi da lei quelle parole Ecce\nancilla Dei.<\/b> Ancilla Domini<\/i> hassi nel Vangelo [Luc. I], ma\nDei<\/i><\/b>, sinonimo di Domini<\/i><\/b>, serve al numero del verso.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ed era in tale umile atteggiamento, che, come figura in cera per suggello apparisce, così chiaramente apparivano dirsi da lei quelle parole Ecce ancilla Dei.<\/b>  Ancilla Domini<\/i> hassi nel Vangelo [Luc. I], ma Dei<\/b>, sinonimo di Domini<\/i>, serve al numero del verso.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","LuogoFonte":"I 38","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dixit autem Maria: “ Ecce ancilla Domini; fiat mihi secundum verbum tuum ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"43-45","from":9422.0,"to":9439.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"},
{"Annotazione":"Eleate filosofo sosteneva~, tra gli\naltri errori~, che il sole fosse composto di caldo e di freddo\n[Vedi Diog.  Laerzio De vitis Philosopher.<\/i>  lib. 9.\nParmenides.<\/i>]. — Melisso<\/i> filosofo di Samo~, erasi tra gli\naltri errori~, messo a sostenere~, che ralmente moto veruno non\nsi desse~, ma che solamente sembrasse [Vedi il medesimo Laerzio\nivi~, Melissus.<\/i>] — Brisso<\/i>, filosofo antichissimo~, di cui fa\nmenzione Aristotile nel. I. libro Posteriorum analyticorum<\/i>, al\ncapo 9.  dove si rapporta e si biasima la sua maniera di provare\nla quadratura.  I comentatori del nostro Poeta passano costui\nsotto silenzio.  Volpi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Parmenide <\/strong>Eleate filosofo sosteneva, tra gli altri errori, che il sole fosse composto di caldo e di freddo [Vedi Diog.  Laerzio De vitis Philosopher.<\/i>  lib. 9. Parmenides.<\/i>]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q59138","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1282359","LuogoFonte":"IX iii 21-23","NotaFonte":"","TestoFonte":"[21] Ξενοφ\u03acνους δ\u1f72 δι\u03aeκουσε Παρμεν\u03afδης Π\u03cdρητος \u1f18λε\u03acτης \u1ffeτο\u1fe6τον Θε\u03ccφραστος \u1f10ν τ\u1fc7 \u1f18πιτομ\u1fc7 \u1f08ναξιμ\u03acνδρου φησ\u1f76ν \u1f00κο\u1fe6σα\u1f30. \u1f45μως δ\u1fbd ο\u1f56ν \u1f00κο\u03cdσας κα\u1f76 Ξενοφ\u03acνους ο\u1f50κ \u1f20κολο\u03cdθησεν α\u1f50τ\u1ff7. \u1f10κοιν\u03ceνησε δ\u1f72 κα\u1f76 \u1f08μειν\u03af\u1fb3 Διοχα\u03afτα τ\u1ff7 Πυθαγορικ\u1ff7, \u1f61ς \u1f14φη Σωτ\u03afων, \u1f00νδρ\u1f76 π\u03adνητι μ\u03adν, καλ\u1ff7 δ\u1f72 κα\u1f76 \u1f00γαθ\u1ff7. \u1fa7 κα\u1f76 μ\u1fb6λλον \u1f20κολο\u03cdθησε κα\u1f76 \u1f00ποθαν\u03ccντος \u1f21ρ\u1ff7ον \u1f31δρ\u03cdσατο γ\u03adνους τε \u1f51π\u03acρχων λαμπρο\u1fe6 κα\u1f76 πλο\u03cdτου, κα\u1f76 \u1f51π\u1fbd \u1f08μειν\u03afου \u1f00λλ\u1fbd ο\u1f50χ \u1f51π\u1f78 Ξενοφ\u03acνους ε\u1f30ς \u1f21συχ\u03afαν προετρ\u03acπη. Πρ\u1ff6τος δ\u1fbd ο\u1f57τος τ\u1f74ν γ\u1fc6ν \u1f00π\u03adφαινε σφαιροειδ\u1fc6 κα\u1f76 \u1f10ν μ\u03adσ\u1ff3 κε\u1fd6σθαι. δ\u03cdο τε ε\u1f36ναι στοιχε\u1fd6α, π\u1fe6ρ κα\u1f76 γ\u1fc6ν, κα\u1f76 τ\u1f78 μ\u1f72ν δημιουργο\u1fe6 τ\u03acξιν \u1f14χειν, τ\u1f74ν δ\u1fbd \u1f55λης. 2 [22] γ\u03adνεσ\u03afν τ\u1fbd \u1f00νθρ\u03ceπων \u1f10ξ \u1f21λ\u03afου πρ\u1ff6τον γεν\u03adσθαι: α\u1f50τ\u1f78ν δ\u1f72 \u1f51περ\u03adχειν3 τ\u1f78 θερμ\u1f78ν κα\u1f76 τ\u1f78 ψυχρ\u03ccν, \u1f10ξ \u1f67ν τ\u1f70 π\u03acντα συνεστ\u03acναι. κα\u1f76 τ\u1f74ν ψυχ\u1f74ν κα\u1f76 τ\u1f78ν νο\u1fe6ν τα\u1f50τ\u1f78ν ε\u1f36ναι, καθ\u1f70 μ\u03adμνηται κα\u1f76 Θε\u03ccφραστος \u1f10ν το\u1fd6ς Φυσικο\u1fd6ς, π\u03acντων σχεδ\u1f78ν \u1f10κτιθ\u03adμενος τ\u1f70 δ\u03ccγματα. δισσ\u03aeν τε \u1f14φη τ\u1f74ν φιλοσοφ\u03afαν, τ\u1f74ν μ\u1f72ν κατ\u1fbd \u1f00λ\u03aeθειαν, τ\u1f74ν δ\u1f72 κατ\u1f70 δ\u03ccξαν. δι\u1f78 κα\u03af φησ\u03af που: χρε\u1f7c δ\u03ad σε π\u03acντα πυθ\u03adσθαι \u1f20μ\u1f72ν \u1f08ληθε\u03afης ε\u1f50κυκλ\u03adος4 \u1f00τρεμ\u1f72ς \u1f26τορ, \u1f20δ\u1f72 βροτ\u1ff6ν δ\u03ccξας, τα\u1fd6ς ο\u1f50κ \u1f14νι π\u03afστις \u1f00ληθ\u03aeς. Κα\u1f76 α\u1f50τ\u1f78ς δ\u1f72 δι\u1f70 ποιημ\u03acτων φιλοσοφε\u1fd6, καθ\u03acπερ \u1f29σ\u03afοδ\u03ccς τε κα\u1f76 Ξενοφ\u03acνης κα\u1f76 \u1f18μπεδοκλ\u1fc6ς. κριτ\u03aeριον δ\u1f72 τ\u1f78ν λ\u03ccγον ε\u1f36πε: τ\u03acς τε α\u1f30σθ\u03aeσεις μ\u1f74 \u1f00κριβε\u1fd6ς \u1f51π\u03acρχειν. φησ\u1f76 γο\u1fe6ν: μηδ\u03ad σ\u1fbd \u1f14θος πολ\u03cdπειρον \u1f41δ\u1f78ν κατ\u1f70 τ\u03aeνδε βι\u03acσθω νωμ\u1fb6ν \u1f04σκοπον \u1f44μμα κα\u1f76 \u1f20χ\u03aeεσσαν \u1f00κου\u1f74ν κα\u1f76 γλ\u1ff6σσαν, κρ\u1fd6ναι δ\u1f72 λ\u03ccγ\u1ff3 πολ\u03cdδηριν \u1f14λεγχον. 5 [23] δι\u1f78 κα\u1f76 περ\u1f76 α\u1f50το\u1fe6 φησιν \u1f41 Τ\u03afμων: Παρμεν\u03afδου τε β\u03afην μεγαλ\u03ccφρονος ο\u1f50 πολ\u03cdδοξον, \u1f45ς \u1fe5\u1fbd \u1f00π\u1f78 φαντασ\u03afας \u1f00π\u03acτης \u1f00νενε\u03afκατο ν\u03ceσεις. ε\u1f30ς το\u1fe6τον κα\u1f76 Πλ\u03acτων τ\u1f78ν δι\u03acλογον γ\u03adγραφε, \"Παρμεν\u03afδην\" \u1f10πιγρ\u03acψας \"\u1f22 Περ\u1f76 \u1f30δε\u1ff6ν.\" \u1f2cκμαζε δ\u1f72 κατ\u1f70 τ\u1f74ν \u1f10ν\u03acτην κα\u1f76 \u1f11ξηκοστ\u1f74ν \u1f48λυμπι\u03acδα. κα\u1f76 δοκε\u1fd6 πρ\u1ff6τος πεφωρακ\u03adναι τ\u1f78ν α\u1f50τ\u1f78ν ε\u1f36ναι \u1f1dσπερον κα\u1f76 Φωσφ\u03ccρον, \u1f65ς φησι Φαβωρ\u1fd6νος \u1f10ν π\u03adμπτ\u1ff3 \u1f08πομνημονευμ\u03acτων: ο\u1f31 δ\u1f72 Πυθαγ\u03ccραν: Καλλ\u03afμαχος δ\u03ad φησι μ\u1f74 ε\u1f36ναι α\u1f50το\u1fe6 τ\u1f78 πο\u03afημα. λ\u03adγεται δ\u1f72 κα\u1f76 ν\u03ccμους θε\u1fd6ναι το\u1fd6ς πολ\u03afταις, \u1f65ς φησι Σπε\u03cdσιππος \u1f10ν τ\u1ff7 Περ\u1f76 φιλοσ\u03ccφων. κα\u1f76 πρ\u1ff6τος \u1f10ρωτ\u1fc6σαι τ\u1f78ν \u1f08χιλλ\u03adα λ\u03ccγον, \u1f61ς Φαβωρ\u1fd6νος \u1f10ν Παντοδαπ\u1fc7 \u1f31στορ\u03af\u1fb3. Γ\u03adγονε δ\u1f72 κα\u1f76 \u1f15τερος Παρμεν\u03afδης, \u1fe5\u03aeτωρ τεχνογρ\u03acφος.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0004.tlg001.perseus-grc1:9.3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"125","from":12988.0,"to":12989.0,"NomeAutore":"Diogene Laerzio","TitoloFonte":"Vite e dottrine dei filosofi illustri"},
{"Annotazione":"Ellissi, e come se avesse\ninvece detto: E vedeste nel mondo<\/i> [non al Limbo<\/i>, come chiosa\nil Venturi], desiderare in vano d'intendere la ragione di tutte\nle divine opere tali, che, se fossero stati umili, avrebbeli\nIddio illuminati; e sarebbe ora in Paradiso appagato loro quel\ndesiderio di veder Dio, che rimane in essi colaggi\u00f9 nel Limbo\nsenza speranza di mai appagarlo<\/i> [Inf. IV, 41 e seg.].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sarebbe ora in Paradiso appagato loro quel desiderio di veder Dio, che rimane in essi colaggiù nel Limbo senza speranza di mai appagarlo<\/i> [Inf. IV, 41 e seg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III 41-42","NotaFonte":"","TestoFonte":"semo perduti, e sol di tanto offesi
che sanza speme vivemo in disio\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40-42","from":2170.0,"to":2173.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Ellittico parlare,\ne come se detto avesse: se bene capisci per qual ragione abbia\ns. Paolo detto la fede primieramente<\/i> sperandarum substantia\nrerum, e poscia<\/i> argumentum non apparentium.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ellittico parlare, e come se detto avesse: se bene capisci per qual ragione abbia s. Paolo detto la fede primieramente<\/i> sperandarum substantia rerum, e poscia<\/i> argumentum non apparentium.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128608","LuogoFonte":"XI 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Est autem fides sperandarum substantia rerum, argumentum non apparentium.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-hebraeos_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"68-69","from":23754.0,"to":23768.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera agli Ebrei"},
{"Annotazione":"Ellittico parlare, in luogo\ndi dire, non solamente non si pu\u00f2 dire che Affricano, o vero\nAugusto, trionfando rendesse Roma allegra di carro ugualmente\nbello.<\/i>  Affricano<\/b> fu appellato Scipione il maggiore per la\nvittoria riportata in Affrica contro di Annibale, per la quale\nvittoria ebbe in Roma l'onore del trionfo.  Augusto<\/b> Ottaviano\nImperatore di cui Svetonio Curules triumphos tres egit,\nDalmaticum, Actiacum, Alexandrinum; continuo triduo omnes<\/i><\/b> [Nella\nvita di Ottaviano Augusto cap. 22]  — quel del Sole<\/i><\/b> ec. il\ncarro del Sole, quantunque bellissino, al paragone di questo\nsarebbe meschino.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Augusto<\/b> Ottaviano Imperatore di cui Svetonio Curules triumphos tres egit, Dalmaticum, Actiacum, Alexandrinum; continuo triduo omnes<\/i> [Nella vita di Ottaviano Augusto cap. 22] <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q10133","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/divus-augustus","LuogoFonte":"XXII 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"curulis triumphos tris egit, Delmaticum, Actiacum, Alexandrinum, continuo triduo omnes.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1348.abo012.perseus-lat1:22.1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"115-117","from":29630.0,"to":29633.0,"NomeAutore":"Gaio Svetonio Tranquillo","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Enea, di cui\nVirgilio\n\n     Rex erat Aeneas nobis, quo iustior alter<\/i>\n     Nec pietate fuit, nec bello maior et armis<\/i> \n     [Aeneid.<\/i> I, 148].\n\nTroia<\/b> qui non per la citt\u00e0, che Ilion<\/b> appella, ma per tutta\nla regione di cui Ilion era la capitale.  Ilium<\/i><\/b> [scrive Roberto\nStefano] proprie civitas est: nam regio Troia est: quamvis\ninterdum pro civitate Troiam ponat Virgilius<\/i> [Thesaurus ling.\nLat.<\/i> art. Ilium<\/i>]  — Ilion<\/i><\/b> scrive Dante uniformemente al\nGreco I%lambda%iota%o%nu\\, e superbo<\/i><\/b> appellandolo imita quel\nVirgiliano ceciditque superbum Ilium<\/i> Aeneid. III, 2  —\ncombusto<\/b>, dal Laitno comburo<\/i><\/b>, per abbruciato<\/i> adoprano altri\nautori di lingua.  Vedi 'l Vocab. della Cr.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Enea<\/strong>, di cui Virgilio Rex erat Aeneas nobis, quo iustior alter <\/i>Nec pietate fuit, nec bello maior et armis<\/i>.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"I 544-545.","NotaFonte":"Riferimento errato di Lombardi a Aen. I, 148-149 (anzich\u00e9 544-545).","TestoFonte":"Rex erat Aeneas nobis, quo iustior alter<\/i> 
Nec pietate fuit, nec bello maior et armis<\/i>.
<\/b>","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+1.544&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"73-75","from":533.0,"to":537.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Entrando in dettaglio del come\nper le dette due vie, di ragione, e di autorit\u00e0, raddrizzisi\nl'amor nostro a tendere debitamente in Dio incomincia dal\npremettere, che il bene inteso da noi in quanto bene<\/b> [cio\u00e8 non\ncon istortura appreso diversamente da quello ch'egli \u00e8] fassi\namare, e che quanto pi\u00f9 di bont\u00e0 l'inteso bene comprende, tanto\nmaggio<\/b>, maggior [Della voce maggio<\/b> per maggiore vedi ci\u00f2 ch'\u00e8\ndetto Inf. XXXI, 84, Parad. VI, 120, XIV, 97 ec.] amore eccita in\nnoi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Della voce maggio<\/b> per maggiore vedi ciò ch'è detto Inf. XXXI, 84, Parad. VI, 120, XIV, 97 ec.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXI 84","NotaFonte":"","TestoFonte":"trovammo l'altro assai più fero e maggio.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=31&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"28-30","from":25562.0,"to":25584.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Enumera i tre\nprincipali affetti di natura.  Ovidio, nel I dell'Eroidi, fa dire\na Penelope: «Tres sumus imbelles numero: sine viribus, uxor,\nLaertesque senex, Telemachusque puer.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Nè dolcezza di figlio<\/b> ec. Enumera i tre principali affetti di natura. Ovidio, nel I dell'Eroidi, fa dire a Penelope: «Tres sumus imbelles numero: sine viribus, uxor, Laertesque senex, Telemachusque puer.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1236672","LuogoFonte":"Heroides I, 97-98","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tres sumus inbelles numero, sine viribus uxor
Laertesque senex Telemachusque puer","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3atext%3a1999.02.0068%3atext%3dEp.","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-96","from":25421.0,"to":25425.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Eroidi"}, {"Annotazione":"Era costui, come in seguito\navvisa Dante stesso, il famoso Caco, che nel Romano colle\nAventino, dopo altri molti ladronecci, ed assassinamente, rub\u00f2\nfinalmente quattro tori e quattro vacche del bellissimo proquoio,\nche aveva Ercole tolto a Gerione Re di Spagna, e per Italia\npassando aveva nell'Aventino stesso fermato a pascolare: ed acci\u00f2\ndalle pedate non s'accorgesse Ercole dove le furate bestie\npassate fossero, fecele l'astuto Caco camminare verso la propria\nspelonca a rovescio, per la coda strascinandole: ma scopertosi\nnon ostante per muggire delle medesime il furto, fu Caco da\nErcole ammazzato.\n\n\tPer la forma del corpo che Virgilio attribuisce a Caco di\nsemihominis<\/i> [Aeneid<\/i> VIII, 194] e semiferi<\/i> [Ivi v. 267] lo\nappella Dante Centauro.<\/b> Il Venturi per\u00f2 intendendo che\nVirgilio attribuisca a Caco questi epiteti non perch\u00e8 Centauro,\nma perch\u00e8 uomo bestiale<\/i><\/b>, passa a conchiudere, che Dante qu\u00ec fa\nla mitologia a suo modo.<\/i>\n\n\tMa a dir vero, non \u00e8 Dante che si faccia la mitologia a\nsuo modo, ma il Venturi stesso, che stortamente capisce apoprati\nda Virgilio gli epiteti di semihominis<\/i> e semiferi<\/i> in senso\nmetaforico, in senso d'uomo bestiale<\/i>, cio\u00e8 di costumi\nbestiali. Semihomo<\/i> e semiferus<\/i> in senso metaforico valgono\n[e chi no 'l vede?] la met\u00e0 manco che non valgano inhumanus<\/i> e\nferus<\/i>: come adunque Virgilio a quel crudelissimo Caco, nella\ncaverna del quale\n\n . . . . . . . . semperque recenti<\/i>\n Caede tepebat humus, foribusque affixa superbis<\/i>\n Ora virum tristi pendebant pallida tabo<\/i>\n [Aeneid.<\/i> VIII, 195 e segg.]\n\nattribuire ci\u00f2 che significa meno del fiero<\/i> e dell'inumano<\/i>?\n\n\tNon adunque altrimenti appellasi Caco da Virgilio\nsemihomo<\/i> e semiferus<\/i>, che da Ovidio [Met.<\/i> XII, 536], e da\nLucano [Phars.<\/i> VI, 386] semihomines<\/i> e semiferi<\/i> i Centauri\nstessi della Tessaglia. E bene perci\u00f2 Ru\u00e8o al Virgiliano\nsemihominis Caci<\/i> ec. chiosa media parte fera, media parte homo\nfuisse dicitur<\/i>: e nel senso medesimo intendendo Virgilio anche\nil De la Cerda soltanto avvisa, sed poetice ista, nam Livius\ntantum pastor accola eius loci, nomine Cacus, ferox viribus.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per la forma del corpo che Virgilio attribuisce a Caco di semihominis<\/i> [Aeneid<\/i> VIII, 194] e semiferi<\/i> [Ivi v. 267] lo appella Dante Centauro.<\/b><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VIII 194","NotaFonte":"","TestoFonte":"semihominis <\/strong>Caci facies quam dira tenebat","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:8.184-8.218","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"17","from":23740.0,"to":23743.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"Ercole, accortosi del furto,\nassal\u00ed Caco nella sua grotta e lo uccise strozzandolo (cfr. \nVirgilio, En.<\/i> VIII 256 sgg.): Dante imagina invece che l'eroe\nfacesse uso della clava, percotendo Caco di moltissimi colpi,\nsebbene egli fosse gi\u00e0 morto ai primi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","FrammentoNota":"
Ercole, accortosi del furto, assalí Caco nella sua grotta e lo uccise strozzandolo (cfr.  Virgilio, En.<\/i> VIII 256 sgg.): Dante imagina invece che l'eroe facesse uso della clava, percotendo Caco di moltissimi colpi, sebbene egli fosse già morto ai primi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VIII, 256-267","NotaFonte":"","TestoFonte":"Non tulit Alcides animis seque ipse per ignem
praecipiti iecit saltu, qua plurimus undam
fumus agit nebulaque ingens specus aestuat atra.
Hic Cacum in tenebris incendia vana vomentem
corripit in nodum complexus et angit inhaerens
elisos oculos et siccum sanguine guttur.
Panditur extemplo foribus domus atra revolsis,
abstractaeque boves abiurataeque rapinae
caelo ostenduntur, pedibusque informe cadaver
protrahitur. Nequeunt expleri corda tuendo
terribilis oculos, voltum villosaque saetis
pectora semiferi atque extinctos faucibus ignis.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D8%3Acard%3D219","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"32","from":23844.0,"to":23847.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Ercole, infatti, gli leg\u00f2 una\ncatena al collo e a forza trascin\u00f2 il riluttante fuori della\nporta infernale. Il Messo chiude il discorso con un'immagine\npiuttosto comica, nella quale trasparisce un sorriso di\nsoddisfazione sulle labbra del vincitore. «Egli (Ercole)\nincaten\u00f2 con le sue mani il custode del Tartaro, e lo trascin\u00f2\nvia dalla soglia dello stesso re d'inferno» (En.<\/i>, VI, 395).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Ercole, infatti, gli legò una\r\ncatena al collo e a forza trascinò il riluttante fuori della\r\nporta infernale.  Il Messo chiude il discorso con un'immagine\r\npiuttosto comica, nella quale trasparisce un sorriso di\r\nsoddisfazione sulle labbra del vincitore.  «Egli (Ercole)\r\nincatenò con le sue mani il custode del Tartaro, e lo trascinò\r\nvia dalla soglia dello stesso re d'inferno» (En.<\/i>, VI, 395).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI, 395-396","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tartareum ille manu custodem in uincla petiuit
Ipsius a solio regis traxitque trementem;","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C006","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"99","from":8385.0,"to":8390.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Erinni. Erine<\/b> \u00e8 plurale regolare di\nErina<\/i>, usato anche in prosa, p. e. Ovid. Pist. 2, Giason.: Ma<\/i>\nERINA trista furia infernale vi fu.<\/i> Le lezioni trine<\/i> e\ncrine<\/i><\/b> invece di Erine<\/i><\/b> voglionsi semplicemente considerare\ncome parti dell'ignoranza dei copisti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Erine<\/b> è plurale regolare di Erina<\/i>, usato anche in prosa, p. e. Ovid. Pist. 2, Giason.: Ma <\/i>ERINA trista furia infernale vi fu.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/volgarizzamento-delle-epistole-di-ovidio","LuogoFonte":"Ep. a Giasone","NotaFonte":"Probabile che Scartazzini faccia riferimento al \"Volgarizzamento delle Pistole di Ovidio\", a cura di Luigi Rigoli, Firenze, Garinei, 1819, p. 52.","TestoFonte":"\"Erina trista furia infernale sanguinosa colle maladette facelline\"","UrlFonte":"https:\/\/www.google.it\/books\/edition\/Volgarizzamento_delle_Pistole_d_Ovidio\/QZ4WAAAAYAAJ?hl=it&gbpv=1&dq=Volgarizzamento+delle+pistole+di+Ovidio&pg=PA139&printsec=frontcover","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"45","from":7997.0,"to":7998.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Esercita egli verso di noi\nquell'amore che ogn'uomo esercita verso di se medesimo, che non\naspetta preghiera, — che<\/b>, imperocch\u00e8, chi l'uopo<\/b> ec., chi\nl'altrui bisogno vede, ed aspetta preghiera, si mette al nego<\/b>,\nsi prepara costui a negar soccorso, in caso ne sia pregato. \nAllude a quel di Seneca Tarde velle nolentis est<\/i> [De benef.<\/i>\n2].  sego<\/i><\/b> per seco<\/i><\/b>, antitesi in grazia della rima, appoggiata\nforse al Romagnuolo seg.<\/i>  Nego<\/b> dee dir qu\u00ec per negativa<\/i><\/b>,\ncome dianzi prego<\/i> {v.56} per preghiera.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Allude a quel di Seneca Tarde velle nolentis est<\/i> [De benef. <\/i>2].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2054","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q5244244","LuogoFonte":"II v 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Omnis benignitas properat, et proprium est libenter facientis cito facere ; qui tarde et diem de die extrahens profuit, non ex animo fecit. Ita duas res maximas perdidit, et tempus et argumentum amicae voluntatis ; tarde velle nolentis est.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1017.phi013.perseus-lat1:2.5","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"58-60","from":16840.0,"to":16844.0,"NomeAutore":"Lucio Anneo Seneca","TitoloFonte":"De beneficiis"},
{"Annotazione":"Essendo Dante salito\nal Paradiso dal monte del Purgatorio antipodo a Gerusalemme\n[Purg. IV, 68 e segg.], non poteva senza aggirarsi vedere della\nterra, che l'emisfero stesso a noi antipodo, ond'era salito. \nDice adunque che, colla costellazione de' gemelli aggirandosi\nvenne a vedere questo nostro emisfero, che aiuola<\/b>, aietta,\npicciola aia, denomina per la picciolezza in cui appariva, e per\nquella che realmente ha per riguardo alla grandezza de' cieli. \nAnzi bene a questo proposito avvertono con postilla in margine\ngli Accademici della Crusca supporre Dante che fosse colass\u00f9 la\ndi lui vista deificata<\/i>, e perci\u00f2 valevole in tanta distanza a\ndiscernere non solamente la faccia della Terra, ma [come nel\nParadiso canto XXVII, 82 dir\u00e0] le parti eziandio della medesima.\n\n\tMalamente qu\u00ec alcuni, tra' quali 'l Venturi, intendono\nper l'aiuola<\/i><\/b> tutto il globo della terra<\/i><\/b>: imperocch\u00e8 quello\nche ci fa tanto feroci<\/b> non \u00e8 nel sistema di Dante se non\nl'emisfero nostro; servendo l'antipodo anzi a gastigo della\nferocia — eterni<\/b> appella i gemelli, per essere i cieli e tutte\nle celesti cose incorruttibili, e perci\u00f2 di eterna durata — da'\ncolli alle foci<\/b>, dalle montagne ai mari, dove i fiumi hanno le\nfoci.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Essendo Dante salito al Paradiso dal monte del Purgatorio antipodo a Gerusalemme [Purg. IV, 68 e segg.], non poteva senza aggirarsi vedere della terra, che l'emisfero stesso a noi antipodo, ond'era salito.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IV 68-71","NotaFonte":"","TestoFonte":"imagina Sïòn
con questo monte in su la terra stare
sì, ch'amendue hanno un solo orizzòn
e diversi emisperi;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=38&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"151-153","from":22306.0,"to":22311.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Essendo [eccoti\nl'amico Venturi] questo un salire poetico e fantastico, potr\u00e0\ndeporsene ogni ammirazione: per altro fuor di poesia sarebbe vano\nlo sperare, che i nostri corpi saliranno all'empireo per virt\u00f9 di\nquesto istinto; dovendosi ci\u00f2 sperare per quel che dice s. Paolo\nI Cor.<\/i> 15 Seminatur in infirmitate, surget in virtute<\/i>; cio\u00e8\ncon quella soprannaturale agilit\u00e0, di cui saranno dotati i corpi\ndegli eletti nella resurrezione, come insegna la dottrina\nCristiana.\n\n\tTanto per\u00f2 \u00e8 lontano questo salire dall'opporsi alla\nCristiana dottrina, che anzi si uniforma a quel cristianissimo\nprincipio, che l'uomo [anima e corpo] fu da Dio creato pe 'l\ncielo; e non per la terra, se non in quanto servisse questa al\ncielo come di scala. N\u00e8 s. Paolo ci specifica, che la virt\u00f9<\/i>,\nche avranno i corpi degli eletti dopo la risurrezione, abbia a\nconsistere in una nuova positiva qualit\u00e0 piuttosto che nel\ntoglimento della gravit\u00e0; dalla quale essendo, come ora dir\u00e0,\nDante libero, ottiene perci\u00f2 in lui tutto il suo effetto\nl'istinto al cielo — ad imo<\/b>, al fondo.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
dovendosi ciò sperare per quel che dice s. Paolo I Cor.<\/i> 15 Seminatur in infirmitate, surget in virtute<\/i>; cioè con quella soprannaturale agilità, di cui saranno dotati i corpi degli eletti nella resurrezione, come insegna la dottrina Cristiana<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80355","LuogoFonte":"XV 43","NotaFonte":"","TestoFonte":"seminatur in ignobilitate, resurgit in gloria; seminatur in infirmitate, resurgit in virtute;","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-i-corinthios_lt.html#15","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"136-138","from":938.0,"to":942.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Prima lettera ai Corinzi"},
{"Annotazione":"Essendo a' traditori di\ngrave pena l'essere scoperti, come nel canto precedente v. 94\nconfess\u00f2 Bocca degli Abati; perci\u00f2 costoro che tradirono chi di\nessi fidavasi, come pi\u00f9 rei de' precedenti, fa Dante stare col\nviso patente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Essendo a' traditori di grave pena l'essere scoperti, come nel canto precedente v. 94 confessò Bocca degli Abati; perciò costoro che tradirono chi di essi fidavasi, come più rei de' precedenti, fa Dante stare col viso patente.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXII 94","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ed elli a me: \"Del contrario ho io brama.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=32&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"93","from":32617.0,"to":32621.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Essendo il Sole in Ariete\n[Vedi Inf. I, 28 e Purg. II, 4 e 5] dovevano i pesci alzarsi\nprima del Sole, e conseguentemente velarsi dai raggi pi\u00f9 luminosi\ndella stella Venere allora diana, cio\u00e8 precedente il d\u00ec.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Essendo il Sole in Ariete [Vedi Inf. I, 28 e Purg. II, 4 e 5] dovevano i pesci alzarsi prima del Sole, e conseguentemente velarsi dai raggi più luminosi della stella Venere allora diana, cioè precedente il dì.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 38","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Inf. I 38, non 28.","TestoFonte":"e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"21","from":131.0,"to":134.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Essendo l'uccisione di M.\nCorso, dal Landino descritta, succeduta nell'anno 1308 [Vedi Gio.\nVillani Cron.<\/i> lib. 8 cap. 96] e fingendo, come pi\u00f9 fiate si \u00e8\ndetto, il poeta nostro questo suo viaggio nel 1300 v'erano di\nmezzo otto anni solamente — ci\u00f2 che 'l mio dir pi\u00f9 dichiarar\nnon puote.<\/b>  Accenna essere dal cielo volute le predizioni sempre\ncon qualche oscurit\u00e0: e forse per l'oscurit\u00e0 principale intende\nil non menzionare espressamente M. Corso Donati.  Ed \u00e8 cosa degna\ndi osservazione, che in nissun luogo del suo poema mai costui\nespressamente nomina; come not\u00f2 anche l'autore delle memorie per\nla vita di Dante<\/i><\/b> [Sotto il {paragraph.} 10].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Essendo l'uccisione di M. Corso, dal Landino descritta, succeduta nell'anno 1308 [Vedi Gio. Villani Cron.<\/i> lib. 8 cap. 96]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"IX 96","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, pp. 370-372 (VIII 96).","TestoFonte":"Nel detto anno MCCCVIII [...] Messer Corso tutto solo andandosene, fue giunto e preso sopra a Rovezzano da certi Catalani a cavallo, e menandolne preso a Firenze, come fue di costa a San Salvi, pregando quegli che'l menavano, e promettendo loro molta moneta se lo scampassono, i detti volendolo pure menare a Firenze, sì com'era loro imposto da' signori, messer Corso per paura di venire a le mani de' suoi nemici e a essere giustiziato dal popolo, essendo compreso forte di gotte ne le mani e ne' piedi, si lasciò cadere da cavallo. I detti Catalani veggendolo in terra, l'uno di loro gli diede d'una lancia per la gola d'uno colpo mortale, e lasciarollo per morto: i monaci del detto monistero il ne portaro ne la badia, e chi disse che inanzi che morisse si rimise ne le mani di loro in luogo di penitenzia, e chi disse che il trovar morto","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"88-90","from":24232.0,"to":24235.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Essendo uguali gli uomini ai\nfrutti nel prodursi immaturi, e nel maturarsi poscia col tempo,\nmetaforicamente perci\u00f2, essendo Adamo stato da Dio prodotto in\net\u00e0 matura, appella lui il solo frutto che maturo prodotto fosse. \nN\u00e8 alla voce solo<\/b> osta che Eva pure prodotta fosse matura, ed\nalla generazione atta, imperocch\u00e8 pot\u00e8 il Poeta ad imitazione\ndelle scritture sacre [Per cagion d'esempio, in vece\nd'ironicamente dire Iddio che Adamo ed Eva avevano conseguita la\nsomiglianza a Dio, promessa ad ambedue dal tentatore serpente,\neritis sicut Dii<\/i>, solo Adamo nominando dice Ecce Adam quasi\nunus ex nobis factus est. Gen.<\/i> 3] in Adamo intendere anche Eva.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
in vece d'ironicamente dire Iddio che Adamo ed Eva avevano conseguita la somiglianza a Dio, promessa ad ambedue dal tentatore serpente, eritis sicut Dii<\/i>, solo Adamo nominando dice Ecce Adam quasi unus ex nobis factus est. Gen.<\/i> 3<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"III 22","NotaFonte":"La Vulgata clementina legge: \"Ecce Adam quasi unus ex nobis factus est\" (Gen. III 22).","TestoFonte":"Et ait Dominus Deus: “Ecce homo factus est quasi unus ex nobis [...]”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"91-92","from":26010.0,"to":26013.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"Essendosi Anfiarao padre\nd'Almeone occultato per non essere condotto alla guerra di Tebe,\nErifile madre di Almeone, e moglie d'Anfiarao, per la superba\navidit\u00e0 di adornarsi di un ricco gioiello, che venivale offerto\nse indicava ov'era il di lei marito, ne lo indic\u00f2: e per\nvendicare questo tradimento fatto al padre, Almeone facto pius\net sceleratus eodem<\/i> [Ovid. Metam. IX, 409] uccise la propria\nmadre.  E questo \u00e8 ci\u00f2 che vuol Dante significare dicendo che\nfe' a sua madre parer caro<\/b>, cio\u00e8 di troppo caro costo, qual era\nquello della propria vita, lo sventurato adornamento.<\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Essendosi Anfiarao padre d'Almeone occultato per non essere condotto alla guerra di Tebe, Erifile madre di Almeone, e moglie d'Anfiarao, per la superba avidità di adornarsi di un ricco gioiello, che venivale offerto se indicava ov'era il di lei marito, ne lo indicò: e per  vendicare questo tradimento fatto al padre, Almeone facto pius et sceleratus eodem<\/i> [Ovid. Metam. IX, 409] uccise la propria madre.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"IX 408","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Met., IX 408, non 409.","TestoFonte":"natus erit facto pius et sceleratus eodem","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:9.324-9.417","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"50-51","from":11496.0,"to":11507.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
{"Annotazione":"Fa qu\u00ec Dante ch'esprima\nSap\u00eca l'incominciamento di sua vecchiaia coerentemente a quanto\nscrive egli nel Convito, che procede la nostra vita ad immagine\nd'arco, montando e discendendo<\/i> [Tratt. 4, cap. 23].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Fa quì Dante ch'esprima Sapìa l'incominciamento di sua vecchiaia coerentemente a quanto scrive egli nel Convito, che procede la nostra vita ad immagine d'arco, montando e discendendo<\/i> [Tratt. 4, cap. 23].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV xxiii 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"Onde, con ciò sia cosa che la nostra vita, sì come detto è, ed ancora d'ogni vivente qua giù, sia causata dal cielo e lo cielo a tutti questi cotali effetti, non per cerchio compiuto ma per parte di quello a loro si scuopra; e così conviene che 'l suo movimento sia sopra essi come uno arco quasi, e tutte le terrene vite (e dico terrene, sì delli uomini come delli altri viventi), montando e volgendo, convengono essere quasi a imagine d'arco asimiglianti. Tornando dunque alla nostra, sola della quale al presente s'intende, sì dico ch'ella procede a imagine di questo arco, montando e discendendo.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=73&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"114","from":12921.0,"to":12924.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Fa una cosa sola con la selva; ma\nbisogna rappresentarsela fonda<\/i> (XX, 129), come l'alta valle\nfeda<\/i> dell'inferno (XII, 40).  In una valle profonda e oscura il\nmale, in un colle luminoso il bene, tra la valle e il colle una\npiaggia dov'\u00e8 sospensione tra il bene e il male.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Fa una cosa sola con la selva; ma\r\nbisogna rappresentarsela fonda<\/i> (XX, 129), come l'alta valle\r\nfeda<\/i> dell'inferno (XII, 40). <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII, 37-43","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma certo poco pria, se ben discerno,
che venisse colui che la gran preda
levò a Dite del cerchio superno,
da tutte parti l'alta valle feda<\/strong>
tremò sì, ch'i' pensai che l'universo
sentisse amor, per lo qual è chi creda
più volte il mondo in caòsso converso;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=12&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"14","from":104.0,"to":106.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Facendosi nelle scuole il\npredetto avvenimento servire di obbiezione contro il dogma della\nimmutabilit\u00e0 dei divini decreti, dice perci\u00f2 Dante, che il\nmedesimo Ezechia conosce ora in cielo il contrario di quello che\npe 'l di lui fatto sembra ad alcuni uomini in terra, che 'l\ngiudicio eterno<\/b>, il divino decreto, non si trasmuta, perch\u00e8<\/b>,\nper cagione che [Vedi 'l Vocab. della Crusca sotto la voce\nperch\u00e8<\/i> {paragraph.} 2] degno<\/i><\/b>, a Dio accetto, preco<\/b> [per\nprego<\/i><\/b>, preghiera<\/i>, antitesi in grazia della rima] fa crastino\nlaggi\u00f9 dell'odierno<\/i><\/b>, fa che in terra succeda domane quello ch'\u00e8\npredetto dover oggi succedere. Conosce cio\u00e8 avere Iddio ab\neterno tutto determinato, e la forza delle cause seconde a dar\nmorte ad Ezechia [cagione per cui pot\u00e8 fargli predire la certa\nmorte], e l'impedimento della medesima forza, ch'era egli per\noperare ai prieghi d'Ezechia. Deus<\/i><\/b> [insegna s. Agostino]\nnovit quiescens agere, et agens quiescere: potest ad opus novum\nnon novum, sed sempiternum adhibere consilium<\/i> [De Civ. Dei<\/i> lib.\n22 cap. 22].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Deus<\/i> [insegna s. Agostino] novit quiescens agere, et agens quiescere: potest ad opus novum non novum, sed sempiternum adhibere consilium<\/i> [De Civ. Dei<\/i> lib. 22 cap. 22].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q212318","LuogoFonte":"XII xvii 2","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 XII xvii 2, non XXII 22.","TestoFonte":"Novit quiescens agere et agens quiescere. Potest ad opus novum non novum, sed sempiternum adhibere consilium","UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/cdd\/index2.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"52-54","from":19541.0,"to":19544.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":"La citt\u00e0 di Dio"},
{"Annotazione":"Famoso indovino toscano, mentovato da\nLucano nel 1o<\/sup> della Farsaglia: «Aruns incoluit deserta moenia\nLunae etc.»  — Al ventre gli s'atterga<\/b>, ha il suo tergo al\nventre di Tiresia, cio\u00e8, stante il costoro camminare a ritroso,\ngli cammina dietro.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Aronta<\/strong>. Famoso indovino toscano, mentovato da Lucano nel 1o<\/sup> della Farsaglia: «Aruns incoluit deserta moenia Lunae etc.» ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"Pharsalia I, 586","NotaFonte":"","TestoFonte":"Aruns incoluit desertae moenia Lucae","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0133%3Abook%3D1%3Acard","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46","from":18737.0,"to":18738.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"},
{"Annotazione":"Figliuola di messer\nBellincione Berti de' Ravignani, «ch'era il maggiore e il pi\u00f9\nonorato cavaliere di Firenze,» dice Gio. Villani, V, 37.  E\nnarra che l'imperatore Ottone IV, «vedendo le belle donne di\nFirenze ch'erano raunate in Santa Reparata per lui, questa\npulzella pi\u00f9 di tutte gli piacque: e dicendo il padre ch'egli\navea podere di fargliela baciare, la donzella rispose che uomo\nvivente non la baciarebbe, se gi\u00e0 non fosse suo marito.»  Delle\nquali parole Ottone molto la commend\u00f2, e maritolla al conte\nGuido, ch'egli fece signore del Casentino.  Di questo matrimonio\nnacque Ruggieri, e da lui Guidoguerra.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"della buona Gualdrada<\/strong>. Figliuola di messer Bellincione Berti de' Ravignani, «ch'era il maggiore e il più onorato cavaliere di Firenze,» dice Gio. Villani, V, 37. E narra che l'imperatore Ottone IV, «vedendo le belle donne di Firenze ch'erano raunate in Santa Reparata per lui, questa pulzella più di tutte gli piacque: e dicendo il padre ch'egli avea podere di fargliela baciare, la donzella rispose che uomo vivente non la baciarebbe, se già non fosse suo marito.» ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica VI, 37","NotaFonte":"","TestoFonte":"Questo Guido fu padre del detto conte Guido vecchio, onde poi tutti i conti Guidi sono discesi. Questo conte Guido vecchio prese per moglie la figliuola di messere Bellincione Berti de’ Ravignani, ch’era il maggiore e ’l più onorato cavaliere di Firenze<\/strong>, e le sue case succedettono poi per retaggio a’ conti, le quali furono a porta San Piero in su la porta vecchia. Quella donna ebbe nome Gualdrada, e per bellezza e bello parlare di lei la tolse, veggendola in Santa Reparata coll’altre donne e donzelle di Firenze. Quando lo ’mperadore Otto quarto venne in Firenze, e veggendo le belle donne<\/strong> della città che in Santa Reparata<\/strong> per lui erano raunate, questa pulcella più piacque allo ’mperadore; e ’l padre di lei dicendo allo ’mperadore ch’egli avea podere di fargliele basciare, la donzella rispuose che già uomo vivente la bascerebbe se non fosse suo marito<\/strong>, per la quale parola lo ’mperadore molto la commendò.","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"37","from":14743.0,"to":14749.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Fiorentino,\ngiurisconsulto a' suoi tempi eccellentissimo.  Venturi.  — e\nvedervi<\/b> ec.  Costruzione.  E se avessi<\/b> tu avuto brama di tale\ntigna<\/b>, di tale noia [Cos\u00ec spiega qu\u00ec tigna<\/b> il Vocab. della\nCrusca] in veder costoro, potei<\/i><\/b>, per potevi<\/i> [Vedi Cinon,\nde' verbi<\/i> cap. 5 e il Prospetto di verbi Toscani<\/i>] intendi,\nmentr'eri addietro, vedervi colui<\/b>, Andrea de' Mozzi Fiorentino,\nchiosano d'accordo tutti gli espositori, che dal servo de'\nservi<\/b>, dal Papa [che nelle bolle si appella servus servorum\nDei<\/i><\/b>] fu trasmutato d'Arno in Bacchiglione<\/i><\/b>, fu trasferito dal\nvescovado di Firenze, per dove passa l'Arno, al vescovado di\nVicenza, per dove passa il Bacchiglione; dove lasci\u00f2 i nervi mal\nprotesi<\/b>, cio\u00e8 in mala parte distesi, perch\u00e8 in Vicenza si mor\u00ec.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
dal servo de' servi<\/b>, dal Papa [che nelle bolle si appella servus servorum Dei<\/i>]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42827","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Homiliae_in_Evangelia","LuogoFonte":"1436","NotaFonte":"","TestoFonte":"Reverentissimo et sanctissimo fratri Secundino episcopo, Gregorius servus servorum Dei.","UrlFonte":"http:\/\/www.mlat.uzh.ch\/index.php?app=browser&text=8053:1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"110-114","from":14371.0,"to":14374.0,"NomeAutore":"papa Gregorio I","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Forse allude a particolar\ndivozione del Poeta per santa Lucia; tanto pi\u00f9, ch'egli stesso\nnel Convito tocca di una grave malattia sofferta agli occhi. \nForse pure accenna alla ferma fede di Dante nella necessit\u00e0\ndell'aiuto della Grazia, contro quello ch'ereticamente ne\naffermava la setta de' Pelagiani.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Forse allude a particolar divozione del Poeta per santa Lucia; tanto più, ch'egli stesso nel Convito tocca di una grave malattia sofferta agli occhi. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio III, ix, 15","NotaFonte":"","TestoFonte":"E io fui esperto di questo l'anno medesimo che nacque questa canzone, che per affaticare lo viso molto a studio di leggere, in tanto debilitai li spiriti visivi che le stelle mi pareano tutte d'alcuno albore ombrate. E per lunga riposanza in luoghi oscuri e freddi, e con affreddare lo corpo dell'occhio coll'acqua chiara, riunì sì la vertù disgregata che tornai nel primo buono stato della vista.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=42&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"98","from":1708.0,"to":1711.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Francesca; — l'altro<\/b>, Paolo. \n— Di pietade<\/b> (cf. vv. 72, 93) io venni men<\/b>, perch\u00e8 la\npiet\u00e0<\/i> lo confuse di tristezza<\/i>, cio\u00e8 gli tolse la coscienza di\nse stesso, gli vinse ciascun sentimento<\/i> (Inf.<\/i>, III, 135), di\nguisa che per questa piet\u00e0<\/i> sentendosi quasi morire, cadde\nsvenuto.  Nella Vit. N.<\/i>, XXII, di Beatrice piangente la morte\ndel padre: \"Certo ella piange s\u00ec, che qual la mirasse dovrebbe\nmorir di pietade.\"  E si legga altro smarrimento di spirito in\nDante, Vit. N.<\/i>, XIV, per vedere come in cose d'amore il Poeta\nsentisse profondo; non gi\u00e0 per trarne quella sbagliatissima\ninduzione, che ne trasse il P. Tosti, nella prefazione alla\nstampa del famoso Codice Cassinese del 1865.  — Com'io\nmorisse<\/i><\/b>, morissi (cf. Inf.<\/i><\/b>, XIII, 25).  — E caddi<\/b> ecc.  Il\nVenturi: \"La scelta delle parole, tutte di due sillabe, e\nl'uniforme gravit\u00e0 degli accenti rendono stupendo questo verso\nper suono imitativo; e fan sentire la caduta d'un corpo con modo\npi\u00f9 efficace di quel d'Ovidio ove narra d'Alcione: collapsaque\ncorpore tota est<\/i> (Met.<\/i>, XI, 460).\"\n\n\tNota le terzine 4, 5, 10, 11, 12, 14, 15, 16, 18, 21, 24, \n25 27, 28, 31, 33 alla 41, 43 all'ultima.\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Di pietade<\/b> (cf. vv. 72, 93) io venni men<\/b>, perchè la pietà<\/i> lo confuse di tristezza<\/i>, cioè gli tolse la coscienza di se stesso, gli vinse ciascun sentimento<\/i> (Inf.<\/i>, III, 135), di guisa che per questa pietà<\/i> sentendosi quasi morire, cadde svenuto.  Nella Vit. N.<\/i>, XXII, di Beatrice piangente la morte del padre: \"Certo ella piange sì, che qual la mirasse dovrebbe morir di pietade.\"  E si legga altro smarrimento di spirito in Dante, Vit. N.<\/i>, XIV, per vedere come in cose d'amore il Poeta sentisse profondo<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V, 72","NotaFonte":"","TestoFonte":"pietà mi giunse, e fui quasi smarrito","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"139-142","from":4947.0,"to":4950.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"G. Villani lo dice:\n«Cavaliere savio e prode in armi e di grande autoritade». \nSconsigli\u00f2 i fiorentini dall'uscire in campo contro i senesi; ma\nnon gli dettero ascolto, la sua voce non fu gradita, come avrebbe\ndovuto essere, e i suoi cittadini rimasero sconfitti a\nMontaperti.  Di lui D. aveva domandato gi\u00e0 a Ciacco con grande\npremura.  Cfr. c. VI, 79.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
G. Villani lo dice: «Cavaliere savio e prode in armi e di grande autoritade». \r\nSconsigliò i fiorentini dall'uscire in campo contro i senesi; ma\r\nnon gli dettero ascolto, la sua voce non fu gradita, come avrebbe\r\ndovuto essere, e i suoi cittadini rimasero sconfitti a\r\nMontaperti. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"I, vii, 77","NotaFonte":"","TestoFonte":"E ancora sentendo i cittadini variati d'animi, e male disposti a fare più oste, rendero savio consiglio, che per lo migliore l'oste non procedesse al presente per le ragioni di su dette, e ancora mostrando come per poco costo si potea fornire Monte Alcino, e prendeallo a fornire gli Orbitani, e assegnando come i detti Tedeschi non aveano paga per più di tre mesi, e già aveano servito mezzo il tempo, e lasciandogli stentare sanza fare oste, tosto sarebbono straccati e tornerebbonsi in Puglia, e' Sanesi e gli usciti di Firenze rimarrebbono in peggiore stato che di prima. E 'l dicitore fu per tutti messer Tegghiaio Aldobrandi degli Adimari, cavaliere savio e prode e di grande autoritade; e di largo consigliava il migliore.","UrlFonte":"","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"41","from":14774.0,"to":14776.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Gaeta ebbe il nome da\nGaieta, nutrice di Enea ivi sepolta.  AEn., VII.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Prima che sì Enea<\/b> ec. Gaeta ebbe il nome da Gaieta, nutrice di Enea ivi sepolta. Aen., VII.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis VII, 1-2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tu quoque litoribus nostris, Aeneia nutrix,
aeternam moriens famam, Caieta, dedisti","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D7%3Acard%3D1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"93","from":25415.0,"to":25419.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Geremia, I, 12: «Attendite et\nvidete si est dolor sicut dolor meus.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Vedi s'alcuna<\/b> ec. Geremia, I, 12: «Attendite et videte si est dolor sicut dolor meus.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q158825","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q179058","LuogoFonte":"Lamentationes I, 12","NotaFonte":"","TestoFonte":"O vos omnes, qui transitis per viam,
attendite et videte,<\/strong>
si est dolor sicut dolor meus<\/strong>,
quem paravit mihi,
quo afflixit me Dominus
in die irae furoris sui.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_lamentationes_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"132","from":27689.0,"to":27692.0,"NomeAutore":"Geremia","TitoloFonte":"Libro delle Lamentazioni"}, {"Annotazione":"Gerione qui, Anteo pi\u00f9 abbasso\n(C. XXXI), Lucifero da ultimo (C. XXXIV).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"sì fatte scale<\/strong>. Gerione qui, Anteo più abbasso (C. XXXI), Lucifero da ultimo (C. XXXIV). ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXI, 142-145","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma lievemente al fondo che divora
Lucifero con Giuda, ci sposò;
né, sì chinato, lì fece dimora,
e come albero in nave si levò.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=31","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"82","from":16055.0,"to":16058.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Gio. Villani, VII, 148:\n«Ghibellino era di sua nazione e in sue opere, ma co' Fiorentini\nera Guelfo e nimico di tutt'i loro nemici.» \u00c8 probabile che il\nPagani per politica insiememente e per commodo passasse la state\nnel suo dominio in Romagna, il verno in quel di Toscana; e che a\nquesto suo periodico mutamento di residenza e di fazione accenni\nil Poeta. «La Toscana (osservano, infatti, qui le Chios. Dant.)\n\u00e8 volta verso la parti calde, la Romagna inverso le fredde e\ntramontane.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Che muta parte<\/b> ec. Gio. Villani, VII, 148: «Ghibellino era di sua nazione e in sue opere, ma co' Fiorentini era Guelfo e nimico di tutt'i loro nemici.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica VIII, 149 ","NotaFonte":"","TestoFonte":"Il detto Maghinardo fu uno grande e savio tiranno, e dalla contrada tra Casentino e Romagna grande castellano, e con molti fedeli; savio fu di guerra e bene aventuroso in più battaglie, e al suo tempo fece grandi cose. Ghibellino era di sua nazione e in sue opere, ma co’ Fiorentini era Guelfo e nimico di tutti i loro nimici<\/strong>, o Guelfi o Ghibellini che fossono","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"51","from":26133.0,"to":26136.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"Gio. Villani:\nPer me ha il titol della fame.<\/b> Gio. Villani: «D'allora innanzi fu la detta torre, dove morirono, chiamata la torre della fame.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica VIII, 128","NotaFonte":"","TestoFonte":"E tratti tutti e cinque insieme morti della detta torre, vilmente furono sotterrati; e d’allora innanzi la detta carcere fu chiamata la torre della fame, e sarà sempre","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"23","from":32096.0,"to":32106.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"Giovan Villani, che mor\u00ec\nnel 1348 [Vedi in fine della di lui cronica] scrive che\nabitassero i Ravignani in su la porta di s. Piero<\/i> [Cron. lib. 4\ncap. 10], e che passata essendo quella casa a Bellincion Berti, e\nper esso ai conti Guidi, in fine la comprassero ed a' suoi tempi\nl'abitassero i Cerchi Neri [Ivi, e lib. 3 cap. 2 e lib. 7 cap.\n117], cos\u00ec appellati dal partito che seguivano [Vedi Cionacci\nStor. della B. Umiliana<\/i> part. 4 cap. 4]: e per\u00f2 Dante, ch'era\ndell'opposto partito de' Bianchi, felloni<\/i> gli appella —\ngiattura della barca<\/b>, metaforicamente in vece di perdizione\ndella repubblica<\/i><\/b> — i Ravignani, ond'\u00e8 disceso Il conte Guido,\ne qualunque<\/i><\/b> ec. De' Ravignani fu Bellincion Berti, e di\nBellincion Berti, per una di lui figliuola discesero, e furono\neredi [Gio. Villani Cron. nel precitato libro 3 cap. 2] i conti\nGuidi, prendendone insieme colla eredit\u00e0 anche del nome<\/b>, il\nnome di lui; appellandosi [dobbiam intendere] Berti<\/i> essi pure,\no Guidi Berti.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Giovan Villani, che morì nel 1348 [Vedi in fine della di lui cronica]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"XIII 123","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 929.","TestoFonte":"Qui finisce il Trattato, e l'opera fatta per Giovanni Villani, cioè della Cronica<\/em>, il quale non la potè seguire più innanzi, perché Iddio il chiamò a sè al tempo della gran mortalità dell'anno 1348.","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/bub_gb_nxHkFtgdAygC\/page\/n964\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-98","from":15771.0,"to":15774.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Giovanni Soldanieri,\nsecondo Giovanni Villani al decimo terzo del settimo libro,\nessendo in Firenze di grande autorit\u00e0, e di fazione Ghibellino,\nvolendo la parte sua tor il governo del popolo a' Guelfi,\ntradendo i suoi, si accost\u00f2 ad essi Guelfi, e fecesi di quel\ngoverno principe.  Vellutello.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Giovanni Soldanieri, secondo Giovanni Villani al decimo terzo del settimo libro, essendo in Firenze di grande autorità, e di fazione Ghibellino, volendo la parte sua tor il governo del popolo a' Guelfi, tradendo i suoi, si accostò ad essi Guelfi, e fecesi di quel governo principe.  Vellutello.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VIII 14","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 197 (VII 14).","TestoFonte":"Il popolo si ridusse tutto nella via larga di Santa Trinita, e messer Gianni de' Soldanieri si fece capo del popolo per montare inn-istato, non guardando al fine, che dovea riuscire a sconcio di parte ghibellina e suo dammaggio, che sempre pare sia avenuto in Firenze a chi s'è fatto capo di popolo.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"121","from":31795.0,"to":31801.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Giunio Bruto, primo consolo.  Conv.\nIV, 6.  L'altro Bruto, uccisore di Cesare, lo troveremo nella\nbocca di Lucifero.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Giunio Bruto, primo consolo.  Conv. IV, 6<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, v, 12","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 a Convivio IV, v, e non, invece, a Convivio IV, vi","TestoFonte":"Se noi consideriamo poi lei [Roma] per la maggiore adolescenza sua, poi che dalla reale tutoria fu emancipata, da Bruto primo consolo infino a Cesare primo prencipe sommo, noi troveremo lei essaltata non con umani cittadini ma con divini, nelli quali non amore umano ma divino era inspirato in amare lei.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=55&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"127","from":3842.0,"to":3844.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Gi\u00e0 fin dal primo Canto\nVirgilio ha detto esser nato lombardo allora che de' Longobardi\nignoravasi il nome; ma non prima che adesso gli era venuta l'idea\ndi lombardeggiare: e giusto addesso ch'ei parlava a Greci! \nFortuna, che tal ghiribizzo non gli torner\u00e0 mai pi\u00f9, neppur\nparlando a Lombardi.  — A coprir questa menda, molti ricordano\ncome Lombardi a quel tempo furon detti tutti gl'Italiani. \nFurono, si, ma dai Francesi; e Guido, che qui parla, \u00e8 di\nRomagna.  Poi nel seguente verso ei d\u00e0 la pruova dell'asserzione\nsua, ch'\u00e8 prova egualmente dell'interpetrazione nostra: e poco\npi\u00f9 gi\u00f9, la dolce terra<\/i> italiana egli chiama latina<\/i>, non\nlombarda.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Parlavi mo lombardo.<\/b> Già fin dal primo Canto Virgilio ha detto esser nato lombardo allora che de' Longobardi ignoravasi il nome; ma non prima che adesso gli era venuta l'idea di lombardeggiare: e giusto addesso ch'ei parlava a Greci! Fortuna, che tal ghiribizzo non gli tornerà mai più, neppur parlando a Lombardi. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I, 68","NotaFonte":"","TestoFonte":"e li parenti miei furon lombardi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"20","from":25916.0,"to":25919.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Gi\u00e0 fra i pi\u00f9 antichi\ncommentatori vi \u00e8 dissensione chi fosse colui di cui Dante in\nquesti versi intende parlare.  Alcuni vogliono che sia Esau il\nquale vend\u00e8 la primogenitura al fratello Giacobbe; altri dice\nesser questi Diocleziano che in sua vecchiaja rinnunzi\u00f2 l'impero.\nMa dicendo Dante aver egli a prima vista conosciuto quest'ombra \u00e8\ncosa manifesta che egli parla di un suo contemporaneo.  Il pi\u00f9\ndei commentatori antichi e moderni vede in costui Celestino V che\nabdic\u00f2 il papato.  Questa opinione sembra in tal qual modo venir\nconfermata dal poeta medesimo, Inf. XXVII, 104, 105, dove egli fa\ndire a Bonifacio VIII parlando di papa Celestino:\n\n                     — son due le chiavi<\/i>\n     Che il mio antecessor non ebbe care.<\/i>\n\nIn conseguenza della abdicazione di Celestino V venne eletto\nBonifacio VIII, nel quale Dante mirava uno dei principali autori\ndelle sue sciagure.  Osservisi tuttavia che questa opinione,\nquantunque anche a noi sembri la pi\u00f9 verisimile, non \u00e8 poi\nelevata al disopra di ogni dubbio.  Per tacere di altre\nobbjezioni ci sarebbe forse motivo di dubitare se rifiuto<\/b> valga\nquanto abdicazione<\/i><\/b> o rinunzia.<\/i>  E poi resta sempre\nsorprendente che Dante abbia cacciato fra questi miserabili\nun'uomo cos\u00ec santo quale Celestino V.  Forse non meno accettabile\nsarebbe pertanto l'opinione di chi vede in questo personaggi\nVieri de' Cerchi, l'imbelle capo dei Bianchi di Firenze.  Il\ntutto ben ponderato, sar\u00e0 pur forza confessare che, avendo Dante\ntaciuto il nome di costui, noi possiamo bens\u00ec supporre ma non mai\ndecidere con certezza chi egli abbia avuto in mira.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Il più dei commentatori antichi e moderni vede in costui Celestino V che abdicò il papato. Questa opinione sembra in tal qual modo venir confermata dal poeta medesimo, Inf. XXVII, 104, 105, dove egli fa dire a Bonifacio VIII parlando di papa Celestino:\r\n\r\n                     — son due le chiavi<\/i>\r\n     Che il mio antecessor non ebbe care.<\/i>\r\n\r\nIn conseguenza della abdicazione di Celestino V venne eletto Bonifacio VIII, nel quale Dante mirava uno dei principali autori delle sue sciagure.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVII, 103-105","NotaFonte":"","TestoFonte":"Lo ciel poss'io serrare e diserrare,
come tu sai; però son due le chiavi
che 'l mio antecessor non ebbe care","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=27&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"59-60","from":2440.0,"to":2444.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Gl'intelletti de'\ncomentatori, che circa le allegorie non sogliono mostrarsi i\npi\u00f9 sani del mondo, sottilizzano qui variamente, ma invano. Per\nme, se le Furie difendono la citt\u00e0 di Dite come cosa loro\npropria, esse non possono rappresentare che il contenuto di\nquella. Contenuto di Dite \u00e8 la malizia, il triforme amore del\nmale<\/i>, di cui si ragiona di proposito nel XVIII del Purgatorio:\nle tre Furie dunque sono figure delle tre forme che, secondo\nDante, prendono l'amore del male. Quanto al Gorgone<\/i>, \u00e8\ngeneralmente ammessa l'interpretazione del Boccaccio, che si\nfiguri in esso l'amore de' beni mondani, l'affetto alle cose\ntemporali, che impietra l'uomo, cio\u00e8 lo rende indifferente per\nil bene dell'anima. Sicch\u00e8 la dottrina che s'asconde<\/b> si\nridurrebbe in sostanza alle seguenti parole dello stesso\nBoccaccio: «la ragione il fece volgere (Dante) in altra parte che\nin quella donde dovea mostrarsi il Gorgone, cio\u00e8 il fece volgere\nad altro studio che a riguardare le vanit\u00e0 temporali e a porvi\nl'animo; il che pregava il Salmista, quando diceva: Averte\noculos meos, ne videant vanitatem.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Contenuto di Dite è la malizia, il triforme amore del male<\/i>, di cui si ragiona di proposito nel XVIII del Purgatorio: le tre Furie dunque sono figure delle tre forme che, secondo Dante, prendono l'amore del male.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVIII, 124","NotaFonte":"","TestoFonte":"Questo triforme amor qua giù di sotto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=52","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61-63","from":8110.0,"to":8114.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Gl'interpreti tutti\ndal primo all'ultimo intendono accennata qu\u00ec la favola della\nviolenta estrazione di Cerbero dall'Inferno fatta da Ercole per\ncomando di Euristeo.  Mi fa per\u00f2 meraviglia grande, che a nissuno\ndei tanti data siasi a conoscere l'intollerabile assurdit\u00e0, che\nda un messo del cielo<\/i> {v.85}, da un Angelo, si ammettesse per\nistoria, e si rinfacciasse a' demoni una favola.  Mai n\u00f2.  Ha di\ngi\u00e0 Virgilio in questo medesimo incontro fatta ricordare la\ndiscesa all'Inferno del nostro Salvator Ges\u00f9 Cristo [Canto\nprecedente v. 124 e segg.]: e perch\u00e9 dunque non intenderem noi\npiuttosto, che fosse Cerbero in tal occasione stretto con catene\nal collo, e con musoliera, tal che non potesse avventarsi, e\nneppur abbaiare? e che fremendo esso, e dibattendosi in cotali\nstretture si dipelasse il mento e 'l gozzo? e che finalmente,\ncome in perpetua memoria di quel fatto, la porta dell'inferno\nsenza serrame ancor si trova<\/i>, cos\u00ec anche Cerbero ne porti\nancor pelato il mento e 'l gozzo<\/b>?  A questo modo sar\u00e0 un\nabbellimento poetico accresciuto ad un fatto storico: ove a\nquell'altro modo dagl'interpreti inteso sarebbe una favola\nsupposta istoria.  — se ben vi ricorda<\/b>, ellissi, per se ben\nvi si ricorda.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ha di già Virgilio in questo medesimo incontro fatta ricordare la discesa all'Inferno del nostro Salvator Gesù Cristo [Canto precedente v. 124 e segg.]: e perché dunque non intenderem noi piuttosto, che fosse Cerbero in tal occasione stretto con catene al collo, e con musoliera, tal che non potesse avventarsi, e neppur abbaiare? [...].  come in perpetua memoria di quel fatto, la porta dell'inferno senza serrame ancor si trova<\/i>, così anche Cerbero ne porti ancor pelato il mento e 'l gozzo<\/b><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VIII 124-126","NotaFonte":"","TestoFonte":"Questa lor tracotanza non è nova;
ché già l'usaro a men segreta porta,
la qual sanza serrame ancor si trova.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=8","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': '', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"98-99","from":8375.0,"to":8379.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Glauco figliuolo di\nPolibo, pescatore nell'isola Eubea. Costui avendo una volta\nposati sovra un prato i pesci presi, e veggendoli all'improviso\nrisaltar in mare, desideroso di saper la cagione di ci\u00f2, diedesi\na mangiar dell'erbe, nelle quali erano giaciuti i pesci. Non si\ntosto ebbe ci\u00f2 fatto, che non potendo pi\u00f9 vivere in terra,\ngettossi anch'esso nel mare, e quivi fu cangiato in un Dio\nmarino. Vedi Ovidio nel 13 delle Trasform. [Vers. 931 e segg.]. \nVolpi. Vuol dire che per mirare in Beatrice divinizzossi —\nconsorto<\/b>, compagno.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vedi Ovidio nel 13 delle Trasform. [Vers. 931 e segg.].  Volpi.  Vuol dire che per mirare in Beatrice divinizzossi<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"XIII 931-965","NotaFonte":"","TestoFonte":"caespite consedi, dum lina madentia sicco,
utque recenserem captivos ordine pisces,
insuper exposui, quos aut in retia casus
aut sua credulitas in aduncos egerat hamos.
Res similis fictae (sed quid mihi fingere prodest?):
gramine contacto coepit mea praeda moveri
et mutare latus terraque, ut in aequore, niti.
Dumque moror mirorque simul, fugit omnis in undas
turba suas dominumque novum litusque relinquunt.
Obstipui dubitoque diu causamque requiro,
num deus hoc aliquis, num sucus fecerit herbae.
“Quae” tamen “has” inquam “vires habet herba?”,manuque
pabula decerpsi decerptaque dente momordi.
Vix bene combiberant ignotos guttura sucos,
cum subito trepidare intus praecordia sensi
alteriusque rapi naturae pectus amore,
nec potui restare diu “repetenda” que “numquam
terra, vale!” dixi corpusque sub aequora mersi.
Di maris exceptum socio dignantur honore,
utque mihi quaecumque feram mortalia, demant,
Oceanum Tethynque rogant: ego lustror ab illis,
et purgante nefas noviens mihi carmine dicto
pectora fluminibus iubeor supponere centum;
nec mora, diversis lapsi de partibus amnes
totaque vertuntur supra caput aequora nostrum.
Hactenus acta tibi possum memoranda referre,
hactenus haec memini, nec mens mea cetera sensit.
Quae postquam rediit, alium me corpore toto
ac fueram nuper, neque eundem mente recepi.
Hanc ego tum primum viridem ferrugine barbam
caesariemque meam, quam longa per aequora verro,
ingentesque umeros et caerula bracchia vidi
cruraque pinnigero curvata novissima pisce.
Quid tamen haec species, quid dis placuisse marinis,
quid iuvat esse deum, si tu non tangeris istis?”","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:13.898","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"68-69","from":463.0,"to":482.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Gli dava meraviglia la\nnovit\u00e0 della cosa, perch\u00e8 quando egli scese l'altra volta\nscongiurato da Eritone (c. IX, 23), Caifasso e i suoi consorti\nnon eran peranche dannati.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"maravigliar Virgilio. <\/strong>Gli dava meraviglia la novità della cosa, perchè quando egli scese l'altra volta scongiurato da Eritone (c. IX, 23), Caifasso e i suoi consorti non eran peranche dannati.<\/strong>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IX, 23","NotaFonte":"","TestoFonte":"congiurato da quella Eritón cruda","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=9","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"124","from":22329.0,"to":22331.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Gravi mi sono queste\nparole, se ben le intendo. E che? dovremo noi sempre rimanere\nquinc'entro dove tu mi guidi? Duro<\/b> significa qu\u00ec grave<\/i>,\ndoloroso<\/i>, come Inf. IX, 122: «duri lamenti». Giul.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Duro<\/b> significa quì grave<\/i>, doloroso<\/i>, come Inf. IX, 122: «duri lamenti»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IX, 122-123","NotaFonte":"Scartazzini conferma l'interpretazione di Giambattista Giuliani (Canelli, Asti, 1818-Firenze 1884)","TestoFonte":"e fuor n'uscivan si\u0300 duri lamenti,
che ben parean di miseri e d'offesi.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=9&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': '', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"12","from":2106.0,"to":2112.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Gridarono, dice\nil Vellutello, per derisione i demoni, che quivi non aveva luogo\nil Volto santo da' Lucchesi avuto in somma venerazione, ed\ninvocato da loro nelle sue necessit\u00e0: ma quivi non aveva luogo,\nperch\u00e8 in Inferno nulla est redemptio<\/i>: e del medesimo tuono\nchiosano gli altri espositori. Vedi per\u00f2 quant'\u00e8 detto due versi\nsopra.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
In Inferno nulla est redemptio<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/de-rationibus-fidei","LuogoFonte":"IX","NotaFonte":"\"In Inferno nulla est redemptio\": \"espressione canonica, ricalcata su testi patristici\" (D. Pirovano, ed. Vellutello, ad locum).","TestoFonte":"Manifestum est autem quod non orat pro his qui sunt in Inferno, quia in Inferno nulla est redemptio; neque etiam pro his qui sunt caelestem gloriam iam adepti quia illi iam pervenerunt ad finem.","UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/ocg.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"48","from":19680.0,"to":19688.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Griffolino, detto nel prec. canto v. 109.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Griffolino, detto nel prec. canto v. 109.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIX 109","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Io fui d'Arezzo, e Albero da Siena\",","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=29&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31","from":28987.0,"to":28989.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Grifone \u00e8 un animale\ncreduto biforme, alato, e quadrupede; aquila nella parte\nanteriore, e lione nella posteriore.  Cos\u00ec 'l Vocabolario della\nCrusca: e ne adduce tra l'altre, la testimonianza dell'antico\nscrittore F. Giordano da Ripalta: i grifoni sono fatti dinanzi a\nmodo d'aguglia, e di dietro come leoni, e sono fortissimi.<\/i>  Non\npoteva il poeta nostro trovare altronde miglior simbolo delle due\nnature unite sotto una stessa divina persona in Ges\u00f9 Cristo\nnostro Salvatore.  Imperocch\u00e8 la natura dell'aquila, uccello che\npi\u00f9 di tutti in alto si solleva, ottimamente si adatta a\nsimboleggiare la divinit\u00e0 di Ges\u00f9 Cristo; e la natura del\nleone, animale che da terra non si solleva, ugualmente bene si\nconf\u00e0 a significare l'Umanit\u00e0 di Ges\u00f9 Cristo; e per quello\nancora che leone<\/i> viene appellato il medesimo Ges\u00f9 Cristo\nnell'Apocalisse in quelle parole ecce vicit leo de tribu Iuda<\/i>\n[Cap. 5].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Grifone è un animale creduto biforme, alato, e quadrupede; aquila nella parte anteriore, e lione nella posteriore.  Così 'l Vocabolario della Crusca: e ne adduce tra l'altre, la testimonianza dell'antico scrittore F. Giordano da Ripalta: i grifoni sono fatti dinanzi a modo d'aguglia, e di dietro come leoni, e sono fortissimi.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3765185","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/prediche","LuogoFonte":"48","NotaFonte":"La citazione proviene dal Vocabolario della Crusca.","TestoFonte":"I grifoni sono fatti dinanzi a modo d'aguglia, e di dietro come leoni, e sono fortissimi, ed è animale fierissimo smisuratamente.","UrlFonte":"http:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=GRIFONE","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"108","from":29576.0,"to":29581.0,"NomeAutore":"Giordano da Pisa","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Guido Cavalcanti: «virtudioso uomo in\nmolte cose (dice Gio. Villani, VIII, 42), se non ch'era troppo\ntenero e stizzoso.»  Tenne tra tutti i poeti anteriori al\nPetrarca il primo luogo dopo Dante.  — Perch\u00e8 non \u00e8 teco<\/b>? \nSi maraviglia che Guido non sia con Dante, per l'amicizia\ngrandissima che fu tra questi due.  Veggasi, tra' sonetti di\nGuido all'amico, particolarmente quello che comincia: «Io vengo\nil giorno a te infinite volte.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Guido Cavalcanti: «virtudioso uomo in molte cose (dice Gio. Villani, VIII, 42), se non ch'era troppo tenero e stizzoso.» <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica IX, 42","NotaFonte":"","TestoFonte":"e tornonne malato Guido Cavalcanti, onde morìo, edi lui fue grande dammaggio, perciò ch’era come filosafo, virtudioso uomo in più cose, se non ch’era troppotenero e stizzoso.","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"60","from":9054.0,"to":9056.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Ha qualcosa di umano, quella\nfiera crudele; mani e facce.  E lorde<\/b> sono anche quelle di Dite\n(XXXIV, 53-60).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Ha qualcosa di umano, quella\r\nfiera crudele; mani e facce.  E lorde<\/b> sono anche quelle di Dite\r\n(XXXIV, 53-60).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno XXXIV, 53-60","NotaFonte":"Vale la pena notare che pochi versi prima Dante appella i volti di Satana con il lemma \"facce\", lo stesso che adopera in questi versi (\u00abOh quanto parve a me gran maraviglia \/ quand'io vidi tre facce a la sua testa!\u00bb; Inf. XXXIV, 37-38).","TestoFonte":"Con sei occhi piangëa, e per tre menti
gocciava 'l pianto e sanguinosa bava.
Da ogne bocca dirompea co' denti
un peccatore, a guisa di maciulla,
sì che tre ne facea così dolenti.
A quel dinanzi il mordere era nulla
verso 'l graffiar, che talvolta la schiena
rimanea de la pelle tutta brulla.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=34&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31","from":5186.0,"to":5189.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Ho tolto la virgola, che\ntutte le moderne edizioni collocano in fine del presente verso,\ndopo scura<\/b>, e l'ho in vece posta dopo il primo pi\u00f9<\/b> del verso\nseguente, ad indicare, che dee essere la costruzione: Cos\u00ec pi\u00f9<\/b>\n[ulteriormente] forando<\/b> [trapassando] l'aura grossa e scura, e\npi\u00f9 appressando inver la sponda.<\/i><\/b> L'aer grossa<\/i> leggono in vece\ntutte l'edizioni dalla Nidob. diverse: ma aura<\/b> per aria<\/i><\/b>\nadopera Dante anche altrove [Inf. IV, 28, Purg. XIV, 142]; ed\naere<\/i> fa in questo poema sempre di genere mascolino [Inf. II, 1,\nXVI, 130, Purg. XXIX, 23, Parad. XXVII, 68].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
aura<\/b> per aria <\/i>adopera Dante anche altrove [Inf. IV, 28, Purg. XIV, 142]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV 27","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Inf. IV 27, non 28.","TestoFonte":"che l'aura etterna facevan tremare;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=4&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"37-38","from":30118.0,"to":30120.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"I papi\nsono creduti essere vicari di Cristo in terra e successori di\nPietro, e gli altri gran prelati successori degli Apostoli\nsecondo che reggono la chiesa gi\u00e0 retta dagli altri Apostoli.\nLi quali Apostoli tutti in questo luogo presuppone Dante che si\nchiamassono o si dovessono chiamare Pietri, forse considerando\nche Pietro, a cui fu imposto simil nome dal Signore, fece la\nconfessione, per la quale gli fu dato il nome a nome di tutti gli\naltri Apostoli; li quali, secondo Giovanni, fecero quella stessa\nconfessione [I-III], e a tutti fu data quella medesima autorit\u00e0\ndi ritenere e di rimettere i peccati, che sono le chiavi.  E\nperci\u00f2, meritando tutti il nome di Pietro, per distinguere Dante\ndagli altri Simon Bariona disse Successor del maggior Piero<\/b>,\nessendo egli nominato primo che fosse data perpetuit\u00e1 a Roma e\nallo 'mperio per cagion del papato, cio\u00e8 qual parte debba tenere\nil papato in Roma e nello 'mperiato.  Se diremo che v' abbia\nquella o debba avere, che ebbe dopo Costantino per la creduta\nliberale donazione, ci\u00f2 non \u00e8 approvato n\u00e8 lodato da Dante\ncome cosa piacente a Dio, dicendo: Ahi, Costantin, di quanto mal\nfu matre Non la tua conversion, ma quella dote, Che da te prese\nil primo ricco patre<\/i> etc.  {Inf.<\/i> XIX, 115-117}.\n\n\tL'altro, che seco cos\u00ec legge e meco, Sotto buona\nintenzion, che fe' mal frutto, Per cedere al pastor si fece\ngreco.  Ora conosce come il mal, dedutto Dal suo bene oprar, non\ngli \u00e8 nocivo, Avvegnach\u00e8 sia il mondo indi distrutto<\/i> etc.\n[Parad.<\/i>, XX, 55{-57}].  E quale esce di cuor che si rammarca,\nTal voce usc\u00e9 del cielo e cotal disse: O navicella mia, com' mal\nse' carca<\/i> [Purg.<\/i>, XXXII, 127{-129}].  Ma se non vuole che il\npapato n'avesse o il tutto o parte del temporale, diremo noi che\nsi avesse tutto lo spirituale e cos\u00ec par che dica Dante: Soleva\nRoma che il buon tempo feo Due soli aver, che l'una e l'altra\nstrada Facen veder e del mondo e di deo.  L'un l'altro ha spento;\ned \u00e8 giunta la spada Col pasturale, e l'uno e l'altro insieme\nPer viva forza mal convien che vada<\/i> [Purg.<\/i>, XVI, 106{-111}].\nMa non veggo che in alcuna stagione mai il papato in Roma sia\nstato contento dello spirituale solo, poich\u00e8 fu in concordia con\nlo 'mperiato dopo Costantino.  Perci\u00f2 che gli 'mperatori inanzi\nCostantino furono nemici del Cristianesimo e persecutori, e 'l\npapa si contentava dello spirituale purch\u00e8 l'avesse potuto\ngovernare in pace, non che cercasse d'occupare il temporale.  Ma\ndopo Costantino il papa \u00e8 sempre stato signore temporale e\nspirituale, secondo che mostra di creder Dante, ancora che per\naventura non sia vero.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Lodovico Castelvetro 1570","FrammentoNota":"
Li quali Apostoli tutti in questo luogo presuppone Dante che si\r\nchiamassono o si dovessono chiamare Pietri, forse considerando\r\nche Pietro, a cui fu imposto simil nome dal Signore, fece la\r\nconfessione, per la quale gli fu dato il nome a nome di tutti gli\r\naltri Apostoli; li quali, secondo Giovanni, fecero quella stessa\r\nconfessione [I-III], e a tutti fu data quella medesima autorità\r\ndi ritenere e di rimettere i peccati, che sono le chiavi. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"Io., 20 22-23","NotaFonte":"","TestoFonte":"20 Et hoc cum dixisset, ostendit eis manus et latus. Gavisi sunt ergo discipuli, viso Domino. 
21 Dixit ergo eis iterum: “ Pax vobis! Sicut misit me Pater, et ego mitto vos ”.
22 Et cum hoc dixisset, insufflavit et dicit eis: “ Accipite Spiritum Sanctum.
23 Quorum remiseritis peccata, remissa sunt eis; quorum retinueritis, retenta sunt ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#20","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"24","from":1165.0,"to":1172.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"}, {"Annotazione":"I per li<\/i> fu comune agli antichi, ed\nusato da Dante anche nel c. VII, 53; XVIII, 18; e nel Par., XII,\n26.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
I per li<\/i> fu comune agli antichi, ed usato da Dante anche nel c. VII, 53; XVIII, 18; e nel Par., XII, 26.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII, 53","NotaFonte":"","TestoFonte":"la sconoscente vita che i fé sozzi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"78","from":4528.0,"to":4531.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"I poeti (a' quali si\nsa che non \u00e8 da credere a punto) danno per fatto, che Giove a'\nprieghi di Eaco trasformasse le formiche della spopolata Egina in\nuomini, da tale origine detti Mirmidoni.  Ovid., Met., VII.  —\nSi ristor\u00e2r<\/b>, si rifecero.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Secondo che i poeti<\/b> ec. I poeti (a' quali si sa che non è da credere a punto) danno per fatto, che Giove a' prieghi di Eaco trasformasse le formiche della spopolata Egina in uomini, da tale origine detti Mirmidoni. Ovid., Met., VII. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"Metamorphoseon libri, VII 622-633","NotaFonte":"","TestoFonte":"Forte fuit iuxta patulis rarissima ramis
sacra Iovi quercus de semine Dodonaeo:
hic nos frugilegas adspeximus agmine longo
grande onus exiguo formicas ore gerentes
rugosoque suum servantes cortice callem.
Dum numerum miror, “totidem, pater optime” dixi,
“tu mihi da cives et inania moenia supple.”
Intremuit ramisque sonum sine flamine motis
alta dedit quercus. Pavido mihi membra timore
horruerant, stabantque comae. Tamen oscula terrae
roboribusque dedi; nec me sperare fatebar:
sperabam tamen atque animo mea vota fovebam.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D7%3Acard%3D552","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"63-64","from":28217.0,"to":28221.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Iddio — Alfa ed omega \u00e8<\/b>\nec. Secondo la chiosa del Landino, Vellutello, e Daniello\n[quella del Venturi non la capisco], Alfa ed omega di quanta\nscrittura \u00e8 Mi legge amore o lievemente, o forte<\/b>, vale quanto \u00e8\nil principio, e il fine di quanti passi della scrittura sacra\nm'insegnano, o apertamente, o sotto qualch'ombra e figura, l'amor\ndi Dio.<\/i> A questo modo per\u00f2, oltre che accennerebbe Dante essere\nle medesime scritture sacre quelle che ad amar Dio lo\nindirizzassero, e renderebbe perci\u00f2 inutile la seconda\ninterrogazione, ch'\u00e8 s. Giovanni per fare, Chi drizz\u00f2 l'arco tuo\na tal bersaglio<\/i> [Vers. 24], verrebbe eziandio a dire piuttosto a\ns. Giovanni dove s'appunti la scrittura sacra<\/i>, che dove\ns'appunti l'anima sua.<\/i> Per questi motivi sembrami pi\u00f9\nespediente d'intendere, che Lo ben, che fa contenta questa\ncorte, Alfa ed omega \u00e8 di quanta scrittura Mi legge amore, o\nlievemente, o forte<\/i><\/b> dica figuratamente, in vece di dire Iddio \u00e8\nil principo e il fine<\/i><\/b> [come sono le lettere alfa<\/b> ed omega<\/b>\ndel Greco alfabeto] di quanto scrive amore in me, di quanti\nimpulsi, leggieri o forti, esso mi d\u00e0.<\/i> Che poi sia Dio il\nprincipio e 'l fine degli amorosi impulsi, ne lo dichiara Dante\nmedesimo nel Purgatorio per bocca di Marco Lombardo, in que'\nversi l'origine della nostr'anima divinamente toccanti\n\n Esce di mano a lui, che la vagheggia<\/i>,\n . . . . . . . . . . . . . . \n L'anima semplicetta, che sa nulla<\/i>,\n Salvo che, mossa da lieto fattore<\/i>,\n Volentier torna a ci\u00f2 che la trastulla.<\/i>\n [Purg. XVI, 85 e segg.]\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Che poi sia Dio il principio e 'l fine degli amorosi impulsi, ne lo dichiara Dante medesimo nel Purgatorio per bocca di Marco Lombardo, in que' versi l'origine della nostr'anima divinamente toccanti \r\n        Esce di mano a lui, che la vagheggia<\/i>,\r\n        . . . . . . . . . . . . . . \r\n     L'anima semplicetta, che sa nulla<\/i>,\r\n        Salvo che, mossa da lieto fattore<\/i>,\r\n        Volentier torna a ciò che la trastulla.<\/i>\r\n        [Purg. XVI, 85 e segg.]\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVI 85-90","NotaFonte":"","TestoFonte":"Esce di mano a lui che la vagheggia
prima che sia, a guisa di fanciulla
che piangendo e ridendo pargoleggia,
l'anima semplicetta che sa nulla,
salvo che, mossa da lieto fattore,
volontier torna a ciò che la trastulla.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=50&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16-18","from":25484.0,"to":25488.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Iddio — a lui si volge\nlieto<\/b>, al feto cos\u00ec perfezionato risguardando si compiace;\nsecondo quel vidit Deus quia bonum est<\/i>, del Genesi [Cap. I], o\nquel laetabitur Dominus in operibus suis<\/i>, del Salmo [103]. Il\nDaniello per a lui<\/i><\/b> intende al cerebro<\/i><\/b> {v.69}, e per la\ntant'arte di natura<\/b> intende quella usata da lei in formar in\nquel feto il cerebro.<\/i> Se per\u00f2 dee intendersi, che in quel\nmedesimo a cui Iddio si volge, infonde il nuovo<\/i><\/b>, il\nnovellamente creato, spirito, infondendosi questo non nel solo\ncerebro, ma, com'\u00e8 sentenza a tutti gli Scolastici comune, in\ntutto il feto, a tutto esso feto conviene intendere che Iddio\nlieto si volga<\/i><\/b> — spira<\/b> per inspira<\/i>, infonde<\/i> —\nrepleto<\/i><\/b>, ripieno, in rima: \u00e8 voce Latina. Volpi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
A lui si volge lieto<\/b>, al feto così perfezionato risguardando si compiace; secondo quel vidit Deus quia bonum est<\/i>, del Genesi [Cap. I]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"I 10, 12","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et vidit Deus quod esset bonum. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"70-72","from":25212.0,"to":25215.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"Iddio, in che\ns'inizia Tuo moto, e tuo virtute<\/b>, onde tu Giovial cielo ricevi\nil tuo moto e la tua virt\u00f9 d'influire in terra giustizia, che\nrimiri<\/b> ec., che vedi da qual parte esce il fummo che i tuoi bei\nraggi offusca.  S\u00ec che un'altra fiata<\/b> ec.  Intendendo pe 'l\ndetto fummo<\/b> della giustizia viziatore l'avarizia; e, persuaso\ndi quanto altrove, e specialmente nel XVI del Purg. v. 97 e\nsegg., ha detto, che il mal esempio degli ecclesiastici pastori\nabbia influito un tal morbo nella cristiana greggia, passa a\npregar Dio acci\u00f2, come una fiata gastig\u00f2 coloro che facevano\nmercimonio nel tempio materiale [Ioan.<\/i> 2], voglia gastigare gli\necclesiastici pastori, che comprano e vendono nel tempio formale\ndella Chiesa, murato<\/i>, stabilito, con segni<\/i><\/b>, con prodigi\noperati da Ges\u00f9 Cristo e dai Santi [signa<\/i><\/b> appellansi i prodigi\nanche nelle scritture sacre], e col sangue<\/i>, intendi, di Ges\u00f9\nCristo e de' santi martiri.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
persuaso di quanto altrove, e specialmente nel XVI del Purg. v. 97 e segg., ha detto, che il mal esempio degli ecclesiastici pastori abbia influito un tal morbo nella cristiana greggia<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVI 97-105","NotaFonte":"","TestoFonte":"Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?
Nullo, però che 'l pastor che procede,
rugumar può, ma non ha l'unghie fesse;
per che la gente, che sua guida vede
pur a quel ben fedire ond'ella è ghiotta,
di quel si pasce, e più oltre non chiede.
Ben puoi veder che la mala condotta
è la cagion che 'l mondo ha fatto reo,
e non natura che 'n voi sia corrotta.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=50&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"118-123","from":18004.0,"to":18053.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Iddio, da cui omne donum<\/i> —\nperch\u00e8<\/b> [vale acciocch\u00e8<\/i><\/b>] da lui si chiami.<\/i><\/b> Imperocch\u00e8 se i\nfigli de' buoni padri fossero tutti buoni, crederemmo la bont\u00e0\nnaturalmente discendere da padre in figlio, e non gi\u00e0 essere dono\ndato da Dio a chi fervorosamente glielo chiede.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Iddio, da cui omne donum<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q26925","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131097","LuogoFonte":"I 17","NotaFonte":"","TestoFonte":"Omne datum optimum et omne donum perfectum de sursum est, descendens a Patre luminum.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-iacobi_lt.html#1","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"123","from":6943.0,"to":6947.0,"NomeAutore":"Giacomo il Giusto","TitoloFonte":"Lettera di Giacomo"},
{"Annotazione":"Iddio.  La terra, secondo i\nprincipii sviluppati altrove da Dante, dee specchiarsi nel cielo:\nun Imperatore quaggi\u00f9, com'uno \u00e8 lass\u00f9; una Roma terrena,\ncom'una celeste (Purg. XXXII, 102.)\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
La terra, secondo i principii sviluppati altrove da Dante, dee specchiarsi nel cielo: un Imperatore quaggiù, com'uno è lassù; una Roma terrena, com'una celeste (Purg. XXXII, 102.)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXII, 102","NotaFonte":"","TestoFonte":"di quella Roma onde Cristo è romano","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=66&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"124","from":892.0,"to":894.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Il\nCastelvetro nelle Opere varie critiche<\/i> date alla luce dal\nMuratori, tra i molti passi di Dante ai quali trova da dire, pone\nquesto il primo, ed asserisce errore che Virgilio dice d'esser\nnato sotto Giulio Cesare, e tardi; non essendo vero ch'egli\nnascesse sotto Giulio Cesare, ma prima, nel tempo che Roma era\nlibera, e viveva a comune, cio\u00e8 l'anno dell'edificamento di Roma\n683. essendo Consoli Gn. Pompeo Magno, e M. Licinio Grasso la\nprima volta, secondo che testimonia Donato nella vita sua.<\/i>\n\n\tIl Venturi interpreta il riferito verso cos\u00ec.  Il senso\n\u00e8: passo dire di esser nato sotto l'imperio di Giulio Cesare,\nsebbene Cesare si fe Dittatore perpetuo un poco pi\u00f9 tardi\nrispetto al mio nascimento, che propriamente segu\u00ec nel consolato\ndi Gneo Pompeo, e di Marco Licinio Grasso, nell'anno della\nfondazione di Roma 684<\/i> [A cotal anno 684 [e non al 683 come il\nCastelvetro] assegnano il Consolato di Gn. Pompeo e di M. Licinio\nGrasso, e la nascita di Virgilio anche il Peravio Ration. Temp.<\/i>\ne Rueo Virg. Hist.<\/i>], avanti Cristo 70; e convenendo tutti\nnell'anno della nascita di Virgilio, male spiega il Daniello\nquel<\/i> tardi negli ultimi anni della dittatura di Giulio Cesare.<\/i>\n\n\tMa per\u00f2 secondo la storia, nacque Virgilio tanto innanzi\nalla dittatura perpetua di Giulio Cesare, che neppure \u00e8 ben\ndetto, che fosse questi fatto Dittatore perpetuo un poco pi\u00f9\ntardi.<\/i>  Imperocch\u00e8 non ottenne Cesare questo onore se non\nquando, superate tutte le guerre civili, entr\u00f2 vittorioso in Roma\n[Flor. Hist. lib. 4 Eutrop. lib. 6], cinque soli mesi prima che\nfosse ucciso [Vell. Paterc. lib. 2 cap. 16]; tal che fu vero il\npronostico di Cicerone [Attic.<\/i> lib. 10 ep. 6], che il regno\ndi lui non avrebbe oltrepassato il semestre.  Essendo adunque\nCesare rimaso estinto l'anno di Roma 709 [Eutrop. lib. 7], viene\ndi conseguenza che tra la nascita di Virgilio e la dittatura\nperpetua di Giulio Cesare scorressero anni 25.\n\n\tE se anche con Cassiodoro [Chron.<\/i>] volessimo\nabusivamente stendere il regno di Cesare ad anni quattro e mezzo:\ncomputando cio\u00e8 come perpetua la prima dittatura, che ottenne\nCesare essendo Consoli Gaio Claudio Marcello, e Lucio Cornelio\nLentulo [Caesar.<\/i> De bell. civ.<\/i> lib.<\/i> 2] nell'anno di Roma\n704 [Sigon. Fast. Consul.<\/i>], resterebbero tuttavia di mezzo anni\n21.\n\n\tL'opposizione del Castelvetro<\/i>, dice il sig. Filippo Rosa\nMorando [Osservazioni sopra la Com. di Dante.  Parad. VI, 73],\n\u00e8 sciolta da questo verso con quelle parole<\/i> ancor che fosse\ntardi, per le quali vien dinotato, che Virgilio nacque a' tempi\ndi Giulio Cesare, ma che Cesare si fe' Dittatore perpetuo alcuni\nanni pi\u00f9 tardi rispetto al suo nascimento, come ottimamente\nspiega il Vellutello: la qual cosa mi fa stupore come non sia\nstata avvertita dall'acutezza di tanto critico.<\/i>\n\n\tNon v'ha dubbio, confermo io pure, che le parole ancor\nche fosse tardi<\/b> atte sono a modificare e verificare le anteriori\nnacqui sub Iulio<\/b>, e che ragionevolmente operando non dobbiamo,\nsenza esservi del tutto necessitati, persuaderci che fosse Dante\ngrande storico, e diligentissimo de' tempi osservatore [Veggansi\nper cagion d'esempio le mie note Par. XVI, 38 e XXXIII, 95] in\ntutt'altro fuorch\u00e8 circa i fatti di colui ch'\u00e8 il personaggio\nprincipale del suo poema.  Dura cosa per\u00f2 riesce tuttavia ad\nammettersi, che faccia egli dire a Virgilio d'essere nato sotto\ndi Giulio Cesare solo perch\u00e8 Giulio Cesare fosse allora al mondo.\n\n\tNella vita di Giulio Cesare noi troviamo, ch'egli fin da\ngiovinetto col prepotente suo operare in molti incontri di\u00e8\nchiaro a conoscere la mira che aveva di usurparsi il principato;\ne ch'ebb'egli anzi in bocca frequentemente quel detto d'Euripide,\nse si ha a violare la giustizia, ci\u00f2 si dee fare per cagione di\nsignoreggiare<\/i><\/b> [Vedi, tra gli altri, Svetonio C. Iul. Caesar<\/i>\ncap. 30].\n\n\tDirei io adunque, che mischiando Dante graziosamente la\nstoria colla satira faccia parlare Virgilio in cotal modo ad\naccennare, che sebbene non fosse Cesare proclamato Imperatore se\nnon tardi: colle sue animose mire per\u00f2, e colla sua prepotenza\nsignoreggiava gi\u00e0 anche 25 anni prima [vale a dire in et\u00e0 di\ncirca trent'anni [Tanti restano levandosi 25 da 56 anni che\nvisse Cesare.  Svet. c. 88]], quando nacque Virgilio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Neppure è ben detto, che fosse questi fatto Dittatore perpetuo un poco più tardi.<\/i>  Imperocchè non ottenne Cesare questo onore se non quando, superate tutte le guerre civili, entrò vittorioso in Roma [(...) Eutrop<\/strong>. lib. 6]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q314694","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1248970","LuogoFonte":"VI 25","NotaFonte":"","TestoFonte":"Inde Caesar bellis civilibus toto orbe conpositis Romam rediit. Agere insolentius coepit et contra consuetudinem Romanae libertatis.","UrlFonte":"https:\/\/www.thelatinlibrary.com\/eutropius\/eutropius6.shtml#25","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15705', 'Autore':'Lodovico Castelvetro, 1570','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"70","from":504.0,"to":511.0,"NomeAutore":"Eutropio","TitoloFonte":"Breviarium ab Urbe condita"},
{"Annotazione":"Il\nVellutello e Daniello non fanno qu\u00ec altro che ridirci, che non\nattendeva Ugo di qu\u00e0 conforto, il perch\u00e8 non lo cercano.  Il\nLandino, seguito dal Venturi, chiosa che pe 'l conforto<\/b>, che\ndice Ugo Ciapetta di non attendere dal mondo nostro, intendasi\nconforto di fama, e non gi\u00e0 di orazioni.  Osservando io per\u00f2 da\nun canto essere questa esibizione, che fa Dante ad Ugo, simile\naffatto alle esibizioni fin qu\u00ec fatte dal medesimo, e ad Adriano\nPapa, e a tutte quelle purganti anime con le quali parl\u00f2; ed\nessere cotali esibizioni state sempre intese di aiuto d'orazioni,\ne non mai di conforto di fama: e dall'altro canto riflettendo che\nnon fanno mai da altri quelle anime chiedere aiuto di orazioni\nfuor che da' loro congiunti [Cos\u00ec, per cagion d'esempio nell'VIII\ndi questa cantica v. 71 cerca Nino Visconti aiuto dalla figlia\nGiovanna: cos\u00ec nel XIII della stessa cantica v. 150 raccomandasi\nSap\u00eca d'essere ricordata a suoi propinqui<\/i> ec.]: per questi\nmotivi pare a me piuttosto, che sia questo un de' pi\u00f9 aspri\nmotteggi contro i discendenti d'Ugo, [per cagion massime del\ndanno a se ed a' suoi compartitanti Bianchi recato da Carlo di\nValois] facendo ad Ugo supporre i discendenti suoi diversi da\nquelli che devono essere gl'intercessori per le purganti anime:\nDa quei<\/i>, cio\u00e8, ch'hanno al voler buona radice<\/i> [Purg. XI, 33. \nVedi quella nota].  — Grazia<\/i><\/b>, di veder questi luoghi — in te\nluce<\/b>, per in te si mostra.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
riflettendo che non fanno mai da altri quelle anime chiedere aiuto di orazioni fuor che da' loro congiunti [Così, per cagion d'esempio nell'VIII di questa cantica v. 71 cerca Nino Visconti aiuto dalla figlia Giovanna: così nel XIII della stessa cantica v. 150 raccomandasi Sapìa d'essere ricordata a suoi propinqui<\/i> ec.]: per questi  motivi pare a me piuttosto, che sia questo un de' più aspri motteggi contro i discendenti d'Ugo<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VIII 71","NotaFonte":"","TestoFonte":"dì a Giovanna mia che per me chiami","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=42","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40-42","from":19802.0,"to":19810.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Il\ndotto Benedettino abate D. Angelo della Noce nelle sue note alla\ncronica del monastero Cassinense [Not. CXI] corregge l'errore del\nCluerio e dell'Efteno, che hanno scritto essere Cassino stato\nnella cima del monte di tal nome, nel luogo medesimo dove ora \u00e8\nil monastero; e loda di veracit\u00e0 il presente passo del nostro\npoeta, che Cassino colloca nella costa del monte, e sulla cima\ndel medesimo accenna da s. Benedetto fondato il monastero  — Fu\nfrequentato gi\u00e0<\/b> ec.  Del monte Cassino scrive il Papa san\nGregorio, Mons per tria millia in altum se subrigens, velut ad\naera cacumen tendit: ubi vetustissimum fanum fuit, in quo ex\nantiquorum more gentilium a stulto rusticorum populo Apollo\ncolebatur.  Circumquaque etiam in cultu daemonum luci\nsuccreverant, in quibus adhuc eodem tempore infidelium insana\nmultitudo sacrificiis sacrilegis insudabat.  Ibi itaque vir Dei<\/i>\n[s. Benedetto] perveniens, contrivit idolum, subvertit aram,\nsuccidit lucos, atque in ipso templo Apollinis oraculum beati\nMartini; ubi vero ara eiusdem Apollinis fuit, oraculum sancti\ncontruxit Iohannis; et commorantem circumquaque multitudinem,\npraedicatione continua ad fidem vocabat<\/i> [Dialog.<\/i> lib 2 cap.\n8].  — mal disposta<\/i><\/b>, imbevuta di massime ributtanti 'l santo\nvangelo.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Fu frequentato già<\/b> ec.  Del monte Cassino scrive il Papa san Gregorio, Mons per tria millia in altum se subrigens, velut ad aera cacumen tendit: ubi vetustissimum fanum fuit, in quo ex antiquorum more gentilium a stulto rusticorum populo Apollo colebatur.  Circumquaque etiam in cultu daemonum luci succreverant, in quibus adhuc eodem tempore infidelium insana multitudo sacrificiis sacrilegis insudabat.  Ibi itaque vir Dei <\/i>[s. Benedetto] perveniens, contrivit idolum, subvertit aram, succidit lucos, atque in ipso templo Apollinis oraculum beati Martini; ubi vero ara eiusdem Apollinis fuit, oraculum sancti contruxit Iohannis; et commorantem circumquaque multitudinem, praedicatione continua ad fidem vocabat<\/i> [Dialog.<\/i> lib 2 cap. 8].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42827","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q603195","LuogoFonte":"VIII","NotaFonte":"Cfr. PL 66, 0152","TestoFonte":"Castrum namque quod Cassinum dicitur, in excelsi montis latere situm est, qui videlicet mons distenso sinu hoc idem castrum recepit, sed per tria millia in altum se subrigens, velut ad aera cacumen tendit: ubi vetustissimum fanum fuit, in quo ex antiquorum more gentilium a stulto rusticorum populo Apollo colebatur. Circumquaque etiam in cultu daemonum luci succreverant, in quibus adhuc eodem tempore infidelium insana multitudo sacrificiis sacrilegis insudabat. Illuc itaque vir Dei perveniens, contrivit idolum, subvertit aram, succendit lucos, atque in ipso templo Apollinis oraculum beati Martini, ubi vero ara ejusdem Apollinis, fuit oraculum sancti Joannis construxit, et commorantem circumquaque multitudinem praedicatione continua ad fidem vocabat.","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=MLS\/&text=7835:9.1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"37-39","from":21488.0,"to":21511.0,"NomeAutore":"papa Gregorio I","TitoloFonte":"Prolegomena"},
{"Annotazione":"Il Tommaseo<\/i> spiega: «me ama,\nnon i beni estrinseci a me.»  Ma Beatrice non poteva ancora dire\nche Dante lei amasse, anzi doveva lagnarsi: Questi si tolse a\nme, e diessi altrui<\/i>, Purg. XXX, 126.  Meglio perci\u00f2 l'altra\nspiegazione: colui che \u00e8 caro a me e bersagliato dalla sorte.  \u00c8\nlo stesso come se Beatrice dicesse: lo sventurato mio amico.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Il Tommaseo<\/i> spiega: «me ama, non i beni estrinseci a me.»  Ma Beatrice non poteva ancora dire\r\nche Dante lei amasse, anzi doveva lagnarsi: Questi si tolse a me, e diessi altrui<\/i>, Purg. XXX, 126.  Meglio perciò l'altra\r\nspiegazione: colui che è caro a me e bersagliato dalla sorte.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXX, 126","NotaFonte":"Scartazzini riferisce l'esempio di Purg. XXX per contraddire l'interpretazione di Tommaseo al passo","TestoFonte":"questi si tolse a me, e diessi altrui","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=64&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61","from":1427.0,"to":1430.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Il Buti, che\naltrove spiega lacca<\/b> per valle<\/i>, luogo concavo e basso<\/i> [Vedi\n'l Vocab. della Cr. alla voce Lacca.<\/i><\/b>], qu\u00ec spiega il vocabolo\nmedesimo per ripa<\/i><\/b> [Lo stesso ivi].  Egli cio\u00e8 non ha\navvertito, che l'alta ripa, che facevan gran pietre rotte in\ncerchio<\/i> [Canto preced. v. 2] formava necessariamente in mezzo a\nse stessa una cavit\u00e0; e che pot\u00e8 Dante benissimo denominare\nrotta<\/b> essa cavit\u00e0 dalla rottura della circondante ripa: come\nbene, per cagion d'esempio, diremmo rotto un pozzo dall'essere\nrotto il muro che lo circonda.  Il Landino, ed appresso a lui il\nVolpi e 'l Venturi, non solamente qu\u00ec, ma da per tutto ove\nincontrasi il vocabolo lacca<\/b>, spieganlo per ripa.<\/i><\/b>  Vedi per\u00f2\nil torto che hanno nella nota al passato canto VII v. 16, ed in\nquell'altra al v. 71 del canto VII del Purgatorio.  Concludendo\nadunque: Su la punta dello rotta lacca<\/i><\/b> vale lo stesso che su la\ncima, su l'orlo della cavit\u00e0 cerchiata dalle rotte pietre.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
L'alta ripa, che facevan gran pietre rotte in cerchio<\/i> [Canto preced. v. 2] formava necessariamente in mezzo a se stessa una cavità; e [...] potè Dante benissimo denominare rotta<\/b> essa cavità dalla rottura della circondante ripa<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XI 1-2","NotaFonte":"","TestoFonte":"In su l'estremità d'un'alta ripa
che facevan gran pietre rotte in cerchio,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=11&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=13855', 'Autore':'Francesco da Buti, 1385-95','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"11","from":10503.0,"to":10512.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Il Daniello\ne 'l Venturi intendono per virt\u00f9<\/b> la virt\u00f9 visiva, cio\u00e8 l'occhio\nstesso gi\u00e0 nominato, il quale dalla troppa luce resta abbagliato. \nSiccome per\u00f2 non solamente l'occhio al troppo lume, ma ogn'altra\nqualunque virt\u00f9 al troppo si confonde, ed anche la mente stessa;\ned a tutti i sensi riguarda quel detto d'Aristotele, che i nomati\nespositori arrecano, excellentia sensatorum corrumpit sensus<\/i>,\nmi par meglio che lascisi virt\u00f9<\/i><\/b> significare generalmente, e\ncome se invece detto avesse, che l'occhio si smarria a quel modo\nch'ogni virt\u00f9 confondesi per troppo obbietto.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Siccome però non solamente l'occhio al troppo lume, ma ogn'altra qualunque virtù al troppo si confonde, ed anche la mente stessa; ed a tutti i sensi riguarda quel detto d'Aristotele, che i nomati espositori arrecano, excellentia sensatorum corrumpit sensus<\/i>, mi par meglio che lascisi virtù<\/b> significare generalmente, e come se invece detto avesse, che l'occhio si smarria a quel modo  ch'ogni virtù confondesi per troppo obbietto. <\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q104203619","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/auctoritates-aristotelis","LuogoFonte":"","NotaFonte":"La sentenza rimanda al De anima di Aristotele, III 13 (435b 7-9).","TestoFonte":"Excellens sensibile corrumpit sensum.","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=14751&text=14751:7","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"36","from":7291.0,"to":7298.0,"NomeAutore":"Iohannes de Fonte","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Il Daniello bruttamente aggrava\nil Poeta, interpretando questa suppa per il sacrifizio della\nMessa, che si fa di pane e vino consecrandosi, e cos\u00ec ancora\nl'interpetra secondo la sua empiet\u00e0 quel Calvinista rigettato dal\nBellarmino; il quale prudentemente interpetra questa suppa\nconforme il Landino, l'Imolese, e il figliuolo di Dante,\ncommentatore di suo padre [aggiungasi anche il Buti [Vedilo\nriportato dal Voc. della Cr. alla voce suppa<\/i>]].  Egli \u00e8 adunque\nda sapersi, che di que' tempi in Firenze vi era questa sciocca\nsuperstizione, onde la gente si persuadeva, che chi in termine di\nnove giorni mangiasse la suppa sopra la sepoltura dell'ucciso,\ndopo commesso l'omicidio, non poteva poi per vendetta di quello\nessere da altri ucciso.  Il senso \u00e8: Iddio non teme ne cura\nquesti impedimenti superstiziosi, sicch\u00e8 lo ritengano dal\npigliarne giusta vendetta: e vien cos\u00ec a liberare\nquell'espressione dalla taccia d'irriverente, che si meriterebbe\nposta in quel senso; e a giustificare il Poeta dall'accusa di\ntemerario.  Venturi.\n\n\tIn conferma di tale interpretazione aggiungo io due passi\ndel medesimo nostro poeta.  Il primo \u00e8 il terzetto stesso nel\nprecedente canto riferito\n\n     Gi\u00e0 si solea con le spade far guerra.<\/i>\n        Ma or si fa togliendo or qu\u00ec, or quivi<\/i>\n        Lo pan, che 'l pio padre a nessun serra<\/i>\n         [Par. XIX, 127 e segg.]\n\nL'altro \u00e8 un paio di terzetti del Credo<\/i> dello stesso Dante\n\n     Il nostro signor Dio padre<\/i>, ed amico<\/i>,\n        Il corpo suo, e 'l suo sangue, benigno<\/i>\n        A l'altar ci dimostra, com'io dico<\/i>;\n     Il proprio corpo, che nel santo ligno<\/i>\n        Di croce fu confitto, e 'l sangue sparto<\/i>\n        Per liberarne dal demon maligno<\/i> ec.\n         [Vers. 115 e segg.]\n\npotrebb'ella mai con questa fede combinarsi la rea pretesa\nespressione?\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il senso è: Iddio non teme ne cura questi impedimenti superstiziosi, sicchè lo ritengano dal pigliarne giusta vendetta: e vien così a liberare quell'espressione dalla taccia d'irriverente, che si meriterebbe posta in quel senso; e a giustificare il Poeta dall'accusa di temerario.  Venturi. \r\nIn conferma di tale interpretazione aggiungo io due passi del medesimo nostro poeta.  Il primo è il terzetto stesso nel precedente canto riferito\r\n     Già si solea con le spade far guerra.<\/i>\r\n        Ma or si fa togliendo or quì, or quivi<\/i>\r\n        Lo pan, che 'l pio padre a nessun serra<\/i>\r\n         [Par. XIX, 127 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XVIII 127-129","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Par. XVIII (non XIX) 127-129.","TestoFonte":"Già si solea con le spade far guerra;
ma or si fa togliendo or qui or quivi
lo pan che 'l pïo Padre a nessun serra.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=85","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"36","from":33295.0,"to":33298.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Il Daniello e 'l Venturi\nper non trovarsi tra gli scritti di Virgilio sentenza che\nconfermi il detto di Francesca, sonosi rivolti a Boezio,\nscrivendo questi In omni adversitate fortunae, infelicissimum\ngenus infortunii est fuisse felicem<\/i> [De consolat. prosa<\/i> 4]. \nA me per\u00f2 sembra, che ci\u00f2 sa 'l tuo dottore<\/b> non voglia dire,\ncome questi due valent'uomini suppongono, che ci\u00f2 il dottore\nscritto avesse; ma che il sapesse per prova, trovandosi anch'egli\nnella miseria dell'infernale carcere: tanto pi\u00f9 che non era poi\nFrancesca donna di lettere.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il Daniello e 'l Venturi per non trovarsi tra gli scritti di Virgilio sentenza che confermi il detto di Francesca, sonosi rivolti a Boezio, scrivendo questi In omni adversitate fortunae, infelicissimum genus infortunii est fuisse felicem<\/i> [De consolat. prosa<\/i> 4].  A me però sembra, che ciò sa 'l tuo dottore<\/b> non voglia dire, come questi due valent'uomini suppongono, che ciò il dottore scritto avesse; ma che il sapesse per prova, trovandosi anch'egli nella miseria dell'infernale carcere: tanto più che non era poi Francesca donna di lettere.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q102851","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q861927","LuogoFonte":"II 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"In omni aduersitate fortunae infelicissimum est genus infortunii fuisse felicem.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:stoa0058.stoa001.perseus-lat1:2.P4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"123","from":4840.0,"to":4845.0,"NomeAutore":"Severino Boezio","TitoloFonte":"De consolatione philosophiae"},
{"Annotazione":"Il Landino e 'l\nVellutello, i due soli, quanto veggo, che questa espressione\nprendono a considerare, intendono che non potesse Dante molto a\nlungo soffrire la vista del Sole, ma che soffrissela nondimeno\ntanto di poter discernere che sfavillava dintorno Qual ferro che\nbollente esce del fuoco.<\/b>  A me per\u00f2 e per ci\u00f2 che 'l Poeta\nstesso ha detto nel terminar del Purgatorio, d'essere uscito\nPuro e disposto a salir alle stelle<\/i> [Canto ultimo verso\nultimo], e per quello ancora che in questo medesimo canto avvisa,\nMolto \u00e8 licito l\u00e0, che qu\u00ec non lece<\/i> [Verso 55], non pare che\ncotal patimento di vista possa qu\u00ec ragionevolmente supporsi: e\nm'appiglierei pi\u00f9 volontieri a intendere che voglia il Poeta con\ntale espressione accennarci nel tempo stesso e la grande velocit\u00e0\ncolla quale veniva esso, senz'accorgersene, trasferito verso il\ncielo [Vedi v. 91 e segg. del presente canto], e la grande\ndistanza del Sole dalla terra, onde alzavasi; e che nol soffersi\nmolto<\/i> [molto, cio\u00e8, nol guardai] accenni 'l veloce innalzarsi\nche faceva verso del Sole; e 'l n\u00e8 s\u00ec poco<\/i><\/b> indichi la distanza\ndel Sole dalla terra tanto grande che, per quanto fosse veloce il\ndi lui innalzamento, vi abbisognava per\u00f2 un tempo congruente per\ngiungere a portata di scoprire nel Sole la novit\u00e0 ch'\u00e8 per dire. \n— sfavillar dintorno come<\/b> ec. spargere intorno faville in\nquella guisa che fa il ferro tratto bogliente dal fuoco.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
ciò che 'l Poeta stesso ha detto nel terminar del Purgatorio, d'essere uscito Puro e disposto a salir alle stelle<\/i> [Canto ultimo verso ultimo]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXIII 145","NotaFonte":"","TestoFonte":"puro e disposto a salire alle stelle.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=67&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"58-60","from":393.0,"to":398.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Il Landino, Vellutello, Daniello, e Volpi per suo verbo<\/b>\nchiosano le cose dette da Cacciaguida a Dante.  Malamente per\u00f2:\nimperocch\u00e8 bisognerebbe intendere che anche lo stesso Dante\ngustasse il dolce con l'acerbo<\/b> dalle cose da lui risposte a\nCacciaguida, e non dalle cose da Cacciaguida intese.  Meglio\nadunque, per mio avviso, il Venturi intende per verbo<\/i><\/b> il\npensiero<\/i>, e chiosa che Cacciaguida godeva nel pensare fra se\nstesso tacendo, e non communicando col parlare ad altri quelle\ncose che allora gli andavano per lo pensiero.<\/i>  Manca soltanto\nd'avvertire, che verbo<\/b> per pensiero<\/i><\/b> o concetto<\/i> \u00e8 termine\npreso dalle scuole.  Sciendum<\/i> [scrive Lirano] quod vox\nsignificativa dicitur verbum: sed hoc est tantummodo large, et\ndenominative, in quantum significat interioris mentis conceptum:\nsicut urina dicitur sana in quantum est sanitatis indicativa: et\nideo sicut proprie dicitur sanitas quod per urinam designatur,\nita illud propri\u00e8 dicitur verbum, quod per vocem significatur,\nhoc autem est interior mentis conceptus: secundum quod dicit\nPhilosophus I Perihermineias: voces sunt notae et signa earum\npassionum, quae sunt in anima; et ideo conceptus mentis interior,\netiam antequam per vocem designetur, proprie verbum dicitur<\/i> [In\nIoan.<\/i> cap. I].  — ed io gustava il mio<\/i><\/b>: non dice godeva<\/i><\/b>,\ncome di Cacciaguida disse, ma gustava<\/b>, cio\u00e8 assaggiava quanto\npe 'l parlare fattomi da Cacciaguida mi si volgeva in mente —\ntemprando 'l dolce con l'acerbo<\/b>, giacch\u00e8 la predizione era\nstata di cose parte avverse, e parte prospere.  Venturi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sciendum<\/i> [scrive Lirano] quod vox significativa dicitur verbum: sed hoc est tantummodo large, et denominative, in quantum significat interioris mentis conceptum: sicut urina dicitur sana in quantum est sanitatis indicativa: et ideo sicut proprie dicitur sanitas quod per urinam designatur, ita illud propriè dicitur verbum, quod per vocem significatur, hoc autem est interior mentis conceptus: secundum quod dicit Philosophus I Perihermineias: voces sunt notae et signa earum passionum, quae sunt in anima; et ideo conceptus mentis interior,  etiam antequam per vocem designetur, proprie verbum dicitur<\/i> [In Ioan.<\/i> cap. I].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1969164","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/biblia-cum-postillis-nicolai-de-lyra","LuogoFonte":"IV 242","NotaFonte":"","TestoFonte":"Circa primum sciendum quod vox significativa dicitur verbum:<\/strong> sed hoc est tantummodo large et denominative, in quantum significat interioris mentis conceptum, sicut urina dicitur sana in quantum est sanitatis indicativa; et ideo sicut proprie dicitur sanitas quod per urinam designatur, ita illud proprie dicitur verbum, quod per vocem significatur, hoc autem est interior mentis conceptus: secundum quod dicit Philosophus I Liber: \"voces sunt notae et signa earum passionum, quae sunt in anima; et ideo conceptus mentis interior, etiam antequam per vocem designetur, proprie verbum<\/strong> dicitur\".","UrlFonte":"http:\/\/digital.ub.uni-duesseldorf.de\/ink\/content\/pageview\/2303112","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1-3","from":17199.0,"to":17219.0,"NomeAutore":"Niccol\u00f2 di Lira","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Il Landino, Vellutello, e\nDaniello intendono congiungersi l'epiteto di amara<\/b> alla\nmedesima selva<\/i> {v.5}.  Oltre per\u00f2 che la sia gi\u00e0 abbastanza\nstata caricata di epiteti, di selvaggia, ed aspra, e forte<\/i>\n{v.5} ec., e che male con essi epiteti confacciasi amara<\/i><\/b>,\nrichiederebbe poi anche la sintassi, che come gi\u00e0 della selva\nparlando poc'anzi disse Ahi quanto a dir qual era<\/i><\/b> {v.4}, cos\u00ec\ndicesse qui Tanto era<\/i>, e non Tanto \u00e8 amara.<\/b>  Amara<\/b> adunque\nintende qu\u00ec non la selva, ma l'impresa di favellar della selva,\nquella medesima cui gi\u00e0 disse cosa dura<\/i><\/b> {v.4}: e pu\u00f2\nragionevolmente riputarsi, che cotal epiteto di amara<\/i><\/b> alla\nbriga di favellar della selva<\/i>, o sia de' passati vizi,\nattribuisselo Dante ad imitazione di quel parlare del prefato Re\nEzechia Recogitabo tibi omnes annos meos in amaritudine animae\nmeae<\/i> [Isai. 38 v. 15], o di quell'altro del Profeta Geremia\nScito, et vide quia malum et amarum est reliquisse te Dominum\nDeum tuum<\/i> [Cap. 2 v. 19].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Può ragionevolmente riputarsi, che cotal epiteto di amara<\/b> alla briga di favellar della selva<\/i>, o sia de' passati vizi, attribuisselo Dante ad imitazione di quel parlare del prefato Re Ezechia Recogitabo tibi omnes annos meos in amaritudine animae meae<\/i> <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131458","LuogoFonte":"XXXVIII 15\r\n","NotaFonte":"Anzich\u00e9 recogitabo, la vulgata riporta incedam (Isaia XXXVIII, 15).","TestoFonte":"Incedam per omnes annos meos
in amaritudine animae meae.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_isaiae_lt.html#38","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"7","from":41.0,"to":49.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro di Isaia"}, {"Annotazione":"Il Sole corporale e sensibile\n(dice Dante nel Convito, II, 12) \u00e8 figura del Sole spirituale\ne intelligibile, ch'\u00e8 Dio; perocch\u00e8 «nullo sensibile in tutto\nil mondo \u00e8 pi\u00f9 degno di farsi esemplo di Dio, che 'l Sole.» E\ni raggi di questo Sole menano dritto l'uomo per ogni calle, anco\nper quelli della morale umana e della politica.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Il Sole corporale e sensibile (dice Dante nel Convito, II, 12) è figura del Sole spirituale e intelligibile, ch'è Dio; perocchè «nullo sensibile in tutto il mondo è più degno di farsi esemplo di Dio, che 'l Sole.» <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio, III xii 7","NotaFonte":"Il rimando di Andreoli a Convivio, II xii \u00e8 scorretto, perch\u00e9 il passo \u00e8 riportato da III xii.","TestoFonte":"Nullo sensibile in tutto lo mondo è più degno di farsi essemplo di Dio che 'l sole","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=45&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"17-18","from":126.0,"to":128.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Il Vellutello e 'l Daniello non\nsanno combinare il sopraddetto piangere e cantare<\/i> {v.10} delle\npurganti anime col dirsi ora questa turba tacita<\/b>, se non\nintendendo, che sospendessero qu\u00ec il piangere e cantare per la\nnovit\u00e0 dei tre soggetti raggiunti.  Egli \u00e8 per\u00f2, a mio giudizio,\nfalso ci\u00f2 che questi espositori suppongono, che piangessero cio\u00e8\ne cantassero quelle anime solitamente per tutta la strada. \nMain\u00f2, solamente cos\u00ec facevan esse quando nell'aggirarsi pe 'l\nbalzo pervenivano ai misteriosi alberi.  Essendo adunque i tre\npoeti passati oltre il divisato albero, ma non di molto, poterono\nperci\u00f2 sentire ci\u00f2 che ivi le retrovvegnenti anime si dicessero. \nIn prova di ci\u00f2, oltre l'andar che dice qu\u00ec Dante, quella turba\nd'anime tacita e devota<\/b>, e non maravigliosa e tacita<\/i><\/b> [come\navrebbe dovuto dire se avesse inteso al modo del Vellutello e\nDaniello] possono valere i versi 67 e segg. del presente canto.\n\n     Di bere e di mangiar n'accende cura<\/i>\n        L'odor, ch'esce del pomo, e dello sprazzo<\/i>\n        Che si distende su per la verdura<\/i>;\n\ne pu\u00f2 altres\u00ec valere l'esempio di quello che dir\u00e0 Dante essersi\nfatto dalle anime giunte ad altro simile albero in questo\nmedesimo balzo collocato\n\n     Vidi gente sott'esso alzar le mani<\/i>\n        E gridar non so che verso le fronde<\/i>,\n        Quasi bramosi fantolini e vani<\/i>\n          [Canto seguente v. 106 e segg.].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il Vellutello e 'l Daniello non sanno combinare il sopraddetto piangere e cantare<\/i> {v.10} delle purganti anime col dirsi ora questa turba tacita<\/b>, se non intendendo, che sospendessero quì il piangere e cantare per la novità dei tre soggetti raggiunti.  Egli è però, a mio giudizio, falso ciò che questi espositori suppongono, che piangessero cioè e cantassero quelle anime solitamente per tutta la strada.  Mainò, solamente così facevan esse quando nell'aggirarsi pe 'l balzo pervenivano ai misteriosi alberi.  Essendo adunque i tre poeti passati oltre il divisato albero, ma non di molto, poterono perciò sentire ciò che ivi le retrovvegnenti anime si dicessero.  In prova di ciò, [...] può altresì valere l'esempio di quello che dirà Dante essersi fatto dalle anime giunte ad altro simile albero in questo medesimo balzo collocato             Vidi gente sott'esso alzar le mani<\/i>\r\n        E gridar non so che verso le fronde<\/i>,\r\n        Quasi bramosi fantolini e vani<\/i>\r\n          [Canto seguente v. 106 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIV 106-108","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vidi gente sott'esso alzar le mani
e gridar non so che verso le fronde,
quasi bramosi fantolini e vani","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=58&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"21","from":22760.0,"to":22762.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Il Vellutello e 'l Daniello, e dietro\nad essi il Venturi e 'l Perazzini [Correct. in Dantis comoed.<\/i>]\nvogliono che ringavagna<\/b> significhi ripone in cavagna<\/i><\/b>, o\ncavagno<\/i>, nomi che si danno in Lombardia alla cesta. Ma se non\naltro ostacolo, vi sarebbe quello di non aver Dante scritto\nrincavagna<\/i>, ma ringavagna.<\/i><\/b>\n\n\tIl Venturi ne l'aggiusta facilmente con dire, che la\nfavella Lombarda, almeno di quel tempo<\/i><\/b>, avesse gavagno<\/i>; non\nci dice per\u00f2 chi abbia fatta lui di ci\u00f2 fede.\n\n\tQuando a me dunque, sembra pi\u00f9 probabile, che il poeta\nnostro a cagione della rima usi qu\u00ec, come in molti altri luoghi\n[Come disse soso<\/i> per suso<\/i> Inf. X, 45, abborra<\/i> ed abborri<\/i>\nper abberra<\/i> ed abberri<\/i> Inf. XXV, 144, e XXXI, 24 ec.]\ndell'antitesi, e dica ringavagna<\/b> in vece di ringavigna<\/i><\/b>:\nparola di cui presto trarrebbesi significato dal noto verbo\naggavignare<\/i>, che specificatamente vale pigliare per le\ngavigne, pe 'l collo<\/i>, e generalmente pigliare.<\/i> Tanto pi\u00f9 che\ntrovando noi adoperato dagli antichi ingavinato<\/i> ad ugual senso\ndi aggavignato<\/i> [vedi 'l Vocab., della Cr.] possiamo\nragionevolmente presumere, che anche ingavignare<\/i>, e\nringavignare<\/i> si dicesse, come dicevasi aggavignare<\/i>, e\nriaggavignare.<\/i> Vedi 'l medesimo Vocab. Alcuni testi<\/i> [dice il\nDaniello] hanno<\/i> riguadagna.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Quanto a me dunque, sembra più probabile, che il poeta nostro a cagione della rima usi quì, come in molti altri luoghi [Come disse soso<\/i> per suso<\/i> Inf. X, 45, abborra<\/i> ed abborri <\/i>per abberra<\/i> ed abberri<\/i> Inf. XXV, 144, e XXXI, 24 ec.] dell'antitesi, e dica ringavagna<\/b> in vece di ringavigna<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. X 45","NotaFonte":"A Inf. X 45 Lombardi legge \"soso\", non \"suso\".","TestoFonte":"ond'ei levò le ciglia un poco in suso;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=10&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"12","from":22598.0,"to":22599.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Il Vellutello spiega il ramarro<\/b>\ncolla voce stellio<\/i> dei Latini: s'inganna: lacertus viridis<\/i> si\ndice in Latino il ramarro.  Virg. Nunc virides etiam occultant\nspineta lacertos.<\/i>  Stellio<\/i> significa quell'altro animaletto\nnon molto dissomigliante nella forma, che noi chiamiamo\ntarantola.<\/i>  Venturi.  A stella<\/i> [scrive nella sua Cornucopia<\/i>\nanche il Perotti] stellio vocitatus est, quem medici nostri\ntemporis magno errore putant lacertum esse... stelliones Romani\nnunc tarantulas vocant<\/i><\/b> — sotto la gran fersa<\/i><\/b>: fersa<\/b> per\nferza<\/i>, e intendi solare<\/i>  — Dei d\u00ec canicolari<\/i><\/b>: giorni sono\nquesti ne' quali la costellazione detta canicola<\/i><\/b> nasce e\ntramonta insieme col sole; giorni per solito de' pi\u00f9 caldi\ndell'anno, e nei quali perci\u00f2 i ramarri, le lucerte, ed animali\nsimili soglion essere pi\u00f9 orgogliosi e vivaci — cangiando\nsiepe, folgore<\/b> ec.  Costruzione.  Se, cangiando siepe,\nattraversa la via, par folgore<\/b>: cio\u00e8, se per passar da una siepe\nall'altra, convengagli attraversare strada, in cui vegga gente,\ncorre per la paura come un fulmine: e di fatto [\u00e8 intravenuto a\nme pure di vederlo] \u00e8 velocissimo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il Vellutello spiega il ramarro <\/b>colla voce stellio<\/i> dei Latini: s'inganna: lacertus viridis<\/i> si dice in Latino il ramarro.  Virg. Nunc virides etiam occultant spineta lacertos.<\/i>  Stellio<\/i> significa quell'altro animaletto non molto dissomigliante nella forma, che noi chiamiamo  tarantola.<\/i>  Venturi. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/eclogae","LuogoFonte":"II 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"nunc viridis etiam occultant spineta lacertos,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi001.perseus-lat1:2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79-81","from":24194.0,"to":24195.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Il bene fu l'occasione e\nla guida al gran viaggio, mediante il quale ei fu «di servo\ntratto a libertate» (Par., XXX, 85).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Il bene fu l'occasione e la guida al gran viaggio, mediante il quale ei fu «di servo tratto a libertate» (Par., XXX, 85)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXXI 85","NotaFonte":"Per errore si rimanda a Par. XXX 85, mentre il passo corretto \u00e8 Par. XXXI 85.","TestoFonte":"Tu m' hai di servo tratto a libertate","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=98&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"8","from":52.0,"to":58.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Il cielo ed i suoi\ninflussi dan principio ai nostri movimenti, cio\u00e8 a quei primi\nmoti dell'appetito, che non sono a noi liberi, e per i quali non\nsiamo degni n\u00e8 di lode, n\u00e8 di biasimo; e n\u00e8 anche a tutti questi,\nperch\u00e8 alcuni hanno origine dalle occasioni, e da i mali abiti,\nche la nostra perversa volont\u00e0 ha contratti: ma posto ancora che\ntutti questi primi moti provenissero dagli influssi, vi \u00e8 dato il\nlume della ragione, col quale potete discernere il ben dal male;\ne insieme con questo vi \u00e8 dato il libero arbitrio da poter far\nelezione di quello, che pi\u00f9 vi piace.  Venturi.  — che, se\naffatica nelle prime battaglie col ciel, dura<\/b>: cos\u00ec dee leggersi\ncon quattro mss. della biblioteca Corsini [chi s'affatica<\/i> legge\nla Nidobeatina], e dee essere la costruzione ed il senso: che<\/i><\/b>\n[il qual libero arbitrio] se nelle prime battaglie col ciel<\/b>\n[ne' primi contrasti cogl'influssi celesti] affatica [s'adopera]\ndura<\/b> [regge, non rimane superato] — poi, se ben si notrica<\/b>\n[se fa acquisto della sapienza] vince tutto<\/b> [supera ogni\nceleste influsso]: ond'\u00e8 quel detto di Tolommeo Sapiens\ndominabitur astris.<\/i><\/b>  Allo stesso senso riducesi anche la lezione\ndella Nidobeatina chi s'affatica<\/i> ec.\n\n\tLeggendo altre edizioni, come tutte le moderne leggono,\nche se fatica<\/i><\/b> ec. hanno data occasione al Vellutello d'intender\nfatica<\/b> per nome, e non per verbo, e di spiegare se dura fatica\nne le prime battaglie<\/i><\/b> ec.  Ma posto per requisito a vincer\ntutto<\/i><\/b> il durar fatica nelle prime battaglie, a che\naggiungerebbesi quell'altro se ben si notrica<\/b>? egli per verit\u00e0\nnon riuscirebbe altrimenti che una proscritta per cagione di\nsmenticanza — battaglie del ciel<\/i> hanno l'edizioni diverse\ndalla Nidobeatina.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
poi, se ben si notrica <\/b>[se fa acquisto della sapienza] vince tutto<\/b> [supera ogni celeste influsso]: ond'è quel detto di Tolommeo Sapiens dominabitur astris.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q34943","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/centiloquium","LuogoFonte":"VIII","NotaFonte":"Nel Centiloquium \"la sentenza non corrisponde alla lettera con quella citata\" (C. G. Priolo, ed. Daniello).","TestoFonte":"Anima sapiens actum stellarum adiuvat sicut seminator potens adiuvat naturalia cum aratione et mundatione.","UrlFonte":"https:\/\/ptolemaeus.badw.de\/ms\/8\/12\/text\/1#I.8","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"73-78","from":15889.0,"to":15893.0,"NomeAutore":"Claudio Tolomeo","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Il medio evo us\u00f2 di veder negli\nenti mitologici altrettanti demonii, conciliando cos\u00ec, bene o\nmale, la cristiana credenza con la tradizione pagana.  Ne\nriparleremo.  — Caron<\/b>, Caronte: come nel IV del Purg.\nOrizzon<\/i>, e Feton.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Caron<\/b>, Caronte: come nel IV del Purg. Orizzon<\/i>, e Feton.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IV, 70-72","NotaFonte":"","TestoFonte":"sì, ch'amendue hanno un solo orizzòn<\/strong>
e diversi emisperi; onde la strada
che mal non seppe carreggiar Fetòn<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=38","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"109","from":2791.0,"to":2793.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Il mezzo della vita degli\nuomini «perfettamente naturati,» dice Dante nel Convito, \u00e8 nel\nloro trentacinquesimo anno. Anche nel Salmo 89: «Dies annorum\nnostrorum septuaginta anni.» Da altri luoghi del poema si ha\npi\u00f9 particolarmente, ch'era la notte de' 26 marzo, venendo il\nvenerd\u00ec santo del 1300.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Il mezzo della vita degli uomini «perfettamente naturati,» dice Dante nel Convito, è nel\r\nloro trentacinquesimo anno.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio, IV, xxiii 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"Là dove sia lo punto sommo di questo arco, per quella disaguaglianza che detta è di sopra, è forte da sapere; ma nelli più, io credo, tra il trentesimo e 'l quarantesimo anno; e io credo che nelli perfett<\/i>amente<\/i> naturati esso ne sia nel trentacinquesimo anno.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=73&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1","from":0.0,"to":4.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Il perso, dice Dante nel Convito, <\u00e8 misto\ndi purpureo e di nero, ma vince il nero:> e tale appunto doveva\nesser quell'aere la cui oscurit\u00e0 era appena rischiarata da un\nrosso riflesso delle infocate mura di Dite (c. VIII, 70-85).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Il perso, dice Dante nel Convito, «è misto di purpureo e di nero, ma vince il nero»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio IV, xx, 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Lo perso è uno colore misto di purpureo e di nero, ma vince lo nero, e da lui si dinomina.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=70&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"89","from":4610.0,"to":4611.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Il re di Epiro, assalitor de' Romani:\nuomo terribile a' sudditi non men che a' nemici.  — Sesto.<\/b> Il\nfiglio di Pompeo Magno.  Finite le civili guerre, si dette al\nmestier del corsale: onde Lucano nel VI: «Proles indigna\nparente....  Polluit aequoreos siculus pirata triumphos.»  —\nIn eterno munge<\/b> ec., spreme eternamente le lagrime col mezzo di\nquel bollore.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Sesto.<\/b> Il figlio di Pompeo Magno.  Finite le civili guerre, si dette al mestier del corsale: onde Lucano nel VI: «Proles indigna parente....  Polluit aequoreos siculus pirata triumphos.» <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"Pharsalia VI, 420-422","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sextus erat, Magno proles indigna parente<\/strong>,
Qui mox, Scyllaeis exsul grassatus in undis,
Polluit aequoreos Siculus pirata triumphos<\/strong>.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0133%3Abook%3D6%3Acard%3D413","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"135-136","from":11424.0,"to":11425.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, {"Annotazione":"Il solito\naccrescimento di bellezza~, che pone Dante in Beatrice nel\npassare a pi\u00f9 altro cielo [Vedi Par. X. 37. e segg. e quella\nnota.] — tra l'altre vedute ec. Si vuol<\/i> [per conviene<\/i> [Del\nverbo volere<\/i> a cotale significato vedi 'l Vocab. della Crusca\nsotto esso verbo {paragraph}. 2.]] lasciare<\/i>, senza\ncommemorare~, tra l'altre vedute<\/i>, tra gli altri veduti\noggetti~, che non seguir la mente<\/i>, i quali~, per la troppo loro\neccellenza non potendo imprimersi adeguatamente nella mia memoria\n[Mente<\/i> per memoria<\/i> adopera Dante anche altrove. Vedi per\ncagion d'esempio Inf. II. 8.~], restaronsi dal venire con essa.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il solito accrescimento di bellezza, che pone Dante in Beatrice nel passare a più alto cielo [Vedi Par. X. 37.  e segg.  e quella nota]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. X 37-39","NotaFonte":"","TestoFonte":"È Bëatrice quella che sì scorge
di bene in meglio, sì subitamente
che l'atto suo per tempo non si sporge.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=77&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79-81","from":13649.0,"to":13670.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Il verbo curare<\/i> tra gli altri\nsignificati ha quelli di apprezzare<\/i>, e di darsi briga.<\/i> Nel\npresente passo adunque col primo significato si riferisce\nall'argento<\/b>, cio\u00e8 al danaro; e col secondo agli affanni<\/b>, cio\u00e8\nalle fatiche e pericoli. Vedi le medesime lodi Inferno I, 101 e\nsegg.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vedi le medesime lodi Inferno I, 101 e segg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 101-103","NotaFonte":"","TestoFonte":"e più saranno ancora, infin che 'l veltro
verrà, che la farà morir con doglia.
Questi non ciberà terra né peltro,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"84","from":16782.0,"to":16785.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Imita\nVirgilio in que' versi del lib. VIII dell'Eneide:\n\n Nox erat, et terras animalia fessa per omnes<\/i>\n Alituum pecudumque genus sopor altus habebat<\/i> \n [Verso 26 e seg.]. \n\nAere<\/b> legge spesso la Nidob. ove altre edizioni leggono\ntroncatamente aer<\/i><\/b>: e qu\u00ec certamente apporta al verso pienezza\ninsieme e dolcezza.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Imita Virgilio in que' versi del lib. VIII dell'Eneide:\r\n     Nox erat, et terras animalia fessa per omnes<\/i>\r\n     Alituum pecudumque genus sopor altus habebat<\/i> <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VIII 26-27","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nox erat, et terras animalia fessa per omnis
alituum pecudumque genus sopor altus habebat:","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:8.18-8.35","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1-2","from":993.0,"to":1009.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Imita qu\u00ec Dante lo\nstile profetico di s. Giovanni nell'Apocalisse, ove indica il\nnome dell'Anticristo dicendo numerus eius sexcenti sexaginta\nsex<\/i> [Cap. 13 I vari nomi, che da cotai numeri si ricavano\ngl'Interpreti dell'Apocalisse veggansi ne' loro scritti]; e per\ncinquecento diece e cinque<\/b> intende le tre lettere Romane DXV, e\nla voce ch'esse formano collocandosi la terza fra le due prime a\nquesto modo DVX, che vuol dire capitano.<\/i><\/b>\n\n\tMa non vi \u00e8 poscia pericolo che per questo capitano\nintendesse Dante l'Imperatore Arrigo VII come tutti gli\nespositori affermano, chi per certa cosa, e chi per probabile. \nImperocch\u00e8 oltre lo aver Dante fino dal bel primo canto\ndell'Inferno [Vers. 101. Vedi quella nota] fondata la speranza\ndella riforma del mondo in Can Grande, ed oltre il convenire\nappuntino la voce DVX ad esso Cane, eletto capitano della lega\nGhibellina [Vedi la sopraccennata annotazione], ch'\u00e8 quanto a\ndire in favore dell'aquila imperiale, troviamo poi anche\nrinnovata la speranza medesima nel canto XXVIII del Paradiso\n[Vers. 63 e 142 e seguenti] vicino al XXX canto in cui\nmanifestamente ci fa Dante capire morto gi\u00e0 l'Imperatore Arrigo\n[Vers. 133 e segg. vedi anche quella nota].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Imita quì Dante lo stile profetico di s. Giovanni nell'Apocalisse, ove indica il nome dell'Anticristo dicendo numerus eius sexcenti sexaginta sex<\/i> [Cap. 13]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","LuogoFonte":"XIII 18","NotaFonte":"","TestoFonte":"Hic sapientia est: qui habet intellectum, computet numerum bestiae; numerus enim hominis est: et numerus eius est sescenti sexaginta sex.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#13","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"43","from":33343.0,"to":33348.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"},
{"Annotazione":"Immagina poeticamente, che\nnel plenilunio di marzo del 1300, anno del giubileo, quando egli\ntoccava il tretacinquesimo anno, che secondo quel che stabilisce\nnel Convito<\/i>, tratt. 4, 23, \u00e8 il mezzo del corso ordinario della\nvita umana, e tempo del trionfo della ragione sulle passioni,\navesse la visione simbolica che qui descrive come proemio al gran\nviaggio, subietto della Commedia.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Brunone Bianchi 1868","FrammentoNota":"
Immagina poeticamente, che nel plenilunio di marzo del 1300, anno del giubileo, quando egli toccava il tretacinquesimo anno, che secondo quel che stabilisce nel Convito<\/i>, tratt. 4, 23, è il mezzo del corso ordinario della vita umana, e tempo del trionfo della ragione sulle passioni, avesse la visione simbolica che qui descrive come proemio al gran viaggio, subietto della Commedia.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xxiii, 6-9","NotaFonte":"","TestoFonte":"Onde, con ciò sia cosa che la nostra vita, sì come detto è, ed ancora d'ogni vivente qua giù, sia causata dal cielo e lo cielo a tutti questi cotali effetti, non per cerchio compiuto ma per parte di quello a loro si scuopra; e così conviene che 'l suo movimento sia sopra essi come uno arco quasi, e tutte le terrene vite (e dico terrene, sì delli uomini come delli altri viventi), montando e volgendo, convengono essere quasi a imagine d'arco asimiglianti. Tornando dunque alla nostra, sola della quale al presente s'intende, sì dico ch'ella procede a imagine di questo arco, montando e discendendo. Ed è da sapere che questo arco di giù, come l'arco di su sarebbe equale, se la materia della nostra seminale complessione non impedisse la regola della umana natura. Ma però che l'umido radicale è meno e più, e di migliore qualitade e men buona, e più ha durare in uno che in uno altro effetto – lo quale è subietto e nutrimento del calore che è nostra vita –, aviene che l'arco della vita d'un uomo è di minore e di maggiore tesa che quello dell'altro. E alcuna morte è violenta, o vero per accidentale infertade affrettata; ma solamente quella che naturale è chiamata dal vulgo, e che è, è quel termine del quale si dice per lo Salmista: «Ponesti termine, lo quale passare non si può». E però che lo maestro della nostra vita Aristotile s'accorse di questo arco di che ora si dice, parve volere che la nostra vita non fosse altro che uno salire e uno scendere: però dice in quello dove tratta di Giovinezza e di Vecchiezza, che giovinezza non è altro se non acrescimento di quella. Là dove sia lo punto sommo di questo arco, per quella disaguaglianza che detta è di sopra, è forte da sapere; ma nelli più, io credo, tra il trentesimo e 'l quarantesimo anno; e io credo che nelli perfettamente naturati esso ne sia nel trentacinquesimo anno.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=73&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1","from":0.0,"to":4.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"In Saturno, pianeta di\ntutti il pi\u00f9 alto [nel cielo di cui entra il Poeta presentemente]\nper la contemplativa virt\u00f9 al medesimo pianeta ascritta\n[Saturno<\/i> [chiosa il Landino] influisce secondo Macrobio quella\nvirt\u00f9 della mente, la quale i Greci chiamano<\/i> theoriticon, cio\u00e8\npotenza di contemplare.<\/i>  Vedi Macrob. in Somm. Scip.<\/i> lib. I\ncap. 12] colloca li santi contemplativi; e riconoscendo in\nBeatrice il tipo di tutta la teologia, e conseguentemente quello\npure della mistica, e della pi\u00f9 elevata parte della mistica, ch'\u00e8\nla contemplativa, sotto figura degli atti suoi e di Beatrice, che\nqu\u00ec descrive, accenna quanto fa di mestieri per la\ncontemplazione.  Dicendo adunque ch'eran qu\u00ec gli occhi suoi\nrifissi al volto di Beatrice, e con gli occhi l'animo rimosso da\nogni altro intento<\/b>, da ogni altro pensiero, accenna che la\ncontemplazione assorbisce tutto l'uomo in Dio, n\u00e8 lascialo\npensare ad altro che a lui: e il non ridere Beatrice qu\u00ec, e il\ndire che, se ridesse, farebbesi Dante quale Fu Semel\u00e8 quando di\ncener fessi<\/b> [quando cio\u00e8 Semele, avendo per maligno consiglio\ndell'emula Giuno richiesto a Giove d'essere da lui visitata con\ntutta la sua maest\u00e0, rimase l'incauta incenerita dalli folgori,\nche intorno a quel nume si vibravano [Ovid. Metam.<\/i><\/b> lib. III,\n294]], accenna che, per innalzarsi l'umano intelletto alla\ncontemplazione di Dio, abbisogna di speciale divino aiuto, senza\ndel quale rimarrebbe abbagliato.  Perci\u00f2 nel canto XXIII a Dante\ngi\u00e0 di tale aiuto fornito dir\u00e0 Beatrice\n\n     Apri gli occhi e riguarda qual son io<\/i>:\n        Tu hai vedute cose, che possente<\/i>\n        Se' fatto a sostener lo riso mio<\/i>\n        [Verso 46 e segg.].\n\nNon avvertendo qualche malaccorto cervello, che si doveva qu\u00ec\npure, come Inf. XXX, 2 pronunziar Semel\u00e8<\/i><\/b> colla sillaba di mezzo\nbreve, e coll'ultima lunga, al modo cio\u00e8 de' Latini e de' Greci,\nha cagionato che in alcune edizioni, e massime nelle moderne,\ndiversamente dalla Nidobeatina e da altre [Vedi tra l'altre\nquella di Venezia 1578], in vece di Fu Semel\u00e8<\/b> si leggesse\nSemele fu<\/i><\/b> — scale dell'eterno palazzo<\/i><\/b>, per la salita del\nParadiso — fronda<\/b>, forse per arbore, chiosa 'l Venturi: ma col\nproprio significato di foglia<\/i>, o di ramoscello<\/i> [Che fronda<\/i><\/b>\nsignifichi anche ramoscello<\/i><\/b> nel dimostrano quelle parole del\nBoccaccio L'altra,  che stava in pi\u00e8, colse duo frondi, E d'esse\nuna ghirlanda si faceva.<\/i>  Ninf. Fies. 59] diviene il paragone\npi\u00f9 forte.  — tuono<\/b> legge la Nidob., e trono<\/i><\/b> l'altre ediz.,\no per\u00f2 tuono<\/i><\/b> leggasi, o trono<\/i>, dee qui intendersi detto per\nfulmine, come s'intende detto in quall'imprecazione, che\n[testimonio il Venturi] assai sovente si manda in qualche luogo\ndella Toscana, Che ti squarti un trono<\/i> — scoscende<\/b>, disrompe\ned atterra.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Saturno<\/i> [chiosa il Landino] influisce secondo Macrobio quella virtù della mente, la quale i Greci chiamano<\/i> theoriticon, cioè potenza di contemplare.<\/i>  Vedi Macrob. in Somm. Scip.<\/i> lib. I cap. 12<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q313934","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q15076351","LuogoFonte":"I xii 14","NotaFonte":"","TestoFonte":"in Saturni, ratiocinationem et intellegentiam, quod λογιστικ\u03ccν et θεωρητικ\u03ccν uocant;","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=\/&text=14413:2.12","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1-12","from":20218.0,"to":20304.0,"NomeAutore":"Ambrogio Teodosio Macrobio","TitoloFonte":"Commentarii in Somnium Scipionis"},
{"Annotazione":"In alcune cose \u00e8 differente la statua, che vide Nabucdenasor, da\nquesta, che scrive Dante secondo che racconta Virgilio.  E prima\nper l'et\u00e0; percioch\u00e8 in Daniel<\/i> non si dice che fosse vecchia,\ne qui \u00e8 di forma di vecchio.  Poi nella statua di Daniel non si\ndice che le braccia e 'l petto fossero di puro argento, come si\ndice qui, ma simplicemente che erano d'argento; n\u00e8 che le gambe\no gli schinchi fossero di ferro eletto, come qui, ma\nsimplicemente che erano di ferro; n\u00e8 che il destro piede fosse\ndi terra cotta, ma che l'uno e l'altro piede fosse mischiato di\nterra cotta e di ferro.  Appresso \u00e8 da sapere che per altro\nrispetto \u00e8 presentata e fatta vedere la statua a Nabucdenasor\n[Daniel<\/i>, II, 31-45], e per altro \u00e8 raccontata qui simile\nstatua da Virgilio; percioch\u00e8 in Daniel<\/i> la statua, per la\ndiversit\u00e0 de' metalli, significa le signorie del mondo di grado\nin grado pi\u00f9 o meno violente in sottomettersi i popoli, e qui in\nquesta statua la variet\u00e0 de' metalli significa, secondo il\nvalore pi\u00f9 e meno del metallo, i peccati minori e maggiori del\nmondo; percioch\u00e8, quanto l'oro vale pi\u00f9 che l'ariento, tanto la\nprima era men peccatrice che la seconda, e cos\u00ec l'altre.  N\u00e8\ndobbiamo riferire la statua, che \u00e8 in Daniel<\/i>, all'et\u00e0\ndell'oro e dell'ariento etc., di che parlano i poeti, come\ndobbiamo referire questa, di che parla qui.  Adunque in Daniel<\/i>\nnon si doveva fare la testa d'oro ottimo, n\u00e8 la statua in figura\ndi vecchio, volendosi significare il reame di Nabucdenasor, s\u00ec\ncome non si fede, non ossendo passato, ma presente e futuro, e\nqui si doveva la testa della statua figurare vecchia, essendo la\nprima et\u00e0 del mondo passata.  Ancora v' ha una differenza: che\ntutte le parti della statua di Daniel furono spezzate e confuse\ninsieme, terra cotta, ferro, rame, ed argento ed oro, per la\ncaduta del monte sopra essa, e qui la statua in tutte parti non\npur \u00e8 fessa, non che sia confusa, conci\u00f2 sia cosa che l'oro non\nsia fesso; percioch\u00e8, come dico, Dante ha altro riguardo in\nquesta statua, che non si dee avere nella statua di Daniel.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Lodovico Castelvetro 1570","FrammentoNota":"
In alcune cose è differente la statua, che vide Nabucdenasor, da questa, che scrive Dante secondo che racconta Virgilio.  E prima\r\nper l'età; perciochè in Daniel<\/i> non si dice che fosse vecchia, e qui è di forma di vecchio.  Poi nella statua di Daniel non si\r\ndice che le braccia e 'l petto fossero di puro argento, come si dice qui, ma simplicemente che erano d'argento; nè che le gambe\r\no gli schinchi fossero di ferro eletto, come qui, ma simplicemente che erano di ferro; nè che il destro piede fosse\r\ndi terra cotta, ma che l'uno e l'altro piede fosse mischiato di terra cotta e di ferro.  Appresso è da sapere che per altro\r\nrispetto è presentata e fatta vedere la statua a Nabucdenasor, e per altro è raccontata qui simile statua da Virgilio;<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80115","LuogoFonte":"Dan. 2 31-45","NotaFonte":"Contra Vellutello nella prima parte della nota: \"In alcune cose \u00e8 differente la statua, che vide Nabucdenasor, da\r\nquesta, che scrive Dante secondo che racconta Virgilio\".  ","TestoFonte":"31 Tu, rex, videbas, et ecce statua una grandis: statua illa magna et statura sublimis stabat contra te, et intuitus eius erat terribilis.
32 Huius statuae caput ex auro optimo erat, pectus autem et brachia de argento, porro venter et femora ex aere,
33 tibiae autem ferreae, pedum quaedam pars erat ferrea, quaedam autem fictilis.
34 Videbas ita, donec abscissus est lapis sine manibus et percussit statuam in pedibus eius ferreis et fictilibus et comminuit eos;
35 tunc contrita sunt pariter ferrum, testa, aes, argentum et aurum, et fuerunt quasi folliculus ex areis aestivis, et rapuit ea ventus, nullusque locus inventus est eis; lapis autem, qui percusserat statuam, factus est mons magnus et implevit universam terram.
36 Hoc est somnium; interpretationem quoque eius dicemus coram te, rex.
37 Tu rex regum es, et Deus caeli regnum et fortitudinem et imperium et gloriam dedit tibi;
38 et omnia, in quibus habitant filii hominum et bestiae agri volucresque caeli, dedit in manu tua et te dominum universorum constituit: tu es caput aureum.
39 Et post te consurget regnum aliud minus te et regnum tertium aliud aereum, quod imperabit universae terrae.
40 Et regnum quartum erit robustum velut ferrum; quomodo ferrum comminuit et domat omnia, et sicut ferrum comminuens conteret et comminuet omnia haec.
41 Porro quia vidisti pedum et digitorum partem testae figuli et partem ferream, regnum divisum erit; et robur ferri erit ei, secundum quod vidisti ferrum mixtum testae ex luto.
42 Et digitos pedum ex parte ferreos et ex parte fictiles, ex parte regnum erit solidum et ex parte contritum.
43 Quod autem vidisti ferrum mixtum testae ex luto, commiscebuntur quidem humano semine, sed non adhaerebunt sibi, sicuti ferrum misceri non potest testae.
44 In diebus autem regnorum illorum suscitabit Deus caeli regnum, quod in aeternum non dissipabitur, et regnum populo alteri non tradetur: comminuet et consumet universa regna haec, et ipsum stabit in aeternum.
45 Secundum quod vidisti quod de monte abscisus est lapis sine manibus et comminuit testam et ferrum et aes et argentum et aurum, Deus magnus ostendit regi, quae ventura sunt postea; et verum est somnium et fidelis interpretatio eius ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_danielis_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":null,"RSO":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"103-113","from":13273.0,"to":13281.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro di Daniele"}, {"Annotazione":"In cotale danza or si\nvedevano dalla fede tirate in seguito la carit\u00e0 e la speranza, or\ndalla carit\u00e0 tirate la fede e la speranza, n\u00e8 mai se non\npedissequa la speranza: lo che \u00e8 verissimo. Imperocch\u00e8 da\nprincipio necessariamente la fede delle cose rivelate precede\nalla carit\u00e0: poscia la carit\u00e0 conduce la fede ad abbracciare\neziandio di quello che non \u00e8 espressamente rivelato, ma che\nsolamente da quello si deduce in alcun modo. La speranza per lo\ncontrario sempre va in seguito della fede, e della carit\u00e0, n\u00e8 mai\na veruna di esse precede — al canto di questa, l'altre togli\u00e8n<\/b>\nec. Ci\u00f2, che Dante qu\u00ec suppone, che le tre teologali virt\u00f9\ndanzando cantassero, dirallo espressamente poi nel canto XXXI,\n130 e segg. di questa medesima cantica\n\n Se dimostrando del pi\u00f9 alto tribo<\/i>\n Negli atti, l'altre tre si fero avanti<\/i>,\n Cantando al loro angelico caribo.<\/i>\n\nDal tempo adunque tenuto in cantare dalla rossa donna ultimamente\ncommemorata, prendevano il tempo di moversi nella danza tarde e\nratte<\/i><\/b>, preste, l'altre due donne. E vuol significare, che la\nfede e la speranza non fanno profitto di eterna vita se non per\nmezzo della carit\u00e0.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
al canto di questa, l'altre toglièn <\/b>ec.  Ciò, che Dante quì suppone, che le tre teologali virtù danzando cantassero, dirallo espressamente poi nel canto XXXI, 130 e segg. di questa medesima cantica \r\n     Se dimostrando del più alto tribo<\/i>\r\n        Negli atti, l'altre tre si fero avanti<\/i>,\r\n        Cantando al loro angelico caribo.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXI 130-132","NotaFonte":"","TestoFonte":"sé dimostrando di più alto tribo
ne li atti, l'altre tre si fero avanti,
danzando al loro angelico caribo.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=65&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"127-129","from":29712.0,"to":29737.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"In questa parte l'Autore\nrende atento lo lettore a ficcare lo 'ntelletto a quello che si\nfinge, e allegoricamente s'intende, e che \u00e8 coperto dal\nvelamento di quelli versi di sopra, li quali trattano di materia\nstrana da noi, cos\u00ec perch\u00e8 \u00e8 materia non usata, cos\u00ec perch\u00e8\nquesti essempli trattano di gente straniera da noi, cio\u00e8 di\nquelle tre Furie, l[e] quali per loro essere sono strani[e], e\nnon dimestiche nostre. E male si reca in casa chiunque s\u00ec di\nProserpina, s\u00ec delle figliuole di Forco, s\u00ec di Teseo, e degli\naltri nelle favole prescritte nominati, li quali tutti sono\nstrani da noi, e per tempo e per paese, e in costumi. E favella\nqui l'Autore come fa Valerio, lo quale ciascuno titolo divide in\nessempli na[zion]ali, cio\u00e8 romani, e in essempli delli strani; e\nper\u00f2 dic'elli nel prolago della citt\u00e0 di Roma, e delle genti di\nfuori, cio\u00e8 stranieri, li detti e li fatti ec. Perch\u00e8 non\nsarebbe contento l'Autore, che uno uomo di vivace intelletto\nstesse pure alla corteccia della favola; ma vuole che cerchi la\nsua significazione, e aplichila alla materia, s\u00ec come \u00e8 la\npropria intenzione dell'Autore; e allora sar\u00e0 trito tra li denti\nil grano della senepa, e dar\u00e0 opera la sua virtude; o vero\nintendi l'alegoria di questa figura, che la ragione colle sue\nmani, cio\u00e8 potenzie, chiuse gli occhi, cio\u00e8 le speculazioni, a\nDante, cio\u00e8 allo intelletto, e al libero arbitrio umano, che non\nguatasse, n\u00e8 considerasse Medussa, ch'\u00e8 interpetrata\ndimenticanza, per la quale si convertisse d'uomo, animale\nrazionale mortale intellettivo, in pietra, la quale \u00e8 sanza senso\ne sanza ragione.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
E favella\r\nqui l'Autore come fa Valerio, lo quale ciascuno titolo divide in\r\nessempli na[zion]ali, cioè romani, e in essempli delli strani; e\r\nperò dic'elli nel prolago della città di Roma, e delle genti di\r\nfuori, cioè stranieri, li detti e li fatti ec. Perchè non\r\nsarebbe contento l'Autore, che uno uomo di vivace intelletto\r\nstesse pure alla corteccia della favola; ma vuole che cerchi la\r\nsua significazione, e aplichila alla materia, sì come è la\r\npropria intenzione dell'Autore; e allora sarà trito tra li denti\r\nil grano della senepa, e darà opera la sua virtude; o vero\r\nintendi l'alegoria di questa figura, che la ragione colle sue\r\nmani, cioè potenzie, chiuse gli occhi, cioè le speculazioni, a\r\nDante, cioè allo intelletto, e al libero arbitrio umano, che non\r\nguatasse, nè considerasse Medussa, ch'è interpetrata\r\ndimenticanza, per la quale si convertisse d'uomo, animale\r\nrazionale mortale intellettivo, in pietra, la quale è sanza senso\r\ne sanza ragione.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q379991","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3738259","LuogoFonte":"I, praefatio","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vrbis Romae exterarumque gentium facta simul ac dicta memoratu digna, quae apud alios latius diffusa sunt quam ut breuiter cognosci possint, ab inlustribus electa auctoribus digerere constitui, ut documenta sumere uolentibus longae inquisitionis labor absit.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus:text:2008.01.0675","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61-63","from":8110.0,"to":8114.0,"NomeAutore":"Valerio Massimo","TitoloFonte":"Factorum et dictorum memorabilium libri IX"},
{"Annotazione":"In questa parte l'Autore\nscrive le pene inflitte a questi peccatori dell'avarizia, e\ndella prodigalitade; e antimette questa similitudine, come intra\nCicilia e Calavr[i]a in uno pericoloso passo di mare chiamato\nCariddi, che \u00e8 per uno scontramento d'acqua; che l'acqua che\nviene da levante si percuote e frange con quella che viene da\nponente, della quale ripercussione, quando si congiungono\ninsieme, surgono tanto, che pare che salgano in Cielo, e quando\nritornano a drieto, pare che scendano in abisso; cos\u00ec qui quelli\npeccatori, correndo l'uno contro a l'altro, urtano, cozzansi, e\npercuotonsi; ma la favola, che di questo Cariddi pone Ovidio, che\nfu una femina vecchia, la quale imbol\u00f2e ad Ercole una vacca; la\nqual cosa Ercule sappiendo, la gitt\u00f2 in mare: li Dii la\nconvertirono in uno scoglio, il quale come qui imbolava il\nbestiame, cos\u00ec quivi con l'acqua atrae le trapassanti navi: di\nquello scoglio si form\u00f2 la favola, s\u00ec che non ha bisogno\nallegoria.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
e antimette questa similitudine, come intra\r\nCicilia e Calavr[i]a in uno pericoloso passo di mare chiamato\r\nCariddi, che è per uno scontramento d'acqua; che l'acqua che\r\nviene da levante si percuote e frange con quella che viene da\r\nponente, della quale ripercussione, quando si congiungono\r\ninsieme, surgono tanto, che pare che salgano in Cielo, e quando\r\nritornano a drieto, pare che scendano in abisso; così qui quelli\r\npeccatori, correndo l'uno contro a l'altro, urtano, cozzansi, e\r\npercuotonsi; ma la favola, che di questo Cariddi pone Ovidio, che\r\nfu una femina vecchia, la quale imbolòe ad Ercole una vacca; la\r\nqual cosa Ercule sappiendo, la gittò in mare: li Dii la\r\nconvertirono in uno scoglio, il quale come qui imbolava il\r\nbestiame, così quivi con l'acqua atrae le trapassanti navi: di\r\nquello scoglio si formò la favola, sì che non ha bisogno\r\nallegoria.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"XIII, 730-734","NotaFonte":"La storia della trasformazione di Cariddi \u00e8 in realt\u00e0 affrontata cursoriamente nelle \"Metamorfosi\", che dedicano invece ampio spazio (dalla fine del libro XIII ai primi 80 versi del XIV) alla vicenda di Scilla. L'Ottimo commentatore potrebbe aver recuperato una chiosa su Cariddi leggibile nelle \"Chiose ai Rimedi d'amore\", apparato esegetico legato a un volgarizzamento trecentesco dei \"Remedia amoris\" di Ovidio (cfr. Boccardo, Ottimo I, p. 170).","TestoFonte":"Scylla latus dextrum, laeuum irrequieta Charybdis
Infestat; uorat haec raptas reuomitque carinas,
Illa feris atram canibus succingitur aluum,
Virginis ora gerens, et, si non omnia uates
Ficta reliquerunt, aliquo quoque tempore uirgo.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=OV%7Cmeta%7C013","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"22-24","from":5946.0,"to":5950.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"In questo ed in quell'altro\nverso \n\n Ma per\u00f2 di levarsi era niente<\/i> \n [Inf. XXII, 143]\n\nscorgonsi chiaramente adoprate le particelle nulla<\/b> e niente<\/i><\/b>\nal significato di nissun modo<\/i>, nissun mezzo<\/i>, ci\u00f2 che, quanto\nveggo, n\u00e8 il Cinonio, n\u00e8 verun altro ha notato.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
In questo ed in quell'altro verso \r\n     Ma però di levarsi era niente<\/i>         [Inf. XXII, 143]\r\nscorgonsi chiaramente adoprate le particelle nulla<\/b> e niente <\/i>al significato di nissun modo<\/i>, nissun mezzo<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXII 143","NotaFonte":"","TestoFonte":"ma però di levarsi era neente","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=22","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"57","from":8079.0,"to":8081.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"In questo primo\ncanto s'adombrano per simboli e allegorie il motivo e l'obietto\ndel Poema.  La corruzione e i vizj del secolo, cagionati\nmassimamente dalle indebolite credenze religiose, avean partorito\ngoverni tristissimi, e condotto Italia nel pi\u00f9 gran disordine e\nnella pi\u00f9 spaventosa miseria: i cittadini armati contro i\ncittadini, la plebe sbrigliata e furente, i Grandi prepotenti, i\nmagistrati avari e venali, i sacerdoti volti alla terra pi\u00f9 che\nal cielo, i principi tiranni e flagelli de' loro soggetti. \nDante, conosciuta la sorgente di tanto male, dopo aver fatto ci\u00f2\nche credeva il meglio per il suo paese, volge l'ingegno a cantare\nla rigenerazione morale<\/i> dell'uomo, come primo passo e\nnecessario alla politica, non potendo essere libert\u00e0 vera e\nfelicit\u00e0 dove non siano buoni costumi.  Quanto alle sue opinioni\npolitiche, egli tiene che il governo da Dio voluto sulla terra\nsia la Monarchia universale<\/i> retta con certe leggi da un\nimperatore sedente in Roma; e che il guelfismo e la dominazione\ntemporale del papa sieno altrettante usurpazioni, e cagione\nmassima della rovina d'Italia.\n\n\tImmagina adunque un viaggio pei regni de' Morti; e mentre\negli ravviva le idee fondamentali del Cattolicismo, sostenendole\nopportunamente cogli argomenti della pi\u00f9 sana filosofia, svela le\npiaghe d'Italia passate e presenti, le arti degl'ipocriti, la\ninfamia de' traditori, mette nella sua luce il male e il bene; e\ntutto ci\u00f2 per il ministero di quegli spiriti, che sono in luogo\ndove il vero si vede senz'ombra e senze dubbio.\n\n\tOra la selva oscura<\/b> significa il disordine morale e\npolitico in generale d'Italia e pi\u00f9 specialmente di Firenze\n(chiamata la trista selva<\/i><\/b> anche al Canto XIV del Purg.<\/i>, v.\n64), dove si era perduto ogni virt\u00f9 e ogni lume di civile\nsapienza, talch\u00e8, pi\u00f9 che abitazione di uomini, era divenuta nido\ndi bestie.  — Mi ritrovai<\/i><\/b>, m'avvidi d'essere.  Se ne avvide\npi\u00f9 particolarmente nelle tempeste del 1300 e 1301, dalle quali\ntravolto dov\u00e8 sentire tutto il peso d'una feroce anarchia Nelle\nsventure il ravvedimento.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Brunone Bianchi 1868","FrammentoNota":"
Ora la selva oscura<\/b> significa il disordine morale e politico in generale d'Italia e più specialmente di Firenze (chiamata la trista selva<\/i> anche al Canto XIV del Purg.<\/i>, v. 64), dove si era perduto ogni virtù e ogni lume di civile sapienza, talchè, più che abitazione di uomini, era divenuta nido di bestie.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XIV, 64","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sanguinoso esce de la trista selva","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=48&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"2","from":7.0,"to":12.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"In seguito al\ndescritto chiarore delle dette fiamme, che ardevano sopra i sette\ncandelabri, incomincia a scorgere anche i candelabri medesimi, i\nquali d'oro essendo e di smisurata grandezza, n\u00e8 bene, per la\ndistanza ancor molta, potendone discernere la precisa loro\nfigura, gli apprende perci\u00f2 falsamente per alberi d'oro.  Dice\nadunque che il lungo tratto falsava nel parere sette alberi\nd'oro<\/b>, faceva falsamente dall'estimativa potenza apprendersi\nalberi d'oro in luogo di candelabri.\n\n\tS. Giovanni nel capo 1 dell'Apocalisse vide sette\ncandelieri d'oro, e nel capo 4 vide sette lampade risplendenti\ndavanti al divin trono.  Dante unendo le lampade ai candelieri\npone quelle sopra di questi, credo, su 'l fondamento, ch'alcuni\nsacri interpreti, tra i quali Ruperto, dicono significarsi le\ncose medesime pei sette candelieri, e per le sette lampade [Vedi\ntra gli altri Tirino al capo 1 dell'Apocalisse].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
S. Giovanni nel capo 1 dell'Apocalisse vide sette candelieri d'oro<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","LuogoFonte":"I 12","NotaFonte":"","TestoFonte":"conversus vidi septem candelabra aurea","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"43-45","from":29119.0,"to":29124.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"},
{"Annotazione":"In vece di parlare a Dio\ndifensore della Chiesa, parla alla difesa stessa; e mira avendo\nalla frase del salmo Exurge, quare obdormis Domine<\/i> [Psalm.<\/i>\n43], dice perch\u00e8 pur giaci<\/b>, perch\u00e8 dormi tuttavia, in vece di\ndire perch\u00e8 non t'adopri<\/i><\/b>?\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
In vece di parlare a Dio difensore della Chiesa, parla alla difesa stessa; e mira avendo alla frase del salmo Exurge, quare obdormis Domine<\/i> [Psalm. <\/i>43], dice perchè pur giaci<\/b>, perchè dormi tuttavia, in vece di dire perchè non t'adopri<\/i>?<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"XLIV (XLIII) 24","NotaFonte":"","TestoFonte":"Evigila, quare obdormis, Domine?
Exsurge et ne repellas in finem.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%2044","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"57","from":26740.0,"to":26744.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"}, {"Annotazione":"Indica creato da Dio l'Inferno\na punizione degli Angeli ribelli, come abbiamo nel santo Vangelo\n[Matt. 25 v. 41], e perci\u00f2 non essere stata prima dell'Inferno\naltra creatura che gli Angeli stessi, cose eterne<\/b>, cio\u00e8\neternamente durevoli.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Indica creato da Dio l'Inferno a punizione degli Angeli ribelli, come abbiamo nel santo Vangelo, e perciò non essere stata prima dell'Inferno  altra creatura che gli Angeli stessi, cose eterne<\/b>, cioè  eternamente durevoli.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XXV 41","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tunc dicet et his, qui a sinistris erunt: “Discedite a me, maledicti, in ignem aeternum, qui praeparatus est Diabolo et angelis eius.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#25","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"7-8","from":2069.0,"to":2083.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"Innanzi tempo, prima dell'ora\nprescritta.  «Perch\u00e9 entri nell'inferno innanzi ora?» (Cavalca,\nProse scelte<\/i>, Venezia, 1836, pag. 19).  — Lo ha riconosciuto;\ne, vedendolo all'inferno, avanti la morte, immagina forse che sia\nuna delle anime pi\u00f9 nere, di quelle che cadono in Cocito subito\ncommesso il tradimento (Inferno<\/i>, XXXIII, 124 e seg.).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Innanzi tempo, prima dell'ora\r\nprescritta.  «Perché entri nell'inferno innanzi ora?» (Cavalca,\r\nProse scelte<\/i>, Venezia, 1836, pag. 19). <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3712952","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7936712","LuogoFonte":"XXXV","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ed essendo stato così una settimana, vedendo questo le demonia e temendo di perderlo, vennero una notte a lui gridando e dicendo: Or che è questo che tu fai, o impurissimo e iniquissimo uomo? poiché se' saziato d'ogne immondizia e invecchiato ne' mali, ti vuogli mostrare casto e buono? Non t'ingannare, che altro luogo che quello che t'apparecchiasti per li tuoi peccati, avere non dei. Se' stato tanto rio che se' quasi diventato uno di noi, e a migliore stato oggimai venire non puoi. Torna, torna a noi, e quel tanto tempo che t'è rimaso spendi in varie delizie e lussurie, e non ti affliggere più piangendo, perocché non ti giova nulla. Perché entri nell'inferno innanzi ora? Tornati a godere, e noi t'apparecchieremo e faremoti avere ogni diletto e delizie che tu vorrai.","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=c7N-HTRxWOcC&pg=PA139&lpg=PA139&dq=%22Perch%C3%A9+entri+nell%27inferno+innanzi+ora?%22&source=bl&ots=9WsBwB7wnj&sig=ACfU3U1RlPIuE3EZwxk404Aipd0Q4LXJvg&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiGqemgqu72AhUDRPEDHXeYA5UQ6AF6BAgIEAM#v=onepage&q=%22Perch%C3%A9%20entri%20nell'inferno%20innanzi%20ora%3F%22&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"33","from":6974.0,"to":6976.0,"NomeAutore":"Domenico Cavalca","TitoloFonte":"Vitae Patrum"},
{"Annotazione":"Insegna non essere amore\nche un legamento o sia attaccamento dell'animo all'obbietto: e\ncome suppone essere gi\u00e0 la natura dell'animo legata di naturale\namore<\/i> alla propria conservazione [vedi nel precedente canto v.\n91 e segg.]: perci\u00f2 dice, che per questo amore proveniente dal\npiacere legasi la natura di lui novamente.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
come suppone essere già la natura dell'animo legata di naturale amore<\/i> alla propria conservazione [vedi nel precedente canto v. 91 e segg.]: perciò dice, che per questo amore proveniente dal piacere legasi la natura di lui novamente.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVII 91-93","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Né creator né creatura mai\",
cominciò el, \"figliuol, fu sanza amore,
o naturale o d'animo; e tu 'l sai.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=51&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"26-27","from":17618.0,"to":17621.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Intende il Poeta, giusta\nla persuasione in che si viveva a' tempi suoi [Vedi tra gli altri\nmonumenti la Cronica Martiniana, o sia di Martino Polono\nSilvester<\/i> e Constantinus<\/i>], che per l'Imperator Costantino\nmagno donata fosse Roma a s. Silvestro Papa [Vedi Parad. XX, 55\ne segg.], cui perci\u00f2 appella il primo ricco patre<\/b>: e intende\nche cotal dote<\/b>, cotal donazione, cagionasse nel Papa, e negli\necclesiastici l'amore alle ricchezze, e conseguentemente altri\ninfiniti guai. Mostrandoci per\u00f2 la sperienza che per esibizioni\ntorce dal dritto pi\u00f9 facilmente il povero che 'l ricco, peggio\nforse sarebbe se gli ecclesiastici fossero poveri. — matre<\/b> e\npatre<\/b>, antitesi prese dal Latino in grazia della rima.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Intende il Poeta, giusta la persuasione in che si viveva a' tempi suoi [Vedi tra gli altri monumenti la Cronica Martiniana, o sia di Martino Polono Silvester<\/i> e Constantinus<\/i>], che per l'Imperator Costantino magno donata fosse Roma a s. Silvestro Papa<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q431054","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/chronicon-pontificum-et-imperatorum","LuogoFonte":"P. 196","NotaFonte":"Cfr. https:\/\/digital.tcl.sc.edu\/digital\/collection\/pfp\/id\/1351","TestoFonte":"Postquam Constantinus Romam cum occidentalibus regionibus Ecclesiae summis Pontificibus dedisset, aedificavit sibi Bizantium maritimam civitatem.","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/bub_gb_Y2IuxPdL__MC\/page\/n199\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"115-117","from":18295.0,"to":18297.0,"NomeAutore":"Martino Polono","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Intendendo Dante~, com'\n\u00e8 detto~, pe 'l grifone Ges\u00f9 Cristo e per quel legno~, il\nvoluto da esso a tutto il mondo esteso Romano impero~, fa\nbenedirsi Ges\u00f9 Cristo perch\u00e8 quell' albero non discinde<\/i>, non\ndilacera~: mirando~, credo~, massimamente al non avere il\nRedentore medesimo accondisceso a' sediziosi Giudei~, che\nricusavano la soggezione al Romano impero~, comandando loro\nreddite quae sunt Caesaris Caesari Matt.<\/i> 22. — dolce al\ngusto<\/i>, posciach\u00e8 ec.<\/i> Accenna cos\u00ec dal peccato de' primi\nparenti essere negli uomini insorta la cupidigia di ciascuno\nregnare~; e che questa~, depravato avendo il gusto~, fa loro\nsembrar dolce lo scindere il misterioso albero~, cio\u00e8 lo\nsmembrare l'universale impero~: ed in vece di dire avvenuto\ncotale depravamento di gusto dopo che i primi parenti osarono\ncontra il divin comando di staccare da quell'albero frutti~,\nponendo in luogo d'essa disubbidienza i conseguiti mali~, e\nquesti metaforicamente esprimendo~, dice Posciach\u00e8 mal si torse\n'l ventre quindi<\/i>, cio\u00e8~, dappoich\u00e8 l' uman ventre per questa\ncagione [per essersi~, intendi~, pasciuto de' vietati frutti]\nmalamente~, aspramente~, fu tormentato~: colla medesima frase\ncio\u00e8 con cui dicono i Latini male torqueri.<\/i>  Della particella\nquindi<\/i> al senso di per questa cagione<\/i> vedi 'l Cinonio\n[Partic.<\/i> 218. 5.].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Intendendo Dante, com'è detto, pe 'l grifone Gesù Cristo e per quel legno, il voluto da esso a tutto il mondo esteso Romano impero, fa benedirsi Gesù Cristo perchè quell' albero non discinde<\/i>, non dilacera: mirando, credo, massimamente al non avere il Redentore medesimo accondisceso a' sediziosi Giudei, che ricusavano la soggezione al Romano impero, comandando loro reddite quae sunt Caesaris Caesari Matt.<\/i> 22.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XXII 21","NotaFonte":"","TestoFonte":"“ Reddite ergo, quae sunt Caesaris, Caesari et, quae sunt Dei, Deo ”. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#22","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"43-45","from":32210.0,"to":32232.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"Intendendo l'infernal\nbuca essere come ventre della terra, gola d'Inferno<\/b> appella il\nLimbo, ond'esso fu tratto, perocch\u00e8 posto alla sommit\u00e0 di quella\nbuca: e bene le aggiunge l'epiteto di ampia<\/b>, per essere il\nLimbo il primo<\/i>, e pi\u00f9 ampio cerchio, che l'abisso cigne<\/i> [Inf.\nIV, 24].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Intendendo l'infernal buca essere come ventre della terra, gola d'Inferno<\/b> appella il Limbo, ond'esso fu tratto, perocchè posto alla sommità di quella buca: e bene le aggiunge l'epiteto di ampia<\/b>, per essere il Limbo il primo<\/i>, e più ampio cerchio, che l'abisso cigne<\/i> [Inf. IV, 24].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV 24","NotaFonte":"","TestoFonte":"nel primo cerchio che l'abisso cigne.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31-32","from":20815.0,"to":20819.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Iperbole, in vece di\ndire da giovinetto.<\/i>  — Fu meglio assai<\/b> [seppe governar\nmeglio] che Vincislao<\/b> ec.  Qu\u00ec Dante<\/i><\/b> [dice il Venturi] par\nche confonda questo Vincislao figliuolo di Ottachero, con altro\nVincislao figliuolo di questo medesimo Vincislao, e nipote di\nOttachero: il primo anzi per la probit\u00e0 de' suoi costumi fu detto\nil santo; ed al secondo convengono le qualit\u00e0 che attribuisce al\nprimo.  Vedi Enea Silvio ist. di Boem.<\/i>  Non trovando noi per\u00f2 il\nVincislao figlio di Ottachero ricevuto dalla chiesa per santo,\npossiam credere, che Dante, vissuto a lui contemporaneamente,\nsapesse di quelle cose che non seppe Enea Silvio ducent'anni\ndopo.  Se non contrastasse altro che il nome di figlio<\/i><\/b>,\npotrebbe anche pensarsi, che figlio di Ottachero appelli Dante il\nnipote, il secondo Vincislao; come fa dal Conte Ugolino\nappellarsi figli<\/i><\/b> anche i nipoti [Inf. XXXIII, 48], e come il\nPoeta stesso appella padre<\/i> Cacciaguida, ch'era padre del suo\nbisavolo [Par. XVI, 16]: ma v'\u00e8 un altro ostacolo, ed \u00e8, che\nquesto secondo Vincislao nel tempo del poetico viaggio, cio\u00e8,\ncome pi\u00f9 volte \u00e8 detto, nell'anno 1300 non poteva avere che\ndodici anni, essendo nato nel 1288 [Vedi tra gli altri Stransk\nRespub. Bohem.<\/i> cap. 8], e doveva perci\u00f2 essere imberbe, e non\nbarbuto<\/b>: e per tirare il detto a questo Vincislao bisognerebbe\nintendere, che Sordello qu\u00ec profetizzasse, e parlasse del futuro\ncome di cosa presente.       \n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Se non contrastasse altro che il nome di figlio<\/b>, potrebbe anche pensarsi, che figlio di Ottachero appelli Dante il nipote, il secondo Vincislao; come fa dal Conte Ugolino appellarsi figli<\/i> anche i nipoti [Inf. XXXIII, 48]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIII 48","NotaFonte":"","TestoFonte":"nel viso a' mie' figliuoi sanza far motto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=33","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100-102","from":6780.0,"to":6800.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Ironia \u00e8 questa simile\naffatto quell'altra del passato canto XXI v. 40 ove di Lucca\nparlando dice\n\n     Ogni uom v'\u00e8 barattier, fuor che Bonturo.<\/i>\n\nCome ivi per accennare barattieri peggiori di Bonturo tutti i\nLucchesi, eccettua Bonturo notissimo barattiere, cos\u00ec eccettua\nqu\u00ec lo Stricca e gli altri conosciuti vani, per indicare\nincomparabilmente pi\u00f9 vani tutti gli altri Sanesi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ironia è questa simile affatto quell'altra del passato canto XXI v. 40 ove di Lucca parlando dice\r\n     Ogni uom v'è barattier, fuor che Bonturo.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI 41","NotaFonte":"Inf. XXI 41 (non 40) \u00e8 il rimando corretto.","TestoFonte":"ogn'uom v'è barattier, fuor che Bonturo;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=21&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"125","from":28675.0,"to":28681.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Joan., VIII, 44: «Quando il\ndiavolo dice menzogna, usa il suo proprio linguaggio; perciocch\u00e8\negli \u00e8 mendace, e il padre della menzogna.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Ch'egli è bugiardo<\/strong>, ec. Joan., VIII, 44: «Quando il diavolo dice menzogna, usa il suo proprio linguaggio; perciocchè egli è mendace, e il padre della menzogna.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"Giovanni VIII, 44","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vos ex patre Diabolo estis et desideria patris vestri vultis facere. Ille homicida erat ab initio et in veritate non stabat, quia non est veritas in eo. Cum loquitur mendacium, ex propriis loquitur, quia mendax est et pater eius<\/strong>.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#8","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"144","from":22468.0,"to":22476.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"Joan., XXI, 19: «Sequere me.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Viemmi dietro<\/strong>. Joan., XXI, 19: «Sequere me.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"Giovanni XXI, 19","NotaFonte":"","TestoFonte":"Hoc autem dixit significans qua morte clarificaturus esset Deum. Et hoc cum dixisset, dicit ei: “Sequere me<\/strong>”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#21","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"93","from":18133.0,"to":18140.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"L'Angelo stesso, che qu\u00ec\nappella galeotto<\/b>, appella nocchiero<\/i> nel v. 43, come appunto\nfece di Flegias nell'Inf. VIII, 17 e 80.  Convien dire<\/i> [nota il\nVenturi] che la voce galeotto abbia peggiorato di condizione, e\nperduta la nobilit\u00e0; perch\u00e8 adesso non si userebbe in\nsignificazione di persona onorata.<\/i>  Cos\u00ec certamente dee essere:\nanzi non dovrebbe cotal peggioramento essere avvenuto se non\ntardi; imperocch\u00e8 anche il Varchi nella traduzione Italiana dei\nBenefizi di Seneca, ove dice Seneca doversi talvolta la vita\nmedico et nautae<\/i> [Lib. 3 cap. 35], traduce esso al medico, ed\nal galeotto.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Convien dire<\/i> [nota il Venturi] che la voce galeotto abbia peggiorato di condizione, e perduta la nobilità; perchè adesso non si userebbe in significazione di persona onorata.<\/i>  Così certamente dee essere: anzi non dovrebbe cotal peggioramento essere avvenuto se non tardi; imperocchè anche il Varchi nella traduzione italiana dei Benefizi <\/em>di Seneca, ove dice Seneca doversi talvolta la vita medico et nautae<\/i> [Lib. 3 cap. 35], traduce esso al medico, ed al galeotto.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2054","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q5244244","LuogoFonte":"III 35","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ergo nec medico gratia in maius referri potest (solet enim et medicus vitam dare), nec nautae, si naufragum sustulit.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1017.phi013.perseus-lat1:3.35","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"27","from":1165.0,"to":1168.0,"NomeAutore":"Lucio Anneo Seneca","TitoloFonte":"De beneficiis"},
{"Annotazione":"L'abate di\nVallombrosa, de' Beccheria di Pavia; al quale in Firenze fu\ntagliata la testa, per essersi scoperto un suo trattato coi\nfuorusciti ghibellini.  Fu detto pure che il Beccheria fosse\ninnocente.  Gio. Villani, VI, 65.  — Gorgiera<\/b>, gola.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Quel di Beccheria<\/b> ec. L'abate di Vallombrosa, de' Beccheria di Pavia; al quale in Firenze fu tagliata la testa, per essersi scoperto un suo trattato coi fuorusciti ghibellini. Fu detto pure che il Beccheria fosse innocente. Gio. Villani, VI, 65.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica VII, 65","NotaFonte":"","TestoFonte":"E poi del mese di settembre prossimo del detto anno il popolo di Firenze fece pigliare l’abate di Valembrosa, il quale era gentile uomo de’ signori di Beccheria di Pavia in Lombardia, essendoli apposto che a petizione de’ Ghibellini usciti di Firenze trattava tradimento, e quello per martiro gli fece confessare, e scelleratamente nella piazza di Santo Appolinare gli feciono a grido di popolo tagliare il capo, non guardando a sua dignità, né a ordine sacro.","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"119-120","from":31786.0,"to":31789.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"L'aggettivo di\ngrande<\/i> {v.103}, detto nel precedente verso della colonna del\nvaio<\/i>, riducesi per zeuma di numero anche ai Sacchetti, Giuochi\nec.  — quei che arrossan per lo staio<\/b>, che si arrossiscono per\nla memoria dello staio da uno de' loro antenati falsato col\ntrargliene una doga; come si \u00e8 detto al canto XII del Purgatorio\nv. 105.  Furono costoro al dir del Landino, de' Chiaramontesi. \nIl Daniello, seguito dal Venturi chiosa, Chi dice che costoro\nfossero i Tosinghi, e chi i Chiaramontesi.<\/i><\/b>  Egli per\u00f2 al v. 114\ndice i Tosinghi tra quelli che si fanno grassi stando a\nconsistoro.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
quei che arrossan per lo staio<\/b>, che si arrossiscono per la memoria dello staio da uno de' loro antenati falsato col trargliene una doga; come si è detto al canto XII del Purgatorio v. 105.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XII 105","NotaFonte":"","TestoFonte":"ch'era sicuro il quaderno e la doga;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=46&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"104-105","from":15842.0,"to":15844.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"L'altra gente\nmorta nella prima battaglia tra Manfredi Re di Puglia e Sicilia,\ne Carlo Conte d'Angi\u00f2, a Ceperano, luogo nei confini della\nCampagna di Roma verso Monte Casino; le ossa della qual gente,\nancor trovano gli agricoltori sparse pe' campi, e, secondo il\ncostume loro, quando sanno che sono di cristiani, raccolgono e\nripongono in qualche sacro cimiterio — l\u00e0 dove fu bugiardo\nciascun Pugliese<\/b>, manc\u00f2 della promessa fede al Re Manfredi. \nGiovan Villani, che citano qu\u00ec 'l Vellutello e 'l Venturi,\nracconta la cosa in modo come se a Ceperano cedesse l'esercito di\nManfredi a quello di Carlo senza contrasto; e 'l mancamento di\nfede de' Pugliesi al loro Re Manfredi riportalo avvenuto nella\nbattaglia, in cui Manfredi rimase ucciso, sotto Benevento [Lib. 7\ncap. 5 e 9]: Dante per\u00f2 di un fatto successo nell'anno 1265 pot\u00e8\nesserne meglio informato che il Villani: e ben perci\u00f2 il Villani\nstesso, della sepoltura di Manfredi lungo il fiume Verde\nparlando, s'attiene alla testimonianza di Dante: Di ci\u00f2<\/i>, dice,\nne rende testimonianza Dante nel Purgatorio, capitolo terzo<\/i>\n[Ivi] — e l\u00e0 da Tagliacozzo<\/i><\/b> [da<\/b> per a<\/i><\/b> vedi il Cinonio\n[Partic.<\/i> 70, 2]], ove senz'arme<\/i><\/b> ec. intendi l'altra gente\nmorta a Tagliacozzo [castello nell'Abruzzo Ulteriore, poche\nmiglia sopra i confini della Campagna di Roma] nel fatto d'armi\ntra il detto Carlo d'Angi\u00f2 divenuto Re di Sicilia e di Puglia, e\nCurradino nipote dell'estinto Re Manfredi; nel qual fatto Alardo\ndi Valleri Cavalier Francese di gran senno e prudenza consigli\u00f2\nin modo il Re Carlo, che, dopo di avere con due soli terzi di sue\ngenti combattuto e perduto, finalmente coll'altro terzo,\nriserbato e posto in aguato, uscendo improvisamente contro del\ntrionfante nemico esercito, disperso qu\u00e0 e l\u00e0 a bottino,\ncagionogli colla sola presenza la totale costernazione, e la fuga\n[Gio. Vill. lib. 7 cap. 26 e 27].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Giovan Villani, che citano quì 'l Vellutello e 'l Venturi, racconta la cosa in modo come se a Ceperano cedesse l'esercito di Manfredi a quello di Carlo senza contrasto; e 'l mancamento di fede de' Pugliesi al loro Re Manfredi riportalo avvenuto nella battaglia, in cui Manfredi rimase ucciso, sotto Benevento [Lib. 7 cap. 5 e 9]: Dante però di un fatto successo nell'anno 1265 potè esserne meglio informato che il Villani.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VIII 5, 9","NotaFonte":"Cfr. Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, pp. 188 e 192 (VII 5, 9).","TestoFonte":"Avenne che giunto il re Carlo con sua oste a Fresolone in Campagna, iscendendo verso Cepperano, il detto
conte Giordano che a quello passo era a guardia, veggendo venire la gente del re per passare, volle difendere il passo; il conte di Caserta disse ch'era meglio a lasciarne prima alquanti passare, sì gli avrebbono di là dal passo sanza colpo di spada. Il conte Giordano credendo che consigliasse il migliore, aconsentì, ma quando vide ingrossare la gente, ancora volle assalirgli con battaglia; allora il conte di Caserta, il quale era nel trattato, disse che·lla battaglia era di gran rischio, imperciò che
troppi n'erano passati. Allora il conte Giordano veggendo sì possente la gente del re, abandonarono la terra e 'l ponte, chi dice per paura, ma i più dissono per lo trattato fatto da·re al conte di Caserta, imperciò ch'egli nonn-amava Manfredi, però che per la sua disordinata lussuria per forza avea giaciuto colla moglie del conte di Caserta, onde da·llui si tenea forte ontato, e volle fare questa vendetta col detto tradimento. E a questo diamo fede, però che furono de' primi egli e' suoi che
s'arrenderono al re Carlo, e lasciato Cepperano, non tornaro a l'oste del re Manfredi a San Germano, ma si tennero in loro castella [...].
Lo re Manfredi, lo quale con sua schiera de' Pugliesi stava al soccorso dell'oste, veggendo gli suoi che non poteano durare la battaglia, sì confortò la sua gente della sua schiera, che
'l seguissono alla battaglia, da' quali fu male inteso, però che la maggiore parte de' baroni pugliesi e del Regno, in tra gli altri il conte camerlingo, e quello della Cerra, e quello di Caserta e altri, o per viltà di cuore, o veggendo a loro avere il peggiore, e chi disse per tradimento, come genti infedeli e vaghi di nuovo signore, si fallirono a Manfredi, abandonandolo e fuggendosi chi verso Abruzzi e chi verso la città di Benevento. Manfredi rimaso con pochi, fece come valente signore, che innanzi
volle in battaglia morire re, che fuggire con vergogna.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"15-18","from":26855.0,"to":26861.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"L'avvenimento di una particolare\nilluminazione divina va sempre preceduto da segni straordinari\nnella natura. E di subito si fece dal cielo un suono, come di\nvento impetuoso che soffia.<\/i> Atti degli Ap. II, 2. — Pien di\nspavento<\/b>: spaventevolissimo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
L'avvenimento di una particolare illuminazione divina va sempre preceduto da segni straordinari nella natura. E di subito si fece dal cielo un suono, come di vento impetuoso che soffia.<\/i> Atti degli Ap. II, 2.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","LuogoFonte":"2, 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et factus est repente de caelo sonus tamquam advenientis spiritus vehementis et replevit totam domum, ubi erant sedentes. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"65","from":8138.0,"to":8140.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"},
{"Annotazione":"L'essere il veltro<\/b>, o sia il leuriere,\ncane: il predir Dante nel Paradiso [Cant. XVII, 76 e seg.] le\nmedesime cose, che predice qu\u00ec, espressamente a Can Grande,\nfratello minore d'Alboino, e di lui compagno nella signoria di\nVerona: l'aver esso Cane prese le armi contro i Guelfi, e l'esser\nil medesimo stato eletto Capitano della lega Ghibellina [Corio\nIst. di Milano part. 3]: e finalmente il quadrare alla nazione<\/i>\ndi Cane la situazione, che quattro versi sotto dirassi, tra tra\nFeltro e Feltro<\/i> [come ivi far\u00f2 vedere], sono circostanze, che\nformano una convincente prova, che pe 'l veltro<\/i><\/b> intenda il\nPoeta lo stesso Can Grande; e che predica cos\u00ec favorevolmente di\nlui in gratificazione del ricovero trovato presso del medesimo in\ntempo del suo esilio [Vedi tra gli altri Lionardo Aretino Vita\ndi Dante.<\/i><\/b>].\n\n\tIl primo a dare questa interpretazione fu, quanto scorgo,\nil Vellutello.  I pi\u00f9 antichi, almeno gli stampati, il Boccaccio\ne tutti gli altri, non seppero intendere pe 'l veltro<\/b> se non\nCristo giudice nella fine del mondo, e pe' Feltri<\/i> i cieli, o le\nnuvole.\n\n\tConsiegue poi quindi o non esser vero ci\u00f2 che 'l medesimo\nBoccaccio [Nella Vita di Dante<\/i>, e nel comento sopra il canto\nVIII dell'Inf.] ed altri dopo di lui [Vedi l'autore delle\nMemorie per la vita di Dante<\/i> {paragraph.} 17] raccontano che\nscrivesse Dante i primi sette canti di questo suo poema innanzi\ndel sofferto esilio; od almeno che com'esso Boccaccio vi crede\ninserita posteriormente dal Poeta medesimo la parlata di Ciacco\nnel sesto canto di questa cantica, cos\u00ec pure inserita abbia qu\u00ec\nposteriormente questa parlata di Virgilio; e posteriormente non\ndi pochi, ma di parecchi anni.  Eccone la ragione.\n\n\tFinge Dante, come nell'annotazione al primo verso \u00e8\ndetto, questo suo misterioso viaggio nell'anno 1300; ed in\nParadiso essendo [Cant. XVII v. 80 e segg.] fa da Cacciaguida\ndirsi l'et\u00e0 di Cane di soli anni nove: concordando in ci\u00f2\nappuntino colla antica Cronica di Verona [Tra gli scrittori delle\ncose d'Italia raccolti dal Morat. tom. 8], che dice nato il\nmedesimo principe nel 1291 il d\u00ec 9 marzo.  Dunque allor quando\nsuccesse l'esilio di Dante, che fu nel 1302 [Il citato autore\ndelle Memorie<\/i> ec. {paragraph.} 10], contava Cane soli undici\nanni: et\u00e0 troppo al di sotto di quella in cui potesse Cane\nessersi immischiato ne' partiti e nell'armi, ed avere in esse\ndato que' saggi di valore, che dovette gi\u00e0 aver dato quando Dante\nqueste cose di lui scriveva.  Nel 1318 successe la prefata\nelezione di Cane in Capitano della lega Ghibellina [Corio cit.\nivi.] n\u00e8 se non in vicinanza di esso tempo pare che potesse Dante\ngiudiziosamente azzardare cotale predizione.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
L'essere il veltro<\/b>, o sia il leuriere, cane: il predir Dante nel Paradiso [Cant. XVII, 76 e seg.] le medesime cose, che predice quì, espressamente a Can Grande, fratello minore d'Alboino, e di lui compagno nella signoria di Verona: l'aver esso Cane prese le armi contro i Guelfi, e l'esser il medesimo stato eletto Capitano della lega Ghibellina [Corio Ist. di Milano part. 3]: e finalmente il quadrare alla nazione <\/i>di Cane la situazione, che quattro versi sotto dirassi, tra tra Feltro e Feltro<\/i> [come ivi farò vedere], sono circostanze, che formano una convincente prova, che pe 'l veltro<\/b> intenda il Poeta lo stesso Can Grande [...]. Il primo a dare questa interpretazione fu, quanto scorgo, il Vellutello. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XVII 76-93","NotaFonte":"","TestoFonte":"Con lui vedrai colui che 'mpresso fue,
nascendo, sì da questa stella forte,
che notabili fier l'opere sue.
Non se ne son le genti ancora accorte
per la novella età, ché pur nove anni
son queste rote intorno di lui torte;
ma pria che 'l Guasco l'alto Arrigo inganni,
parran faville de la sua virtute
in non curar d'argento né d'affanni.
Le sue magnificenze conosciute
saranno ancora, sì che ' suoi nemici
non ne potran tener le lingue mute.
A lui t'aspetta e a' suoi benefici;
per lui fia trasmutata molta gente,
cambiando condizion ricchi e mendici;
e portera'ne scritto ne la mente
di lui, e nol dirai\"; e disse cose
incredibili a quei che fier presente.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=84&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"101","from":742.0,"to":743.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"L'interno della bolgia,\ncome tutto questo cerchio, \u00e8 di pietra di color ferrigno<\/i> (v.\n2).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Su per lo sasso tetro<\/strong>. L'interno della bolgia, come tutto questo cerchio, è di pietra di color ferrigno<\/i> (v. 2).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVIII, 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"tutto di pietra di color ferrigno","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=18","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"34","from":16699.0,"to":16704.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"L'uccisione dee intendersi di Ciro Re Persiano\ninvasore della Scitia, e di dugentomila di lui soldati fatta da'\nSciti sotto il comando della loro Regina Tamiri, quando in\nsequela di tanta vittoria, avendo essa Regina fatto cercare il\ncadavere di Ciro, e fatto immergere il reciso di lui capo in un\nvaso pieno d'umano sangue, satia<\/i> [disse] te sanguine, quem\nsitisti<\/i> [Iustin. lib. I, cap. 8]. Il verbo sitire<\/i>\nitalianamente adoprato da altri pure vedilo nel Vocabolario della\nCrusca — t'empio<\/b> per ti sazio.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
L'uccisione dee intendersi di Ciro Re Persiano invasore della Scitia, e di dugentomila di lui soldati fatta da' Sciti sotto il comando della loro Regina Tamiri, quando in sequela di tanta vittoria, avendo essa Regina fatto cercare il cadavere di Ciro, e fatto immergere il reciso di lui capo in un vaso pieno d'umano sangue, satia<\/i> [disse] te sanguine, quem sitisti<\/i> [Iustin. lib. I, cap. 8].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q210853","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/epitoma-historiarum-philippicarum-pompei-trogi","LuogoFonte":"I 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ibi conpositis in montibus insidiis ducenta milia Persarum cum ipso rege trucidavit. [12] In qua victoria etiam illud memorabile fuit, quod ne nuntius quidem tantae cladis superfuit. Caput Cyri amputatum in utrem humano sanguine repletum coici regina iubet cum hac exprobratione crudelitatis: \"Satia te\" inquit \"sanguine, quem sitisti cuiusque insatiabilis semper fuisti\".","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=14386&text=14386:2.8","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"55-57","from":11525.0,"to":11547.0,"NomeAutore":"Marco Giuniano Giustino","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"La via diritta<\/i> (v. 3) o vera<\/i>\n(Purg.<\/i>, XXX 130), che \u00e8 la via di verit\u00e0<\/i> e di vita<\/i> (Par.<\/i>, \nVII, 39), dalla quale si diparte l'uomo cercando la felicit\u00e0 dove\nnon la pu\u00f2 essere, bruttandosi perci\u00f2 di colpa.  Nel Conv.<\/i>, II, \n12: «Veramente cos\u00ec questo cammino (che conduce l'anima a Dio<\/i>)\nsi perde per errore, come le strade della terra...  Nella vita\numana sono diversi cammini, delli quali uno \u00e8 veracissimo, e un\naltro fallacissimo, e certi men fallaci, e certi men veraci.»  E\nivi, 22: «Uno solo calle \u00e8 quello che noi mena alla nostra pace»\n(cf. commento Purg.<\/i>, XXX, 123).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
La via diritta<\/i> (v. 3) o vera <\/i>(Purg.<\/i>, XXX 130), che è la via di verità<\/i> e di vita<\/i> (Par.<\/i>, VII, 39), dalla quale si diparte l'uomo cercando la felicità dove non la può essere, bruttandosi perciò di colpa.  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I, 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"ché la diritta via era smarrita","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"12","from":87.0,"to":89.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"La Nidob., Con\nl'ale aperte, che par\u00e8n<\/b> l'altre edizioni [Quanto a par\u00e8n<\/i>, vedi\nla nota al XIX dell'Inf. v. 16], — di cigno<\/i><\/b>, uccello\nbianchissimo, — volseci in su<\/b>: impedendoci coll'apertura\ndell'ali il pi\u00f9 oltre camminare su di quel piano ne costrinse a\nsalire.  — Tra i due<\/i><\/b> [duo<\/i><\/b> l'edizioni diverse dalla Nidob.]\npareti del duro macigno<\/b>: tra le due sponde della scala scavata\nnell'erta marmorea sponda.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La Nidob., Con l'ale aperte, che parèn<\/b> l'altre edizioni [Quanto a parèn<\/i>, vedi la nota al XIX dell'Inf. v. 16],<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIX 16","NotaFonte":"","TestoFonte":"Non mi parean men ampi né maggiori","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=19","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46-48","from":18820.0,"to":18826.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"La campana del Carroccio era a'\nComuni italiani principale strumento militare: «Ponevasi (dice\nGio. Villani, VI, 73) in su uno castello di legname in su un\ncarro, e al suono di quella si guidava l'oste.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Con campane<\/strong>. La campana del Carroccio era a' Comuni italiani principale strumento militare: «Ponevasi (dice Gio. Villani, VI, 73) in su uno castello di legname in su un carro, e al suono di quella si guidava l'oste.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica VII, 75","NotaFonte":"","TestoFonte":"E quando l'oste de' Fiorentini andava, si sponeva dell'arco, e poneasi in su uno castello di legname in su uno carro, e alsuono di quella si guidava l'oste<\/strong>.","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":20382.0,"to":20384.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"La falda del monte, che fa\nsponda alla strada, balestra<\/b>, getta, in fuor fiamma: E la\ncornice<\/b>, l'orlo della strada dalla parte opposta alla sponda,\nspira fiato in suso<\/b>, manda vento in su, Che la riflette<\/b>, che\nquella fiamma rispinge, e via da lei sequestra, e caccia via da\nlei.  Con queste fiamme il poeta nostro non solamente simboleggia\ne gastiga ne' lussuriosi le fiamme della libidine, ma viene a\ncostruire intorno al Paradiso terrestre, immediamente sovr'essa\nsponda collocato, quella siepe di fiamme, che vi ammette s.\nIsidoro: Septus est undique rhomphaea flammea, ita ut eius cum\ncoelo pene iungatur incendium<\/i> [Etym.<\/i> lib. 14 cap. 3].  Che poi\nil vento vegnente dalla cornice<\/i><\/b>, vale a dire dalla parte che\nsovrasta al prossimo passato girone, in cui con fame e sete si\npuniscono i golosi, abbia forza di rispingere quelle fiamme; ci\u00f2\ndovrebb'essere detto a significare la possanza che ha il digiuno\ndi reprimere in noi le fiamme della concupiscenza.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Con queste fiamme il poeta nostro non solamente simboleggia e gastiga ne' lussuriosi le fiamme della libidine, ma viene a costruire intorno al Paradiso terrestre, immediamente sovr'essa sponda collocato, quella siepe di fiamme, che vi ammette s. Isidoro: Septus est undique rhomphaea flammea, ita ut eius cum coelo pene iungatur incendium<\/i> [Etym.<\/i> lib. 14 cap. 3].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q166876","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q665934","LuogoFonte":"XIV iii 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"E cujus medio fons prorumpens totum nemus irrigat, dividiturque in quatuor nascentia flumina, cujus loci post peccatum homini aditus interclusus est. Septus est enim undique romphaea flamma, id est, muro igneo accinctus, ita ut ejus cum coelo pene jungatur incendium","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=\/3172\/8178&text=8178:15.3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"112-114","from":25506.0,"to":25509.0,"NomeAutore":"Isidoro di Siviglia","TitoloFonte":"Etymologiae"},
{"Annotazione":"La famosa moglie di Collatino.  —\nJulia<\/b>, Figliuola di Cesare e moglie di Pompeo.  — Marzia.<\/b>\nMoglie di Catone Uticense.  — Corniglia<\/b>, Cornelia, figlia\ndell'Affricano e madre de' Gracchi.  Corniglia la chiama pure nel\nXV del Par.: e cos\u00ec dicevasi nel trecento anche in prosa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Corniglia<\/b>, Cornelia, figlia dell'Affricano e madre de' Gracchi. Corniglia la chiama pure nel XV del Par.: e così dicevasi nel trecento anche in prosa.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XV, 129","NotaFonte":"","TestoFonte":"qual or saria Cincinnato e Corniglia","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=82","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"128","from":3847.0,"to":3848.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"La lunga descrizione che fa\nil profeta Ezzechiello di questi quattro animali far\u00e0 vedere che\ngiudiziosamente Dante se ne sbriga con rimetterci ad essa.  Ecce\nventus turbinis veniebat ab Aquilone, et nubes magna, et ignis\ninvolvens, et splendor in circuitu eius; et de medio eius quasi\nspecies electri, idest, de medio ignis.  Et in medio eius\nsimilitudo quatuor animalium: et hic aspectus eorum, similitudo\nhominis in eis.  Quatuor facies uni, et quatuor pennae uni. \nPedes eorum, pedes recti, et plancta pedis eorum quasi plancta\npedis vituli, et scintillae quasi aspectus aeris candentis.  Et\nmanus hominis sub pennis eorum in quatuor partibus: et facies et\npennas per quatuor partes habebant, iunctaeque erant pennae eorum\nalterius ad alterum.  Non revertebantur cum incederent; sed\nunumquodque ante faciem suam gradiebatur.  Similitudo autem\nvultus eorum: facies hominis, et facies leonis a dextris ipsorum\nquatuor: facies autem bovis a sinistris ipsorum quatuor, et\nfacies aquilae desuper ipsorum quatuor.  Facies eorum, et pennae\neorum extentae desuper; duae pennae singulorum iungebantur, et\nduae tegebant corpora eorum: et unumquodque eorum coram facie sua\nambulabat; ubi erat impetus spiritus illuc gradiebantur; nec\nrevertebantur cum ambularent.  Et similitudo animalium, aspectus\neorum quasi carbonum ignis ardentium, et quasi aspectus\nlampadarum.  Haec erat visio discurrens in medio animalium,\nsplendor ignis, et de igne fulgur egrediens.  Et animalia ibant\net revertebantur in similitudinem fulguris coruscantis<\/i> [Cap. 1] \n— dalla fredda parte venir con vento<\/b> ec. corrispondono queste\nalle prime parole della riferita profezia, veniebat ab aquilone,\net nubes magna, et ignis involvens.<\/i><\/b>  Con igne, latinismo\nDantesco<\/i>, avvisa il Venturi.  Bastava per\u00f2 dire latinismo<\/i>;\nperch\u00e8 si sa ch'\u00e8 Dante che parla: e non va poi lontano mille\nmiglia da que' che dicono igneo<\/i> per focoso<\/i>, che pur non si\ntengono per Danteschi.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La lunga descrizione che fa il profeta Ezzechiello di questi quattro animali farà vedere che giudiziosamente Dante se ne sbriga con rimetterci ad essa.  Ecce ventus turbinis veniebat ab Aquilone, et nubes magna, et ignis involvens, et splendor in circuitu eius; et de medio eius quasi species electri, idest, de medio ignis.  Et in medio eius similitudo quatuor animalium: et hic aspectus eorum, similitudo  hominis in eis.  Quatuor facies uni, et quatuor pennae uni.  Pedes eorum, pedes recti, et plancta pedis eorum quasi plancta pedis vituli, et scintillae quasi aspectus aeris candentis.  Et manus hominis sub pennis eorum in quatuor partibus: et facies et pennas per quatuor partes habebant, iunctaeque erant pennae eorum alterius ad alterum.  Non revertebantur cum incederent; sed unumquodque ante faciem suam gradiebatur.  Similitudo autem  vultus eorum: facies hominis, et facies leonis a dextris ipsorum quatuor: facies autem bovis a sinistris ipsorum quatuor, et facies aquilae desuper ipsorum quatuor.  Facies eorum, et pennae eorum extentae desuper; duae pennae singulorum iungebantur, et duae tegebant corpora eorum: et unumquodque eorum coram facie sua ambulabat; ubi erat impetus spiritus illuc gradiebantur; nec revertebantur cum ambularent.  Et similitudo animalium, aspectus eorum quasi carbonum ignis ardentium, et quasi aspectus lampadarum.  Haec erat visio discurrens in medio animalium, splendor ignis, et de igne fulgur egrediens.  Et animalia ibant  et revertebantur in similitudinem fulguris coruscantis<\/i> [Cap. 1]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q194064","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q178390","LuogoFonte":"I 4-14","NotaFonte":"","TestoFonte":"4 Et vidi: et ecce ventus turbinis veniebat ab aquilone et nubes magna et ignis conglobatus, et splendor in circuitu eius, et de medio eius quasi species electri, id est de medio ignis;
5 et ex medio eius similitudo quattuor animalium, et hic aspectus eorum: similitudo hominis erat eis.
6 Quattuor facies uni et quattuor pennae uni;
7 pedes eorum pedes recti, et planta pedis eorum quasi planta pedis vituli, et scintillabant quasi aspectus aeris candentis.
8 Et manus hominis erant sub pennis eorum in quattuor partibus. Facies autem et pennae illorum quattuor:
9 iunctae erant pennae eorum altera ad alteram; non revertebantur, cum incederent, sed unumquodque ante faciem suam gradiebatur.
10 Similitudo autem vultus eorum: facies hominis et facies leonis a dextris ipsorum quattuor, facies autem bovis a sinistris ipsorum quattuor et facies aquilae ipsorum quattuor.
11 Et pennae eorum extentae desuper; duae pennae singulorum iungebantur, et duae tegebant corpora eorum.
12 Et unumquodque coram facie sua ambulabat: ubi erat impetus spiritus, illuc gradiebantur nec revertebantur, cum ambularent.
13 Et in medio animalium, aspectus quasi carbonum ignis ardentium, quasi aspectus lampadarum discurrentium in medio animalium; et splendor erat ignis, et de igne fulgur egrediens.
14 Et animalia ibant et revertebantur in similitudinem fulguris coruscantis.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ezechielis_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"100-102","from":29515.0,"to":29537.0,"NomeAutore":"Ezechiele","TitoloFonte":"Libro di Ezechiele"}, {"Annotazione":"La miseria di non avere di\nche cibarsi; perch\u00e8 il cibo gli si tramutava in oro, dopo\nl'ingorda, e sconsigliata domanda fatta a Bacco, di convertire in\noro tutto ci\u00f2 che toccava. Vedi Ovidio nel lib. II delle Trasf. \nVenturi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vedi Ovidio nel lib. XI delle Trasf. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"XI 85-145","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nec satis hoc Baccho est: ipsos quoque deserit agros
cumque choro meliore sui vineta Timoli
Pactolonque petit, quamvis non aureus illo
tempore nec caris erat invidiosus harenis.
Hunc adsueta cohors satyri bacchaeque frequentant,
at Silenus abest: titubantem annisque meroque
ruricolae cepere Phryges vinctumque coronis
ad regem duxere Midan, cui Thracius Orpheus
orgia tradiderat cum Cecropio Eumolpo.
Quem simul agnovit socium comitemque sacrorum,
hospitis adventu festum genialiter egit
per bis quinque dies et iunctas ordine noctes.
Et iam stellarum sublime coegerat agmen
Lucifer undecimus, Lydos cum laetus in agros
rex venit et iuveni Silenum reddit alumno.
Huic deus optandi gratum, sed inutile, fecit
muneris arbitrium, gaudens altore recepto.
Ille male usurus donis ait “effice, quidquid
corpore contigero fulvum vertatur in aurum.”
Adnuit optatis nocituraque munera solvit
Liber, et indoluit, quod non meliora petisset.
Laetus abit gaudetque malo Berecyntius heros
pollicitique fidem tangendo singula temptat
Vixque sibi credens non alta fronde virentem
ilice detraxit virgam: virga aurea facta est.
Tollit humo saxum: saxum quoque palluit auro.
Contigit et glaebam: contactu glaeba potenti
massa fit. Arentes Cereris decerpsit aristas:
aurea messis erat. Demptum tenet arbore pomum:
Hesperidas donasse putes. Si postibus altis
admovit digitos, postes radiare videntur.
Ille etiam liquidis palmas ubi laverat undis,
unda fluens palmis Danaen eludere posset.
Vix spes ipse suas animo capit aurea fingens
omnia. Gaudenti mensas posuere ministri
exstructas dapibus nec tostae frugis egentes.
Tum vero, sive ille sua Cerealia dextra
munera contigerat, Cerealia dona rigebant,
sive dapes avido convellere dente parabat,
lammina fulva dapes admoto dente premebat.
Miscuerat puris auctorem muneris undis:
fusile per rictus aurum fluitare videres.
Attonitus novitate mali, divesque miserque,
effugere optat opes et, quae modo voverat, odit.
Copia nulla famem relevat; sitis arida guttur
urit, et inviso meritus torquetur ab auro
Ad caelumque manus et splendida bracchia tollens
“da veniam, Lenaee pater! peccavimus,” inquit,
“sed miserere, precor, speciosoque eripe damno.”
Mite deum numen: Bacchus peccasse fatentem
restituit factique fide data munera solvit
“Neve male optato maneas circumlitus auro,
vade” ait “ad magnis vicinum Sardibus amnem
perque iugum ripae labentibus obvius undis
carpe viam, donec venias ad fluminis ortus,
spumigeroque tuum fonti, qua plurimus exit,
subde caput corpusque simul, simul elue crimen.”
Rex iussae succedit aquae: vis aurea tinxit
flumen et humano de corpore cessit in amnem.
Nunc quoque iam veteris percepto semine venae
arva rigent auro madidis pallentia glaebis.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:11.85-11.145","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"106-107","from":20266.0,"to":20269.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"La pigrizia ad abbracciare la\npenitenza purgavano l'anime al di qu\u00e0 del Purgatorio sotto la\nbal\u00eca<\/b>, sotto l'autorit\u00e0 di Catone di sgridarle e stimolarle a\ncorrere verso il Purgatorio [Vedi per cagion d'esempio nel canto\nseg. v. 119 e segg.].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La pigrizia ad abbracciare la penitenza purgavano l'anime al di quà del Purgatorio sotto la balìa<\/b>, sotto l'autorità di Catone di sgridarle e stimolarle a correre verso il Purgatorio [Vedi per cagion d'esempio nel canto seg. v. 119 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. II 119-123","NotaFonte":"","TestoFonte":"               ed ecco il veglio onesto
gridando: \"Che è ciò, spiriti lenti?
qual negligenza, quale stare è questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
ch'esser non lascia a voi Dio manifesto\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=36","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"66","from":466.0,"to":473.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"La prima similitudine, quella tratta\ndagli stornelli<\/i>, chiarisce particolarmente come<\/b> dal vento\nvengono portati quegli spiriti mali<\/i><\/b> {v.42}, laddove per la\nseconda ci si fanno vieppi\u00f9 conoscere e quasi sentire i dolenti<\/i>\nloro sospiri<\/i>: Inf. IX, 126. Giul.<\/i><\/b> — Lai<\/i><\/b>: sono versi\nfranceschi lamentevoli e rammarichevoli. An. Fior.<\/i> Lai<\/b> o\nLais<\/i><\/b> chiamarono i Provenzali una canzone lugubre, mesta e\ndolorosa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
La prima similitudine, quella tratta dagli stornelli<\/i>, chiarisce particolarmente come<\/b> dal vento vengono portati quegli spiriti mali<\/i> {v.42}, laddove per la seconda ci si fanno vieppiù conoscere e quasi sentire i dolenti <\/i>loro sospiri<\/i>: Inf. IX, 126.  Giul.<\/i> <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IX, 124-126","NotaFonte":"","TestoFonte":"E io: \"Maestro, quai son quelle genti
che, seppellite dentro da quell'arche,
si fan sentir coi sospiri dolenti?\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=9&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46","from":4306.0,"to":4310.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"La sera dovean partirsi\nd'inferno (C. XXXIV, 68).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Lo tempo è poco omai<\/b> ec. La sera dovean partirsi d'inferno (C. XXXIV, 68).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIV, 68-69","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma la notte risurge, e oramai
è da partir, ché tutto avem veduto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=34","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"11","from":27840.0,"to":27845.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"La virt\u00f9 attiva e spiritosa\ndel sangue paterno, diventata e fatta gi\u00e0 anima vegetativa. Segue\nDante la sentenza di alcuni Aristotelici circa la successione\ndelle anime nella formazione dell'uomo. Non enim simul animal\nfit et homo<\/i>, disse Aristotele nel lib. 2 de generat.<\/i> cap. 3. \nLa qual sentenza, se mette, come fa Dante, che l'istess'anima\nvegetativa diventi sensitiva con acquistare in se questa\nperfezione: come il lucido divien pi\u00f9 lucido, ed il caldo pi\u00f9\ncaldo: non \u00e8 sentenza probabile, e la rigetta vigorosamente s.\nTommaso I p. q. 118 art. 2 ad 2. Se poi vuole che nel feto sia\nprima l'anima vegetativa, la qual finisca d'essere al prodursi\nl'anima sensitiva, e finisca questa ancora al prodursi\ndell'intellettiva, cos\u00ec \u00e8 sentenza probabile e assai comune tra i\nTomisti; bench\u00e8 molti gravi dottori, eziandio della scuola\nperipatetica, la rifiutino, volendo che il feto umano non sia mai\nanimato da altr'anima che dall'intellettiva. Venturi.\n\n\tLa dottrina di s. Tommaso nel citato luogo \u00e8: Dicendam\nest quod anima praeexsistit in embryone; a principio quidem\nnutritiva, postmodum autem sensitiva, et tandem intellectiva. \nDicunt ergo quidam, quod supra animam vegetabilem, quae primo\ninerat, supervenit alia anima, quae est sensitiva: supra illam\niterum alia, quae est intellectiva. Et sic sunt in homine tres\nanimae, quarum una est in potentia ad aliam: quod supra\nimprobatum est. Et ideo alii dicunt, quod illa aedem anima, quae\nprimo fuit vegetativa tantum, postmodum per actionem virtutis,\nquae est in semine, perducitur ad hoc, ut ipsa eadem fiat\nsensitiva: et tandem ipsa eadem perducitur ad hoc, ut ipsa eadem\nfiat intellectiva: non quidem per virtutem activam seminis, sed\nper virtutem superioris agentis, scilicet Dei, de foris\nillustrantis. Et propter hoc dicit Philosophus quod intellectus\nvenit ab extrinseco. Sed hoc stare non potest<\/i> ec.\n\n\tDante non dice n\u00e8 che l'anima intellettiva sia la\nsensitiva stessa innalzata a cotal grado, n\u00e8 che sieno nell'uomo\ntre anime, ma dice anzi essere l'anima intellettiva\n\n Spirito nuovo di virt\u00f9 repleto<\/i>,\n Che ci\u00f2 che trova attivo, quivi tira<\/i>\n In sua sustanzia, e fassi un'alma sola<\/i>\n [Verso 72 e segg. del presente canto].\n\nIn tanto differente<\/b>, in questo solamente diversa, dall'in hoc\ntantum<\/i><\/b> de' Latini — Che questa<\/i><\/b>, l'anima vegetativa dell'uman\nfeto — \u00e8 in via<\/b>, tende ad innoltrarsi e divenire sensitiva —\ne quella<\/b>, l'anima vegetativa della pianta — \u00e8 gi\u00e0 a riva<\/b>, \u00e8\ngi\u00e0 al termine di sua perfezione.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
\"La virtù attiva e spiritosa del sangue paterno, diventata e fatta già anima vegetativa.  Segue Dante la sentenza di alcuni Aristotelici circa la successione delle anime nella formazione dell'uomo.  Non enim simul animal fit et homo<\/i>, disse Aristotele nel lib. 2 de generat.<\/i> cap. 3.  La qual sentenza, se mette, come fa Dante, che l'istess'anima vegetativa diventi sensitiva con acquistare in se questa perfezione: come il lucido divien più lucido, ed il caldo più caldo: non è sentenza probabile, e la rigetta vigorosamente s. Tommaso I p. q. 118 art. 2 ad 2.  [...]\".  Venturi. La dottrina di s. Tommaso nel citato luogo è: Dicendam est quod anima praeexsistit in embryone; a principio quidem nutritiva, postmodum autem sensitiva, et tandem intellectiva.  Dicunt ergo quidam, quod supra animam vegetabilem, quae primo inerat, supervenit alia anima, quae est sensitiva: supra illam iterum alia, quae est intellectiva.  Et sic sunt in homine tres animae, quarum una est in potentia ad aliam: quod supra improbatum est.  Et ideo alii dicunt, quod illa aedem anima, quae primo fuit vegetativa tantum, postmodum per actionem virtutis, quae est in semine, perducitur ad hoc, ut ipsa eadem fiat sensitiva: et tandem ipsa eadem perducitur ad hoc, ut ipsa eadem fiat intellectiva: non quidem per virtutem activam seminis, sed per virtutem superioris agentis, scilicet Dei, de foris illustrantis.  Et propter hoc dicit Philosophus quod intellectus venit ab extrinseco.  Sed hoc stare non potest<\/i> ec. Dante non dice nè che l'anima intellettiva sia la sensitiva stessa innalzata a cotal grado, nè che sieno nell'uomo tre anime, ma dice anzi essere l'anima intellettiva \r\n Spirito nuovo di virtù repleto<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q653871","LuogoFonte":"I\u00aa q. 118 a. 2 ad 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Praeterea, sicut supra ostensum est, in homine est una et eadem anima secundum substantiam, intellectiva, sensitiva et nutritiva. Sed anima sensitiva in homine generatur ex semine, sicut in aliis animalibus, unde et philosophus dicit in libro de Generat. Animal., quod non simul fit animal et homo, sed prius fit animal habens animam sensitivam. Ergo et anima intellectiva causatur ex semine.
[...]. Et ideo dicendum est quod anima praeexistit in embryone a principio quidem nutritiva, postmodum autem sensitiva, et tandem intellectiva. Dicunt ergo quidam quod supra animam vegetabilem quae primo inerat, supervenit alia anima, quae est sensitiva; et supra illam iterum alia, quae est intellectiva. Et sic sunt in homine tres animae, quarum una est in potentia ad aliam. Quod supra improbatum est. Et ideo alii dicunt quod illa eadem anima quae primo fuit vegetativa tantum, postmodum, per actionem virtutis quae est in semine, perducitur ad hoc quod fiat etiam sensitiva; et tandem perducitur ad hoc ut ipsa eadem fiat intellectiva, non quidem per virtutem activam seminis, sed per virtutem superioris agentis, scilicet Dei deforis illustrantis. Et propter hoc dicit philosophus quod intellectus venit ab extrinseco. Sed hoc stare non potest","UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/sth1103.html","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"ESTENDE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"52-54","from":25082.0,"to":25084.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":"Summa Theologiae"}, {"Annotazione":"Landino e Vellutello [ed il\nDaniello pure] per questo giovinetto intendono Alfonso, dicendolo\nterzogenito, e che perci\u00f2 non possed\u00e8 alcun reame: ma sbagliano\nmolto; perch\u00e8 egli fu il primogenito, e successe al padre nel\nreame d'Aragona, e morto senza figliuoli, ebbe questo reame il\nfratello Iacopo secondogenito, e la Sicilia Federigo il\nterzogenito. Vedi 'l Villani nel lib. 7 cap. 101 e 102. Onde di\nniuno di questi, che tutti e tre furono Re, pu\u00f2 aver inteso Dante\ndi parlare; n\u00e8 il Villani fa menzione di altri figliuoli di lui:\nma Bartolommeo di Neocastro Messinese, autor contemporaneo, e\nadoprato a' servigi de' sopraddetti principi, nel proem.\ndell'istoria di Sicilia stampata la prima volta nella raccolta\ndegli scrittori delle cose d'Italia del Muratori tomo 13 ci d\u00e0\nnotizia de' figliuoli del Re D. Pietro e della Reina di lui\nconsorte; e i maschi cos\u00ec li pone per ordine, Alfonso, Iacopo,\nFederigo, e Pietro; e quest'ultimo non ebbe alcuno de' reami\npaterni; onde lui convien che intenda qu\u00ec Dante di lodare. \nVenturi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Landino e Vellutello [ed il Daniello pure] per questo giovinetto intendono Alfonso, dicendolo terzogenito, e che perciò non possedè alcun reame: ma sbagliano molto; perchè egli fu il primogenito, e successe al padre nel reame d'Aragona, e morto senza figliuoli, ebbe questo reame il fratello Iacopo secondogenito, e la Sicilia Federigo il terzogenito.  Vedi 'l Villani nel lib. 7 cap. 101 e 102.  Onde di niuno di questi, che tutti e tre furono Re, può aver inteso Dante di parlare; nè il Villani fa menzione di altri figliuoli di lui <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VIII 104","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 260 (VII 102).","TestoFonte":"Lo re Piero tornato a Villafranca, non abbiendo buona cura della sua fedita, e per alcuno si disse ch'egli giacque carnalmente con una donna non essendo salda né
guerita la piaga, onde poco appresso ne morìo, a dì VIIII del mese di novembre, gli anni di Cristo MCCLXXXV, e fu soppellito in Barzellona nobilemente. Ma innanzi ch'egli morisse raquistò Gironda, come appresso faremo menzione, e fece suo testamento, e lasciò che l'isola di Maiolica
fosse renduta al re Giamo suo fratello, e lasciò re d'Araona Nanfus suo primogenito figliuolo, e Giacomo suo secondo figliuolo re di Cicilia, con tutto che 'l detto Nanfus vivette poco, e succedette il reame al suo fratello re Giamo.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"116","from":6896.0,"to":6903.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"Lasciamo, dice Alichino ai\ncompagni, la sommit\u00e0 (il collo<\/b>) della ripa, della costa che\nchiude la bolgia, cio\u00e8 tiriamoci alquanto indietro dall'orlo\ndell'argine, sicch\u00e8 essa ripa ci sia scudo, ci copra alla vista\ndei barattieri. C. XXIII, 43: «Gi\u00f9 dal collo della ripa.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Lascisi 'l collo<\/strong> ec. Lasciamo, dice Alichino ai compagni, la sommità (il collo<\/b>) della ripa, della costa che chiude la bolgia, cioè tiriamoci alquanto indietro dall'orlo dell'argine, sicchè essa ripa ci sia scudo, ci copra alla vista dei barattieri. C. XXIII, 43: «Giù dal collo della ripa.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIII, 43","NotaFonte":"","TestoFonte":"e giù dal collo de la ripa dura","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=23","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"116","from":21158.0,"to":21161.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Latino per udii.<\/i> Vedi la nota al v. 65\ndel primo canto di questa cantica.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Audivi<\/strong>. Latino per udii.<\/i>  Vedi la nota al v. 65 del primo canto di questa cantica.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"I 65","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"miserere di me\", gridai a lui,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"78","from":25313.0,"to":25314.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Le figure dei morti parevan\nproprio uomini morti, e le figure de' vivi parevan proprio uomini\nvivi.  Par\u00e8n<\/i> in vece di parean<\/b> hanno l'edizioni diverse dalla\nNidobeatina [Vedi la nota al cant. XIX dell'Inf. v. 16].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Parèn<\/i> in vece di parean<\/b> hanno l'edizioni diverse dalla Nidobeatina [Vedi la nota al cant. XIX dell'Inf. v. 16].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIX 16","NotaFonte":"","TestoFonte":"Non mi parean men ampi né maggiori","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=19&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"67","from":11609.0,"to":11612.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Le lingue de' serpi, per la loro\nrapida vibrazione, si credevano biforcute.  Ovidio, Met., IV:\n«Lingua repente In partes est fissa duas.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Si fende<\/strong>.  Le lingue de' serpi, per la loro rapida vibrazione, si credevano biforcute. Ovidio, Met., IV: «Lingua repente In partes est fissa duas.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"Metamorphoseon libri IV, 586-587","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ille quidem vult plura loqui, sed lingua repente<\/strong>
in partes est fissa duas<\/strong>: nec verba volenti","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D4%3Acard%3D563","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"134","from":24598.0,"to":24600.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Le tre teologali virt\u00f9,\nFede, Speranza, e Carit\u00e0, che danzanti alla destra ruota del\ntrionfale carro vedesti nel Paradiso terrestre [Purg. XXIX, 121 e\nsegg.], esse fecero in lui l'effetto del battesimo pi\u00f9 di\nmill'anni dopo istituito. Dice bene pi\u00f9 d'un millesmo<\/b>,\nperocch\u00e8 dalla venuta di Ges\u00f9 Cristo alla distruzion di Troia,\ntempo in cui suppone Virgilio che vivesse Rif\u00e8o, contansi anni\n1184 [Petav. Ration. Temp.<\/i> part. I lib. I cap. II].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Le tre teologali virtù, Fede, Speranza, e Carità, che danzanti alla destra ruota del trionfale carro vedesti nel Paradiso terrestre [Purg. XXIX, 121 e segg.], esse fecero in lui l'effetto del battesimo più di mill'anni dopo istituito.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIX 121-129","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tre donne in giro da la destra rota
venian danzando; l'una tanto rossa
ch'a pena fora dentro al foco nota;
l'altr'era come se le carni e l'ossa
fossero state di smeraldo fatte;
la terza parea neve testé mossa;
e or parëan da la bianca tratte,
or da la rossa; e dal canto di questa
l'altre toglien l'andare e tarde e ratte.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=63&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"127-129","from":20071.0,"to":20074.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Legge dee\nintendersi fatta, che colla mutazione di luogo si mutassero anche\ngli affetti — quand'io me n'usc\u00ec fuora.<\/b> Essendo il monte del\nPurgatorio per sistema del nostro Poeta l'unica strada e scala al\nParadiso, viene di conseguenza, che prima della morte del\nRedentore [prima della quale spiriti umani non eran salvati<\/i>\n[Inf. IV, 65]] nissuno pe 'l Purgatorio passasse, n\u00e8 bisogno vi\nfosse del sollecitatore Catone; e che perci\u00f2 uscisse Catone dal\nLimbo a cotal impiego solamente dopo la morte del medesimo\nRedentore. Quando me n'usci'<\/i> leggono l'edizioni dalla\nNidobeatina diverse.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Essendo il monte del Purgatorio per sistema del nostro Poeta l'unica strada e scala al  Paradiso, viene di conseguenza, che prima della morte del Redentore [prima della quale spiriti umani non eran salvati <\/i>[Inf. IV, 65]] nissuno pe 'l Purgatorio passasse, nè bisogno vi fosse del sollecitatore Catone; e che perciò uscisse Catone dal  Limbo a cotal impiego solamente dopo la morte del medesimo Redentore.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV 62-63","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Inf. IV 62-63 (non 65).","TestoFonte":"E vo' che sappi che, dinanzi ad essi,
spiriti umani non eran salvati\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"89-90","from":649.0,"to":655.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Leggendo nel futuro (come tutti i\ndannati, C. X, 100), Niccol\u00f2 vi avea veduto scritto che\nBonifazio sarebbe morto nel 1303; ed allora volgeva appena il\nmarzo del 1300.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Di parecchi<\/strong> ec. Leggendo nel futuro (come tutti i dannati, C. X, 100), Niccolò vi avea veduto scritto che Bonifazio sarebbe morto nel 1303; ed allora volgeva appena il marzo del 1300.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. X, 100","NotaFonte":"","TestoFonte":"Noi veggiam, come quei c'ha mala luce","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"54","from":17836.0,"to":17838.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Leggendosi nella vita di s Francesco~, che rinunzi\u00f2 ad ogni\nterreno avere~, e dispogliossi in presenza del Vescovo d'Assisi~,\ne del proprio genitore~, divine chiaro~, che per la sua spirital\ncorte<\/i> dee intendersi il Vescovo d' Assisi coll'assistente suo\nclero~, e che pe 'l padre<\/i> il carnale e non lo spirituale\npadre~, cio\u00e8 il vescovo~; come inavvedutamente dietro ad altri\nspiega 'l Venturi~; particolarizzandosi solo nel criticare le\nvoci coram patre<\/i>, dicendole voci dozzinali Latine<\/i>, perocch\u00e8\nda lui nono trovate tra l' Eleganze<\/i> del Manuzio.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Leggendosi nella vita di s Francesco, che rinunziò ad ogni terreno avere, e dispogliossi in presenza del Vescovo d'Assisi, e del proprio genitore, divine chiaro, che per la sua spirital corte<\/i> dee intendersi il Vescovo d' Assisi coll'assistente suo clero~, e che pe 'l padre<\/i> il carnale e non lo spirituale padre, cioè il vescovo<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43746","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q377357","LuogoFonte":"II iv 1-2","NotaFonte":"","TestoFonte":"1 Tentabat deinde pater carnis filium gratiae pecunia iam nudatum ducere coram episcopo civitatis, ut in ipsius manibus facultatibus renuntiaret paternis et omnia redderet quae habebat.
2 Ad quod faciendum se promptum exhibuit verus paupertatis amator, perveniensque coram episcopo, nec moras patitur nec cunctatur de aliquo, nec verba exspectat nec facit; sed continuo depositis omnibus vestimentis, restituit ea patri.","UrlFonte":"http:\/\/www.documentacatholicaomnia.eu\/04z\/z_1221-1274__Bonaventura__Legenda_Major_Sancti_Francisci__LT.pdf.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"61-62","from":10543.0,"to":10557.0,"NomeAutore":"Bonaventura da Bagnoregio","TitoloFonte":"Leggenda maggiore"}, {"Annotazione":"Letteralmente\nrisguarda la strettezza del sentiero, ed allegoricamente il\nfomite che alla lussuria apporta la libert\u00e0 degli occhi: onde tra\ngl'infiniti avvertimenti abbiam quello dell'Ecclesiastico Averte\nfaciem tuam a muliere compta<\/i> [Cap. 9].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Letteralmente risguarda la strettezza del sentiero, ed allegoricamente il fomite che alla lussuria apporta la libertà degli occhi: onde tra gl'infiniti avvertimenti abbiam quello dell'Ecclesiastico Averte faciem tuam a muliere compta<\/i> [Cap. 9].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q155980","LuogoFonte":"IX 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Averte faciem tuam a muliere compta","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiasticus_lt.html#9","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"119","from":25557.0,"to":25566.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Siracide"},
{"Annotazione":"Letteralmente: «Quella\ngentilissima, la quale fu distruggitrice di tutti i vizi e\nregina delle virt\u00f9<\/i>,> (Vita Nuova.)  Allegoricamente, la\ncognizion di Dio \u00e8 fondamento della morale.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Letteralmente: «Quella gentilissima, la quale fu distruggitrice di tutti i vizi e regina delle virtù<\/i>,» (Vita Nuova.)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18084","LuogoFonte":"Vita Nova X, 2 (Gorni, 5, 2)","NotaFonte":"","TestoFonte":"E per questa cagione, cioè di questa soverchievole boce che parea che mi infamasse vitiosamente, quella gentilissima, la quale fu distruggitrice di tutti li vitii e regina delle vertudi.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Vita_Nova&pb=5&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76","from":1540.0,"to":1543.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Vita Nuova"},
{"Annotazione":"Lo guardano con attenzione e\nmeraviglia insieme; ma non fanno parola: hanno scoperto in lui\nqualcosa che subito li rende guardinghi e li fa cauti a parlare. \nSi osservi inoltre la somiglianza del loro volto stanco e\nlagrimoso con quello di Cavalcante e col modo di guardare di\nquesto.  Cfr. Inf.<\/i>, X, 55-58.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Si osservi inoltre la somiglianza del loro volto stanco e\r\nlagrimoso con quello di Cavalcante e col modo di guardare di\r\nquesto.  Cfr. Inf.<\/i>, X, 55-58.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno X, 55-58","NotaFonte":"La terzina in cui Cavalcante guarda attorno \u00e8 poco utile a individuare il volto piangente, che \u00e8 invece tutto nel primo emistichio del v. 58.","TestoFonte":"Dintorno mi guardò, come talento
avesse di veder s'altri era meco;
e poi che 'l sospecciar fu tutto spento,
piangendo disse: \"Se per questo cieco","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"86","from":22046.0,"to":22048.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Lo spazio, che rimase tra i\ndetti quattro animali, contenne un carro<\/b> ec. occupato fu da un\ncarro trionfale. Ci\u00f2 che con termini allegorici bens\u00ec, ma\nabbastanza chiari, dir\u00e0 Dante nel canto XXXII, 125 e segg. che si\nrendesse questo carro dalla cupidigia delle ricchezze mostruoso,\ne che da Filippo il Bello si conducesse in Francia, ci\u00f2 non dee\nlasciare intendere per esso carro che la sola Pontificia\ncattedra, e non come tutti gli espositori chiosano, la cristiana\nChiesa — s\u00f9 due ruote<\/b> la Nidobeat. ed altre antiche edizioni,\nsu duo<\/i> l'edizione della Crusca e le seguaci. Il Landino e 'l\nVellutello dicono per le due ruote simboleggiarsi il vecchio ed\nil nuovo Testamento. Ci\u00f2 adattasi benissimo anche al carro\ninteso per la Pontificale cattedra: imperocch\u00e8 ad essa pure\nambedue i Testamenti rendono testimonianza.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ciò che con termini allegorici bensì, ma abbastanza chiari, dirà Dante nel canto XXXII, 125 e segg. che si rendesse questo carro dalla cupidigia delle ricchezze mostruoso, e che da Filippo il Bello si conducesse in Francia, ciò non dee lasciare intendere per esso carro che la sola Pontificia cattedra, e non come tutti gli espositori chiosano, la cristiana Chiesa<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXII 125-129","NotaFonte":"","TestoFonte":"l'aguglia vidi scender giù ne l'arca
del carro e lasciar lei di sé pennuta;
e qual esce di cuor che si rammarca,
tal voce uscì del cielo e cotal disse:
\"O navicella mia, com'mal se' carca!\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=66&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"106-107","from":29561.0,"to":29563.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Lo specchio di Narcisso fu\nla fonte dove elli s'inamor\u00f2e di s\u00e8, ov'elli mor\u00ec; onde dice il\nmaestro Adamo, vitiperando il detto Simon: tu, Simon, ardi\ncontinuamente, n\u00e8 non aspetteresti, n\u00e8 faresti molte parole a\nfarti affogare in una fonte per spegnere la tua arsura; e qui\ncotale favola introduce l'Autore. Narcisso, figliuolo di\nLi[ri]ope, generato da Cefisso, giovane bellissimo, cacciatore:\nquesti caldo della caccia, e riposandosi a una fontana, s\u00ec come\ndice Ovidio nel terzo del Metamorphoseos<\/i>, vedendo l'immagine\nsua nell'acqua, fue innamorato di quella; ama la speranza sanza\ncorpo, e pensa che quell'ombra sia corpo; elli si maraviglia in\ns\u00e8; elli si raguarda li suoi occhi come due stelle; e li diti,\n[che] paiono quelli di Bacco, e li capelli che paiono quelli di\nFebo, e le gote sanza barba, e la gola bianca come avorio, e la\nbellezza della bocca, e lo rosso colore mischiato con bianchezza\ndi neve; tutte le cose raguarda, per le quali elli \u00e8 da\nraguardare; elli sciocco disidera s\u00e8, s\u00e8 loda, \u00e8 lodato. Oh\nquante volte diede baci alla inganevole fonte! oh quante volte\nattuff\u00f2 le braccia nella mezza acqua per abracciare il veduto\ncollo, e non si prese in quelle! Elli non sa cui elli vede. Oh\nscioco, perch\u00e8 pigli indarno la fuggiente imagine? quello che tu\ndomandi, \u00e8 in neuno luogo; volgiti, e quello che tu ami, tu il\nperderai: l'ombra che tu vedi, \u00e8 della ripercossa imagine; questa\nnon \u00e8 alcuna cosa di s\u00e8; ella vive teco, e sta teco, teco si\npartir\u00e0, se tu ti potessi partire. Cura di mangiare, o di\ndormire non puote trarre colui quindi; ma disceso nella b[ru]na\nerba raguarda la bugiarda ombra ec. Elli disse: io mi sono\naveduto, che io sono costui; e la imagine mia non m'inganna. Io\nardo per amore di me; io muoio, e porto le fiamme. Che far\u00f2 sar\u00f2\nio pregato, o pregher\u00f2? or che preghero? quello ch'io desidero,\n\u00e8 meco; l'abondanza m'ha fatto povero ec. Ritorna alla fonte, e\ncon le lagrime turba l'acqua; la imagine divent\u00f2 s[cu]ra nella\nmossa fonte, la quale quando vide partire, grid\u00f2: ove fuggi?\nrimani, o crudele, non abandonare me amante ec. Elli percosse lo\nignudo petto con le candide palme; quello trae sottile rossore;\nlo quale quando vide da capo nella liquida acqua, non sostenne\npi\u00f9: ma come la cera per lo fuoco, e la brina per lo Sole si\nsuole disfare; cos\u00ec egli assottigliato per amore si distrugge, a\npoco a poco \u00e8 consumato del coperto fuoco. Questa fu la sezza\nboce di lui, che guardava ne l'acqua: O fanciullo indarno amato,\na Dio t'acomando; mise la testa sotto erba; morte gli chiuse gli\nocchi, che guardavano la bellezza de loro signore ec. Le Naiade\nil piansero, e puosero li stracciati capelli adosso al fratello;\naparecchiavano il fuoco per ardere il corpo; lo corpo non era in\nalcuno luogo; trovano un giallo fiore in luogo del corpo, lo\nmezzo del quale era intorneato di bianche foglie.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
Narcisso, figliuolo di\r\nLi[ri]ope, generato da Cefisso, giovane bellissimo, cacciatore:\r\nquesti caldo della caccia, e riposandosi a una fontana, sì come\r\ndice Ovidio nel terzo del Metamorphoseos<\/i>, vedendo l'immagine\r\nsua nell'acqua, fue innamorato di quella; ama la speranza sanza\r\ncorpo, e pensa che quell'ombra sia corpo; elli si maraviglia in\r\nsè; elli si raguarda li suoi occhi come due stelle; e li diti,\r\n[che] paiono quelli di Bacco, e li capelli che paiono quelli di\r\nFebo, e le gote sanza barba, e la gola bianca come avorio, e la\r\nbellezza della bocca, e lo rosso colore mischiato con bianchezza\r\ndi neve; tutte le cose raguarda, per le quali elli è da\r\nraguardare; elli sciocco disidera sè, sè loda, è lodato.  Oh\r\nquante volte diede baci alla inganevole fonte! oh quante volte\r\nattuffò le braccia nella mezza acqua per abracciare il veduto\r\ncollo, e non si prese in quelle!  Elli non sa cui elli vede.  Oh\r\nscioco, perchè pigli indarno la fuggiente imagine? quello che tu\r\ndomandi, è in neuno luogo; volgiti, e quello che tu ami, tu il\r\nperderai: l'ombra che tu vedi, è della ripercossa imagine; questa\r\nnon è alcuna cosa di sè; ella vive teco, e sta teco, teco si\r\npartirà, se tu ti potessi partire.  Cura di mangiare, o di\r\ndormire non puote trarre colui quindi; ma disceso nella b[ru]na\r\nerba raguarda la bugiarda ombra ec.  Elli disse: io mi sono\r\naveduto, che io sono costui; e la imagine mia non m'inganna.  Io\r\nardo per amore di me; io muoio, e porto le fiamme.  Che farò sarò\r\nio pregato, o pregherò? or che preghero?  quello ch'io desidero,\r\nè meco; l'abondanza m'ha fatto povero ec.  Ritorna alla fonte, e\r\ncon le lagrime turba l'acqua; la imagine diventò s[cu]ra nella\r\nmossa fonte, la quale quando vide partire, gridò: ove fuggi?\r\nrimani, o crudele, non abandonare me amante ec.  Elli percosse lo\r\nignudo petto con le candide palme; quello trae sottile rossore;\r\nlo quale quando vide da capo nella liquida acqua, non sostenne\r\npiù: ma come la cera per lo fuoco, e la brina per lo Sole si\r\nsuole disfare; così egli assottigliato per amore si distrugge, a\r\npoco a poco è consumato del coperto fuoco.  Questa fu la sezza\r\nboce di lui, che guardava ne l'acqua: O fanciullo indarno amato,\r\na Dio t'acomando; mise la testa sotto erba; morte gli chiuse gli\r\nocchi, che guardavano la bellezza de loro signore ec.  Le Naiade\r\nil piansero, e puosero li stracciati capelli adosso al fratello;\r\naparecchiavano il fuoco per ardere il corpo; lo corpo non era in\r\nalcuno luogo; trovano un giallo fiore in luogo del corpo, lo\r\nmezzo del quale era intorneato di bianche foglie.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"III, 344-507","NotaFonte":"","TestoFonte":"Enixa est utero pulcherrima pleno
Infantem nymphe, iam tunc qui posset amari,
Narcissumque uocat; de quo consultus, an esset
Tempora maturae uisurus longa senectae,
Fatidicus uates \"si se non nouerit\" inquit.
Vana diu uisa est uox auguris, exitus illam
Resque probat letique genus nouitasque furoris.
Namque ter ad quinos unum Cephisius annum
Addiderat poteratque puer iuuenisque uideri:
Multi illum iuuenes, multae cupiere puellae; 
Sed (fuit in tenera tam dura superbia forma)
Nulli illum iuuenes, nullae tetigere puellae.
Adspicit hunc trepidos agitantem in retia ceruos
Vocalis nymphe, quae nec reticere loquenti
Nec prius ipsa loqui didicit, resonabilis Echo.
Corpus adhuc Echo, non uox erat; et tamen usum
Garrula non alium, quam nunc habet, oris habebat,
Reddere de multis ut uerba nouissima posset.
Fecerat hoc Iuno, quia, cum deprendere posset
Sub Ioue saepe suo nymphas in monte iacentis,
Illa deam longo prudens sermone tenebat,
Dum fugerent nymphae. postquam hoc Saturnia sensit,
\"Huius\" ait \"linguae, qua sum delusa, potestas
Parua tibi dabitur uocisque breuissimus usus,\"
Reque minas firmat; tamen haec in fine loquendi
Ingeminat uoces auditaque uerba reportat.
Ergo ubi Narcissum per deuia rura uagantem 
Vidit et incaluit, sequitur uestigia furtim,
Quoque magis sequitur, flamma propiore calescit,
Non aliter, quam cum summis circumlita taedis
Admotas rapiunt uiuacia sulphura flammas.
O quotiens uoluit blandis accedere dictis
Et mollis adhibere preces! natura repugnat
Nec sinit, incipiat; sed, quod sinit, illa parata est
Exspectare sonos, ad quos sua uerba remittat.
Forte puer, comitum seductus ab agmine fido
Dixerat \"ecquis adest?\", et \"adest\" responderat Echo.
Hic stupet, utque aciem partes dimittit in omnis,
Voce \"ueni\" magna clamat: uocat illa uocantem. 
Respicit et rursus nullo ueniente \"quid\" inquit
\"Me fugis?\" et totidem, quot dixit, uerba recepit.
Perstat et alternae deceptus imagine uocis 
\"Huc coeamus\" ait, nullique libentius umquam
Responsura sono \"coeamus\" rettulit Echo,
Et uerbis fauet ipsa suis egressaque silua
Ibat, ut iniceret sperato bracchia collo.
Ille fugit fugiensque \"manus conplexibus aufer!
Ante\" ait \"emoriar, quam sit tibi copia nostri.\"
Rettulit illa nihil nisi \"sit tibi copia nostri.\"
Spreta latet siluis pudibundaque frondibus ora
Protegit et solis ex illo uiuit in antris;
Sed tamen haeret amor crescitque dolore repulsae:
Et tenuant uigiles corpus miserabile curae,
Adducitque cutem macies, et in aera sucus
Corporis omnis abit; uox tantum atque ossa supersunt:
Vox manet; ossa ferunt lapidis traxisse figuram.
Inde latet siluis nulloque in monte uidetur,
Omnibus auditur: sonus est, qui uiuit in illa.
Sic hanc, sic alias undis aut montibus ortas
Luserat hic nymphas, sic coetus ante uiriles;
Inde manus aliquis despectus ad aethera tollens
\"Sic amet ipse licet, sic non potiatur amato!\"
Dixerat: adsensit precibus Rhamnusia iustis.
Fons erat inlimis, nitidis argenteus undis, 
Quem neque pastores neque pastae monte capellae
Contigerant aliudue pecus, quem nulla uolucris
Nec fera turbarat nec lapsus ab arbore ramus;
Gramen erat circa, quod proximus umor alebat,
Siluaque sole locum passura tepescere nullo.
Hic puer et studio uenandi lassus et aestu
Procubuit faciemque loci fontemque secutus,
Dumque sitim sedare cupit, sitis altera creuit, 
Dumque bibit, uisae correptus imagine formae
Spem sine corpore amat, corpus putat esse, quod unda est.
Adstupet ipse sibi uultuque inmotus eodem
Haeret ut e Pario formatum marmore signum. 
Spectat humi positus geminum, sua lumina, sidus
Et dignos Baccho, dignos et Apolline crines
Inpubesque genas et eburnea colla decusque
Oris et in niueo mixtum candore ruborem
Cunctaque miratur, quibus est mirabilis ipse.
Se cupit inprudens et, qui probat, ipse probatur,
Dumque petit, petitur pariterque accendit et ardet.
Inrita fallaci quotiens dedit oscula fonti!
In mediis quotiens uisum captantia collum
Bracchia mersit aquis nec se deprendit in illis!
Quid uideat, nescit, sed, quod uidet, uritur illo
Atque oculos idem, qui decipit, incitat error. 
Credule, quid frustra simulacra fugacia captas?
Quod petis, est nusquam; quod amas, auertere, perdes.
Ista repercussae, quam cernis, imaginis umbra est:
Nil habet ista sui: tecum uenitque manetque,
Tecum discedet, si tu discedere possis.
Non illum Cereris, non illum cura quietis
Abstrahere inde potest, sed opaca fusus in herba
Spectat inexpleto mendacem lumine formam
Perque oculos perit ipse suos paulumque leuatus,
Ad circumstantes tendens sua bracchia siluas
\"Ecquis, io siluae, crudelius\" inquit \"amauit?
Scitis enim et multis latebra opportuna fuistis.
Ecquem, cum uestrae tot agantur saecula uitae,
Qui sic tabuerit, longo meministis in aeuo?
Et placet et uideo, sed, quod uideoque placetque,
Non tamen inuenio: tantus tenet error amantem! 
Quoque magis doleam, nec nos mare separat ingens
Nec uia nec montes nec clausis moenia portis:
Exigua prohibemur aqua! cupit ipse teneri!
Nam quotiens liquidis porreximus oscula lymphis,
Hic totiens ad me resupino nititur ore;
Posse putes tangi: minimum est, quod amantibus obstat.
Quisquis es, huc exi! quid me, puer unice, fallis
Quoue petitus abis? certe nec forma nec aetas
Est mea, quam fugias, et amarunt me quoque nymphae.
Spem mihi nescio quam uultu promittis amico,
Cumque ego porrexi tibi bracchia, porrigis ultro;
Cum risi, arrides; lacrimas quoque saepe notaui
Me lacrimante tuas; nutu quoque signa remittis
Et, quantum motu formosi suspicor oris,
Verba refers aures non peruenientia nostras.
Iste ego sum! sensi; nec me mea fallit imago:
Vror amore mei, flammas moueoque feroque.
Quid faciam? roger, anne rogem? quid deinde rogabo?
Quod cupio, mecum est: inopem me copia fecit. 
O utinam a nostro secedere corpore possem!
Votum in amante nouum: uellem, quod amamus, abesset!
Iamque dolor uires adimit, nec tempora uitae
Longa meae superant, primoque exstinguor in aeuo.
Nec mihi mors grauis est, posituro morte dolores:
Hic, qui diligitur, uellem, diuturnior esset!
Nunc duo concordes anima moriemur in una\".
Dixit et ad faciem rediit male sanus eandem
Et lacrimis turbauit aquas, obscuraque moto
Reddita forma lacu est. quam cum uidisset abire,
\"Quo refugis? remane nec me, crudelis, amantem
Desere!\" clamauit \"liceat, quod tangere non est,
Adspicere et misero praebere alimenta furori!\"
Dumque dolet, summa uestem deduxit ab ora
Nudaque marmoreis percussit pectora palmis.
Pectora traxerunt roseum percussa ruborem,
Non aliter quam poma solent, quae candida parte,
Parte rubent, aut ut uariis solet uua racemis
Ducere purpureum nondum matura colorem.
Quae simul adspexit liquefacta rursus in unda,
Non tulit ulterius, sed, ut intabescere flauae
Igne leui cerae matutinaeque pruinae
Sole tepente solent, sic attenuatus amore
Liquitur et tecto paulatim carpitur igni,
Et neque iam color est mixto candore rubori
Nec uigor et uires et quae modo uisa placebant,
Nec corpus remanet, quondam quod amauerat Echo.
Quae tamen ut uidit, quamuis irata memorque
Indoluit, quotiensque puer miserabilis \"eheu\"
Dixerat, haec resonis iterabat uocibus \"eheu\".
Cumque suos manibus percusserat ille lacertos,
Haec quoque reddebat sonitum plangoris eundem.
Vltima uox solitam fuit haec spectantis in undam:
\"Heu frustra dilecte puer!\", totidemque remisit
Verba locus, dictoque uale \"uale\" inquit et Echo.
Ille caput uiridi fessum submisit in herba,
Lumina mors clausit domini mirantia formam.
Tum quoque se, postquam est inferna sede receptus,
In Stygia spectabat aqua. planxere sorores
Naides et sectos fratri posuere capillos,
Planxerunt dryades: plangentibus adsonat Echo.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo\/codice\/OV%7Cmeta%7C003","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"128-129","from":29714.0,"to":29717.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Lo stesso senso di disprezzo\nmostra nel Convivio<\/i>, dove scrive; lo malestruo disceso de li\nbuoni maggiori \u00e8 degno d'essere da tutti scacciato; e de'si lo\nbuono uomo chiudere li occhi per non vedere quello vituperio\nvituperante de la bontade<\/i> (IV, xxix, 7). Ma qui l'espressione \u00e8\nnella sua brevit\u00e0 pi\u00f9 tagliente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Lo stesso senso di disprezzo\r\nmostra nel Convivio<\/i>, dove scrive; lo malestruo disceso de li\r\nbuoni maggiori è degno d'essere da tutti scacciato; e de'si lo\r\nbuono uomo chiudere li occhi per non vedere quello vituperio\r\nvituperante de la bontade<\/i> (IV, xxix, 7).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xxix, 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"E però dice Tulio che lo figlio del valente uomo dee procurare di rendere al padre buona testimonianza. Onde, al mio giudicio, così come chi uno valente uomo infama è degno d'essere fuggito dalla gente e non ascoltato, così lo malestruo disceso delli buoni maggiori è degno d'essere da tutti scacciato, e de' si lo buono uomo chiudere li occhi per non vedere quello vituperio vituperante della bontade che in sola la memoria è rimasa. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=79&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"51","from":2388.0,"to":2391.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Lucano nella Fars.<\/i> IX 734\nsgg. descrive le morti dolorose di parecchi soldati romani\ndell'esercito di Catone, i quali furono morsi dai serpenti del\ndeserto libico; tra coteste morti, singolari sono quelle di\nSabello e di Nassidio: il primo dei quali essendo stato morso dal\nserpente seps<\/i> incominci\u00f2 a dissolversi in modo che in\nbrevissimo tempo tutto il suo corpo si ridusse in un pugno di\ncenere, come se fosse stato bruciato sul rogo (Fars.<\/i> IX\n761-788); e il secondo, ferito dal serpente che chiamano\nprester<\/i>, incominci\u00f2 a dilatarsi e ad enfiarsi, tanto che\nscoppi\u00f2 la lorica e il suo corpo, perduta ogni umana sembianza,\nsi ridusse in una gran massa informe (Fars.<\/i> IX 789-804).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","FrammentoNota":"
Lucano nella Fars.<\/i> IX 734 sgg. descrive le morti dolorose di parecchi soldati romani dell'esercito di Catone, i quali furono morsi dai serpenti del deserto libico; tra coteste morti, singolari sono quelle di Sabello e di Nassidio: il primo dei quali essendo stato morso dal serpente seps<\/i> incominciò a dissolversi in modo che in brevissimo tempo tutto il suo corpo si ridusse in un pugno di cenere, come se fosse stato bruciato sul rogo (Fars.<\/i> IX 761-788); e il secondo, ferito dal serpente che chiamano prester<\/i>, incominciò a dilatarsi e ad enfiarsi, tanto che scoppiò la lorica e il suo corpo, perduta ogni umana sembianza, si ridusse in una gran massa informe (Fars.<\/i> IX 789-804).\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"IX, 761-804","NotaFonte":"","TestoFonte":"Iussit signa rapi propere Cato: discere nulli
Permissum est, hoc posse sitim. Sed tristior illa
Mors erat ante oculos: miserique in crure Sabelli
Seps stetit exiguus, quem flexo dente tenacem
Avulsitque manu, piloque adfixit arenis:
Parva modo serpens; sed qua non ulla cruentae
Tantum mortis habet. Nam plagae proxima circum
Fugit rapta cutis, pallentiaque ossa retexit.
Iamque sinu laxo nudum est sine corpore vulnus;
Membra natant sanie: surae fluxere: sine ullo
Tegmine poples erat: femorum quoque musculus omni
Liquitur, et nigra distillant inguina tabe.
Dissiluit stringens uterum membrana, fluuntque
Viscera: nec, quantum toto de corpore debet,
Effluit in terras: saevum sed membra venenum
Decoquit; in minimum mox contrahit omnia virus
Vincula nervorum, et laterum contexta, cavumque
Pectus, et abstrusum fibris vitalibus, omne
Quidquid homo est, aperit pestis. Natura profana
Morte patet: manant humeri fortesque lacerti:
Colla caputque fluunt. Calido non ocius Austro
Nix resoluta cadit, nec solem cera sequetur.
Parva loquor, corpus sanie stillasse perustum:
Hoc et flamma potet. Sed quis rogus abstulit ossa
Haec quoque discedunt, putresque secuta medullas
Nulla manere sinunt rapidi vestigia fati.
Cyniphias inter pestes tibi palma nocendi est;
Eripiunt omnes animam, tu sola cadaver.
Ecce subit fades leto diversa fluenti
Nasidium Marsi cultorem torridus agri
Percussit Prester. Illi rubor igneus ora
Succendit, tenditque cutem, pereunte figura,
Miscens cuncta tumor, toto iam corpore maior:
Humanumque egressa modum, super omnia membra
Efflatur sanies: late pollente veneno,
Ipse latet penitus congesto corpore mersus:
Nec lorica tenet distenti corporis auctum.
Spumeus accenso non sic exundat aheno
Undarum cumulis: nec tantos carbasa Coro
Curvavere sinus. Tumidos iam non capit artus
Informis globus, et confuso pondere truncus.
Intactum, volucrum rostris epulasque daturum
Haud impune feris, non ausi tradere busto,
Nondum stante modo, crescens fugere cadaver.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0133%3Abook%3D9%3Acard%3D734","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"94","from":24295.0,"to":24297.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, {"Annotazione":"Lucifero,\nperocch\u00e8 fu Angelo, e tale che, dice il Maestro delle sentenze,\nnon era in Paradiso Angelo pi\u00f9 di lui eccellente [Lib. 2 dist.\n6].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Lucifero, perocchè fu angelo, e tale che, dice il Maestro delle sentenze, non era in Paradiso angelo più di lui eccellente [Lib. 2 dist. 6].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q315347","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q78792604","LuogoFonte":"II vi 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Praeterea scire oportet quoniam sicut de majoribus et minoribus quidam perstiterunt, ita de utroque gradu quidam corruerunt, inter quos unus fuit omnibus aliis cadentibus excellentior, nec inter stantes aliquis eo fuit dignior, sicut testimoniis auctoritatum monstratur.","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/index.php?app=browser&text=11468:55.1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"18","from":33215.0,"to":33222.0,"NomeAutore":"Pietro Lombardo","TitoloFonte":"Sententiarum libri IV"},
{"Annotazione":"Lucifero.  Ved. nota 22 al C. VI. — Che\n'l mondo f\u00f2ra<\/b>, che f\u00f2ra, buca il centro della terra, il quale\n(sempre secondo Tolomeo) \u00e8 il centro del mondo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Vermo reo<\/b>, Lucifero. Ved. nota 22 al C. VI. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VI, 22","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=6&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"108","from":33888.0,"to":33890.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Ma che sapeva egli della costui\nfiocaggine, se non ancora lo aveva udito? dimandano tutti. \nDante non dice che costui era<\/i> fioco, ma che parea<\/b>; cio\u00e8\nch'egli dalle apparenze congetturava costui dover essere fioco. \n— Allegoricamente si accenna al lungo silenzio dell'umana\nragione ne' secoli della barbarie; perocch\u00e8 in Virgilio, che\nqui si mostra, Dante figura appunto tutto quel lume che la\nragione umana aver pu\u00f2 per s\u00e8 stessa, senza la fede.  «Quanto\nragione umana vede (dice Virgilio nel XVIII del Purg.) Dir ti\nposs'io: da indi in l\u00e0 t'aspetta Pur a Beatrice; ch'\u00e8 opra di\nfede.»  In quanto all'avere scelto un poeta a rappresentare il\ncolmo dell'umana ragione, ci\u00f2 prova primieramente quale idea\navesse Dante della poesia: ma si pu\u00f2 dire ancora, ch'ei fu mosso\ndalla comune credenza della dottrina universale di Virgilio: Allegoricamente si accenna al lungo silenzio dell'umana ragione ne' secoli della barbarie; perocchè in Virgilio, che qui si mostra, Dante figura appunto tutto quel lume che la ragione umana aver può per sè stessa, senza la fede.  «Quanto ragione umana vede (dice Virgilio nel XVIII del Purg.) Dir ti poss'io: da indi in là t'aspetta Pur a Beatrice; ch'è opra di fede.» <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVIII, 46-48","NotaFonte":"Il passo di Andreoli citato nel corpo della nota non \u00e8 completo, dunque si perdono altri rimandi interni alla \"Commedia\". \/\/ Il rinvio a Purg. XVIII, 46-48 \u00e8 caratterizzato da una citazione non precisa, forse fatta a memoria.","TestoFonte":"Ed elli a me: «Quanto ragion qui vede,
dir ti poss’io; da indi in là t’aspetta
pur a Beatrice, ch’è opra di fede.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=52&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"63","from":465.0,"to":467.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Ma l'amore [Iddio [Allusivamente\nal Deus caritas est<\/i> di s. Giovanni, altrove gi\u00e0 riferito]], che\nmuove il Sole e l'altre stelle [Stelle<\/b> ad imitazione di\nCicerone appella Dante tutti li celesti corpi in qualsivoglia\nmodo lucidi, e per\u00f2 anche la stessa Luna e pianeti. Vedi 'l\ncanto II di questa cantica v. 30, e quella nota] gi\u00e0 volgeva il\ndesiderio e la volont\u00e0 mia [Dello stile de' rimatori e prosatori\nItaliani di frammettere a' componimenti loro voci Latine, vedi 'l\nVolpi riferito Inf. canto I verso 65] cos\u00ec concordemente a lui,\ncome muovesi rota [intendi in ciascuna sua parte<\/i><\/b>] igualmente<\/i><\/b>\n[D'iguale<\/i>, igualmente<\/b> ec. scritto dagli antichi per uguale<\/i><\/b>,\nugualmente<\/i> ec. vedi 'l Vocabol. della Cr.], concordemente. E\nvuole dire che, essendo egli unito a Dio, ed essendo della divina\nvolont\u00e0, che non s'imprimesse nella di lui memoria specie di\nquell'altissimo veduto obbietto, volle esso pure il medesimo, e\nrimase perci\u00f2 di tale privazione contento.\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
l'amore [Iddio [Allusivamente al Deus caritas est<\/i> di s. Giovanni, altrove già riferito]]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131101","LuogoFonte":"IV 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Qui non diligit, non cognovit Deum, quoniam Deus caritas est. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-i-ioannis_lt.html#4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"143-145","from":33367.0,"to":33369.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Prima lettera di Giovanni"},
{"Annotazione":"Ma poi il parlare in\nquesto o in quell'altro modo, la natura lascia fare a voi,\nsecondo che vi piace.  Abbellare<\/b>, per parer bello<\/i>, piacere<\/i>,\nvoce [nota col Daniello il Venturi] d'origine Provenzale; e\nperci\u00f2 posta gi\u00e0 in bocca d'Arnaldo nel canto XXVI vers. 140 del\nPurgatorio.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Abbellare<\/b>, per parer bello<\/i>, piacere<\/i>, voce [nota col Daniello il Venturi] d'origine Provenzale; e perciò posta già in bocca d'Arnaldo nel canto XXVI vers. 140 del Purgatorio.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVI 140","NotaFonte":"","TestoFonte":" \"Tan m'abellis vostre cortes deman,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=60&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"131-132","from":26277.0,"to":26281.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Malacoda.  — Tenea\nsermone<\/b>, parlava.  — Posa, posa<\/b>, acqui\u00e9tati, sta fermo.  —\nScarmiglione<\/b>; il Tommaseo: <Scarmiglione<\/b>, quasi cupido di\nscarmigliare, scompigliare persone e cose.»  Su di ci\u00f2 il\nFanfani, cit. dallo Scartazzini: <Scarmiglioni<\/i> chiamavansi a\nSiena sul principio del secolo XIII i famigli della corte, o una\nqualit\u00e0 di soldati, armati di una lunga asta con un uncino in\ncima, con la quale ghermivano i ladri da lontano.  Di qui forse\nlo Scarmiglione<\/i><\/b> di Dante, demonio che con un simile uncino\ntartassava i dannati.»\n\n\tI Poeti essendo gi\u00e0 sull'argine sesto, che \u00e8 la ripa\ninterna della quinta bolgia e l'esterna della sesta, potevano\nvedere di per s\u00e8 che quivi il ponte era ruinato, e che perci\u00f2 non\nsi poteva per di l\u00e0 procedere.  Partendo da questa punto di\nverit\u00e0, Malacoda prepara un tranello; forse, come osserva il\nBlanc, per tenere pi\u00f9 lungo tempo in suo potere i Poeti, e far\nloro alcun male quando l'occasione se ne presentasse: per\nacquistar poi fede alla menzogna, che stava architettando, \ninvolge di circostanze verissime la sostanza menzognera.  Dice\nadunque come sia del tutto caduto il sesto ponte, e che ci\u00f2\navvenne alla morte di Cristo, notando sinanco le pi\u00f9 minute\ncircostanze di tempo.  E ora comincia la menzogna: dice ai Poeti\nMalacoda che se voglion continuare la loro strada, possono far\nvia sull'argine sesto, e che non molto lungi troveranno un altro\nponte, che varca la bolgia seguente; e questa era una solenne\nmenzogna, perch\u00e8 invece sovra la bolgia degli ipocriti non questo\nsolo, ma tutti i ponti erano ruinati (cf. Inf.<\/i><\/b>, XXIII, 133 e\nsegg.).  E per meglio corbellare la buona fede de' due\nviaggiatori, Malacoda promette di metterli sotto la protezione e\nla guida d'alquanti suoi diavoli, ch'egli allora doveva mandare a\nquella parte (vv. 115-116); e a colorire pi\u00f9 scaltramente\nl'inganno, d\u00e0 a' suoi dipendenti ordini precisi rispetto ai due\nviaggiatori, e ribadisce l'affermazione dell'esistenza d'un altro\nponte (vv. 11 e 125-126).  Che il demonio mentisca, osserva lo\nScartazzini, \u00e8 cosa assai naturale; egli non fa che il suo\nmestiere; ma ben \u00e8 strano che Virgilio, il Savio gentil che\ntutto seppe<\/i>, gli creda e si lasci gabbare.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
I Poeti essendo già sull'argine sesto, che è la ripa interna della quinta bolgia e l'esterna della sesta, potevano vedere di per sè che quivi il ponte era ruinato, e che perciò non si poteva per di là procedere.  Partendo da questa punto di verità, Malacoda prepara un tranello; forse, come osserva il Blanc, per tenere più lungo tempo in suo potere i Poeti, e far loro alcun male quando l'occasione se ne presentasse: per acquistar poi fede alla menzogna, che stava architettando, involge di circostanze verissime la sostanza menzognera. Dice adunque come sia del tutto caduto il sesto ponte, e che ciò avvenne alla morte di Cristo, notando sinanco le più minute circostanze di tempo.  E ora comincia la menzogna: dice ai Poeti Malacoda che se voglion continuare la loro strada, possono far via sull'argine sesto, e che non molto lungi troveranno un altro ponte, che varca la bolgia seguente; e questa era una solenne menzogna, perchè invece sovra la bolgia degli ipocriti non questo solo, ma tutti i ponti erano ruinati (cf. Inf.<\/i>, XXIII, 133 e segg.).  E per meglio corbellare la buona fede de' due viaggiatori, Malacoda promette di metterli sotto la protezione e la guida d'alquanti suoi diavoli, ch'egli allora doveva mandare a quella parte (vv. 115-116); e a colorire più scaltramente l'inganno, dà a' suoi dipendenti ordini precisi rispetto ai due viaggiatori, e ribadisce l'affermazione dell'esistenza d'un altro ponte (vv. 11 e 125-126).  Che il demonio mentisca, osserva lo Scartazzini, è cosa assai naturale; egli non fa che il suo mestiere; ma ben è strano che Virgilio, il Savio gentil che tutto seppe<\/i>, gli creda e si lasci gabbare.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIII, 133-141","NotaFonte":"","TestoFonte":"Rispuose adunque: “Più che tu non speri
s'appressa un sasso che da la gran cerchia
si move e varca tutt'i vallon feri,
salvo che 'n questo è rotto e nol coperchia;
montar potrete su per la ruina,
che giace in costa e nel fondo soperchia”.
Lo duca stette un poco a testa china;
poi disse: “Mal contava la bisogna
colui che i peccator di qua uncina”","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=23","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"103-105","from":20088.0,"to":20090.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Malatestino Signor di\nArimino, crudelissimo e violentissimo tiranno, dal Poeta nel\nprecedente canto detto mastino<\/i>, ordin\u00f2, che Messer Guido del\nCassero, e Messer Angiolello da Cagnano, primi cittadini di Fano,\ncitt\u00e0 posta al lito del mare, e trenta miglia distante da Rimino,\nvenissero alla Cattolica un destinato d\u00ec a desinar con lui,\nfingendo avere a conferir alcune cose d'importanza: ed a quelli,\nche li dovevano condurre per mare, impose che, giunti presso alla\nCattolica, ove fingeva d'aspettarli, li sommergessero; la qual\ncosa segu\u00ec appunto come da lui fu ordinata. Vellutello. Il\nquale per\u00f2 malamente col Landino prima di lui, siccome il Venturi\ndopo tutti e due malamente per gittati saran fuor di lor\nvasello<\/b> intende, che si separeranno per morte l'anime de' due\nFanesi da' loro corpi; i quali, dicon essi, sono vaselli e\nricettacoli di quelle<\/i><\/b>: e niente per verit\u00e0 meglio spiega il\nVolpi detto vasello figuratamente per citt\u00e0, patria.<\/i> \nVasello<\/i><\/b>, ci avvisa il Vocabolario della Crusca, dissero gli\nantichi per vascello, nave, naviglio<\/i><\/b>: ed oltre gli altri esempi,\nne arreca quello del poeta nostro medesimo\n\n . . . . . . e quei sen venne a riva<\/i>\n Con un vasello snelletto e leggiero<\/i>,\n Tanto che l'acqua nulla ne 'nghiottiva<\/i>\n [Purg. II, 40 e segg.].\n\nGittati<\/b>, adunque, saran fuor di lor vasello<\/b>, vale quanto\ngittati saran fuor del loro naviglio<\/i><\/b> — e mazzerati<\/i><\/b>, ed\naffogati in mare. Mazzerare<\/i>, chiosa il Buti citato nel Vocab.\ndella Cr., \u00e8 gettar l'uomo in mare in un sacco legato con una\npietra grande; o legato le mani e i piedi, e uno grande sasso al\ncollo<\/i> — Cattolica<\/b>, castello sul lido dell'Adriatico tra\nRimino e Pesaro.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vasello<\/b>, ci avvisa il Vocabolario della Crusca, dissero gli antichi per vascello, nave, naviglio<\/i>: ed oltre gli altri esempi, ne arreca quello del poeta nostro medesimo\r\n     . . . . . . e quei sen venne a riva<\/i>\r\n     Con un vasello snelletto e leggiero<\/i>,\r\n     Tanto che l'acqua nulla ne 'nghiottiva<\/i>\r\n     [Purg. II, 40 e segg.].\r\nGittati<\/b>, adunque, saran fuor di lor vasello<\/b>, vale quanto gittati saran fuor del loro naviglio<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. II 40-42","NotaFonte":"","TestoFonte":"ma chinail giuso; e quei sen venne a riva
con un vasello snelletto e leggero,
tanto che l'acqua nulla ne 'nghiottiva.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=36","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79-80","from":27312.0,"to":27314.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Maria SS., la Donna\ndel cielo<\/i> (Par., XXIII, 106), quella che il Poeta «sempre\ninvocava e mane e sera» (ib., 88), e che come qui gl'impetra da\nDio il principio della sua salute, cos\u00ec in fin del poema vedremo\nimpetrargliene il compimento. — Si compiange<\/b>, si rammarica<\/i><\/b>,\nsi duole a Dio<\/i>: uso di questo verbo frequente negli antichi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Maria SS., la Donna del cielo<\/i> (Par., XXIII, 106)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXIII, 106","NotaFonte":"","TestoFonte":"e girerommi, donna del ciel<\/strong>, mentre","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=90&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94","from":1675.0,"to":1680.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Maria donna nobile Ebrea, che\nnell'assedio di Gerusalemme vinta da rabbiosissima fame, si\nmangi\u00f2 un suo figliuolino, come si legge in Giuseppe Ebreo lib. 7\ncap. 15.  Quel dar di becco<\/b>, che a prima vista sembra poco\ngrazioso, \u00e8 un traslato, che piglia il Poeta dagli uccelli di\nrapina.  Venturi.  Il quale per\u00f2 sapendo, che anche dei\ntraslati<\/i> ve ne sono de' sgraziati, doveva in contrapposizione\nal premesso a prima vista sembra poco grazioso<\/i>, dire \u00e8 un\ngrazioso traslato, che<\/i> ec.: e come poi tutti gli uccelli, anche\nnon di rapina, danno mangiando di becco, poteva in compenso\ndell'aggiunto grazioso<\/i> lasciar d'aggiungere di rapina.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Maria donna nobile Ebrea, che nell'assedio di Gerusalemme vinta da rabbiosissima fame, si mangiò un suo figliuolino, come si legge in Giuseppe Ebreo lib. 7 cap. 15. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q134461","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q62052385","LuogoFonte":"VI iii 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Γυν\u03ae τις τ\u1ff6ν \u1f51π\u1f72ρ τ\u1f78ν \u1f38ορδ\u03acνην κατοικο\u03cdντων, Μαρ\u03afα το\u1f54νομα, πατρ\u1f78ς \u1f18λεαζ\u03acρου, κ\u03ceμης Βηθεζουβ\u1fb6, σημα\u03afνει δ\u1f72 το\u1fe6το ο\u1f36κος \u1f51σσ\u03ceπου, δι\u1f70 γ\u03adνος κα\u1f76 πλο\u1fe6τον \u1f10π\u03afσημος, μετ\u1f70 το\u1fe6 λοιπο\u1fe6 πλ\u03aeθους ε\u1f30ς τ\u1f70 \u1f39εροσ\u03ccλυμα καταφυγο\u1fe6σα συνεπολιορκε\u1fd6το. [202] τα\u03cdτης τ\u1f74ν μ\u1f72ν \u1f04λλην κτ\u1fc6σιν ο\u1f31 τ\u03cdραννοι δι\u03aeρπασαν, \u1f45σην \u1f10κ τ\u1fc6ς Περα\u03afας \u1f00νασκευασαμ\u03adνη μετ\u03aeνεγκεν ε\u1f30ς τ\u1f74ν π\u03ccλιν, τ\u1f70 δ\u1f72 λε\u03afψανα τ\u1ff6ν κειμηλ\u03afων κα\u1f76 ε\u1f34 τι τροφ\u1fc6ς \u1f10πινοηθε\u03afη καθ\u1fbd \u1f21μ\u03adραν ε\u1f30σπηδ\u1ff6ντες \u1f25ρπαζον ο\u1f31 δορυφ\u03ccροι. [203] δειν\u1f74 δ\u1f72 τ\u1f78 γ\u03cdναιον \u1f00γαν\u03acκτησις ε\u1f30σ\u1fc4ει, κα\u1f76 πολλ\u03acκις λοιδορο\u1fe6σα κα\u1f76 καταρωμ\u03adνη το\u1f7aς \u1f05ρπαγας \u1f10φ\u1fbd α\u1f51τ\u1f74ν \u1f20ρ\u03adθιζεν. [204] \u1f61ς δ\u1fbd ο\u1f54τε παροξυν\u03ccμεν\u03ccς τις ο\u1f54τ\u1fbd \u1f10λε\u1ff6ν α\u1f50τ\u1f74ν \u1f00ν\u1fc4ρει, κα\u1f76 τ\u1f78 μ\u1f72ν ε\u1f51ρε\u1fd6ν τι σιτ\u03afον \u1f04λλοις \u1f10κοπ\u03afα, πανταχ\u03ccθεν δ\u1f72 \u1f04πορον \u1f26ν \u1f24δη κα\u1f76 τ\u1f78 ε\u1f51ρε\u1fd6ν, \u1f41 λιμ\u1f78ς δ\u1f72 δι\u1f70 σπλ\u03acγχνων κα\u1f76 μυελ\u1ff6ν \u1f10χ\u03ceρει κα\u1f76 το\u1fe6 λιμο\u1fe6 μ\u1fb6λλον \u1f10ξ\u03adκαιον ο\u1f31 θυμο\u03af, σ\u03cdμβουλον λαβο\u1fe6σα τ\u1f74ν \u1f40ργ\u1f74ν μετ\u1f70 τ\u1fc6ς \u1f00ν\u03acγκης \u1f10π\u1f76 τ\u1f74ν φ\u03cdσιν \u1f10χ\u03ceρει, [205] κα\u1f76 τ\u1f78 τ\u03adκνον, \u1f26ν δ\u1f72 α\u1f50τ\u1fc7 πα\u1fd6ς \u1f51πομ\u03acστιος, \u1f01ρπασαμ\u03adνη “βρ\u03adφος, ε\u1f36πεν, \u1f04θλιον, \u1f10ν πολ\u03adμ\u1ff3 κα\u1f76 λιμ\u1ff7 κα\u1f76 στ\u03acσει τ\u03afνι σε τηρ\u03aeσω; [206] τ\u1f70 μ\u1f72ν παρ\u1f70 \u1fecωμα\u03afοις δουλε\u03afα, κ\u1f02ν ζ\u03aeσωμεν \u1f10π\u1fbd α\u1f50το\u03cdς, φθ\u03acνει δ\u1f72 κα\u1f76 δουλε\u03afαν \u1f41 λιμ\u03ccς, ο\u1f31 στασιαστα\u1f76 δ\u1f72 \u1f00μφοτ\u03adρων χαλεπ\u03ceτεροι. [207] \u1f34θι, γενο\u1fe6 μοι τροφ\u1f74 κα\u1f76 το\u1fd6ς στασιαστα\u1fd6ς \u1f10ριν\u1f7aς κα\u1f76 τ\u1ff7 β\u03af\u1ff3 μ\u1fe6θος \u1f41 μ\u03ccνος \u1f10λλε\u03afπων [208] τα\u1fd6ς \u1f38ουδα\u03afων συμφορα\u1fd6ς.” κα\u1f76 τα\u1fe6θ\u1fbd \u1f05μα λ\u03adγουσα κτε\u03afνει τ\u1f78ν υ\u1f31\u03ccν, \u1f14πειτ\u1fbd \u1f40πτ\u03aeσασα τ\u1f78 μ\u1f72ν \u1f25μισυ κατεσθ\u03afει, τ\u1f78 δ\u1f72 λοιπ\u1f78ν κατακαλ\u03cdψασα \u1f10φ\u03cdλαττεν. [209] ε\u1f50θ\u03adως δ\u1fbd ο\u1f31 στασιαστα\u1f76 παρ\u1fc6σαν, κα\u1f76 τ\u1fc6ς \u1f00θεμ\u03afτου κν\u03afσης σπ\u03acσαντες \u1f20πε\u03afλουν, ε\u1f30 μ\u1f74 δε\u03afξειεν τ\u1f78 παρασκευασθ\u03adν, \u1f00ποσφ\u03acξειν α\u1f50τ\u1f74ν ε\u1f50θ\u03adως. \u1f21 δ\u1f72 κα\u1f76 μο\u1fd6ραν α\u1f50το\u1fd6ς ε\u1f30πο\u1fe6σα καλ\u1f74ν τετηρηκ\u03adναι τ\u1f70 λε\u03afψανα το\u1fe6 τ\u03adκνου διεκ\u03acλυψεν. [210] το\u1f7aς δ\u1fbd ε\u1f50θ\u03adως φρ\u03afκη κα\u1f76 παρ\u03adκστασις \u1f95ρει κα\u1f76 παρ\u1f70 τ\u1f74ν \u1f44ψιν \u1f10πεπ\u03aeγεσαν. \u1f21 δ\u1fbd “\u1f10μ\u03ccν, \u1f14φη, το\u1fe6το τ\u03adκνον γν\u03aeσιον κα\u1f76 τ\u1f78 \u1f14ργον \u1f10μ\u03ccν. [211] φ\u03acγετε, κα\u1f76 γ\u1f70ρ \u1f10γ\u1f7c β\u03adβρωκα. μ\u1f74 γ\u03adνησθε μ\u03aeτε μαλακ\u03ceτεροι γυναικ\u1f78ς μ\u03aeτε συμπαθ\u03adστεροι μητρ\u03ccς. ε\u1f30 δ\u1fbd \u1f51με\u1fd6ς ε\u1f50σεβε\u1fd6ς κα\u1f76 τ\u1f74ν \u1f10μ\u1f74ν \u1f00ποστρ\u03adφεσθε θυσ\u03afαν, \u1f10γ\u1f7c μ\u1f72ν \u1f51μ\u1fd6ν β\u03adβρωκα, κα\u1f76 τ\u1f78 λοιπ\u1f78ν δ\u1f72 \u1f10μο\u1f76 μειν\u03acτω.” μετ\u1f70 τα\u1fe6θ\u1fbd ο\u1f31 μ\u1f72ν τρ\u03adμοντες \u1f10ξ\u1fc4εσαν, [212] πρ\u1f78ς \u1f13ν το\u1fe6το δειλο\u1f76 κα\u1f76 μ\u03ccλις τα\u03cdτης τ\u1fc6ς τροφ\u1fc6ς τ\u1fc7 μητρ\u1f76 παραχωρ\u03aeσαντες, \u1f00νεπλ\u03aeσθη δ\u1fbd ε\u1f50θ\u03adως \u1f45λη το\u1fe6 μ\u03cdσους \u1f21 π\u03ccλις, κα\u1f76 πρ\u1f78 \u1f40μμ\u03acτων \u1f15καστος τ\u1f78 π\u03acθος λαμβ\u03acνων \u1f65σπερ α\u1f50τ\u1ff7 τολμηθ\u1f72ν \u1f14φριττε.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0526.tlg004.perseus-grc1:6.3.4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"30","from":22817.0,"to":22819.0,"NomeAutore":"Flavio Giuseppe","TitoloFonte":"De bello Judaico"},
{"Annotazione":"Matelda, la\nprima che in questo ameno luogo trov\u00f2 Dante; e di cui nel canto\nXXVIII, 37 e segg. di questa cantica E l\u00e0 m'apparve una donna\nsoletta<\/i> ec.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Matelda, la prima che in questo ameno luogo trovò Dante; e di cui nel canto XXVIII, 37 e segg. di questa cantica E là m'apparve una donna soletta<\/i> ec.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVIII 37-40","NotaFonte":"","TestoFonte":"e là m'apparve, sì com'elli appare
subitamente cosa che disvia
per maraviglia tutto altro pensare,
una donna soletta","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=62","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"92","from":31550.0,"to":31557.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Mettendo Dante alla porta\ndel Purgatorio [Canto IX v. 76 e segg.] per custode un Angelo\ncolle chiavi di s. Pietro, e non dicendoci pi\u00f9 in verun luogo\nd'altra porta, che dal Purgatorio metta in Paradiso, ma\nsupponendo da quello a questo un passaggio affatto libero, non\nv'ha dubbio che quella, e non altra, s'abbia a intendere la\nporta di san Pietro<\/b>: n\u00e8 se non male pretende il Rosa Morando\ndiversamente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La porta di San Pietro. <\/strong>Mettendo Dante alla porta del Purgatorio per custode un Angelo colle chiavi di s. Pietro, e non dicendoci più in verun luogo d'altra porta, che dal Purgatorio metta in Paradiso, ma supponendo da quello a questo un passaggio affatto libero, non v'ha dubbio che quella, e non altra, s'abbia a intendere la porta di san Pietro<\/b>.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IX 76-78","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vidi una porta, e tre gradi di sotto
per gire ad essa, di color diversi,
e un portier ch'ancor non facea motto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=43&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/filippo-rosa-morando-1751', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"134","from":974.0,"to":978.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Mirando il Poeta\nal predir del Vangelo, che nell'universale giudizio saranno gli\neletti alla destra di Cristo giudice, ed i reprobi alla sinistra\n[Matth.<\/i> 25], accenna pe' sedenti alla destra de' Papi i\nfavoriti Guelfi, e pe' sedenti alla sinitra gli odiati\nGhibellini: ed \u00e8 la costruzione. Non fu nostra intenzione che\nparte del popolo cristiano sedesse a destra mano de' nostri\nsuccessori, parte dall'altra<\/b>, dalla sinistra mano.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Mirando il Poeta al predir del Vangelo, che nell'universale giudizio saranno gli eletti alla destra di Cristo giudice, ed i reprobi alla sinistra [Matth.<\/i> 25], accenna pe' sedenti alla destra de' Papi i favoriti Guelfi, e pe' sedenti alla sinitra gli odiati Ghibellini<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XXV 31-33","NotaFonte":"","TestoFonte":"31 Cum autem venerit Filius hominis in gloria sua, et omnes angeli cum eo, tunc sedebit super thronum gloriae suae.
32 Et congregabuntur ante eum omnes gentes; et separabit eos ab invicem, sicut pastor segregat oves ab haedis,
33 et statuet oves quidem a dextris suis, haedos autem a sinistris. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#25","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"46-48","from":26671.0,"to":26675.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"}, {"Annotazione":"Miscuglio di vari idiomi, fatto dal\nPoeta a fine di render orrido il parlar di Pluto; o forse anche\nper additarnelo perito in tutti i linguaggi.\n\n\tPapae<\/i> con ae<\/i> dittongo [perch\u00e8 io pure ho secondo il\nmoderno uso accentato l'e<\/i> in pape<\/i>] \u00e8 interiezione ammirativa\nGreca e Latina, equivalente al nostro capperi.<\/i><\/b> Satan<\/b> \u00e8 voce\nEbraica significante avversario<\/i>, nemico<\/i>, e perci\u00f2 applicabile\nqual nome appellativo non solo a Lucifero, ma a Pluto, ed a tutti\ni demoni, perocch\u00e8 tutti d'Iddio e dell'uman genere inimici. \nAleppe<\/i><\/b>, l'aleph<\/i><\/b> prima lettera dell'Ebraico alfabeto\n[aggiustata alla Italiana, come aggiustasi Ioseph<\/i> in Ioseppe<\/i>,\ne Giuseppe<\/i>] ha tra gli altri significati quello di capo<\/i>,\nprincipe<\/i> ec. [Vedi tra gli altri Calmet Diction. sacr.\nscript.<\/i>]; e per\u00f2 essa voce pure bene appoggiasi a Pluto, s\u00ec per\nesser egli, come dio delle ricchezze, il capo avversario\ndell'umana felicit\u00e0, s\u00ec per la presidenza di questo infernal\nluogo, e s\u00ec finalmente per la uniformit\u00e0 che ha Satan aleph<\/i>,\npresa aleph<\/i> in questo senso, con gran nemico<\/i>, che l'istesso\nDante appella Pluto nel precedente verso, ultimo del passato\ncanto.\n\n Quivi trovammo Pluto il gran nemico.<\/i>\n\n\tIntendo io adunque che con queste per la foga interrotte\ne ripigliate voci brontoli Pluto irosamente seco stesso, ad ugual\nsenso che se detto avesse Capperi Satanasso<\/i>, capperi gran\nSatanasso<\/i>! E come in aria di proseguire cos\u00ec poco sei tu\nrispettato<\/i>!\n\n\tIl Buti [citato nel Vocab. della Cr. alla voce aleppe<\/b>]\nil Landino, il Vellutello, il Daniello, ed il Volpi riconoscendo\nessi pure in aleppe<\/b> l'Ebraico aleph<\/i><\/b>, diconlo adoprato qu\u00ec per\ninteriezione di dolore in equivalenza al nostro ah.<\/i> Io per\u00f2\nnon trovo alcun maestro di lingua Ebraica che attribuisca ad\naleph<\/i> cotal significazione.\n\n\tNel tomo 4 di tutte l'opere di Dante stampate in Venezia\ndel 1760 nella pag. 64 si riferisce qual particolare e decisiva\nla spiegazione di questo verso fatta da Benvenuto Cellini; in cui\npretende che 'l pape<\/i> formato sia dal Francese paix paix<\/i>, ed\naleppe<\/i> altres\u00ec dal Francese alez.<\/i> Ma [sia detto per amore\ndella verit\u00e0, e non per togliere la dovuta stima a chi si adopera\nin favor delle lettere] oltre che a questo riguardo desiderebbesi\nche assecondando Dante in tutto ci\u00f2 che agevolmente poteva il\nFrancese dialetto, scritto avesse pe pe<\/i>, e non pape<\/i>, v'\u00e8\nd'avvantaggio, che il paix paix<\/i> [zitto zitto, cheto cheto] o\ndirebbelo Pluto a se medesimo, esortandosi ad aver sofferenza; e\nmal gli si converrebbe quel rimbrotto di Virgilio\n\n ....... taci maladetto lupo<\/i>,\n Consuma dentro te con la tua rabbia.<\/i>\n {vv.8-9}\n\no direbbelo a Dante; e mal si converrebbe al quieto\npresentarsigli che Dante faceva.\n\n\tL'anonimo autore de' pregiabili aneddoti<\/i> stampati in\nquesti anni in Verona, per difficolt\u00e0 appoggiata sulla\nsupposizione, al Venturi e ad altri spositori comune, che Dite,\nil Re dell'Inferno, e Pluto sieno un soggetto solo [contro\nl'avvertimento posto in fine del passato canto] e che Satan<\/i><\/b>\nnome sia non ad altri che al solo Lucifero applicabile [contro il\ntest\u00e8 divisato significare della voce Satan<\/b>] adotta il parer\ndel Cellini fino a volere che per sola ragione, senza autorit\u00e0\nde' testi, correggasi il pap\u00e8<\/b> in pe pe<\/i><\/b>, e che cotal Francese\nparlare mirasse a frizzare lo a quel tempo ancor vivente, ed al\nPoeta inviso, Filippo il Bello Re di Francia [Anedd.<\/i> 2 cap. 2\ne Anedd.<\/i> 4 cap. 18].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Aleppe<\/b>, l'aleph<\/i> prima lettera dell'Ebraico alfabeto [aggiustata alla Italiana, come aggiustasi Ioseph<\/i> in Ioseppe<\/i>, e Giuseppe<\/i>] ha tra gli altri significati quello di capo<\/i>, principe<\/i> ec. [Vedi tra gli altri Calmet Diction. sacr. script.<\/i>]; e però essa voce pure bene appoggiasi a Pluto, sì per esser egli, come dio delle ricchezze, il capo avversario dell'umana felicità, sì per la presidenza di questo infernal luogo, e sì finalmente per la uniformità che ha Satan aleph<\/i>, presa aleph<\/i> in questo senso, con gran nemico<\/i>, che l'istesso Dante appella Pluto nel precedente verso, ultimo del passato canto. \r\n     Quivi trovammo Pluto il gran nemico.<\/i>\r\nIntendo io adunque che con queste per la foga interrotte e ripigliate voci brontoli Pluto irosamente seco stesso, ad ugual senso che se detto avesse Capperi Satanasso<\/i>, capperi gran Satanasso<\/i>!  E come in aria di proseguire così poco sei tu rispettato<\/i>!  \tIl Buti [citato nel Vocab. della Cr. alla voce aleppe<\/b>] il Landino, il Vellutello, il Daniello, ed il Volpi riconoscendo essi pure in aleppe<\/b> l'Ebraico aleph<\/i>, diconlo adoprato quì per interiezione di dolore in equivalenza al nostro ah.<\/i>  Io però non trovo alcun maestro di lingua Ebraica che attribuisca ad aleph<\/i> cotal significazione.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VI 115","NotaFonte":"","TestoFonte":"quivi trovammo Pluto, il gran nemico","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=6","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=13855', 'Autore':'Francesco da Buti, 1385-95','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1","from":5806.0,"to":5811.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Modo proverbiale, per dire che\nuno sia mal capitato.  — Sorco<\/b>, sorcio: ved. nota 127 al C.\nIV.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Sorco<\/b>, sorcio: ved. nota 127 al C. IV.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV, 127","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"58","from":20743.0,"to":20746.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Molto a proposito il\nLandino cita qu\u00ec due degnissime sentenze; la prima di s. Agostino\nde civ: Nullo enim modo fit minor accedente consorte possessio\nbonitatis, quam tanto latius, quanto concordius individua\nsociorum possidet caritas<\/i>: e la seconda di s. Gregorio: Qui\nfacibus invidiae carere desiderat, illam caritatem appetat, quam\nnumerus possidentium non angustat.<\/i>  Venturi.  — caritate arde\n'n<\/i> leggono l'edizioni diverse dalla Nidob.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Molto a proposito il Landino cita quì due degnissime sentenze; la prima di s. Agostino de civ: Nullo enim modo fit minor accedente consorte possessio bonitatis, quam tanto latius, quanto concordius individua sociorum possidet caritas<\/i>: e la seconda di s. Gregorio: Qui facibus invidiae carere desiderat, illam caritatem appetat, quam numerus possidentium non angustat.<\/i>  Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q212318","LuogoFonte":"XV 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nullo enim modo fit minor accedente seu permanente consorte possessio bonitatis, immo possessio bonitas, quam tanto latius, quanto concordius individua sociorum possidet caritas.","UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/cdd\/index2.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"56-57","from":14715.0,"to":14717.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":"La citt\u00e0 di Dio"},
{"Annotazione":"Moralmente l'invidia, spiegano\nalcuni, mossi principalmente da due luoghi dell'Inferno (VI,\n74: XV, 68), dove l'invidia, la superbia e l'avarizia sono da\nDante espressamente riunite; ma comunemente in questa lonza,\nossia pantera, fu sempre veduta la lussuria.  Politicamente \u00e8\nFirenze, leggiera, mobile, e partita in Bianchi e Neri, appunto\ncome questa fiera ha pelle bianca maculata di nero.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Moralmente l'invidia, spiegano alcuni, mossi principalmente da due luoghi dell'Inferno (VI, 74: XV, 68), dove l'invidia, la superbia e l'avarizia sono da Dante espressamente riunite; ma comunemente in questa lonza, ossia pantera, fu sempre veduta la lussuria. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VI, 74","NotaFonte":"","TestoFonte":"superbia, invidia e avarizia sono","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=6&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"32-34","from":235.0,"to":237.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Moralmente, Conv. III, 12:\nMoralmente, Conv. III, 12: «E che altro cotidianamente pericola e uccide le città, le contrade, le singulari persone, tanto quanto lo nuovo raunamento di avere?» Politicamente, la Corte romana, e per essa la parte guelfa, molte genti rovinò con le ire civili e le chiamate di stranieri.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio IV, xii, 9","NotaFonte":"Il rimando al Convivio \u00e8 bibliograficamente scorretto: non III xii, ma IV xii.","TestoFonte":"E che altro cotidianamente pericola e uccide le cittadi, le contrade, le singulari persone, tanto quanto lo nuovo raunamento d'avere appo alcuno?","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=62&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"51","from":372.0,"to":375.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Morde l'avidit\u00e0\ndell'oro del prefato Papa, e, come su i fiorini d'oro Fiorentini\neravi anche a que' tempi l'effigie di s. Giovan Battista [quel\nsanto che volle viver solo<\/b>, nella solitudine del deserto, e\nche per salti fu tratto a mart\u00ecro<\/b>, che da Erode fu martirizzato\nin premio al leggiadro saltare della figlia d'Erodiade, come\nnarra il Vangelo [Marc.<\/i> 6]], intende pe 'l santo cotali della\ndi lui effigie improntati fiorini, ed ellissi adoprando vuole si\ncapisca come se detto avesse: Puoi tu bens\u00ec de' santi burlandoti\ndire, talmente ho io fisse le mie brame al s. Giovan Battista\nd'oro, ch'io non conosco n\u00e8 il Pescator, n\u00e8 Polo<\/i><\/b> [i prefati\nApostoli Pietro e Paolo]: ma essi, che in cielo ancor son vivi,\nti si faranno tuo mal grado conoscere.  Polo<\/b> per Paolo<\/i><\/b> dee\nesser preso dal Francese idioma.\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
s. Giovan Battista [quel santo che volle viver solo<\/b>, nella solitudine del deserto, e che per salti fu tratto a martìro<\/b>, che da Erode fu martirizzato in premio al leggiadro saltare della figlia d'Erodiade, come narra il Vangelo [Marc.<\/i> 6]]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q31966","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q107388","LuogoFonte":"VI 14-29","NotaFonte":"","TestoFonte":"14 Et audivit Herodes rex; manifestum enim factum est nomen eius. Et dicebant: “ Ioannes Baptista resurrexit a mortuis, et propterea inoperantur virtutes in illo ”.
15 Alii autem dicebant: “ Elias est ”. Alii vero dicebant: “ Propheta est, quasi unus ex prophetis ”.
16 Quo audito, Herodes aiebat: “ Quem ego decollavi Ioannem, hic resurrexit! ”.
17 Ipse enim Herodes misit ac tenuit Ioannem et vinxit eum in carcere propter Herodiadem uxorem Philippi fratris sui, quia duxerat eam.
18 Dicebat enim Ioannes Herodi: “ Non licet tibi habere uxorem fratris tui ”.
19 Herodias autem insidiabatur illi et volebat occidere eum nec poterat:
20 Herodes enim metuebat Ioannem, sciens eum virum iustum et sanctum, et custodiebat eum, et, audito eo, multum haesitabat et libenter eum audiebat.
21 Et cum dies opportunus accidisset, quo Herodes natali suo cenam fecit principibus suis et tribunis et primis Galilaeae,
22 cumque introisset filia ipsius Herodiadis et saltasset, placuit Herodi simulque recumbentibus. Rex ait puellae: “ Pete a me, quod vis, et dabo tibi ”.
23 Et iuravit illi multum: “ Quidquid petieris a me, dabo tibi, usque ad dimidium regni mei ”.
24 Quae cum exisset, dixit matri suae: “ Quid petam? ”. At illa dixit: “ Caput Ioannis Baptistae ”.
25 Cumque introisset statim cum festinatione ad regem, petivit dicens: “ Volo ut protinus des mihi in disco caput Ioannis Baptistae ”.
26 Et contristatus rex, propter iusiurandum et propter recumbentes noluit eam decipere;
27 et statim misso spiculatore rex praecepit afferri caput eius. Et abiens decollavit eum in carcere
28 et attulit caput eius in disco; et dedit illud puellae, et puella dedit illud matri suae.
29 Quo audito, discipuli eius venerunt et tulerunt corpus eius et posuerunt illud in monumento.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-marcum_lt.html#6","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"133-136","from":18121.0,"to":18125.0,"NomeAutore":"Marco","TitoloFonte":"Vangelo secondo Marco"}, {"Annotazione":"Morto essendo\nStazio, come di sopra avvisai [Purg. XXI, 67 e segg.], circa\nl'anno di Ges\u00f9 Cristo 96 ed essendo cotal anno stato il\nquintodecimo ed ultimo dell'impero di Domiziano [Vedi tra gli\naltri Patarol Series Augustorum Flav. Domitianus<\/i>],; n\u00e8 da\nNerone, morto l'anno di Ges\u00f9 Cristo 68 [Vedi 'l medesimo\nClaudius Domit. Nero<\/i>] fino a Domiziano stata essendo di mezzo\nalcuna persecuzione de' cristiani; bene perci\u00f2 suppone Dante che\nStazio reso cristiano non vedesse altra persecuzione del\ncristianesimo se non quella asprissima [Vedi tra gli altri\nEusebio Hist. eccl.<\/i> lib. III cap. 17] fatta da Domiziano. —\nperseguette<\/b>, perseguit\u00f2, in rima, dice il Volpi: ma non in vece\ndi perseguit\u00f2<\/i><\/b>, direi io, ma di persegu\u00ec<\/i>, da perseguire<\/i>\n[Vedi 'l Vocab. della Crusca], e non in rima<\/i>, ma, come Dante\nstesso [Par. IX, 24], ed altri adoprarono anche fuor di rima\nseguette<\/i> [Vedi 'l Prospetto di verbi Toscani<\/i> sotto il verbo\nseguire<\/i> n. 10], poterono pur fuor di rima adoprare il composto\nperseguette.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Morto essendo Stazio, come di sopra avvisai [Purg. XXI, 67 e segg.], circa l'anno di Gesù Cristo 96<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXI 67-69","NotaFonte":"","TestoFonte":"E io, che son giaciuto a questa doglia
cinquecent'anni e più, pur mo sentii
libera volontà di miglior soglia","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=55&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"83","from":22130.0,"to":22134.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Narra Gio. Villani\n[Cron.<\/i> lib. 5 cap. 31] che nel 1207 non potendo i Conti Guidi,\npadroni del castello di Montemurlo, ben difenderlo da Pistoiesi,\nperocch'era troppo vicino a Pistoia, il venderono al comune di\nFirenze: e vuole Dante dire che, se fosse l'Imperatore stato\npadrone della Toscana, avrebbe tenuto i Pistoiesi in dovere, n\u00e8\nsarebbe stato bisogno ai conti Guidi di vendere Montemurlo.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Narra Gio. Villani [Cron.<\/i> lib. 5 cap. 31] che nel 1207 non potendo i Conti Guidi, padroni del castello di Montemurlo, ben difenderlo da Pistoiesi, perocch'era troppo vicino a Pistoia, il venderono al comune di Firenze.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VI 31","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 116 (V 31).","TestoFonte":"Negli anni di Cristo MCCIII [...] i Pistolesi tolsono il castello di Montemurlo a' conti Guidi; ma poco appresso, il settembre, v'andarono ad oste i Fiorentini in servigio de' conti Guidi, e riebborlo, e renderlo a' conti Guidi.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64","from":15566.0,"to":15568.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Narra Lucano [Pharsal.<\/i>\nlib. 9], che passando Catone per la Libia arenosa con\nl'esercito, un soldato detto Sabello fu punto da un serpe,\nchiamato seps<\/i>, in una gamba; ed avendogli tal puntura tutta la\npelle e carne lacerato, in poco spazio di tempo tutto si\ndistrusse, e cenere divenne: e che un altro serpe, chiamato\npraester<\/i> [alcuni dicono aspido sordo<\/i>] punse un altro soldato\ndetto Nassidio, ed in guisa gli fece gonfiare il corpo, che gli\nscoppi\u00f2 la corazza, n\u00e8 gli si trovava membro, o giuntura alcuna,\ntant'era enfiato.  Daniello.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Narra Lucano [Pharsal. <\/i>lib. 9], che passando Catone per la Libia arenosa con l'esercito, un soldato detto Sabello fu punto da un serpe, chiamato seps<\/i>, in una gamba; ed avendogli tal puntura tutta la pelle e carne lacerato, in poco spazio di tempo tutto si distrusse, e cenere divenne: e che un altro serpe, chiamato praester<\/i> [alcuni dicono aspido sordo<\/i>] punse un altro soldato detto Nassidio, ed in guisa gli fece gonfiare il corpo, che gli scoppiò la corazza, nè gli si trovava membro, o giuntura alcuna, tant'era enfiato.  Daniello.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"IX 761-804","NotaFonte":"","TestoFonte":"Iussit signa rapi propere Cato: discere nulli
Permissum est, hoc posse sitim. Sed tristior illa
Mors erat ante oculos: miserique in crure Sabelli
Seps stetit exiguus, quem flexo dente tenacem
Avulsitque manu, piloque adfixit arenis:
Parva modo serpens; sed qua non ulla cruentae
Tantum mortis habet. Nam plagae proxima circum
Fugit rapta cutis, pallentiaque ossa retexit.
Iamque sinu laxo nudum est sine corpore vulnus;
Membra natant sanie: surae fluxere: sine ullo
Tegmine poples erat: femorum quoque musculus omni
Liquitur, et nigra distillant inguina tabe.
Dissiluit stringens uterum membrana, fluuntque
Viscera: nec, quantum toto de corpore debet,
Effluit in terras: saevum sed membra venenum
Decoquit; in minimum mox contrahit omnia virus
Vincula nervorum, et laterum contexta, cavumque
Pectus, et abstrusum fibris vitalibus, omne
Quidquid homo est, aperit pestis. Natura profana
Morte patet: manant humeri fortesque lacerti:
Colla caputque fluunt. Calido non ocius Austro
Nix resoluta cadit, nec solem cera sequetur.
Parva loquor, corpus sanie stillasse perustum:
Hoc et flamma potet. Sed quis rogus abstulit ossa
Haec quoque discedunt, putresque secuta medullas
Nulla manere sinunt rapidi vestigia fati.
Cyniphias inter pestes tibi palma nocendi est;
Eripiunt omnes animam, tu sola cadaver.
Ecce subit fades leto diversa fluenti
Nasidium Marsi cultorem torridus agri
Percussit Prester. Illi rubor igneus ora
Succendit, tenditque cutem, pereunte figura,
Miscens cuncta tumor, toto iam corpore maior:
Humanumque egressa modum, super omnia membra
Efflatur sanies: late pollente veneno,
Ipse latet penitus congesto corpore mersus:
Nec lorica tenet distenti corporis auctum.
Spumeus accenso non sic exundat aheno
Undarum cumulis: nec tantos carbasa Coro
Curvavere sinus. Tumidos iam non capit artus
Informis globus, et confuso pondere truncus.
Intactum, volucrum rostris epulasque daturum
Haud impune feris, non ausi tradere busto,
Nondum stante modo, crescens fugere cadaver.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0917.phi001.perseus-lat1:9.734-9.838","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"94-95","from":24295.0,"to":24297.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, {"Annotazione":"Narra il Villani che\nFarinata disse: «Com'era follia di ci\u00f2 parlare, e che gran danno\ne pericolo ne potea avvenire; e se non fosse altri, che egli\nsolo, mentre che avesse vita in corpo, con la spada in mano la\ndifenderebbe insino alla morte.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Narra il Villani che Farinata disse: «Com'era follia di ciò parlare, e che gran danno e pericolo ne potea avvenire; e se non fosse altri, che egli solo, mentre che avesse vita in corpo, con la spada in mano la difenderebbe insino alla morte.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica VII, 81","NotaFonte":"","TestoFonte":"recando poi con savie parole assempro e comparazioni sopra il grosso proverbio, com’era follia di ciò parlare, e come gran pericolo e danno ne potea avenire; e s’altri ch’egli non fosse, mentre ch’egli avesse vita in corpo, colla spada in mano la difenderebbe.","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"93","from":9295.0,"to":9302.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Narra la sacra\nstoria [Iudic.<\/i> 7], che volendo Gedeone seco contro de'\nMadianiti condurre dieci milla uomini, gli ordin\u00f2 Iddio, che\nscegliesse e soli coloro conducesse, che bevendo al fonte Arad\nnon si fossero inginocchiati per pi\u00f9 agiatamente e largamente\nbere; ma stando in piedi, e con la mano attignendo acqua, bevuto\navessero a poco a poco.  Molli<\/b> adunque al bere<\/b> vale quanto\ntroppo accondiscendenti alla voglia di bere.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Narra la sacra storia [Iudic.<\/i> 7], che volendo Gedeone seco contro de' Madianiti condurre dieci milla uomini, gli ordinò Iddio, che scegliesse e soli coloro conducesse, che bevendo al fonte Arad non si fossero inginocchiati per più agiatamente e largamente bere; ma stando in piedi, e con la mano attignendo acqua, bevuto avessero a poco a poco.<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q81240","LuogoFonte":"VII 2-8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dixitque Dominus ad Gedeon: “ Maior tecum est populus, quam ut tradatur Madian in manus eius, ne glorietur contra me Israel et dicat: “Meis viribus liberatus sum”.
Loquere ad populum et, cunctis audientibus, praedica: “Qui formidolosus et timidus est, revertatur et recedat de monte Gelboe” ”. Et reversa sunt ex populo viginti duo milia virorum; et tantum decem milia remanserunt.
Dixitque Dominus ad Gedeon: “ Adhuc populus multus est; duc eos ad aquas, et ibi probabo illos, et, de quo dixero tibi ut tecum vadat, ipse pergat; quem ire prohibuero, revertatur ”.
Cumque deduxisset populum ad aquas, dixit Dominus ad Gedeon: “ Qui lingua lambuerint aquas, sicut solent canes lambere, separabis eos seorsum; qui autem curvatis genibus biberint, in altera parte erunt ”.
Fuit itaque numerus eorum, qui manu ad os proiciente aquas lambuerant, trecenti viri; omnis autem reliqua multitudo flexo poplite biberat.
Et ait Dominus ad Gedeon: “ In trecentis viris, qui lambuerunt aquas, liberabo vos et tradam Madian in manu tua; omnis autem reliqua multitudo revertatur in locum suum ”.
Sumptis itaque pro numero cibariis et tubis, omnem reliquam multitudinem abire praecepit ad tabernacula sua et ipse trecentos viros tenuit. Castra autem Madian erant subter eum in valle.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_iudicum_lt.html#7","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"124","from":24493.0,"to":24499.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":"libro dei Giudici"}, {"Annotazione":"Narrato avendo il Poeta\nprecedentemente il canto che udiva de' beati in quella splendente\ncroce~, dice ora come que' beati medesimi per ispontanea loro\nbenigna volont\u00e0~, e non per esserne loro fatta preghiera~,\ncessarono dal canto~, per dar adito a lui d'interrogarli.\nCaratterizza nel tempo stesso l'amor che drittamente spira<\/i>, la\nvera carit\u00e0~, dicendo che si liqua<\/i> [antitesi~, credo~, in vece\ndi si lique<\/i>, dal Latino liquet<\/i>, liquere<\/i>], si manifesta\nnella benigna volontade<\/i>, come la cupidit\u00e0<\/i>, la cupidigia~, lo\nsregolato amore~, manifestasi nell'iniquo volere. Siccome poi ha\nprecedentemente paragonato il cantare di que' beati al tintinno<\/i>\ndi molte corde di musicali istrumenti~, un metafora coerente\ndice~, ch'essa benigna volontade Silenzio pose a quella dolce\nlira<\/i>, E fece quietar le sante corde<\/i>, Che la destra del\ncielo<\/i>, la divina destra~, allenta e tira<\/i>, cio\u00e8 con istirarne\nalcune~, ed altre allentarne~, rendele d'accordo. Prende il\nPoeta idea dal modo ch'adopriam noi per ridurre le corde de'\nmusicali istrumenti a perfetta accordatura.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Narrato avendo il Poeta precedentemente il canto che udiva de' beati in quella splendente croce<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XIV 118-123","NotaFonte":"","TestoFonte":"E come giga e arpa, in tempra tesa
di molte corde, fa dolce tintinno
a tal da cui la nota non è intesa,
così da' lumi che lì m'apparinno
s'accogliea per la croce una melode
che mi rapiva, sanza intender l'inno.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=81&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-6","from":14086.0,"to":14124.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Navigando erano\ns\u00ec appresso alla citt\u00e0 posta nel mezzo della palude, che vi si\ncominciava a scorger i maggiori e pi\u00f9 alti edifici. Dove \u00e8 da\nintendere, che il Poeta in questo imita Virgilio, quanto sopporta\nla nostra religione; perciocch\u00e8 Virgilio descrive lo Inferno, e\nne' primi cerchi pone i minori peccati, e quelli co' quali fu\nmista alcuna immagine di virt\u00f9. Dopo descrive i Tartari\ncircondati da Flegetonte, fiume focoso; pone le porte con colonne\ndi diamante; pone le torri di ferro: pone a guardia della porta\nTisifone furia infernale. Similmente Dante ne' superiori cerchi\nha posto i pi\u00f9 leggieri peccati, i quali, perch\u00e8 procedono da\nincontinenza, son segni di qualche commiserazione ec. Landino. \n— la citt\u00e0, ch'ha nome Dite, detta cos\u00ec<\/b> [chiosa il Volpi, e\nistessamente gl'interpreti tutti] da Plutone suo Re, che anche\nDite, cio\u00e8<\/i> ricco, fu chiamato da' Poeti.<\/i> Dante per\u00f2, come gi\u00e0\naltrove [Inf. VI, 115] \u00e8 stato avvisato, appella Dite<\/i><\/b>, ed\nImperador del doloroso regno<\/i><\/b> Lucifero [Inf. XXXIV, 20 e 28];\ne per\u00f2 citt\u00e0 di Dite<\/i> dee a noi suonare lo stesso che citt\u00e0 di\nLuicifero.<\/b> Anzi, e perch\u00e8 dal centro dell'Inferno, ov'\u00e8 fitto\nLucifero, fa Dante giungere fino a questo luogo cotale\ndenominazione, e perch\u00e8 di tutto il seguente infernale tratto,\ndalle vicine mura fino a Lucifero medesimo, ne fa Dante una\nporzione d'Inferno, che appella fondo della trista conca<\/i><\/b> [Inf.\nIX, 16], io m'avvanzo ad asserire, che per citt\u00e0 di Dite<\/i><\/b>\nintenda il Poeta non solamente il vicino luogo de' miscredenti,\nma tutto il suddetto infernale tratto fino a Lucifero; e che\nvoglia, cos\u00ec appellandolo, dinotare racchiusi in esso coloro, che\nper Luciferiana instigazione pi\u00f9 che per umana fragilit\u00e0 hanno\npeccato; al contrario cio\u00e8 de' dannati ne' precedenti cerchi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il Poeta in questo imita Virgilio, quanto sopporta la nostra religione; perciocchè Virgilio descrive lo Inferno, e ne' primi cerchi pone i minori peccati, e quelli co' quali fu mista alcuna immagine di virtù.  Dopo descrive i Tartari circondati da Flegetonte, fiume focoso; pone le porte con colonne  di diamante; pone le torri di ferro: pone a guardia della porta Tisifone furia infernale.  Similmente Dante ne' superiori cerchi ha posto i più leggieri peccati, i quali, perchè procedono da incontinenza, son segni di qualche commiserazione ec.  Landino.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI 268-901","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ibant obscuri sola sub nocte per umbram,
perque domos Ditis vacuas et inania regna:
quale per incertam lunam sub luce maligna
est iter in silvis, ubi caelum condidit umbra
Iuppiter, et rebus nox abstulit atra colorem.
Vestibulum ante ipsum, primisque in faucibus Orci
Luctus et ultrices posuere cubilia Curae;
275pallentesque habitant Morbi, tristisque Senectus,
et Metus, et malesuada Fames, ac turpis Egestas,
terribiles visu formae: Letumque, Labosque;
tum consanguineus Leti Sopor, et mala mentis
Gaudia, mortiferumque adverso in limine Bellum,
ferreique Eumenidum thalami, et Discordia demens,
vipereum crinem vittis innexa cruentis.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:6.268-6.281","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"67-68","from":7213.0,"to":7217.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Ne' plenilunii, la luna a sera\n\u00e8 sull'orizzonte, a mezzanotte nello zenit, il mezzod\u00ec seguente\nal nadir, cio\u00e8 per l'appunto sotto i piedi<\/i> di chi a mezzanotte\nl'ebbe sul capo. Ricordando adunque che la notte innanzi era\nstato plenilunio (C. XX, 127), e tenendo conto del ritardo che la\nluna dopo il suo pieno mette ogni giorno a tornare, si ha ch'era\ncirca un'ora dopo il mezzogiorno d'Italia.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"E già la luna<\/b> ec. Ne' plenilunii, la luna a sera è sull'orizzonte, a mezzanotte nello zenit, il mezzodì seguente al nadir, cioè per l'appunto sotto i piedi<\/i> di chi a mezzanotte l'ebbe sul capo. Ricordando adunque che la notte innanzi era stato plenilunio (C. XX, 127), e tenendo conto del ritardo che la luna dopo il suo pieno mette ogni giorno a tornare, si ha ch'era circa un'ora dopo il mezzogiorno d'Italia.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XX, 127","NotaFonte":"","TestoFonte":"e già iernotte fu la luna tonda","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=20&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"10","from":27831.0,"to":27835.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Negli altri passaggi da un\ngirone all'altro descrive Dante di mano in mano l'appresentarsi\ndell'angelo ad iscancellargli dalla fronte uno de' sette P, che\nportava impressi, ed il canto che udiva farsi in lode della virt\u00f9\ncontraria al vizio recentemente purgato: qu\u00ec, per variare, non fa\naltro che raccontare cotali cose come gi\u00e0 avvenute. E per\u00f2 dice\nche gi\u00e0 cammin facendo eransi allontanati dall'angelo, che aveva\nlui dal viso raso un colpo<\/b> cio\u00e8 una P, ed avevali indirizzati\nal sesto girone: e che gi\u00e0 udita avevano cantarsi la rispettiva\nsolita lode.\n\n\tIn due capi mi sembrano allontanarsi qu\u00ec dal vero le\naltrui chiose. Primieramente nello stabilire quale intendere si\ndebba la intiera scritturale sentenza accennata coll'iniziale\nvoce beati<\/b>; ive il Landino e 'l Vellutello dicono essere quella\ndel salmo Beati quorum remissae sunt iniquitates<\/i> [Psal. 31], ed\nil comento della Nidobeatina e 'l Venturi mostransi indifferenti\na intendere o la medisima del salmo, ovvero quell'altra del\nVangelo Beati qui esuriunt et sitiunt iustitiam<\/i> [Matth.<\/i> 5 v.\n6]. Secondariamente poi nel pensare che si udisse cotale\nsentenza non per altre voci che delle stesse anime purganti nel\nquinto girone il peccato dell'avarizia.\n\n\tFacendo per\u00f2 Dante in ogn'altro passaggio di girone in\ngirone cantarsi una delle otto evangeliche beatitudini [Nel detto\ncapo di s. Matteo], e non dalle purganti anime facendo cotal\nbeatitudine cantarsi, ma dagli angeli [Vedi Purg. XII, 110 e ci\u00f2\nche ivi s'\u00e8 detto], perch\u00e8 anderem noi qu\u00ec cercando altra\nsentenza fuor delle evangeliche beatitudini, ed altre voci fuor\ndelle angeliche? Non \u00e8 egli forse adattabile ai purganti di\navarizia il Beati qui esuriunt et sitiunt iustitiam<\/i>? e forse\nnon possono intendersi angeli quei, ch'hanno a giustizia lor\ndisiro<\/i><\/b>?\n\n\tAlla proibizione che Ges\u00f9 Cristo fa nel Vangelo, del\nsoverchio attaccamento al danaro ed a ci\u00f2 che abbisogna per la\nvita temporale, aggiunge Quaerite ergo primum regnum Dei et\niustitiam eius<\/i><\/b> [Matth.<\/i> 6 v. 33]. Non incongruamente adunque\npot\u00e8 Dante il Beati qui esuriunt, et sitiunt iustitiam<\/i>\napplicare in lode ai purgati dell'avarizia.\n\n\tIntendendosi poi come ben si pu\u00f2 intendere, che avere a\ngiustizia il disiro<\/i>, importi lo stesso che avere il desiderio\nunito al giusto voler di Dio<\/i>, verr\u00e0 ci\u00f2 a coincidere con quello\nappunto che disse Dante dell'angelo tragittante anime dal mondo\nal Purgatorio\n\n Che di giusto voler lo suo si face<\/i>\n [Purg. II, 97. Vedi quella nota]\n\n\tGli angeli adunque, secondo me, come altrove, cos\u00ec a\nquesto passaggio sono i cantori e, dicendo Dante ch'eglino\nintuonassero Beati con sitio<\/b>, vuole dire come se avesse in vece\ndetto che quella beatitudine cantarono<\/i><\/b>, a cui s'accoppia il\nverbo sitio<\/i><\/b>, is<\/i>; che non \u00e8 altra che la predetta Beati qui\nesuriunt et sitiunt iustitiam<\/i>: e finalmente ad indicare, che non\nconoscono gli angeli altra fame e sete che quella della divina\ngiustizia, e che conseguentemente tanto vaglia per essi il\ncantare Beati qui esuriunt et sitiunt<\/i> semplicemente e\nsenz'altro aggiunto, quanto coll'aggiungervi iustitiam<\/i>, dice\nche con sitio<\/b>, cio\u00e8 col sitiunt<\/i><\/b>, finirono il canto,\nsenz'altro aggiungervi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Negli altri passaggi da un girone all'altro descrive Dante di mano in mano l'appresentarsi dell'angelo ad iscancellargli dalla fronte uno de' sette P, che portava impressi, ed il canto che udiva farsi in lode della virtù contraria al vizio recentemente purgato: quì, per variare, non fa altro che raccontare cotali cose come già avvenute.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XII 109-111, 118-126","NotaFonte":"","TestoFonte":"Noi volgendo ivi le nostre persone,
\"Beati pauperes spiritu!\" voci
cantaron sì, che nol diria sermone [...].
Ond'io: \"Maestro, dì, qual cosa greve
levata s'è da me, che nulla quasi
per me fatica, andando, si riceve?\".
Rispuose: \"Quando i P che son rimasi
ancor nel volto tuo presso che stinti,
saranno, com'è l'un, del tutto rasi,
fier li tuoi piè dal buon voler sì vinti,
che non pur non fatica sentiranno,
ma fia diletto loro esser sù pinti\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=46&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-6","from":21575.0,"to":21579.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Nel VI dell'Eneide. — Di Silvio lo\nparente<\/b>, Enea, genitore (lat. parens<\/i>) di Silvio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Nel VI dell'Eneide.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis VI","NotaFonte":"","TestoFonte":"","UrlFonte":"","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"13","from":1083.0,"to":1085.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"Nel ricordarci qu\u00ec 'l Poeta\nquanto disse nel precedente canto [ch'era cio\u00e8 sommamente\ndesideroso di saper la cagione e dell'improviso tremar del monte,\ne dell'universalmente cantato inno angelico; ma che la fretta del\ncamminare impedivalo a dimandare] tocca insieme la natura della\nsete<\/b>, o sia desiderio naturale nostro di sapere; che \u00e8 di non\npotersi perfettamente saziare per altra via, che per la\ncomunicazione dell'infinita sapienza di Dio, ed intendendo, che\ndi cotale comunicazione favellasse Ges\u00f9 Cristo alla Samaritana\ndicendole, qui biberit ex aqua, quam ego dabo ei, non sitiet in\naeternum<\/i> [Ioan.<\/i> 4 v. 13], perci\u00f2 aggiunge, che di cotal acqua\nla femminetta Samaritana dimand\u00f2 la grazia<\/i><\/b>, con quella\npreghiera, Domine, da mihi hanc aquam, ut non sitiam<\/i><\/b> [Ivi]. \nDella particella onde<\/b> al senso della quale<\/i>, vedi Cinonio\n[Partic.<\/i> 192, 7]  — pungeami la fretta<\/i><\/b> [pung\u00e8mi<\/i><\/b> le\nedizioni diverse dalla Nidob.] sollecitavami ad attendere al\ncammino, ed a lasciar ogni dimanda, — per la 'mpacciata via<\/b>,\nimpacciata dalla purgante turba che stava giacendo a terra tutta\nvolta in giuso<\/i> [Cant. XIX v. 72], e talmente occupante quella\nstrada, che conveniva ai poeti camminare stretti alla ripa del\nmonte, Come si va per muro stretto a' merli<\/i> [Canto preced. v.\n6].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Nel ricordarci quì 'l Poeta quanto disse nel precedente canto [ch'era cioè sommamente desideroso di saper la cagione e dell'improviso tremar del monte, e dell'universalmente cantato inno angelico; ma che la fretta del camminare impedivalo a dimandare] ...<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XX 145-151","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nulla ignoranza mai con tanta guerra
mi fé desideroso di sapere,
se la memoria mia in ciò non erra,
quanta pareami allor, pensando, avere;
né per la fretta dimandare er'oso,
né per me lì potea cosa vedere:
così m'andava timido e pensoso.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=54&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-5","from":20586.0,"to":20589.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Nella Cominiana edizione, e\nin tutte le altre seguaci di quella della Crusca veggo il secondo\nverso del presente terzetto Ed io ridendo<\/b> ec. serrato tra i\nsegni di parentesi. Io non credo che al tempo di Dante fossero\ncotai segni in uso: ma, o lo fossero, o no, qu\u00ec certamente ve li\ndovette porre chi malamente intese ci\u00f2 che il Poeta si vuole\ndire; cio\u00e8, che Beatrice provi lui con esperienza ed argomento a\nminori ad maius<\/i>, esser vero quanto nel precedente conta ella\n[Vers. 4 e segg.] e s. Pier Damiano [Vers. 61] gli dissero, che\nnon rise essa ivi, n\u00e8 la celeste sinfonia se gli fece di quel\nluogo sentire, perocch\u00e8 troppo la mortale di lui vista e udito\nsofferto avrebbero: cagione, che ritoccher\u00e0 pure nel seguente\ncanto [Vers. 46. e segg.]]. In conseguenza di cotale chiarissimo\nsenso tolgo eziandio il punto interrogativo malamente nelle\nedizioni medesime segnato nel fine del terzetto. Ecco la\ncostruzione, senza bisogno n\u00e8 di parentesi n\u00e8 di punto\ninterrogativo: Mo, poscia che 'l grido t'ha mosso cotanto,\npensar lo puoi come t'avrebbe trasmutato il canto ed io ridendo<\/i><\/b>,\ned il mio ridere.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
ciò che il Poeta si vuole dire; cioè, che Beatrice provi lui con esperienza ed argomento a minori ad maius<\/i>, esser vero quanto nel precedente conta ella [Vers. 4 e segg.] e s. Pier Damiano [Vers. 61] gli dissero, che non rise essa ivi, nè la celeste sinfonia se gli fece di quel luogo sentire, perocchè troppo la mortale di lui vista e udito sofferto avrebbero: cagione, che ritoccherà pure nel seguente canto [Vers. 46. e segg.]]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXI 4-12","NotaFonte":"","TestoFonte":"E quella non ridea; ma \"S'io ridessi\",
mi cominciò, \"tu ti faresti quale
fu Semelè quando di cener fessi:
ché la bellezza mia, che per le scale
de l'etterno palazzo più s'accende,
com'hai veduto, quanto più si sale,
se non si temperasse, tanto splende,
che 'l tuo mortal podere, al suo fulgore,
sarebbe fronda che trono scoscende.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=88&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"10-12","from":21301.0,"to":21304.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Nello stretto di Sicilia le\nonde che vengono dall'Ionio e quelle che dal Tirreno, spinte da\nopposti venti, si scontrano e si spezzano. Riddi<\/b>, giri a\ntondo, come nel ballo detto la ridda. Troppa<\/b>, numerosa:\nperch\u00e8 l'avarizia «pi\u00f9 che tutte l'altre bestie ha preda»\n(Purg., XX, 11). Anche Virgilio, parlando delle Ombre degli\navari: «Maxima turba est.» — Avari e prodighi. Pone qui\ninsieme, come anche nel Purg., avarizia e prodigalit\u00e0, perch\u00e8\neccessi egualmente distanti dalla giusta misura dello spendere,\nsiccom'egli stesso accenna pi\u00f9 sotto: «Che con misura nullo\nspendio ferci.» Oltracci\u00f2, questi due vizi sono spesso\ncorrelativi. Sallustio: «Largitio, avaritia vigebant. Alieni\nappetens, sui profusus.... Sua parvi pendere, aliena cupere.» —\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Troppa<\/b>, numerosa: perchè l'avarizia «più che tutte l'altre bestie ha preda» (Purg., XX, 11)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XX, 11","NotaFonte":"","TestoFonte":"che più che tutte l'altre bestie hai preda","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=54","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"22-25","from":5946.0,"to":5950.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Nino della casa de' Visconti di\nPisa, giudice del giudicato di Gallura in Sardegna, capo di parte\nGuelfa, nipote del conte Ugolino della Gerardesca.  Vedi il\nVillani nel lib. 7 cap. 120.  Venturi  — quanto mi piacque<\/b>,\nquanto mi consolai.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Nino della casa de' Visconti di Pisa, giudice del giudicato di Gallura in Sardegna, capo di parte Guelfa, nipote del conte Ugolino della Gerardesca.  Vedi il Villani nel lib. 7 cap. 120.  Venturi<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VIII 121","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 269 (VII 120)","TestoFonte":"il detto conte Ugolino per essere signore s'accostò coll'arcivescovo e sua parte, e tradì il giudice Nino, non guardando che fosse suo nipote figliuolo della figliuola,","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"53","from":7415.0,"to":7417.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Nomina particolarmente\nl'invidia, perch\u00e8 principal cagione della discordia<\/i> e delle\nparti<\/i> di Firenze, come d'ogni altra citt\u00e0 che reggasi a\npopolo.  Gio. Villani, VIII. 38: «Per le invidie si\ncominciarono tra' cittadini le s\u00e8tte.»  Il Poeta infatti,\nrispondendo a tale intendimento di Ciacco, poco appresso lo\ninterroga appunto circa la discordia (v. 63) e le parti di\nFirenze (v. 61).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Nomina particolarmente l'invidia, perchè principal cagione della discordia<\/i> e delle parti<\/i> di Firenze, come d'ogni altra città che reggasi a popolo.  Gio. Villani, VIII. 38: «Per le invidie si cominciarono tra' cittadini le sètte.» <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica IX, 39","NotaFonte":"","TestoFonte":"Avenne che per le 'nvidie si cominciarono tra' cittadini le sette","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"49-50","from":5325.0,"to":5328.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Non\ntrovo tra gli espositori~, quantunque tra loro varii~, chiosa a\nquesto passo che mi soddisfaccia.  Ecco com' io diversamente da\ntutti l'intendo.  Essendo l' anime forme~, non della materia\nprima~, ma de' cor pi organici~, perci\u00f2~, siccome le forme\ninformanti la materia prima si tirano<\/i>, si ricavano~, dalla di\nlei potenza [educuntur<\/i>, cos\u00ec gli Scolastici~, ab agente de\npotentia materiae<\/i>~], istessamente l'anime de' bruti e delle\npiante debbono trarsi da un corpo~, non qualunque~, ma la di cui\ncomplessione<\/i>, temperatura~, struttura~, ritrovisi potenziata<\/i>,\ndotata di potenza~, di abilit\u00e0 [come autorizzato<\/i> dicesi chi\nd'autorit\u00e0 \u00e8 fornito] a potersi per le agenti stelle esse anime\ntirare<\/i>, trarre — luci sante<\/i> appella le stelle~, perocch\u00e8\nadornanti 'l Paradiso.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Essendo l' anime forme, non della materia prima, ma de' cor pi organici, perciò, siccome le forme informanti la materia prima si tirano<\/i>, si ricavano, dalla di lei potenza [educuntur<\/i>, così gli Scolastici, ab agente de potentia materiae<\/i>], istessamente l'anime de' bruti e delle piante debbono trarsi da un corpo<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/quaestiones-disputatae-de-potentia","LuogoFonte":"Q. V a. 3 co.","NotaFonte":"","TestoFonte":"In illis etiam rebus in quibus est possibilitas ad non esse, materia permanet; formae vero sicut ex potentia materiae educuntur in actum in rerum generatione, ita in corruptione de actu reducuntur in hoc quod sint in potentia.","UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/qdp5.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"139-141","from":6894.0,"to":6916.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Non accenna al fatto<\/i> dello\nsmarrimento, ma al momento<\/i> dell'accorgersi di esso; cio\u00e8\nriconobbi, m'avvidi<\/i> che io era in una selva, riscotendomi dal\nsonno<\/i>, ond'era pieno in su quel punto, che abbandonai la via\ndel bene e della giustizia (vv. 11-12).  — Selva oscura<\/b>\n(selva fonda<\/i><\/b>, Inf.<\/i>, XX, 129, perch\u00e8 profonda la valle); \u00e8\nquesta la selva<\/i><\/b> o la valle<\/i><\/b> nella quale si smarr\u00ec innanzi che\nfosse piena la sua et\u00e0<\/i> (Inf.<\/i>, XV, 50-51).  Conv.<\/i>, IV, 24:\n<La selva erronea di questa vita.<\/i>>  Questa selva<\/b>, \nallegoricamente, altro non \u00e8 che la vita viziosa, alla quale\nDante lasciossi andare, appena morta Beatrice, rimanendo in essa\nsino a' trentacinq'anni, cio\u00e8 pel corso di dieci anni (cf.\nPurg.<\/i><\/b>, XXXII, 2).  S. Leone Magno, di Roma nella venuta di S.\nPietro: Silvam istam frementium bestiarum, et turbulentissimoe\nprofunditatis oceanum.<\/i>.. ingrederis.<\/i>  Della selva selvaggia<\/i>\n{v.5} veggasi il mio Dizionario Dantesco<\/i> vol. VIII, \nAppendice<\/i>, II, pagg. 33-65; e cos\u00ec alla stessa opera, \nAppendice<\/i>, XVII, Parte seconda<\/i>, il giovane studioso potr\u00e0\nfare ricorso per tutto ci\u00f2 che risguarda la Commedia<\/i> e per la\nmateria, onde si compone, e per le ragioni filosofiche e morali, \nche la governano.  Del fatto dello smarrimento e della sua\nqualit\u00e0 ne rende testimonianza Dante stesso nelle addolorate\nparole, che rivolge all'amico Forese (Purg.<\/i>, XXIII, 115-126);\nal che mettono suggello i rimproveri, che gli muove Beatrice\n(Purg.<\/i>, XXX, 109-138): dove \u00e8 notabile il s\u00ec tosto<\/i> del v.\n124, confermato dal contrito Poeta al v. 36 del Canto seguente. \n— Oscura.<\/i><\/b>  Si dee intendere fitta di piante<\/i><\/b>, che impedivano\ni raggi della Luna (cf. Purg.<\/i>, XXVIII, 33), che appunto in\nquella notte era nel suo pieno: cf. Inf.<\/i>, XX, 128-129.  Appena\nsi trov\u00f2<\/i>, nasce nella sua anima questo sgomento vivo e\nprofondo, s\u00ec che niente gli par tanto orribile quanto quella\nselva<\/i> (vv. 4-7).  E notate che nella selva vi stette parecchi\nanni; per\u00f2, durandogli il sonno<\/i>, non s'accorse prima di quel\nmisero stato; solo adesso si trova<\/i>, e trovandosi se ne\nsgomenta: \u00e8 paura, \u00e8 dolore, \u00e8 vergogna e raccapriccio.  Il\npensiero \u00e8 vero, e perch\u00e8 vero, ognuno lo intende.  Quand'uno \u00e8\navviluppato da certe passioni, le vede ad un modo; ma s'arriva a\nscuotersi, a liberarsene, esse mutano aspetto, e l'uomo si\nchiede: «Ma dove ero io? dove avevo la testa?»; domande che\nesprimono maraviglia, e sono condanna; ma maraviglia e condanna\nche son ravvedimento.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Selva oscura <\/b>(selva fonda<\/i>, Inf.<\/i>, XX, 129, perchè profonda la valle)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XX, 129","NotaFonte":"","TestoFonte":"alcuna volta per la selva fonda","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=20","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"2","from":7.0,"to":9.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Non aveva\nDante compito il nono anno dell'et\u00e0 sua quando prese amore a\nBeatrice, pure ragazzina di otto in nove anni [Vedi Dante stesso\nnel principio della Vita nuova<\/i>].  Fosse<\/b> per fossi<\/i><\/b> detto\nanche fuor di rima vedi Purg. XV, 59.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Non aveva Dante compito il nono anno dell'età sua quando prese amore a Beatrice, pure ragazzina di otto in nove anni [Vedi Dante stesso nel principio della Vita nuova<\/i>]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18084","LuogoFonte":"II 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"quasi dal principio del suo anno nono apparve a me, e io la vidi quasi dalla fine del mio nono.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Vita_Nova&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"42","from":30178.0,"to":30185.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Vita Nuova"},
{"Annotazione":"Non gi\u00e0 che non cessi mai di\nsoffiare, perch\u00e8 tosto dir\u00e0: «Mentre che 'l vento, come fa, si\ntace:> ma perch\u00e8 sebbene abbia di tanto in tanto qualche pausa,\npure non ha n\u00e8 avr\u00e0 mai fine.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Non già che non cessi mai di soffiare, perchè tosto dirà: «Mentre che 'l vento, come fa, si tace:» ma perchè sebbene abbia di tanto in tanto qualche pausa, pure non ha nè avrà mai fine.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V, 96","NotaFonte":"","TestoFonte":"mentre che 'l vento, come fa, ci tace","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31","from":4210.0,"to":4214.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Non istar\u00e0 per sempre\nsenza erede dell'antico imperiale valore l'aguglia<\/b>, l'imperiale\naquila, l'imperiale dignit\u00e0, che lasci\u00f2 le penne al carro;\nperch\u00e8<\/b>, cagione per cui, divenne<\/b>, esso carro, mostro, e\nposcia preda<\/b> [Vedi 'l canto prec. v. 125 e segg. e quelle note].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
divenne<\/b>, esso carro, mostro, e poscia preda<\/b> [Vedi 'l canto prec. v. 125 e segg. e quelle note].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXII 125-129","NotaFonte":"","TestoFonte":"l'aguglia vidi scender giù ne l'arca
del carro e lasciar lei di sé pennuta;
e qual esce di cuor che si rammarca,
tal voce uscì del cielo e cotal disse:
\"O navicella mia, com'mal se' carca!\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=66&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"37-39","from":33298.0,"to":33302.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Non l'ha in s\u00e9 e non la fa avere\naltrui la pace, senza la quale non si giunge al fine ultimo di\nquesta vita, quod est pax universalis<\/i> (Mon.<\/i>, I, iv, 6).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Non l'ha in sé e non la fa avere\r\naltrui la pace, senza la quale non si giunge al fine ultimo di\r\nquesta vita, quod est pax universalis<\/i> (Mon.<\/i>, I, iv, 6).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q134221","LuogoFonte":"I, iv, 2-5","NotaFonte":"Pi\u00f9 ancora che il passaggio citato nel commento, \u00e8 Monarchia I, iv, 2 a chiarire come la pace dell'individuo umano sia la condizione necessaria per il conseguimento della pax universalis.","TestoFonte":"[2]<\/strong> Et quia quemadmodum est in parte sic est in toto, et in homine particulari contingit quod sedendo et quiescendo prudentia et sapientia ipse perficitur, patet quod genus humanum in quiete sive tranquillitate pacis ad proprium suum opus, quod fere divinum est iuxta illud \"Minuisti eum paulominus ab angelis\", liberrime atque facillime se habet. Unde manifestum est quod pax universalis est optimum eorum que ad nostram beatitudinem ordinantur. [...] [5]<\/strong> Ex hiis ergo que declarata sunt patet per quod melius, ymo per quod optime genus humanum pertingit ad opus proprium; et per consequens visum est propinquissimum medium per quod itur in illud ad quod, velut in ultimum finem, omnia nostra opera ordinantur, quia est pax universalis, que pro principio rationum subsequentium supponatur.","UrlFonte":"http:\/\/www.danteonline.it\/italiano\/opere.asp?idope=4&idlang=OR","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"58-59","from":430.0,"to":432.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Monarchia"},
{"Annotazione":"Non solamente per\nloro [chiosa il Venturi~], ma per i loro genitori e amici~, che\namarono prima di salire in cielo tra quel celeste eterno\nsplendore~, in cui fiammeggiano~; perch\u00e8 allora finir\u00e0 il\nPurgatorio~, dove molte di quelle anime fin'allora si troveranno\na purgarsi.  Alcuni comentatori [siegue il medesimo~], temendo\nvanamente di contraddir qu\u00ec a ci\u00f2 che altrove ha detto Piccarda\n[Par. III.  70.  e segg.~], che ciascuno era contento della\nbeatitudine~, che avetanto per loro~; ma Piccarda dice che non la\ndesiderano maggiore del loro merito~; e questa de' corpi non \u00e8\ntale~, bramando riunirli a loro.\n\n\tAccordando io per\u00f2 al Venturi che non contraddica al\ndetto di Piccarda il bramar le beate anime i propri corpi~,\nvorrei che 'l desiderio loro~, rapporto~, alle mamme<\/i>, padri\nec.<\/i>  non si restringesse ai soli esistenti in Purgatorio~, ma si\nestendesse eziandio ai di gi\u00e0 beati in Paradiso~: niente\nincongruo sembrandomi che~, come per se medesime bramando le\nbeate anime l'unione de' corpi~, bramar anche la possano per le\naltre parimenti beate.\n\n\tMamme.<\/i>  Congiungendo mamme<\/i> con padri<\/i> e non con\nbabbi<\/i>, segno \u00e8 che non vuole Dante qu\u00ec cotal voce per\nfanciullesca~; imperrocch\u00e8 i fanciulli che dicono mamma<\/i> alla\nmadre<\/i>, dicon babbo<\/i> al padre.  In Milano~, se non anche\naltrove~, volgarmente anche i pi\u00f9 adulti appellano mamma<\/i> la\nmadre~; e prendersi dal poeta nostro~, massime in rima~, voci non\nsolo fuor di Toscana~, ma fuori anche d'Italia~, s' \u00e8 detto\naltrove pi\u00f9 fiate.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Alcuni comentatori [siegue il medesimo], temendo vanamente di contraddir quì a ciò che altrove ha detto Piccarda [Par. III.  70.  e segg.], che ciascuno era contento della beatitudine, che avetanto per loro; ma Piccarda dice che non la  desiderano maggiore del loro merito; e questa de' corpi non è tale, bramando riunirli a loro.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"III 70-78","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Frate, la nostra volontà quïeta
virtù di carità, che fa volerne
sol quel ch'avemo, e d'altro non ci asseta.
Se disïassimo esser più superne,
foran discordi li nostri disiri
dal voler di colui che qui ne cerne;
che vedrai non capere in questi giri,
s'essere in carità è qui necesse,
e se la sua natura ben rimiri.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=70&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64-66","from":13544.0,"to":13568.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Non vuole dire di pi\u00f9\nche nel vers. 9 del canto XXXIII di questa cantica Parlare e\nlagrimar vedrai insieme<\/i> — far\u00f2<\/i> in vece di dir\u00f2<\/b> hanno\nl'ediz. diverse dalla Nidob.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Non vuole dire di più che nel vers. 9 del canto XXXIII di questa cantica Parlare e lagrimar vedrai insieme<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIII 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"parlare e lagrimar vedrai insieme","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=33&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"126","from":4859.0,"to":4863.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Nuovo polverio per lo scalpitare di\naltre anime, spiegano tutti: ma «Cos\u00ec non soglion fare i pi\u00e8\ndei morti,» ci fa notare lo stesso Dante, c. XII, 82.  Intendasi\ndunque che in quella mezza oscurit\u00e0 ser Brunetto, discernendo di\nlontano l'apparir di una nuova comitiva di spiriti, la paragoni\nad un fumo che sorga dal sabbione.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Nuovo polverio per lo scalpitare di altre anime, spiegano tutti: ma «Così non soglion fare i piè dei morti,» ci fa notare lo stesso Dante, c. XII, 82.  Intendasi dunque che in quella mezza oscurità ser Brunetto, discernendo di lontano l'apparir di una nuova comitiva di spiriti, la paragoni ad un fumo che sorga dal sabbione.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII, 82","NotaFonte":"","TestoFonte":"Così non soglion far li piè d'i morti","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=12","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"117","from":14423.0,"to":14425.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"N\u00e8 il Volpi ne 'l Venturi\nchiosano che si voglia dire questo venire gli angeli dal grembo\ndi Maria.<\/i>  Il Daniello con altri antichi espositori dice valere\nlo stesso che da Cristo, il quale fu portato nel grembo e ventre\ndi Maria Vergine.<\/i>  Sostituzione cotale sembrami troppo dura. \nFigurando Dante [ecco come piuttosto io direi] la magion de'\nbeati in Paradiso a modo di candida rosa<\/i> [Parad. XXXI, 1], le\nfoglie della quale sieno le sedie de' beati, in guisa disposte,\nche dal mezzo verso la circonferenza della rosa vadino d'ordine\nin ordine rialzandosi quasi da valle andando a monte<\/i> [Ivi v.\n121], e facendovi in una delle pi\u00f9 alte sedie posta alla\ncirconferenza assisa Maria Vergine, e festeggiata dagli angeli;\nperch\u00e8 non intenderemo che come grembo<\/b> appella il Poeta la\ncavit\u00e0, dove siedono quest'anime [Cant. preced. v. 68], cos\u00ec\ngrembo di Maria<\/b> appelli la cavit\u00e0 stessa della celeste rosa a\ncui Maria presiede, e per cui quasi in grembo tiensi tutte\nl'anime de' beati?\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Figurando Dante [ecco come piuttosto io direi] la magion de' beati in Paradiso a modo di candida rosa<\/i> [Parad. XXXI, 1], le foglie della quale sieno le sedie de' beati, in guisa disposte, che dal mezzo verso la circonferenza della rosa vadino d'ordine in ordine rialzandosi quasi da valle andando a monte<\/i> [Ivi v. 121], e facendovi in una delle più alte sedie posta alla circonferenza assisa Maria Vergine, e festeggiata dagli angeli; perchè non intenderemo che come grembo<\/b> appella il Poeta la cavità, dove siedono quest'anime [Cant. preced. v. 68], così grembo di Maria<\/b> appelli la cavità stessa della celeste rosa a cui Maria presiede, e per cui quasi in grembo tiensi tutte l'anime de' beati?\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXXI 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"In forma dunque di candida rosa","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=98&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"37","from":7300.0,"to":7304.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"O dalla bocca sua propria, o per\nmezzo di lei da altri, come per esempio da Cacciaguida (Par.,\nXVII).  — Di tua vita<\/b> ec., il tenore della restante tua\nvita.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
O dalla bocca sua propria, o per mezzo di lei da altri, come per esempio da Cacciaguida (Par., XVII).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XVII 1-142","NotaFonte":"","TestoFonte":"Qual venne a Climené, per accertarsi
di ciò ch'avëa incontro a sé udito,
quei ch'ancor fa li padri ai figli scarsi;
tal era io, e tal era sentito
e da Beatrice e da la santa lampa
che pria per me avea mutato sito.
Per che mia donna \"Manda fuor la vampa
del tuo disio\", mi disse, \"sì ch'ella esca
segnata bene de la interna stampa:
non perché nostra conoscenza cresca
per tuo parlare, ma perché t'ausi
a dir la sete, sì che l'uom ti mesca\".
\"O cara piota mia che sì t'insusi
che, come veggion le terrene menti
non capere in trïangol due ottusi,
così vedi le cose contingenti
anzi che sieno in sé, mirando il punto
a cui tutti li tempi son presenti;
mentre ch'io era a Virgilio congiunto
su per lo monte che l'anime cura
e discendendo nel mondo defunto,
dette mi fuor di mia vita futura
parole gravi, avvegna ch'io mi senta
ben tetragono ai colpi di ventura;
per che la voglia mia saria contenta
d'intender qual fortuna mi s'appressa:
ché saetta previsa vien più lenta\".
Così diss'io a quella luce stessa
che pria m'avea parlato; e come volle
Beatrice, fu la mia voglia confessa.
Né per ambage, in che la gente folle
già s'inviscava pria che fosse anciso
l'Agnel di Dio che le peccata tolle,
ma per chiare parole e con preciso
latin rispuose quello amor paterno,
chiuso e parvente del suo proprio riso:
\"La contingenza, che fuor del quaderno
de la vostra matera non si stende,
tutta è dipinta nel cospetto etterno;
necessità però quindi non prende
se non come dal viso in che si specchia
nave che per torrente giù discende.
Da indi, sì come viene ad orecchia
dolce armonia da organo, mi viene
a vista il tempo che ti s'apparecchia.
Qual si partio Ipolito d'Atene
per la spietata e perfida noverca,
tal di Fiorenza partir ti convene.
Questo si vuole e questo già si cerca,
e tosto verrà fatto a chi ciò pensa
là dove Cristo tutto dì si merca.
La colpa seguirà la parte offensa
in grido, come suol; ma la vendetta
fia testimonio al ver che la dispensa.
Tu lascerai ogne cosa diletta
più caramente; e questo è quello strale
che l'arco de lo essilio pria saetta.
Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e 'l salir per l'altrui scale.
E quel che più ti graverà le spalle,
sarà la compagnia malvagia e scempia
con la qual tu cadrai in questa valle;
che tutta ingrata, tutta matta ed empia
si farà contr'a te; ma, poco appresso,
ella, non tu, n'avrà rossa la tempia.
Di sua bestialitate il suo processo
farà la prova; sì ch'a te fia bello
averti fatta parte per te stesso.
Lo primo tuo refugio e 'l primo ostello
sarà la cortesia del gran Lombardo
che 'n su la scala porta il santo uccello;
ch'in te avrà sì benigno riguardo,
che del fare e del chieder, tra voi due,
fia primo quel che tra li altri è più tardo.
Con lui vedrai colui che 'mpresso fue,
nascendo, sì da questa stella forte,
che notabili fier l'opere sue.
Non se ne son le genti ancora accorte
per la novella età, ché pur nove anni
son queste rote intorno di lui torte;
ma pria che 'l Guasco l'alto Arrigo inganni,
parran faville de la sua virtute
in non curar d'argento né d'affanni.
Le sue magnificenze conosciute
saranno ancora, sì che ' suoi nemici
non ne potran tener le lingue mute.
A lui t'aspetta e a' suoi benefici;
per lui fia trasmutata molta gente,
cambiando condizion ricchi e mendici;
e portera'ne scritto ne la mente
di lui, e nol dirai\"; e disse cose
incredibili a quei che fier presente.
Poi giunse: \"Figlio, queste son le chiose
di quel che ti fu detto; ecco le 'nsidie
che dietro a pochi giri son nascose.
Non vo' però ch'a' tuoi vicini invidie,
poscia che s'infutura la tua vita
vie più là che 'l punir di lor perfidie\".
Poi che, tacendo, si mostrò spedita
l'anima santa di metter la trama
in quella tela ch'io le porsi ordita,
io cominciai, come colui che brama,
dubitando, consiglio da persona
che vede e vuol dirittamente e ama:
\"Ben veggio, padre mio, sì come sprona
lo tempo verso me, per colpo darmi
tal, ch'è più grave a chi più s'abbandona;
per che di provedenza è buon ch'io m'armi,
sì che, se loco m'è tolto più caro,
io non perdessi li altri per miei carmi.
Giù per lo mondo sanza fine amaro,
e per lo monte del cui bel cacume
li occhi de la mia donna mi levaro,
e poscia per lo ciel, di lume in lume,
ho io appreso quel che s'io ridico,
a molti fia sapor di forte agrume;
e s'io al vero son timido amico,
temo di perder viver tra coloro
che questo tempo chiameranno antico\".
La luce in che rideva il mio tesoro
ch'io trovai lì, si fé prima corusca,
quale a raggio di sole specchio d'oro;
indi rispuose: \"Coscïenza fusca
o de la propria o de l'altrui vergogna
pur sentirà la tua parola brusca.
Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,
tutta tua visïon fa manifesta;
e lascia pur grattar dov'è la rogna.
Ché se la voce tua sarà molesta
nel primo gusto, vital nodrimento
lascerà poi, quando sarà digesta.
Questo tuo grido farà come vento,
che le più alte cime più percuote;
e ciò non fa d'onor poco argomento.
Però ti son mostrate in queste rote,
nel monte e ne la valle dolorosa
pur l'anime che son di fama note,
che l'animo di quel ch'ode, non posa
né ferma fede per essempro ch'aia
la sua radice incognita e ascosa,
né per altro argomento che non paia\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=84","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"132","from":9572.0,"to":9575.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"O vuolsi qu\u00ec intendere\nadoprato latino<\/b> ad ugual senso che nel fine del canto XII di\nquesta cantica, in que' due versi\n\n Mi mosse la infiammata cortesia<\/i>\n Di Fra Tommaso, e 'l discreto latino<\/i>\n\ncio\u00e8 quale specie di favellare pe 'l favellare in genere, e\npreciso latin<\/i><\/b> varr\u00e0 quanto breve favellare<\/i><\/b>: o si vuole col\nVolpi e con altri detto latino<\/b> propriamente, per quelle parole\ndi Cacciaguida O sanguis meus<\/i> ec. [Paradiso XV, 28 e seg.], e\nvarr\u00e0 preciso Latino stile<\/i> — quell'amor paterno<\/i><\/b>, per\nquell'amoroso progenitore<\/i><\/b>, Cacciaguida — Chiuso e parvente\ndel suo propio riso<\/b>, ricoperto col lume che la propria\nallegrezza intorno spande, e non per altro mezzo appariscente,\nche pe 'l lume stesso. Della particella del<\/b> al senso di con<\/i>\ne di per<\/i> vedi Cinonio [Partic.<\/i> 81, 11 e 13].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
O vuolsi quì intendere adoprato latino<\/b> ad ugual senso che nel fine del canto XII di questa cantica, in que' due versi\r\n     Mi mosse la infiammata cortesia<\/i>\r\n     Di Fra Tommaso, e 'l discreto latino<\/i>\r\ncioè quale specie di favellare pe 'l favellare in genere, e preciso latin<\/b> varrà quanto breve favellare<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XII 143-144","NotaFonte":"","TestoFonte":"mi mosse l'infiammata cortesia
di fra Tommaso e 'l discreto latino;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=79&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"34-36","from":16431.0,"to":16434.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Ov., Met.<\/i> IV 586: «nec verba\nvolenti Sufficiunt, quotiesque aliquos parat edere questus\nSibilat: hanc illi vocem natura reliquit».\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","FrammentoNota":"
Ov., Met.<\/i> IV 586: «nec verba volenti Sufficiunt, quotiesque aliquos parat edere questus Sibilat: hanc illi vocem natura reliquit».<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"IV, 587-589","NotaFonte":"","TestoFonte":"nec verba volenti
sufficiunt, quotiensque aliquos parat edere questus,
sibilat: hanc illi vocem natura reliquit.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D4%3Acard%3D563","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"137","from":24618.0,"to":24619.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Ovidio, Met.<\/i> IV 563-604,\ndescrive la trasformazione di Cadmo, il mitico fondatore di Tebe,\nin un serpente, con certi particolari, dei quali si valse Dante\n(cfr. vv. 134, 137); e lo stesso poeta, Met.<\/i> V 572-671,\nracconta come Aretusa, una delle Nereidi seguaci di Diana,\ninseguita da Alfeo, fosse dalla dea convertita in una fontana.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","FrammentoNota":"
Ovidio, Met.<\/i> IV 563-604, descrive la trasformazione di Cadmo, il mitico fondatore di Tebe, in un serpente, con certi particolari, dei quali si valse Dante (cfr. vv. 134, 137).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"IV, 563-603","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nescit Agenorides natam parvumque nepotem
aequoris esse deos: luctu serieque malorum
victus et ostentis, quae plurima viderat, exit
conditor urbe sua, tamquam fortuna locorum,
non sua se premeret; longisque erroribus actus
contigit Illyricos profuga cum coniuge fines.
Iamque malis annisque graves, dum prima retractant
fata domus releguntque suos sermone labores,
“num sacer ille mea traiectus cuspide serpens”
Cadmus ait “fuerat, tum, cum Sidone profectus
vipereos sparsi per humum, nova semina, dentes?
Quem si cura deum tam certa vindicat ira,
ipse precor serpens in longam porrigar alvum.”
Dixit, et ut serpens in longam tenditur alvum
durataeque cuti squamas increscere sentit
nigraque caeruleis variari corpora guttis.
In pectusque cadit pronus. Commissaque in unum
paulatim tereti tenuantur acumine crura.
Bracchia iam restant: quae restant bracchia tendit
et lacrimis per adhuc humana fluentibus ora
“accede, o coniunx, accede, miserrima,” dixit
“dumque aliquid superest de me, me tange manumque
accipe, dum manus est, dum non totum occupat anguis!”
Ille quidem vult plura loqui, sed lingua repente
in partes est fissa duas: nec verba volenti
sufficiunt, quotiensque aliquos parat edere questus,
sibilat: hanc illi vocem natura reliquit.
Nuda manu feriens exclamat pectora coniunx
“Cadme, mane, teque, infelix, his exue monstris!
Cadme, quid hoc? ubi pes, ubi sunt umerique manusque
et color et facies et, dum loquor, omnia? cur non
me quoque, caelestes, in eandem vertitis anguem?”
Dixerat: ille suae lambebat coniugis ora
inque sinus caros, veluti cognosceret, ibat
et dabat amplexus adsuetaque colla petebat.
Quisquis adest (aderant comites), terretur: at illa
lubrica permulcet cristati colla draconis.
Et subito duo sunt iunctoque volumine serpunt,
donec in adpositi nemoris subiere latebras.
Nunc quoque nec fugiunt hominem nec vulnere laedunt
quidque prius fuerint, placidi meminere dracones.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D4%3Acard%3D563","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"97","from":24317.0,"to":24320.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Ovidio, Ver erat\naeternum, placidique tepentibus auris Mulcebant zephiri natos\nsine semine flores<\/i>: e poco pi\u00f9 sotto, Flumina iam lactis, iam\nflumina nectaris ibant.<\/i> Daniello. Matelda dunque dai lodati in\nquel luogo perpetui fiori e frutti passando a lodare l'acqua del\nrivo che scorreva di mezzo tra essa e Dante, nettare<\/b>, dice, \u00e8\nquesto, di che ciascun<\/b> ec.: quest'acqua cio\u00e8 \u00e8 quel liquore\ntanto appo tutti rinomato, e creduto bevanda degli Dei.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ovidio, Ver erat aeternum, placidique tepentibus auris Mulcebant zephiri natos sine semine flores<\/i>: e poco più sotto, Flumina iam lactis, iam flumina nectaris ibant.<\/i>  Daniello.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"I 107-108, 111","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ver erat aeternum, placidique tepentibus auris
mulcebant zephyri natos sine semine flores [...].
flumina iam lactis, iam flumina nectaris ibant,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:1.89-1.162","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"143-144","from":28788.0,"to":28801.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Parafrasi della orazione\ndominicale Pater noster qui es in caelis<\/i> ec.: orazione\nveramente confacevole alle anime purganti la superbia; imperocch\u00e8\nsi chiede in essa che il nome d'Iddio, e non il nostro, abbia\nlode, e che la divina volont\u00e0 si faccia, e non la nostra — ne'\ncieli stai<\/b>, hai ne' cieli tua regia, — non circonscritto<\/b>, non\nperch\u00e8 dai cieli sii tu rinchiuso, che caeli caelorum te capere\nnon possunt<\/i><\/b> [Parole di Salomone a Dio nel 3 libro dei Re cap.\n8], — ma per pi\u00f9 amore, ch'ai primi effetti<\/i> ec. ma per\ncompiacersi tua libera volont\u00e0 maggiormente ne' primi effetti\ndella onnipotente tua destra, che furono i cieli medesimi e gli\nangeli [Vedi i comentatori della sacra Genesi al cap. 1].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Parafrasi della orazione dominicale Pater noster qui es in caelis<\/i> ec<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"VI 9-13","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sic ergo vos orabitis:
Pater noster, qui es in caelis,
sanctificetur nomen tuum,
adveniat regnum tuum,
fiat voluntas tua,
sicut in caelo, et in terra.
Panem nostrum supersubstantialem da nobis hodie;
et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;
et ne inducas nos in tentationem,
sed libera nos a Malo.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#6","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1-3","from":10110.0,"to":10113.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"}, {"Annotazione":"Paragona Clemente V, perocch\u00e8\neletto Pontefice pe 'l preteso favore di Filippo il Bello Re di\nFrancia, al perfido Iasone per favore d'Antiocho fatto sommo\nsacerdote — si legge ne' Maccabei<\/b>, cio\u00e8 nel libro scritturale\nappellato de' Maccabei<\/i> lib. 2 c. 4 Confictas<\/i> [difende\nClemente V Natale Alessandro] in eius odium calumnias, ob sedis\nin Galliam translationem, et ordinis Templariorum extinctionem,\nItali scriptores vulgarunt<\/i> [Saecul.<\/i> XIV cap. 2 art. 2]. —\nmolle<\/i><\/b> per arrendevole a' prieghi<\/i><\/b>, per favorevole.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
si legge ne' Maccabei<\/b>, cioè nel libro scritturale appellato de' Maccabei<\/i> lib. 2 c. 4<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/liber-secundus-maccabaeorum","LuogoFonte":"IV 7-26","NotaFonte":"Il rimando a Macc. II 4 riguarda la Vulgata Clementina.","TestoFonte":"7 Sed post Seleuci vitae excessum, cum suscepisset regnum Antiochus, qui Epiphanes appellabatur, ambiebat Iason frater Oniae summum sacerdotium,
8 promittens regi per interpellationem argenti talenta trecenta sexaginta et ex reditu quodam alio talenta octoginta;
9 super haec autem promittebat et alia centum quinquaginta se perscripturum, si concederetur per potestatem eius gymnasium et ephebiam sibi constituere et eos, qui in Hierosolymis erant, Antiochenos scribere.
10 Quod cum rex annuisset, et obtinuisset principatum, statim ad Graecam consuetudinem contribules suos transferre coepit.
11 Et, amotis his, quae humanitatis causa Iudaeis a regibus fuerant constituta per Ioannem patrem Eupolemi, qui apud Romanos de amicitia et societate functus est legatione, et legitima civium iura destituens, pravos mores innovabat.
12 Prompte enim sub ipsa arce gymnasium constituit et optimos quosque epheborum subigens sub petasum ducebat.
13 Erat autem sic culmen quoddam Graecae conversationis et profectus alienigenarum moris, propter impii et non summi sacerdotis Iasonis inauditam contaminationem,
14 ita ut sacerdotes iam non circa altaris officia dediti essent, sed contempto templo et sacrificiis neglectis, festinarent participes fieri iniquae in palaestra praebitionis post disci provocationem
15 et patrios quidem honores nihil habentes, Graecas autem glorias optimas aestimantes.
16 Quarum gratia periculosa eos contentio habebat, et quorum instituta aemulabantur ac per omnia consimiles esse cupiebant, hos hostes et ultores habuerunt.
17 In leges enim divinas impie agere non est facile, sed haec tempus sequens declarabit.
18 Cum autem quinquennalis agon Tyri celebraretur, et rex praesens esset,
19 misit Iason facinorosus ab Hierosolymis spectatores Antiochenses portantes argenti drachmas trecentas in sacrificium Herculis; quas etiam postulaverunt hi, qui asportaverant, ne in sacrificium erogarentur, quia non oporteret, sed in alium sumptum eas deputari.
20 Sed haec ceciderunt: propter illum quidem, qui miserat, in sacrificium Herculis; propter eos autem, qui afferebant, in fabricam triremium.
21 Misso autem in Aegyptum Apollonio Menesthei filio propter ascensum ad solium Philometoris regis, cum cognovisset Antiochus alienum se ab illius negotiis effectum, propriae securitati consuluit; inde cum Ioppen venisset, se contulit Hierosolymam.
22 Et magnifice ab Iasone et civitate susceptus, cum facularum luminibus et acclamationibus introductus est; deinde sic in Phoenicen exercitum convertit.
23 Et post triennii tempus misit Iason Menelaum supradicti Simonis fratrem portantem pecunias regi et de negotiis necessariis commonitiones perlaturum.
24 At ille commendatus regi, cum se magnificasset facie potestatis, in semetipsum contulit summum sacerdotium superponens Iasoni talenta argenti trecenta;
25 acceptisque regiis mandatis, venit nihil quidem gerens dignum sacerdotio, animos vero crudelis tyranni et ferae barbarae iram habens.
26 Et Iason quidem, qui proprium fratrem circumvenerat, ipse circumventus ab alio profugus in Ammanitem expulsus est regionem.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ii-maccabaeorum_lt.html#4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"85-87","from":18070.0,"to":18093.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"Paragona quest'anime alle grue\nnon per altro se non perch\u00e8 a guisa appunto di grue van cantando\nlor lai<\/i> [Inf. V, 46] loro magagne, e come di quest'anime parte\nva con una direzione; e parte con direzione del tutto contraria,\nper\u00f2 pone per ipotesi ci\u00f2 che manca alla perfetta somiglianza,\ncio\u00e8 che le grue volassero parte alle montagne Rife, del<\/b> [per\ndal<\/i><\/b>] Sole schife<\/i><\/b>, rimote [perocch\u00e8 esistenti nella Moscovia\nboreale [Vedi Baudrand Lexic. geogr. art. Rhiphaei montes<\/i>]], e\nparte inver l'arene del gielo schife<\/b>, cio\u00e8 inverso l'arenosa\nLibia, regione dell'Africa da gielo esente; della qual dice anche\nnell'Inf. Pi\u00f9 non si vanti Libia con sua rena<\/i><\/b> ec. [Inf. XXIV,\n85].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Paragona quest'anime alle grue non per altro se non perchè a guisa appunto di grue van cantando lor lai<\/i> [Inf. V, 46] loro magagne<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V 46","NotaFonte":"","TestoFonte":"E come i gru van cantando lor lai,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"43-45","from":26001.0,"to":26023.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Pare [chiosa qu\u00ec 'l\nLandino] che l'autore si contraddica, chiamando Federico degno\nd'onore<\/i>, lo qual di sopra pose come eretico, e nemico della\nsedia Apostolica [Cant. X, 119].  Ma rispondo, che non parla ora\nil Poeta, ma messer Piero; il quale volendo persuadere di non\nl'avere tradito, lo chiama degno d'onore<\/i>; acciocch\u00e8 per questo\nsia verisimile, che non l'avrebbe tradito, essendo s\u00ec degno.  O\nveramente diciamo, che bench\u00e8 avesse il vizio gi\u00e0 detto di sopra;\nnondimeno in molte altre cose fu eccellente, e massime nella\ndisciplina militare, e nella signoria ec.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Pare [chiosa quì 'l Landino] che l'autore si contraddica, chiamando Federico degno d'onore<\/i>, lo qual di sopra pose come eretico, e nemico della sedia Apostolica [Cant. X, 119].  Ma rispondo, che non parla ora il Poeta, ma messer Piero; il quale volendo persuadere di non  l'avere tradito, lo chiama degno d'onore<\/i>; acciocchè per questo sia verisimile, che non l'avrebbe tradito, essendo sì degno.  O veramente diciamo, che benchè avesse il vizio già detto di sopra; nondimeno in molte altre cose fu eccellente, e massime nella disciplina militare, e nella signoria ec.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. X 119","NotaFonte":"","TestoFonte":"qua dentro è 'l secondo Federico","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"75","from":11993.0,"to":11999.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Parla allegoricamente; e\nvuol dire che del patrimonio donato da' fedeli all'Apostolica\nSede in divozione del sangue per la Chiesa sparso da esso Pietro\ned altri santi Pontefici, s'apparecchiavano d'impinguarsi\nCaorsini<\/b>, Giovanni XXI [appellato XXII] di Caorsa [Caorsa, oggi\nCahors<\/i>, qual nido d'usurai menziona Dante Inf. XI, 50], e\nGuaschi<\/i><\/b>, Clemente V di Guascogna.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Caorsa, oggi Cahors<\/i>, qual nido d'usurai menziona Dante Inf. XI, 50<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XI 50","NotaFonte":"","TestoFonte":"del segno suo e Soddoma e Caorsa","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=11","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"58-60","from":26747.0,"to":26750.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Parla dell'altezza dell'ingegno\numano, non del suo proprio; in genere, non in ispecie.  Par.,\nXXII, 114: «Qual che si sia il mio ingegno.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Parla dell'altezza dell'ingegno umano, non del suo proprio; in genere, non in ispecie.  Par., XXII, 114: «Qual che si sia il mio ingegno.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXII, 114","NotaFonte":"","TestoFonte":"tutto, qual che si sia, il mio ingegno","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=89&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":1040.0,"to":1043.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Parla in queste due primi terzetti\nil Poeta della creazione del mondo coerentemente a due note\nverit\u00e0~, a quella cio\u00e8 teologica che opera ad extra sunt\ntotius Trinitatis<\/i>, ed a quell' altra Evangelica~, che per mezzo\ndel divin Verbo omnia facta sunt<\/i> [Ion.<\/i> I.].  Per rapporto\nalla prima fa che tutte e tre le divine Persone alla creazione\nconcorrano.  Per rapporto alla seconda fe che 'l primo valore<\/i>,\ncio\u00e8 la potenza del divin Padre~, e l' amore<\/i> dello spirito\nSanto [che il Padre e 'l Figlio insieme spirano<\/i>, producono]\nrisguardino<\/i>, cio\u00e8 quasi norma di operare prendano dalla\nsapienza del divin Verbo [La potenza<\/i> al Padre~, la sapienza<\/i>\nal Figlio~, e l' amore<\/i> allo Spirito santo attribuisce Dante\nanche Inf. III. 5.  e 6.  vedi quella nota.].  E' adunque la\ncostruzione.  Lo primo ed ineffabile valore guardando nel suo\nFiglio con l'Amore<\/i>~, che l' uno e l'altro eternalmente spira<\/i>\n— Quanto per mente o per occhio si gira<\/i>, vale tutto ci\u00f2 che\ndi creato si vede<\/i>, o s'intende<\/i> — ch'esser non pute senza\ngustare<\/i>, che non pu\u00f2 non gustare — di lui<\/i> del detto tanto\nordine.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Parla in queste due primi terzetti il Poeta della creazione del mondo coerentemente a due note verità, a quella cioè teologica che opera ad extra sunt totius Trinitatis<\/i>, ed a quell' altra Evangelica, che per mezzo del divin Verbo omnia facta sunt<\/i> [Ion.<\/i> I.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"I 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Omnia per ipsum facta sunt","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1-6","from":9034.0,"to":9077.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"Parole del salmo 118 esprimenti\nl'attacco ch'ebbero queste anime al suolo, cio\u00e8 alle terrene\nricchezze.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Parole del salmo 118 esprimenti l'attacco ch'ebbero queste anime al suolo, cioè alle terrene ricchezze.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"CXIX (CXVIII) 25","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Vulgata Clementina, Ps. CXVIII 25, \"Adhaesit pavimento anima mea\".","TestoFonte":"Adhaesit pulveri anima mea","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%20119","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"73","from":19015.0,"to":19016.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"},
{"Annotazione":"Parole della santissima\nVergine, dette per carit\u00e0 verso il prossimo alle nozze di Cana di\nGalilea, per impetrar dal suo divino Figliuolo la mutazione\ndell'acqua in vino, e con ci\u00f2 risparmiare a quegli sposi la\nconfusione [e perci\u00f2 attissime a ricordare a chiunque le ode\nl'obbligo della fraterna carit\u00e0].  Venturi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vinum non habent.<\/strong> Parole della santissima Vergine, dette per carità verso il prossimo alle nozze di Cana di Galilea, per impetrar dal suo divino Figliuolo la mutazione dell'acqua in vino, e con ciò risparmiare a quegli sposi la confusione [e perciò attissime a ricordare a chiunque le ode l'obbligo della fraterna carità].  Venturi. \r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"II 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et deficiente vino, dicit mater Iesu ad eum: “ Vinum non habent ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"29","from":12294.0,"to":12297.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"Parole di Francesca a Dante, il\nquale a differenza di lei era ancora corpo animato.  Vulg.\nEloq.: «Sensibilis anima et corpus, est animal.»  — Grazioso<\/b>,\ncortese.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Parole di Francesca a Dante, il quale a differenza di lei era ancora corpo animato. Vulg. Eloq.: «Sensibilis anima et corpus, est animal.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18081","LuogoFonte":"De Vulgari Eloquentia II, x, 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Scientes quia rationale animal homo est, et quia sensibilis anima et corpus est animal<\/strong>, et ignorantes de hac anima, quid ea sit, vel de ipso corpore, perfectam hominis cognitionem habere non possumus; quia cognitionis perfectio uniuscuiusque terminatur ad ultima elementa, sicut Magister Sapientum in principio Physicorum testatur","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_VE&pb=29&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"88","from":4599.0,"to":4601.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"De vulgari eloquentia"},
{"Annotazione":"Parole son queste de\nl'Autore, nelle quali sprieme sua compassione verso la danazione\ndi cotali valorose persone; e propone una quistione, se mai niuno\nch'entrassi in Inferno, n'usc\u00ec o per suo' meriti, o per altrui;\nla quale quistione fece per essere certo di quello che\nl'Evangelio dice circa la resurressione di Lazzero, e circa il\ndiscendimento di Cristo a spogliare lo 'nferno, ed altre\nresurressioni di morti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
e propone una quistione, se mai niuno\r\nch'entrassi in Inferno, n'uscì o per suo' meriti, o per altrui;\r\nla quale quistione fece per essere certo di quello che\r\nl'Evangelio dice circa la resurressione di Lazzero, e circa il\r\ndiscendimento di Cristo a spogliare lo 'nferno, ed altre\r\nresurressioni di morti.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"11, 41-44","NotaFonte":"","TestoFonte":"[41]<\/strong> Tulerunt ergo lapidem. Iesus autem, elevatis sursum oculis, dixit: “ Pater, gratias ago tibi quoniam audisti me. [42]<\/strong> Ego autem sciebam quia semper me audis, sed propter populum, qui circumstat, dixi, ut credant quia tu me misisti ”. [43]<\/strong> Et haec cum dixisset, voce magna clamavit: “ Lazare, veni foras! ”. [44]<\/strong> Prodiit, qui fuerat mortuus, ligatus pedes et manus institis; et facies illius sudario erat ligata. Dicit Iesus eis: “ Solvite eum et sinite eum abire ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#11","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"43-50","from":3277.0,"to":3281.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"Passo mal inteso da\ntutti quanti gli espositori.\n\n\tIl Cinonio alla voce alcuno<\/i> [Partic.<\/i> 13, 6] dicela\nstare tal volta in luogo di niuno.<\/i>  Egli ne arreca due esempi\ntratti dal Convito del medesimo nostro poeta.  Il primo \u00e8 Il\ndesiderio \u00e8 difettiva cosa, che alcuno desidera quello che ha, ma\nquello che non ha<\/i> [Tratt. 3 cap. 15]; il secondo \u00e8 Alcuno\nsensibile in tutto il mondo \u00e8 pi\u00f9 degno di farsi esempio di Dio,\nche il Sole<\/i> [Tratt. 3 cap. 12  L'edizione veneta 1760, alle\npagine 176 e 183 malamente siegue le depravate lezioni di\nnullo<\/i> in vece d'alcuno<\/i>].  Ma [soggiunge esso Cinonio]\nleggono altri testi, forse migliori, Nullo desidera quello che\nha, e Nullo sensibile<\/i> ec.\n\n\tIl presente passo per\u00f2 decide, che non questi ultimi\nsieno i migliori testi, ma que' primi: imperocch\u00e8 alcuna<\/b> [che\nconcordemente leggono tutti i mss. e le stampe] non pu\u00f2 qu\u00ec avere\naltro senso che di niuna<\/i><\/b>; troppo essendo evidente, che lo\nscoscendimento di un monte non d\u00e0, ma toglie a chi v'\u00e8 sopra la\nvia di scendere.\n\n\tIl Francese aucun<\/i> [saggiamente avverte nell'arto che si\ndegna di rivedere questa mia fatica il dottissimo sig. Ennio\nVisconti] significa e qualcuno<\/i> e nissuno.<\/i>  Vago adunque Dante\nd'ingrandire coll'aiuto d'altri dialetti la allora bambina\nItaliana favella, ha voluto far propria della medesima anche\ncotale Francese estensione di significato del pronome alcuno.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Egli ne arreca due esempi tratti dal Convito del medesimo nostro poeta.  Il primo è Il desiderio è difettiva cosa, che alcuno desidera quello che ha, ma quello che non ha<\/i> [Tratt. 3 cap. 15]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"III xv 3","NotaFonte":"Le edizioni moderne del Convivio leggono \"nullo desidera\", non \"alcuno\".","TestoFonte":"lo desiderio sia cosa defettiva: ché nullo desidera quello che ha, ma quello che non ha, che è manifesto difetto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=7&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"9","from":10488.0,"to":10492.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Pei colori vari di\nqueste tre facce chiosano gl'interpreti vari vizi, indicati\ndall'appariscenza nella cute di quelli umori, che ciascuna\nviziosa inclinazione suole avere compagni.  Pe 'l colore\nvermiglio l'ira: pe 'l tra bianco e giallo<\/b> l'avarizia — pe 'l\nnero<\/i> [colore di quelle facce, che vengon di l\u00e0 ove il Nilo\ns'avvalla<\/i><\/b>, dall'Etiopia cio\u00e8, dove dal monte della Luna cade\nnella sottoposta valle il Nilo [Ferrar. Lexic. geogr.<\/i><\/b> art.\nLunae mons.<\/i>]] l'accidia.  Cos\u00ec 'l Landino.  Il Vellutello, e 'l\nDaniello pe 'l colore tra bianco e giallo<\/b> non l'avarizia, ma la\ninvidia vogliono intesa.  Quando a me, parrebbe assai meglio che\nper quelle tre facce e colori s'intendessero le tre parti del\nmondo, che al tempo del Poeta sole erano cognite, cio\u00e8 Europa,\nAsia, ed Africa; ad indicare che trae Lucifero sudditi da tutte\nparti dell'universo.  La faccia di vermiglio colore\npotrebb'esprimere gli Europei, pe 'l vermiglio che hanno in\nfaccia la maggior parte di essi.  Quella di color gialliccio gli\nAsiatici popoli, per essere appunto il gran numero di essi di tal\ncolore.  E finalmente la faccia nera gli Africani, per la\nmoltitudine dei neri che l'Africa contiene.  Vi acconsentirebbe\naltres\u00ec la posizione stessa delle tre facce, cio\u00e8 della vermiglia\nin mezzo, della gialliccia a destra, e della nera a sinistra:\necco in qual modo.  Supponendosi scesi i poeti nell'Inferno\ndall'Europa, ed avendo nell'atto stesso dell'obbliquo scendere al\nfondo compiuto un giro intorno alla falda del medesimo Inferno\n[Vedi Inf. XIV, 127 e quella nota], consiegue che il presente\nluogo onde miravano Lucifero, fosse dalla parte medesima del\nluogo, onde incominciato avevano la discesa, dalla parte cio\u00e8\ndell'Europa.  Essendo adunque Lucifero, come dal discorso\napparisce, volto ver loro, veniva ad esser volto verso l'Europa;\ned essendo dal centro, in cui stava, volto verso Europa; doveva\nnecessariamente avere l'Asia a destra, e l'Africa a sinistra. \nPerciocch\u00e8, come nel mappamondo apparisce, pi\u00f9 dell'Europa\nstendesi l'Asia verso oriente, e pi\u00f9 verso ponente l'Africa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Pei colori vari di queste tre facce chiosano gl'interpreti vari vizi, indicati dall'appariscenza nella cute di quelli umori, che ciascuna viziosa inclinazione suole avere compagni.  Pe 'l colore vermiglio l'ira: pe 'l tra bianco e giallo<\/b> l'avarizia — pe 'l nero<\/i> [colore di quelle facce, che vengon di là ove il Nilo s'avvalla<\/b>, dall'Etiopia cioè, dove dal monte della Luna cade nella sottoposta valle il Nilo [Ferrar. Lexic. geogr.<\/i> art. Lunae mons.<\/i>]] l'accidia.  Così 'l Landino.  Il Vellutello, e 'l Daniello pe 'l colore tra bianco e giallo<\/b> non l'avarizia, ma la invidia vogliono intesa.  Quando a me, parrebbe assai meglio che  per quelle tre facce e colori s'intendessero le tre parti del mondo, che al tempo del Poeta sole erano cognite, cioè Europa, Asia, ed Africa; ad indicare che trae Lucifero sudditi da tutte  parti dell'universo.  La faccia di vermiglio colore potrebb'esprimere gli Europei, pe 'l vermiglio che hanno in faccia la maggior parte di essi.  Quella di color gialliccio gli Asiatici popoli, per essere appunto il gran numero di essi di tal colore.  E finalmente la faccia nera gli Africani, per la   moltitudine dei neri che l'Africa contiene.  Vi acconsentirebbe altresì la posizione stessa delle tre facce, cioè della vermiglia in mezzo, della gialliccia a destra, e della nera a sinistra: ecco in qual modo.  Supponendosi scesi i poeti nell'Inferno dall'Europa, ed avendo nell'atto stesso dell'obbliquo scendere al fondo compiuto un giro intorno alla falda del medesimo Inferno [Vedi Inf. XIV, 127 e quella nota], consiegue che il presente luogo onde miravano Lucifero, fosse dalla parte medesima del luogo, onde incominciato avevano la discesa, dalla parte cioè dell'Europa.  Essendo adunque Lucifero, come dal discorso apparisce, volto ver loro, veniva ad esser volto verso l'Europa; ed essendo dal centro, in cui stava, volto verso Europa; doveva necessariamente avere l'Asia a destra, e l'Africa a sinistra.  Perciocchè, come nel mappamondo apparisce, più dell'Europa stendesi l'Asia verso oriente, e più verso ponente l'Africa.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIV 127","NotaFonte":"","TestoFonte":"non se' ancor per tutto il cerchio vòlto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=14","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"43-45","from":33406.0,"to":33410.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Per\ncapir ci\u00f2 che si vuole Dante dire in questi due terzetti conviene\navvertire, che il primo mobile<\/i>, di cui favella, ed appella\nmanto di tutti i volumi<\/i> v. 112, supponelo qu\u00ec, quale nel\nConvito<\/i> ne lo avvisa, cristallino<\/i>, cio\u00e8 diafano, ovvero tutto\ntrasparente~ [Tratt. 2 cap. 4].  Per questa cagione egli intende,\nche il nascondersi agli occhi suoi la coronata fiamma<\/b> di Maria\nVergine, sollevatasi verso la spera suprema<\/i><\/b> [Vers. 108], non da\naltro provenisse che dal lunghissimo tratto del cielo stellato\nche interponevasi tra il luogo dov'egli stava e tra l'interna\nriva<\/i><\/b>, o sia concava superficie del primo mobile; e che, se stato\nfosse il solo primo mobile di mezzo, non avrebb'esso, per la sua\nperfettissima diafanit\u00e0, impedito mai l'aspetto della coronata\nfiamma<\/b> — non appariva la sua parvenza<\/b> vale quanto la di lei\nveduta spariva<\/i> — sua semenza<\/i><\/b>, per suo Figlio<\/i><\/b>: e tanto pi\u00f9\nconvenientemente appellasi Ges\u00f9 Cristo cos\u00ec rispetto a Maria\nVergine, quanto singolarmente Ges\u00f9 Cristo carnem non de nihilo,\nnon aliunde, sed materna traxit ex carne<\/i> [Beda nel capo II di s.\nLuca].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per capir ciò che si vuole Dante dire in questi due terzetti conviene avvertire, che il primo mobile<\/i>, di cui favella, ed appella manto di tutti i volumi<\/i> v. 112, supponelo quì, quale nel Convito<\/i> ne lo avvisa, cristallino<\/i>, cioè diafano, ovvero tutto trasparente [Tratt. 2 cap. 4<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"II iii 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"lo nono è quello che non è sensibile se non per questo movimento che è detto di sopra, lo quale chiamano molti Cristallino, cioè diafano o vero tutto trasparente.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=19&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115-120","from":23113.0,"to":23151.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Per collegi<\/b> intendono\nparecchi spositori le Repubbliche: a me per\u00f2 sembra pi\u00f9 agevole\nl'intendere detto collegi<\/b> in grazia della rima per colleghi<\/i>,\nper collegati<\/i>; come in grazia pur della rima disse biece<\/i>, e\nbieci<\/i> per bieche<\/i> e biechi<\/i> [Inf. XXV, 31 e Parad. v. 65, VI,\n136].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
A me però sembra più agevole l'intendere detto collegi<\/b> in grazia della rima per colleghi<\/i>, per collegati<\/i>; come in grazia pur della rima disse biece<\/i>, e bieci<\/i> per bieche<\/i> e biechi<\/i> [Inf. XXV, 31 e Parad. v. 65, VI, 136].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXV 31","NotaFonte":"","TestoFonte":"onde cessar le sue opere biece","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=25","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"45","from":5267.0,"to":5271.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Per corridori<\/b> qui sono\ncomunemente intesi coloro che fanno le correrie, senza badare che\nil guastare e depredar le terre nemiche non \u00e8 di quelle fazioni\nche si fanno a suon di strumenti, delle quali qui si ragiona; ed\noltracci\u00f2, che delle correrie (ma soltanto di quando vanno<\/i>) si\nparla subito dopo, sotto il nome di gualdane.<\/i>  Io tengo per\nfermo che Dante accennasse a' corritori di palio, i quali anche\nMatteo Villani, III, 85, chiama semplicemente corridori<\/i>; e\nch'egli poi nominasse particolarmente gli Aretini per ci\u00f2 che\nsopra questo luogo appunto ricorda il Postill. Cass., cio\u00e8 che\nArezzo anticamente, quando essa era in fiore, si dava a molti\nspettacoli e giuochi, «dabat se multis spectaculis et ludis.»  —\nGir gualdane<\/i><\/b>, partir genti per fare correrie.  Le gualdane\nsono, dice il Buti, «cavalcate, le quali si fanno alcuna volta\nsul terreno de' nemici a rubare e ardere e pigliare prigioni.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Corridor vidi<\/strong> ec. Per corridori<\/b> qui sono comunemente intesi coloro che fanno le correrie, senza badare che il guastare e depredar le terre nemiche non è di quelle fazioni che si fanno a suon di strumenti, delle quali qui si ragiona; ed oltracciò, che delle correrie (ma soltanto di quando vanno<\/i>) si parla subito dopo, sotto il nome di gualdane.<\/i> Io tengo per fermo che Dante accennasse a' corritori di palio, i quali anche Matteo Villani, III, 85, chiama semplicemente corridori<\/i>; e ch'egli poi nominasse particolarmente gli Aretini per ciò che sopra questo luogo appunto ricorda il Postill. Cass., cioè che Arezzo anticamente, quando essa era in fiore, si dava a molti spettacoli e giuochi, «dabat se multis spectaculis et ludis.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q213277","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/cronica","LuogoFonte":"Cronica III, 85","NotaFonte":"Per l'individuazione del passo si \u00e8 impiegata la seguente edizione, compatibile con il periodo di elaborazione dell'opera di Andreoli e disponibile online al link indicato: \"Cronica di Matteo Villani\", Firenze, Sansone Coen, 1846, to. I, p. 277.","TestoFonte":"E perocché i nostri antichi non erano in troppa magnificenza in que' tempi, ordinarono che in cotal dì si corresse un palio di braccia otto d'uno cardinalesco di lieve costo a piede tenendosi al duomo, e movendosi i corridori<\/strong> di fuori della porta di san Piero Gattolino: e per la rinnovazione di questa memoria il comune l'ordinò di braccia dodici di scarlatto fine, e che si corresse a cavallo.","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=rYBJAAAAMAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"4-5","from":20360.0,"to":20362.0,"NomeAutore":"Matteo Villani","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Per bene intendere questo\nterzetto~, e non perdersi~, come tutti gli espositori fanno~, \u00e8\nd'uopo che nelle parole del secondo verso e quel vedere impari<\/i>\nsoprassegnisi la \u00e8<\/i>, tal che sia verbo~, e non copula~, ed\nimpari<\/i> intendasi~, non verbo~, ma aggettivo~, che vaglia lo\nstesso che non avente pari<\/i>, o [come gi\u00e0 il Poeta del medesimo\nvedere<\/i> ha detto [Par. X. 114.]] non avente secondo.<\/i> A questo\nmodo eccone il senso~; Se note<\/i> [per noti<\/i>, antitesi in grazia\ndella rima~], se consideri ci\u00f2<\/i>, ch'io dissi<\/i> dapprima~, cio\u00e8\nche A veder tanto non surse 'l secondo<\/i>, e questo<\/i>, che ho\ndett' ora~, ch'ei fu Re<\/i>, che chiese senno<\/i>, Acciocch\u00e8 Re\nsufficiente fosse<\/i>, conoscerai che quel vedere impari<\/i>, che sono\nintento a dichiararti~, \u00e8 la regale prudenza.\n\n\tL' essersi qu\u00ec inteso~, ed anche scritto [La\nNidobeatina~, ed alcuni de' pi\u00f9 antichi mss.  com' \u00e8 quello\ndella Biblioteca Casanatense~, segnato H. III. 5.  scrivono la\npura e<\/i>; ma altri testi manoscritti e stampati v' adoprano in\nvece delle cifre esprimenti et.<\/i>] l' e<\/i> per copula~, dovette\ncertamente provenire parte dal non essersi anticamente usato di\nsoprassegnare l' \u00e8<\/i> verbo~, come oggi si fa~, e parte dal non\ncapir convenevole all'aggettivo impari<\/i> il significato d'\nimpareggiabile<\/i>, di non avente pari.<\/i>  Troviam noi per\u00f2 a\nquasi un medesimo significato certamente adoprato l'aggettivo\nsinonimo dispari<\/i> in quel verso letizia presi ad ogni altra\ndispari<\/i> [Purg. XIII. 120.~]; e dall'esperienza siamo ammaestrati\ndoversi nelle voci in rima pi\u00f9 che in altre tollerare qualche\nnovit\u00e0 di significato~; questa spiegazione dovrebbe~, parmi~,\nfare svanire quella durissima necessit\u00e0 apparsa al ch.  autore\ndegli Aneddoti<\/i> recentemente in Verona pubblicati [An. 1790.  n.\nv.  pag. 65.] di togliersi dall' autorit\u00e0 di tutti i testi\nmanoscritti e stampati~, e leggere.\n\n     Regal prudenza quel vedere impari.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
impari<\/i> intendasi, non verbo, ma aggettivo, che vaglia lo stesso che non avente pari<\/i>, o [come già il Poeta del medesimo vedere<\/i> ha detto [Par. X. 114.]] non avente secondo <\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. X 114","NotaFonte":"","TestoFonte":" a veder tanto non surse il secondo.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=77&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"103-105","from":12818.0,"to":12841.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Per farci Dante capire\nquanto fosse grande l'affollamento di quelli spiriti intorno a\nlui, ed il modo che tenne per isbrigarsene, reca il paragone\ndell'affollamento della gente, quando si parte<\/b> [si finisce] il\ngiuoco della zara, intorno a colui che ha vinto; e della maniera,\nche 'l medesimo adopera per levarsi l'affollata gente d'intorno;\nch'\u00e8 di dar loro quel che bramano, cio\u00e8 una qualche porzione\ndella fatta vincita.  Dice adunque, che nello stesso modo\nanch'egli, promettendo a quelli spiriti quanto chiedevano, cio\u00e8\ndi procurar loro dalle genti di quass\u00f9 alcun suffragio, se gli\nandava di mano in mano allontanando.  Quale precisamente si fosse\nil giuoco della zara poco importa di averne contezza: basta il\nsapere che si faceva co' dadi, come tutti gli espositori\nattestano.  Tanto basta per capire che dir si voglia ripetere\ndolente, colui che perde, le volte, e tristo imparare<\/i>; e che\ns'inganna il Venturi con alcuni altri spositori chiosando, che\nvaglia quanto ripetere nel suo pensiero le volte che ha perduto,\ne a quelle riflettendo imparare a sue spese, come contenersi in\ntal giuoco un'altra volta.<\/i>  Volta<\/i> [insegna ottimamente il\nVocabolario della Crusca [Art. volta<\/i> {paragraph.} 1]]\ntrattandosi della zara, o d'altro giuoco, che si faccia co'\ndadi, vale tratto, o rivolgimento di essi dadi<\/i> [volta<\/i> per\nvoltata<\/i>, o rivolgimento<\/i> adopera Dante anche Inf. XX, 129]. \nVuole qu\u00ec adunque il poeta nostro accennare il costume di que'\nsciaurati, che tirati avendo i dadi sfortunatamente e con\nperdita, si ripigliano stizzosamente i dadi, e pruova facendo di\ngettarli novamente e rigettarli, quasi tentano d'imparar la\nmaniera di far uscire que' numeri che vorrebbero.  Pe 'l seguito\npoi finalmente, che dice Dante fatto dalla gente al vincitore\nnella zara, risulta che fosse cotale uno de' giuochi che si\npraticassero nelle pubbliche biscazze — dirietro il prende<\/i><\/b>,\nper le vestimenta intendi.  — A cui porge la man<\/b>, intendi\nquello<\/b> — pi\u00f9 non fa pressa<\/b>, togliesi dal fare calca intorno\nal vincitore.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Volta <\/strong>per voltata<\/i>, o rivolgimento<\/i> adopera Dante anche Inf. XX, 129<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XX 129","NotaFonte":"","TestoFonte":"alcuna volta per la selva fonda\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=20","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-12","from":4971.0,"to":4974.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Per fare avverare sempre\npi\u00f9 che l'Inferno il mal dell'universo tutto insacca<\/i> [Inf. VII,\n18], vuole Dante nell'acque stesse infernali simboleggiata la\nscolatura dei vizi dell'uman genere in ogni tempo.  In una statua\nadunque di un gran veglio<\/b>, composta da capo a piedi di varie\nmaterie gradatamente peggiori, come quella che nelle scritture\nsacre dicesi veduta da Nabuccodonosor [Dan.<\/i><\/b> 2], figura egli il\ntempo, e 'l peggioramento de' costumi entrato e cresciuto col\ntempo stesso nell'uman genere; e dal corrompimento delle materie\ncomponenti cotale statua, ch'\u00e8 quanto a dire dai vizi di tutti i\ntempi, deriva le fecciose infernali acque.\n\n\tRipone Dante questa statua in Creta, perch\u00e8 in Creta<\/i>\n[chiosa il Venturi col Landino] fingono i poeti, che col regno\ndi Saturno cominciasse del tempo la prima et\u00e0.<\/i>  Non ponela in\nvista, ma nascosta dentro del monte, acci\u00f2 l'esperienza non tolga\nfede alla finzione.  L'altre circostanze in seguito.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per fare avverare sempre più che l'Inferno il mal dell'universo tutto insacca<\/i> [Inf. VII, 18], vuole Dante nell'acque stesse infernali simboleggiata la scolatura dei vizi dell'uman genere in ogni tempo.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII 18","NotaFonte":"","TestoFonte":"che 'l mal de l'universo tutto insacca.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"103","from":13273.0,"to":13281.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Per intendere questo passo\nconviene si avverta esser supposizione del Poeta che, come ogni\nluogo su dell'emisferio nostro ha il suo proprio orizzonte, cos\u00ec\nabbia il suo proprio meridiano, e che sia questo un arco, il\nquale passando pe 'l zenit del luogo, e pe 'l punto del cielo\ndove il Sole ad esso luogo fa il mezzo d\u00ec, vada a terminare\nd'ambe le parti all'orizzonte del medesimo luogo.  Per tale\nsupposizione non avendo ciascun orizzonte per suo meridiano\naltr'arco, che quello solo, il quale col suo punto pi\u00f9 alto<\/b>,\ncio\u00e8 pi\u00f9 dall'orizzonte stesso elevato, coverchia<\/b>, cuopre, il\nrispettivo luogo, addiviene necessariamente una cosa il dire\nl'orizzonte di Gerusalemme<\/i>, e il dire l'orizzonte, il cui\nmeridian cerchio col suo pi\u00f9 alto punto coverchia Gerusalem.<\/i> \nSiccome poi suppone in oltre il medesimo poeta nostro che sia il\nmonte del Purgatorio antipodo a Gerusalemme, talmente che sia lo\nstesso orizzonte comune ad essi due luoghi [vedi Purg. IV, 70],\nperci\u00f2 dal giungere il Sole [gi\u00e0 Inf. XXXIV, 68 accennato\ncadente] all'orizzonte di Gerusalemme deduce il vicino spuntar\ndel Sole al Purgatorio.\n\n\tIl Vellutello, il Venturi, ed alcuni altri dicono\nscoprirsi per questi versi che intendesse Dante situata\nGerusalemme nel mezzo della terra abitata.  Non veggo ond'essi\nci\u00f2 si raccolgano; e temo che malamente suppongano, che pi\u00f9 alto\npunto<\/i><\/b> vaglia quanto pi\u00f9 discosto dai limiti della terra\nabitata.<\/i><\/b>  Riserbasi per me tale scoprimento al principio del\nXXVII di questa medesima cantica.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per intendere questo passo conviene si avverta esser supposizione del Poeta che, come ogni luogo su dell'emisferio nostro ha il suo proprio orizzonte, così abbia il suo proprio meridiano, e che sia questo un arco, il quale passando pe 'l zenit del luogo, e pe 'l punto del cielo dove il Sole ad esso luogo fa il mezzo dì, vada a terminare d'ambe le parti all'orizzonte del medesimo luogo.  Per tale supposizione non avendo ciascun orizzonte per suo meridiano altr'arco, che quello solo, il quale col suo punto più alto<\/b>, cioè più dall'orizzonte stesso elevato, coverchia<\/b>, cuopre, il rispettivo luogo, addiviene necessariamente una cosa il dire l'orizzonte di Gerusalemme<\/i>, e il dire l'orizzonte, il cui meridian cerchio col suo più alto punto coverchia Gerusalem.<\/i> Siccome poi suppone in oltre il medesimo poeta nostro che sia il monte del Purgatorio antipodo a Gerusalemme, talmente che sia lo stesso orizzonte comune ad essi due luoghi [vedi Purg. IV, 70], perciò dal giungere il Sole [già Inf. XXXIV, 68 accennato cadente] all'orizzonte di Gerusalemme deduce il vicino spuntar del Sole al Purgatorio.\r\nIl Vellutello, il Venturi, ed alcuni altri dicono scoprirsi per questi versi che intendesse Dante situata Gerusalemme nel mezzo della terra abitata.  Non veggo ond'essi ciò si raccolgano; e temo che malamente suppongano, che più alto punto<\/b> vaglia quanto più discosto dai limiti della terra abitata.<\/i>  Riserbasi per me tale scoprimento al principio del XXVII di questa medesima cantica.  \r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IV 70","NotaFonte":"","TestoFonte":"sì, ch'amendue hanno un solo orizzòn","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=38&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-3","from":978.0,"to":997.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Per l'applicazione che fa Dante di\nquesto addiettivo qu\u00ec al tremuoto, e nel Purg. V, 125 al\nrigonfiato fiume Archiano, pare che non gli si possa dare miglior\nsignificato che d'impetuoso<\/i>: e sembra che il significato\nmedesimo, o letteralmente preso, o traslativamente, \u00e1dattare si\npossa a tutti i vari esempi, che dell'addiettivo stesso\nriferisconsi nel Vocab. della Cr.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per l'applicazione che fa Dante di questo addiettivo quì al tremuoto, e nel Purg. V, 125 al rigonfiato fiume Archiano, pare che non gli si possa dare miglior significato che d'impetuoso<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. V 125","NotaFonte":"","TestoFonte":"trovò l'Archian rubesto<\/strong>; e quel sospinse","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=39","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"106","from":30628.0,"to":30629.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Per quanto senta dolore, non par\nlagrima spanda<\/i>, tanto \u00e8 grande e forte il suo animo: ovvero\nperch\u00e8 il dolore eccessivo gli sopprime le lagrime.  Cos\u00ec\nl'addoloratissimo Conte Ugolino dir\u00e0 I' non piangeva, s\u00ec dentro\nimpetrai.<\/i>  Canto XXXII vers. 49 dell'Inferno.  Venturi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per quanto senta dolore, non par lagrima spanda<\/i>, tanto è grande e forte il suo animo: ovvero perchè il dolore eccessivo gli sopprime le lagrime.  Così l'addoloratissimo Conte Ugolino dirà I' non piangeva, sì dentro impetrai.<\/i>  Canto XXXII vers. 49 dell'Inferno.  Venturi.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIII 49","NotaFonte":"Il canto dell'Inferno a cui rimanda Lombardi \u00e8 il XXXIII, non il XXXII","TestoFonte":"Io non piangëa, sì dentro impetrai","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=33&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"84","from":17045.0,"to":17048.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Per questa sete [chiosa il\nVenturi] concreata e perpetua, non intendo col Landino e Daniello\nil desiderio connaturale, che sempre, da che fummo creati,\nabbiamo della celeste beatitudine; ma intendo col Vellutello\nquella virt\u00f9, e impeto connaturale alle sfere celesti di\nmuoversi, come si muovono: perch\u00e8 il Poeta vuol dire, come dalla\nsfera del fuoco pass\u00f2 pi\u00f9 in s\u00f9 al cielo della Luna; e ci\u00f2 dice\nessersi fatto non per via di salire da se, come aveva fatto fin\nl\u00ec, ma per via d'esser portato e rapito dal moto del primo\nmobile, e rapito in giro di modo da trovarsi a piombo sotto la\nLuna, dove ora con questo ratto passano Dante e Beatrice.  Per\ntanto a spiegare questo moto e rapimento locale in giro, non era\nal caso il nostro desiderio d'esser beati, ma si bene la virt\u00f9\nche muove i cieli, i quali se si muovono ab intrinseco<\/i>, ben pu\u00f2\nessa virt\u00f9 chiamarsi per metafora sete concreata e perpetua<\/b>:\nquantunque per verit\u00e0 il Poeta poco sotto in questo canto\nmedesimo porti opinione, che si muovano piuttosto ab\nextrinseco.<\/i><\/b>\n\n\tAb extrinseco<\/i> certamente, cio\u00e8 per le motrici\nassistenti angeliche intelligenze, ammette Dante muoversi i cieli\n[Vedi Dante nel Convito<\/i> tratt. 2 cap. 2]; e ne lo conferma in\nquesto medesimo canto in que' versi\n\n     Lo moto e la virt\u00f9 de' santi giri<\/i>,\n        Come dal fabbro l'arte del martello<\/i>,\n        Da' beati motor convien che spiri<\/i> \n         [Verso 127 e segg.].\n\nMa se perci\u00f2 la concreata e perpetua sete<\/i><\/b> male ai cieli si\nconf\u00e0, tolgasi pure da essi, ed ascrivasi, come il Landino e 'l\nDaniello vogliono, a Dante stesso e a Beatrice, che il trovamento\ndel Vellutello non \u00e8 che un mero paralogismo.\n\n\tIl primo mobile, non la sola sfera del fuoco seco in giro\nrapisce, ma contemporaneamente tutte quante le sfere a lui\nsoggette, e la stessa Luna.  Come adunque potuto avrebbero Dante\ne Beatrice per cotale rapimento accostarsi e trovarsi a piombo\nsotto la Luna?  La sarebbe questa simile alla stortura di quello\nsciocco, che tenta correndo di superare la propria ombra.\n\n\tChe non possa Dante per la concreata e perpetua sete<\/b>\navere inteso il desiderio in esso lui ed in Beatrice della\nceleste beatitudine, ecco la ragione per cui se lo persuade il\nVellutello.  Se<\/i><\/b> [dice] di questa sete avesse inteso di\nparlare, non l'averia fatta perpetua, ma naturale; perch\u00e8 le cose\nperpetue non mutan mai essere, come le naturali fanno.  Onde al\nprincipio del XXI del Purgatorio, di questa tal cupidit\u00e0 parlando\ndisse<\/i>\n\n     La sete natural che mai non sazia<\/i>\n        Se non con l'acqua, onde la femminetta<\/i>\n        Sammaritana dimand\u00f2 la grazia<\/i>,\n     Mi travagliava<\/i> ec.\n\nPotendosi adunque questa tal sete saziar con l'acqua, che dice,\nnon \u00e8 da esser domandata perpetua, ma natural in noi, fin tanto\nche con questa tal acqua la estinguiamo.<\/i>\n\n\tManca per\u00f2 il Vellutello di ricordarsi, che gi\u00e0 Dante\nprima di qu\u00ec, la dottrina de' santi padri e teologi seguendo, ha\ninsegnato essere lo spirituale godimento tale Che saziando di\nse, di se asseta<\/i> [Purg. XXXI, 129], che Saturitas<\/i> [riferii in\nconferma di tale dottrina il detto di s. Gregorio] appetitum\nparit.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
per le motrici assistenti angeliche intelligenze, ammette Dante muoversi i cieli [Vedi Dante nel Convito<\/i> tratt. 2 cap. 2]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"II ii 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"certe Intelligenze, o vero per più usato modo volemo dire Angeli, le quali sono alla revoluzione del cielo di Venere sì come movitori di quello.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=18&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"19-20","from":1103.0,"to":1105.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Perch\u00e8 adoratori del proprio ventre,\n«quorum Deus venter est» (Ad Phil., III, 19).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Perchè adoratori del proprio ventre, «quorum Deus venter est» (Ad Phil., III, 19).\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q265283","LuogoFonte":"Filippesi III, 19","NotaFonte":"","TestoFonte":"quorum finis interitus, quorum deus venter <\/strong>et gloria in confusione ipsorum, qui terrena sapiunt.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-philippenses_lt.html#3","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"21","from":5117.0,"to":5118.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettere di Paolo"},
{"Annotazione":"Perch\u00e8 contento della propria\nnascita, per ogni rispetto onoratissima.  Ved. Par., XVI, 1-9.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Perchè contento della propria nascita, per ogni rispetto onoratissima. Ved. Par., XVI, 1-9.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XVI, 1-9","NotaFonte":"","TestoFonte":"O poca nostra nobiltà di sangue, 
se glorïar di te la gente fai
qua giù dove l'affetto nostro langue,
mirabil cosa non mi sarà mai:
ché là dove appetito non si torce,
dico nel cielo, io me ne gloriai.
Ben se' tu manto che tosto raccorce:
sì che, se non s'appon di dì in die,
lo tempo va dintorno con le force. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=83","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"43","from":8937.0,"to":8938.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Perch\u00e8 la grazia\ndallo stesso Iddio \u00e8 promessa a' soli mansueti. Prov., III,\n34: «Mansuetis Dominus dabit gratiam.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Perchè la grazia dallo stesso Iddio è promessa a' soli mansueti.  Prov., III, 34: «Mansuetis Dominus dabit gratiam.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4579","LuogoFonte":"Proverbi III, 34","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ipse deludet illusores
et mansuetis dabit gratiam<\/strong>","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_proverbiorum_lt.html#3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100","from":1720.0,"to":1724.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Proverbi"}, {"Annotazione":"Perch\u00e8 le creature, quanto\npi\u00f9 belle, meglio «enarrant gloriam Dei.» Allegoric., vero modo\ndi lodare Iddio \u00e8 farlo conoscere.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Perchè le creature, quanto più belle, meglio «enarrant gloriam Dei.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"Salmi XIX (XVIII), 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Caeli enarrant gloriam Dei,
et opera manuum eius annuntiat firmamentum","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%2019","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"103","from":1742.0,"to":1746.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"}, {"Annotazione":"Perch\u00e8 nell'armi gloriosissimo. — \nGrifagni<\/b>, neri e lucenti come di sparviere grifagno. Fu, dice\nSvetonio, «nigris vegetisque oculis.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Grifagni<\/b>, neri e lucenti come di sparviere grifagno.  Fu, dice Svetonio, «nigris vegetisque oculis.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q10133","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/caesar","LuogoFonte":"Caesar 45","NotaFonte":"","TestoFonte":"Fuisse traditur excelsa statura, colore candido, teretibus membris, ore paulo pleniore, nigris uegetisque oculis<\/strong>, ualitudine prospera, nisi quod tempore extremo repente animo linqui atque etiam per somnum exterreri solebat.","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0061%3Alife%3Djul.%3Achapter%3D45%3Asection%3D1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"123","from":3817.0,"to":3818.0,"NomeAutore":"Gaio Svetonio Tranquillo","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Perch\u00e8 nulla operare \u00e8 come\nnon essere.  Sallustio: «Horum vita morsque par est.»  E\nl'Ecclesiastico: «Perierunt quasi qui non fuerint.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Perchè nulla operare è come non essere.  Sallustio: «Horum vita morsque par est.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7170","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q776615","LuogoFonte":"De Catilinae coniuratione, 2","NotaFonte":"Il passo riportato da Andreoli non corrisponde con esattezza a quello della fonte, perch\u00e9 tale era stato citato gi\u00e0 da altri commentatori (Landino, Rossetti, Tommaseo).","TestoFonte":"Eorum ego vitam mortemque iuxta aestumo, quoniam de utraque siletur","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0123%3Achapter%3D2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64","from":2473.0,"to":2477.0,"NomeAutore":"Gaio Sallustio Crispo","TitoloFonte":"De Catilinae coniuratione"},
{"Annotazione":"Perch\u00e8 queste furono le\nprime cose, che cominci\u00f2 a vedere, ed udire nella contemplazione\ndell'eterno piacere<\/b>, cio\u00e8 del sommo bene il quale consiste\nnella contemplazione.  Cos\u00ec d'accordo il Landino e il Vellutello,\ni soli, quanto veggo, che si fermano a spiegarne ci\u00f2 che si ha a\nintendere qu\u00ec per eterno piacere.<\/b>  Ma io, lasciando cotale\nallegoria, mi piglierei per senso letterale che, computando Dante\nvenire al terrestre Paradiso immediatamente in seguito il\nParadiso celeste, quello in cui v'\u00e8 eterno piacere<\/b>, ed essere\nanzi il primo dato all'uomo per arra<\/i> [Purgatorio XXVIII, 92 e\nseg.] del secondo; perci\u00f2 computi ancora le nel terrestre\nParadiso vedute ed udite prime cose quali primizie<\/i><\/b>, primi\nassaggi, dell'eterno piacere<\/b> del celeste Paradiso.  — tutto\nsospeso<\/b>, totalmente astratto.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
computando Dante venire al terrestre Paradiso immediatamente in seguito il Paradiso celeste, quello in cui v'è eterno piacere<\/b>, ed essere anzi il primo dato all'uomo per arra<\/i> [Purgatorio XXVIII, 92 e seg.] del secondo; perciò computi ancora le nel terrestre Paradiso vedute ed udite prime cose quali primizie<\/b>, primi assaggi, dell'eterno piacere<\/b> del celeste Paradiso.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVIII 92-93","NotaFonte":"","TestoFonte":"questo loco
diede per arr'a lui d'etterna pace.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=62&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31-32","from":29034.0,"to":29037.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Perci\u00f2 che siegue il Poeta a\ndire, due terzetti sotto, rendesi chiaro che, allusivamente alla\npropriet\u00e0 che l'acqua dell'Elsa, fiume in Toscana, ha\nd'impietrire, o sia di ricoprire d'un tartaro petrigno [Vedi tra\ngli altri il dottor Targioni Relazioni d'alcuni viaggi per la\nToscana<\/i> Tom. 5], ci\u00f2 che vi s'immerge, vuole qu\u00ec accennare che i\nvani pensieri gl'impietrirono, cio\u00e8 resero affatto stupida la\nmente; e che il reo piacere de' medesimi vani pensieri macchi\u00f2 il\nbel candore di essa mente, come il sangue di Piramo macchi\u00f2 il\ncandore della gelsa: giusto la favola riferita sotto il verso 37\ne segg. del canto XXVII della presente cantica.\n\n\tGli errori qu\u00ec del Venturi, d'intendere per gelsa<\/b> n\u00f2 'l\nfrutto ma la pianta, e che more<\/i><\/b> appellinsi i frutti del gelso\nper essere pe 'l sangue di Piramo di bianchi che erano divenuti\nneri, vedili, se vuoi, confutati dal Rosa Morando.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
il reo piacere de' medesimi vani pensieri macchiò il bel candore di essa mente, come il sangue di Piramo macchiò il candore della gelsa: giusto la favola riferita sotto il verso 37 e segg. del canto XXVII della presente cantica.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"IV 55-166","NotaFonte":"","TestoFonte":"“Pyramus et Thisbe, iuvenum pulcherrimus alter,
altera, quas oriens habuit, praelata puellis,
contiguas tenuere domos, ubi dicitur altam
coctilibus muris cinxisse Semiramis urbem.
Notitiam primosque gradus vicinia fecit:
tempore crevit amor. Taedae quoque iure coissent:
sed vetuere patres. Quod non potuere vetare,
ex aequo captis ardebant mentibus ambo.
Conscius omnis abest: nutu signisque loquuntur,
quoque magis tegitur, tectus magis aestuat ignis.
Fissus erat tenui rima, quam duxerat olim,
cum fieret paries domui communis utrique.
Id vitium nulli per saecula longa notatum
(quid non sentit amor?) primi vidistis amantes,
et vocis fecistis iter; tutaeque per illud
murmure blanditiae minimo transire solebant.
Saepe, ubi constiterant hinc Thisbe, Pyramus illinc,
inque vices fuerat captatus anhelitus oris,
“invide” dicebant “paries, quid amantibus obstas?
quantum erat, ut sineres toto nos corpore iungi,
aut hoc si nimium est, vel ad oscula danda pateres?
Nec sumus ingrati: tibi nos debere fatemur,
quod datus est verbis ad amicas transitus aures.”
Talia diversa nequiquam sede locuti
sub noctem dixere ”vale” partique dedere
oscula quisque suae non pervenientia contra.
Postera nocturnos aurora removerat ignes,
solque pruinosas radiis siccaverat herbas:
ad solitum coiere locum. Tum murmure parvo
multa prius questi, statuunt, ut nocte silenti
fallere custodes foribusque excedere temptent,
cumque domo exierint, urbis quoque tecta relinquant;
neve sit errandum lato spatiantibus arvo,
conveniant ad busta Nini lateantque sub umbra
arboris. Arbor ibi, niveis uberrima pomis
ardua morus, erat, gelido contermina fonti.
Pacta placent. Et lux, tarde discedere visa,
praecipitatur aquis, et aquis nox exit ab isdem.
Callida per tenebras versato cardine Thisbe
egreditur fallitque suos, adopertaque vultum
pervenit ad tumulum, dictaque sub arbore sedit.
Audacem faciebat amor. Venit ecce recenti
caede leaena boum spumantes oblita rictus,
depositura sitim vicini fontis in unda.
Quam procul ad lunae radios Babylonia Thisbe
vidit et obscurum timido pede fugit in antrum,
dumque fugit, tergo velamina lapsa reliquit.
Ut lea saeva sitim multa conpescuit unda,
dum redit in silvas, inventos forte sine ipsa
ore cruentato tenues laniavit amictus.
Serius egressus vestigia vidit in alto
pulvere certa ferae totoque expalluit ore
Pyramus: ut vero vestem quoque sanguine tinctam
repperit, “una duos” inquit “nox perdet amantes.
E quibus illa fuit longa dignissima vita,
nostra nocens anima est: ego te, miseranda, peremi,
in loca plena metus qui iussi nocte venires,
nec prior huc veni. Nostrum divellite corpus,
et scelerata fero consumite viscera morsu,
o quicumque sub hac habitatis rupe, leones.
Sed timidi est optare necem.” Velamina Thisbes
tollit et ad pactae secum fert arboris umbram;
utque dedit notae lacrimas, dedit oscula vesti,
“accipe nunc” inquit “nostri quoque sanguinis haustus!”
quoque erat accinctus, demisit in ilia ferrum,
nec mora, ferventi moriens e vulnere traxit.
Ut iacuit resupinus humo: cruor emicat alte,
non aliter quam cum vitiato fistula plumbo
scinditur et tenui stridente foramine longas
eiaculatur aquas atque ictibus aera rumpit.
Arborei fetus adspergine caedis in atram
vertuntur faciem, madefactaque sanguine radix
purpureo tingit pendentia mora colore.
Ecce metu nondum posito, ne fallat amantem,
illa redit iuvenemque oculis animoque requirit,
quantaque vitarit narrare pericula gestit.
Utque locum et visa cognoscit in arbore formam,
sic facit incertam pomi color: haeret, an haec sit.
Dum dubitat, tremebunda videt pulsare cruentum
membra solum, retroque pedem tulit, oraque buxo
pallidiora gerens exhorruit aequoris instar,
quod tremit, exigua cum summum stringitur aura.
Sed postquam remorata suos cognovit amores,
percutit indignos claro plangore lacertos,
et laniata comas amplexaque corpus amatum
vulnera supplevit lacrimis fletumque cruori
miscuit et gelidis in vultibus oscula figens
“Pyrame” clamavit “quis te mihi casus ademit?
Pyrame, responde: tua te carissima Thisbe
nominat: exaudi vultusque attolle iacentes!”
Ad nomen Thisbes oculos iam morte gravatos
Pyramus erexit, visaque recondidit illa.
Quae postquam vestemque suam cognovit et ense
vidit ebur vacuum, “tua te manus” inquit “amorque
perdidit, infelix. Est et mihi fortis in unum
hoc manus, est et amor: dabit hic in vulnera vires.
Persequar exstinctum letique miserrima dicar
causa comesque tui; quique a me morte revelli
heu sola poteras, poteris nec morte revelli.
Hoc tamen amborum verbis estote rogati,
o multum miseri meus illiusque parentes,
ut quos certus amor, quos hora novissima iunxit,
conponi tumulo non invideatis eodem.
At tu quae ramis arbor miserabile corpus
nunc tegis unius, mox es tectura duorum,
signa tene caedis pullosque et luctibus aptos
semper habe fetus, gemini monimenta cruoris.”
Dixit, et aptato pectus mucrone sub imum
incubuit ferro, quod adhuc a caede tepebat.
Vota tamen tetigere deos, tetigere parentes:
nam color in pomo est, ubi permaturuit, ater,
quodque rogis superest, una requiescit in urna.”","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:4.55-4.166","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"67-69","from":33513.0,"to":33516.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Perci\u00f2 il Monte<\/i> era bello<\/i>\n(Inf.<\/i>, II, 120). — Pianeta<\/b>, che<\/i><\/b> {v.18} ecc. Del Sole\nfisico: la lucerna del mondo<\/i> (Par.<\/i>, I, 38; cf. Conv.<\/i>, II, \n12): Colui che tutto il mondo alluma<\/i> (Par.<\/i>, XX, 1; cf.\nInf.<\/i>, XXVI, 26): quegli ch'\u00e8 padre d'ogni mortal vita<\/i>\n(Par.<\/i>, XXI, 1; II, 6; cf. Mon.<\/i>, I, 11; Purg.<\/i>, XI, 116-117). \nNel Conv.<\/i>, III, 12: «Nullo sensibile in tutto il mondo \u00e8 pi\u00f9\ndegno di farsi esemplo di Dio, che il Sole, lo quale di sensibile\nluce s\u00e8 prima e poi tutti i corpi celestiali ed elementali\nillumina; cos\u00ec Iddio S\u00e8 prima con luce intellettuale illumina, e\npoi le celestiali e le altre Intelligenze» (e si legga quanto\nsegue al tratto qui riferito). Del differente modo e misura, \nonde le cose ricevono la luce dal Sole, e le anime la luce o i\ndoni di Dio, leggasi Conv.<\/i>, III, 7 (cf. Par.<\/i>, XXV, 54).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Perciò il Monte<\/i> era bello <\/i>(Inf.<\/i>, II, 120). <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II, 120","NotaFonte":"","TestoFonte":"che del bel monte il corto andar ti tolse","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"17","from":122.0,"to":123.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Personificazione della Frode in\nun orribile mostro, parte uomo, parte serpente e parte scorpione;\nal quale non per altro dovette Dante porre il nome di Gerione, se\nnon per reminiscenza del triplice corpo a Gerione attribuito\ndalle favole antiche, e per la mala fama che di costui correva\ntra gli adoratori di Ercole.  Ma odasi Giustino, XLIV: «Si\nafferma che Gerione non fu di triplice corporatura, siccome le\nfavole dicono; ma ch'erano tre fratelli tanto concordi, che\nparevano tre corpi governati da un'anima sola: n\u00e8 costoro aver\nmosso guerra ad Ercole, ma vedendosi da questo rapire i propri\narmenti, aver tentato di ricuperarli con l'armi.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Ma odasi Giustino, XLIV: «Si afferma che Gerione non fu di triplice corporatura, siccome le favole dicono; ma ch'erano tre fratelli tanto concordi, che parevano tre corpi governati da un'anima sola: nè costoro aver mosso guerra ad Ercole, ma vedendosi da questo rapire i propri armenti, aver tentato di ricuperarli con l'armi.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q210853","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/epitoma-historiarum-philippicarum-pompei-trogi","LuogoFonte":"Epitoma Historiarum Philippicarum Pompei Trogi XLIV, 4","NotaFonte":"L'origine del passo tradotto non \u00e8 chiara.","TestoFonte":"Porro Geryonem ipsum non triplicis naturae, ut fabulis proditur, fuisse ferunt, sed tres fratres tantae concordiae extitisse, ut uno animo omnes regi viderentur, nec bellum Herculi sua sponte intulisse, sed cum armenta sua rapi vidissent, amissa bello repetisse","UrlFonte":"https:\/\/www.thelatinlibrary.com\/justin\/44.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1","from":15461.0,"to":15464.0,"NomeAutore":"Marco Giuniano Giustino","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Pietro Lombardo il maestro\ndelle sentenze~, chiaro per i quattro famosi libri di teologia~,\nche hanno servito di testo in tante universit\u00e0.  Venturi — che\ncon la poverella ec.<\/i>  allude al proemio dell'istesso pietro che\nofferisce la sua opera alla Chiesa con tal modestia di formole~;\ncupientes aliquid de tenuitate nostra cum paupercula in\ngazophylacium Domini mittere<\/i>; la qual povera donna~, secondo s.\nLuca al cap. 21.  offer\u00ec al tempio due piccioli~, minuta duo.<\/i>\nLo stesso.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Che con la poverella<\/strong> ec.<\/i>  allude al proemio dell'istesso pietro che offerisce la sua opera alla Chiesa con tal modestia di formole; cupientes aliquid de tenuitate nostra cum paupercula in gazophylacium Domini mittere<\/i> [...].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q315347","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q78792604","LuogoFonte":"Prol. I","NotaFonte":"PL 192, 0521","TestoFonte":"Cupientes aliquid de penuria ac tenuitate nostra cum paupercula in gazophylacium Domini mittere, ardua scandere, opus ultra vires nostras agere praesumpsimus.","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=\/&text=11468:1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"107-108","from":9823.0,"to":9825.0,"NomeAutore":"Pietro Lombardo","TitoloFonte":"Sententiarum libri IV"},
{"Annotazione":"Piglia\nqueste parole dall'Apocalisse, dove \u00e8 scritto, che\ninginocchiandosi Giovanni evangelista a' piedi dell'angelo,\nricus\u00f2 l'angelo tal onore dicendo: Vide ne feceris, conservus\ntuus sum et fratrum tuorum<\/i> [Cap. 19 v. 10].  Landino.  Non\nerrar, conservo sono Teco<\/i> ec. leggono l'altre edizioni.  Il\nsacro testo per\u00f2 legge bens\u00ec conservus<\/i>, ma non conservus\ntecum.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Piglia queste parole dall'Apocalisse, dove è scritto, che inginocchiandosi Giovanni evangelista a' piedi dell'angelo, ricusò l'angelo tal onore dicendo: Vide ne feceris, conservus tuus sum et fratrum tuorum<\/i> [Cap. 19 v. 10].  Landino.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","LuogoFonte":"XIX 10","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et cecidi ante pedes eius, ut adorarem eum. Et dicit mihi: “ Vide, ne feceris! Conservus tuus sum et fratrum tuorum habentium testimonium Iesu. Deum adora. Testimonium enim Iesu est spiritus prophetiae ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#19","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"134-135","from":19447.0,"to":19460.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"},
{"Annotazione":"Pone ci\u00f2\nallusivamente al consiglio evangelico: Ambulate dum lucem\nhabetis, ut non vos tenebrae comprehendant<\/i> [Ioan.<\/i> 12, 35].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Pone ciò allusivamente al consiglio evangelico: Ambulate dum lucem habetis, ut non vos tenebrae comprehendant<\/i> [Ioan.<\/i> 12, 35].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"XII 35","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dixit ergo eis Iesus: “ Adhuc modicum tempus lumen in vobis est. Ambulate, dum lucem habetis, ut non tenebrae vos comprehendant; et, qui ambulat in tenebris, nescit quo vadat. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#12","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"56","from":6462.0,"to":6466.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"Poscia co' lumi suoi\nscorrenti si attirarono lo sguardo mio per entro di quella Croce\nGuiglielmo, e Rinoardo, e 'l Duca Gottifredi, e Roberto\nGuiscardo.  Il verbo trasse<\/b>, detto del solo Guiglielmo si\nriferisce per zeuma anche agli altri tre eroi.  Guiglielmo fu\nConte d'Oringa [o d'Orvenga<\/i>, come scrive il Vellutello, o\nd'Ouvergne<\/i>, come pensa il Venturi], e figliuolo del Conte di\nNarbona.  Rinoardo fu parente del prefato Guiglielmo.  Gottifredi\ndi Buglion, combattendo animosamente contra gl'infedeli per zelo\ndella religione Cristiana conquist\u00f2 Ierusalem, e ne fu fatto Re. \nRoberto Guiscardo Re di Sicilia, di cui altrove il Poeta\nmedesimo, Con quella, che sent\u00ec di colpi doglie Per contrastare\na Roberto Guiscardo<\/i> [Inf. XXVIII, 13 e seg.].  Daniello.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Roberto Guiscardo Re di Sicilia, di cui altrove il Poeta medesimo, Con quella, che sentì di colpi doglie Per contrastare a Roberto Guiscardo<\/i> [Inf. XXVIII, 13 e seg.].  Daniello.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVIII 13-14","NotaFonte":"","TestoFonte":"con quella che sentio di colpi doglie
per contastare a Ruberto Guiscardo;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=28&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46-48","from":17518.0,"to":17520.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Premesso che la particella\ndi<\/b> in questo terzetto sta per a<\/i> [Vedi lo stesso Cinon.\nPartic.<\/i> 80, 2], e che gli avverbi prima<\/i><\/b> e poscia<\/b>\nequivalgono alle preposizioni avanti<\/i><\/b> e dopo<\/i> [Vedi 'l\nVocabolario della Crusca agli articoli prima<\/i> e poi<\/i>], ecco il\nsenso: n\u00e8 per\u00f2 dopo cotali parole mosse Beatrice [intendi come\nfec'io<\/i>] l'occhio suo a riguardare pi\u00f9 attentamente di quello\nfacesse avanti: sapendo ella cio\u00e8 di certo quello ch'io non\nsapeva, ed aveva desiderio di sapere, se s. Giovanni fosse\ncolass\u00f9 in anima ed in corpo; come parecchi sacri spositori\nargomentano da ci\u00f2 che disse di lui Ges\u00f9 Cristo sic eum volo\nmanere donec veniam<\/i> [Ioan.<\/i><\/b> 21]. Piu\u00e8<\/i><\/b> in vece di pi\u00f9<\/i>,\nparagoge, non tanto in grazia della rima, quanto per cagione\ndell'accento mal volontieri dagli antichi Toscani pronunziato\nsopra dell'ultima sillaba.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
aveva desiderio di sapere, se s. Giovanni fosse colassù in anima ed in corpo; come parecchi sacri spositori argomentano da ciò che disse di lui Gesù Cristo sic eum volo manere donec veniam<\/i> [Ioan.<\/i> 21].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"XXI 22","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dicit ei Iesus: “ Si eum volo manere donec veniam, quid ad te? Tu me sequere ”. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115-117","from":25199.0,"to":25202.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"Pretende\nappunto Palefato, che dall'esser una comitiva di giovani di\nTessaglia posti la prima volta a cavallo per cacciare ed\nammazzare dei tori selvatici, che divastavano i campi, avvenuto\nsia che, veduti in cotal modo que' giovani dalla inesperta gente,\ncreduti fossero mezzo uomini e mezzo cavalli.  De non credendis\nfabulosis narrat<\/i>, cap. I.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Pretende appunto Palefato, che dall'esser una comitiva di giovani di Tessaglia posti la prima volta a cavallo per cacciare ed  ammazzare dei tori selvatici, che divastavano i campi, avvenuto sia che, veduti in cotal modo que' giovani dalla inesperta gente, creduti fossero mezzo uomini e mezzo cavalli.  De non credendis fabulosis narrat<\/i>, cap. I.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q580565","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/de-incredibilibus","LuogoFonte":"I","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sic vero illis abeuntibus, equorum caudae et virorum capita solum apparuere; ac spectaculum videntes inusitatum, dicere homines: \"Centauri ex Nephele proruentes multis nos malis afficiunt\". Ab hoc utiqui loquendi forma, conficta incredibilis fabula est, quomodo ex Nephele homo simul et equus, in monte esset progenitus.","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/bub_gb_lJQ-AAAAcAAJ\/page\/n45\/mode\/2up","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"57","from":10844.0,"to":10851.0,"NomeAutore":"Palefato","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Probabilmente fa Dante cos\u00ec\nparlar Cacciaguida per dinotare il parlare del di lui tempo [Vedi\nnel canto seg.  v.  33.].  Costruz.  O sanguis meus<\/i>, o gratia\nDei super infusa<\/i>, cui unquam ianua caeli bis reclusa sicut\ntibi<\/i>: O figlio mio~, o soprabbondevole in te divina grazia~, ed\na chi mai fu due volte aperta~, come sar\u00e0 a te~, la porta del\nParadiso~?  N\u00e8 \u00e8 arroganza~, dice il Landino~, che il Poeta\npronostichi questo di se~, perch\u00e8 consona con quello che disse\ndi sopra~, d'onde non si scende senza ritornare [U' senza\nrisalir nessun discende<\/i>, \u00e8 il verso 87.  del canto X. della\npresente cantica.].  Pe 'l cui unquam sicut tibi ec.<\/i>, credono\nil Vellutello e 'l Venturi che intenda Dante non essere s.  Paulo\nprima di morire stato in Paradiso~, come finge esso d'esservi\nstato~, in corpo ed anima~: perch\u00e8 s.  Paolo vi fu rapito in\nispirito<\/i>, dice il Vellutello~: perch\u00e8 s.  Paolo disse di se<\/i>,\nsive in corpore~, sive extra corpus nescio~, chiosa il Venturi.\nContrario per\u00f2 ad amendue questi spositori evidentemente si\ndimostra il poeta nostro Inf. II. 13.  e segg.~, ove dopo di aver\ndetto che di Silvio lo parente<\/i>, Corruttibile ancora ad\nimmortale Secolo and\u00f2<\/i>, e fu sensibilmente<\/i>, aggiunge~,\nAndovvi poi lo vas d'elezione ec.<\/i>, cio\u00e8 anch'esso\ncorruttibile<\/i>, col suo corruttibile corpo~, come Enea all'\nimmortale suolo and\u00f2.<\/i>  Direi io adunque piuttosto~, che debba\nil cui unquam ec.<\/i>  intendersi nel senso che i teologi appellano\naccomodo~, e come se fosse alla sentenza frapposto praeter\nPaulum.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Probabilmente fa Dante così parlar Cacciaguida per dinotare il parlare del di lui tempo [Vedi nel canto seg.  v.  33]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XVI 33","NotaFonte":"","TestoFonte":"ma non con questa moderna favella,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=83&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"28-30","from":14270.0,"to":14285.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Prosegue Dante la sua descrizione di questa lupa di avarizia, e\ndice: che a molti animali, a molti uomini bestiali questa lupa si\ncongiunge inseparabilmente a modo che mogliere; ed ancora saranno\npi\u00f9 cotali animali a cui si congiunger\u00e0 fin a tanto che verr\u00e0 un\nCane, cio\u00e8 un uomo di gran virt\u00f9, che caccer\u00e0 questa lupa, cio\u00e8\nquesto vizio nell'inferno, da onde per invidia venne al mondo. \nContinuando adunque dice Dante: molti son li animali, cio\u00e8 li\nuomini bestiali, a cui si ammoglia questa lupa, cio\u00e8 alli quali\nsi congiunge inseparabilmente a modo che mogliere, e pi\u00f9 saranno\nancora, infin che verr\u00e0 il veltro, cio\u00e8 il cane cos\u00ec chiamato,\nche la far\u00e0 morir questa lupa con doglia.  Veltro \u00e8 una specie di\ncane inimicissimo al lupo, e per\u00f2 Dante, secondo che per la lupa\nfigura avarizia, cos\u00ec per lo veltro significa il persecutor di\navarizia.  Di questo veltro descrive Dante le condizioni dicendo:\nnon ciber\u00e0 terra, n\u00e8 peltro etc.  Questa sua descrizione ha fatto\nDante molto dubbiosa, ed oscura, come quello, che parla di cose\nche hanno a venire.  In molti modi adunque s'intende questo\nveltro, e cos\u00ec la lettera del testo, ed ancora non ho trovato la\ncosa ben chiara e netta.  Ma in un modo forse pi\u00f9 di mente\ndell'autor nostro possiamo intender, che questo veltro sar\u00e0 un\nprincipe di somma virt\u00f9, sotto il quale saranno esterminati, e\nscacciati li vizi, e specialmente l'avarizia dal mondo, e\nciascuno si doner\u00e0 a virt\u00f9; ed io credo, che Dante, il quale\nfinge qu\u00ec Virgilio parlare, lo faccia parlare, non come\noblivioso, ma come quello, che ben si ricorda di ci\u00f2 che scrisse\nnella quarta Egloga della Bucolica<\/i> sua: Ultima cumaei venit jam\ncarminis aetas<\/i>, etc.  Ove disse, che gi\u00e0 veniva quella et\u00e0 della\nquale aveva parlato la profezia della Sibilla Cumea; gi\u00e0 veniva\nquella ragione, e quel figliuolo, sotto il quale cesserebbe la\net\u00e0 ferrea piena di vizi, e ritornerebbe quella prima et\u00e0 aurea,\nnella quale non si sapeva, che cosa fosse mio, n\u00e8 tuo.  Onde,\nperocch\u00e8 gi\u00e0 era venuta l'ultima et\u00e0, ma pur non gli pare, che\nsia venuto nel mondo il modo aureo di vivere, convenevolmente qu\u00ec\nsignifica Virgilio, che tal tempo verr\u00e0.  Esponiamo dunque il\ntesto.  In fin che il veltro, in fin che un sant'uomo verr\u00e0, che\nla far\u00e0 morir di doglia, cio\u00e8 inducendo nella mente degli uomini\navari doglia, e penitenza del loro peccato.  Seguita nel testo:\nQuesti, cio\u00e8 questo sant'Uomo non ciber\u00e0 terra, n\u00e8 peltro, non\nmetter\u00e0 sua affezione a beni temporali, ma ciber\u00e0 sapienza per la\nqual si esclude la ignoranza e cecit\u00e0 di mente, ciber\u00e0 amore, per\nlo quale si regga, e governi bene verso li sudditi suoi, e verso\nogni uomo, e ciber\u00e0 virtute, per la quale si disponga bene in se\nmedesimo ad ogni opra, ed intenzione, e cogitazione buona.  E non\nsolamente se medesimo, ma eziandio tutti li suoi ciber\u00e0 di tal\ncibo con sante leggi, ed instruzioni, scacciando ignoranza, e\nmostrando la via di ben vivere.  Seguita il testo: e sua Nazion\nsar\u00e0 tra Feltro e Feltro, cio\u00e8, come alcuni dicono, nascer\u00e0\ncostui in Italia intra la citt\u00e0 di Feltro della Marca Trevisana,\ne Montefeltro di Romagnola.  E prosegue: di quella umile Italia\nfia salute, per la qual Italia mor\u00ec di ferute la vergine Camilla,\ne mor\u00ec Eurialo, e Niso, e Turno.  Viene a dire, che questo\ngrand'uomo salver\u00e0 Roma, che, considerata l'altezza nella quale\ngi\u00e0 fu, appare umiliata e venuta s\u00ec basso, e tirannizzata pi\u00f9 che\ngli altri paesi.  Conciosiach\u00e9 per intelligenza della morte della\nvergine Camilla, e degli altri  qu\u00ec nominati nel testo, dobbiamo\nsapere, che nel principio dell'avvenimento di Enea in Italia,\npromesso ch'ebbe Latino re de' Latini ad Enea per mogliere la sua\nfiglia Lavinia, della quale gi\u00e0 prima era data speranza a Turno\nre de' Rutuli, fu mossa guerra intra Enea e Turno, pretendendo\nciascun di loro, Lavinia dover esser sua mogliere, ed in questa\nguerra, secondo i poeti, intra quelli della parte di Enea furon\nmorti due Troiani, Eurialo e Niso, compagni molto nominati per la\ngrande fede, ch'ebbero insieme; intra gli altri della parte\ncontraria fu morta Camilla regina de' Volsci, vergine bellicosa,\nla quale era venuta in soccorso di Turno, ed ancora fu morto in\nsuccesso della guerra il re Turno.  E tutto questo fu per amor di\nLavinia, alla quale dappoi la morte del padre spettava la\nsuccessione del suo regno situato in quella parte d'Italia, che\nora \u00e8 vicina a Roma di l\u00e0 dalla fiumara del Tevere.  Largamente\nsi potrebb'estendere questa istoria, chi volesse, ma questo\nbasti.  Seguita nel testo: Questi la caccer\u00e0<\/b>, etc.  Alcuni\nvogliono esporre questa lettera in dettrazione de' Prelati\necclesiastici la qual esposizione dico non essere onesta.  Onde,\nnon specificando pi\u00f9 di prelati, come di altri, dico, che Dante\nvuol significare che questo santo Principe esterminer\u00e0 il vizio\ndi avarizia fuori delle menti umane.  Ed a questo usa Dante di\npoetico parlare, come si puo veder nel testo, il qual \u00e8 chiaro\ncos\u00ec testualmente intendendolo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Guiniforto delli Bargigi 1440","FrammentoNota":"
Ma in un modo forse più di mente\r\ndell'autor nostro possiamo intender, che questo veltro sarà un\r\nprincipe di somma virtù, sotto il quale saranno esterminati, e\r\nscacciati li vizi, e specialmente l'avarizia dal mondo, e\r\nciascuno si donerà a virtù; ed io credo, che Dante, il quale\r\nfinge quì Virgilio parlare, lo faccia parlare, non come\r\noblivioso, ma come quello, che ben si ricorda di ciò che scrisse\r\nnella quarta Egloga della Bucolica<\/i> sua: Ultima cumaei venit jam\r\ncarminis aetas<\/i>, etc.  Ove disse, che già veniva quella età della\r\nquale aveva parlato la profezia della Sibilla Cumea; già veniva\r\nquella ragione, e quel figliuolo, sotto il quale cesserebbe la\r\netà ferrea piena di vizi, e ritornerebbe quella prima età aurea,\r\nnella quale non si sapeva, che cosa fosse mio, nè tuo.  Onde,\r\nperocchè già era venuta l'ultima età, ma pur non gli pare, che\r\nsia venuto nel mondo il modo aureo di vivere, convenevolmente quì\r\nsignifica Virgilio, che tal tempo verrà. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/eclogae","LuogoFonte":"IV, 4-10","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ultima Cumaei venit iam carminis aetas;
magnus ab integro saeclorum nascitur ordo:
iam redit et Virgo, redeunt Saturnia regna;
iam nova progenies caelo demittitur alto.
Tu modo nascenti puero, quo ferrea primum
desinet ac toto surget gens aurea mundo,
casta fave Lucina: tuus iam regnat Apollo.","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0056%3Apoem%3D4","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100-111","from":727.0,"to":735.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"Prov., XX, 3, «Onore \u00e8 all'uomo\nil separarsi dalle contese; ma tutti gli stolti si frammettono\nalle contumelie.» — Vi ha chi biasima questo episodio come\nsoverchio, v'ha chi (come il Biagioli) adduce a discolpa del\nPoeta il fine di dare a' lettori la lezione contenuta nell'ultimo\nverso. Pedanti del pari. Al generale effetto del quadro\nabbisognava questa impareggiabile dipintura dell'odio profondo e\nvillano ch'\u00e8 tra gli stessi dannati; non ultimo forse de' loro\ntormenti. \n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"È bassa voglia.<\/b> Prov., XX, 3, «Onore è all'uomo il separarsi dalle contese; ma tutti gli stolti si frammettono alle contumelie.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4579","LuogoFonte":"Proverbi XX, 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Honor est homini separari a contentionibus;
omnes autem stulti miscentur contumeliis.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_proverbiorum_lt.html#20","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"148","from":29858.0,"to":29861.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Proverbi"}, {"Annotazione":"Pu\u00f2 intendersi che\nsperasse potersi a riguardo dell'applaudito poema piegar gli\nanimi de' suoi concittadini a richiamarlo dall'esilio; e pu\u00f2\nintendersi che ci\u00f2 sperasse dal patrocinio di qualche potente\nsignore, e spezialmente di Can grande signor di Verona [Vedi la\nnota al can. XXXIII del Purg. 43 e segg. e vedi la Lettera con\ncui esso Dante dedica a Can grande questa sua terza cantica] —\ndel bello ovile<\/b>, della bella mia Fiorenza — ov'io dormii\nagnello Nimico<\/b> ec. ov'io innocente e della giustizia amico\nabitai, contrario ai prepotenti, che gli<\/b> [ad esso ovile<\/i>, ad\nessa citt\u00e0] danno guerra<\/i><\/b>, la opprimono.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Può intendersi che sperasse potersi a riguardo dell'applaudito poema piegar gli animi de' suoi concittadini a richiamarlo dall'esilio; e può intendersi che ciò sperasse dal patrocinio di qualche potente signore, e spezialmente di Can grande signor di Verona [Vedi la nota al can. XXXIII del Purg. 43 e segg. (...)]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXIII 43-45","NotaFonte":"","TestoFonte":"nel quale un cinquecento diece e cinque,
messo di Dio, anciderà la fuia
con quel gigante che con lei delinque.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=67&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"4-6","from":24392.0,"to":24395.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Quanto la di lui vista\nestendevasi vedeva dappertutto il cielo acceso: vedeva cio\u00e8 la\nsopraddetta sfera del fuoco. Questa<\/i> [torna il Venturi a dire\nqu\u00ec] era la luna veduta di l\u00ec molto da vicino, discernendosi\nmolto bene che la luce veniva in lei dal Sole.<\/i> Ma della Luna\n[ripetto io pure] parler\u00e0 Dante nel canto seguente come di cosa\nnon prima d'allora veduta: ma anche l'accensione della sfera del\nfuoco suppone Dante cagionarsi dallo sfavillare, com'esso vide,\nil Sole intorno qual ferro che bollente esce del fuoco<\/i> {v.60}:\nma lo stesso cielo dice qu\u00ec Dante acceso, e non un corpo dal\ncielo distinto, come bene dal cielo distingue la Luna nel\nseguente canto: ma Dante finalmente, accostandosi a quell'acceso\ncielo dice di accostarsi al sito onde fugge il fulmine [Versi 92\ne 93 del presente canto]; che non dal cielo della Luna, ma dalla\nsfera del fuoco fa egli discendere [Vedi Purg. XXXII, 109 e segg.\ne quella nota].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Questa<\/i> [torna il Venturi a dire quì] era la luna veduta di lì molto da vicino, discernendosi molto bene che la luce veniva in lei dal Sole.<\/i>  Ma della Luna [ripetto io pure] parlerà Dante nel canto seguente come di cosa non prima d'allora veduta<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. II 25-30","NotaFonte":"","TestoFonte":"giunto mi vidi ove mirabil cosa
mi torse il viso a sé; e però quella
cui non potea mia cura essere ascosa,
volta ver' me, sì lieta come bella,
\" Drizza la mente in Dio grata\", mi disse,
\"che n'ha congiunti con la prima stella\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=69&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79-81","from":541.0,"to":543.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Quanto \u00e8 cosa dura a dirsi, tanto \u00e8\ncosa amara a provarsi. \u00c8 il Virgiliano: Infandum, regina, iubes\nrenovare dolorem.<\/i> Infandum<\/i>, cosa dura a dirsi: dolorem<\/i>,\ncosa amara. L. C. Ferrucci.<\/i> Altri riferiscono il tanto \u00e8\namara<\/b> alla selva, cio\u00e8: questa selva \u00e8 tanto amara. Il senso \u00e8\nper altro lo stesso.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
È il Virgiliano: Infandum, regina, iubes renovare dolorem.<\/i>  Infandum<\/i>, cosa dura a dirsi: dolorem<\/i>,\r\ncosa amara. L. C. Ferrucci.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"II, 3","NotaFonte":"Si fa riferimento a Luigi Crisostomo Ferrucci (Lugo, 1797-Firenze, 1877)","TestoFonte":"Infandum, regina, iubes renovare dolorem","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus:text:1999.02.0055:book=2:card=1&highlight=renovare","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': '', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"7","from":41.0,"to":49.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"Quantunque non\ndica Dante il casato che del solo Rusticucci, contuttoci\u00f2\ncomunemente gli espositori assegnano a tutti costoro il casato di\nnobili Fiorentine famiglie, e dicono Farinata<\/b> essere stato\ndegli Uberti, Tegghiaio<\/b> Aldobrandi degli Adimari, Arrigo<\/b> de'\nFisanti, Mosca<\/b> degli Uberti o Lamberti.\n\n\tPretende il Volpi, che per ridursi il verso al giusto\nnumero di undici sillabe, debbasi nel pronunziare la voce\nTegghiaio<\/b> levarlesi la io<\/i>; e istessamente nel pronunziare\nUccellatoio<\/i> in quell'altro verso del Paradiso\n\n     Dal vostro Uccellatoio, che com'\u00e8 vinto<\/i> \n      [Canto XV, 110].\n\nCos\u00ec<\/i>, dice, usavano di fare qualche volta gli antichi.  Basti\nper tutti il Petrarca nel cap. 4 del Trionfo d'Amore<\/i>\n\n     Ecco Cin da Pistoia, Guitton d'Arezzo.<\/i>\n\n\tIo per\u00f2 non so darmi a credere, che n\u00e8 Dante, n\u00e8 'l\nPetrarca, n\u00e8 qualsivoglia altro poeta intendesse doversi in cotal\nmodo pronunziare alcuna parola dei loro versi.  Bens\u00ec piuttosto\npersuadomi che, come delle due e tre vocali soventemente, cos\u00ec\nanche delle quattro formassero eglino in questi casi una sillaba\nsola: spezie di crasi, che giusta il Buommatei direbbesi\nquadrittongo disteso<\/i> [Della lingua Toscana<\/i> tratt. 5]. \nEsempio pure di quattro vocali adunate in una sillaba \u00e8 quello\ndella voce figliuol<\/i> nel XXXIII di questa cantica.\n\n     Nel viso a miei figliuoi, senza far motto<\/i> \n      [Verso 48].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Pretende il Volpi, che per ridursi il verso al giusto numero di undici sillabe, debbasi nel pronunziare la voce Tegghiaio<\/b> levarlesi la io<\/i>; e istessamente nel pronunziare Uccellatoio<\/i> in quell'altro verso del Paradiso \r\n     Dal vostro Uccellatoio, che com'è vinto<\/i> \r\n      [Canto XV, 110].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XV 110","NotaFonte":"","TestoFonte":"dal vostro Uccellatoio, che, com'è vinto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=82&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79-81","from":5535.0,"to":5539.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Quasi dica: \u00e8 questo\nmio corpo d'altra materia da quello in cui io faceva ombra: ed \u00e8\nquello or da me tanto lontano, che mentre \u00e8 qu\u00ec mattina, l\u00e0 \u00e8\nvespro.  Per vespro<\/i>, come apparisce da' primi sei versi del XV\ndella presente cantica, intende il Poeta il resto del giorno dopo\nl'ora di nona; e per col\u00e0<\/b> intende Italia e Napoli: ed \u00e8 il\ndivario, che pone qu\u00ec tra l'ora che correva al Purgatorio e\nquella che correva in Italia, corrispondente al divario che pone\ntra essi luoghi nel detto canto XV ove avvisa, ch'era in Italia\nmezza notte mentre al Purgatorio rimanevano ancora tre ore di\ngiorno.  Imperocch\u00e8, acci\u00f2 questo avvenisse ne' primi d'aprile\n[Vedi la nota al v. 128 del canto XX dell'Inf.], in tempo\nd'equinozio, conveniva che nascesse il Sole all'Italia nove ore\nprima che al Purgatorio.  Di qu\u00ec ne viene che, supponendo essere\nallora al Purgatorio circa due ore di giorno [Raccogliesi dal\ncanto preced. v. 50, 57 ove accenna sorto fuor dell'orizzonte gi\u00e0\ntutto il segno dell'Ariete], doveva coerentemente porre in Italia\nnove ore di pi\u00f9, cio\u00e8 undici ore di giorno; che, in tempo\nd'equinozio, e quanto dire un ora avanti notte.  Bene adunque\ndice Vespero \u00e8 gi\u00e0 col\u00e0 dove sepolto \u00e8 'l corpo<\/b> ec.  — dov'\u00e8\nsepolto lo corpo, dentro al quale io facev'ombra<\/i><\/b>, leggono\nl'edizioni diverse dalla Nidobeatina.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per vespro<\/i><\/strong>, come apparisce da' primi sei versi del XV della presente cantica, intende il Poeta il resto del giorno dopo l'ora di nona.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XV 1-6","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quanto tra l'ultimar de l'ora terza
e 'l principio del dì par de la spera
che sempre a guisa di fanciullo scherza,
tanto pareva già inver' la sera
essere al sol del suo corso rimaso;
vespero là, e qui mezza notte era.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=49","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25-26","from":2066.0,"to":2070.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Quasi pronto a chinar l'ali<\/i> per\nvolar sugl'impegolati, come far\u00e0 nel C. seg. — Cagnazzo.<\/b> Lo\nstesso che livido.<\/i><\/b> — Libicocco<\/i><\/b>, Libbico; come Sirocco<\/i> da\nsiro.<\/i> Le leggende facevano i deserti della Libia popolati di\ndemonii. — Draghinazzo.<\/b> Da drago.<\/i><\/b> — Ciriatto.<\/i><\/b> \n«Perch\u00e8 ciro<\/i> (dice il Landino) non solamente in lingua\nrusticana de' nostri, ma in lingua greca, significa Porco.<\/i>> E\nperci\u00f2 lo fa sannuto.<\/b> — Rubicante<\/b>, rossicante: dal lat.\nrubor.<\/i><\/b> — I rimanenti si spiegan da s\u00e8: e tutti son trovati\nda Dante, salvo Farfarello<\/i><\/b>, ch'ei tolse dal popolo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Alichino<\/strong>. Quasi pronto a chinar l'ali<\/i> per volar sugl'impegolati, come farà nel C. seg. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXII, 112-117","NotaFonte":"","TestoFonte":"Alichin non si tenne e, di rintoppo
a li altri, disse a lui: “Se tu ti cali,
io non ti verrò dietro di gualoppo,
ma batterò sovra la pece l'ali.
Lascisi 'l collo, e sia la ripa scudo,
a veder se tu sol più di noi vali”.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=22","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"118-123","from":20194.0,"to":20195.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Quegli che (secondo Virgilio,\nAEn., II) con sue bugie indusse Priamo a ricevere in citt\u00e0\nl'esiziale cavallo di legno. — Da Troia<\/b>, famoso pel\ntradimento di Troia.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Sinon greco.<\/b> Quegli che (secondo Virgilio, Aen., II) con sue bugie indusse Priamo a ricevere in città l'esiziale cavallo di legno.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis II, 195-198","NotaFonte":"","TestoFonte":"Talibus insidiis periurique arte Sinonis
credita res, captique dolis lacrimisque coactis,
quos neque Tydides, nec Larisaeus Achilles,
non anni domuere decem, non mille carinae.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D2%3Acard%3D195","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"98","from":29486.0,"to":29488.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Quel Celestino, «Che fece per\nviltade il gran rifiuto.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Il mio antecessor.<\/b> Quel Celestino, «Che fece per viltade il gran rifiuto.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III, 59-60","NotaFonte":"","TestoFonte":"vidi e conobbi l'ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":26520.0,"to":26527.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Questa favola recita Ovidio, e\ntocca in pi\u00f9 suoi libri; lo quale Cerbero \u00e8 uno de' ministri di\nPlutone, re d'Inferno, e suo strumento, s\u00ec come si dice la\nfolgore essere strumento di Jove; ed \u00e8 cos\u00ec detto da ceros<\/i>\ngreco, ch'\u00e8 a dire carne, e voro, voras<\/i>, che sta per\nmangiare, quasi mangiante l'umana generazione; e hae tre teste,\nper\u00f2 che l'abitabile terra de' mortali, li quali ell[i] divora,\nsi divide in tre parti, cio\u00e8 Asia, e [E]uropia, e Africa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
Questa favola recita Ovidio, e\r\ntocca in più suoi libri;<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"IX, 182-185","NotaFonte":"Cerbero compare almeno in un altro luogo delle \"Metamorfosi\": \u00abQuo simul intrauit sacroque a corpore pressum \/ Ingemuit limen, tria Cerberus extulit ora \/ Et tres latratus semel edidit\u00bb (IV, 449-451).","TestoFonte":"Ergo ego foedantem peregrino templa cruore
Busirin domui saeuoque alimenta parentis
Antaeo eripui nec me pastoris Hiberi
Forma triplex nec forma triplex tua, Cerbere, mouit.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=OV%7Cmeta%7C009","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"98","from":8375.0,"to":8377.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Questa lezione~,\ntrovata in otto mss. dagli Accademici della Crusca~, merita\nd'essere preferita alla comune delle edizioni distinta da minori\nin maggi<\/i>; imperocch\u00e8~, o sia il sentimento~, che la Galassia\n[altrimenti appellata Via lattea<\/i>] biancheggi distinta in se\nmedesima da<\/i> [invece di per<\/i> [Vedi Cinonio Partic.<\/i> 70. 8.]]\nlumi ove minori~, ed ove maggiori~; ovveramente che biancheggi\ndistinta dagli altri celesti lumi~, minori e maggiori di essa\n[fuor di questi due sensi altro non sembra reperibile~], sempre\nda minori e maggi<\/i> dee leggersi~, e non da minori in maggi.\nMaggio<\/i> per maggiore<\/i> la \u00e8 apocope no solo dal poeta nostro\nmolte fiate adoprata [Vedi tra gli altri luoghi Inf. XXXI. 84.\nPar. VI. 120. XXVI. 29. ec.~], ma anche da atri antichi buoni\nscrittori per fino in prosa [Vedi il Vocabolario della Crusca.]\n— tra i poli del mondo<\/i>; dal polo artico all'antartico stendesi\nla Galassia di fatto — fa dubiar ben saggi<\/i> [lascia per ellissi\ndi premettere a saggi<\/i> l' articolo li<\/i>] accenna i vari dubbi o\nsieno opinioni ch'egli medesimo narra nel suo Convito [Tratt. 2.\ncap. 15.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Maggio<\/i> per maggiore<\/i> la è apocope no solo dal poeta nostro molte fiate adoprata [Vedi tra gli altri luoghi Inf. XXXI. 84. Par. VI. 120. XXVI. 29.  ec.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXI 84","NotaFonte":"","TestoFonte":"trovammo l'altro assai più fero e maggio.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=31&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97-99","from":13781.0,"to":13786.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Questa preghiera condizionata, che\ndal fondo dell'inferno manda a Dio un'anima condannata, \u00e8 uno de'\nsentimenti pi\u00f9 fini e delicati e gentili, colti dal vero.  Non\nc'\u00e8 la preghiera, ma ci \u00e8 l'intenzione; ci \u00e8 terra e inferno\nmescolati nell'anima di Francesca; una intenzione pia con\nlinguaggio ed abitudine di persona viva, ma che non giunge ad\nesser preghiera, perch\u00e8 accompagnata con la coscienza dello stato\npresente.  Fr. De Sanctis.<\/i>  — Per la tua pace<\/b>: Francesca\nvorrebbe pregare come Stazio, Purg. XXI, 13.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Per la tua pace<\/b>: Francesca vorrebbe pregare come Stazio, Purg. XXI, 13.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXI, 13 ","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"O frati miei, Dio vi dea pace\"","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=55&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"92","from":4627.0,"to":4628.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Questa similitudine \u00e8 assai\nchiara, perch\u00e8 questo animale sta in pantano, e sempre gracida,\ncome qui il demonio di questa palude; il serpente \u00e8 nimico delle\nrane, e per\u00f2 naturalmente il temono.  E qui [at]tribuisce la\npropriet\u00e0 di questo pericolo[so], e quasi non venenoso serpente\nbiscia all'Angelo; s\u00ec come fa la divina Scrittura, ch'atribuisce\nquesto nome serpente a Cristo: per la quale proprietade della\nsapienzia ch'elli ebbe, sono molto saputi li serpenti, e per\naltre proprietadi ch'ha in s\u00e8.  E dice l'Autore, ch'elli passava\nquella trista palude, s\u00ec che non li bagnava li piedi; e dice, che\ncon la sinistra mano l'aere grasso, e fastidioso per la\ncorruzione del peccato, elli rim[ovea] del volto suo; la quale\nera tanta, che al giudicio grosso di s\u00e8 Dante umano, elli parea\nche esso ne fosse lasso.  Nota qui che parea, ma non era; e questo\n\u00e8 per la debilit\u00e0 del nostro intelletto, che dalli sensi\ncorporali aprende; e dice la sinistra, per\u00f2 che in quelle parti\ninferiori l'Angelo usa la sua minore potenzia; ma non \u00e8\nappropriata alla potenzia.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
E qui [at]tribuisce la\r\nproprietà di questo pericolo[so], e quasi non venenoso serpente\r\nbiscia all'Angelo; sì come fa la divina Scrittura, ch'atribuisce\r\nquesto nome serpente a Cristo: per la quale proprietade della\r\nsapienzia ch'elli ebbe, sono molto saputi li serpenti, e per\r\naltre proprietadi ch'ha in sè.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"3, 14-15","NotaFonte":"C'\u00e8 almeno un altro passo in cui Cristo menziona il serpente come creatura positiva; cfr. Matteo 10, 16: \u00abEcce ego mitto vos sicut oves in medio luporum; estote ergo prudentes sicut serpentes et simplices sicut columbae\u00bb. In questo caso, per\u00f2, la qualit\u00e0 del serpente (che non \u00e8 \"saputo\", come vorrebbe l'Ottimo, ma \"astuto\") \u00e8 riferita all'intera comunit\u00e0 dei fedeli, mentre solo nel passo giovanneo si instaura un parallelo tra il serpente di Mos\u00e8 e la figura di Cristo.","TestoFonte":"[14]<\/strong> Et sicut Moyses exaltavit serpentem in deserto, ita exaltari oportet Filium hominis, | [15]<\/strong> ut omnis, qui credit, in ipso habeat vitam aeternam ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"76-84","from":8216.0,"to":8219.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"Questa ultima parte del\ncapitolo tocca tre cose; in prima una domanda che fa l'Autore\nalla detta amata; l'altra la risposta, e la compassione, che\nl'amante mostra nella recitazione che fa l'amata; la terza la\ncompassione dell'Autore verso li due amanti.  La seconda cosa\ncomincia qui — Ed ella a me<\/i> {v.121}; la terza nella fine del\ncapitolo quivi — S\u00ec, che di pietade<\/i> {v.140}.  Nella sua\ndomanda l'Autore mostra avere compassione e tristizia\nall'afflizione, e pena dello amato, e domanda de' segnali\nd'amore, per li quali si manifesta l'amante.  Nella risposta\nl'amata Francesca, prima propone uno notabile, che nullo \u00e8\nmaggiore dolore, che ricordarsi del tempo felice, cio\u00e8 che quando\nl'uomo \u00e8 in stato misero ricordasi del tempo della prosperitade:\ne questo fa mostrare quanto e' sia grave a sodisfare a l'Autore\ndi sua domanda, e quanto li dice essere caro tale sodisfazione;\npoi procede alla satisfazione quivi — Noi leggevamo<\/i> {v.127}\nec.  Ultimamente dice l'Autore s\u00e8 per compassione essere\ntramortito, e qui finisce il capitolo.  Nota dunque che\nl'allegrezza della filicitade sciampia, e dilata l'animo, e cos\u00ec\nla memoria della miseria il raccerchia, e ristrigne.  Onde Enea\nadomandato da Dido di raccontare le fatiche di Troia, comincia:\nInfandum Regina jubes renovare dolorem.<\/i>  Mosse l'Autore a fare\nquesta domanda, per\u00f2 che Francesca non dovea sospicare, che Paolo\nsuo cognato l'amasse di folle amore.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
Nota dunque che\r\nl'allegrezza della filicitade sciampia, e dilata l'animo, e così\r\nla memoria della miseria il raccerchia, e ristrigne.  Onde Enea\r\nadomandato da Dido di raccontare le fatiche di Troia, comincia:\r\nInfandum Regina jubes renovare dolorem.<\/i>  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"II, 3-6","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Infandum, regina, iubes renouare dolorem<\/em>,
Troianas ut opes et lamentabile regnum
Eruerint Danai, quaeque ipse miserrima uidi
Et quorum pars magna fui.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C002","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115-120","from":4785.0,"to":4788.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Questa \u00e8 la quistione, che\npropone l'Autore, la quale assai \u00e8 tocca nella generale chiosa a\ntutto questo VIIIJ capitolo fatta; ma un poco di questa [Eritt]on\ndiremo. Questa fue magica incantatrice in Grecia nella contrada\ndi Tesaglia: partita dalla citt\u00e0, dalli usi, e modi delle femine,\ne degli uomini, la sua vita, scrive Lucano, era in caverne, e\ninvocava diavoli, spesso usava tra le sepolture de' morti, per\u00f2\nch'al suo uso operava teste, e ossa d'uomini morti. Lucano dice\ndi lei nel VI libro, che apparecchiandosi di combattere Cesere\ncon Pompeo, Sesto figliuolo di Pompeo, disideroso di sapere il\nfine della battaglia, cerc\u00f2 di costei, e lei trovata essalt\u00f2e con\nsolenne laude, fama, [e] gloria, acci\u00f2 ch'ella il consigliasse, e\nli predicesse il fine della battaglia; delle quali laude\nallegratasi, dice il testo, quivi la crudele s'alegra. Udito il\nnome della sua fama, comand\u00f2 che a lei fusse recato un corpo di\nfresco morto, delli quali era gran copia in Tesaglia; ed ella\nmedesima la notte v'and\u00f2e a sceglierlo; e con uno uncino lo\nstrascin\u00f2e nella caverna di quello monte, ch'avea a ci\u00f2 diputato,\ne con sue erbe, mal\u00ece, e incantamenti l'anima, ch'era in\nInferno, dice che rivoc\u00f2 in quello corpo. Per la detta anima\ndisse a Sesto, che nello Inferno avea vedute le infernali Furie,\nli tristi stami, che significano in troncare delle vite umane, e\nla crudele sconcordia che conduceva l'anime romane; e che le\ncrudeli armi rompeano li riposi d'Inferno; e che diversi dogi\nlasceranno ad altri le pietose seggie, e ad altri li tristi\nluoghi d'Inferno; e che le felici ombre avranno tristo viso ec.;\ne disse il fine della battaglia sotto parole scure, le quali\nfurono queste in effetto: O giovane, portatene questo conforto;\nche tu aguati con piacevoli anime l'anima del tuo Padre, e della\ntua casa, e ch'elli serba il luogo del regno d'Inferno nella\nparte serena; n\u00e8 la gloria di piccola vita ti renda sollecito:\nelli verr\u00e0 l'ora, che mescoler\u00e0 li duchi tutti all'afrettata\nmorte ec. E infra: O casa [degna] d'avere misericordia] in tutto\nil mondo non vedra[i] pi\u00f9 scuro luogo che Tesaglia. Certo,\nPompeo non fu morto in Tesaglia, ma fuggendo in Egitto. Credesi\nche in quello medesimo paese vegnendo e fuggendo dinanti da\nOttaviano Agusto Cassio e Bruto, che uccisero Cesere, che elli\ndimandassero costei medesima dello loro fine, e ch'ella allora\nper forza di congiurazione traesse Virgilio, allora nuovamente\nmorto, de Limbo, e mandassilo per un'anima nel cerchio dov'\u00e8\nJuda, come qui dice il testo, dove in uno punto fue, e vide\ndiritte ratto tre Furie. Di poi che l'Autore hae trattato della\nincontinenza; intende in questa parte, della seconda parte de'\nvizj, cio\u00e8 di malizia, nella quale viene eresia di fede, che si\npunisce. Nell'entrare di Dite, dove ella \u00e8 soppelita, \u00e8 a\ndenotare la coruzione, e velenositade dell'eretica pravitade. In\nluogo d'offiziale introduce qui tre Furie infernali, avendo\nvenenosi serpenti per capell[i]; e graffiavansi il viso, e\nbatiensi le palme, stridevano, gridavano, chieggendo aiuto contro\nl'Autore, cio\u00e8 l'aiuto di Medussa, per farlo d'uomo convertire in\nstatua di pietra, s\u00ec come secondo li poeti facea Medussa qui nel\nmondo. A denotizia delle quali cose \u00e8 da sapere le favole, che\nqui s'inducono, e le sposizioni di questi nomi, e gloria di\nqueste furie, e come s'adattano alla materia, e al luogo che qui\nsi tratta sicondo li poeti. Uno Forcus re, figliuolo di Ceto,\nebbe tre figlie chiamate Gorgoni per generale nome, ma\nparticularmente l'una ebbe nome Steno, l'altra Euriale, la terza\nMedussa, della quale qui si fa menzione; la quale Medussa fu di\npi\u00f9 tempo che l'altre, e pi\u00f9 ricca, e per\u00f2 ella ritenne\nmaggiormente questo nome Gorgone, che \u00e8 greco, e viene a dire\namplificatore di terra. Ella succedette come maggiore al padre\nnelli primi onori nel regno. Intese ad acrescerlo, per\u00f2 che di\nlui non rimase maschio. Questa giacque con Nettuno Dio del mare,\nnel temp[i]o di Minerva Dea della sapienzia; della quale ingiuria\nadirata la Dea, convert\u00ec li suoi biondissimi capelli, delli quali\nella pi\u00f9 si magnificava, e che in lei sopra altra bellezza\npiacevano, in serpenti; li quali, come l'abondanzia de' capelli\nla coprivano, li coprirono tutta la persona, e erano di s\u00ec\nvenenosa spezie, e corruttiva disposizione, che chiunque li\nguatava, si convertiva in pietra, cio\u00e8 moriva, o vero smerava. \nPerseus, figliuolo di Jove e di Danae, a tore via questo pericolo\ndi terra, prese uno scudo coperto di specchi, tale ch'elli vedea\nla Gorgone, e la Gorgone non vedea lui; e armato and\u00f2e a lei, e\ntagliole la testa, nella quale nientemeno rimase la proprietade\nintera; onde a chiunque Teseo volgeva la testa della Gorgone, s\u00ec\nsi convertia in pietra, e rimanevasi in quello abito stante\nch'elli era: verbi grazia, se era armato, in quello atto che con\nl'armi stava, in quello fatto pietra rimaneva; se era uomo, o\nfemina disarmato, similemente; e di questa moltitudine di statue\nscrive Ovidio, essere fatte di cavalieri che combattevano contra\nTeseo nel palagio di Cefeo, quando elli ne men\u00f2 per forza\nAndrom[eda] figliuola di detto Cefeo, come scrive Ovidio nel\nMetamorphoseos<\/i> Libro V; e questo \u00e8 quello, che di[c]e — Venga\nMedusa, s\u00ec 'l farem di smalto<\/i>; cio\u00e8 di pietra. E come dice di\nsopra, Teseo prese il regno di Medussa, tagliole la testa,\nsparole il ventre, del cui sangue nacque il Pegaso, cio\u00e8 il\ncavallo con l'alie, lo quale corendo a[l] monte Elicona cav\u00f2e la\nterra, e produsse fuori una fontana, dove beono le Muse, e li\nPoeti. Per Medussa prendiamo la dimenticanza, a la quale Perseo,\ncio\u00e8 l'uomo savio, taglia la testa, quando colla tenace memoria\nsempre intende. Morta la dimenticanza, nasce il Pegaso, lo quale\nsecondo Fulgenzo \u00e8 interpetrato fama etterna; il quale si dice\nalato, per\u00f2 che la memoria tutte le cose visibili, e invisibili\ncol veloce pensiero cerca, per\u00f2 che di sapienza nasce fama ec. Il\nPegaso corre al monte della sapienzia, cio\u00e8 Elicona, e producene\nfuori uno rivo, cio\u00e8 le scienze che sono a contentare il\ndisiderio di coloro, che vogliono sapere, e materia di scritture. \nOnde non sanza cagione le Furie chiamano Medussa, cio\u00e8\ndementicanza, che impedisca Dante d'entrare alla cognizione delle\nscienze d'Inferno, cio\u00e8 della vilt\u00e0 delle cose mondane pi\u00f9 note a\nnoi, acci\u00f2 che pi\u00f9 non possa salire alla notizia delle meno note,\ncio\u00e8 delle cose celestiali, ma quello che ha veduto dimentichi. \nE, come \u00e8 detto, [fu] Medussa la maggiore figliuola di Forcus,\nper\u00f2 che fu molto astuta in guardare le ricchezze del regno\naquistato per rendite di porti di mare; e dicono, ch'ella giacque\ncon Nettuno nel tempio della sapienzia, la quale sapienzia li\nsuo' capelli convert\u00ec in serpenti astuti, la cui testa tolta,\ncio\u00e8 il cui regno ritenne la natura segace di conservare le\nterrene ricchezze. E cos\u00ec come l' astuzia, e malizia vinse in\nMedussa il senno, e sapienza, o veroavanz\u00f2 in lei la malizia;\ncos\u00ec nelli eretici, li quali per sotigliezza vogliono caluniare\nla veritade, e quindi perdono il proprio essere. Queste tre\nFurie, delle quali qui si parla, l'una ch' ha nome Aletto, \u00e8\ninterpetrata non pausabile, cio\u00e8 sanza posa, o contenditrice, la\nquale anco risponde al malvagio pensiero. Tesifone \u00e8\ninterpetrata, sopposta voce, cio\u00e8 malvagio parlare; e corrisponde\nalle male parole. Megera \u00e8 interpetrata, grande co[nten]zione, o\ngrande fermezza di male; e corrisponde alla mala perseveranza\ndelle male operazioni. E cos\u00ec queste tre Furie rapresentano la\n[e]retica malizia, della quale nulla n'\u00e8 pi\u00f9 grave, n\u00e8 tanta, il\ncui pensamento \u00e8 Aletto, cio\u00e8 tempestoso; il parlare Tesifone,\ncio\u00e8 malvagio, e abominabile; l'operazione Megera, perseverante\nin male, e tenace. Altri sono, che queste tre Furie atribuiscono\nad ira, e a cupidit\u00e0, e a lussuria; cio\u00e8 all'ira [Aletto], ch'\u00e8\nimpausabile; Tesifone danno alla cupidigia; Megera danno\nall'appetito carnale di lussuria, che procede non per procreare\nfigliuoli, ma per dilettazione, e ch'\u00e8 perseverante in tale\ndiletto reo: avegnach\u00e8 in ciascuno peccato mortale si possa dire\nche intervenga le allegorie di queste tre Furie, cio\u00e8 mal\npensare, [mal] parlare tenacemente, male opere; le quali furono,\nsecondo li Pagani, in forma di tre femmine con li serpenti. Erano\nfigurate, e chiamate Dee; e s\u00ec come in pi\u00f9 chiose \u00e8 detto, li\npoeti confermando cotali oppinioni, ne scrivono versi, dando a\nciascuna qualitade corporale, e operazione per suo motore alcuna\npotenzia, o virt\u00f9, [e] la chiamano Dea. Elli chiamano Minerva\nDea di sapienza, Pallas Dea di laneficio, Venus Dea di lussuria\nec. E cos\u00ec chiamano queste Furie, Dee; per le cui\ninterpetrazioni s'intendono le tre qualitadi, delle quali ciascun\nmale si muove: malo pensamento, disonesto parlare, malvagia\noperazione; e pongonsi questi serpenti intorno delle tempie e del\ncapo, a significare che questa eresia venenosa, e empia prima\nprende la imaginativa, che \u00e8 dinanzi, poi la diliberativa, che \u00e8\nin mezzo, ultimo la memoria, ch'\u00e8 di drieto; s\u00ec che potemo dire,\nche Megera occupa la memoria, Tesifone la discretiva, Aletto la\nimaginativa, nella quale \u00e8 il primo moto. Altri dice, che Aletto\n\u00e8 a dire sanza posa, Megera grande contenzione, Tesifone vendetta\ndi morte; le quali, come dice, si fendeano con l'unghie il petto,\ne batteansi a palma, e urlavano, a denotare il sommo dolore e\ntristizia, che hanno li eretici, vedendo l'umanitade sotto la\nguida e conducimento della ragione. Ultimo diceano — Mal non\nvenghiammo in Teseo l'assalto<\/i> {v.54}; qual si dicano: se Teseo\nfosse stato ben punito delle offensioni, ch'elli fece, nullo\naltro sarebbe stato mai ardito d'avere assalito il Ninferno,\npotendo. Vuolsi intendere che queste Furie temono, che l'andata\ndi Dante sia per trarne alcuna delle loro care cose, s\u00ec come\nTeseo fece. Conta prima la favola di Teseo, alcuni ferono poi\nl'alegoria. L'alegoria della favola brievemente scriveremo. \nScrive Ovidio nel VII libro di Metamorphoseos<\/i>, che Teseo e\nPiritoo amicissimi si vantarono di non torre moglie, se non\nfossero delle figliuole di Jove. Teseo rap\u00ec Elena figliuola di\nJove, e serocchia di Poluce e di Castore; ma li detti fratelli\npresa la madre di Teseo, ri[eb]bon la sirocchia. Piritoo non\npotendo avere in terra delle figliuole di Jove, e udendo dire che\nin Inferno n'aveva una (cio\u00e8 era Proserpina, la quale elli ebbe\ndi Cerere), discese con Teseo in Inferno per rapirla, li quali\nfurono ritenuti, e tormentati duramente: finalmente Piritoo fu\nlasciato ire liberamente sanza Proserpina, il quale and\u00f2 ad\nErcule, ed anunzioli che Teseo era preso dalle Furie. Allora\nErcule discese in Inferno colla mazza ferrata per diliberare\nTeseo, e fu da Caron menato per nave. Cerbero vedendo che Caron\nconducea uomo in carne, morse Caron fortemente; la qual cosa\nvedendo Ercule, tir\u00f2 Cerbero per la coda, e fedillo s\u00ec forte\ndella mazza, che li fece gittare per bocca la venenosa schiuma, e\ndiliber\u00f2 Teseo dello Inferno; e per\u00f2 dicono le Furie — Mal non\nvenghiammo in Teseo l'assalto<\/i> {v.54}; che se fosse a pieno\nvendicato, Ercule non arebbe avuto ardire di venirlo a\nliberar[e]. O vero, che Piritoo and\u00f2e solo per rapire\nProserpina, e fue ritenuto, e incontanente legato; la qual cosa\nudito Perseo suo amicissimo, and\u00f2e in Inferno, e prese per la\nbarba Cerbero, e divelsegliele, e liber\u00f2 il suo amico di pena. \nOra alla allegoria della favola brievemente. Perseo fu figliuolo\ndi Jove; Jove \u00e8 posto per lo pi\u00f9 nobile elemento, cio\u00e8 il fuoco,\ne Perseo \u00e8 interpetrato virt\u00f9; la virt\u00f9 disidera le pi\u00f9 nobili\ncose, e sempre ad esse atende, e per\u00f2 piglia, e atraele a s\u00e8. \nPiritoo viene a dire soperchio; questo disidera quello che a lui\nnon si conviene, e non trovandolo in terra, cerca nelle sue pi\u00f9\nvili parti. Proserpina viene a dire terra; ora dice che \u00e8 serpe,\ne avolgesi per la terra, la qual \u00e8 moglie di Pluto, che viene a\ndire Padre di ricchezze; per\u00f2 che la terra, e cose terrene sono\nspose de' richi; il soperchiante vuole torre a ricco la sua\nsposa, quelli il ritiene, e incatena; la virt\u00f9, volendo il\nsoperchiante liberare e regolare, va in suo soccorso, percuote\nCerbero, che viene a dire divoratore di carne, e trali delle mani\nquesto soperchio. Ercule viene a dire forma d'uomini forti:\nalcuna volta l'uomo virtuoso si d\u00e0 tanto a contemplare le cose\nterrene, che si acompagna col soperchio, e amenduni ditenuti in\nquello, la fama che riede nella memoria del vertuoso il ritrae\nquindi, e rimenalo alle sue prime virt\u00f9 di operare; e questo\nbasti all'alegoria.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
Questa è la quistione, che\r\npropone l'Autore, la quale assai è tocca nella generale chiosa a\r\ntutto questo VIIIJ capitolo fatta; ma un poco di questa [Eritt]on\r\ndiremo.  Questa fue magica incantatrice in Grecia nella contrada\r\ndi Tesaglia: partita dalla città, dalli usi, e modi delle femine,\r\ne degli uomini, la sua vita, scrive Lucano, era in caverne, e\r\ninvocava diavoli, spesso usava tra le sepolture de' morti, però\r\nch'al suo uso operava teste, e ossa d'uomini morti.  Lucano dice\r\ndi lei nel VI libro, che apparecchiandosi di combattere Cesere\r\ncon Pompeo, Sesto figliuolo di Pompeo, disideroso di sapere il\r\nfine della battaglia, cercò di costei, e lei trovata essaltòe con\r\nsolenne laude, fama, [e] gloria, acciò ch'ella il consigliasse, e\r\nli predicesse il fine della battaglia; delle quali laude\r\nallegratasi, dice il testo, quivi la crudele s'alegra.  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"VI, 604-605","NotaFonte":"","TestoFonte":"Impia laetatur uulgatae nomine famae
Thessalis et contra [...]","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=LVCAN%7Cphar%7C006","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"16-42","from":7782.0,"to":7785.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, {"Annotazione":"Questa \u00e8 la sesta parte di\nquesto capitolo, nella quale la IJ ombra di Messer Cavalcante,\npadre di Guido, si manifesta; e qui denota li atti in costui, i\nquali si conveniano a cert'usi di quello, ch'elli volea sapere;\nonde \u00e8 da notare, che l'Autore e Guido Cavalcanti, figliuolo di\nMesser Cavalcante, furono contemporanei, cio\u00e8 ad uno tempo, e\namicissimi; la quale amistade si cre\u00f2 in loro per similitudine\nd'abito scientifico, e per similitudine di costumi, e di\npassioni d'animo, e di vita, e di parzialitade, e di\ncittadinanza: le quali similitudini tennero in amistade congiunti\nli animi de l'Autore e di Guido, tanto quanto Guido visse;\namendue studiarono in Firenze, amendue amarono per amore, amendue\nparlaron in rime, canzoni, e altre spezie di dire con misura di\npiedi, e di tempi silabitati, amendue seguitaron un volere in\ngovernare la Replubica di Firenze, per la quale con gli altri\nfuron chiamati Bianchi, e per quello volere cacciati furono di\nFirenze con gli altri, come tocca infra in pi\u00f9 luoghi, e\nspezialmente quivi — Qual si part\u00ec Ippolito<\/i> ec., capitolo\nXVII Paradisi.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
amendue studiarono in Firenze, amendue amarono per amore, amendue\r\nparlaron in rime, canzoni, e altre spezie di dire con misura di\r\npiedi, e di tempi silabitati, amendue seguitaron un volere in\r\ngovernare la Republica di Firenze, per la quale con gli altri\r\nfuron chiamati Bianchi, e per quello volere cacciati furono di\r\nFirenze con gli altri, come tocca infra in più luoghi, e\r\nspezialmente quivi — Qual si partì Ippolito<\/i> ec., capitolo\r\nXVII Paradisi.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Paradiso XVII, 46-48","NotaFonte":"","TestoFonte":"Qual si partio Ipolito d'Atene
per la spietata e perfida noverca,
tal di Fiorenza partir ti convene.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=84&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"52","from":9002.0,"to":9004.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Queste cagne, secondo Pietro\ndi Dante, figurano i creditori, e a' debitori almeno la\nspiegazione deve piacere. — Sopra quel luogo di Virgilio, nel\nVII dell'Eneide: «Hunc... rabidae venantis Iuli Commovere\ncanes,» il Minelli chiosa: «Rispetto agli animali, \u00e8 stato\nnotato che quando si tratti di ferocit\u00e0, soglion nominarsi le\nfemine; quando di generosit\u00e0, i maschi.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Sopra quel luogo di Virgilio, nel VII dell'Eneide: «Hunc... rabidae venantis Iuli Commovere canes»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis VII, 493-494","NotaFonte":"","TestoFonte":"Hunc procul errantem rabidae venantis Iuli
commovere canes, fluvio cum forte secundo","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D7%3Acard%3D475","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"125","from":12356.0,"to":12359.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Queste sono parole de\nl'Angelo in confusione delli demonj, nelle quali tocca la loro\nprima, e vera cacciata; poi tocca la favolica offensione, che\nfece Ercule a Cerbero, infino quivi. Come li angeli mali\ninsuperbiti contro al loro sommo Creatore Idio fossero cacciati\ndi Cielo di qui al centro della terra, detto Inferno, ciascuno\nfedele Cristiano hae appreso per la divina Scrittura, che ci\u00f2e\napertamente pone. Dice l'Autore medesimo, ch'elli furono circa\nla X parte di tutti gli ordini degli Angeli, e che di ciascuno\nordine pecc\u00f2e e cadde. Questo pone l'Autore in una chiosa di\nquella sua canzone, che comincia — Voi, che 'ntendendo il terzo\nCiel movete,<\/i> ec.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
Queste sono parole de\r\nl'Angelo in confusione delli demonj, nelle quali tocca la loro\r\nprima, e vera cacciata; poi tocca la favolica offensione, che\r\nfece Ercule a Cerbero, infino quivi.  Come li angeli mali\r\ninsuperbiti contro al loro sommo Creatore Idio fossero cacciati\r\ndi Cielo di qui al centro della terra, detto Inferno, ciascuno\r\nfedele Cristiano hae appreso per la divina Scrittura, che ciòe\r\napertamente pone.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131458","LuogoFonte":"14, 12-15","NotaFonte":"","TestoFonte":"[12]<\/strong> Quomodo cecidisti de caelo, lucifer, fili aurorae? | Deiectus es in terram, qui deiciebas gentes, [13]<\/strong> qui dicebas in corde tuo: | “In caelum conscendam, | super astra Dei exaltabo solium meum, | sedebo in monte conventus | in lateribus aquilonis; | [14]<\/strong> ascendam super altitudinem nubium, | similis ero Altissimo”. | [15]<\/strong> Verumtamen ad infernum detractus es, | in profundum laci.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_isaiae_lt.html#14","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"91","from":8325.0,"to":8329.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro di Isaia"},
{"Annotazione":"Questi tengon fuori del ghiaccio la\nsola testa, perch\u00e8 tradire la patria \u00e8 pi\u00f9 che tradire i\ncongiunti, i quali sono in quella compresi.  Cicerone, De Off.,\nI, 17: «Chari sunt liberi, propinqui, familiares; sed omnes\nomnium charitates patria una complexa est.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Tra le teste.<\/b> Questi tengon fuori del ghiaccio la sola testa, perchè tradire la patria è più che tradire i congiunti, i quali sono in quella compresi. Cicerone, De Off., I, 17: «Chari sunt liberi, propinqui, familiares; sed omnes omnium charitates patria una complexa est.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1180721","LuogoFonte":"De officiis I, 57","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cari sunt parentes, cari liberi, propinqui, familiars, sed omnes omnium caritates patria una complexa est, pro qua quis bonus dubitet mortem oppetere, si ei sit profuturus?","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A2007.01.0047%3Abook%3D1%3Asection%3D57","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"77","from":31474.0,"to":31477.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":"De officiis"},
{"Annotazione":"Questi \u00e8 Caifas, che disse\nnel Sinedrio, essere spediente che un uomo morisse per il popolo\n(Joan., XI, 50), mascherando con l'amore del pubblico bene l'odio\nsuo contro Cristo: e a buon dritto ha tra gl'ipocriti quello\nstesso supplizio di cui fu cagione all'innocente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Consigliò<\/strong> ec. Questi è Caifas, che disse nel Sinedrio, essere spediente che un uomo morisse per il popolo (Joan., XI, 50), mascherando con l'amore del pubblico bene l'odio suo contro Cristo: e a buon dritto ha tra gl'ipocriti quello stesso supplizio di cui fu cagione all'innocente. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"Giovanni XI, 49-50","NotaFonte":"","TestoFonte":"Unus autem ex ipsis, Caiphas, cum esset pontifex anni illius, dixit eis: “ Vos nescitis quidquam nec cogitatis quia expedit vobis, ut unus moriatur homo pro populo, et non tota gens pereat! ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#11","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"116-117","from":22270.0,"to":22271.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"Questo\nveltro<\/i> {v.101}, cio\u00e8 il nuovo ordinatore d'Italia, non avr\u00e0\nfame, n\u00e8 far\u00e0 alcuna stima n\u00e8 di terre n\u00e8 di denaro, ma i suoi\nriguardi saranno rivolti alla sapienza e alla virt\u00f9; talch\u00e8\nl'avarizia, mancandole il principale scopo, sparir\u00e0 dai suoi\nStati, nei quali torner\u00e0 la modestia, l'eguaglianza, la libert\u00e0 e\nla pace.  Vedi nel primo della Monarchia le sue idee intorno\nall'imperadore, da cui esclude ogni cupidit\u00e0.  — Peltro<\/b> \u00e8\nstagno raffinato con argento vivo: qui \u00e8 preso per denaro in\ngenrale, come l'aes dei Latini.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Brunone Bianchi 1868","FrammentoNota":"
Questo veltro<\/i> {v.101}, cioè il nuovo ordinatore d'Italia, non avrà fame, nè farà alcuna stima nè di terre nè di denaro, ma i suoi riguardi saranno rivolti alla sapienza e alla virtù; talchè l'avarizia, mancandole il principale scopo, sparirà dai suoi Stati, nei quali tornerà la modestia, l'eguaglianza, la libertà e la pace.  Vedi nel primo della Monarchia le sue idee intorno all'imperadore, da cui esclude ogni cupidità.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q134221","LuogoFonte":"I, xiii, 7-8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cum ergo Monarcha nullam cupiditatis occasionem habere possit vel saltem minimam inter mortales, ut superius est ostensum, quod ceteris principibus non contingit, et cupiditas ipsa sola sit corruptiva iudicii et iustitie prepeditiva, consequens est quod ipse vel omnino vel maxime bene dispositus ad regendum esse potest, quia inter ceteros iudicium et iustitiam potissime habere potest: que duo principalissime legis latori et legis executori conveniunt, testante rege illo sanctissimo cum convenientia regi et filio regis postulabat a Deo: «Deus» inquiebat «iudicium tuum regi da et iustitiam tuam filio regis». Bene igitur dictum est cum dicitur in subassumpta quod Monarcha solus est ille, qui potest esse optime dispositus ad regendum: ergo Monarcha solus optime alios disponere potest. Ex quo sequitur quod ad optimam mundi dispositionem Monarchia sit necessaria.","UrlFonte":"https:\/\/dante.princeton.edu\/pdp\/monarchia.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"103-104","from":750.0,"to":756.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Monarchia"},
{"Annotazione":"Questo\nluogo [chiosa il Landino] contiene in se una fizione assai\noscura.  Alquanti dicono, che Dante in sua puerizia prese l'abito\ndi s. Francesco, e dopo partitosi lo lasci\u00f2.  E per questo pone\nla corda, della quale era cinto, per la ipocrisia.  Il che n\u00e8\ncredo, n\u00e8 mi par verisimile.\n\n\tCommemorando Dante nel Paradiso con somma lode s.\nFrancesco, e i veri di lui seguaci [XXII, 90 ed altrove], n\u00e8\nmai l'istituzione di qualunque sacra gerarchia biasimando egli,\nma solo i vizi d'alcuni individui, non \u00e8 certamente verisimile\nche volesse pe 'l Minoritico cordone significata la ipocrisia. \nAltra cosa \u00e8 per\u00f2 che ponga Dante per simbolo dell'ipocrisia il\nFrancescano cordone, ed altra \u00e8 che supponga ingannato Gerione pe\n'l cordone gettato colaggi\u00f9, persuadendosi che venisse con tal\nsegno [giacch\u00e8 in quella distanza e rumore la voce non era\nbastante] chiamato a prendersi e portarsi abbasso tale, che col\nmanto della penitenza ricoperta avesse l'iniquit\u00e0.  Questo pare a\nme, ch'esser debba l'intendimento del Poeta: ch'egli, cio\u00e8 per\ncingersi del Francescano cordone, pensasse alcuna volta<\/b> [ch'\u00e8\nquanto a dire una volta<\/i>] di prendere<\/i><\/b>, cio\u00e8 di frenare il\nsensuale appetito, gi\u00e0 di sopra [Inf. I, 32] per la lonza<\/i><\/b>\nindicato; e che il cordone medesimo portando egli tuttavia, come\nTerziario dell'Ordine stesso [L'autore delle Memorie per la vita\ndi Dante<\/i> oltre di riferire detto dal Buti il medesimo che dice\nil Landino, aggiunge la testimonianza di F. Antonio Tognocchi da\nTerrinca, che fosse Dante e morisse Terziario del Francescano\nOrdine {paragraph.} VIII], facesselo quivi servire ad ingannare\ne far venir sopra Gerione — alla pelle dipinta<\/b>, dipinta alla\npelle, in vece di nella pelle<\/i><\/b>, scambiato nella<\/i> in alla<\/i><\/b>,\ncome l'in<\/i><\/b> scambiasi in al.<\/i>  Vedi 'l Cinonio [Part.<\/i> c. 2,\n3].  Dipinta<\/b> poi nella pelle<\/i><\/b> vale quanto coperta di pel\nmaculato<\/i>, come gi\u00e0 disse la medesima lonza [Inf. I, 33]\n\n\tDi questa corda non ne fanno parola i moderni spositori\nVolpi, e Venturi.  Il Landino, Vellutello, e Daniello la\nintendono una corda del tutto allegorica, cio\u00e8 la fraude, con cui\nDante alcuna fiata tentasse di giugnere a lascivi fini.  Ma come\npoi di cotale allegorica corda farsen\u00e8 un obbietto da aggropparsi\ne ravvolgersi, da allontanarsi dal Poeta, e da far pervenire fino\na Gerione?\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Commemorando Dante nel Paradiso con somma lode s. Francesco, e i veri di lui seguaci [XXII, 90 ed altrove], nè mai l'istituzione di qualunque sacra gerarchia biasimando egli, ma solo i vizi d'alcuni individui, non è certamente verisimile che volesse pe 'l Minoritico cordone significata la ipocrisia.  Altra cosa è però che ponga Dante per simbolo dell'ipocrisia il Francescano cordone, ed altra è che supponga ingannato Gerione pe 'l cordone gettato colaggiù, persuadendosi che venisse con tal segno [giacchè in quella distanza e rumore la voce non era bastante] chiamato a prendersi e portarsi abbasso tale, che col manto della penitenza ricoperta avesse l'iniquità.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXII 90","NotaFonte":"","TestoFonte":"e Francesco umilmente il suo convento","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=89&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"106-108","from":15226.0,"to":15232.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Questo\nluogo \u00e8 inteso diversamente secondo la persona che si vuol\nfigurata nel Veltro<\/i> {v.101}.  Alcuni spiegano tra feltro e\nfeltro<\/b>, tra poveri panni, e dicon che Dante abbia voluto\nsignificare che questo Veltro<\/i><\/b> avrebbe avuto nazione<\/i><\/b>, cio\u00e8\nnascimento<\/i>, di poveri ed umili genitori.  E pi\u00f9 d'uno cos\u00ec\nspiegando ha creduto che dovesse essere un papa, che rinunziasse\nvolontario al potere e ai possessi, e tornasse con tutto il clero\nall'umilt\u00e0 primitiva.  Altri, fra' quali Benvenuto da Imola,\nspiegano tra feltro e feltro<\/b>, tra cielo e cielo; con che Dante\navrebbe significato che quest'eroe sarebbe nato sotto buona\ncostellazione e in felice congiunzione di pianeti, per lo cui\ninflusso avrebbe potuto fugare l'allegorica lupa<\/i><\/b> {v.49}.  E\ntale spiegazione pare favorita da due luoghi del Purg.<\/i>, uno\nde'quali nell'ultimo Canto:\n\n     Ch'io veggio certamente, e per\u00f2 il narro,\n     A darne tempo gi\u00e0 stelle propinque, ec.: \n      {Purg.<\/i>, 33. 40-41}\n\nl'altro nel XX:\n\n     O ciel, nel cui girar par che si creda \n     Le condizion di quaggi\u00f9 trasmutarsi, \n     Quando verr\u00e0 per cui questa disceda? \n      {Purg.<\/i>, 20.13-15}\n\ncio\u00e8 questa lupa.\n\n\tFinalmente si \u00e8 detto, che le parole tra Feltro e\nFeltro<\/i><\/b> segnano chiaramente il luogo della nazione, cio\u00e8\ndell'origine, o casa, del gran capitano significato nel Veltro<\/i><\/b>\n{v.101}.  E questo sarebbe appunto il Castello della Faggiuola,\nla patria d'Uguccione, che \u00e8 posto tra Macerata Feltria<\/i> nella\nprovincia d'Urbino, e il Feltrio Sanleo.  Se le speranze di Dante\nfossero bene o mal fondate in Uguccione, non \u00e8 cosa che debba\nimportare ai Comentatori, quando si sa che l'uomo crede sempre\nfacile o almeno possibile quel che desidera.  Del resto io credo\nquesta spiegazione, se non sicura, certo la pi\u00f9 conciliabile col\ncontesto e coll'istoria.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Brunone Bianchi 1868","FrammentoNota":"
Altri, fra' quali Benvenuto da Imola, spiegano tra feltro e feltro<\/b>, tra cielo e cielo; con che Dante avrebbe significato che quest'eroe sarebbe nato sotto buona costellazione e in felice congiunzione di pianeti, per lo cui influsso avrebbe potuto fugare l'allegorica lupa<\/i> {v.49}. E tale spiegazione pare favorita da due luoghi del Purg.<\/i>, uno de'quali nell'ultimo Canto:\r\n\r\n     Ch'io veggio certamente, e però il narro,\r\n     A darne tempo già stelle propinque, ec.:  {Purg.<\/i>, 33. 40-41}<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXIII, 40-42","NotaFonte":"","TestoFonte":"ch'io veggio certamente, e però il narro,
a darne tempo già stelle propinque,
secure d'ogn'intoppo e d'ogne sbarro","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=67&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=13755', 'Autore':'Benvenuto da Imola, 1375-80','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":761.0,"to":769.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Questo se<\/b> [chiosa\nil Venturi] non \u00e8 particella condizionale o dubitativa, ma\npregativa e desiderativa. Non sembra per\u00f2 che disconvengale\nanche il senso condizionale: posto che si adempia il desiderio,\nche ti fa salir questo monte, il desiderio di ritornare al mondo\npurgato da' vizi, tal che accetto sia a Dio il tuo pregare<\/i>\n[Cant. prec. 134] — con buona pietate<\/i><\/b>, con opere di cristiana\npiet\u00e0 — aiuta il mio<\/b>, il desiderio mio di presto purgarmi e\npassare al Paradiso.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Questo se<\/b> [chiosa il Venturi] non è particella condizionale o dubitativa, ma pregativa e desiderativa.  Non sembra però che disconvengale anche il senso condizionale: posto che si adempia il desiderio, che ti fa salir questo monte, il desiderio di ritornare al mondo purgato da' vizi, tal che accetto sia a Dio il tuo pregare  <\/i>[Cant. prec. 134]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IV 133","NotaFonte":"Il riferimento corretto (un altro \"se\" condizionale) \u00e8 Purg. IV 133, non 134.","TestoFonte":"se orazïone in prima non m'aita","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=38","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"85-87","from":4585.0,"to":4590.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Questo Chiron fu balio\nd'Achille, e fu Centauro; e Ovidio, libro[ XII], di costui e de'\nsuo' fratelli pone contra Teseo e li suoi compagni alle nozze di\nPiritoo grande battaglia, dove elli furono vinti; de' quali elli\nnomina Eurito, Ofionide, Grineo, Lico, Fareo, Bianore, Nedimao,\nLiceto, Ippaso, Rifeo, Tereo, Demoleonte, Crantoro, e Ifinoo.  Di\ncostui parla Stazio nel minore [poema], ch'elli nudr\u00ece Achille\nnella infanzia, figliuolo di Peleo e di Teti, infino a tanto che\nla detta Teti il mand\u00f2e all'Isola di Licomede re, e fecelvi stare\nsecreto in abito femminile.  Fu questo Chiron uomo sperto in\narme, e savio in medicina; perch\u00e8 fu uomo d'arme, e gueriero, s\u00ec\n\u00e8 messo tra' Centauri.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
Questo Chiron fu balio d'Achille, e fu Centauro; e Ovidio, libro[ XII], di costui e de'\r\nsuo' fratelli pone contra Teseo e li suoi compagni alle nozze di\r\nPiritoo grande battaglia, dove elli furono vinti; de' quali elli\r\nnomina Eurito, Ofionide, Grineo, Lico, Fareo, Bianore, Nedimao,\r\nLiceto, Ippaso, Rifeo, Tereo, Demoleonte, Crantoro, e Ifinoo. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"\/","NotaFonte":"L'Ottimo commentatore sbaglia: nel dodicesimo libro delle \"Metamorfosi\" non c'\u00e8 alcun riferimento a Chirone. Riferimenti al personaggio sono invece presenti nel libro II (vv. 627-632) e nel VI (vv. 126-128).","TestoFonte":"\/","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=OV%7Cmeta%7C012","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"70-71","from":10933.0,"to":10937.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
{"Annotazione":"Questo [dice il Venturi], che\na Dante sembrava un nuovo Sole, era la Luna veduta da vicino. \nDella Luna per\u00f2 parla il Poeta nel seguente canto [Vers. 25 e\nsegg.] in maniera di farne chiaramente capire che allora\nsolamente, e non prima, gli venisse quel pianeta a vista.  Il\nVellutello, che al presente passo non cerca altro senso che\nl'allegorico [nulla cio\u00e8 di pi\u00f9 di quello ch'altri comentatori\nfanno], nella descrizione del Paradiso<\/i>, che a questa cantica\npremette, dice che la prima solita di Dante verso il Paradiso\nfosse fino al concavo de la sfera del fuoco, e non fino al cielo\ndella Luna, come altri hanno detto.<\/i>  Non aggiungendo esso per\u00f2\ndi tale sua asserzione altra prova, la convaliderem noi colle tre\nseguenti osservazioni.\n\n\tI-  Che il Poeta di fatti riconosce cotale sfera del\nfuoco sotto il ciel della Luna, nel verso 115 del presente canto,\nove degl'istinti divini dati alle cose parlando\n\n     Questi<\/i> [dice] ne porta il fuoco in ver la Luna.<\/i>\n\n\tII-  Perch\u00e8 non ad altro meglio che a cotale sfera\nadattare si possono i tre versi pur del presente canto 79 e\nsegg.\n\n     Parvemi tanto allor del cielo acceso<\/i>\n        Dalla fiamma del Sol, che pioggia o fiume<\/i>\n        Lago non face mai tanto disteso.<\/i>\n\n\tIII-  Perch\u00e8 nel presente canto altres\u00ec nei tre versi\n91 e segg.\n\n     Tu non se' in terra, s\u00ec come tu credi<\/i>,\n        Ma folgore, fuggendo il proprio sito<\/i>,\n        Non corse come tu, ch'ad esso riedi.<\/i>\n\nnon si pu\u00f2 bene in altra maniera spiegare quel ch'ad esso riedi<\/i>\nse non, inteso riedi<\/i> detto in grazia della rima per sali<\/i>,\nchiosando che movessesi Dante verso la sfera stessa del fuoco,\nond'\u00e8 appunto sistema del Poeta [Vedi Purg. XXXII, 109 e segg. e\nquella nota] che i fulmini caschino.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Questo [dice il Venturi], che a Dante sembrava un nuovo Sole, era la Luna veduta da vicino.  Della Luna però parla il Poeta nel seguente canto [Vers. 25 e segg.] in maniera di farne chiaramente capire che allora solamente, e non prima, gli venisse quel pianeta a vista.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. II 25-30","NotaFonte":"","TestoFonte":"giunto mi vidi ove mirabil cosa
mi torse il viso a sé; e però quella
cui non potea mia cura essere ascosa,
volta ver' me, sì lieta come bella,
\" Drizza la mente in Dio grata\", mi disse,
\"che n'ha congiunti con la prima stella\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=69","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61-63","from":413.0,"to":434.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Questo \u00e8 cenno pe 'l quale\ndimostriamo di volere che si faccia silenzio, perch\u00e8 tra il mento\ned il naso \u00e8 la bocca, la quale stringendosi fa silenzio. Onde\nGiuvenale disse Digito compesce labellum.<\/i> Landino.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Questo è cenno pe 'l quale dimostriamo di volere che si faccia silenzio, perchè tra il mento ed il naso è la bocca, la quale stringendosi fa silenzio.  Onde Giuvenale disse Digito compesce labellum.<\/i>  Landino.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q193800","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2707099","LuogoFonte":"I 160","NotaFonte":"","TestoFonte":"‘cum veniet contra, digito compesce labellum:","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1276.phi001.perseus-lat1:1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"45","from":23935.0,"to":23944.0,"NomeAutore":"Decimo Giunio Giovenale","TitoloFonte":"Satire"},
{"Annotazione":"Questo \u00e8 il\nconsiglio che Vergilio d\u00e0 a Dante; nel quale s'intende di che\nl'Autore dee trattare, cio\u00e8 de' dannati, e di coloro che si\npurgano nel fuoco con buona speranza, e di quelli che sono beati:\ne dice di condurlo per le due prime condizioni, per\u00f2 che alla\nterza non si va per naturale ragione, ma per fede cattolica e\ncognizione di Dio, la quale non fu in Vergilio, s\u00ec che Dio non\nvuole se non della sua mandria; e qui confess\u00f2 Vergilio uno Dio,\nla quale cosa non fece al mondo, ma ador\u00f2e li Dii falsi e\nbugiardi, come \u00e8 detto disopra.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"e dice di condurlo per le due prime condizioni, però che alla terza non si va per naturale ragione, ma per fede cattolica e cognizione di Dio, la quale non fu in Vergilio, sì che Dio non vuole se non della sua mandria; e qui confessò Vergilio uno Dio, la quale cosa non fece al mondo, ma adoròe li Dii falsi e bugiardi, come è detto disopra.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I, 71-72","NotaFonte":"","TestoFonte":"e vissi a Roma sotto 'l buono Augusto
nel tempo de li dèi falsi e bugiardi.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"112-123","from":807.0,"to":813.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Questo \u00e8 il solo cerchio\nd'Inferno, dove Dante dica di aver girato a man destra; per tutti\ngli altri egli afferma espressamente di aver sempre tenuto a\nsinistra (c. XIV, 126; XVIII, 21; XIX, 41; XXIII, 68; XXIX, 56). \nDi cosiffatta eccezione io credo non si possa dare altra ragione\nche questa, che avendo dovuto i Poeti fare una grande aggirata<\/i>\n(c. VIII, 79) per isbarcare alla porta di Dite, nell'entrarvi poi\nsi trovassero aver gi\u00e0 percorso pi\u00f9 della solita nona parte del\ncerchio; e che perci\u00f2 questa volta, per trovare il punto\nprefisso alla loro traversata nel cerchio seguente, essi invece\ndi procedere a sinistra avessero dovuto retrocedere a destra.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Questo è il solo cerchio d'Inferno, dove Dante dica di aver girato a man destra; per tutti gli altri egli afferma espressamente di aver sempre tenuto a sinistra (c. XIV, 126; XVIII, 21; XIX, 41; XXIII, 68; XXIX, 56).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIV, 126","NotaFonte":"","TestoFonte":"pur a sinistra, giù calando al fondo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=14","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"132","from":8618.0,"to":8628.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Questo \u00e8 il terzo\nde' fiumi infernali, cio\u00e8 (come si dir\u00e0 nel c. XIV, 130-135)\nil Flegetonte.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Questo è il terzo de' fiumi infernali, cioè (come si dirà nel c. XIV, 130-135) il Flegetonte.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIV, 130-135","NotaFonte":"","TestoFonte":"E io ancor: “Maestro, ove si trova
Flegetonta e Letè? ché de l'un taci,
e l'altro di' che si fa d'esta piova”.
“In tutte tue question certo mi piaci”,
rispuose, “ma 'l bollor de l'acqua rossa
dovea ben solver l'una che tu faci.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=14","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"47","from":10768.0,"to":10772.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Qui\nBeatrice va riguardata come idea insieme e della Filosofia e\ndella Teologia, per le quali appunto l'umana generazione supera\nd'eccellenza ogni altra cosa terrena, avendo dall'una le\ncognizioni umane, e dall'altra le divine, fondamento e ragione di\ntutte le virt\u00f9. Anche Boezio, da cui Dante tante cose tolse,\ndisse parlando della filosofia: O virtutum omnium nutrix<\/i>, lib.\n2, pr. 4. — Secondo il sistema Tolemaico, il primo cielo, e il\nminore, che si avvolge intorno alla Terra, fissa nel centro, \u00e8\nquel della Luna, dal quale, o dentro il quale, pu\u00f2 dirsi\ncontenuta la Terra. — Contento<\/b>, sincope di contenuto.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Brunone Bianchi 1868","FrammentoNota":"
Anche Boezio, da cui Dante tante cose tolse, disse parlando della filosofia: O virtutum omnium nutrix<\/i>, lib. 2, pr. 4.  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q102851","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q861927","LuogoFonte":"II, 4, 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tum ego: Vera, inquam, commémoras, o virtutum omnium nutrix, nec infitiari possum prosperitatis meae velocissimum cursum.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Boe.+Cons.+2.P4&fromdoc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0678","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76-77","from":1539.0,"to":1546.0,"NomeAutore":"Severino Boezio","TitoloFonte":"De consolatione philosophiae"},
{"Annotazione":"Qui viso<\/b> sta per\nvolto<\/i>, non per occhi<\/i>, come altri vorrebbe; perch\u00e8 Dante\nstesso ci dice (v. 41) che Farinata non degn\u00f2 guardarlo che pi\u00f9\ntardi ed appena, n\u00e8 egli in tanta sua peritanza avrebbe osato\nfissar quel grande negli occhi.  Anche Virgilio, AEn., XII:\n«Figitque in virgine vultus.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Qui viso<\/b> sta per volto<\/i>, non per occhi<\/i>, come altri vorrebbe; perchè Dante stesso ci dice (v. 41) che Farinata non degnò guardarlo che più tardi ed appena, nè egli in tanta sua peritanza avrebbe osato fissar quel grande negli occhi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. X, 41","NotaFonte":"","TestoFonte":"guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=10","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"34","from":8865.0,"to":8871.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Qui descrive l'Autore tre\nimpedimenti, che se li oppuosono, quando sal\u00eca allo a[l]to\ninluminato di sapienza; li quali figura in tre animali, cio\u00e8\nLonza (che \u00e8 Pantera), Lupa, e Lione; li quali pone in figura di\nquelli tre vizj, che comunemente pi\u00f9 ocupano l'umana\ngenerazione.  Per la Lonza s'intende la lussuria; per la Lupa\navarizia, per lo Leone superbia.  S\u00ec come la Lonza \u00e8 machiata di\nmolti e diversi piaceri, e molto presta e leggiera a pigliare li\nuomini, e quanto in essa peccasse l'Autore, qui ed altrove il\ndichiara.  Che lo Leone sia superbo, che la Lupa sia avara e\ncupida e bramosa, chiaro appare assai.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"Sì come la Lonza è machiata di molti e diversi piaceri, e molto presta e leggiera a pigliare li uomini, e quanto in essa peccasse l'Autore, qui ed altrove il dichiara.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V, 25-27, 112-114","NotaFonte":"","TestoFonte":" Or incomincian le dolenti note
a farmisi sentire; or son venuto
là dove molto pianto mi percuote.
[…] Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!»","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=5&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31-33","from":227.0,"to":230.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Qui discrive l'Autore,\nche Dite, dove nulla consolazione \u00e8, s\u00ec \u00e8 murata di pietre, che\npaiono ferro per lo c[o]lore, e per la sustanzia; e dice, che \u00e8\naffossata di grandi fossi e profondi; e dice, che molto la\ngirarono, anzi che venissono alla porta d'essa, tenendo per lo\nfosso che la cignea. Questo \u00e8 il luogo, lo quale chiude li\nmaliziosi, e li bestiali; che s\u00ec come per lo Filosofo ne l'Etica\nsi scrive, tre sono le disposizioni delli peccati: incontinenzia,\nmalizia, e bestialitade. Per la incontinenzia, li peccati infino\na qui trattati s'intendono, dalli quali in vita \u00e8 possibile\npartirsi: onde cos\u00ec apertamente figura, [che] in questo Inferno\nin prima si contengono; ma per\u00f2 che da malizia, e da\nbesti[a]litade \u00e8 quasi impossibile il partirsi, per\u00f2\nfiguratamente il cerchio di questo luogo delle mura del ferro,\n[e] il profondo fosso il dimostra, a figura[r] la strettezza\ncontinua de l'animo loro inchiuso in vita in malizia e in\nbestialitade, sanza uscirne mai; e dopo quella vita in morte\nincarcerato, e chiuso di mura inestimabilemente forte, le quali\nsi dice che sono di quella durezza che il diamante, e per\u00f2 le\npone di quello colore. E chiama il luogo Dite<\/i> {v.68}, dalle\ndivizie de' peccatori, per\u00f2 che in essa sono li tesauri del mondo\nnascosi, cio\u00e8 li grandi peccatori collocati, eretici, tiranni,\nrubatori, dispe[r]ati, bestemiatori di Dio, sodomiti, usurai,\nfrodolenti, e traditori. Di questa cittade dice Ovidio nel IIIJ\nlibro del Metamorphoseos<\/i>: la citt\u00e0 di Dite capace hae mille\nentrate, e le porti d'ogni parte aperte; onde Santo Prospero\ndice: la terrena concupiscenzia, o vuogli disiderio, va per\ngrandi terreni.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
E chiama il luogo Dite<\/i> {v.68}, dalle\r\ndivizie de' peccatori, però che in essa sono li tesauri del mondo\r\nnascosi, cioè li grandi peccatori collocati, eretici, tiranni,\r\nrubatori, dispe[r]ati, bestemiatori di Dio, sodomiti, usurai,\r\nfrodolenti, e traditori.  Di questa cittade dice Ovidio nel IIIJ\r\nlibro del Metamorphoseos<\/i>: la città di Dite capace hae mille\r\nentrate, e le porti d'ogni parte aperte;<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"IV, 436-442","NotaFonte":"","TestoFonte":"Pallor hiemsque tenent late loca senta nouique,
Qua sit iter, manes, Stygiam qua ducat ad urbem,
Ignorant, ubi sit nigri fera regia Ditis.
Mille capax aditus et apertas undique portas
Vrbs habet; utque fretum de tota flumina terra,
Sic omnes animas locus accipit ille nec ulli
Exiguus populo est turbamue accedere sentit.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=OV%7Cmeta%7C004","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"76-78","from":7271.0,"to":7274.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Qui fa una invocazione\npoetica, et a modo poetico, chiamando le muse et l'alto ingegnio\nche l'ajutino. Alto ingegnio<\/b>, non alto quanto in s\u00e8, ma alto\nper rispetto delle cose che ha a trattare, che sono alte et\nmeravigliose. Chiama addunque le Muse come gli altri Poeti, onde\nVirgilio Musa mihi causas memora quo Numine laeso, Quidve\ndolens<\/i> etc. Et Orazio Dic mihi musa Virum captae post termina\nTrojae.<\/i> Sono le Muse nove, cio\u00e8: Clio, Euterpe, Melpomene,\nTalia, Polimna, Erato, Tersicore, Urania, et Caliope, che sono\nvocaboli greci. Nove cose che hanno a formare la voce umana, ci\u00f2\nsono quattro denti principali dinanzi, due di sopra e due di\nsotto, la lingua, la concavit\u00e0 dello strozzule, due labra. Et\nperch\u00e8 altrove pi\u00f9 inanzi toccher\u00e0 a parlare pi\u00f9 convenevolmente,\nlascio stare l'altre sposizioni, come elle sono quelle nove parti\nche bisognino a ciascuno a volere perfettamente essere savio,\ncome chiaramente se ne tratter\u00e0.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Anonimo Fiorentino 1400[?]","FrammentoNota":"
Chiama addunque le Muse come gli altri Poeti, onde Virgilio Musa mihi causas memora quo Numine laeso, Quidve dolens<\/i> etc.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"I, 8-11","NotaFonte":"","TestoFonte":"Musa, mihi causas memora, quo numine laeso,
quidve dolens, regina deum tot volvere casus
insignem pietate virum, tot adire labores
impulerit. [...]","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus:text:1999.02.0055:book=1:card=8&highlight=Musa+mihi+causas%2C","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":1038.0,"to":1043.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Qui invoca l'Autore, al modo\npoetico, le nove Muse, e 'l suo ingegno, e la sua memoria in suo\naiutorio, considerando la dificultade e la novitade del suo\ntrattato. Secondo li Poeti, le Muse furono nove serocchie.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
Secondo li Poeti, le Muse furono nove serocchie.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"V, 251-252, 279-281","NotaFonte":"La schiera di riferimenti potrebbe essere ovviamente ampliata; non a caso, l'Ottimo parla molto genericamente di \u00abPoeti\u00bb, tra i quali \u00e8 per\u00f2 agevole individuare una sicura fonte dantesca come l'Ovidio delle Metamorfosi.","TestoFonte":"Virgineumque Helicona petit; quo monte potita
Constitit et doctas sic est adfata sorores:
[…] Nostraque fallaci ueneratus numina uultu
“Mnemonides” (cognorat enim) “consistite” dixit
“Nec dubitate, precor, tecto graue sidus et imbrem”","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo\/codice\/OV|meta|005","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-8","from":1038.0,"to":1040.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Qui l'Autore in essemplo\nintroduce una puttana, nome Tais, a dimostrare che in tutte le\nfemine di Gualdana cotale vizio abonda. Di costei dice il poeta\nTerrenzio, nel libro dell'Andria, che quando il drudo suo la\ndimand\u00f2e se elli avea grandi grazie appo lei, ch'ella non stete\ncontenta di dire, s\u00ec; ma volendo bene lusignare, disse: anti\nmaravigliose. Dove si dimostra, che il lusinghiere sempre vole\npassare li termini del vero per compiacere a colui, a cui parla;\ne [di] questo lusinghiere si \u00e8 propio assentare, cio\u00e8 piagentare.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
Qui l'Autore in essemplo\r\nintroduce una puttana, nome Tais, a dimostrare che in tutte le\r\nfemine di Gualdana cotale vizio abonda.  Di costei dice il poeta\r\nTerrenzio, nel libro dell'Andria, che quando il drudo suo la\r\ndimandòe se elli avea grandi grazie appo lei, ch'ella non stete\r\ncontenta di dire, sì; ma volendo bene lusignare, disse: anti\r\nmaravigliose.  Dove si dimostra, che il lusinghiere sempre vole\r\npassare li termini del vero per compiacere a colui, a cui parla;\r\ne [di] questo lusinghiere si è propio assentare, cioè piagentare.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q172048","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1233598","LuogoFonte":"III, 1","NotaFonte":"Nella tradizione dell'Ottimo Commento, \u00e8 il solo ramo \u03b1 a presentare la lezione erronea \"Andria\"; a testo andr\u00e0 invece posto il riferimento corretto: \u00abQui l\u2019autore in exemplo introduce una puttana nome Tais, a dimostrare che in tutte le femmine di Gualdana cotale vitio abonda. Di costei dice il poeta Terrentio, nel libro de l\u2019Eunuco,de che quando il drudo suo la domand\u00f2e se elli avea grande gratia apo lei, ed ella non stette contenta di dire: \"S\u00ed\", ma, volendo bene lusingare, disse: \"Anzi maravigliose!\"; dove si dimostra che il lusinghiere sempre vuole trapassare li termini del vero per compiacere a colui a cui parla\u00bb (Ottimo I, pp. 415-416). Di fatto, l'Ottimo commentatore riconosce l'origine terenziana del riferimento (pur non cogliendo la mediazione del \"De officiis\" di Cicerone, poi concordemente affermata dalla critica), ma non rileva errori nella sua lettura. Nella nostra scheda, abbiamo inteso analizzare il riferimento sul testo critico anzich\u00e9 su quello di \u03b1.","TestoFonte":"[Thraso]<\/strong> Magnas vero agere gratias Thais mihi?
[Gnatho]<\/strong> Ingentes.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0088%3Aact%3D3%3Ascene%3D1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"127-136","from":17357.0,"to":17359.0,"NomeAutore":"Publio Terenzio Afro","TitoloFonte":"Eunuchus"}, {"Annotazione":"Qui palesa Virgilio quello che era,\nquello che gi\u00e0 fu, onde fu, al cui tempo visse, quale fu la sua\nprofessione, che fece; e dice, che gi\u00e0 fu uomo, ed ora non \u00e8; e\nche 'l padre e la madre furono Lombardi della citt\u00e0 di Mantova;\ne che nacque al tempo di Julio Cesere, quasi nella fine del suo\nimperiato; e visse a Roma soto Ottaviano Agusto, secondo\nImperadore, quando li uomini adoravano li falsi e bugiardi Dii,\nfatti con le mani delli uomini secondo la parola del Salmista:«li\nDii de' Pagani d'oro e d'argento, ciechi li occhi hanno e non\nveggiono, mani hanno e non palpano» ec. \n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"e visse a Roma soto Ottaviano Agusto, secondo Imperadore, quando li uomini adoravano li falsi e bugiardi Dii, fatti con le mani delli uomini secondo la parola del Salmista:«li Dii de' Pagani d'oro e d'argento, ciechi li occhi hanno e non veggiono, mani hanno e non palpano» ec.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"113, 12-13","NotaFonte":"","TestoFonte":"[12]<\/strong> Simulacra gentium argentum et aurum, \/ opera manuum hominum. \/ [13]<\/strong> Os habent, et non loquentur; \/ oculos habent, et non videbunt.","UrlFonte":"http:\/\/www.mlat.uzh.ch\/MLS\/xfromcc.php?tabelle=Biblia_cps0&rumpfid=Biblia_cps0,%20Biblia%20Sacra%20iuxta%20Vulgatam%20Clementinam,%20%20%201,%20%2021,%20%2089&id=Biblia_cps0,%20Biblia%20Sacra%20iuxta%20Vulgatam%20Clementinam,%20%20%201,%20%2021,%20%2089,%20%20%20%20%2013&level=99&level9798=&satz=13&hilite_id=Biblia_cps0,%20Biblia%20Sacra%20iuxta%20Vulgatam%20Clementinam,%20%20%201,%20%2021,%20%2089,%20%20%20%20%2013&string=DEPRECABILIS&binary=&corpus=&target=&lang=0&home=&von=suchergebnis&hide_apparatus=1&inframe=1&jumpto=13","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"67-72","from":488.0,"to":527.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"}, {"Annotazione":"Qui si discrive l'abito di\nCesere; quanto agli occhi, che furono acutissimi, come d'uno\ngrifone; quanto all'animo, che sempre desider\u00f2 guerra, onde\nLucano dice di lui: Cesere ne l'arme furiando non s'alegra\nd'avere la via, se 'l sangue non \u00e8 sparto. Costui a tutto il\nmondo \u00e8 noto, e per\u00f2 poche parole di lui bastino. L'Autore il\nmette innanti agli altri Romani, per\u00f2 che si chiama il primo\nImperadore, e di costui pienamente si dir\u00e0e sopra il capitolo VI\ndel Paradiso sopra quella parola — Cesare per voler di Roma il\ntolle.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"Qui si discrive l'abito di Cesere; quanto agli occhi, che furono acutissimi, come d'uno grifone; quanto all'animo, che sempre desiderò guerra, onde Lucano dice di lui: Cesere ne l'arme furiando non s'alegra d'avere la via, se 'l sangue non è sparto. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"I, 148-150","NotaFonte":"","TestoFonte":"Successus urguere suos, instare fauori
Numinis, inpellens quidquid sibi summa petenti
Obstaret, gaudensque uiam fecisse ruina.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo\/codice\/LVCAN%7Cphar%7C001","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"123","from":3816.0,"to":3818.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, {"Annotazione":"Qui tratta del vizio\ndell'accidia, e delle pene delli accidiosi; onde nota che quegli\nche sormonta in ira, sormonta per accidia. Accidia \u00e8 un\nfastidio, e tedio d'animo; le spezie di questo vizio sono\ntepiditade, molleza, sonnolenza, oziositade, tardanza, indugio,\nnegligenzia, imperfezione, o vero non perseveranza, stracuranza,\ndisoluzione, dissollicitudine, pigrizia, non devozione,\ntristizia, fastidio di vita, disperazione. VIIJ spezialmente\nsono li rimedj contro l'accidia: il primo, essere occupato\nintorno a molte cose; il secondo, la considerazione della futura\npena; il IIJ, la considerazione dello etterno merito; il IIIJ, la\ncompagnia de' buoni; il quinto, l'essemplo del non pigro, ma\nveloce; onde dice il Profeta: ma essultossi come gigante a correr\nvia; lo VJ, la considerazione de' pericoli, dove noi siamo qui;\nlo VIJ, quello che n'amaestra il Signore nel Levitico, capitolo\nVIJ, dove dice: il fuoco nell'Altare ec.; l'VIIJ, il sovrano\nrimedio \u00e8 la grazia di Dio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
il quinto, l'essemplo del non pigro, ma\r\nveloce; onde dice il Profeta: ma essultossi come gigante a correr\r\nvia; <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"19, 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"[6] <\/strong>Soli posuit tabernaculum in eis, | et ipse, tamquam sponsus procedens de thalamo suo, | exsultavit ut gigas ad currendam viam.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%2019","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"118","from":6624.0,"to":6628.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"},
{"Annotazione":"Qui usa le parole del Salmo che\nfe' Davit quando elli ebbe mandato in alcuna oste, affine ch'elli\nmorisse, il suo conestabole, et cos\u00ec gl'intervenne che Davit poi\nsi tenne la moglie per sua amica, ch'ebbe nome Bersab\u00e8: onde poi\nDavit, ripentutosi et riconosciuto il fallo suo, fece il Salmo\nMiserere mei, domine<\/i> etc. et fece asprissima et grave\npenitenzia del fallo ch'egli avea comesso.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Anonimo Fiorentino 1400[?]","FrammentoNota":"
Qui usa le parole del Salmo che fe' Davit quando elli ebbe mandato in alcuna oste, affine ch'elli morisse, il suo conestabole, et così gl'intervenne che Davit poi si tenne la moglie per sua amica, ch'ebbe nome Bersabè: onde poi Davit, ripentutosi et riconosciuto il fallo suo, fece il Salmo Miserere mei, domine<\/i> etc. et fece asprissima et grave penitenzia del fallo ch'egli avea comesso.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"85, 3-4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Miserere mei, Domine,
quoniam ad te clamavi tota die ;
lætifica animam servi tui,
quoniam ad te, Domine, animam meam levavi.","UrlFonte":"http:\/\/vulsearch.sourceforge.net\/html\/Ps.html#x6_3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"65","from":473.0,"to":476.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"}, {"Annotazione":"Qui vuole provare, che come\nfu volere divino, che Enea andasse in Inferno per udire quelle\nparole, che furono cagione della vittoria che elli ebbe contro a\nTurno, e della edificazione di Roma, onde usc\u00ec tanto bene al\nmondo; cos\u00ec sia volere divino, che Dante vada in Inferno, per\nriportare quasi sia testimone diveduta a' mortali di quelle cose,\nche le Scritture dicono delle pene stabilite a' peccatori, che\nmorirono nel peccato; acci\u00f2 che coloro, che udiranno ci\u00f2 che elli\nvide, si guardino di peccare, considerata la pena del male e 'l\nmerito del bene; e per\u00f2 narra, che elli era in Inferno, in\nquella parte dove erano li valenti e savi mondani, capitolo IV; e\ndice Sospesi<\/b> ec. come chi sta in dubbio, o dice sospesi qui\nposti: ed una bellissima donna e di grande autoritade vi venne\ncon s\u00ec autorevole abito, che io dissi, che comandate voi? ed ella\ndisse: O anima cortese<\/i> {v.58} ec., come il testo dice infino\nqui — O donna di vert\u00f9<\/i> {v.76} ec.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
Qui vuole provare, che come\r\nfu volere divino, che Enea andasse in Inferno per udire quelle\r\nparole, che furono cagione della vittoria che elli ebbe contro a\r\nTurno, e della edificazione di Roma, onde uscì tanto bene al\r\nmondo; così sia volere divino, che Dante vada in Inferno, per\r\nriportare quasi sia testimone diveduta a' mortali di quelle cose,\r\nche le Scritture dicono delle pene stabilite a' peccatori, che\r\nmorirono nel peccato; acciò che coloro, che udiranno ciò che elli\r\nvide, si guardino di peccare, considerata la pena del male e 'l\r\nmerito del bene; e però narra, che elli era in Inferno, in\r\nquella parte dove erano li valenti e savi mondani, capitolo IV; e\r\ndice Sospesi<\/b> ec. come chi sta in dubbio, o dice sospesi qui\r\nposti: ed una bellissima donna e di grande autoritade vi venne\r\ncon sì autorevole abito, che io dissi, che comandate voi?<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"25, 46","NotaFonte":"Il riferimento \u00e8 ovviamente pi\u00f9 ricco del solo passo da Matteo: basti pensare alla parabola inserita nel Vangelo di Luca (16, 19-26), dove un ricco \u00e8 costretto a subire nell\u2019Aldil\u00e0 (\u00ab[23] Et in inferno elevans oculos suos, cum esset in tormentis, videbat Abraham a longe et Lazarum in sinu eius\u00bb) le sofferenze che non ha sperimentato in vita, mentre un povero di nome Lazzaro pu\u00f2 godere la beatitudine eterna.","TestoFonte":"[45]<\/strong> Tunc respondebit illis dicens: “Amen dico vobis: Quamdiu non fecistis uni de minimis his, nec mihi fecistis”. [46]<\/strong> Et ibunt hi in supplicium aeternum, iusti autem in vitam aeternam ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#25","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"49-54","from":1341.0,"to":1344.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"Qui, come spesso nei poeti,\nl'avverbio in mente<\/i> si legge spezzato.  Petrarca; «Nemica\nnaturalmente di pace.»  E spezzare a dirittura lo si suole in fin\ndi verso, come Dante medesimo, Par. XXVI: «Cos\u00ec quelle carole\ndifferente Mente danzando.»  Il quale uso congetturasi derivato\nda ci\u00f2, che ment<\/i> nelle origini della lingua facesse gi\u00e0 un\navverbio da s\u00e8, equivalente a molto<\/i>, come ancora ne riman\nsegno nell'aggettivo maint<\/i> de' Francesi.  I Provenzali,\ninfatti, quel che noi diciamo fortemente<\/i>, scrivevano fort\nment.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Qui, come spesso nei poeti, l'avverbio in mente<\/i> si legge spezzato.  Petrarca; «Nemica naturalmente di pace.» <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1401","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/rerum-vulgarium-fragmenta","LuogoFonte":"Rerum vulgarium fragmenta 28, 50","NotaFonte":"","TestoFonte":"nemica natural-mente di pace","UrlFonte":"http:\/\/ww2.bibliotecaitaliana.it\/xtf\/view?docId=bibit000760\/bibit000760.xml&chunk.id=d4894e1485&toc.depth=1&toc.id=d4894e136&brand=newlook","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"14","from":5063.0,"to":5065.0,"NomeAutore":"Francesco Petrarca","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Qu\u00ec\ndice bene il Venturi alludere il parlare del poeta nostro a quel\ndi s. Agostino: Fecisti nos ad te, et inquietum est cor nostrum\ndonec requiescat in te.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Quì dice bene il Venturi alludere il parlare del poeta nostro a quel di s. Agostino: Fecisti nos ad te, et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q372941","LuogoFonte":"I i 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tu excitas, ut laudare te delectet, quia fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te. ","UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/confessioni\/index2.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"101-102","from":30051.0,"to":30058.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":"Confessioni"},
{"Annotazione":"Qu\u00ec finalmente si appalesa il nome\ndella donna che prima d'ogn'altra vide Dante nel terrestre\nParadiso [Purg. XXVIII, 40 e segg], e dalla quale fu attuffato\nnel fiume Lete [Purgatorio XXXI, 92 e segg.] — qu\u00ec rispose<\/b>\nintendi, senz'aspettar altra preghiera.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Quì finalmente si appalesa il nome della donna che prima d'ogn'altra vide Dante nel terrestre Paradiso [Purg. XXVIII, 40 e segg]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVIII 40-42","NotaFonte":"","TestoFonte":"una donna soletta che si gia
e cantando e scegliendo fior da fiore
ond'era pinta tutta la sua via.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=62&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"119","from":33867.0,"to":33868.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Qu\u00ec il Vellutello [dice il\nVenturi] per vana paura che il Poeta non si contraddica, perch\u00e8\nha detto di sopra, parlando d'erbe, e fiori, ed arboscelli,\n\n Che quella terra sol da se produce<\/i> \n [Canto prec. v. 135]\n Che l'alta terra senza seme gitta<\/i> \n [C. pres. v. 69];\n\nspiega E' piena di ogni sorta di arbori.<\/i> Ma qu\u00ec semenza, con\nsua buona pace, significa semenza; non per\u00f2 l'usuale e comune,\nche produce effetti simili alla sua causa; ma quella qualit\u00e0 e\nvirt\u00f9, di cui s'\u00e8 l'aria imbevuta dal toccare quei fiori,\nquell'erbe, e quelle piante; e che poi, come ha detto il Poeta,\ngirando intorno scuote<\/i> {v.111}; n\u00e8 ha che fare colla semenza\nnegata di sopra alla terra estranea, la qual sememza \u00e8 la\nnostrale, e viene aiutata per\u00f2 dall'industria de' coltivatori\ndella campagna.\n\n\tCon buona pace per\u00f2 anche del Venturi, a me, non tanto\nper non contraddire ai citati lontani versi, quanto per meglio\naccordare co' due vicini, par meglio che per ogni semenza<\/b>\nintendasi ogni spezie di pianta<\/i><\/b>; e che semenza<\/i><\/b> appelli quelle\npiante pe 'l sopraddetto impregnar<\/i> {v.110} che fanno esse\nl'aura di sua virtute<\/i> {v.110}, a produrne altre altrove,\nsecondo che<\/i> ec. Imperocch\u00e8, schiettamente e senza figura\nparlando, sembrami pi\u00f9 propriamente detto che la campagna<\/i>\n{v.118} sia piena d'ogni spezie di piante<\/i><\/b>, che piena d'ogni\nsemenza<\/b>; e che schiantarsi il frutto<\/i> {v.120} dicasi dalla\npianta, e non dalla semenza.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Quì il Vellutello [dice il Venturi] per vana paura che il Poeta non si contraddica, perchè ha detto di sopra, parlando d'erbe, e fiori, ed arboscelli, \r\n     Che quella terra sol da se produce<\/i> \r\n     [Canto prec. v. 135]\r\n     [...<\/i>]; spiega E' piena di ogni sorta di arbori.<\/i> [...].Con buona pace però anche del Venturi, a me, non tanto per non contraddire ai citati lontani versi, quanto per meglio accordare co' due vicini, par meglio che per ogni semenza <\/b>intendasi ogni spezie di pianta<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVII 135","NotaFonte":"","TestoFonte":"che qui la terra sol da sé produce.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=61&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"119","from":28614.0,"to":28622.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Racconta Giovan Villani che, quando\nl'oste de' Fiorentini si movea<\/i>, la campana stessa [appellata da\nalcuni la martinella<\/i>, e da altri la campana degli asini<\/i>]\ncolla quale erasi l'oste convocata, ponevasi in su un castello\ndi legname in su un carro, e al suono di quella si guidava\nl'oste<\/i> [Lib. 6 cap. 77].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Racconta Giovan Villani che, quando l'oste de' Fiorentini si movea<\/i>, la campana stessa [appellata da alcuni la martinella<\/i>, e da altri la campana degli asini<\/i>] colla quale erasi l'oste convocata, ponevasi in su un castello di legname in su un carro, e al suono di quella si guidava l'oste<\/i> [Lib. 6 cap. 77].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VII 65","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 169.","TestoFonte":"E quando l'oste era bandita, uno mese dinanzi dove dovesse andare, si ponea una campana in su l'arco di porte Sante Marie, ch'era in sul capo di Mercato Nuovo; e quella al continuo era sonata di dìe e di notte, e per grandigia di dare campo al nimico ov'era bandita l'oste, che s'apparecchiasse. E chi la chiamava  Martinella, e chi la campana degli asini. E quando l'oste de' Fiorentini andava, si sponeva dell'arco, e poneasi in su uno castello di legname in su uno carro, e al suono di quella si guidava l'oste.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":20383.0,"to":20384.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Racconta Virgilio nel citato\nluogo, ch'essendo nel suo viaggio Enea coi Troiani compagni\napprodato alle Strofade<\/b> [isole del mare Ionio, oggi Strivali<\/i>\nvolgarmente appellate [Ferrar. Lexic Geogr.<\/i>]] l'arpie, che in\nquelle isole abitavano, a forza d'insulti, e massime col rapire\ned imbrattare ai Troiani le vivande, li costrinsero presto presto\na partirsene di l\u00e0.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Racconta Virgilio nel citato luogo, ch'essendo nel suo viaggio Enea coi Troiani compagni approdato alle Strofade<\/b> [isole del mare Ionio, oggi Strivali <\/i>volgarmente appellate [Ferrar. Lexic Geogr.<\/i>]] l'arpie, che in quelle isole abitavano, a forza d'insulti, e massime col rapire ed imbrattare ai Troiani le vivande, li costrinsero presto presto a partirsene di là.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"III 210-269","NotaFonte":"","TestoFonte":"Strophades Graio stant nomine dictae,
insulae Ionio in magno, quas dira Celaeno
Harpyiaeque colunt aliae, Phineia postquam
clausa domus, mensasque metu liquere priores.
Tristius haud illis monstrum, nec saevior ulla
pestis et ira deum Stygiis sese extulit undis.
Virginei volucrum voltus, foedissima ventris
proluvies, uncaeque manus, et pallida semper
ora fame.
Huc ubi delati portus intravimus, ecce
laeta boum passim campis armenta videmus,
caprigenumque pecus nullo custode per herbas.
Inruimus ferro, et divos ipsumque vocamus
in partem praedamque Iovem; tum litore curvo
exstruimusque toros, dapibusque epulamur opimis.
At subitae horrifico lapsu de montibus adsunt
Harpyiae, et magnis quatiunt clangoribus alas,
diripiuntque dapes, contactuque omnia foedant
immundo; tum vox taetrum dira inter odorem.
Rursum in secessu longo sub rupe cavata,
arboribus clausi circum atque horrentibus umbris,
instruimus mensas arisque reponimus ignem:
rursum ex diverso caeli caecisque latebris
turba sonans praedam pedibus circumvolat uncis,
polluit ore dapes. Sociis tunc, arma capessant,
edico, et dira bellum cum gente gerendum.
Haud secus ac iussi faciunt, tectosque per herbam
disponunt enses et scuta latentia condunt.
Ergo ubi delapsae sonitum per curva dedere
litora, dat signum specula Misenus ab alta
aere cavo. Invadunt socii, et nova proelia temptant,
obscenas pelagi ferro foedare volucres:
sed neque vim plumis ullam nec volnera tergo
accipiunt, celerique fuga sub sidera lapsae
semesam praedam et vestigia foeda relinquunt.
Una in praecelsa consedit rupe Celaeno,
infelix vates, rumpitque hanc pectore vocem:
“Bellum etiam pro caede boum stratisque iuvencis,
Laomedontiadae, bellumne inferre paratis,
et patrio Harpyias insontis pellere regno?
Accipite ergo animis atque haec mea figite dicta,
quae Phoebo pater omnipotens, mihi Phoebus Apollo
praedixit, vobis Furiarum ego maxuma pando.
Italiam cursu petitis, ventisque vocatis
ibitis Italiam, portusque intrare licebit;
sed non ante datam cingetis moenibus urbem,
quam vos dira fames nostraeque iniuria caedis
ambesas subigat malis absumere mensas.”
Dixit, et in silvam pennis ablata refugit.
At sociis subita gelidus formidine sanguis
deriguit; cecidere animi, nec iam amplius armis,
sed votis precibusque iubent exposcere pacem,
sive deae, seu sint dirae obscenaeque volucres.
Et pater Anchises passis de litore palmis
numina magna vocat, meritosque indicit honores:
“Di, prohibete minas; di, talem avertite casum,
et placidi servate pios!” Tum litore funem
deripere, excussosque iubet laxare rudentes.
Tendunt vela Noti; fugimus spumantibus undis,
qua cursum ventusque gubernatorque vocabat.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+3.210&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"11","from":11529.0,"to":11531.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Racconta il prelodato Gio.\nVillani, che s\u00ec altamente rimase Bonifazio pe 'l detto affronto\nrammaricato, che tra pochi d\u00ec, cio\u00e8 nel d\u00ec 12 del seguente\nottobre fin\u00ec di vivere [Nel precitato luogo]. Vuole dunque\nintendersi che, siccome Ges\u00f9 Cristo premor\u00ec, secondo narra il\nVangelo, ai due ladroni seco crocifissi, cos\u00ec premor\u00ec Bonifazio\nagli usurpatori persecutori suoi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Racconta il prelodato Gio. Villani, che sì altamente rimase Bonifazio pe 'l detto affronto rammaricato, che tra pochi dì, cioè nel dì 12 del seguente ottobre finì di vivere [Nel precitato luogo].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"IX 56","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 338 (VIII 56).","TestoFonte":"Papa Bonifazio vedendosi libero e cacciati i suoi nimici, per ciò non si rallegrò niente, però ch'avea conceputo e addurato nell'animo il dolore della sua aversità: incontanente si partì d'Anagna con tutta la corte, e venne a Roma a Santo Pietro per fare concilio, con intendimento di sua offesa e di santa Chiesa fare grandissima vendetta contra il re di Francia, e chi offeso l'avea; ma come piacque a Dio, il dolore impetrato nel cuore di papa Bonifazio per la 'ngiuria ricevuta gli surse, giunto in Roma, diversa malatia, che tutto si rodea come rabbioso, e in questo stato passò di questa vita a dì XII d'ottobre, gli anni di Cristo MCCCIII, e nella chiesa di San Piero a l'entrare delle porte, in una ricca cappella fattasi fare a sua vita, onorevolemente fue soppellito.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"90","from":20158.0,"to":20161.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Rachele\nbellissima figlia di Labano, moglie del patriarca Giacobbe.  I\ndotti interpreti delle sacre lettere pongono Rachele per la vita\ncontemplativa ....  Sedea rettamente Beatrice con Rachele, perch\u00e8\nil proprio subietto della teologia [intesa per Beatrice] \u00e8 la\ncontemplazione, ed in quella si ferma; e pon suo seggio.  Landino \n— antica<\/b> appella Beatrice Rachele, perocch\u00e8 stata al mondo\nquattro mille e pi\u00f9 anni innanzi di lei.  Come poi cotal sedere\nvicino di Beatrice donna del nuovo Testamento, a Rachele donna\ndell'antico, non si opponga a quello spartimento che pone Dante\nin Paradiso, vedi Parad. XXXII, 8 e seg.].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Come poi cotal sedere vicino di Beatrice donna del nuovo Testamento, a Rachele donna dell'antico, non si opponga a quello spartimento che pone Dante in Paradiso, vedi Parad. XXXII, 8 e seg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXXII 8-9","NotaFonte":"","TestoFonte":"siede Rachel di sotto da costei
con Bëatrice","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=99&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"102","from":1734.0,"to":1740.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Rassembrando qu\u00ec pure, come\nnel principio del Purgatorio ha fatto, il comporre suo\nall'impresa di viaggiar per mare, e supponendo conseguentemente\nche per mare viaggiando lo seguano gli ascoltatori, passa ad\nammonire quelli che sono in piccioletta barca<\/b>, che hanno cio\u00e8\npicciolo capitale di teologia, a non innoltrarsi seco nel\nvastissimo pelago, pericolo essendo di perdere la di lui traccia,\ne di andarne smarriti; d'intendere cio\u00e8 le cose malamente. La\ncostruzione \u00e8, O voi che desiderosi di ascoltare siete in\npiccioletta barca seguiti<\/b>, venuti in seguito [Seguire<\/i>,\nandare<\/i>, o venir dietro<\/i>, spiega il Vocab. della Cr.] dietro\nal mio legno, che cantando varca<\/i><\/b>, [cos\u00ec l'allegor\u00eca seguendo, in\nvece di dire appresso al mio poema che verseggiando s'inalza<\/i><\/b>],\ntornate a rivedere li vostri liti<\/b>, lasciate il troppo alto\nmare, e riaccostatevi a terra ec.\n\n\tAd un errore di stampa in alcuna delle meno antiche\nedizioni occorso nel principio della lunga chiosa che fa il\nLandino a questo passo fermatosi il Venturi crede e fassi le\nmaraviglie che spieghi esso comentatore Seguitate pure il mio\nlegno, come se<\/i> seguiti detto avesse in luogo di<\/i> seguite.\n\n\tNon solo per\u00f2 l'edizioni pi\u00f9 antiche [Vedi l'edizione di\nFirenze del 1481] sono da cotal errore esenti, ma le stesse meno\nantiche, le quali su 'l principio della chiosa errano, fanno nel\nprogresso l'errore manifestamente conoscere.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Rassembrando quì pure, come nel principio del Purgatorio ha fatto, il comporre suo all'impresa di viaggiar per mare<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. I 1-2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Per correr miglior acque alza le vele
omai la navicella del mio ingegno","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=35&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-6","from":988.0,"to":992.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Re degli Epiroti, o Albanesi,\navidissimo d'imperio, ed implacabile nemico de' Romani. Altri\nintendono di Pirro figliuolo d'Achille, e questi siegue il P.\nd'Aquino, Pelidae hic soboles<\/i>; sebbene il Volpi tiene per\nindubiato, che non deve intendersi di questo. Venturi.\n\n\tSesto Pompeo<\/i> [spiega il Daniello], il quale fu\ngrandissimo corsale, come dimostra Lucano, il quale di lui\nparlando dice<\/i>: Sextus erat magno proles indigna parente; Qui mox\nscyllaeis exsul crassatus in undis Polluit aequoreos Siculus\npirata triumphos [Veggasi anche Floro Epitome libri<\/i> 123]. \nAlcuni<\/i> [siegue] dicono costui essere stato Sesto Tarquinio<\/i>,\nquello che violent\u00f2 Lucrezia.\n\n\tIl Venturi, riferite ambe queste opinioni, soggiunge che\nquanto a lui \u00e8 pi\u00f9 probabile che il Poeta non intendesse n\u00e8\ndell'uno, n\u00e8 dell'altro, per non essere stati propriamente\ntiranni, ma di Sesto Claudio Nerone crudelissimo Imperatore e\ntiranno.<\/i>\n\n\tDue errori. Il primo \u00e8 di non ricordarsi che in questo\ncerchio bolle qual che per violenza in altrui noccia<\/i> [Verso 48\ndel presente canto], e non i soli propriamente tiranni.<\/i> \nL'altro \u00e8 di cognominar Sesto<\/b> Nerone Imperatore; non si\ntrovando dati lui altri nomi che di Claudio Domizio Nerone.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sesto Pompeo<\/i> [spiega il Daniello], il quale fu grandissimo corsale, come dimostra Lucano, il quale di lui parlando dice<\/i>: Sextus erat magno proles indigna parente; Qui mox scyllaeis exsul crassatus in undis Polluit aequoreos Siculus pirata triumphos.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"VI 420-422","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sextus erat, Magno proles indigna parente,
Qui mox, Scyllaeis exsul grassatus in undis,
Polluit aequoreos Siculus pirata triumphos.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0917.phi001.perseus-lat1:6.413-6.506","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"135-136","from":11424.0,"to":11425.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, {"Annotazione":"Rende ora negativa risposta\nalla seconda interrogazione S'alcuna mai da tai membra si\nspiega<\/i>: facendo ai poeti noto, che neppur dopo il finale\ngiudizio usciranno le anime dalla prigionia di que' tronchi: non\nprescindendo dalla verit\u00e0 del penultimo articolo del Credo<\/i>,\ncome rimprovera il Venturi, ma prendendo poeticamente\nquell'articolo in senso accomodo rispettivamente a' suicidi,\naccordando loro la sola resurrezion della carne, e non la formal\nriunione — al prun dell'ombra sua molesta<\/b>, all'albero, che\nrinserra la sua ombra<\/b> l'anima sua a se molesta<\/b>, micidiale. \nPruni<\/b> appella quegli alberi, perocch\u00e8 aventi, come nel\nprincipio del Canto ha detto, rami nodosi e stecchi; e pruno<\/i><\/b>\n[insegna il Vocabolario della Crusca] \u00e8 nome generico di tutti i\nfruttici spinosi.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
non prescindendo dalla verità del penultimo articolo del Credo<\/i>, come rimprovera il Venturi, ma prendendo poeticamente quell'articolo in senso accomodo rispettivamente a' suicidi, accordando loro la sola resurrezion della carne, e non la formal riunione<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/credo","LuogoFonte":"","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et exspecto resurrectionem mortuorum, ","UrlFonte":"http:\/\/www.mlat.uzh.ch\/index.php?app=browser&text=8653:2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"103-108","from":12197.0,"to":12200.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Reso Dante\npossente alla contemplazione Beatrice, che, com'\u00e8 notato nel\nprincipio del canto XXI, spiega qu\u00ec il carattere della teologia\ncontemplativa, ne lo invita a godere del suo riso, cio\u00e8 della sua\ngiocondit\u00e0.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Reso Dante possente alla contemplazione Beatrice, che, com'è notato nel principio del canto XXI, spiega quì il carattere della teologia contemplativa, ne lo invita a godere del suo riso, cioè della sua giocondità.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXI 1-3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Già eran li occhi miei rifissi al volto
de la mia donna, e l'animo con essi,
e da ogne altro intento s'era tolto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=88&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46-48","from":22641.0,"to":22662.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Riconoscendo Dante\nin Beatrice la teologia, la scienza delle divine cose, come pi\u00f9\nvolte si \u00e8 detto, e facendola perci\u00f2, salendo e a Dio\navvicinandosi, divenire pi\u00f9 bella [Vedi Parad. V, 94, VIII, 15,\nX, 37 ec.]; ora ch'\u00e8 salita nel cielo stesso d'Iddio dicela\ndivenuta di tanta bellezza, che non solo la mente umana, ma\nnissun'altra mente, fuor che la divina, la pu\u00f2 adeguatamente\ngodere<\/i>, comprendere — si trasmoda<\/b>, vale esce di modo.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Riconoscendo Dante in Beatrice la teologia [...] e facendola perciò, salendo e a Dio avvicinandosi, divenire più bella [Vedi Parad. V, 94, VIII, 15, X, 37 ec.];<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. V 94","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quivi la donna mia vid'io sì lieta,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=72&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"19-21","from":29469.0,"to":29474.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Riconosciuto\nche noi abbiamo il nostro errore, dimostratoci dalla sacra\ndottrina, gli angeli<\/b>, cio\u00e8 le buone inspirazioni c'invitano a\nsperare.  E per\u00f2 finge, che cantino il salmo accomodato alla\nsperanza.  Questo \u00e8 il trigesimo: In te Domine speravi<\/i><\/b>, non\nconfundar in aeternum<\/i>, nel quale David dimostrando la speranza\nche ha in Dio, esorta ogni uomo, che si pente del commesso fallo,\na far quel medesimo.  Ma oltre pedes meos non passaro<\/b>, non\npassaro il versiculo di questo salmo nec conclusisti me in\nmanibus inimici: statuisti in loco spazioso pedes meos<\/i><\/b>; perch\u00e8\nil resto del salmo contiene altra materia.  Landino, ed\nistessamente anche il Vellutello; che sono, quanto veggo, i soli\nche rintracciano la cagione di questo non cantar oltre il pedes\nmeos.<\/i><\/b>  Come per\u00f2 in seguito al versetto contenente il pedes\nmeos<\/b> viene quell'altro che contiene conturbatus est in ira\noculus meus<\/i>, la mira di non far commemorare conturbamento d'ira\nin quel luogo di pace potrebb'essere una pi\u00f9 precisa ragione di\nfar restare il canto al pedes meos.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
finge, che cantino il salmo accomodato alla speranza.  Questo è il trigesimo: In te Domine speravi<\/b>, non confundar in aeternum<\/i>, nel quale David dimostrando la speranza che ha in Dio, esorta ogni uomo, che si pente del commesso fallo, a far quel medesimo.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"XXXI (XXX) 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"In te, Domine, speravi, non confundar in aeternum","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%2031","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"82-84","from":30457.0,"to":30476.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"},
{"Annotazione":"Ricorda l'ultimo verso del\nprimo canto — allor si mosse, e io li tenni retro<\/i> — come se\nil viaggio ricominciasse.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno I, 136","NotaFonte":"","TestoFonte":"Allor si mosse, e io li tenni dietro.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"21","from":16601.0,"to":16606.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Ricordandosi che in quella\ncroce in Marte vide lampeggiar Cristo~, ma in modo di non sapere\ncotal lampeggiamento esprimere con altro degno esempio~, per\u00f2\ndice che resti qu\u00ec 'l di lui ingegno vinto dalla memoria<\/i>,\ncio\u00e8 alla memoria inferiore.\n\n\tDelle tre rime collo stesso nome di Cristo<\/i> vedi ci\u00f2\nch' \u00e8 detto Par. XII. 71.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Delle tre rime collo stesso nome di Cristo<\/i> vedi ciò ch' è detto Par. XII. 71.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XII 71","NotaFonte":"","TestoFonte":"sì come de l'agricola che Cristo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=79&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"103-105","from":13818.0,"to":13838.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Riferisce Gellio che M. Varrone\ndocuit, confirmavitque, nisi in loco per augures constituto,\nquod templum appellaretur, senatus consultum factum esset, instum \nid non fuisse: propterea et in curia Hostilia, et in Pompeia, et\npost in Iulia, cum profana ea loca fuissent, templa esse per\naugures constituta<\/i> [Lib. 14 cap. 7].  Curia<\/i>, dice per\u00f2 anche\nCicerone, est sedes et templum publici consilii<\/i> [Pro domo\nsua.<\/i>].  Allusivamente a cotal Latino costume, durato in Fiorenza\nmedesima fino a circa il 1282 che i magistrati e i consigli per\nle chiese convenissero<\/i> [Machiav. stor. lib. 2], pot\u00e8 Dante\napellar tempio<\/b> la Fiorentina curia; e su 'l volgare\nintendimento di tempio<\/b> per chiesa<\/i><\/b> scherzevolmente appellar\norazione<\/i><\/b> gli stabilimenti in essa fatti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Riferisce Gellio che M. Varrone docuit, confirmavitque, nisi in loco per augures constituto, quod templum appellaretur, senatus consultum factum esset, instum  id non fuisse: propterea et in curia Hostilia, et in Pompeia, et post in Iulia, cum profana ea loca fuissent, templa esse per augures constituta<\/i> [Lib. 14 cap. 7]. [...<\/i>].  Allusivamente a cotal Latino costume, durato in Fiorenza medesima fino a circa il 1282 che i magistrati e i consigli per  le chiese convenissero<\/i> [Machiav. stor. lib. 2], potè Dante apellar tempio<\/b> la Fiorentina curia; e su 'l volgare  intendimento di tempio<\/b> per chiesa<\/i> scherzevolmente appellar orazione<\/b> gli stabilimenti in essa fatti.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q294800","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q660519","LuogoFonte":"XIV vii 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tum adscripsit de locis in quibus senatusconsultum fieri iure posset, docuitque confirmavitque, nisi in loco per augurem constituto, quod “templum” appellaretur, senatusconsultum factum esset, iustum id non fuisse. Propterea et in curia Hostilia et in Pompeia et post in Iulia, cum profana ea loca fuissent, templa esse per augures constituta, ut in iis senatusconsulta more maiorum iusta fieri possent. Inter quae id quoque scriptum reliquit, non omnes aedes sacras templa esse ac ne aedem quidem Vestae templum esse.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1254.phi001.perseus-lat1:14.7.7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"87","from":9251.0,"to":9258.0,"NomeAutore":"Aulo Gellio","TitoloFonte":"Noctes Atticae"},
{"Annotazione":"Riferisce Giovan Villani~,\nche il Regno di Puglia~, o sia di Napoli~, e di Sicilia fosse da\nUrbano IV.  concistorialmente concesso a Carlo I. d'Angi\u00f2~,\nnonno del parlante Carlo Martello~, per lui~, e suoi discendenti\ninsino in quarta generazione<\/i> [Cron.<\/i>  lib. 6.  cap.  90.].\nConciosia dunque che la quarta generazione di Carlo I. terminata\nsarebbe nei nipoti di Carlo Martello perci\u00f2 fa Dante ch'egli\ndica~, ch' avrebbe Sicilia ancora attesi li suoi Regi<\/i>, i\nlegittimi regi suoi~, nati per mezzo di lui di<\/i> [per da<\/i> [Vedi\nCinonio Partic.<\/i> 80. 4.]] Carlo<\/i>, e di Ridolfo<\/i> suoi\nfigliuoli.\n\n\tLo stemma<\/i> o sia albero della casa d'Angi\u00f2~, ricavato\ndal Rationarium Temp.<\/i>  del Petavio~, ed all'opera medesima\naggiunto Lugd.  Bat.<\/i> 1710.  non pone di Carlo Martello altri\nfigliuoli~, che Carolus Robertus Rex Hungariae<\/i>, e Clementia<\/i>,\nnupta Ludovico Hutino Regi Galliae.<\/i>  L' esserzione per\u00f2 di\nDante~, che come contemporaneo e beneficato da Carlo Martello\n[Vedi sopra v. 55.  e segg.~], dovette certamente aver di lui\nconoscenza~, pu\u00f2 correggere l'asserzione di Petavio~: e ben\ndimostra il Vellutello di non parlare in aria~, ma di aver\ntrovato scritto~, ci\u00f2 che asserisce~, ch'ebbe Carlo Martello\ndue figliuoli<\/i>, Carlo Umberto<\/i> [cos\u00ec l'appella anche Giovan\nVillani [Cron.<\/i> lib. 9.  cap. 175.  ed altrove sempre.~], e non\nCarlo Roberto<\/i>, come lo appella Petavio~], che regn\u00f2 dopo lui\nin Ungaria<\/i>, e Ridolfo <\/i>, che fu Duca d'Osterlic<\/i>, per la\nmadre che in tal Duc\u00e8a succed\u00e8 per eredit\u00e0.<\/i>\n\n\tIl Landino ed il Venturi contrariamente agli altri\nspositori per Carlo<\/i> intendono Carlo I. d'Angi\u00f2 l'avolo di\nCarlo Martello~, e per Ridolfo<\/i>, l' Imperatore Ridolfo I. per\nessere la moglie di esso Carlo Martello stata una figlia di\nquell'Imperatore.  Oltre per\u00f2 che stucchevole circoscrizione\nsarebbe i dire i nati per me di Carlo<\/i>, e di Ridolfo<\/i>, in vece\ndi dire i figli miei<\/i>, ed oltre che la voce nati<\/i> meglio si\nconf\u00e0 a' figli rapporto ai padri~, che rapporto agli avi~,\nbisavi~, e tritavi~, massime materni~: malamente ancora da Carlo\nmedesimo si porrebbe in tal modo a paro il padre della moglie col\nproprio paterno bisavolo.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Riferisce Giovan Villani,  che il Regno di Puglia, o sia di Napoli, e di Sicilia fosse da Urbano IV.  concistorialmente concesso a Carlo I. d'Angiò, nonno del parlante Carlo Martello, per lui, e suoi discendenti insino in quarta generazione<\/i> [Cron.<\/i>  lib. 6.  cap.  90.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VII 88","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587 p. 181 (VI 90).","TestoFonte":"Al quale consiglio s'accordarono tutti i cardinali e prelati, e così elessono il detto Carlo a re di Cicilia e di Puglia, egli e' suoi discendenti insino in quarta di sua generazione appresso a lui; e fermata la elezione, gli mandarono il decreto; e ciò fu gli anni di Cristo MCCLXIII.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"71-72","from":7461.0,"to":7475.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Risguarda questo parlar di Dante\nalla riprensione fatta da Ges\u00f9 Cristo a coloro che nella casa di\nDio, in vece di fare orazione, vi commettevano usure, fecistis\nillam speluncam latronum<\/i> [Matt.<\/i> 21]; e perocch\u00e8 i monaci di\nque' tempi in vece di rendere frutti di giustizia e di carit\u00e0,\nattendevano anzi a defraudare ai poveri la limosina per dare ai\npropri parenti o ad altro pi\u00f9 brutto<\/b> oggetto, perci\u00f2 dice, che\navevano essi di badie<\/b>, di monasteri fatte spelonche<\/b>, e che le\ncocolle<\/b>, le vesti monacali, non insaccavano buona, ma ria\nfarina [forse allusivamente al bianco o biancastro vestire de'\nmonaci d'allora [Vedi, tra gli altri, il prelodato D. Angelo\ndella Noce, nelle note alla cronaca Cassinense 426 e segg.]]: ed\naggiunge che grave usura tanto non si tolle Contra 'l piacer di\nDio<\/b>, non si alza, non giunge a dispiacer tanto a Dio, quanto\nquel reo frutto che il cuore de' monaci s\u00ec folle<\/b>, s\u00ec\nimpervertito, fa<\/b>, produce.  — quantunque la chiesa guarda<\/b>,\nsignifica il medesimo che quanto mai la chiesa serba d'avanzo<\/i><\/b>,\nmantenute, intendi, le sacre suppellettili, e proveduti del\nnecessario vitto i chierici — Non di parente<\/i><\/b> ec. non dee\nservire pe 'l parente, n\u00e8 per altro pi\u00f9 brutto soggetto.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Risguarda questo parlar di Dante alla riprensione fatta da Gesù Cristo a coloro che nella casa di Dio, in vece di fare orazione, vi commettevano usure, fecistis illam speluncam latronum<\/i> [Matt.<\/i> 21]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XXI 13","NotaFonte":"","TestoFonte":"“ Scriptum est: \"Domus mea domus orationis vocabitur\". Vos autem facitis eam speluncam<\/strong> latronum ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#21","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"76-84","from":21767.0,"to":21769.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"Risponde Farinata, e dimostra\nl'ingiustizia di quel procedere contro della sola sua schiatta,\nper tre capi.  Primo, perch\u00e8 alla suddetta impresa non fu egli\nsolo Fiorentino, ma furonvi altri seco, alle famiglie de' quali\nper\u00f2 non veniva fatto lo stesso mal trattamento che alla sua.  In\nsecondo luogo perch\u00e8, se procur\u00f2 egli quella rotta a Fiorentini\nGuelfi, ne aveva qualche ragione, da che era egli per opera loro\nfuoruscito [Vedi 'l Landino e Vellutello].  In terzo luogo\nfinalmente perch\u00e8 dopo la rotta di Monte Aperto [riferisce il\nVellutello da Giovanni Villani [Cron. lib. 6, 83]] tornati i\nGhibellini in Firenze, fu fatto ad Empoli un general consiglio,\nove intervennero gli ambasciatori di tutte le citt\u00e0 e terre\nGhibelline di Toscana, nella quale ultimamente fu concluso, che\nper ultimo esterminio de' Guelfi, si dovesse rovinare Firenze,\nacciocch\u00e8 gli avversari non avessero mai pi\u00f9 speranza di\nritornarvi: e solo Farinata e con detti e con fatti, ora\npregando, ed ora minacciando, s'oppose a tanto miserabile\nsentenza, e costrinse ciascuno a rivocarla — sofferto fu per\nciascun<\/b> invece di soffr\u00ec ciascun<\/i>, e intendi de' Fiorentini\nGhibellini; che quelli d'altri luoghi non solamente soffrivano,\nma istavano di torre via Fiorenza<\/i><\/b>, di toglierla di mezzo, di\natterrarla.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
dopo la rotta di Monte Aperto [riferisce il Vellutello da Giovanni Villani [Cron. lib. 6, 83]] tornati i Ghibellini in Firenze, fu fatto ad Empoli un general consiglio, ove intervennero gli ambasciatori di tutte le città e terre Ghibelline di Toscana, nella quale ultimamente fu concluso, che per ultimo esterminio de' Guelfi, si dovesse rovinare Firenze, acciocchè gli avversari non avessero mai più speranza di ritornarvi: e solo Farinata e con detti e con fatti, ora pregando, ed ora minacciando, s'oppose a tanto miserabile sentenza, e costrinse ciascuno a rivocarla<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VII 81","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, pp. 175-176 (VI 83).","TestoFonte":"Come i Ghibellini di Toscana ordinarono di disfare la città di Firenze, e come messer Farinata degli Uberti la difese.<\/strong>
Per lo simile modo ch'uscirono i Guelfi di Firenze, così feciono quegli di Prato, e di Pistoia, e di Volterra, e di Samminiato, e di San Gimignano, e di più altre terre e castella di Toscana, le quali tornarono tutte a parte ghibellina, se non fu la città di Lucca, la quale si tenne a parte guelfa uno tempo, e fu rifuggio de' Guelfi di Firenze, e degli altri usciti di Toscana. I quali Guelfi di Firenze feciono loro istanza in Lucca in borgo intorno a San Friano; e la loggia dinanzi a San Friano feciono i Fiorentini. E ritrovandosi i Fiorentini in quello luogo, messer Tegghiaio Aldobrandi veggendo lo Spedito che nel consiglio gli avea detta villania, e che si cercasse le brache, s'alzò e trassesi de' caviglioni V fiorini d'oro ch'avea, e mostrogli allo Spedito che di Firenze era uscito assai povero; disse per rimproccio: «Vedi com'io ho conce le brache? A questo hai tu condotto te e me e gli altri per la tua audacia e superbia signoria». Lo Spedito rispuose: «E voi perché·cci credavate?». Avemo di queste piccole e vili parole fatta menzione per assempro che niuno cittadino, e massimamente i popolani o di piccolo affare, quando ha signoria non dee essere troppo ardito o prosuntuoso. In questo tempo i Pisani, e' Sanesi, e gli Aretini col detto conte Giordano e cogli altri caporali ghibellini di Toscana ordinaro di fare parlamento a Empoli, per riformare lo stato di parte ghibellina in Toscana, e fare taglia; e così feciono. E però che al conte Giordano convenia tornare in Puglia al re Manfredi, per mandato del detto Manfredi fue ordinato suo vicario generale e capitano di guerra in Toscana il conte Guido Novello de' conti Guidi di Casentino e di Modigliana, il quale per parte disertò il conte Simone suo fratello, e 'l conte Guido Guerra suo consorto, e tutti quegli del suo lato che teneano parte guelfa; e disposto era al tutto di cacciarne chi Guelfo fosse di Toscana. E nel detto parlamento tutte le città vicine, e' conti Guidi, e' conti Alberti, e que' da Santa Fiore, e gli Ubaldini, e tutti i baroni d'intorno propuosono e furono in concordia, per lo migliore di parte ghibellina, di disfare al tutto la città di Firenze, e di recarla a borgora, acciò che mai di suo stato non fosse rinnomo, fama, né podere. A la quale proposta si levò e contradisse il valente e savio cavaliere messer Farinata degli Uberti, e nella sua diceria propuose gli antichi due grossi proverbi che dicono: «Com'asino sape, così minuzza rape» e «Vassi capra zoppa, se 'l lupo no·lla 'ntoppa»; e questi due proverbi rinestò in uno, dicendo. «Com'asino sape, sì va capra zoppa; così minuzza rape, se 'l lupo no·lla 'ntoppa»; recando poi con savie parole assempro e comparazioni sopra il grosso proverbio, com'era follia di ciò parlare, e come gran pericolo e danno ne potea avenire; e s'altri ch'egli non fosse, mentre ch'egli avesse vita in corpo, colla spada in mano la difenderebbe. Veggendo ciò il conte Giordano, e l'uomo, e della autoritade ch'era messer Farinata, e il suo gran seguito, e come parte ghibellina se ne potea partire e avere discordia, sì·ssi rimase, e intesono ad altro; sicché per uno buono uomo cittadino scampò la nostra città di Firenze da tanta furia, distruggimento, ruina. Ma poi il detto popolo di Firenze ne fu ingrato, male conoscente contra il detto messer Farinata, e sua progenia e lignaggio, come innanzi faremo menzione; ma per la sconoscenza dello ingrato popolo, nondimeno è da commendare e da·ffare notabile memoria del virtudioso e buono cittadino, che fece a guisa del buono antico Cammillo di Roma, come racconta Valerio, e Tito Livio.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"89-93","from":9265.0,"to":9268.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"Risponde al terzo\nquesito, dichiarando onde animato fosse a sperare; e stelle<\/b>\nappellar dee gli scrittori sacri, allusivamente alla sentenza del\nprofeta Daniello Fulgebunt qui ad iustitiam erudiunt multos\nquasi stellae in perpetuas aeternitates<\/i> [Cap. 12].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
stelle <\/b>appellar dee gli scrittori sacri, allusivamente alla sentenza del profeta Daniello Fulgebunt qui ad iustitiam erudiunt multos quasi stellae in perpetuas aeternitates<\/i> [Cap. 12]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80115","LuogoFonte":"XII 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Qui autem docti fuerint, fulgebunt quasi splendor firmamenti; et, qui ad iustitiam erudierint multos, quasi stellae in perpetuas aeternitates. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_danielis_lt.html#12","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"70","from":24860.0,"to":24865.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro di Daniele"},
{"Annotazione":"Ritenendo Dante affissata\nall'Apostolica sede la misteriosa donna dell'Apocalisse sedentem\nsuper bestiam coccineam<\/i>..... habentem capita septem et cornua\ndecem<\/i> [Apoc.<\/i> 17]; ed essendo com'altrove si \u00e8 detto d'avviso,\nche la bestia, e la donna non sieno in sostanza che la stessa\ncosa<\/i> [Parole di monsig. Bossuet gi\u00e0 riportate nel canto XIX\ndell'Inf. v. 109], per\u00f2 ad esprimerla, com'esso la intende, per\nl'acquisto delle ricchezze, e pe 'l consecutivo operare, dicaduta\ndall'antica venerazione, valsi della formola stessa colla quale\nl'evangelista nell'Apocalisse prosiegue e dice bestia quam\nvidisti fuit, et non est.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ritenendo Dante affissata all'Apostolica sede la misteriosa donna dell'Apocalisse sedentem super bestiam coccineam<\/i>..... habentem capita septem et cornua decem<\/i> [Apoc.<\/i> 17]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","LuogoFonte":"XVII 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et vidi mulierem sedentem super bestiam coccineam, plenam nominibus blasphemiae, habentem capita septem et cornua decem","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#17","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"35","from":33281.0,"to":33285.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"},
{"Annotazione":"Romito eretico, che tra gli altri\nerrori predicava la comunanza d'ogni cosa, eziandio delle mogli,\nessere a' cristiani lecita.  Forte pe 'l seguito di pi\u00f9 di tre\nmilla uomini, rubando, ed ogni iniquit\u00e0 commettendo, per due anni\nsostennesi, fin che del 1305 ridottosi ne' monti del Novarese\nsprovisto di viveri, e dalla copia della caduta neve impedito, fu\ndai Novaresi preso, ed arso, egli con Margherita sua compagna, e\ncon pi\u00f9 altri [Giovanni Villani lib. 8 cap. 84] — s'armi<\/b>\nconnettesi con di vivanda<\/i>, tre versi sotto, e per\u00f2 vale quanto\nsi provegga.<\/i>  Catacresi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Giovanni Villani lib. 8 cap. 84<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"IX 84","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 362 (VIII 84).","TestoFonte":"Come si levò in Lombardia un fra Dolcino con grande compagnia d'eretici, e furono arsi<\/strong>
Nel detto anno MCCCV nel contado di Noara in Lombardia uno frate Dolcino, il quale non era frate di regola ordinata, ma fraticello sanza ordine, con errore si levò con grande compagnia d'eretici, uomini e femmine di contado e di montagne di piccolo affare, proponendo e predicando il detto frate Dolcino sé essere vero appostolo di Cristo, e che ogni cosa dovea essere in carità comune, e simile le femmine esser comuni, e usandole non era peccato. E più altri sozzi articoli di resia predicava, e opponeva che 'l papa, e cardinali, e gli altri rettori di santa Chiesa non oservavano quello che doveano né la vita vangelica, e ch'egli dovea esser degno papa. E era con séguito di più di IIIM uomini e femmine, standosi in su le montagne vivendo a comune a guisa di bestie; e quando falliva loro vittuaglia, prendevano e rubavano dovunque ne trovavano; e così regnò per due anni. A la fine rincrescendo a quegli che 'l seguivano la detta dissoluta vita, molto scemò sua setta, e per difetto di vivanda, e per le nevi ch'erano, fu preso per gli Noaresi e arso con Margherita sua compagna, e con più altri uomini e femmine che co·llui si trovaro in quelli errori.  ","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"55","from":27142.0,"to":27144.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"S. Matteo VII, 13: «Larga \u00e8 la porta\ne spaziosa la via che conduce a perdizione.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
S. Matteo VII, 13: «Larga è la porta e spaziosa la via che conduce a perdizione.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"Vangelo secondo Matteo VII, 13","NotaFonte":"La traduzione del passo evangelico \u00e8 ricavata dal commento di Tommaseo.","TestoFonte":"Intrate per angustam portam, quia lata porta et spatiosa via, quae ducit ad perditionem<\/strong>, et multi sunt, qui intrant per eam","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"20","from":4135.0,"to":4137.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"San Paolo vas\nelectionis<\/i> appellato da Ges\u00f9 Cristo medesimo [Act.<\/i> 9 v. 15]. \nNon intende per\u00f2, che andasse anche s. Paolo all'Inferno, ma al\nterzo cielo, alle beate genti<\/i>, alle quali pure disse Virgilio\nche potrebbe Dante salire [Canto precedente v. 121 e segg.].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
San Paolo vas electionis<\/i> appellato da Gesù Cristo medesimo [Act.<\/i> 9 v. 15]. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","LuogoFonte":"IX 15","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dixit autem ad eum Dominus: “Vade, quoniam vas electionis est mihi iste, ut portet nomen meum coram gentibus et regibus et filiis Israel [...]\".","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#9","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"28","from":1192.0,"to":1198.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"},
{"Annotazione":"San Tommaso avea detto\nl'accidia essere «vaporationes tristes et melancholicae.»  —\nFummo<\/b>, fumo; anche in prosa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
San Tommaso avea detto l'accidia essere «vaporationes tristes et melancholicae.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/super-job","LuogoFonte":"Super Job I","NotaFonte":"Il rinvio a \"Super Job\" deriva da Vellutello, primo a riportare nell'esegesi il passo poi ripreso da Rossetti e Andreoli. Come si pu\u00f2 notare, aderendo a tali modelli esegetici, Andreoli non conosceva l'opera originale, n\u00e9 pot\u00e9 avvedersi che i suoi possibili punti di riferimento non avevano dato una citazione letterale del passo tomistico, ma probabilmente una sua riduzione compendiosa.","TestoFonte":"Quaecumque igitur solo motu locali fieri possunt, haec per naturalem virtutem non solum spiritus boni sed etiam mali facere possunt, nisi divinitus prohibeantur; venti autem et pluviae et aliae huiusmodi aeris perturbationes ex solo motu vaporum <\/strong>resolutorum ex terra et aqua fieri possunt, unde ad huiusmodi procuranda naturalis virtus Daemonis sufficit","UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/cio01.html#84899","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"123","from":6665.0,"to":6667.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Saturno, fu il mondo pudico:\ncos\u00ec Giovenale, Credo pudicitiam Saturno Rege moratam In\nTerris.<\/i>  Venturi.  Rege<\/b> per Re<\/i><\/b> adoperalo Dante parecchie\nvolte, ed altri scrittori pure.  Vedi 'l Vocab. della Crusca.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Saturno<\/strong>, fu il mondo pudico: così Giovenale, Credo pudicitiam Saturno Rege moratam In Terris.<\/i>  Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q193800","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2707099","LuogoFonte":"VI 1-2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Credo Pudicitiam Saturno rege moratam 
in terris","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A2007.01.0093%3Abook%3D2%3Apoem%3D6","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"96","from":13220.0,"to":13224.0,"NomeAutore":"Decimo Giunio Giovenale","TitoloFonte":"Satire"}, {"Annotazione":"Saturno. — Casto<\/b>, puro, senza\nvizi. Accenna all'et\u00e0 dell'oro favoleggiata dagli antichi. \nAEn., VIII: «Aurea quae perhibent, illo sub rege fuerunt\nSaecula.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Casto<\/b>, puro, senza vizi.  Accenna all'età dell'oro favoleggiata dagli antichi. Aen., VIII: «Aurea quae perhibent, illo sub rege fuerunt Saecula.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis VIII, 324-325","NotaFonte":"","TestoFonte":"Aurea quae perhibent illo sub rege fuere
saecula. Sic placida populos in pace regebat,","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D8%3Acard%3D306","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":13220.0,"to":13229.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Saule Re primo d'Israele, uomo\nsuperbo e disubbidiente a Dio. Costui essendo rotto da' Filistei\nsul monte Gelboe, e temendo di capitar vivo in mano de' nemici,\ndiedesi la morte da se stesso. Volpi — Che poi non<\/b> ec. per\nla maledizione data perci\u00f2 ad esso monte da Davide: montes\nGelboe, neque ros, neque pluvia veniant super vos<\/i> [Reg. lib. 2\ncap. I, v. 21].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Che poi non<\/b> ec. per la maledizione data perciò ad esso monte da Davide: montes Gelboe, neque ros, neque pluvia veniant super vos<\/i> [Reg. lib. 2 cap. I, v. 21].<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q19140595","LuogoFonte":"I 21","NotaFonte":"Il rimando al Libro dei Re riguarda la Vulgata Clementina","TestoFonte":"Montes Gelboe, nec ros nec pluviae veniant super vos,
neque sint agri oblationum!
Quia ibi abiectus est clipeus fortium,
clipeus Saul, quasi non esset unctus oleo.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ii-samuelis_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"40-42","from":11423.0,"to":11443.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":"Secondo libro di Samuele"}, {"Annotazione":"Sceglie a\ntal uopo Giovenale non solamente perch\u00e8 fior\u00ec poco dopo di\nStazio, ma perch\u00e8 loda la Tebaide [Vedi 'l canto precedente al v.\n88], in cui Stazio medesimo manifesta altissima stima verso di\nVirgilio [Vedi nello stesso precedente canto la nota al v. 97].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sceglie a tal uopo Giovenale non solamente perchè fiorì poco dopo di Stazio, ma perchè loda la Tebaide [Vedi 'l canto precedente al v. 88] <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXI 88","NotaFonte":"La nota di Lombardi a Purg. XXII 88 individua l'allusione a Giovenale.","TestoFonte":"Tanto fu dolce mio vocale spirto,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=55&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"14-15","from":21672.0,"to":21677.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Scrive Giovan Villani essere il corso\ndell'Arno di spazio da miglia<\/i> 120 [Lib. I cap. 43].  Bene\nadunque dice Dante, che no 'l sazia il corso di cento miglia.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Scrive Giovan Villani essere il corso dell'Arno di spazio da miglia<\/i> 120 [Lib. I cap. 43].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"II 6","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 31 (I 43).","TestoFonte":"il suo corso è di spazio di miglia CXX.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"18","from":13361.0,"to":13363.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"Se Dante, prima d'aver\nveduto Virgilio, dalla parte superiore del monte era rovinato in\ngi\u00f9, e qui la Lupa gli era appresso, \u00e8 chiaro che ella lo aveva\ninseguito, pi\u00f9 violenta delle altre due fiere nel contrastargli\nil passo, pi\u00f9 feroce nel volerlo adunghiare.  — Aiutami da lei<\/b>\necc., campami (Purg.<\/i>, I, 62); la costruzione \u00e8 eguale al\nriparare, difendere<\/i> da... (Par.<\/i>, XXIII, 36).  — Famoso<\/i><\/b>:\ndi cui la fama ancor nel mondo dura, E durer\u00e0 quanto il mondo\nlontana<\/i><\/b> (Inf.<\/i>, II, 60).  — Saggio<\/b>: Virgilio \u00e8 il savio\ngentil<\/i><\/b> (Inf.<\/i>, VII, 3), dove savio \u00e8 per Poeta<\/i>: cos\u00ec Vit.\nN.<\/i>, XX nel son.: «Amore e cuor gentil sono una cosa, Siccome il\nsavio in suo dittato pone, >, dove si accenna al Guinicelli.  Nel\nConv.<\/i>, IV, 13: «Dice il Savio, > e reca una sentenza di\nGiuvenale.  Cos\u00ec nel Purg.<\/i>, XXIII, 8, savi<\/i> son detti Virgilio\ne Stazio.  — Mi fa tremar<\/i><\/b> ecc.  Per la grande commozione, per\nla paura ond'era conturbato (cf. Purg.<\/i><\/b>, XXX, 47; Vit. N.<\/i>, \nXIII, son.).  Le vene e i polsi<\/b>; nota il Giuliani, sta per i\npolsi delle vene<\/i><\/b>, non essendo i polsi (parlo secondo la scienza\ndantesca) che l'effetto del movimento del sangue delle vene.  Ora\nla paura, svegliando un tremito nel cuore, commuove il sangue per\ntutte le membra e si accelera il battito dei polsi.  Cf. Inf.<\/i>, \nXIII, 63.  Nella Vit. N.<\/i>, II: «Lo spirito della vita, il quale\ndimora nella segretissima camera del cuore, cominci\u00f2 a tremare s\u00ec\nfortemente, che appariva nelli menomi polsi orribilmente.»  I\nmotivi che persuasero Dante a scegliersi Virgilio per guida, \nanzich\u00e8 altro famoso dell'antichit\u00e0, paiono essere i seguenti: 1)\nVirgilio era considerato come il cantore dell'idea imperiale\nrornana (onde l'Allighieri tante volte lo allega nella sua\nMonarchia<\/i>): 2) il Medioevo lo riguardava come prenunziatore del\nMessia (cf. Purg.<\/i>, XXII, 66 e segg.): 3) per Dante era il solo\npoeta (non conoscendo i poemi Omerici) che avesse descritto una\ndiscesa all'Inferno; 4) offriva a Dante il miglior modello dello\nstile poetico.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Aiutami da lei <\/b>ecc., campami (Purg.<\/i>, I, 62); la costruzione è eguale al riparare, difendere<\/i> da... (Par.<\/i>, XXIII, 36).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. I, 62","NotaFonte":"","TestoFonte":"per lui campare; e non lì era altra via","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=35&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"88-90","from":639.0,"to":642.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Se alla dimanda fatta da ser\nBrunetto, Chi \u00e8 questi che mostra il cammino<\/i> {v.48}, avesse\nvoluto Dante soddisfare, avrebbe dovuto dire, che questi era\nVirgilio.  Dal contegno per\u00f2 adoperato dal medesimo Virgilio\nnell'incontro con Stazio [Purg. XXI, 103, e segg.], da quello\nstare cio\u00e8 con viso, che tacendo, dicea taci<\/i>, e dalla paura\naltres\u00ec, che nel medesimo incontro ebbe Dante di manifestare a\nStazio il nome di Virgilio, si pu\u00f2 conghietturare, che a bella\nposta tergiversi qu\u00ec Dante, e ricusi di rispondere a ser Brunetto\nadequatamente.  Che poi verso di Stazio mutasse Virgilio\ncontegno, e se gli facesse finalmente dal poeta nostro nominare,\ne niente si curi di essere manifestato a ser Brunetto, pu\u00f2 di\ntale divario essere cagione, che Statio era stato di Virgilio\nstudiosissimo com'egli stesso ivi confessa, e non cos\u00ec ser\nBrunetto.  — tornand'io in quella<\/b>, leggono tre mss. della\nbiblioteca Corsini [Segnati 607, 608, 610], e l'edizione di\nFirenze 1481 meglio delle altre edizioni, che, leggendo\nritornando in quella<\/i><\/b>, non fanno con uguale chiarezza capire,\nche la persona, che ritornava, era lo stesso Dante.  In quella<\/i><\/b>\nper in quel mentre<\/i> spiegano alcuni; ma, avendo Dante raccontato\nnel primo canto, che gli apparve Virgilio mentre appunto, invece\ndi salire il dilettoso monte, ritornavasene alla primiera noia\ndella oscura valle [Ver. 76 e seg.], non pare che possa in\nquella<\/b> significar altro che in quella valle<\/i><\/b> medesima, a cui\nridice qu\u00ec che volte aveva le spalle.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dal contegno però adoperato dal medesimo Virgilio nell'incontro con Stazio [Purg. XXI, 103, e segg.], da quello stare cioè con viso, che tacendo, dicea taci<\/i>, e dalla paura altresì, che nel medesimo incontro ebbe Dante di manifestare a Stazio il nome di Virgilio, si può conghietturare, che a bella posta tergiversi quì Dante, e ricusi di rispondere a ser Brunetto adequatamente.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI 103-105","NotaFonte":"","TestoFonte":"Volser Virgilio a me queste parole
con viso che, tacendo, disse \"Taci\";
ma non può tutto la virtù che vuole","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=55","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"53","from":13948.0,"to":13951.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Se la\ncosa sorpresa, dice il Venturi, e sostituita non \u00e8 di sua natura\nmolto pi\u00f9 eccellente, e grata a Dio della cosa dimessa; per\nesempio, farsi religioso in cambio di dare in limosina ai poveri\nla met\u00e0 delle sue entrate. Che delizia! Dante rigorista.\n\n\tVuole il Poeta saviamente indicare il troppo grande\npericolo di perdersi tutto il merito del gi\u00e0 fatto voto con\nsimili permute, quando con istitichezza si cammini: e la\nproporzione ch'egli determina del sei al quattro dee riceversi in\nluogo d'indeterminata proporzione maggiore, come usualmente\ndiciam mille<\/i> per molti.<\/i> E se avesse il Venturi avuto\npresente l'ultimo sopraccitato capo del Levitico, dove comanda\nIddio, che in caso di permutare la cosa promessa in altra,\nvalesse questa il quinto di pi\u00f9, non avrebbe avuta qu\u00ec la\ndelizia<\/i> di tacciar Dante di rigorista.\n\n\tPer la cosa sorpresa<\/b> richiede il senso che s'intenda\nla cosa presa<\/i><\/b>, scelta, in appresso<\/i>, in seguito<\/i>; e la\nparticella sor<\/i>, o sopra<\/i> ha di fatto oltre vari altri\nsignificati quello ancora di appresso<\/i>, di in seguito<\/i> [Vedi\nCinon. Partic.<\/i> 231, 7, e quel passo massime che ivi si arreca\ndel Villani La Reina mor\u00ec sopra il partorire, ella e la\ncreatura<\/i>].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Se avesse il Venturi avuto presente l'ultimo sopraccitato capo del Levitico, dove comanda Iddio, che in caso di permutare la cosa promessa in altra, valesse questa il quinto di più, non avrebbe avuta quì la delizia<\/i> di tacciar Dante di rigorista.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41490","LuogoFonte":"XXVII 13, 15, 19, 27, 31","NotaFonte":"","TestoFonte":"13 Quod si redimere illud voluerit is qui offert, addet supra aestimationem quintam partem [...].
15 Sin autem ille, qui voverat, voluerit redimere eam, dabit quintam partem aestimationis supra et habebit domum [...].
19 Quod si voluerit redimere agrum ille, qui voverat, addet quintam partem aestimatae pecuniae et possidebit eum [...].
27 Quod si immundum est animal, redimet, qui obtulit, iuxta aestimationem et addet quintam partem pretii; si redimere noluerit, vendetur quanto fuerit [...].
31 Si quis autem voluerit redimere aliquid de decimis suis, addet quintam partem.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_leviticus_lt.html#27","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"59-60","from":4347.0,"to":4354.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Levitico"}, {"Annotazione":"Se la mortale ultima malattia\nt'imped\u00ec d'esercitare il vizio, a cui eri dedito, della gola,\nprima che ti sopravvenisse del vizio il pentimento; quello che a\nDio ne rimarita<\/b>, ne riunisce. Maritare<\/i> al senso di\ncongiungere<\/i> anche i Latini adoprarono\n\n Ergo aut adulta vitium propagine<\/i>\n Altas maritat populos<\/i> \n [Hor. epod.<\/i> 2]\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Maritare<\/i> al senso di congiungere<\/i> anche i Latini adoprarono\r\n     Ergo aut adulta vitium propagine<\/i>\r\n        Altas maritat populos<\/i> \r\n          [Hor. epod.<\/i> 2]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3730710","LuogoFonte":"II 9-10","NotaFonte":"","TestoFonte":"ergo aut adulta vitium propagine 
altas maritat <\/strong>populos","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0893.phi003.perseus-lat1:2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79-81","from":23179.0,"to":23181.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Epodi"}, {"Annotazione":"Se nel verso 136 vuolsi\nleggere Egli, per trar<\/i> ec., come dopo l'edizione degli Accad.\ndella Cr. si \u00e8 finora letto in tutte l'edizioni, disgiungerassi\nquesto dal seguente terzetto, e rimarr\u00e0 di nessun valore. Bens\u00ec\ncongiungerassi e valore acquister\u00e0 leggendosi colla Nidobeatina e\ncon altri antichi testi manoscritti e stampati [Fra i mss. uno\ncertamente della Casanatense segnato Z. III, 4, e tra gli\nstampati quello di Firenze 1481] E l\u00ec, per trar<\/b> ec., e questa\nsar\u00e0 la costruzione. Disse<\/b>, rispose Oderisi, quando<\/b>\nProvenzano vivea pi\u00f9 glorioso<\/b>, in tempo che godeva de' maggiori\nonori, deposta ogni vergogna liberamente s'affisse<\/b>, si foss\u00f2,\ns'inchiod\u00f2 [diremmo noi] nel Campo<\/b>, nella piazza [Campo<\/b>,\nchiosa il Landino, chiamano i Sanesi la loro piazza] di Siena<\/b>,\nstendendo, dicono i comentatori, un tapeto per terra [immagino\nper sopra di quello ricevere la chiesta limosina da'\npassaggieri]; e l\u00ec<\/b>, ed ivi, si condusse<\/b>, si ridusse, a\ntremar per ogni vena<\/b>, a chiedere ansioso e tremante, come i\nmendici fanno, limosina, per trar l'amico suo di pena, che\nsosteneva nella prigion di Carlo<\/b>, per liberare l'amico suo fatto\nprigioniero dal Re Carlo I di Puglia, il quale non si voleva\nrilasciare se non collo sborso di dieci mila fiorini d'oro [Cos\u00ec\ntutti d'accordo gli espositori, salvo che fallano alcuni nel dire\nl'amico di Provenzano fatto prigioniero da Carlo II di Puglia;\nnon avvertendo che mor\u00ec Provenzano decapito nel 1269 in tempo che\nregnava in Puglia Carlo I. Vedi Gio. Villani lib. 7 cap. 31].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
fallano alcuni nel dire l'amico di Provenzano fatto prigioniero da Carlo II di Puglia; non avvertendo che morì Provenzano decapito nel 1269 in tempo che regnava in Puglia Carlo I.  Vedi Gio. Villani lib. 7 cap. 31].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VIII 31","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 212 (VII 12)","TestoFonte":"messer Provenzano Salvani signore e guidatore dell'oste
de' Sanesi fu preso, e tagliatogli il capo, e per tutto il campo portato fitto in su una lancia","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': '', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"133-138","from":11093.0,"to":11095.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"Se non erano in uso vanare<\/i>\ne vaneggiare<\/i>, come lo sono per cagion d'esempio tastare<\/i> e\ntasteggiare<\/i><\/b>, sar\u00e0 vana<\/b> sincope di vaneggia.<\/i> Come poi\nvaneggiare<\/i> adopera altrove Dante per esser voto<\/i> o vano<\/i>\n[Infer. XVIII, 5 e 73], cos\u00ec adoprer\u00e0 qu\u00ec vanare<\/i><\/b>, e per\u00f2\nsonnolento vana<\/i><\/b>, varr\u00e0 il medesimo che dal sonno preso rimane\nvano, voto d'ogni pensiero.<\/i>\n\n\tChiosa il Landino, che per questo sonnolento vaneggiare\nconfessa Dante l'accidia, della quale si doveva purgare.<\/i> \nOsservando io per\u00f2, che non solamente in questa notte, ed in\nquesto luogo, ma ancora nella precedente notte [Purgatorio IX,\n11], e nella seguente [Purg. XXVII, 92], ed in luoghi ove\ntutt'altro che accidia si purgava, fu il Poeta medesimamente dal\nsonno occupato, direi piuttosto che voglia ricordarci quello\nstesso, che nel IX della presente cantica ci ricorda, che seco\navea di quel d'Adamo<\/i> [Purg. IX, 10], e che perci\u00f2 ogni notte\npativa di sonno.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Se non erano in uso vanare <\/i>e vaneggiare<\/i>, come lo sono per cagion d'esempio tastare<\/i> e tasteggiare<\/i>, sarà vana<\/b> sincope di vaneggia.<\/i>  Come poi vaneggiare<\/i> adopera altrove Dante per esser voto<\/i> o vano <\/i>[Infer. XVIII, 5 e 73], così adoprerà quì vanare<\/i>, e però sonnolento vana<\/b>, varrà il medesimo che dal sonno preso rimane vano, voto d'ogni pensiero.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVIII 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"vaneggia un pozzo assai largo e profondo,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=18&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"87","from":18074.0,"to":18077.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Se non vogliamo che\nsupponesse Beatrice sparse le sue membra qu\u00e0 e l\u00e0, come se state\nfossero dalle fiere straziate, ovver bruciate, e sparse le ceneri\nal vento, dovrebbe, pare a me, sparte<\/b> qu\u00ec pure, come nel canto\nXXVIII, 13 della presente cantica valer quanto spartite<\/i>; e\ndovrebbe intendersi per trasposizione, a cagion della rima,\nessere scritto e che son terra sparte<\/i><\/b>, in vece di e che\nsparte<\/i><\/b>, spartite da me, sono terra<\/b>, sono risolute in terra.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Se non vogliamo che supponesse Beatrice sparse le sue membra quà e là, come se state fossero dalle fiere straziate, ovver bruciate, e sparse le ceneri al vento, dovrebbe, pare a me, sparte<\/b> quì pure, come nel canto XXVIII, 13 della presente cantica valer quanto spartite<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVIII 13","NotaFonte":"","TestoFonte":"non però dal loro esser dritto sparte","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=62&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"51","from":31259.0,"to":31267.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Se per quello che\ndice Dante Inferno XV, 73 e segg.\n\n     Faccian le bestie Fiesolane strame<\/i>\n        Di lor medesme, e non tocchin la pianta<\/i>\n        S'alcuna surge ancor nel lor letame<\/i>,\n     In cui riviva la sementa santa<\/i>\n        Di quei Roman, che vi rimaser quando<\/i>\n        Fu fatto 'l nidio di malizia tanta.<\/i>\n\ndee intendersi accennata la sua discendenza da que' Romani che\nconcorsero a edificare ed abitare Fiorenza [Vedi Gio. Villani\nCron. lib. I cap. 38], conviene in tal caso intendere, che parli\nqu\u00ec degli antenati suoi ne' tempi alla fondazione di Fiorenza\nposteriori.  Ben potendo essere avvenuto che, nell'intervallo di\nmille e pi\u00f9 anni, che fu tra Cacciaguida e la fondazione di\nFiorenza, si partissero gli antenati di lui di Fiorenza; e, dopo\ndi aver lungamente dimorato altrove, e vissuto ignobilmente, tal\nche di loro si vergognasse Cacciaguida, ritornassero in Fiorenza,\ned in Cacciaguida medesimo si rinobilitassero.  Pi\u00f9 \u00e8 il tacer,\nche 'l ragionare onesto<\/b>, legge la Nidobeatina ove tutte l'altre\nedizioni leggono Pi\u00f9 \u00e8 tacer, che ragionar.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
quello che dice Dante Inferno XV, 73 e segg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XV 73-78","NotaFonte":"","TestoFonte":"Faccian le bestie fiesolane strame
di lor medesme, e non tocchin la pianta,
s'alcuna surge ancora in lor letame,
in cui riviva la sementa santa
di que' Roman che vi rimaser quando
fu fatto il nido di malizia tanta\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=15&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"44-45","from":15421.0,"to":15435.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Sebbene l'epiteto derivi\ncertamente dall'humilemque videmus Italiam<\/i> (En.<\/i>, III, 522),\nqui parla non del Lazio solo, n\u00e9 solo dell'Italia bassa o\nmeridionale, ma di tutta l'Italia. Ilion, superbo, fu distrutto;\nma l'Italia, umile, sar\u00e0 inalzata. — fia salute<\/b>: sar\u00e0 la\nsalvezza.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"Sebbene l'epiteto derivi certamente dall'humilemque videmus Italiam<\/i> (En.<\/i>, III, 522), qui parla non del Lazio solo, né solo dell'Italia bassa o meridionale, ma di tutta l'Italia.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"III, 521-524","NotaFonte":"","TestoFonte":"Iamque rubescebat stellis Aurora fugatis
Cum procul obscuros collis humilemque uidemus
Italiam. Italiam primus conclamat Achates,
Italiam laeto socii clamore salutant.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C003","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"106","from":769.0,"to":773.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Secondo Dante l'anima,\npartitasi dal corpo, mediante l'ingenita sua virt\u00f9 informativa\nformasi del circostante aere una nuova trasparente persona,\nsimigliante del tutto alla prima s\u00ec nel ricevere l'esterne\nimpressioni e s\u00ec nel mostrarne nelle sue sembianze gli effetti\n(Purg., XXV, 7. e segg.). Cos\u00ec qui le vediamo di paura\nimpallidire, e le vedremo altrove livide dal freddo, dimagrate\ndalla fame, ec.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Secondo Dante l'anima, partitasi dal corpo, mediante l'ingenita sua virtù informativa formasi del circostante aere una nuova trasparente persona, simigliante del tutto alla prima sì nel ricevere l'esterne impressioni e sì nel mostrarne nelle sue sembianze gli effetti (Purg., XXV, 7. e segg.). <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXV, 7-108","NotaFonte":"","TestoFonte":"così intrammo noi per la callaia,
uno innanzi altro prendendo la scala
che per artezza i salitor dispaia.
E quale il cicognin che leva l'ala
per voglia di volare, e non s'attenta
d'abbandonar lo nido, e giù la cala;
tal era io con voglia accesa e spenta
di dimandar, venendo infino a l'atto
che fa colui ch'a dicer s'argomenta.
Non lasciò, per l'andar che fosse ratto,
lo dolce padre mio, ma disse: \"Scocca
l'arco del dir, che 'nfino al ferro hai tratto\".
Allor sicuramente apri' la bocca
e cominciai: \"Come si può far magro
là dove l'uopo di nodrir non tocca?\".
\"Se t'ammentassi come Meleagro
si consumò al consumar d'un stizzo,
non fora\", disse, \"a te questo sì agro;
e se pensassi come, al vostro guizzo,
guizza dentro a lo specchio vostra image,
ciò che par duro ti parrebbe vizzo.
Ma perché dentro a tuo voler t'adage,
ecco qui Stazio; e io lui chiamo e prego
che sia or sanator de le tue piage\".
\"Se la veduta etterna li dislego\",
rispuose Stazio, \"là dove tu sie,
discolpi me non potert'io far nego\".
Poi cominciò: \"Se le parole mie,
figlio, la mente tua guarda e riceve,
lume ti fiero al come che tu die.
Sangue perfetto, che poi non si beve
da l'assetate vene, e si rimane
quasi alimento che di mensa leve,
prende nel core a tutte membra umane
virtute informativa, come quello
ch'a farsi quelle per le vene vane.
Ancor digesto, scende ov'è più bello
tacer che dire; e quindi poscia geme
sovr'altrui sangue in natural vasello.
Ivi s'accoglie l'uno e l'altro insieme,
l'un disposto a patire, e l'altro a fare
per lo perfetto loco onde si preme;
e, giunto lui, comincia ad operare
coagulando prima, e poi avviva
ciò che per sua matera fé constare.
Anima fatta la virtute attiva
qual d'una pianta, in tanto differente,
che questa è in via e quella è già a riva,
tanto ovra poi, che già si move e sente,
come spungo marino; e indi imprende
ad organar le posse ond'è semente.
Or si spiega, figliuolo, or si distende
la virtù ch'è dal cor del generante,
dove natura a tutte membra intende.
Ma come d'animal divegna fante,
non vedi tu ancor: quest'è tal punto,
che più savio di te fé già errante,
sì che per sua dottrina fé disgiunto
da l'anima il possibile intelletto,
perché da lui non vide organo assunto.
Apri a la verità che viene il petto;
e sappi che, sì tosto come al feto
l'articular del cerebro è perfetto,
lo motor primo a lui si volge lieto
sovra tant'arte di natura, e spira
spirito novo, di vertù repleto,
che ciò che trova attivo quivi, tira
in sua sustanzia, e fassi un'alma sola,
che vive e sente e sé in sé rigira.
E perché meno ammiri la parola,
guarda il calor del sole che si fa vino,
giunto a l'omor che de la vite cola.
Quando Làchesis non ha più del lino,
solvesi da la carne, e in virtute
ne porta seco e l'umano e 'l divino:
l'altre potenze tutte quante mute;
memoria, intelligenza e volontade
in atto molto più che prima agute.
Sanza restarsi, per sé stessa cade
mirabilmente a l'una de le rive;
quivi conosce prima le sue strade.
Tosto che loco lì la circunscrive,
la virtù formativa raggia intorno
così e quanto ne le membra vive.
E come l'aere, quand'è ben pïorno,
per l'altrui raggio che 'n sé si reflette,
di diversi color diventa addorno;
così l'aere vicin quivi si mette
in quella forma ch'è in lui suggella
virtüalmente l'alma che ristette;
e simigliante poi a la fiammella
che segue il foco là 'vunque si muta,
segue lo spirto sua forma novella.
Però che quindi ha poscia sua paruta,
è chiamata ombra; e quindi organa poi
ciascun sentire infino a la veduta.
Quindi parliamo e quindi ridiam noi;
quindi facciam le lagrime e ' sospiri
che per lo monte aver sentiti puoi.
Secondo che ci affiggono i disiri
e li altri affetti, l'ombra si figura;
e quest'è la cagion di che tu miri\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=59&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"101","from":2735.0,"to":2737.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Secondo la frase\ndell'Ecclesiastico, che, del premio parlando che dar\u00e0 Dio al\ngiusto, dice stola gloriae vestiet illum<\/i> cap. 15, appella il\nPoeta due stole<\/b>, cio\u00e8 due vesti, le due glorificazioni,\ndell'anima e del corpo, che attualmente in Paradiso godono Ges\u00f9\nCristo e Maria Vergine, e dopo la risurrezione godranno tutti gli\neletti — Son le due luci sole che sal\u00ecro<\/b>, le due luci di Ges\u00f9\nCristo e di Maria Vergine che, te veggente, salirono tanto in\nalto, che pi\u00f9 non le vedesti Par. XXIII, 86 e 120.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Secondo la frase dell'Ecclesiastico, che, del premio parlando che darà Dio al giusto, dice stola gloriae vestiet illum<\/i> cap. 15, appella il  Poeta due stole<\/b>, cioè due vesti, le due glorificazioni, dell'anima e del corpo, che attualmente in Paradiso godono Gesù Cristo e Maria Vergine, e dopo la risurrezione godranno tutti gli eletti<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q155980","LuogoFonte":"XV 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"et in medio ecclesiae aperiet os eius
et adimplebit illum spiritu sapientiae et intellectus
et stola gloriae vestiet illum","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiasticus_lt.html#15","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"127-128","from":25282.0,"to":25286.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Siracide"}, {"Annotazione":"Segnatamente da Lucano, ove dice:\n«Coeloque pepercit Quod non Phlegraeis Antaeum sustulit arvis.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Si creda.<\/b> Segnatamente da Lucano, ove dice: «Coeloque pepercit Quod non Phlegraeis Antaeum sustulit arvis.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"Pharsalia IV, 596-597","NotaFonte":"","TestoFonte":"Aut Tityos Briareusque ferox: coeloque pepercit,
Quod non Phlegraeis Antaeum sustulit arvis.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0133%3Abook%3D4%3Acard%3D583","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"120","from":30727.0,"to":30729.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, {"Annotazione":"Semele, figliuola di Cadmo fondator\ndi Tebe, fu amata da Giove, che di lei gener\u00f2 Bacco. L'odio\ndella gelosa Giunone perseguit\u00f2 per diversi modi tutta la regale\nstirpe tebana. Ovidio, Metam., III.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Per Semelè.<\/b> Semele, figliuola di Cadmo fondator di Tebe, fu amata da Giove, che di lei generò Bacco. L'odio della gelosa Giunone perseguitò per diversi modi tutta la regale stirpe tebana. Ovidio, Metam., III.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"Metamorphoseon libri III, 251-313","NotaFonte":"","TestoFonte":"Rumor in ambiguo est: aliis violentior aequo
visa dea est, alii laudant dignamque severa
virginitate vocant; pars invenit utraque causas.
Sola Iovis coniunx non tam culpetne probetne
eloquitur, quam clade domus ab Agenore ductae
gaudet et a Tyria conlectum paelice transfert
in generis socios odium. Subit ecce priori
causa recens, gravidamque dolet de semine magni
esse Iovis Semelen. Dum linguam ad iurgia solvit,
“profeci quid enim totiens per iurgia?” dixit:
“ipsa petenda mihi est, ipsam, si maxima Iuno
rite vocor, perdam, si me gemmantia dextra
sceptra tenere decet, si sum regina Iovisque
et soror et coniunx, certe soror. At, puto, furto est
contenta, et thalami brevis est iniuria nostri:
concipit, id deerat! manifestaque crimina pleno
fert utero, et mater, quod vix mihi contigit uno
de Iove vult fieri: tanta est fiducia formae.
Fallat eam faxo; nec sum Saturnia, si non
ab Iove mersa suo Stygias penetrabit in undas.”
Surgit ab his solio fulvaque recondita nube
limen adit Semeles. Nec nubes ante removit,
quam simulavit anum posuitque ad tempora canos
sulcavitque cutem rugis et curva trementi
membra tulit passu; vocem quoque fecit anilem,
ipsaque erat Beroe, Semeles Epidauria nutrix.
Ergo ubi captato sermone diuque loquendo
ad nomen venere Iovis, suspirat et “opto,
Iuppiter ut sit” ait: “metuo tamen omnia: multi
nomine divorum thalamos iniere pudicos.
Nec tamen esse Iovem satis est: det pignus amoris,
si modo verus is est, quantusque et qualis ab alta
Iunone excipitur, tantus talisque, rogato,
det tibi complexus suaque ante insignia sumat.”
Talibus ignaram Iuno Cadmeida dictis
formarat. Rogat illa Iovem sine nomine munus.
Cui deus “elige” ait: “nullam patiere repulsam.
Quoque magis credas, Stygii quoque conscia sunto
numina torrentis: timor et deus ille deorum est“.
Laeta malo nimiumque potens perituraque amantis
obsequio Semele “qualem Saturnia” dixit
“te solet amplecti, Veneris cum foedus initis,
da mihi te talem.” Voluit deus ora loquentis
opprimere: exierat iam vox properata sub auras.
Ingemuit; neque enim non haec optasse, neque ille
non iurasse potest. Ergo maestissimus altum
aethera conscendit vultuque sequentia traxit
nubila, quis nimbos inmixtaque fulgura ventis
addidit et tonitrus et inevitabile fulmen.
Qua tamen usque potest, vires sibi demere temptat;
nec, quo centimanum deiecerat igne Typhoea,
nunc armatur eo: nimium feritatis in illo est.
Est aliud levius fulmen, cui dextra Cyclopum
saevitiae flammaeque minus, minus addidit irae;
tela secunda vocant superi. Capit illa, domumque
intrat Agenoream. Corpus mortale tumultus
non tulit aetherios donisque iugalibus arsit.
Imperfectus adhuc infans genetricis ab alvo
eripitur, patrioque tener (si credere dignum est)
insuitur femori maternaque tempora complet.
Furtim illum primis Ino matertera cuuis
educat: inde datum nymphae Nyseides antris
occuluere suis lactisque alimenta dedere.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D3%3Acard%3D251","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"2","from":28787.0,"to":28789.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Sentendosi quelle anime\npurganti, dopo appena veduto l'arrivo dei due poeti, interrogare\nda essi della via di salir pi\u00f9 alto, premettono perci\u00f2 le\nmedesime al parlar suo la condizionale Se voi venite dal giacer\nsicure<\/b>, cio\u00e8, se voi venite esenti dalla pena di giacer nosco\nbocconi per terra, e sol venite per passare pi\u00f9 'n su. Ad ugual\nsenso di esente<\/i> e libero<\/i> avvisa il Daniello adoprato da\nVirgilio anche il Latino securus<\/i> in que' versi\n\n Dardania stratus dextra, securus amorum<\/i>,\n Qui iuvenum tibi semper erant<\/i> \n [Aeneid.<\/i> X, 326]\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ad ugual senso di esente<\/i> e libero<\/i> avvisa il Daniello adoprato da Virgilio anche il Latino securus<\/i> in que' versi\r\n     Dardania stratus dextra, securus amorum<\/i>,\r\n     Qui iuvenum tibi semper erant<\/i> \r\n     [Aeneid.<\/i> X, 326]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"X 326-327","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dardania stratus dextra, securus amorum,
qui iuvenum tibi semper erant, miserande iaceres,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:10.308-10.344","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"79","from":19053.0,"to":19056.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Si composero adunque\nquegli spiriti successivamente in lettere tra vocali e consonanti\nin tutto cinque volte sette<\/b>, cio\u00e8 trentacinque: e trentacinque\nlettere di fatto contansi nelle parole, che dir\u00e0 da esse formate,\nDiligite iustitiam qui iudicatis terram<\/b> — notai le parti<\/b>, mi\nritenni a mente ciascuna parte, ciascuna lettera — s\u00ec come<\/b>,\ncon quell'ordine medesimo — mi parver dette<\/b>, catacresi in\ngrazia della rima, per mi apparvero scritte.<\/i> — Diligite\niustitiam primai<\/i><\/b> ec. Costruzione. Primai di tutto il dipinto\nfur verbo e nome Diligite iustitiam: sezzai<\/b>, ultimi, fur Qui\niudicatis terram.<\/b> Ammonizione \u00e8 questa colla quale incomincia\nil libro della Sapienza di Salomone.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ammonizione è questa colla quale incomincia il libro della Sapienza di Salomone.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q202135","LuogoFonte":"I 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Diligite iustitiam, qui iudicatis terram,","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_sapientiae_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"88-93","from":17808.0,"to":17810.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro della Sapienza"},
{"Annotazione":"Si crede che il sole\ncominciasse il suo movimento coll'ariete, bench\u00e8 altri dice colla\nlibra.  Sicch\u00e8 secondo alcuni la prima stagione della Natura fu\nla primavera, secondo altri l'autunno.  Dante tiene la prima\nopinione.  La Creazione tutta \u00e8 effetto del Primo Amore<\/i>, ossia\ndel Santo Spirito, di cui anche sta scritto: Spiritus Domini\nornavit Coelos.~\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Brunone Bianchi 1868","FrammentoNota":"","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4577","LuogoFonte":"26, 13","NotaFonte":"","TestoFonte":"Spiritus eius serenavit caelos,
et manus eius confodit colubrum fugientem.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_iob_lt.html#26","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"39","from":288.0,"to":292.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro di Giobbe"}, {"Annotazione":"Siccome il pesce tratto\nfuor d'acqua guizza prima di morire, cos\u00ec per catacresi appella\nguizzare<\/i> quello sforzo che l'interrotto sonno fa di rimettersi,\nprima che del tutto svanisca. Forse Dante<\/i> [dice il Venturi]\nform\u00f2 questa metafora ad imitazione di quella di Virgilio<\/i>\n\n Tempus erat, quo prima quies mortalibus aegris\n Incipit et dono divum gratissima serpit \n [Aeneid.<\/i> II, 268 e seg.].\n\nChe, se pu\u00f2 dirsi del sonno che nel suo principiare serpeggia,\ncon poco scomodo pu\u00f2 dirsi, che guizza nel suo finire.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Forse Dante<\/i> [dice il Venturi] formò questa metafora ad imitazione di quella di Virgilio<\/i>\r\n     Tempus erat, quo prima quies mortalibus aegris\r\n     Incipit et dono divum gratissima serpit \r\n     [Aeneid.<\/i> II, 268 e seg.]. \r\nChe, se può dirsi del sonno che nel suo principiare serpeggia, con poco scomodo può dirsi, che guizza nel suo finire.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"II 268-269","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tempus erat, quo prima quies mortalibus aegris
incipit, et dono divom gratissima serpit.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:2.268-2.297","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"42","from":16727.0,"to":16730.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Siccome qui simile\ncon simile \u00e8 sepolto<\/i>, e siccome eresie ce ne saranno sempre fino\nalla fine del mondo, cos\u00ec questi avelli restano aperti per\naccogliervi anime ancora; e solo si chiuderanno il d\u00ec del\nGiudizio, quando il mondo sar\u00e0 finito. — Quando di Iosaff\u00e0<\/b>\necc., quando riprese le loro spoglie (Inf.<\/i><\/b>, V, 98 e XIII, 103), \ne udita la gran sentenza<\/i> (Inf.<\/i>, VI, 104), qui ritorneranno\nper essere eternamente martoriati coi loro corpi. Iosaff\u00e0<\/i><\/b> \u00e8\nuna piccola valle all'oriente di Gerusalemme, dove avr\u00e0 luogo il\nGiudizio universale. Joel, III, 2: Congregabo omnes gentes, et\ndeducam eas in vallem Iosaphat.<\/i><\/b> Cf. Summ. Th.<\/i>, Suppl., \nquaest. 88, art. 4. — Coi corpi che.<\/b>.. hanno lasciati<\/b>:\nfrase simile nell'Inf.<\/i><\/b>, XV, I 14, per significare il\ndisciogliersi dell'anima dal corpo (cf. Par.<\/i>, XI, 115-116). —\nLass\u00f9<\/i><\/b>, nel nostro mondo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Quando di Iosaffà <\/b>ecc., quando riprese le loro spoglie (Inf.<\/i>, V, 98 e XIII, 103), e udita la gran sentenza<\/i> (Inf.<\/i>, VI, 104), qui ritorneranno per essere eternamente martoriati coi loro corpi.  Iosaffà<\/b> è una piccola valle all'oriente di Gerusalemme, dove avrà luogo il Giudizio universale.  Joel, III, 2: Congregabo omnes gentes, et deducam eas in vallem Iosaphat.<\/i>  Cf. Summ. Th.<\/i>, Suppl., quaest. 88, art. 4.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V, 98","NotaFonte":"Il riferimento bibliografico di Poletto deve essere errato, perch\u00e9 non in linea con l'argomentazione della nota.","TestoFonte":"su la marina dove 'l Po discende","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"10-12","from":8704.0,"to":8707.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Simbolo forse de' tre principali\npeccati, superbia, invidia ed avarizia (C. VI, 74).  — Si\nmov\u00e8n da ello<\/b>, movevano, partivano da lui.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Tre venti.<\/b> Simbolo forse de' tre principali peccati, superbia, invidia ed avarizia (C. VI, 74)","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VI, 74","NotaFonte":"","TestoFonte":"superbia, invidia e avarizia sono","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=6","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"51","from":33463.0,"to":33465.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Simile al «nemorosae silvae»\ndi Ovidio, al «cavae cavernae» di Virgilio, ec.  — Aspra,\nirta di dumi.  — Forte, fortemente intralciata, difficile a\npassare.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Simile al «nemorosae silvae» di Ovidio, al «cavae cavernae» di Virgilio, ec.  — Aspra, irta di dumi.  — Forte, fortemente intralciata, difficile a passare.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"Metamorphoseon libri XV, X, 687","NotaFonte":"","TestoFonte":"fecerat ex voto, nemorosis abdita silvis","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D10%3Acard%3D652","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"5","from":29.0,"to":31.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
{"Annotazione":"Sinchisi insieme ed\nellissi, di cui la costruzione ed il pieno: Le donne lagrimando\nincominciaro dolce<\/b>, patetica, salmod\u00eca<\/b>, salmeggiamento,\nalternando<\/b>, cantando alternativamente, ora le tre<\/b> teologali\nvirt\u00f9, ora le quattro<\/b> cardinali il salmo Deus, venerunt\ngentes<\/b>: salmo che nelle abbominazioni del tempio di Gerosolima\nadombra le disavventure della Cristiana chiesa.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Deus, venerunt gentes<\/b>: salmo che nelle abbominazioni del tempio di Gerosolima adombra le disavventure della Cristiana chiesa.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"LXIX (LXXVIII) 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Deus, venerunt gentes in hereditatem tuam,
polluerunt templum sanctum tuum,
posuerunt Ierusalem in ruinas.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#LIBER%20III%20(Psalmi%2073-89)","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1-3","from":33055.0,"to":33058.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"}, {"Annotazione":"Sinchisi, di cui la\ncostruzione. Gi\u00e0 lo duca parte sen gi\u00e0, ed io gli andava retro\nfacendo la risposta<\/b>: cio\u00e8, gi\u00e0 Virgilio intanto sen andava, ed\nio tenevagli dietro proseguendo a ripondere. Che l'avverbio\nparte<\/b> adoperassesi a significato d'intanto<\/i>, mentre<\/i>, e\nsimili, \u00e8 certissimo per molti esempi, che il Cinonio [Partic.<\/i>\n194, 1 e 2], ed il Vocabolario della Crusca [Art. parte\navverb.<\/i>] ne arrecano. In quelle parole [per dirne uno] del\nBoccaccio Parte che lo scolare questo diceva, la misera donna\npiangeva continuo<\/i> [Giorn. 8 nov. 7] pu\u00f2 egli parte<\/i><\/b> aver altro\nsignificato che di mentre? Malamente adunque il Vellutello,\nDaniello e Venturi vanno arzigogolando essere il senso che parte\nVirgilio andava, e parte si fermava per ascoltar Dante.<\/i><\/b> La\nmedesima Nidobeatina leggendo a questo stesso senso Purg. XXI, 19\nparte andava forte<\/i> in vece di perch\u00e8 andava forte<\/i>, vien ivi a\ntoglierne un grosso sconcerto. Vedi quel verso e quella nota.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La medesima Nidobeatina leggendo a questo stesso senso Purg. XXI, 19 parte andava forte<\/i> in vece di perchè andava forte<\/i>, vien ivi a toglierne un grosso sconcerto<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXI 19","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Come!\", diss'elli, e parte andavam forte:","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=55&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16-17","from":27879.0,"to":27893.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Sinchisi, di cui la costruz. \nAndavan tutte a tondo su per la prima cornice<\/b> [il primo cerchio\n[Vedi la nota al canto preced. v. 27]] disparmente angosciate e\nlasse<\/b> [giusta l'avviso dato nel v. 136 e seg. del canto prec.]\nsotto il pondo<\/b> [pondo<\/b> per peso adopera il Petrarca pure [Son.\n73]] simile a quel, che tal volta si sogna.<\/b>  Non rinvenendo il\nPoeta peso qu\u00ec da alcuno realmente portato, a cui agguagliare il\npeso che si portavano quelle anime, volgesi a recarne in paragone\nquello strabocchevole immaginario peso che tal volta sognamo di\nportare, ma che, se realmente portassimo, non solamente ci\nopprimerebbe, ma priverebbeci all'istante di vita.\n\n\tSi perdono qu\u00ec gl'interpreti tutti a rintracciare la\ncagione di s\u00ec fatti sogni; ed omettono di applicarsi alla ricerca\ndi quello, per cui non venga questa similitudine a snervare, ed a\nfar cadere in ridicolo la descrizione.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Andavan tutte a tondo su per la prima cornice<\/b> [il primo cerchio [Vedi la nota al canto preced. v. 27]] <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. X 27","NotaFonte":"","TestoFonte":"questa cornice mi parea cotale.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=44&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"26-29","from":10294.0,"to":10296.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Solevano gli\nantichi non pur di lauro, ma di mirto ancora incoronare i poeti:\nonde Virgilio\n\n     Et vos o lauri carpam, et te proxima myrte<\/i> \n      [Ecloga 2].\n\nIl che imitando il Petrarca disse\n\n     Qual vaghezza di lauro? o qual di mirto<\/i> \n      [Part. I son. 7]?\n\nAvvegnach\u00e8 la corona del mirto fosse pi\u00f9 propria de' poeti che\ncantarono d'amore [per essere quell'arbore consacrato a Venere],\nche non era degli altri.  Daniello.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Solevano gli antichi non pur di lauro, ma di mirto ancora incoronare i poeti: onde Virgilio\r\n     Et vos o lauri carpam, et te proxima myrte<\/i> \r\n      [Ecloga 2].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/eclogae","LuogoFonte":"II 54","NotaFonte":"","TestoFonte":"et vos, O lauri, carpam, et te, proxima myrte,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi001.perseus-lat1:2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"90","from":21234.0,"to":21240.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Son questi i poeti che Dante\nteneva per sommi.  Omero Dante non lo conosceva immediatamente\nnon sapendo egli di greco (Conv. II, 15), e i poemi omerici non\nessendo ancora stati tradotti in latino (Conv. I, 7) bens\u00ec lo\nconosceva egli mediatamente dalle opere di Aristotele (Conv. IV,\n20).  Gli altri tre gli erano notissimi, avendoli egli studiati\nsollecitamente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Son questi i poeti che Dante teneva per sommi. Omero Dante non lo conosceva immediatamente non sapendo egli di greco (Conv. II, 15), e i poemi omerici non essendo ancora stati tradotti in latino (Conv. I, 7) bensì lo conosceva egli mediatamente dalle opere di Aristotele (Conv. IV, 20).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"II, xiv, 6-7","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quello che Aristotile si dicesse non si puo\u0300 bene sapere di cio\u0300, pero\u0300 che la sua sentenza non si truova cotale ne l’una translazione come ne l’altra. E credo che fosse lo errore de li translatori  ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=30&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"83","from":3548.0,"to":3551.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Sono Francesca da Polenta, che dopo\nil suo matrimonio fu detta da Rimini, e Paolo Malatesta, cognato\ndi lei; morti ambidue nel 1288 per mano di quel Gianciotto che\nmalamente da molti \u00e8 detto Lanciotto.  Joannes Ciottus<\/i> \u00e8 egli\nchiamato da Pietro di Dante, cio\u00e8 Giovanni il Zoppo; come Carlo\nCiotto<\/i> chiamavasi re Carlo il Zoppo (Parad. XIX, 127): e zotto<\/i>\nper zoppo vive tuttora nel veneto.  — Narra il Boccaccio che\nstabilitosi a conferma di pace il matrimonio della bella figlia\ndi Guido da Polenta con Gianciotto Malatesta, si pens\u00f2 che\nquella difficilmente avrebbe accettato un marito cos\u00ec «sozzo\ndella persona e sciancato,» com'era costui.  Ricorrendo adunque\nad un inganno, fu mandato a Ravenna a sposarla per Gianciotto\nPaolo suo fratello, «bello e piacevole uomo e costumato molto,» e\nle si dette ad intendere che questi la sposasse per s\u00e8.  Fosse o\nno Paolo complice della frode, certo \u00e8 ch'egli s'innamor\u00f2\nfortemente della cognata, e questa di lui; e che continuarono\nessi ad amarsi segretamente, anche dopo scoperto l'inganno.  Ma\nessendo poi Gianciotto andato in alcune terre vicine per\nPodest\u00e0, «quasi senz'alcun sospetto insieme cominciarono ad\nusare.»  Della qual cosa avvedutosi un fidato servo di\nGianciotto, lo fece occultamente venire, e menollo all'uscio\ndella camera di Francesca, quando questa vi stava rinchiusa con\nPaolo.  Udendosi chiamar di fuori dal marito, la donna si tenne\nper morta: ma Paolo, ricordandosi di «una cateratta per la quale\ndi quellacamera si scendeva in un'altra,» corse a gittarvisi,\ndicendo a lei che andasse ad aprire.  Entr\u00f2 Gianciotto, e la\nprima cosa che gli venne veduta fu lo sciagurato fratello invano\ndibattentesi per liberare una falda del suo giaco appiccatasi a\nun ferro della cateratta.  Subito, con lo stocco in mano, corse\nl\u00e0 per ucciderlo: ma la misera donna, cacciatasi non men\nprestamente di mezzo, ricevette nella sua persona il mortal colpo\ndiretto all'amante.  «Per lo quale accidente (segue il Boccaccio)\nturbato Gianciotto, siccome colui che pi\u00f9 che s\u00e8 medesimo amava\nla donna, ritratto lo stocco, da capo rifer\u00ec Paolo ed ucciselo:\ne cos\u00ec amenduni lasciatogli morti, subitamente si part\u00ec e\ntornossi all'ufficio suo.  Furono poi li due amanti con molte\nlacrime la mattina seguente seppelliti, ed in una medesima\nsepoltura.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Joannes Ciottus<\/i> è egli chiamato da Pietro di Dante, cioè Giovanni il Zoppo; come Carlo Ciotto<\/i> chiamavasi re Carlo il Zoppo (Parad. XIX, 127)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XIX, 127","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vedrassi al Ciotto di Ierusalemme","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=86","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"74","from":4495.0,"to":4502.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Sono costoro Catalano de'\nMalavolti e Loderingo o Loterico degli Andal\u00f2.  Nel 1266,\nsaputasi in Firenze la sconfitta di Manfredi, i Ghibellini\nsignori della citt\u00e0 cominciarono a invilire, e i Guelfi a\nprender cuore ondech\u00e8 quelli, temendo del popolo ch'era guelfo,\nper una cotale mezzanit\u00e0<\/i> (dice Gio. Villani, VII, 13)\nchiamaron di Bologna per Podest\u00e0 i detti due frati, il primo\nde' quali era guelfo, il secondo ghibellino.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Io Catalano<\/strong> ec. Sono costoro Catalano de'Malavolti e Loderingo o Loterico degli Andalò. Nel 1266, saputasi in Firenze la sconfitta di Manfredi, i Ghibellini signori della città cominciarono a invilire, e i Guelfi a prender cuore ondechè quelli, temendo del popolo ch'era guelfo, per una cotale mezzanità<\/i> (dice Gio. Villani, VII, 13) chiamaron di Bologna per Podestà i detti due frati, il primo de' quali era guelfo, il secondo ghibellino.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica VIII, 13","NotaFonte":"","TestoFonte":"Giovanni Villani - Nuova Cronica
vigorire, e a mormorare, e parlare per la città, doglien-
dosi delle spese e incarichi disordinati che riceveano dal
conte Guido Novello e dagli altri che reggeano la terra.
Onde quegli che reggeano la città di Firenze a parte ghibellina, sentendo nella città il detto subuglio e mormorio, e avendo paura che ’l popolo non si rubellasse contro a·lloro per una cotale mezzanità<\/strong>, e per contentare il popolo, elessono due cavalieri frati godenti di Bologna per podestadi di Firenze, che l’uno ebbe nome messer Catalano de’ Malavolti, e l’altro messer Loderigo delli Andalò, e l’uno era tenuto di parte guelfa, ciò era messer Catalano, e l’altro di parte ghibellina. ","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf ","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"104","from":22185.0,"to":22187.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"Sono due spezie d'amore e di\ndesiderio [chiosa il Landino]: l'uno \u00e8 naturale, il quale \u00e8\ninfuso in tutte le creature, pe 'l quale appetiscon quel bene,\ncon che nel loro essere si conservano [Dimostra ci\u00f2 Dante\ndiffusamente nel suo Convito<\/i>, comento alla Canz. I Amor, che\nnella mente mi ragiona.<\/i> Tratt. 3 cap. 3]: l'altro \u00e8 animale [o\nsia d'animo<\/b>, come dicelo Dante]; e questo procede dalla\nvolont\u00e0, nella quale \u00e8 elezione, e libero arbitrio. Il naturale\nnon erra mai. L'animale pu\u00f2 errare in tre modi: o per obbietto;\nche \u00e8 quando l'appetito non corretto dal lume della ragione ama\nquello che \u00e8 male in luogo di bene: o per poco vigore; che \u00e8\nquando quello che merita essere amato solamente e sopra ogni\naltra cosa, \u00e8 amato poco, e freddamente; come Iddio sommo bene, e\nl'onest\u00e0, la qual contiene tutte le virt\u00f9: ond'\u00e8 ne' precetti\ndati da Mois\u00e8, anzi da Dio per Mois\u00e8, Diliges Dominum Deum\ntuum<\/i><\/b>: o per troppo; quando i beni temporali, i quali, o non si\ndebbono riputar beni, o veramente infimi beni, sono amati da noi,\npi\u00f9 che 'l ben eterno — tu 'l sai<\/i><\/b>, intende per la studiata\nfilosofia.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sono due spezie d'amore e di desiderio [chiosa il Landino]: l'uno è naturale, il quale è infuso in tutte le creature, pe 'l quale appetiscon quel bene, con che nel loro essere si conservano [Dimostra ciò Dante diffusamente nel suo Convito<\/i>, comento alla Canz. I Amor, che nella mente mi ragiona.<\/i>  Tratt. 3 cap. 3]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"III iii 2-5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ciascuna cosa<\/strong>, come detto è di sopra, per la ragione di sopra mostrata ha 'l suo speziale amore<\/strong>. Ché le corpora simplici hanno amore naturato in sé allo luogo propio, e però la terra sempre discende al centro; lo fuoco ha amore alla circunferenza di sopra, lungo lo cielo della luna, e però sempre sale a quella. Le corpora composte prima, sì come sono le minere, hanno amore allo luogo là dove la loro generazione è ordinata, e in quello crescono e da quello ricevono vigore e potenza: onde vedemo la calamita sempre dalla parte della sua generazione ricevere vertù. Le piante, che sono prima animate, hanno amore a certo luogo più manifestamente, secondo che la complessione richiede; e però vedemo certe piante lungo l'acque quasi cansarsi, e certe sopra li gioghi delle montagne, e certe nelle piagge e da piè de' monti: le quali se si transmutano, o muoiono del tutto o vivono quasi triste, sì come cose disgiunte dal loro amico. Li animali bruti hanno più manifesto amore non solamente alli luoghi, ma l'uno l'altro vedemo amare. Li uomini hanno loro propio amore alle perfette ed oneste cose. E però che l'uomo, avegna che una sola sustanza sia, tutta fiata la forma, per la sua nobilitade, ha in sé e la natura d'ognuna di queste cose, tutti questi amori puote avere e tutti li ha.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=36&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"91-93","from":17079.0,"to":17081.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Sono queste come dal c.\nXXXIV v. 50 e segg. apparisce, le acque di Cocito congelate dal\nfreddo che produce Lucifero collo sventolare di sue grand'ali.  E\nbene come Lucifero i traditori, che tutti questo infernal fondo\ncontiene, gel\u00f2 al delitto, cacciandone da loro ogni fuoco di\ncarit\u00e0, gelali conseguentemente anche in pena.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sono queste come dal c. XXXIV v. 50 e segg. apparisce, le acque di Cocito congelate dal freddo che produce Lucifero collo sventolare di sue grand'ali.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIV 50-52","NotaFonte":"","TestoFonte":"e quelle svolazzava,
sì che tre venti si movean da ello:
quindi Cocito tutto s'aggelava.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=34&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"23-24","from":31074.0,"to":31091.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Spiega figuratamente le parole panem\nnostrum quotidianum<\/i>, con allusione che da se manifestasi, alla\nsagra storia della prodigiosa manna piovuta agli Ebrei nel\ndeserto.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Spiega figuratamente le parole panem nostrum quotidianum<\/i>, con allusione che da se manifestasi, alla sagra storia della prodigiosa manna piovuta agli Ebrei nel deserto.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9190","LuogoFonte":"XVI 13-36","NotaFonte":"","TestoFonte":"Factum est ergo vespere, et ascendens coturnix operuit castra; mane quoque ros iacuit per circuitum castrorum.
Cumque operuisset superficiem deserti, apparuit minutum et squamatum in similitudinem pruinae super terram.
Quod cum vidissent filii Israel, dixerunt ad invicem: “ Manhu? ” (quod significat: “ Quid est hoc? ”). Ignorabant enim quid esset. Quibus ait Moyses: “ Iste est panis, quem dedit Dominus vobis ad vescendum.
Hic est sermo, quem praecepit Dominus: \"Colligat ex eo unusquisque quantum sufficiat ad vescendum; gomor per singula capita iuxta numerum animarum vestrarum, quae habitant in tabernaculo, sic tolletis\" ”.
Feceruntque ita filii Israel; et collegerunt alius plus, alius minus.
Et mensi sunt ad mensuram gomor; nec qui plus collegerat, habuit amplius, nec qui minus paraverat, repperit minus, sed singuli, iuxta id quod edere poterant, congregaverunt.
Dixitque Moyses ad eos: “ Nullus relinquat ex eo in mane ”.
Qui non audierunt eum, sed dimiserunt quidam ex eis usque mane, et scatere coepit vermibus atque computruit; et iratus est contra eos Moyses.
Colligebant autem mane singuli, quantum sufficere poterat ad vescendum; cumque incaluisset sol, liquefiebat.
In die autem sexta collegerunt cibos duplices, id est duo gomor per singulos homines. Venerunt autem omnes principes congregationis et narraverunt Moysi.
Qui ait eis: “ Hoc est quod locutus est Dominus: Requies, sabbatum sanctum Domino cras; quodcumque torrendum est, torrete et, quae coquenda sunt, coquite; quidquid autem reliquum fuerit, reponite usque in mane ”.
Feceruntque ita, ut praeceperat Moyses, et non computruit, neque vermis inventus est in eo.
Dixitque Moyses: “ Comedite illud hodie, quia sabbatum est Domino; non invenietur hodie in agro.
Sex diebus colligite; in die autem septimo sabbatum est Domino, idcirco non invenietur in eo ”.
Venitque septima dies; et egressi de populo, ut colligerent, non invenerunt.
Dixit autem Dominus ad Moysen: “ Usquequo non vultis custodire mandata mea et legem meam?
Videte quod Dominus dederit vobis sabbatum et propter hoc die sexta tribuit vobis cibos duplices; maneat unusquisque apud semetipsum, nullus egrediatur de loco suo die septimo ”.
Et sabbatizavit populus die septimo.
Appellavitque domus Israel nomen eius Man: quod erat quasi semen coriandri album, gustusque eius quasi similae cum melle.
Dixit autem Moyses: “ Iste est sermo, quem praecepit Dominus: \"Imple gomor ex eo, et custodiatur in generationes vestras, ut noverint panem, quo alui vos in solitudine, quando educti estis de terra Aegypti\" ”.
Dixitque Moyses ad Aaron: “ Sume vas unum et mitte ibi man, quantum potest capere gomor; et repone coram Domino ad servandum in generationes vestras ”.
Sicut praecepit Dominus Moysi, posuit illud Aaron coram testimonio reservandum.
Filii autem Israel comederunt man quadraginta annis, donec venirent in terram habitabilem; hoc cibo aliti sunt, usquequo tangerent fines terrae Chanaan.
Gomor autem decima pars est ephi.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_exodus_lt.html#16","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"13","from":10197.0,"to":10199.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dell'Esodo"}, {"Annotazione":"Spiega il\nVellutello, non con favella mortale e umana, ma con angelica e\ndivina. Meglio il Daniello, non con questo parlar Fiorentino di\noggi, ma in lingua Latina, come usavasi a quei tempi di\nCacciaguida tra le persone meno rozze in cose di momento; che\ncos\u00ec si raccoglie da quelle parole, O sanguis meus<\/i> ec. [Canto\nprecedente v. 28 e segg.]. Lo stesso.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Spiega il Vellutello, non con favella mortale e umana, ma con angelica e divina.  Meglio il Daniello, non con questo parlar Fiorentino di  oggi, ma in lingua Latina, come usavasi a quei tempi di Cacciaguida tra le persone meno rozze in cose di momento; che così si raccoglie da quelle parole, O sanguis meus<\/i> ec. [Canto precedente v. 28 e segg.].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XV 28-30","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"O sanguis meus, o superinfusa
gratïa Dei, sicut tibi cui
bis unquam celi ianüa reclusa?\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=82&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"33","from":15345.0,"to":15350.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Stazio Papinio che, come nel\nseguente terzetto per le proprie poetiche composizioni ne si d\u00e0 a\nconoscere, \u00e8 colui che qu\u00ec favella, fu da Napoli e non da Tolosa:\ne la \u00e8 cosa fuor d'ogni dubbio; imperocch\u00e8 nelle Selve, altra\nopera del medesimo Stazio [Stazio nella lettera a Stella,\npremessa al libro primo delle Selve, dice sua la Tebaide], cos\u00ec\negli stesso ne attesta [Veggasi, per cagion d'esempio la lettera\nche manda innanzi al lib. 5, e ci\u00f2 che nello stesso libro scrive\nad Claudiam uxorem<\/i> n. 5].\n\n\tSforzansi nondimeno il Vellutello e 'l Venturi di\ngiustificar Dante con dire, che Stazio fosse nativo di Napoli, ed\noriginario di Tolosa. Ma oltre che non fondano essi l'asserzione\nsua in veruno scrittore, contraddice loro Stazio medesimo, che\nnell'epicedio a suo padre [Silv.<\/i> lib. 5 n. 3] scrive\n\n Te de gente suum Latiis ascita colonis<\/i>\n Graia refert Selle.<\/i>\n\n\tMigliore avviso fu certamente quello, ch'essi non vollero\nseguire, del Landino; di rifondere l'errore del nostro poeta in\nPlacido Lattanzio [Evvi chi lo appella Luttazio.<\/i> Vedi, tra gli\naltri Vossio de poetis Lat.<\/i> c. 3. Quantunque siavi del\ndisparere circa il tempo in cui questo comentatore di Stazio\nvivesse; che sia egli per\u00f2 di gran lunga pi\u00f9 antico di Dante non\nvi \u00e8 dubbio alcuno. Vedi Fabrizio nella Biblioteca Latina de\nStatio poeta<\/i>, in quelle annotazioni], antico comentatore della\nTebaide ed Achilleide di Stazio. Di fatto, in fondo d'un antico\ncodice contenente i comenti di Placido Lattanzio sopra i prefati\npoemi di Stazio, dato in Parigi alle stampe nel 1600 leggesi De\nPapinio Surculo Statio ex veteribus libris: Si quis autem unde\nfuerit<\/i> [Statius] quaerat, invenitur fuisse Tholosensis, quae\ncivitas Galliae est; ideoque in Gallia celeberrime docuit\nrhetoricam; sed postea veniens Romam ad poetriam se transtulit.<\/i> \nOve si vede avere esso Lattanzio, o qualunque siasi l'antico\nscrittore di tale notizia, confuso Stazio Papinio il poeta\nNapolitano con Stazio Surculo [Ursolo<\/i> e non Surcolo<\/i> voglion\naltri chiamarlo [Vedi Gevarzio nel principio delle note alle\nSelve di Stazio]] rettorico di Tolosa [Chron. Euseb. apud s.\nHieron.<\/i> MMLXXIII]].\n\n\tUn tale errore fu per testimonianza di Giuseppe Scaligero\n[Not. in Euseb. Chron.<\/i> MMLXXIII], fino a' tempi suoi comune: e\npoco dopo i tempi di Dante troviam noi del medesimo poeta Stazio\nscritto pure da Giovanni Boccaccio\n\n E Stazio di Tolosa ancora caro<\/i> \n [Amorosa vis.<\/i> cant. 5].\n\n\tLa maraviglia per\u00f2, che durasse questo errore s\u00ec\nlungamente, e giugnesse ad eludere la vastissima erudizione del\nnostro poeta, dee cessare onninamente al fatto che ci rapporta il\ncelebre Lilio Giraldi; che le Selve di Stazio [quella sola opera\nin cui ne manifesta Stazio la sua patria essere Napoli] stettero\nlungamente smarrite [De Lat. poet.<\/i> dialog. 4]; e pi\u00f9\nchiaramente al rapporto che ne fa il chiarissimo Poliziano, che\ntutti i codici delle Staziane Selve de' tempi suoi, trascritti\nfossero da uno recato di Francia dal Poggio [Scriveci total\nmemoria il Poliziano di proprio pugno in fondo ad una copia che\nnella Corsiniana biblioteca conservasi delle Staziane Selve\nstampate insieme con Catullo, Tibullo, e Properzio del 1472, e mi\nfu cortesemente avvisata e mostrata da quel gentilissimo ed\neruditissimo bibliotecario sig. Canonico Niccola Foggini], ch'\u00e8\nquanto a dire posteriormente alla morte di Dante circa un\ncentinaio d'anni [Mor\u00ec il Poggio, ritrovatore della predetta, e\nd'altre opere d'antichi scrittori, nel 1450 d'anni 79. Vedi, tra\ngli altri, il Moreri, e mor\u00ec Dante del 1321].\n\n\tL'autore delle note al presente poema stampato in Lione\ndel 1571 pensa, che per errore de' copiatori siasi scritto\nTolosano<\/b> in vece di Telesano<\/i><\/b>, cio\u00e8 di Telesa, o Telesia,\ncitt\u00e0 oggi distrutta in poca distanza da Napoli.\n\n\tIl ripiego per verit\u00e0 fu acuto: ma il menzionare Stazio\nnelle sue Selve Napoli, e non Telesia; l'identit\u00e0 dello sbaglio\nin altri scrittori prima e dopo Dante; e il non trovarsi\nfinalmente neppur un solo manoscritto che legga Telesano<\/i>, sono\ntante certissime prove in contrario.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Stazio Papinio che, come nel seguente terzetto per le proprie poetiche composizioni ne si dà a conoscere, è colui che quì favella, fu da Napoli e non da Tolosa: e la è cosa fuor d'ogni dubbio; imperocchè nelle Selve, altra opera del medesimo Stazio [...], così egli stesso ne attesta [Veggasi, per cagion d'esempio la lettera che manda innanzi al lib. 5, e ciò che nello stesso libro scrive ad Claudiam uxorem<\/i> n. 5]. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q243203","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/silvae","LuogoFonte":"III pr.","NotaFonte":"Il libro delle Silvae \u00e8 il terzo, non il quinto.","TestoFonte":"qua mecum secedere Neapolim Claudiam meam exhortor.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0499%3Abook%3D3%3Apoem%3Dpr","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"89","from":21226.0,"to":21228.0,"NomeAutore":"Publio Papinio Stazio","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Suono imitante il subito\nstramazzar di un corpo in cui venga meno la vita: simile al\n«procumbit humi bos» di Virgilio.  Ond'\u00e8 manifesto l'errore di\nquelli che si sforzano profferir questo verso lentamente. \n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Suono imitante il subito stramazzar di un corpo in cui venga meno la vita: simile al «procumbit humi bos» di Virgilio.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis V, 481","NotaFonte":"","TestoFonte":"sternitur exanimisque tremens procumbit humi bos","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D5%3Acard%3D461","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"142","from":4968.0,"to":4972.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"Supplicare a chi che sia \u00e8\ncostruzione Latina.  Tibullo nella 7.  elegia del I. libro~:\n\n     Arida nec pluvio supplicat herba Iovi.~  Volpi.\n\nVivo topazio<\/i>, in vece di viva luce<\/i>, ponendo per metonimia il\ntopazio~, gemma lucida~, per la luce stessa~, — questa gioia\npreziosa ingemmi<\/i>, questa preziosa croce adorni — del tuo nome\nsazio<\/i>, consapevole del bramato tuo nome.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Supplicare a chi che sia è costruzione Latina.  Tibullo nella 7.  elegia del I. libro:\r\n     Arida nec pluvio supplicat herba Iovi. Volpi.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q109598","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3694159","LuogoFonte":"I vii 26","NotaFonte":"","TestoFonte":"Arida nec pluvio supplicat herba Iovi.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0660.phi001.perseus-lat1:1.7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"85-87","from":14692.0,"to":14696.0,"NomeAutore":"Albio Tibullo","TitoloFonte":"Corpus Tibullianum"},
{"Annotazione":"Suppone il Poeta\nsaggiamente e coerentemente al parere d'alcuni interpreti delle\ndivine scritture [Vedi Cornelio a Lapide al capo 17 del Vangelo\ndi s. Matteo], che quante volte Ges\u00f9 Cristo alla manifestazione\ndi sua divinit\u00e0 per prodigiosi fatti, volle presenti i soli tre\ndiscepoli, Pietro, Giacomo, e Giovanni [Come nel predetto cap. 17\ndi san Matteo, nel 5 di s. Marco ec.], significar volesse con\nquel ternario numero la corroborazione, che con essi prodigi\nveniva a recare alle tre teologali virt\u00f9, fede, speranza, e\ncarit\u00e0; e che Pietro figurasse la fede, Giacomo la speranza, e\nGiovanni la carit\u00e0; ciascuno cio\u00e8 quella virt\u00f9, che di fatto\nnelle sue epistole maggiormente fa spiccare.  Per questa cagione\nfa da Beatrice dirsi a s. Giacomo, che tante fiate figuri esso\nnell'evangelico testo la speranza, quante fiate Ges\u00f9 Cristo fe'\na' tre pi\u00f9 chiarezza<\/b>, fece a tre soli discepoli pi\u00f9 chiara\nmanifestazione della sua divinit\u00e0.  Spero che il leggitore\nconfrontando questa mia interpretazione colle altrui, non potr\u00e0\nnon approvare la mutazione da me fatta nel vers. 33 di quanto<\/i>\n[sebbene ammesso nella maggior parte de' mss. e delle edizioni,\nmassime moderne] in quante<\/i><\/b>, abbench\u00e8 trovisi in pi\u00f9 pochi mss.\n[Vedi la tavola de' testi, onde gli Accademici della Crusca hanno\ntratto le varie lezioni], ed in pi\u00f9 poche edizioni [Vedi\nl'edizioni Venete 1568, e 1578].  Ges\u00f9<\/b> in luogo di Ies\u00f9<\/i><\/b> legge\nla Nidobeatina.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Suppone il Poeta saggiamente e coerentemente al parere d'alcuni interpreti delle divine scritture [Vedi Cornelio a Lapide al capo 17 del Vangelo di s. Matteo], che quante volte Gesù Cristo alla manifestazione di sua divinità per prodigiosi fatti, volle presenti i soli tre discepoli, Pietro, Giacomo, e Giovanni [Come nel predetto cap. 17 di san Matteo, nel 5 di s. Marco ec.], significar volesse con quel ternario numero la corroborazione, che con essi prodigi veniva a recare alle tre teologali virtù, fede, speranza, e carità; e che Pietro figurasse la fede, Giacomo la speranza, e Giovanni la carità; ciascuno cioè quella virtù, che di fatto nelle sue epistole maggiormente fa spiccare.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XVII 1-9","NotaFonte":"","TestoFonte":"1 Et post dies sex assumit Iesus Petrum et Iacobum et Ioannem fratrem eius et ducit illos in montem excelsum seorsum.
2 Et transfiguratus est ante eos; et resplenduit facies eius sicut sol, vestimenta autem eius facta sunt alba sicut lux.
3 Et ecce apparuit illis Moyses et Elias cum eo loquentes.
4 Respondens autem Petrus dixit ad Iesum: “ Domine, bonum est nos hic esse. Si vis, faciam hic tria tabernacula: tibi unum et Moysi unum et Eliae unum ”.
5 Adhuc eo loquente, ecce nubes lucida obumbravit eos; et ecce vox de nube dicens: “ Hic est Filius meus dilectus, in quo mihi bene complacui; ipsum audite ”.
6 Et audientes discipuli ceciderunt in faciem suam et timuerunt valde.
7 Et accessit Iesus et tetigit eos dixitque eis: “ Surgite et nolite timere ”.
8 Levantes autem oculos suos, neminem viderunt nisi solum Iesum.
9 Et descendentibus illis de monte, praecepit eis Iesus dicens: “ Nemini dixeritis visionem, donec Filius hominis a mortuis resurgat ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#17","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"32-33","from":24584.0,"to":24589.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"}, {"Annotazione":"Suppone, secondo la geografia\nde' tempi suoi [La supposizione medesima d\u00e0 chiaro a scorgere\nanche nel principio del canto XXVII della presente cantica. Che\npoi la geografia di que' tempi cos\u00ec ammettesse pu\u00f2 vedersi in\nRugero Bacone, uno de' pi\u00f9 illustri matematici al tempi di Dante,\nOpus maius<\/i> dist. 4. Possono anche vedersi Tolommeo e Solino;\nl'ultimo de' quali parlando dell'India discosta dalla Palestina\nugualmente che la Francia, scrive hanc Possidonius adversam\nGalliae statuit.<\/i> Polyhistor. c. 55], che l'orizzonte orientale\ndi Gerusalemme fosse un meridiano dell'Indie orientali, intese pe\n'l Gange<\/b> fiume di esse. — con le bilance<\/b>, col segno della\nLibra. S'aggiunge questo ai molti altri indizi, che il Sole,\nalla notte opposto, fosse nel segno di Ariete.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Che poi la geografia di que' tempi così ammettesse può vedersi in Rugero Bacone, uno de' più illustri matematici al tempi di Dante, Opus maius<\/i> dist. 4.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q171677","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4373704","LuogoFonte":"IV 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"Habet enim flumina maxima, inter quae {praecipua} sunt Indus et Ganges, de quo loquitur Scriptura. De magnitudine vero Indi, dicit Plinius, Alexander magnus nullo die minus sexcenta stadia navigavit in Indo, nec potuit ante quinque menses enavigare totum, adjectis paucis adhuc diebus. Et tamen Ganges major est ut dicit, et hic fluvius, sicut Scriptura dicit, circuit omnem terram Evilat, ubi aurum nascitur optimum. Nam a montibus Caucasi oriens in septentrione dividit Indiam, decurrens ad orientem ubi sunt ejus ostia magna, quibus in mare Eoum, id est, orientale delitescit","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/index.php?app=browser&text=12199:4.5.7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"5","from":1005.0,"to":1009.0,"NomeAutore":"Ruggero Bacone","TitoloFonte":"Opus Majus"},
{"Annotazione":"Supponendo Dante\nci\u00f2 che il Daniello avverte, che negli occhi delle donne\ninnamorate si veggia un non so che di pi\u00f9 vivace splendore e\nbellezza, ch'esse non innamorate non hanno<\/i>, vuole dire, che\nquantunque bellissimi e lucidissimi esser dovessero gli occhi di\nVenere innamorata di Adone, pi\u00f9 belli nondimeno e pi\u00f9 lucenti\nerano gli occhi di Matelda: e come di cotale innamoramento di\nVenere fu cagione la casuale ferita che fecele il proprio figlio\nCupido nell'atto di abbracciarla, con una punta di strale che\nuscivagli dal turcasso [Ovid. Metam.<\/i> X, 125], e non avendo mai\nCupido ferita persona alcuna se non avvedutamente, perci\u00f2 Dante\nin vece di dire la Dea innamorata di Adone<\/i>, dicela trafitta\ndal figlio, fuor di tutto suo costume<\/b>, ch'era di sempre con\naccorgimento ferire.  \n\n\tIl Venturi oltre di questo senso, che danno alle parole\nfuor di tutto suo costume<\/b> il Landino e il Vellutello, dice\npotersi le parole medesime applicare a Venere e spiegare, pi\u00f9\nbella, e con pi\u00f9 vivace splendore di mai.<\/i><\/b>  La \u00e8 anzi questa\nl'unica spiegazione del Daniello: la costruzione per\u00f2, che per\nquesto senso abbisogna, connettente lo splendore in allora degli\nocchi di Venere con fuor di tutto suo costume<\/i><\/b>, oltre ch'\u00e8 dura,\nlascia poi anche capire che gli occhi di Venere non fossero\nsolitamente splendenti.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Supponendo Dante ciò che il Daniello avverte, che negli occhi delle donne innamorate si veggia un non so che di più vivace splendore e bellezza, ch'esse non innamorate non hanno<\/i>, vuole dire, che quantunque bellissimi e lucidissimi esser dovessero gli occhi di Venere innamorata di Adone, più belli nondimeno e più lucenti erano gli occhi di Matelda: e come di cotale innamoramento di Venere fu cagione la casuale ferita che fecele il proprio figlio Cupido nell'atto di abbracciarla, con una punta di strale che uscivagli dal turcasso [Ovid. Metam.<\/i> X, 125], e non avendo mai Cupido ferita persona alcuna se non avvedutamente, perciò Dante in vece di dire la Dea innamorata di Adone<\/i>, dicela trafitta dal figlio, fuor di tutto suo costume<\/b>, ch'era di sempre con accorgimento ferire. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"X 525-532","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Ovidio, Met., X 525 (non 125) e seguenti.","TestoFonte":"Namque pharetratus dum dat puer oscula matri,
inscius exstanti destrinxit harundine pectus.
Laesa manu natum dea reppulit. Altius actum
vulnus erat specie primoque fefellerat ipsam.
Capta viri forma non iam Cythereia curat
litora, non alto repetit Paphon aequore cinctam
piscosamque Gnidon gravidamve Amathunta metallis;
abstinet et caelo: caelo praefertur Adonis.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:10.519-10.559","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"64-66","from":28223.0,"to":28227.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Supponendo il Venturi importar\nquesto parlare che risaper dovesse Dante per bocca della stessa\nBeatrice il viaggio<\/b>, il decorso, di sua vita, e trovando nel\nParadiso XVII, 46 e segg. che non Beatrice, ma Cacciaguida, il\ntrisavolo di Dante, \u00e8 quello che glielo disvela, passa quindi a\ntacciare il poeta di smemoraggine. Potendo per\u00f2 il da lei<\/b>\nvalere il medesimo che appresso di lei<\/i>, in compagnia di lei<\/i>\n[Pu\u00f2 la particella da<\/i><\/b> adoprarsi in luogo della a<\/i><\/b>, e la a<\/i>\nper appresso<\/i> o con<\/i>. Vedi 'l Vocab. della Cr. e Cinon.\nPartic.<\/i> cap. I e 70], perch\u00e8 vorrem noi piuttosto appigliarci\nallo sconvenevole senso del Venturi?\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Supponendo il Venturi importar questo parlare che risaper dovesse Dante per bocca della stessa Beatrice il viaggio<\/b>, il decorso, di sua vita, e trovando nel Paradiso XVII, 46 e segg. che non Beatrice, ma Cacciaguida, il trisavolo di Dante, è quello che glielo disvela, passa quindi a tacciare il poeta di smemoraggine.  Potendo però il da lei <\/b>valere il medesimo che appresso di lei<\/i>, in compagnia di lei <\/i>[...], perchè vorrem noi piuttosto appigliarci allo sconvenevole senso del Venturi?<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XVII 46-48","NotaFonte":"","TestoFonte":"Qual si partio Ipolito d'Atene
per la spietata e perfida noverca,
tal di Fiorenza partir ti convene.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=84&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"132","from":9572.0,"to":9575.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Supponendosi 'l Poeta, come\npoco anzi ne accenn\u00f2, d'essersi insieme col segno de' Gemelli\ntrasportato a trovarsi perpendicolarmente sopra l'orizzonte\noccidentale dell'emisfero nostro [che, secondo il di lui sistema\n[Vedi, tra gli altri luoghi, Purg. XXVII, 1 e segg.], \u00e8 il lido\noccidentale della Spagna], narra che al di l\u00e0 di Gade<\/b>, oggi\nCadice<\/i> [la parte cio\u00e8 per tutto esso Ispanico occidentale lido\nprendendo], vedeva egli il varco folle d'Ulisse<\/i><\/b>, il da Ulisse\nfollemente varcato Oceano [follemente<\/i><\/b>, perciocch\u00e8, com'altrove\n[Vedi Inf. XXVI, 100 e segg.] esso Dante racconta, giunto appena\nUlisse ad iscoprire da lungi il monte del Purgatorio, naufrag\u00f2]:\ne che di qu\u00e0<\/b>, cio\u00e8 a dire nell'opposta orientale parte del\nmedesimo nostro emisfero, terminava la di lui veduta in vicinanza\nal Fenicio lido; quello onde favoleggiasi che Giove innamorato\nd'Europa figlia d'Agenore Re di Fenicia, non potendo altrimenti\nconseguirla, trasformatosi in un vago bue, allettolla a sedersi\nsopra il di lui dorso, e con tal dolce carico pass\u00f2 notando in\nCandia [Vedi Ovid. Metam.<\/i> lib. 2 v. 835 e segg.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Supponendosi 'l Poeta, come poco anzi ne accennò, d'essersi insieme col segno de' Gemelli trasportato a trovarsi perpendicolarmente sopra l'orizzonte occidentale dell'emisfero nostro [che, secondo il di lui sistema [Vedi, tra gli altri luoghi, Purg. XXVII, 1 e segg.], è il lido occidentale della Spagna], narra che al di là di Gade<\/b>, oggi Cadice<\/i> [la parte cioè per tutto esso Ispanico occidentale lido prendendo], vedeva egli il varco folle d'Ulisse <\/b><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVII 1-5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sì come quando i primi raggi vibra
là dove il suo fattor lo sangue sparse,
cadendo Ibero sotto l'alta Libra,
e l'onde in Gange da nona rïarse,
sì stava il sole","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=61&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"82-84","from":26925.0,"to":26929.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Tale lezione pi\u00f9 volte li\nmosse a sospirare, e ad amorosamente riguardarsi, e ad\nimpallidirsi, come sogliono il pi\u00f9 delle volte far gli amanti:\nonde Ovidio nel lib. I de arte amandi: Palleat omnis amans,\ncolor est hic aptus amanti.<\/i> Daniello.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Tale lezione più volte li mosse a sospirare, e ad amorosamente riguardarsi, e ad impallidirsi, come sogliono il più delle volte far gli amanti:  onde Ovidio nel lib. I de arte amandi: Palleat omnis amans, color est hic aptus amanti.<\/i>  Daniello.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704019","LuogoFonte":"I 729","NotaFonte":"","TestoFonte":"Palleat omnis amans: hic est color aptus amanti","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi004.perseus-lat1:1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"130-131","from":4884.0,"to":4887.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Ars amatoria"},
{"Annotazione":"Tanto parla oscuro Pluto, e\naltrettanto ribatte chiaro e forte V., per mostrare a D. che\nquella bestia la conosce bene e non la teme.  Se Pluto facesse\nuna cosa sola con la lupa del primo canto, non l'avrebbe potuto\nvincere e cos\u00ec facilmente.  Cfr. c. I, 95-96.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Tanto parla oscuro Pluto, e\r\naltrettanto ribatte chiaro e forte V., per mostrare a D. che\r\nquella bestia la conosce bene e non la teme.  Se Pluto facesse\r\nuna cosa sola con la lupa del primo canto, non l'avrebbe potuto\r\nvincere e così facilmente.  Cfr. c. I, 95-96.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno I, 94-96","NotaFonte":"","TestoFonte":"ché questa bestia, per la qual tu gride,
non lascia altrui passar per la sua via,
ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"8","from":5854.0,"to":5857.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Tanto, agli occhi del Poeta,\ndegno di onore e come legislatore e come guerriero e protettor\ndegli studi e ghibellino ardente, ch'egli nel Convito lo chiama\nl'ultimo imperator dei Romani. Ma, come cristiano, lo abbiamo\ngi\u00e0 visto imparzialmente posto in Inferno.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Tanto, agli occhi del Poeta, degno di onore e come legislatore e come guerriero e protettor degli studi e ghibellino ardente, ch'egli nel Convito lo chiama l'ultimo imperator dei Romani. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio IV, iii, 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dico dunque: «Tale imperò», cioè tale usò l'officio imperiale: dove è da sapere che Federigo di Soave, ultimo imperadore delli Romani <\/strong>- ultimo dico per rispetto al tempo presente, non ostante che Ridolfo e Andolfo e Alberto poi eletti siano, apresso la sua morte e delli suoi discendenti -, domandato che fosse gentilezza, rispuose ch'era antica ricchezza e belli costumi.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=53&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"75","from":11995.0,"to":11999.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Tedeschi golosi, bevitori, e gran\nmangiatori.  Viene dal Latino.  Cos\u00ec Lucilio: edite lurcones,\ncomedones, vivite ventres.<\/i>  Venturi.  Tra i Tedeschi<\/b>, cio\u00e8 su\nle rive del Danubio, ove trovasi il bevero del quale \u00e8 per dire.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Così Lucilio: edite lurcones, comedones, vivite ventres.<\/i>  Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q298729","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/saturae","LuogoFonte":"II 75","NotaFonte":"L'edizione Marx legge \"Vivite lurcones\"; Lombardi, seguendo Venturi, legge \"Edite\".","TestoFonte":"Viuite lurcones, comedones, uiuite uentris.","UrlFonte":"http:\/\/www.mqdq.it\/texts\/LVCIL|satu|001","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"21","from":15616.0,"to":15618.0,"NomeAutore":"Gaio Lucilio","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"Termina qu\u00ec\nGiustiniano quanto disse [Vers. 29 e 30] che la condizione<\/i>\ndella risposta fatta alla prima dimanda esigeva che aggiugnesse,\ne passa a rispondere all'altra dimanda, cio\u00e8 perch\u00e8 si trovasse\negli in Mercurio [Vedi il canto preced. v. 127, 128] e dice\napparire [Cos\u00ec dee intendersi, giusta la dichiarazione fattaci\ndallo stesso Dante di quegli spiriti parlando che nella Luna gli\napparvero.  Cant. IV, 28 e segg.] in quella stella, lontana\ndall'empireo, coloro che nel buon impiego della loro attivit\u00e0\nhanno con leggier colpa mirato, non principalmente a piacere a\nDio, ma ad acquistarsi quaggi\u00f9 onore e fama.  Picciola stella\ndel cielo<\/b> appella Dante quella di Mercurio eziandio nel\nConvito<\/i><\/b> [Tratt. 2 cap. 14] — gli<\/i><\/b> per a loro<\/i> [Vedine esempi\nmoltissimi recati nel Vocabolario della Crusca sotta la voce\ngli<\/b> pronome {paragraph.} 2].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Giustiniano [...] passa a rispondere all'altra dimanda, cioè perchè si trovasse egli in Mercurio [Vedi il canto preced. v. 127, 128]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. V 127-128","NotaFonte":"","TestoFonte":"ma non so chi tu se', né perché aggi,
anima degna, il grado della spera","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=72&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"112-114","from":5740.0,"to":5743.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Tideo caledone e Menalippo\ntebano, azzuffatisi insieme presso Tebe, restarono ambidue\nmortalmente feriti; ma Tideo, sopravvivendo al nemico, sen fe\nrecare la testa, e per rabbia la si rose. Stazio, Theb., VIII.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Tideo si rose<\/b> ec. Tideo caledone e Menalippo tebano, azzuffatisi insieme presso Tebe, restarono ambidue mortalmente feriti; ma Tideo, sopravvivendo al nemico, sen fe recare la testa, e per rabbia la si rose. Stazio, Theb., VIII.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q243203","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2708117","LuogoFonte":"Thebais VIII, 751-761","NotaFonte":"","TestoFonte":"Erigitur Tydeus voltuque occurrit et amens
laetitiaque iraque, ut singultantia vidit
ora trahique oculos seseque adgnovit in illo,
imperat abscisum porgi, laevaque receptum
spectat atrox hostile caput, gliscitque tepentis
lumina torva videns et adhuc dubitantia figi.
infelix contentus erat: plus exigit ultrix
Tisiphone; iamque inflexo Tritonia patre
venerat et misero decus immortale ferebat,
atque illum effracti perfusum tabe cerebri
aspicit et vivo scelerantem sanguine fauces","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0498%3Abook%3D8","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"130-131","from":31865.0,"to":31868.0,"NomeAutore":"Publio Papinio Stazio","TitoloFonte":"Tebaide"}, {"Annotazione":"Tiresia Tebano, altro celebre\nindovino. Hassi nelle favole, che nell'atto che costui percosse\ncon una verga due serpenti, maschio e femmina, insieme\navviticchiati, d'uomo in donna si vedesse cangiato, e che non\nriacquistasse il sesso primiero se non dopo sett'anni, mentre,\nritrovati i due medesimi serpenti nello stesso atto percosseli di\nnuovo — cangiandosi le membra tutte quante<\/b>; richiedendo il\ndiverso sesso non solo diversi organi; ma diversa simmetria anche\ndegli organi ad ambo i sessi comuni. — E prima<\/b> ec. \nCostruzione E le<\/b> [a lei Tiresia, allora femmina] convenne poi\nribatter con la verga li duo serpenti avvolti, prima che riavesse\nle maschili penne.<\/b> — Le penne<\/b>, chiosa il Venturi, si pongono\nqu\u00ec per le membra; cos\u00ec ci avvisa il gran Vocabolario degli\nAccademici; ma forse intese Dante pi\u00f9 tosto indicar la barba\nvirile, i peli della quale nel canto ancora I al v. 42 del\nPurgatorio chiamer\u00e0 piume.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Le penne<\/b>, chiosa il Venturi, si pongono quì per le membra; così ci avvisa il gran Vocabolario degli Accademici; ma forse intese Dante più tosto indicar la barba virile, i peli della quale nel canto ancora I al v. 42 del Purgatorio chiamerà piume.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. I 42","NotaFonte":"","TestoFonte":"diss'el, movendo quelle oneste piume.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=35&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40-45","from":18704.0,"to":18706.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Tiresia.  — Di vita usc\u00edo<\/b> (cf.\nPurg.<\/i>, V, 55-56; Vit. N.<\/i>, XXII), mor\u00ec.  — Serva<\/i><\/b>, del\ntiranno Creonte, dopo l'uccisione d'Eteocle e Polinice.  —\nCitt\u00e0 di Baco<\/b> (Baco<\/b> per Bacco<\/i><\/b>, come Erine<\/i> per Erinni<\/i>;\ngaleoto<\/i> per galeotto<\/i> ecc.), Tebe, sacra a Bacco (cf. Purg.<\/i>, \nXVIII, 93) dov'egli fu partorito da Semele (cf. Inf.<\/i>, XXX, 1 e\nsegg.; Par.<\/i><\/b>, XXI, 6).  — Gran tempo<\/i><\/b>, lungo tempo, molti\nanni.  — Per lo mondo g\u00edo<\/b>, cerc\u00f2 per terre molte (v. 55).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Di vita uscío<\/b> (cf. Purg.<\/i>, V, 55-56; Vit. N.<\/i>, XXII), morì.  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. V, 55-56","NotaFonte":"","TestoFonte":"sì che, pentendo e perdonando, fora
di vita uscimmo a Dio pacificati","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=39","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"58-60","from":18826.0,"to":18848.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Tito Manlio Torquato, nobilissimo\nRomano, il quale fece prima batter con verghe, e poi decapitare\nil suo proprio figliuolo, perch\u00e8 nella guerra de' Latini, contra\nil suo comando, molto pericolosamente avea combattuto, bench\u00e8\navesse ottenuta vittoria. Volpi. — Quintio, che dal cirro<\/b>\nec. Quintio fu denominato Cincinnato<\/i>: il che in lingua nostra\npotremo dire rabaruffato. Cincinno<\/i>, e cirro<\/i> in Latino\nsignifica capello torto<\/i>: e questo alcuna volta da ornamento,\nquando o con ferro, o con altro istrumento con molta arte si\ncompongono i capelli, e fannosi inanellati e ricciuti: alcuna\nvolta son torti i capelli in capo, quando non li pettiniamo, onde\nrimangono avviluppati; ed allora il cincinno<\/i> e 'l cirro<\/i> non\nd\u00e0 ornamento, ma il contrario: e per questo Quintio, uomo di dura\nvita, perch\u00e8 teneva i capelli negletti ed incolti e senza pettine\nfu chiamato Cincinnato.<\/i> Onde il Petrarca E Cincinnato\ndall'inculta chioma.<\/i> Fu costui povero, e di sua mano coltivava\nle proprie, bench\u00e8 picciole possessioni, creato Dittatore contra\nquelli ch'avevan rinchiuso Minuzio Console con l'esercito, ruppe\ni nemici, e liber\u00f2 il Console, e trionf\u00f2: ed il sestodecimo d\u00ec\nrinunzi\u00f2 alla Dittatura. Landino. Essendo stati i Quintii\nCincinnati pi\u00f9 d'uno, conviene avvertire che questo dal Landino\ndescritto ebbe il prenome di Lucio<\/i> [Vedi Livio lib. 3 cap. 26]. \nAnche, quanto alla voce Cincinnato<\/i> intesa nel senso di\nrabaruffato<\/i>, giover\u00e0 di por mente all'origine, che dagli\nEtimologici pretendesi, di cincinnus<\/i> da cinnus<\/i>, che mistura e\nconfusione significa, e che anzi Plauto adopera cinnos<\/i> in luogo\ndi cincinnos<\/i>\n\n . . . . . . . . . . . . . . istos fictos<\/i>,\n Compositos, crispos, cinnos tuos unguentatos usque excerebro<\/i>\n Expellam<\/i> \n [Trucul.<\/i> act. 2 sc. 2]\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Essendo stati i Quintii Cincinnati più d'uno, conviene avvertire che questo dal Landino descritto ebbe il prenome di Lucio<\/i> [Vedi Livio lib. 3 cap. 26].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2039","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1155892","LuogoFonte":"III xxvi 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"in quo cum parum praesidii videretur dictatoremque dici placeret, qui rem perculsam restitueret, L. Quinctius Cincinnatus consensu omnium dicitur.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0914.phi0013.perseus-lat1:26","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46-48","from":5272.0,"to":5273.0,"NomeAutore":"Tito Livio","TitoloFonte":"Ab Urbe condita libri"},
{"Annotazione":"Traslazione dallo schiararsi<\/i>, imbiancarsi, la farina di pi\u00f9,\nquanto da vaglio o staccio [Staccio spezie di vaglio fine<\/i>,\ninsegna il Vocabolario della Crusca] di pi\u00f9 angusti fori ella\nesce: e vuole in sostanza dire Conviene che ti dichiari di pi\u00f9<\/i><\/b>\n— dicer<\/b>, per dire<\/i> adoprarono altri buoni antichi anche in\nprosa [Vedi lo stesso Vocabolario] — Chi drizz\u00f2 l'arco<\/i><\/b> ec. \nTorcendo noi verso le creature quell'amoroso fuoco che c'infuse\nDio perch\u00e8 amassimo lui, ed essendo perci\u00f2 mestieri di chi ce lo\nraddrizzi, cerca s. Giovanni a Dante chi dirizzasse il di lui\namore verso Dio.  Torcersi l'amor nostro da Dio, ed esser bisogno\ndi chi ve lo raddrizzi, insegna il medesimo nostro poeta nel\npreallegato sedicesimo canto del Purgatorio\n\n     Di picciol bene in pria sente sapore<\/i><\/b>;\n        Quivi s'inganna, e dietro ad esso corre<\/i>,\n        Se guida o fren non torce 'l suo amore<\/i> \n         [Vers. 91 e segg.]\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Torcersi l'amor nostro da Dio, ed esser bisogno di chi ve lo raddrizzi, insegna il medesimo nostro poeta nel preallegato sedicesimo canto del Purgatorio\r\n     Di picciol bene in pria sente sapore<\/i>;\r\n        Quivi s'inganna, e dietro ad esso corre<\/i>,\r\n        Se guida o fren non torce 'l suo amore<\/i> \r\n         [Vers. 91 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVI 91-93","NotaFonte":"","TestoFonte":"Di picciol bene in pria sente sapore;
quivi s'inganna, e dietro ad esso corre,
se guida o fren non torce suo amore.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=50&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"22-24","from":25526.0,"to":25533.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Troia \u00e8 la provincia, Ilion\nla citt\u00e0 propriamente, sebbene da Virgilio ed altri poeti antichi\nspesso Troia per la citt\u00e0 si piglia. Dante figura Ilio effigiato\ncos\u00ec umile, mirando alla patetica espressione di Virgil.\nCeciditque superbum Ilium, et omnis humo fumat Neptunia Troia<\/i>\n[Aeneid. III, 2]. Venturi. Non essendosi per\u00f2 ridotta in\ncenere e in caverne<\/b> la provincia, ma la sola citt\u00e0 di Troia, par\nmeglio che Troia<\/b> ed Ilion<\/b> appelli qu\u00ec Dante la citt\u00e0 stessa;\ne che la ricordi appellata Ilion<\/b> per insieme ricordare\nl'epiteto di superbum<\/i><\/b> che connette Virgilio con esso nome;\nquasi dica, o appellata superbum Ilium<\/i> — il segno<\/i><\/b>, la\nscoltura, il bassorilievo — si discerne<\/b> per si vede.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dante figura Ilio effigiato così umile, mirando alla patetica espressione di Virgil. Ceciditque superbum Ilium, et omnis humo fumat Neptunia Troia <\/i>[Aeneid. III, 2].  Venturi.  Non essendosi però ridotta in cenere e in caverne<\/b> la provincia, ma la sola città di Troia, par meglio che Troia<\/b> ed Ilion<\/b> appelli quì Dante la città stessa; e che la ricordi appellata Ilion<\/b> per insieme ricordare l'epiteto di superbum<\/i> che connette Virgilio con esso nome; quasi dica, o appellata superbum Ilium.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"III 2-3","NotaFonte":"","TestoFonte":"ceciditque superbum
Ilium, et omnis humo fumat Neptunia Troia","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:3.1-3.12","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"61-63","from":11566.0,"to":11568.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Trovando\nnoi avere Platone a questa medesima infernale acqua della palude\nStige attribuito il colore cyaneum prope<\/i> [Vedi 'l passo a tale\nproposito appartenente, che dal Fedone di Platone riferisce, e\ntraduce Natal Conti Myth.<\/i> lib. 3 cap. 2], non possiam\ndubitare, che dallo stesso Platone non prendesse Dante idea, e\nche non sia il medesimo colore che vuole qu\u00ec Dante all'acqua\nstessa attribuito. Perso<\/i> [com'altrove \u00e8 detto] spiega il Poeta\nnel Convito [Tratt. 4 cap. 20] ch'\u00e8 un colore misto di\npurpureo e di nero, ma vince il nero.<\/i> Dunque un colore buio\nmolto pi\u00f9 che perso<\/i>, cio\u00e8 un porporino de' pi\u00f9 scuri, dovette\nsecondo lui essere il cyaneum prope.<\/i> Volgarmente [a' tempi\nnostri almento] per cyaneus<\/i> intendesi azzurro<\/i> o turchino<\/i>,\ncolori che nulla hanno mischiato di porporino. A giustificazione\nper\u00f2 di Dante pu\u00f2 bastare, che il fiore ciano, onde prende nome\nil colore, per testimonianza de' botanici [Vedi Chabraei\nstirpium sciagraphia<\/i> class. 25 e l'annotazioni del Dodoneo a\nTeofrasto lib. 9], trovasi anche di colore porporino.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Trovando noi avere Platone a questa medesima infernale acqua della palude Stige attribuito il colore cyaneum prope<\/i> [Vedi 'l passo a tale proposito appartenente, che dal Fedone di Platone riferisce, e traduce Natal Conti Myth.<\/i> lib. 3 cap. 2], non possiam dubitare, che dallo stesso Platone non prendesse Dante idea, e che non sia il medesimo colore che vuole quì Dante all'acqua stessa attribuito.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q859","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q244161","LuogoFonte":"113b","NotaFonte":"","TestoFonte":"το\u03cdτου δ\u1f72 α\u1f56 καταντικρ\u1f7a \u1f41 τ\u03adταρτος \u1f10κπ\u03afπτει ε\u1f30ς τ\u03ccπον πρ\u1ff6τον δειν\u03ccν τε κα\u1f76 \u1f04γριον, \u1f61ς λ\u03adγεται, χρ\u1ff6μα δ\u1fbd \u1f14χοντα \u1f45λον ο\u1f37ον \u1f41","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0059.tlg004.perseus-grc1:113b","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"103","from":6516.0,"to":6524.0,"NomeAutore":"Platone","TitoloFonte":"Fedone"},
{"Annotazione":"Trovano alcuni nel viso umano\nuna sigla o cifra di un m<\/i> con tra le gambe due o<\/i>: esprimente\nomo<\/b>; che suona lo stesso che 'l Latino homo<\/i><\/b>, e che molte\nnazioni Italiane di fatto volgarmente pronunziano in vece\nd'uomo.<\/i>  I due o<\/i> sono gli occhi, e la m<\/i> intendesi formata\ndal naso e dalle ciglia e coste delle occhiaie fin gi\u00f9 alle\nguance.  Or come questa m<\/i> nelle persone macilenti meglio si\nscorge, per\u00f2 dice il poeta nostro, che bene fisonomisti cotali\navrebbero in queste macilentissime purganti ombre conosciuta\nl'emme.\n\n\tQueste<\/i> [dice il Volpi] sono di quelle cose, che la\npoes\u00eca abborisce, non essendo capaci d'alcun ornamento<\/i>: e ne\nrimanda a quel precetto d'Orazio Et quae desperat tractata\nnitescere posse relinquit<\/i> [Poetic.<\/i> v. 149].\n\n\tCosa<\/i> [vi aggiunge anche il Venturi] veramente insulsa,\nche per\u00f2 giustamente il P. d'Aquino ha sdegnato di tradurre.<\/i>\n\n\tCon buona pace di questi valentuomini, a me sembra, che\nsolo allora si meriterebbe Dante questa riprensione, quando si\nfosse perduto a minutamente descriverci la formazione della detta\ncifra nell'umano viso.  Ma il trarre, che il Poeta fa qu\u00ec in un\nlampo, dall'altrui quantunque volgari osservazioni una forte\nimmagine della magrezza, ci\u00f2 non solo non viene biasimato n\u00e8 da\nOrazio, n\u00e8 da altri maestri, ma si merita anzi molta lode.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Queste<\/i> [dice il Volpi] sono di quelle cose, che la poesìa abborisce, non essendo capaci d'alcun ornamento<\/i>: e ne rimanda a quel precetto d'Orazio Et quae desperat tractata nitescere posse relinquit<\/i> [Poetic.<\/i> v. 149]. \r\n\tCosa<\/i> [vi aggiunge anche il Venturi] veramente insulsa, che però giustamente il P. d'Aquino ha sdegnato di tradurre.<\/i>\r\n\tCon buona pace di questi valentuomini, a me sembra, che solo allora si meriterebbe Dante questa riprensione, quando si fosse perduto a minutamente descriverci la formazione della detta cifra nell'umano viso.  Ma il trarre, che il Poeta fa quì in un lampo, dall'altrui quantunque volgari osservazioni una forte immagine della magrezza, ciò non solo non viene biasimato nè da Orazio, nè da altri maestri, ma si merita anzi molta lode.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q703985","LuogoFonte":"149-150","NotaFonte":"","TestoFonte":"non secus ac notas auditorem rapit et quae 
desperat tractata nitescere posse relinquit","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0893.phi006.perseus-lat1:125-152","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"32-33","from":22830.0,"to":22833.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Ars poetica"}, {"Annotazione":"Trovo nel Lexicon iuridicum<\/i>\nstampato in Ginevra nel 1615 sotto l'articolo Talio<\/i>, che la\nlegge del talione videtur Aristoteles<\/i> [Lib. de morib.<\/i>]\n%alpha%nu%tau%iota%pi%varepsilon%pi%o%nu%vartheta%o%varsigma\\\nvocare.<\/i> Significando cotal Greco vocabolo letteralmente volto\nin Latino contra passus<\/i>, non rimane dubbio, che per\ncontrappasso<\/i> non intenda qu\u00ec Dante la legge stessa del talione;\ne che tale l'appelli per rapporto al Latino equivalente al Greco\n%alpha%nu%tau%iota%pi%varepsilon%pi%o%nu%vartheta%o%varsigma\\. \nIntenderemo adunque che Cos\u00ec s'osserva in me lo contrappasso<\/i>\nvaglia il medesimo che In cotal modo s'adempie in me la legge\ndel talione, che vuole simile il gastigo al commesso delitto.<\/i>\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Trovo nel Lexicon iuridicum <\/i>stampato in Ginevra nel 1615 sotto l'articolo Talio<\/i>, che la legge del talione videtur Aristoteles<\/i> [Lib. de morib.<\/i>] \u1f00ντιπεπονθ\u03ccς <\/em>vocare.<\/i>  Significando cotal Greco vocabolo letteralmente volto in Latino contra passus<\/i>, non rimane dubbio, che per contrappasso<\/i> non intenda quì Dante la legge stessa del talione<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q868","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q474537","LuogoFonte":"1132b","NotaFonte":"La citazione \u00e8 mediata dal Lexicon iuridicum: hoc est, Iuris civilis et canonici in schola atque foro usitatarum vocum penus [...], Genevae, ex typographia Iacobi Stoer, 1615, p. 1145.","TestoFonte":"δοκε\u1fd6 δ\u03ad τισι κα\u1f76 τ\u1f78 \u1f00ντιπεπονθ\u1f78ς ε\u1f36ναι \u1f01πλ\u1ff6ς δ\u03afκαιον, \u1f65σπερ ο\u1f31 Πυθαγ\u03ccρειοι \u1f14φασαν: \u1f61ρ\u03afζοντο γ\u1f70ρ \u1f01πλ\u1ff6ς τ\u1f78 δ\u03afκαιον τ\u1f78 \u1f00ντιπεπονθ\u1f78ς \u1f04λλ\u1ff3. τ\u1f78 δ\u1fbd \u1f00ντιπεπονθ\u1f78ς ο\u1f50κ \u1f10φαρμ\u03ccττει ο\u1f54τ\u1fbd \u1f10π\u1f76 τ\u1f78 νεμητικ\u1f78ν δ\u03afκαιον ο\u1f54τ\u1fbd \u1f10π\u1f76 τ\u1f78 διορθωτικ\u03ccν—κα\u03afτοι βο\u03cdλοντα\u03af γε το\u1fe6το λ\u03adγειν κα\u1f76 τ\u1f78 \u1fecαδαμ\u03acνθυος δ\u03afκαιον: “ε\u1f34 κε π\u03acθοι τ\u03ac τ\u1fbd \u1f14ρεξε, δ\u03afκη κ\u1fbd \u1f30θε\u1fd6α γ\u03adνοιτο
”—πολλαχο\u1fe6 γ\u1f70ρ διαφωνε\u1fd6: ο\u1f37ον ε\u1f30 \u1f00ρχ\u1f74ν \u1f14χων \u1f10π\u03acταξεν, ο\u1f50 δε\u1fd6 \u1f00ντιπληγ\u1fc6ναι, κα\u1f76 ε\u1f30 \u1f04ρχοντα \u1f10π\u03acταξεν, ο\u1f50 πληγ\u1fc6ναι μ\u03ccνον δε\u1fd6 \u1f00λλ\u1f70 κα\u1f76 κολασθ\u1fc6ναι. \u1f14τι τ\u1f78 \u1f11κο\u03cdσιον κα\u1f76 τ\u1f78 \u1f00κο\u03cdσιον διαφ\u03adρει πολ\u03cd. \u1f00λλ\u1fbd \u1f10ν μ\u1f72ν τα\u1fd6ς κοινων\u03afαις τα\u1fd6ς \u1f00λλακτικα\u1fd6ς συν\u03adχει τ\u1f78 τοιο\u1fe6τον δ\u03afκαιον, τ\u1f78 \u1f00ντιπεπονθ\u1f78ς κατ\u1fbd \u1f00ναλογ\u03afαν κα\u1f76 μ\u1f74 κατ\u1fbd \u1f30σ\u03ccτητα. τ\u1ff7 \u1f00ντιποιε\u1fd6ν γ\u1f70ρ \u1f00ν\u03acλογον συμμ\u03adνει \u1f21 π\u03ccλις. \u1f22 γ\u1f70ρ τ\u1f78 κακ\u1ff6ς ζητο\u1fe6σιν:","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0086.tlg010.perseus-grc1:1132b","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"142","from":27761.0,"to":27768.0,"NomeAutore":"Aristotele","TitoloFonte":"Etica Nicomachea"}, {"Annotazione":"Tu mi fai risovvenire\ndove, e quale era Proserpina, cio\u00e8 l'amenissimo prato, dov'era, e\nla bellissima, e innocentissima donzella ch'ella era nel tempo\nche fu da Plutone rapita, e la sua madre Cerere perd\u00e8 lei, ed\nella i fiori raccolti, che con dispiacere della semplicetta le\ncaddero di grembo: allude ai vaghi versi d'Ovidio nel lib. 5\ndelle Metamorfosi [Verso 399 e segg.]\n\n Collecti flores tunicis cecidere remissis<\/i>,\n Tantaque simplicitas puerilibus affuit annis<\/i>;\n Haec quoque virginem movit iactura dolorem.<\/i>\n\nCos\u00ec il Venturi, e cos\u00ec tutti gli altri espositori. Io per\u00f2 per\nla da Proserpina perduta primavera amerei d'intendere, non i\nfiori caduti a lei di grembo, ma piuttosto la perduta amena\nregione onde fu rapita, allusivamente cio\u00e8 al perpetuum ver<\/i>\nch'Ovidio stesso vi asserisce [Verso 391].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
allude ai vaghi versi d'Ovidio nel lib. 5 delle Metamorfosi [Verso 399 e segg.]\r\n     Collecti flores tunicis cecidere remissis<\/i>,\r\n     Tantaque simplicitas puerilibus affuit annis<\/i>;\r\n     Haec quoque virginem movit iactura dolorem.<\/i>\r\nCosì il Venturi, e così tutti gli altri espositori.  Io però per la da Proserpina perduta primavera amerei d'intendere, non i fiori caduti a lei di grembo, ma piuttosto la perduta amena regione onde fu rapita, allusivamente cioè al perpetuum ver <\/i>ch'Ovidio stesso vi asserisce [Verso 391].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"V 391-401","NotaFonte":"","TestoFonte":"perpetuum ver est. Quo dum Proserpina luco
ludit et aut violas aut candida lilia carpit,
dumque puellari studio calathosque sinumque
implet et aequales certat superare legendo,
paene simul visa est dilectaque raptaque Diti:
usque adeo est properatus amor. Dea territa maesto
et matrem et comites, sed matrem saepius, ore
clamat; et, ut summa vestem laniarat ab ora,
conlecti flores tunicis cecidere remissis.
Tantaque simplicitas puerilibus adfuit annis,
haec quoque virgineum movit iactura dolorem.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:5.341-5.408","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"49-51","from":28116.0,"to":28120.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Tutti cantando ladavano la\nVergine; perciocch\u00e8 nient'altro contiene il vecchio Testamento se\nnon misteri e profezie, che dinotano l'incarnazione del Verbo\nnella Vergine, la quale fu salutata dall'Angelo Gabriel\nBenedetta sopra tutte le donne.<\/i> Landino — le bellezze tue<\/b>,\nle tue virt\u00f9, perciocch\u00e8 le bellezze dell'animo sono senza alcuna\ncomparazione pi\u00f9 eccellenti che le bellezze del corpo, e niente \u00e8\nbello nell'animo che non sia virt\u00f9, e niente \u00e8 virt\u00f9 che non sia\nbello. Lo stesso — Tue<\/b> per tu<\/i><\/b> paragoge agli antichi Toscani\nfamigliare.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Tutti cantando ladavano la Vergine; perciocchè nient'altro contiene il vecchio Testamento se non misteri e profezie, che dinotano l'incarnazione del Verbo nella Vergine, la quale fu salutata dall'Angelo Gabriel Benedetta sopra tutte le donne.<\/i>  Landino<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","LuogoFonte":"I 28","NotaFonte":"Cfr. la Vulgata Clementina, Luca I 28: \"Et ingressus angelus ad eam dixit : Ave gratia plena : Dominus tecum : benedicta tu in mulieribus\".","TestoFonte":"Et ingressus ad eam dixit: “ Ave, gratia plena, Dominus tecum ”. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"85-87","from":29415.0,"to":29417.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"},
{"Annotazione":"Tutti gl'interpreti\nintendono, che con due distinti paragoni voglia qu\u00ec Dante fare al\nleggitore conoscere il modo, col quale cominciass'egli a rivedere\nil Sole per quel fumo.  Premieramente col vedere che un fa\nattraverso di folta nebbia, non altrimenti che per pelle talpe<\/b>,\nnello stesso modo cio\u00e8 che pochissimo vede la talpa attraverso di\nquella pellicola che l'occhio le ricopre [Di cotale pellicola\nricoperto l'occhio della talpa credettero sempre gli antichi. \nVedi, tra gli altri, Aristotele Hist. animal.<\/i> lib. I, 9.  In\noggi alcuni moderni pensano che cotale sia la prima membrana\ndell'occhio, appellata cornea<\/i>].  Secondariamente poi col primo\ndebole insinuarsi della spera del Sole<\/i>, cio\u00e8 de' solari raggi,\nne' vapori umidi e spessi, quando a diradar cominciansi.<\/i><\/b>\n\n\tA me sembra, che la sintassi esigga che un solo s'intenda\nil paragone, e che non si possa bene ordinare il parlar del Poeta\nse non al seguente modo.  Lettor, se mai nell'alpe ti colse\nnebbia, per la qual vedessi non altrimenti che per pelle talpe,\nricordati come la spera del Sole entra per gli umidi e spessi\nvapori<\/b> [della nebbia] quando essi cominciansi a diradare.<\/b>  —\nAlpe<\/b> per qualsivoglia montagna generalmente.  Vedine altri\nesempi nel Vocab. della Cr.  — Talpe.<\/b>  Dicendosi ugualmente\nnel singolare talpa<\/i><\/b> e talpe<\/i><\/b>, come con esempi dimostra lo\nstesso ora citato Vocabolario, par meglio che talpe<\/b> s'intenda\nqu\u00ec detto nel minor numero; e non, come il Venturi pretende, nel\nnumero del pi\u00f9.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Di cotale pellicola ricoperto l'occhio della talpa credettero sempre gli antichi.  Vedi, tra gli altri, Aristotele Hist. animal.<\/i> lib. I, 9.  In oggi alcuni moderni pensano che cotale sia la prima membrana dell'occhio, appellata cornea<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q868","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1620799","LuogoFonte":"I 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"\u1f59π\u1f78 δ\u1f72 τ\u1ff7 μετ\u1f7dπ\u1ff3 \u1f40φρ\u1f7bες 
διφυε\u1fd6ς\u0387 \u1f67ν α\u1f31 μ\u1f72ν ε\u1f50θε\u1fd6αι μαλακο\u1fe6 \u1f24θους σημε\u1fd6ον, α\u1f31 δ\u1f72 πρ\u1f78ς
τ\u1f74ν \u1fe5\u1fd6να τ\u1f74ν καμπυλ\u1f79τητ’ \u1f14χουσαι στρυφνο\u1fe6, α\u1f31 δ\u1f72 πρ\u1f78ς
το\u1f7aς κροτ\u1f71φους μωκο\u1fe6 κα\u1f76 ε\u1f34ρωνος, α\u1f31 δ\u1f72 κατεσπασμ\u1f73ναι
φθ\u1f79νου. \u1f59φ’ α\u1f37ς \u1f40φθαλμο\u1f77. Ο\u1f57τοι κατ\u1f70 φ\u1f7bσιν δ\u1f7bο.
Το\u1f7bτων μ\u1f73ρη \u1f11κατ\u1f73ρου βλ\u1f73φαρον τ\u1f78 \u1f04νω κα\u1f76 κ\u1f71τω. Το\u1f7bτου
τρ\u1f77χες α\u1f31 \u1f14σχαται βλεφαρ\u1f77δες. Τ\u1f78 δ’ \u1f10ντ\u1f78ς το\u1fe6 \u1f40φθαλμο\u1fe6,
τ\u1f78 μ\u1f72ν \u1f51γρ\u1f79ν, \u1fa7 βλ\u1f73πει, κ\u1f79ρη, τ\u1f78 δ\u1f72 περ\u1f76 το\u1fe6το
μ\u1f73λαν, τ\u1f78 δ’ \u1f10κτ\u1f78ς το\u1f7bτου λευκ\u1f79ν. Κοιν\u1f78ν δ\u1f72 τ\u1fc6ς βλεφαρ\u1f77δος
μ\u1f73ρος τ\u1fc6ς \u1f04νω κα\u1f76 κ\u1f71τω κανθο\u1f76 δ\u1f7bο, \u1f41 μ\u1f72ν πρ\u1f78ς τ\u1fc7 \u1fe5ιν\u1f77,
\u1f41 δ\u1f72 πρ\u1f78ς το\u1fd6ς κροτ\u1f71φοις\u0387 ο\u1f33 \u1f02ν μ\u1f72ν \u1f66σι μακρο\u1f77, κακοηθε\u1f77ας
σημε\u1fd6ον, \u1f10\u1f70ν δ’ ο\u1f37ον ο\u1f31 κτ\u1f73νες κρε\u1ff6δες \u1f14χωσι τ\u1f78
πρ\u1f78ς τ\u1ff7 μυκτ\u1fc6ρι, πονηρ\u1f77ας. Τ\u1f70 μ\u1f72ν ο\u1f56ν \u1f04λλα γ\u1f73νη π\u1f71ντα
τ\u1ff6ν ζ\u1ff4ων πλ\u1f74ν τ\u1ff6ν \u1f40στρακοδ\u1f73ρμων κα\u1f76 ε\u1f34 τι \u1f04λλο \u1f00τελ\u1f73ς,
\u1f14χει \u1f40φθαλμο\u1f7bς\u0387 τ\u1f70 δ\u1f72 ζ\u1ff3οτ\u1f79κα π\u1f71ντα πλ\u1f74ν \u1f00σπ\u1f71λακος.
Το\u1fe6τον δ\u1f72 τρ\u1f79πον μ\u1f73ν τιν’ \u1f14χειν \u1f02ν θε\u1f77η τις, \u1f45λως δ’ ο\u1f50κ (15) \u1f14χειν. \u1f4dλως μ\u1f72ν γ\u1f70ρ ο\u1f54θ’ \u1f41ρ\u1fb7 ο\u1f54τ’ \u1f14χει ε\u1f30ς τ\u1f78 φανερ\u1f78ν
δ\u1f75λους \u1f40φθαλμο\u1f7bς\u0387 \u1f00φαιρεθ\u1f73ντος δ\u1f72 το\u1fe6 δ\u1f73ρματος \u1f14χει τ\u1f75ν
τε χ\u1f7dραν τ\u1ff6ν \u1f40μμ\u1f71των κα\u1f76 τ\u1ff6ν \u1f40φθαλμ\u1ff6ν τ\u1f70 μ\u1f73λανα κατ\u1f70
τ\u1f78ν τ\u1f79πον κα\u1f76 τ\u1f74ν χ\u1f7dραν τ\u1f74ν φ\u1f7bσει το\u1fd6ς \u1f40φθαλμο\u1fd6ς \u1f51π\u1f71ρχουσαν
\u1f10ν τ\u1ff7 \u1f10κτ\u1f79ς, \u1f61ς \u1f10ν τ\u1fc7 γεν\u1f73σει πηρουμ\u1f73νων κα\u1f76 \u1f10πιφυομ\u1f73νου
το\u1fe6 δ\u1f73ρματος.","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=21286&text=21286:1.9","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1-6","from":16429.0,"to":16431.0,"NomeAutore":"Aristotele","TitoloFonte":"Historia animalium"}, {"Annotazione":"Tutti gli espositori,\nquanto veggo, intendono qu\u00ec la Beatrice mistica, cio\u00e8 la divina\nscienza, la teologia; perch\u00e8 nessuno<\/i> [dice uno per tutti il\nLandino] pu\u00f2 esser vero teologo, cio\u00e8 vivere secondo i precetti\ndella teologia, senza queste virt\u00f9.<\/i> Io per\u00f2 per isbrigarmi\ndall'impegno di ritrovare quando la teologia discendesse al\nmondo, m'appiglierei pi\u00f9 di buon grado alla Beatrice reale, alla\ndonna dal Poeta amata: alla quale per gli ottimi di lei costumi\ngi\u00e0 sopraddetti [Vedi la nota al v. 121 e segg. del preced.\ncanto] pot\u00e8 esso Poeta ragionevolmente fingere, che prima che\nl'anima della medesima in cielo creata, s'infondesse nel di lei\ncorpo, destinate da Dio le fossero per ancelle o per aie le\nquattro cardinali virt\u00f9: giusta cio\u00e8 quel praevenisti eum in\nbenedictionibus<\/i> del salmo 20.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Io però per isbrigarmi dall'impegno di ritrovare quando la teologia discendesse al mondo, m'appiglierei più di buon grado alla Beatrice reale, alla donna dal Poeta amata: alla quale per gli ottimi di lei costumi già sopraddetti [Vedi la nota al v. 121 e segg. del preced. canto] potè esso Poeta ragionevolmente fingere, che prima che l'anima della medesima in cielo creata, s'infondesse nel di lei corpo, destinate da Dio le fossero per ancelle o per aie le quattro cardinali virtù<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXX 121-123","NotaFonte":"","TestoFonte":"Alcun tempo il sostenni col mio volto:
mostrando li occhi giovanetti a lui,
meco il menava in dritta parte vòlto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=64&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"107-108","from":31655.0,"to":31658.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Tutti gli spositori\nriferendo il pronome lui<\/b> a dire<\/b> intendono come se fosse\nscritto N\u00e8 'l dir l'andar, n\u00e8 l'andare il dire pi\u00f9 lento facea.<\/i>\n\n\tIl Cinonio [Partic.<\/i> 160, 6] allega degli esempi [di\nDante nel Convito e di Gio. Villani nella cronaca] ne' quali si\nadopera il pronome lui<\/i><\/b> nel caso retto, ed equivalenza d'egli<\/i><\/b>:\ned io temo che non sia qu\u00ec un altro esempio di Dante nella\ncommedia; e che sia il senso N\u00e8 facea egli<\/i> [Forese] pi\u00f9 lento\nl'andare, n\u00e8 l'andar facea pi\u00f9 lento il dire<\/i> — ragionando\nandavam forte.<\/b> Bene inteso che l'andar forte<\/b>, o sia veloce, \u00e8\ncosa rispettiva, si concilia benissimo, che rispettivamente a\nDante fosse quello andar forte, e che per lo contrario a Forese\nsembrasse lento; dicendo per\u00f2 nel v. 91 e segg. del presente\ncanto\n\n Tu ti rimani omai, che 'l tempo \u00e8 caro<\/i><\/b>\n In questo regno, s\u00ec ch'io perdo troppo<\/i>\n Venendo teco s\u00ec a paro a paro.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il Cinonio [Partic.<\/i> 160, 6] allega degli esempi [di Dante nel Convito e di Gio. Villani nella cronaca] ne' quali si adopera il pronome lui<\/b> nel caso retto, ed equivalenza d'egli<\/i>: ed io temo che non sia quì un altro esempio di Dante nella commedia; e che sia il senso Nè facea egli<\/i> [Forese] più lento l'andare, nè l'andar facea più lento il dire <\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV iv 7","NotaFonte":"Lombardi cita dalle Osservazioni della lingua italiana raccolte dal CINONIO accademico filergita, Ferrara, Pomatelli, 1709, p. 237, dove si legge \"quello, che lui dice, a tutti \u00e8 legge\".","TestoFonte":"E così chi a questo officio è posto è chiamato Imperadore, però che di tutti li comandatori elli è comandatore, e quello che elli dice a tutti è legge, e per tutti dee essere obedito, e ogni altro comandamento da quello di costui prendere vigore e autoritade.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=54&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-2","from":23577.0,"to":23583.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Tutti i comentatori riconoscono questa\nElettra per quella figliuola d'Atlante moglie di Corito Re\nd'Italia, che di Giove gener\u00f2 Dardano fondatore di Troia: e con\nragione; perch\u00e8 viene accompagnata e corteggiata dagli eroi della\ndiscendenza di Dardano, Ettore, Enea, e Cesare, che da Enea,\nriconosceva la sua origine, Nascetur pulchra Troianus origine\nCaesar<\/i> [Virg. Aeneid.<\/i> I, 286].  Solo un moderno [il Volpi]\nsenza addurne ragione alcuna, contro il comun parere, dice esser\nquesta anzi l'Elettra figliuola di Agamennone, e Clitennestra,\ndal nome della quale intitol\u00f2 Sofocle una sua tragedia, che ancor\nsi legge.  Venturi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Tutti i comentatori riconoscono questa Elettra per quella figliuola d'Atlante moglie di Corito Re d'Italia, che di Giove generò Dardano fondatore di Troia: e con ragione; perchè viene accompagnata e corteggiata dagli eroi della discendenza di Dardano, Ettore, Enea, e Cesare, che da Enea, riconosceva la sua origine, Nascetur pulchra Troianus origine Caesar<\/i> [Virg. Aeneid.<\/i> I, 286].  Solo un moderno [il Volpi] senza addurne ragione alcuna, contro il comun parere, dice esser questa anzi l'Elettra figliuola di Agamennone, e Clitennestra, dal nome della quale intitolò Sofocle una sua tragedia, che ancor si legge.  Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"I 286","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nascetur pulchra Troianus origine Caesar","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+1.286&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"121","from":3805.0,"to":3806.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"Ugolino della Gherardesca,\nConte di Donoratico, capo di una frazione de' Guelfi di Pisa, per\ntoglier la signoria della citt\u00e0 a Nino di Gallura, capo\ndell'altra, si accost\u00f2 nel luglio del 1288 con l'Arcivescovo\nRuggieri degli Ubaldini, capo de' Ghibellini.  Ma questi, poich\u00e8\ncon la cacciata di Nino e suoi seguaci ebbe indebolita la parte\nguelfa, si accinse a spegnerla del tutto; e fatto credere al\npopolo che Ugolino avesse a' Fiorentini e Lucchesi restituite\nalcune loro castella per danari, venne col vessillo della croce e\ncon seguito grandissimo alle case del Conte, prese dopo dura\nzuffa lui con due figliuoli e due nipoti, e li chiuse nella torre\nde' Gualandi alle Sette Vie: dove poi nel marzo del seguente\nanno, giungendo in Pisa capitano il Conte Guido di Montefeltro,\nfuron fatti morire di fame.  Gio. Villani, VII, 120, 126.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Il Conte Ugolino.<\/b> Ugolino della Gherardesca, Conte di Donoratico, capo di una frazione de' Guelfi di Pisa, per toglier la signoria della città a Nino di Gallura, capo dell'altra, si accostò nel luglio del 1288 con l'Arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini, capo de' Ghibellini. Ma questi, poichè con la cacciata di Nino e suoi seguaci ebbe indebolita la parte guelfa, si accinse a spegnerla del tutto; e fatto credere al popolo che Ugolino avesse a' Fiorentini e Lucchesi restituite alcune loro castella per danari, venne col vessillo della croce e con seguito grandissimo alle case del Conte, prese dopo dura zuffa lui con due figliuoli e due nipoti, e li chiuse nella torre de' Gualandi alle Sette Vie: dove poi nel marzo del seguente anno, giungendo in Pisa capitano il Conte Guido di Montefeltro, furon fatti morire di fame. Gio. Villani, VII, 120, 126.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica VIII, 121","NotaFonte":"","TestoFonte":"certo l’ira d’Iddio tosto gli sopravenne, come piacque a·dDio, per gli suoi tradimenti e peccati, ché come era conceputo per l’arcivescovo di Pisa e’ suoi seguaci di cacciare di Pisa giudice Nino e’ suoi, col tradimento e trattato dalconte Ugolino, scemata la forza de’ Guelfi, ordinò l’arci vescovo di tradire il conte Ugolino; e subitamente a furore di popolo il fece assalire e combattere al palagio, faccendo intendere al popolo ch’egli avea tradito Pisa, e rendute le loro castella a’ Fiorentini e a’ Lucchesi; e sanza nullo riparo rivoltoglisi il popolo adosso, s’arrendéo preso, e al detto assalto fu morto uno suo figliuolo bastardo e uno suo nipote, e preso il conte Ugolino, e due suoi figliuoli, e tre nipoti figliuoli del figliuolo, e misorgli
in pregione, e cacciarono di Pisa la sua famiglia e suoi seguaci, e Visconti, e Ubizzinghi, Guatani, e tutte l’altre case guelfe. E così fu il traditore dal traditore traditoonde a parte guelfa di Toscana fu grande abassamento, e esultazione de’ Ghibellini per la detta revoluzione di Pisa, e per la forza de’ Ghibellini d’Arezzo, e per la potenzia e vittorie di don Giamo di Raona e de’ Ciciliani contra l’erede del re Carlo","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf ","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"13","from":32025.0,"to":32033.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"Un altro di quelli «scogli che\nrecidean gli argini e i fossi infino al pozzo» (C. XVIII, 15); un\naltro ponte. — Che via face<\/b>, che non \u00e8 rotto. Ma vedremo\ntutti i ponti sulla sesta bolgia esser rotti, e che qui Malacoda\ncerca di far con la sua bugia mal capitare i Poeti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Un altro scoglio<\/strong>. Un altro di quelli «scogli che recidean gli argini e i fossi infino al pozzo» (C. XVIII, 15); un altro ponte. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVIII, 15-18","NotaFonte":"","TestoFonte":"a la ripa di fuor son ponticelli,
così da imo de la roccia scogli
movien che ricidien li argini e ' fossi
infino al pozzo che i tronca e raccogli.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=18","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"111","from":20143.0,"to":20146.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Un sonetto di Dante comincia:\n«Amore e cor gentil sono una cosa.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Un sonetto di Dante comincia: «Amore e cor gentil sono una cosa.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18084","LuogoFonte":"Vita Nova XX, 3, v. 1 (Gorni, 11, 3, v. 1)","NotaFonte":"","TestoFonte":"Amore e ’l cor gentil sono una cosa","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Vita_Nova&pb=11&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100","from":4683.0,"to":4691.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Vita Nuova"},
{"Annotazione":"Una valle oscura<\/b> \u00e8\nanche la selva del prologo, simbolo del peccato originale e\nattuale.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Una valle oscura<\/b> è\r\nanche la selva del prologo, simbolo del peccato originale e attuale.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno I, 1-3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"65","from":28234.0,"to":28238.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Una delle vendette prese da\nGiunone contro dei Tebani per la detta cagione, fu quella di far\nda Tesifone infernal furia invadere Atamante Re di Tebe e\ndivenire in guisa furioso, che, veggendosi venir incontro Ine sua\nmoglie e sorella di Semel\u00e8 carcata con due figli da ciascuna\nmano<\/b>, portante cio\u00e8 un per braccio i due di lui figliuolini\nLearco \u00e8 Melicerta, apprendendola per una leonessa con due\nleoncini grid\u00f2 tendiam le reti<\/b> [quelle cio\u00e8 colle quali\nsoglionsi prender le fiere] s\u00ec ch'io pigli<\/b> ec.: indi da\nforsennato una cosa proponendo ed altra oprando, strappato dalle\nmaterne braccia Learco ed aggiratolo a guisa di pietra in fionda\nlo scagli\u00f2 contro di un sasso, e l'uccise: fatto per cui la madre\nfu s\u00ec dolente, che disperatamente con l'altro bambino rimasole\nnelle braccia gittossi in mare [Ovid. Met.<\/i> lib. IV, 513 e\nsegg.].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Una delle vendette prese da Giunone contro dei Tebani per la detta cagione, fu quella di far da Tesifone infernal furia invadere Atamante Re di Tebe e divenire in guisa furioso, che, veggendosi venir incontro Ine sua moglie e sorella di Semelè carcata con due figli da ciascuna mano<\/b>, portante cioè un per braccio i due di lui figliuolini Learco è Melicerta, apprendendola per una leonessa con due leoncini gridò tendiam le reti<\/b> [quelle cioè colle quali soglionsi prender le fiere] sì ch'io pigli<\/b> ec.: indi da forsennato una cosa proponendo ed altra oprando, strappato dalle materne braccia Learco ed aggiratolo a guisa di pietra in fionda lo scagliò contro di un sasso, e l'uccise: fatto per cui la madre fu sì dolente, che disperatamente con l'altro bambino rimasole nelle braccia gittossi in mare [Ovid. Met.<\/i> lib. IV, 513 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"IV 513-542","NotaFonte":"","TestoFonte":"clamat “io, comites, his retia tendite silvis!
hic modo cum gemina visa est mihi prole leaena:”
utque ferae sequitur vestigia coniugis amens
deque sinu matris ridentem et parva Learchum
bracchia tendentem rapit et bis terque per auras
more rotat fundae rigidoque infantia saxo
discutit ora ferox. Tum denique concita mater,
seu dolor hoc fecit seu sparsi causa veneni,
exululat passisque fugit male sana capillis
teque ferens parvum nudis, Melicerta, lacertis
“euhoe Bacche” sonat. Bacchi sub nomine Iuno
risit et “hos usus praestet tibi” dixit “alumnus.”
Inminet aequoribus scopulus: pars ima cavatur
fluctibus et tectas defendit ab imbribus undas,
summa riget frontemque in apertum porrigit aequor.
Occupat hunc (vires insania fecerat) Ino,
seque super pontum nullo tardata timore
mittit onusque suum; percussa recanduit unda.
At Venus, inmeritae neptis miserata labores,
sic patruo blandita suo est: “O numen aquarum,
proxima cui caelo cessit, Neptune, potestas,
magna quidem posco, sed tu miserere meorum
iactari quos cernis in Ionio inmenso,
et dis adde tuis. Aliqua et mihi gratia ponto est,
si tamen in medio quondam concreta profundo
spuma fui Graiumque manet mihi nomen ab illa.”
Adnuit oranti Neptunus et abstulit illis,
quod mortale fuit, maiestatemque verendam
inposuit nomenque simul faciemque novavit
Leucothoeque deum cum matre Palaemona dixit.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:4.481-4.562","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"4-12","from":28799.0,"to":28800.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"Vale Pi\u00e8ta<\/b> qu\u00ec pure,\ncome nel v. 21 del canto preced. affanno<\/i>, angoscia.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vale Pièta<\/b> quì pure, come nel v. 21 del canto preced. affanno<\/i>, angoscia.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 21","NotaFonte":"","TestoFonte":"la notte ch'i' passai con tanta pieta","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"106","from":1762.0,"to":1770.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Vale qu\u00ec 'l se<\/b> quanto il\nche<\/i> apprecativo [Vedi 'l Cinon. Partic.<\/i> 44, 23] o il cos\u00ec<\/i>,\nequivalente al sic<\/i> o utinam<\/i> dei Latini.  Vedi Inf. XVI, 64. \n— ti basti eternalmente<\/i><\/b>, servati eternamente, senza spuntarsi\nmai — a cotesto lavoro<\/b>, a cotesto graffiare.  Non potendo que'\ndannati sperare altro soccorso all'insoffribile prurito che\nquello dell'unghie, non poteva certamente se non grata riuscir\nloro preghiera cotale.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vale quì 'l se<\/b> quanto [...] il così<\/i>, equivalente al sic<\/i> o utinam<\/i> dei Latini.  Vedi Inf. XVI, 64<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVI 64","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Se lungamente l'anima conduca","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=16&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"89-90","from":28406.0,"to":28409.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Vedi nel canto precedente v. 117\ne quella nota.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vedi nel canto precedente v. 117 e quella nota.\r\n\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXX 117","NotaFonte":"","TestoFonte":"di questa rosa ne l'estreme foglie!","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=97&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1","from":30391.0,"to":30394.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Vi \u00e8 taluno che della oppressione\ndel suo vicino<\/b> [vale qu\u00ec vicino<\/b> lo stesso che coi termini\ndella scrittura sacra dicesi prossimo<\/i>] spera ingrandimento ec. \nDello stesso significato di soppresso<\/i><\/b> ed oppresso<\/i><\/b> vedi 'l\nVoc. della Cr.  — El<\/b> per egli<\/i>, vedi Cinonio [Partic.<\/i> 101,\n14].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
vale quì vicino<\/b> lo stesso che coi termini della scrittura sacra dicesi prossimo<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","LuogoFonte":"X 27","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ille autem respondens dixit: “ Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo et ex tota anima tua et ex omnibus viribus tuis et ex omni mente tua et proximum tuum sicut teipsum ”. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html#10","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"115-117","from":17255.0,"to":17278.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"},
{"Annotazione":"Vi \u00e8 una nobile e cortese\ndonna, cio\u00e8 la divina clemenza, che meco insieme piange, e\nrammaricasi dell'impedimento che danno le fiere a Dante nel suo\ncammino, a superare il quale io ti mando; sicch\u00e8 fa quasi forza\ncol suo pianto, e piega la severa guistizia in cielo, che lo\nvoleva, perch\u00e8 colpevole, lacerato dalle fiere e punito [che lo\nvoleva abbandonato alle passioni].  Duro<\/b> qu\u00ec non altro\nsignifica che severo<\/i>, e guistificasi a pieno questa espressione\nda quella in tutto simile della Sapienza 6 v. 6 Iudicium\ndurissimum his; qui praesunt, fiet.<\/i>  Venturi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Duro<\/b> quì non altro significa che severo<\/i>, e guistificasi a pieno questa espressione da quella in tutto simile della Sapienza 6 v. 6 Iudicium durissimum his; qui praesunt, fiet.<\/i>  Venturi.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q202135","LuogoFonte":"VI 5","NotaFonte":"Il riferimento a Sapienza VI 6 si riferisce alla Vulgata Clementina.","TestoFonte":"Horrende et cito instabit vobis,
quoniam iudicium durissimum his, qui praesunt, fiet","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_sapientiae_lt.html#6","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"94-96","from":1675.0,"to":1678.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro della Sapienza"}, {"Annotazione":"Vid'io una scala di\ncolore dell'oro in cui raggio di Sole riluca [Del verbo\ntralucere<\/i> per rilucere<\/i> vedi 'l Voc. della Cr.], alta tanto,\nche la mia luce nol seguiva<\/b>, la vista mia non poteva giungere\nfin dove essa giungeva. Scal\u00e8o<\/b> per scala<\/i><\/b>, forse [come si \u00e8\navvisato Purg. XV, 36] dall'escalier<\/i>, che di mascolino genere\nadoprano i Francesi. Tutte l'edizioni segnanti virgole ne\ncollocan una dopo suso<\/i><\/b>: io l'ho tolta di l\u00ec e segnata in vece\ndopo tanto.<\/b> Collocando Dante in questo pi\u00f9 di tutti alto\npianeta i contemplativi, fa perci\u00f2 apparire in esso questa scala,\nche dice essere la medesima veduta dal Patriarca Giacobbe [Cant.\nseg. v. 70 e segg.], significante [giusta il tropologico senso] i\ngradi pe' quali sino a Dio s'innalza la contemplazione.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Scalèo<\/b> per scala<\/i>, forse [come si è avvisato Purg. XV, 36] dall'escalier<\/i>, che di mascolino genere adoprano i Francesi<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XV 36","NotaFonte":"","TestoFonte":" ad un scaleo vie men che li altri eretto\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=49&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"28-30","from":20407.0,"to":20413.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Vidi la Luna\ndalla parte superiore, dov'e illuminata senza quell'ombra, sulla\nquale ha disputato nel canto II di questa cantica, attribuendo\nquell'ombra alla densit\u00e0 e rarit\u00e0.  Venturi; che meglio avrebbe\ndetto, deponendo ivi la primiera sua opinione, che ombrosa ed\noscura fosse la Luna nelle porzioni del suo corpo di rara\nmateria, e chiara e lucente nelle porzioni di materia densa.<\/i> \nRiveggasi quel canto.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vidi la Luna dalla parte superiore, dov'e illuminata senza quell'ombra, sulla quale ha disputato nel canto II di questa cantica, attribuendo quell'ombra alla densità e rarità.  Venturi; che meglio avrebbe detto, deponendo ivi la primiera sua opinione, che ombrosa ed oscura fosse la Luna nelle porzioni del suo corpo di rara materia, e chiara e lucente nelle porzioni di materia densa.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. II 106-148","NotaFonte":"","TestoFonte":"Or, come ai colpi de li caldi rai
de la neve riman nudo il suggetto
e dal colore e dal freddo primai,
così rimaso te ne l'intelletto
voglio informar di luce sì vivace,
che ti tremolerà nel suo aspetto.
Dentro dal ciel de la divina pace
si gira un corpo ne la cui virtute
l'esser di tutto suo contento giace.
Lo ciel seguente, c'ha tante vedute,
quell'esser parte per diverse essenze,
da lui distratte e da lui contenute.
Li altri giron per varie differenze
le distinzion che dentro da sé hanno
dispongono a lor fine e lor semenze.
Questi organi del mondo così vanno,
come tu vedi omai, di grado in grado,
che di sù prendono e di sotto fanno.
Riguarda bene omai sì com'io vado
per questo loco al vero che disiri,
sì che poi sappi sol tener lo guado.
Lo moto e la virtù d'i santi giri,
come dal fabbro l'arte del martello,
da' beati motori convien che spiri;
e 'l ciel cui tanti lumi fanno bello,
de la mente profonda che lui volve
prende l'image e fassene suggello.
E come l'alma dentro a vostra polve
per differenti membra e conformate
a diverse potenze si risolve,
così l'intelligenza sua bontate
multiplicata per le stelle spiega,
girando sé sovra sua unitate.
Virtù diversa fa diversa lega
col prezïoso corpo ch'ella avviva,
nel qual, sì come vita in voi, si lega.
Per la natura lieta onde deriva,
la virtù mista per lo corpo luce
come letizia per pupilla viva.
Da essa vien ciò che da luce a luce
par differente, non da denso e raro;
essa è formal principio che produce,
conforme a sua bontà, lo turbo e 'l chiaro.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=69","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"139-141","from":22219.0,"to":22224.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Virgil. En. VI, 126 ssg.:\n\n — — facilis descensus Averno est<\/i>, \n Noctes atque dies patet atri janua {Dit}is<\/i>: \t\n Sed revocare gradum, superasque evadere ad auras<\/i>, \n Hocc' opus, hic labor est.<\/i> \n\n Larga \u00e8 la porta, e spaziosa la via che mena alla perdizione.<\/i>\n Matt. VII, 13.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Virgil. En. VI, 126 ssg.:\r\n\r\n                  — — facilis descensus Averno est<\/i>, \r\n     Noctes atque dies patet atri janua {Dit}is<\/i>: \t\r\n     Sed revocare gradum, superasque evadere ad auras<\/i>,      \r\n     Hocc' opus, hic labor est.<\/i>  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI, 126-129","NotaFonte":"","TestoFonte":"facilis descensus Averno;
noctes atque dies patet atri ianua Ditis;
sed revocare gradum superasque evadere ad auras,
hoc opus, hic labor est. ","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+6.126&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"20","from":4135.0,"to":4137.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Virgilio a Catone\n(Purg.<\/i>, I, 68):\n\n Dell'alto scende virt\u00f9, che m'aiuta\n Conducerlo (Dante);\n\ne a Sordello (Purg.<\/i>, VII, 24; cf. III, 58):\n\n Virt\u00f9 del Ciel mi mosse, e con lei vegno\n\nCon Chirone, reputato tra' dotti, Virgilio non impero (come fece\ncon Caronte, con Minosse, con Pluto e con Flegias), ma usa parole\nquasi di preghiera; per\u00f2 la vernice della parola non fa nella\nsostanza differire qui il senso implicito da quello de' luoghi\nora accennati; \u00e8 differente solo la forma. — Selvaggia\nstrada<\/b>, difficile, aspra; e di qui ha luce e il selvaggia<\/b> e il\nselvaggio<\/i><\/b> dell'Inf.<\/i>, I, 5 e 93. — Un de' tuoi<\/i><\/b> Centauri, \nde' quali Chirone si scorge cos\u00ec ch'era il capo. — A pruovo<\/b>;\nessere a pruovo<\/i><\/b> il Boccaccio spiega per essere allato<\/i>; e tal\nforma alcuni derivano dal latino ad prope<\/i>; il Giannini osserv\u00f2\nche vive tuttora nel popolo genovese; certo vive nel dial. \nLombardo; il senso \u00e8: danne un Centauro che ci sia di scorta\nsicura (cf. v. 100), alle cui pedate terrem dietro. — Ne\ndimostri l\u00e0<\/i><\/b> ecc., che ne insegni il luogo della fossa del\nsangue, dov'\u00e8 il guado o passaggio. — E che porti costui<\/b>\necc., perch\u00e8 il sangue essendo bollente (v. 101), Dante si\nsarebbe cotto i piedi, non essendo egli spirito da poter volare.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Per quella virtù<\/b> ecc. Virgilio a Catone (Purg.<\/i>, I, 68): Dell'alto scende virtù, che m'aiuta Conducerlo (Dante); e a Sordello (Purg.<\/i>, VII, 24; cf. III, 58): Virtù del Ciel mi mosse, e con lei vegno","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. I, 68-69","NotaFonte":"","TestoFonte":"de l'alto scende virtù che m'aiuta
conducerlo a vederti e a udirti. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=35","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"91-96","from":11091.0,"to":11094.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Virgilio dice che Caco vomitava fiamme\ndalle fauci (En.<\/i> VIII 251 sgg.); e Dante trasforma cotesto\nparticolare con maggior conformit\u00e0 alle credenze medievali\nimaginando un dragone, che addossato alle spalle di Caco abbrucia\nqualunque persona o cosa s'imbatta in lui; cfr. Moore, I 175.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","FrammentoNota":"
Virgilio dice che Caco vomitava fiamme dalle fauci (En.<\/i> VIII 251 sgg.); e Dante trasforma cotesto particolare con maggior conformità alle credenze medievali imaginando un dragone, che addossato alle spalle di Caco abbrucia qualunque persona o cosa s'imbatta in lui; cfr. Moore, I 175<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VIII, 251-255","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ille autem, neque enim fuga iam super ulla pericli,
faucibus ingentem fumum (mirabile dictu)
evomit involvitque domum caligine caeca,
prospectum eripiens oculis, glomeratque sub antro
fumiferam noctem commixtis igne tenebris.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D8%3Acard%3D219","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"23","from":23788.0,"to":23790.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Virgilio nell'Eneide fa che\nla Sibilla conducitrice di Enea all'Inferno acquietasse Cerbero\ncon gettar lui a mangiare un pasticcio sonnifero\n\n Melle soporatam, et medicatis frugibus offam<\/i>\n Obtulit<\/i> \n [Lib. VI, 420].\n\nPer qual motivo adunque fa qu\u00ec Dante da Virgilio acquietarsi\nCerbero con della terra? Vorrebb'egli per avventura redarguire\ntacitamente la gentilesca persuasione di Virgilio, che si\npotessero dagli uomini i demoni ingannare, e nel tempo stesso far\ncapire che la umilt\u00e0, intesa per la terra<\/b> [Humus autem terra\nest, a qua humilis<\/i><\/b>: dice Niccol\u00f2 Perotti Cornucop.<\/i> epigr. 10\nart. Humus<\/i>, e confermano tutti gli etimologisti], sia lo scudo\npi\u00f9 valevole contro quelli spiriti superbi? O vuol forse\nsignificare, che l'umana carne, di cui Cerbero era bramoso, non \u00e8\nin sostanza altro che terra? — bramose canne<\/i><\/b>, fameliche gole.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Virgilio nell'Eneide<\/em> fa che la Sibilla conducitrice di Enea all'Inferno acquietasse Cerbero con gettar lui a mangiare un pasticcio sonnifero\r\n     Melle soporatam, et medicatis frugibus offam<\/i>\r\n     Obtulit<\/i> .\r\nPer qual motivo adunque fa quì Dante da Virgilio acquietarsi Cerbero con della terra?  Vorrebb'egli per avventura redarguire tacitamente la gentilesca persuasione di Virgilio, che si  potessero dagli uomini i demoni ingannare, e nel tempo stesso far capire che la umiltà, intesa per la terra<\/b>, sia lo scudo più valevole contro quelli spiriti superbi?  O vuol forse significare, che l'umana carne, di cui Cerbero era bramoso, non è in sostanza altro che terra?<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI 420-421","NotaFonte":"","TestoFonte":"melle soporatam et medicatis frugibus offam
obicit.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:6.417-6.425","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"26-27","from":5146.0,"to":5149.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"Virgilio precedeva\nqui nel cammino (Inf.<\/i>, XIV, 140); ora, questo volgersi, non\naltro significa che si rivolse colla testa, pur continuando il\ncammino; in su la destra<\/b>, «parte pi\u00f9 fausta, dice il Tommaseo;\nil Poeta ha sempre riguardo a questi accenni.» \u00c8 vero, in\ngenerale; ma nel luogo presente, chi bene osservi, questo\nvolgersi perde la ragione della sua faustit\u00e0, e non \u00e8 determinato\nche da semplice pulitezza; ed ecco perch\u00e8: i Poeti, lasciato\nCapaneo, procedettero oltre, sempre tenendo li piedi stretti al\nbosco<\/i><\/b> (Inf.<\/i>, XIV, 74-75); si noti che il loro cammino, \npartendo da Capaneo, essendo a sinistra, ne viene che a sinistra\navessero la selva, e a destra lo spazzo della rena infocata. \nGiungono finalmente a quel punto della selva, di dove spicciava\nfuori<\/i> il Flegetonte (ivi, 76); e, s'intende, senza varcarlo, si\nmettono sur uno de' suoi margini (Inf.<\/i>, XV, 1), che dunque non\npoteva essere che la sponda destra di quel fiumicello<\/i>: da ci\u00f2 \u00e8\nchiaro che i Poeti avevano alla lor sinistra la corrente del\nFlegetonte, a seconda del quale andavano, e alla destra avevano\nla rena infocata, e perci\u00f2 Brunetto. Virgilio volendo volgere\nun'occhiata a Dante per meglio stampargli nella mente le sue\nparole d'encomio, si volge in su la gota destra<\/i><\/b>, non tanto\nperch\u00e8 parte pi\u00f9 fausta<\/i><\/b>, quanto per non volgere il dosso al\npovero dannato, e non mostrarsi sgarbato ad uomo di tanto valore\ne merito quanto ne pot\u00e8 capire dalle parole di Dante. Sono\nsottigliezze? molti il diranno. — Bene ascolta chi lo nota<\/b>:\nascolta non invano chi si tiene a mente le cose, e sa giovarsene\nall'uopo, in che \u00e8 riposta la vera sapienza: \u00e8 quasi un riflesso\ndell'altro punto del Poema (Purg.<\/i>, V, 41-42):\n\n non fa scienza, \n Senza lo ritenere, aver inteso.\n\nE nel Conv.<\/i>, IV, 27: Inf.<\/i>, X, 127), di tenersi cio\u00e8 bene a mente la udita\npredizione (come intendono quasi tutti i commentatori), perch\u00e8 in\ntal caso gliela avrebbe fatta non appena Brunetto fin\u00ec di\nparlare; ma Virgilio (penso col Blanc, coll'Andreoli e col\nCasini) vuole esprimere il suo compiacimento per le franche\nparole dell'alunno sulla Fortuna, parole che sono come una\nriproduzione d'un passo dell'Eneide<\/i> (V, 710), e che Dante\nmostr\u00f2 cos\u00ec non solo d'aver ben capito, ma anche d'esserselo\nstampato ben bene nella memoria; \u00e8 il passo \u00e8:\n\n Quidquid erit, superanda omnis fortuna ferendo est.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Virgilio precedeva qui nel cammino (Inf.<\/i>, XIV, 140); ora, questo volgersi, non altro significa che si rivolse colla testa, pur continuando il cammino; in su la destra<\/b>, «parte più fausta, dice il Tommaseo; il Poeta ha sempre riguardo a questi accenni.»  È vero, in generale; ma nel luogo presente, chi bene osservi, questo volgersi perde la ragione della sua faustità, e non è determinato che da semplice pulitezza; ed ecco perchè: i Poeti, lasciato Capaneo, procedettero oltre, sempre tenendo li piedi stretti al bosco<\/i> (Inf.<\/i>, XIV, 74-75); si noti che il loro cammino, partendo da Capaneo, essendo a sinistra, ne viene che a sinistra avessero la selva, e a destra lo spazzo della rena infocata. Giungono finalmente a quel punto della selva, di dove spicciava fuori<\/i> il Flegetonte (ivi, 76); e, s'intende, senza varcarlo, si mettono sur uno de' suoi margini (Inf.<\/i>, XV, 1), che dunque non poteva essere che la sponda destra di quel fiumicello<\/i>: da ciò è chiaro che i Poeti avevano alla lor sinistra la corrente del Flegetonte, a seconda del quale andavano, e alla destra avevano la rena infocata, e perciò Brunetto.  Virgilio volendo volgere un'occhiata a Dante per meglio stampargli nella mente le sue parole d'encomio, si volge in su la gota destra<\/b>, non tanto perchè parte più fausta<\/i>, quanto per non volgere il dosso al povero dannato, e non mostrarsi sgarbato ad uomo di tanto valore e merito quanto ne potè capire dalle parole di Dante.  Sono sottigliezze? molti il diranno.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIV, 140","NotaFonte":"","TestoFonte":"dal bosco; fa che di retro a me vegne","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=14","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97-99","from":14275.0,"to":14297.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Virgilio s'incammina e Dante lo\nsegue, simile all'adolescente che entra ne la selva erronea di\nquesta vita<\/i> e non saprebbe tenere lo buono cammino, se da li\nsuoi maggiori non li fosse mostrato<\/i> (Conv.<\/i>, IV, xxiv, 12).\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Virgilio s'incammina e Dante lo\r\nsegue, simile all'adolescente che entra ne la selva erronea di\r\nquesta vita<\/i> e non saprebbe tenere lo buono cammino, se da li\r\nsuoi maggiori non li fosse mostrato<\/i> (Conv.<\/i>, IV, xxiv, 12).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xxiv, 12","NotaFonte":"","TestoFonte":"È dunque da sapere che, sì come quello che mai non fosse stato in una cittade, non saprebbe tenere le vie sanza insegnamento di colui che l'hae usata; così l'adolescente che entra nella selva erronea di questa vita, non saprebbe tenere lo buono cammino, se dalli suoi maggiori non li fosse mostrato. Né lo mostrare varrebbe, se alli loro comandamenti non fosse obediente: e però fu a questa etade necessaria la obedienza. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=74&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"136","from":985.0,"to":988.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Virgilio, vedendo Dante vinto\ndalla stanchezza, lo ammonisce che cotali fatiche deve sostenere\nl'uomo desideroso d'acquistare la gloria, dicendogli: Ormai\nbisogna che tu sia operoso, perch\u00e9 vivendo nell'ozio e dormendo\nnon si acquista la fama, e chi muore senza averla conseguita non\nlascia di s\u00e9 alcuna durevole memoria.  L'ammoninento di Virgilio\nrichiama al pensiero le parole d'Orazio, Epist.<\/i> II iii 412:\n«Qui studet optatam cursu contingere metam Multa tulit fecitque\npuer, sudavit et alsit».  tu cos\u00ed ti spoltre<\/b>:  tu ti spoltrisca\ncon simili eserciz\u00ee faticosi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","FrammentoNota":"
L'ammoninento di Virgilio richiama al pensiero le parole d'Orazio, Epist.<\/i> II iii 412: «Qui studet optatam cursu contingere metam Multa tulit fecitque puer, sudavit et alsit».<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q703985","LuogoFonte":"412-413","NotaFonte":"","TestoFonte":"qui studet optatam cursu contingere metam, 
multa tulit fecitque puer, sudavit et alsit, ","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus:text:1999.02.0064:card=391&highlight=optatam%2Ccursu","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"46","from":22843.0,"to":22845.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Ars poetica"}, {"Annotazione":"Virgilio: perifrasi di quel\nsavio gentil che tutto seppe<\/i>, del precedente canto v. 3.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Virgilio: perifrasi di quel savio gentil che tutto seppe<\/i>, del precedente canto v. 3.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"e quel savio gentil, che tutto seppe,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":6773.0,"to":6778.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"Visconte di Altaforte in\nGuascogna; trovatore (a giudizio dello stesso Dante, Vulg.\nEloq.) eccellente, e guerriero famoso.  Veemente del pari\nnell'odio e nell'amore, fu accanito eccitator di discordie e\nribellioni nella famiglia di Errico II d'Inghilterra, alla cui\ncorona apparteneva in quel tempo la Guascogna.  — Quelli<\/b>,\nquegli: e cos\u00ec elli<\/i> per egli.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Bertram dal Bornio.<\/b> Visconte di Altaforte in Guascogna; trovatore (a giudizio dello stesso Dante, Vulg. Eloq.) eccellente, e guerriero famoso.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18081","LuogoFonte":"De Vulgari Eloquentia II, ii, 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"Circa que sola, si bene recolimus, illustres viros invenimus vulgariter poetasse; scilicet Bertramum de Bornio<\/strong>, arma; Arnaldum Danielem, amorem; Gerardum de Bornello, rectitudinem; Cinum Pistoriensem, amorem; amicum eius, rectitudinem. Bertramus etenim ait: Non posc mudar c'un cantar non exparja<\/i><\/strong>. Arnaldus: L'aura amara<\/i> - fal bruol brancuz<\/i> – clarir<\/i>. Gerardus: Per solaz reveillar Che s'es trop endormitz<\/i>. Cinus: Digno sono eo de morte<\/i>. Amicus eius: Doglia mi reca nello core ardire<\/i>.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_VE&pb=21&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"134","from":27707.0,"to":27710.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"De vulgari eloquentia"},
{"Annotazione":"Voce greca, che propriamente vale\nvestimento che dalla cintura discende alle ginocchia.  Dante\nprobabilmente la tolse dalla Bibbia.  Gen III, 7: «Consuerunt\nfolia ficus, et fecerunt sibi perizomata.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Perizoma.<\/b> Voce greca, che propriamente vale vestimento che dalla cintura discende alle ginocchia. Dante probabilmente la tolse dalla Bibbia. Gen III, 7: «Consuerunt folia ficus, et fecerunt sibi perizomata.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"Genesi III, 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et aperti sunt oculi amborum. Cumque cognovissent esse se nudos, consuerunt folia ficus et fecerunt sibi perizomata<\/strong>.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61","from":30292.0,"to":30293.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"Volendo Dante dire\nche, come il lume del vicino e non ancor veduto Sole, fa in terra\ndagli occhi nostri svanire il lume delle stelle, cos\u00ec il lume\ndella vicina e non ancor veduta gloria divina fecegli svanire\ndagli occhi il lume degli angeli che in quel cielo vedeva, entra\nnel vaghissimo paragone commemorando quanto dal luogo nostro,\nallorch\u00e8 c'incominciano a sparire le stelle, lontano sia il luogo\na cui il Sole sta nel meriggio; e quale nel medesimo tempo sia\nrispetto a noi la posizione del cono ombroso della terra.  La\ndistanza che, dal luogo onde spariscono le stelle al luogo dov'\u00e8\nmezzogiorno, dice di forse sem\u00ecla miglia<\/b>, corrisponde a un\ndipresso alla comune supposizione che giri la terra 21600 miglia,\nin ragione cio\u00e8 di miglia 60 per ogni grado [Dalla medesima\nsupposizione non si dilunga gran fatto neppur ci\u00f2 che il medesimo\nDante nel Convito<\/i> stabilisce, che da Roma al luogo sottoposto\nperpendicolarmente al polo Artico sia spazio quasi di duemila\nsecento miglia, o poco dal pi\u00f9 al meno.<\/i>  Tratt. 3 cap. 5]: \nimperocch\u00e8, quando dalla banda orientale in luogo da noi distante\nla quarta parte del terrestre giro, cio\u00e8 miglia 5400, \u00e8 il\nmezzogiorno, allora nasce a noi il Sole: dunque dal luogo dove il\nSole fa il mezzogiorno al luogo onde vediam noi i primi alb\u00f2ri\ndee essere un numero di miglia che s'accosti al sem\u00ecla<\/i><\/b>, e\nperci\u00f2 bene accompagnato col forse.<\/b>  Che poi questo mondo<\/b>,\nquesto terraqueo globo, chini gi\u00e0 l'ombra<\/b>, l'ombroso cono, che\nnella parte al Sole opposta produce, quasi al letto piano<\/b>,\nquasi alla orizzontale linea del luogo a cui incominciano le\nstelle a disparire, la \u00e8 cosa che per intendersi altro non\nabbisogna che l'intelligenza de' termini.  — ci ferve l'ora\nsesta<\/b>: la particella ci<\/b> o significa lo stesso che vi<\/i><\/b>, o vi\nsta per semplice ornamento: ferve l'ora sesta<\/i><\/b> vale scalda il\nmezzogiorno<\/i>, giusta la praticata dagli antichi divisione del\ngiorno civile sempre in dodici ore — cielo a noi profondo<\/b>, per\ncielo a noi alto<\/i><\/b>, cio\u00e8 sopra di noi<\/i>; alla maniera Latina,\ncolla quale scrisse Virgilio Deum namque ire per omnes\nTerrasque, tractusque maris, caelumque profundum<\/i> [Georg.<\/i> IV,\n220].  — alcuna stella Perde 'l parere infino a questo fondo<\/i><\/b>,\nalcuna stella cessa di apparire, di farsi come prima vedere,\ninfin quaggi\u00f9 in terra.  Dice alcuna<\/b>, imperocch\u00e8 ai primi\nalb\u00f2ri non tutte le stelle spariscono, ma solamente quelle di\nlume pi\u00f9 fievole.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dalla medesima supposizione non si dilunga gran fatto neppur ciò che il medesimo Dante nel Convito<\/i> stabilisce, che da Roma al luogo sottoposto perpendicolarmente al polo Artico sia spazio quasi di duemila secento miglia, o poco dal più al meno.<\/i>  Tratt. 3 cap. 5<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"III v 9","NotaFonte":"L'edizione del Convivio usata da Lombardi (in Prose, e rime liriche di Dante Alighieri, to. V, parte prima, Venezia, Antonio Zatta, 1760, p. 154) legge \"duemila secento miglia\".","TestoFonte":"E credo che da Roma a questo luogo, andando diritto per tramontana, sia spazio quasi di dumilia settecento miglia, o poco dal più al meno.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=38&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-6","from":29338.0,"to":29381.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"Volendo il poeta\nlodare nelle Romane femmine l'astinenza dal vino, come nel\nseguente terzetto fa, previene un'opposizione che poteva farsi\nlui dall'aver Maria Vergine nelle nozze di Cana mosso Ges\u00f9 Cristo\na provedere prodigiosamente del vino; e per\u00f2 dice, che non alla\nsua bocca pensava, ma a fare che non ne avessero gli sposi\ndisonore: e di fatto non disse vinum non habemus<\/i>, ma vinum non\nhabent<\/i> [Ioan.<\/i> 2 v. 3] — orrevoli<\/b> per onorevoli.<\/i><\/b>  Vedi ci\u00f2\nch'\u00e8 detto di questa voce Inf. IV, 72.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Volendo il poeta lodare nelle Romane femmine l'astinenza dal vino, come nel seguente terzetto fa, previene un'opposizione che poteva farsi lui dall'aver Maria Vergine nelle nozze di Cana mosso Gesù Cristo a provedere prodigiosamente del vino; e però dice, che non alla sua bocca pensava, ma a fare che non ne avessero gli sposi disonore: e di fatto non disse vinum non habemus<\/i>, ma vinum non  habent<\/i> [Ioan.<\/i> 2 v. 3] <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"II 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et deficiente vino, dicit mater Iesu ad eum: “ Vinum non habent ”. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"142-144","from":22533.0,"to":22536.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"Vuol dire, che anteriore\nalla morte sar\u00e0 in lui il desiderio di morire, per cagione delle\nproprie disavventure, e della patria: ed essere col volere alla\nriva<\/b>, in vece di desiderar la morte<\/i>, dee, mi pare, dire\nallusivamente al portarsi in morte le anime, che sono per passare\nal Purgatorio, alla riva del mare dove l'acqua di Tevere\ns'insala<\/i> [Vedi 'l canto II della presente cantica v. 100 e\nsegg.], per esservi dall'angelo nocchiero traggittate.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vuol dire, che anteriore alla morte sarà in lui il desiderio di morire, per cagione delle proprie disavventure, e della patria: ed essere col volere alla riva<\/b>, in vece di desiderar la morte<\/i>, dee, mi pare, dire allusivamente al portarsi in morte le anime, che sono per passare al Purgatorio, alla riva del mare dove l'acqua di Tevere s'insala<\/i> [Vedi 'l canto II della presente cantica v. 100 e segg.], per esservi dall'angelo nocchiero traggittate.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. II 100-103","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ond'io, ch'era ora a la marina vòlto
dove l'acqua di Tevero s'insala,
benignamente fu' da lui ricolto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=36","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"77-78","from":24142.0,"to":24146.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Vuol il Poeta in persona\ndi s. Pietro vituperar l'avarizia e la superbia di Bonifazio\nOttavo, il qual sedea nel tempo ch'egli finge questa sua\nperegrinazione [Che nell'anno 1300 in cui finge Dante di aver\nfatto questo suo misterioso viaggio, sedesse nella Cattedra di s.\nPietro Bonifazio VIII \u00e8 noto per la storia, e per quello che\nDante medesimo accenna Inf. XIX, 53 e segg.]. Dice adunque,\nQuegli<\/b>, cio\u00e8, Bonifazio, il qual usurpa<\/b>, ingiustamente\npossiede, e tiene in terra il mio luogo del sommo Pontificato: e\nper mostrar maggiore indegnazione replica tre volte, s\u00ec come per\nlo arrossire mostr\u00f2 esser acceso di giustissima ira; il che \u00e8\nlecito ad ogni modesta persona: onde \u00e8 scritto, irascimini, et\nnolite peccare.<\/i> Vellutello. — Che vaca Nella presenza del\nFigliuol di Dio<\/i><\/b>; perch\u00e8 quanto a Cristo, la sedia Apostolica\nvaca ogni volta sempre che ella \u00e8 indegnamente posseduta da mali\nPastori, non avendo accetto il servigio loro, avvegnach\u00e8 non li\ntolga l'autorit\u00e0 che diede prima a s. Pietro; come n\u00e8 ancor al\nmal Sacerdote di poter consacrare. Lo stesso.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Che nell'anno 1300 in cui finge Dante di aver fatto questo suo misterioso viaggio, sedesse nella Cattedra di s. Pietro Bonifazio VIII è noto per la storia, e per quello che Dante medesimo accenna Inf. XIX, 53 e segg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIX 53-57","NotaFonte":"","TestoFonte":"se' tu già costì ritto, Bonifazio?
Di parecchi anni mi mentì lo scritto.
Se' tu sì tosto di quell'aver sazio
per lo qual non temesti tòrre a 'nganno
la bella donna, e poi di farne strazio?\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=19","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"22-24","from":26504.0,"to":26527.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Vuole Dante coll'immagine di questa\nsognata femmina darci un'idea di ci\u00f2 che fa l'uomo dedito ai tre\nvizi, che in seguito si purgano, dell'avarizia, gola, e lussuria:\ncio\u00e8 che, essendo gli obbietti di questi vizi di sua natura\ndeformi e spregevoli, l'uomo colla sciocca sua apprensione ed\naffezione se gli fa sembrare vaghi e pregiabili. — balba<\/b>,\nbalbettante nel suo parlare, scilinguata.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vuole Dante coll'immagine di questa sognata femmina darci un'idea di ciò che fa l'uomo dedito ai tre vizi, che in seguito si purgano, dell'avarizia, gola, e lussuria<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIII 61-75","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ed elli a me: \"De l'etterno consiglio
cade vertù ne l'acqua e ne la pianta
rimasa dietro, ond'io sì m'assottiglio.
Tutta esta gente che piangendo canta
per seguitar la gola oltra misura,
in fame e 'n sete qui si rifà santa.
Di bere e di mangiar n'accende cura
l'odor ch'esce del pomo e de lo sprazzo
che si distende su per sua verdura.
E non pur una volta, questo spazzo
girando, si rinfresca nostra pena:
io dico pena, e dovrìa dir sollazzo,
ché quella voglia a li alberi ci mena
che menò Cristo lieto a dire \"Elì\",
quando ne liberò con la sua vena\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=57","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":18538.0,"to":18540.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"Vuole il Venturi qu\u00ec\ncontrastare alla comune spiegazione degl'interpreti, che il\nmaggior dolore prolungasse in Ugolino l'effetto dell'inedia, la\nmorte: perch\u00e8<\/i> [dice] io anzi stimo che, caeteris paribus,\nmorirebbe pi\u00f9 presto chi insieme fosse trafitto dal dolore e\nafflizione d'animo, e consumato dalla fame, che chi avesse a\nmorire di sola fame.<\/i> Se lo stimi pur egli: a noi baster\u00e0 saper\nda Galeno, che la fame nuoce disseccando [Comment. 2 in\nAphorism. Hippocr.<\/i>], e che la tristezza ritiene e concentra gli\numori [Nel 4 de sanitate tuenda<\/i>]: chiara essendone quindi la\nconseguenza, che dee la tristezza ritardare l'effetto\ndell'inedia.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
A noi basterà saper da Galeno, che la fame nuoce disseccando [Comment. 2 in Aphorism. Hippocr.<\/i>], e che la tristezza ritiene e concentra gli  umori [Nel 4 de sanitate tuenda<\/i>]: chiara essendone quindi la conseguenza, che dee la tristezza ritardare l'effetto dell'inedia.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8778","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/in-aphorismos-hippocratis-commentaria","LuogoFonte":"II 16","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nam, quum diceret molli carne praeditos, in fame habere oportere, siquidem corpus fames siccaret<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/claudiigaleniin00tollgoog\/page\/140\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"75","from":32484.0,"to":32489.0,"NomeAutore":"Galeno","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"[di<\/b> per da<\/i> [Cinonio Partic.<\/i>\n80, 4]] mandato da Dio — ancider\u00e0<\/i><\/b>, per abbatter\u00e0<\/i><\/b> e\ndistrugger\u00e0<\/i> — la fuia<\/b>, la rea donna, detta nel precedente\ncanto [Vers. 148 e segg.].  Forse [avverte il Venturi] volea\nDante qu\u00ec dir furia<\/i><\/b>, e gli ha fatto dir fuia<\/i><\/b> la rima.  Main\u00f2,\ndico io: egli \u00e8 fuio<\/i> un'aggettivo adoprato per reo<\/i> non solo\ndal poeta nostro altrove per entro la Commedia, ma anche in prosa\nda altri antichi.  Vedi l'annotazione al canto XII dell'Inferno\nv. 90  — e quel gigante<\/b> ec. il gigante altres\u00ec detto nel\nprecedente canto v. 152 e segg.  — delinque<\/b>, preso, dal Latino\ndelinquere<\/i><\/b>, d'onde comunemente dicesi da tutti gli Italiani\ndelinquente.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Fuio<\/i> un'aggettivo adoprato per reo<\/i> non solo dal poeta nostro altrove per entro la Commedia, ma anche in prosa da altri antichi.  Vedi l'annotazione al canto XII dell'Inferno v. 90<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII 90","NotaFonte":"","TestoFonte":"non è ladron, né io anima fuia.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=12","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"44-45","from":33348.0,"to":33351.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"[predon<\/b> in vece di predoni<\/i>\ndice per apocope].  Guastatore<\/i>, chiosa il Volpi, chi d\u00e0 il\nguasto alle campagne<\/i>; troppo per\u00f2 limitatamente: imperocch\u00e8\ncorrisponde al Latino vasto<\/i>, e vastator<\/i> che non solo delle\ncampagne, ma delle citt\u00e0 e delle di lei parti si dicono: Troiae\nvastator Achilles<\/i> [Stat. Achill.<\/i> 2]: vastare omnia ferro et\nincendiis<\/i> [Cic. I in Catil.<\/i><\/b>].  Guastatori<\/i><\/b>, dice bene il\nDaniello, corrisponde a quel ruine e incendi<\/i> {v.36}: e predon<\/b>\na quell'altro tollette<\/i><\/b> [come anch'esso legge invece di\ncollette<\/i> {v.36}] dannose<\/i> {v.36}.  Si diversifica poi il\nguastatore<\/i> dal predone<\/i>, che il guastatore non intende ad\naltro che a distruggere, e 'l predone ad appropriarsi l'altrui\nroba; e l'uno e l'altro per\u00f2 con aperta violenza, e non con\nocculta frode, come fa il ladro.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Guastatore<\/i><\/strong>, chiosa il Volpi, chi dà il guasto alle campagne<\/i>; troppo però limitatamente: imperocchè corrisponde al Latino vasto<\/i>, e vastator<\/i> che non solo delle campagne, ma delle città e delle di lei parti si dicono: Troiae vastator Achilles<\/i> [Stat. Achill.<\/i> 2]: vastare omnia ferro et incendiis<\/i> [Cic. I in Catil.<\/i>].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q243203","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q302029","LuogoFonte":"II 32","NotaFonte":"","TestoFonte":"‘tene,’ inquit, ‘magnae vastator debite Troiae,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1020.phi003.perseus-lat1:2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"38","from":9881.0,"to":9884.0,"NomeAutore":"Publio Papinio Stazio","TitoloFonte":"Achilleide"},
{"Annotazione":"[veste<\/b> dovrebbe qu\u00ec\nessere plurale di vesta<\/i>, come preziose veste<\/i> scrive anche il\nBoccaccio [Amet.<\/i> 21]], verdi erano nelle vestimenta.  Modo\npoetico vago<\/i>, nota il Venturi, l'attribuire agli angeli\nquell'aggiunto, che converrebbe alle vesti<\/i><\/b>  — Verdi come<\/i><\/b> ec.\ndi un fresco verde, come quello delle picciole foglie pur mo<\/b>,\nsolamente adesso, recentemente, spuntate dalla terra o dagli\nalberi — da verdi penne<\/b>, dalle verdi ale.  Il verde \u00e8 colore\nche s'appropria alla speranza, e ad un tale appropriamento par\nche alluda il Poeta stesso in quel verso Mentre che la speranza\nha fior del verde<\/i> [Purg. III, 135]: il verde adunque\ndell'angeliche vesti ed ali dovrebbe mirare a confortar la\nsperanza di quelle anime — percosse e ventilate<\/i><\/b>, mosse, ed\nall'aria sparte — traean dietro<\/b> la Nidob., tra\u00e8n dietro<\/i><\/b>\nl'altr'edizioni.  Questo trarsi gli angeli dietro le sparse e\nventilate vesti accenna la velocit\u00e0 del volo.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
da verdi penne<\/b>, dalle verdi ale.  Il verde è colore che s'appropria alla speranza, e ad un tale appropriamento par che alluda il Poeta stesso in quel verso Mentre che la speranza ha fior del verde<\/i> [Purg. III, 135]: il verde adunque dell'angeliche vesti ed ali dovrebbe mirare a confortar la speranza di quelle anime<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. III 135","NotaFonte":"","TestoFonte":"mentre che la speranza ha fior del verde.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=37","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"28-30","from":7233.0,"to":7251.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"[duo<\/i> l'edizione della Crusca e le\nseguaci] vecchi<\/i> ec.  Son Luca e Paolo; e dinotano il libro\ndegli atti degli Apostoli scritto dal primo, e quel dell'epistole\ndal secondo scritte.  Rosa Morando.  — in abito dispari<\/b>,\npoich\u00e8 s. Luca veniva in abito di medico [qual esser egli stato\nattesta s. Paolo Colos.<\/i><\/b> 4], e come fosse uno dei discepoli\nd'Ippocrate, l'arte del quale \u00e8 di curar gli uomini, e mantenerli\nin vita; e Paolo veniva con la spada, la quale \u00e8 istrumento da\ntor la vita.  Landino  — Ma pari in atto, ognuno onesto e sodo<\/i><\/b>\ncos\u00ec la Nidobeatina ed alcuni mss. veduti dagli Accademici della\nCrusca, Ma pari in atto ed onestato, e sodo<\/i>, tutte l'altre\nedizioni.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
in abito dispari<\/b>, poichè s. Luca veniva in abito di medico [qual esser egli stato attesta s. Paolo Colos.<\/i> 4]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131095","LuogoFonte":"IV 14","NotaFonte":"","TestoFonte":"Salutat vos Lucas, medicus carissimus. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-colossenses_lt.html#4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"134","from":29764.0,"to":29766.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera ai Colossesi"},
{"Annotazione":"[e fu<\/i>' l'edizioni diverse\ndalla Nidobeatina] chiamato Marco.<\/b>  Fu questo Marco, come tutti\ngli espositori asseriscono, un nobile Veneziano, amico del poeta\nnostro, uomo di gran valore, e molto pratico delle corti, ma\nfacile all'ira: e per\u00f2 Lombardo<\/b> dee qu\u00ec, come nell'Inf. XXVII,\n20, valere lo stesso che Italiano.<\/i><\/b>  Vedi la nota al detto verso\ndell'Inf.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Lombardo<\/b> dee quì, come nell'Inf. XXVII, 20, valere lo stesso che Italiano.<\/i> <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVII 20","NotaFonte":"","TestoFonte":"la voce e che parlavi mo lombardo,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=27","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46","from":15686.0,"to":15692.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"[fu'<\/i> leggono l'edizioni diverse\ndalla Nidob.] ribellante<\/b> ec.  Dovendo questo andar d'accordo\ncon quell'altro, che lo stesso Virgilio dice\n\n     ....... per null'altro rio<\/i><\/b>\n     Lo ciel perdei, che per non aver f\u00e8<\/i>\n             [Purgat. VII v. 7 e segg.]\n\nfa di mestieri che ribellante alla divina legge<\/i> vaglia qu\u00ec lo\nstesso che alieno dalla vera fede<\/i>: da quella fede cio\u00e8 nel\nventuro Messia, che Dante con tutti i teologi [Vedi Pietro\nLombardo lib. 2 dist. 25] pone essere stata in ogni tempo\nnecessaria per conseguire l'eterna beatitudine; e per\u00f2 del\nParadiso parlando dice\n\n     ...... a questo regno<\/i>\n     Non sal\u00ec mai chi non credette in Cristo<\/i>,\n     N\u00e8 pria, n\u00e8 poi, ch'el si chiavasse al legno<\/i>\n             [Parad. XIX v. 103 e segg.].\n\nE per lo stesso motivo divide in Paradiso l'umano beato genere in\ndue classi: in una riponendo quei, che credettero in Cristo\nventuro<\/i> [Parad. XXXII v. 24], e nell'altra quei, che a Cristo\nvenuto ebber li visi<\/i> [Ivi v. 27].\n\n\tOltre di cotale mancanza di fede, altra positiva ed assai\npi\u00f9 grande reit\u00e0 cadrebbe in Virgilio, ed in tutti que' gentili\neroi, che fa lui Dante essere nel Limbo compagni [Vedi 'l canto\nIV della presente cantica v. 31 e segg.] se, come volgarmente\nsi pensa, credere si dovesse che tutto il gentilesimo infetto\nfosse di politeismo<\/i>, o sia di credenza in pi\u00f9 Dei.  Dante per\u00f2\ndovette aver letto ci\u00f2 che nel sesto libro della sua storia\nscrive Paolo Orosio [quell'Orosio che la comune degli espositori\nchiosa dal medesimo Dante Par. X, 119 e seg. inteso nella\npersona dell'avvocato de' tempi cristiani, del cui latino\nAgostin si provvide<\/i>]: Pagani, quos iam declarata veritas de\ncontumacia magis, quam de ignorantia convincit, quum a nobis\ndiscutiuntur, non se plures Deos sequi, sed sub uno Deo Magno\nplures ministros venerari fatentur<\/i>; e come, anche prima di\nOrosio, dimostrati aveva conoscitori di un solo Iddio tutti i\ngentili filosofi Minuzio Felice nel suo dialogo Octavius<\/i>,\nscrivendo non aver essi in realt\u00e0 fatto altro che Deum unum\nmultis designare nominibus<\/i>; e pi\u00f9 di tutti assolvendo dal\npoliteismo Virgilio, per quelle di lui formole al politeismo del\ntutto opposte,\n\n     ..... Deum namque ire per omnes<\/i>\n     Terrasque, tractusque maris, caelumque profundum<\/i>\n            [Georg.<\/i> III, v. 221].\n\n     ...... O qui res hominumque Deumque<\/i>\n     Aeternis regis imperiis, & fulmine terres<\/i>\n            [Aeneid.<\/i> I v. 233]\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dovendo questo andar d'accordo con quell'altro, che lo stesso Virgilio dice\r\n     ....... per null'altro rio<\/i>\r\n     Lo ciel perdei, che per non aver fè<\/i>\r\n             [Purgat. VII v. 7 e segg.]\r\nfa di mestieri che ribellante alla divina legge<\/i> vaglia quì lo stesso che alieno dalla vera fede<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VII 7-8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Io son Virgilio; e per null'altro rio 
lo ciel perdei che per non aver fé","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=41&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"125","from":898.0,"to":906.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"[\u00e8<\/i> l'edizioni diverse dalla Nidobeatina]\nfatto a se pi\u00f9 pio<\/b>: mi ha mosso pi\u00f9 a piet\u00e0 per quest'altra\npena accidentale, che ha di essere invendicato per codard\u00eca di\nquei di nostra casa: piet\u00e0 poco lodevole, anzi degna di stare in\nuna di quelle bolge. Il Landino spiega, pi\u00f9 pietoso verso gli\nuccisori di Geri, per il dispetto con cui l'aveva fuggito, e\nminacciato, senza degnarsi di parlargli: ma non vedo come a tal\nsentimento si possa accordare il testo, che chiaramente dice pio\na se<\/b>: non ai suoi uccisori. Cos\u00ec 'l Venturi da se solo critica\nDante, ed unito al Vellutello critica il Landino. Ma, addimando\nio, e perch\u00e8 fa Dante che Virgilio distolgalo dal vedere e\nparlare con Geri? Non potrebb'egli volere indicarne, ch'era\nquella sua piet\u00e0<\/i><\/b> una disordinata passione, e ch'era offizio\ndella ragione intesa per Virgilio, d'allontanarlo da ci\u00f2 che\npoteva la passione accrescere? L'ira certamente, che per comune\ndefinizione est inordinatus appetitus vindictae<\/i>, puniscela\nDante stesso Inf. cant. VII e VIII e nel XII punisce la vendetta\npresa da Guido di Monforte contro un cugino dell'uccisore del\npadre suo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
perchè fa Dante che Virgilio distolgalo dal vedere e parlare con Geri?  Non potrebb'egli volere indicarne, ch'era quella sua pietà<\/i> una disordinata passione, e ch'era offizio della ragione intesa per Virgilio, d'allontanarlo da ciò che poteva la passione accrescere?  L'ira certamente, che per comune definizione est inordinatus appetitus vindictae<\/i>, puniscela Dante stesso Inf. cant. VII e VIII e nel XII punisce la vendetta presa da Guido di Monforte contro un cugino dell'uccisore del padre suo.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/quaestiones-disputatae-de-malo","LuogoFonte":"XII i 14","NotaFonte":"","TestoFonte":"Praeterea, quicumque usurpat sibi quod Dei est, peccat. Sed quicumque irascitur, usurpat sibi vindictam, quae competit soli Deo, secundum illud Deut., XXXII, 35: mihi vindicta<\/i> ira enim est appetitus vindictae, ut philosophus dicit. Ergo quicumque irascitur, peccat.","UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/qdm08.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"36","from":28026.0,"to":28029.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"[Anastagio l'edizione della Crusca e le\nseguaci] Papa guardo, lo qual trasse<\/b> ec.  De eo<\/i> [avvisa\nNatale Alessandro di questo Papa Anastasio, che \u00e8 il secondo, e\nnon il quarto, come sbaglia il Daniello] scribit libri\npontificalis auctor<\/i> [Anastasio Bibliotecario.  Vedilo nel num.\nLI] multos clericos eius communionem eiurasse, quod inconsultis\nEpiscopis et Clero, Photino Thessalonicensis ecclesiae diacono\ncommunicasset, qui communionis Acacii retinentissimus erat; et\nquod Acacium clandestinis consiliis revocare decrevisset.  Quam\nob caussam divinitus percussus est.  Sed hanc fabulam diserte\nrefellit Annalium ecclesiasticorum parens<\/i> [Hist. eccl. saec. 5\ncap. I art. II]  — della via dritta<\/i><\/b> [della<\/b> per dalla<\/i><\/b>]\ndalla retta fede.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Anastasio Bibliotecario.  Vedilo nel num. LI<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q309061","LuogoFonte":"LII","NotaFonte":"Nella moderna ed. critica di E. Duchesne, vol. I, p. 258, la biografia di papa Anastasio II \u00e8 la numero LII, non LI. ","TestoFonte":"ANASTASIUS, natione Romanus, ex patre Petro, de regione V caput Tauri, sedit ann. I m. XI d. XXIIII. Fuit autem temporibus Theodorici regis. Hic fecit confessionem beati Laurenti martyris ex argento, pens. Il lib. LXXX. Eodem tempore multi clerici et presbiteri se a communione ipsius erigerunt, eo quod communicasset sine consilio presbiterorum vel episcoporum vel clericorum cunctae ecclesiae catholicae diacono Thesalonicense, nomine Fotino, qui communis erat Acacio et quia voluit occulte revocare Acacium et non potuit. Qui nutu divino percussus est. Hic fecit ordinationem I in urbe Roma per mens. decemb., presbiteros XII; episcopos per diversa loca XVI. Qui etiam sepultus est in basilica beati Petri apostoli, XIII kal. decemb. Et cessavit episcopatus dies IIII","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/duchesne01\/page\/n548\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"8-9","from":9662.0,"to":9663.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":"Liber Pontificalis"},
{"Annotazione":"[Di] questo Folo parla\nStazio nel terzo libro del Thebaidos<\/i>; elli dice, che\nconciofossecosach\u00e8 lo indovino Amfiarao rapportasse a Polinice,\ne alli VII Re che assediavano Tebe, che Appollo Deo li aveva dato\nrisponso, che non era sicuro andare a questa guerra, Folo pien\nd'ira rispuose ad Amfiarao: Noi non dovemo temere li detti delli\nDii, ma andare virilmente contra li nemici; noi avemo forza, e\narmi.  Per le quali parole appare come fu furioso, e ch'elli si\ncus\u00f2e sufficiente in tutte le cose che bisognavano a vincere il\nnemico suo.  Folo, uomo soldato e uomo d'arme, \u00e8 per\u00f2 messo tra'\nCentauri.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"L'Ottimo Commento 1333","FrammentoNota":"
[Di] questo Folo parla\r\nStazio nel terzo libro del Thebaidos<\/i>; elli dice, che\r\nconciofossecosachè lo indovino Amfiarao rapportasse a Polinice,\r\ne alli VII Re che assediavano Tebe, che Appollo Deo li aveva dato\r\nrisponso, che non era sicuro andare a questa guerra, Folo pien\r\nd'ira rispuose ad Amfiarao: Noi non dovemo temere li detti delli\r\nDii, ma andare virilmente contra li nemici; noi avemo forza, e\r\narmi.  Per le quali parole appare come fu furioso, e ch'elli si\r\ncusòe sufficiente in tutte le cose che bisognavano a vincere il\r\nnemico suo.  Folo, uomo soldato e uomo d'arme, è però messo tra'\r\nCentauri.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q243203","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2708117","LuogoFonte":"III, 604-618","NotaFonte":"L'Ottimo cade qui in errore, perch\u00e9 Folo non compare nella scena menzionata: Anfiarao viene infatti apostrofato da Capaneo.","TestoFonte":"Vnus ut e siluis Pholoes habitator opacae
Inter et Aetnaeos aequus consurgere fratres,
Ante fores, ubi turba ducum uulgique frementis,
Amphiarae, tuas 'quae tanta ignauia' clamat,
'Inachidae uosque o socio de sanguine Achiui?
Vnius (heu pudeat!) plebeia ad limina ciuis
Tot ferro accinctae gentes animisque paratae
Pendemus? non si ipse cauo sub uertice Cirrhae
(Quisquis is est, timidis famaeque ita uisus) Apollo
Mugiat insano penitus seclusus in antro,
Expectare queam dum pallida uirgo tremendas
Nuntiet ambages. uirtus mihi numen et ensis
Quem teneo! iamque hic timida cum fraude sacerdos
Exeat, aut hodie, uolucrum quae tanta potestas,
Experiar.' ","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=STAT%7Ctheb%7C003","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"72","from":10950.0,"to":10954.0,"NomeAutore":"Publio Papinio Stazio","TitoloFonte":"Tebaide"}, {"Annotazione":"[che standosi affatto\nspartata dalle altr'anime], cos\u00ec la Nidobeatina a pi\u00f9 chiaro\nsenso del che a posta, sola soletta<\/i>, che leggono\nl'altr'edizioni. Era questa, come in appresso dir\u00e0, l'anima di\nSordello Mantovano uomo per testimonianza di Dante medesimo\n[Eloqu. Ital.<\/i> lib. 1 cap. 15] assai letterato: e dee perci\u00f2 nel\ncollocarlo cos\u00ec appartato e solo, aver voluto accennare, o amica\ndegli studi la solitudine, ovvero la scarsezza degli uomini pari\na Sordello in que' suoi tempi — tosta<\/b> per breve.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Era questa, come in appresso dirà, l'anima di Sordello Mantovano uomo per testimonianza di Dante medesimo [Eloqu. Ital.<\/i> lib. 1 cap. 15] assai letterato<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18081","LuogoFonte":"I xv 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sordellus de Mantua [...] tantus eloquentie vir existens, non solum in poetando sed quomodocunque loquendo patrium vulgare descruit","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_VE&pb=15&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"58-60","from":5401.0,"to":5405.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"De vulgari eloquentia"},
{"Annotazione":"[chiosa\nil Venturi ciecamente seguendo tutti gli antecedenti spositori]\nfurono spade<\/i>, nelle quali gli oggetti<\/i>, che vi si\nspecchiano<\/i>, torti si veggono e trasformati<\/i>, perch\u00e8 essi\nstirando le Scritture al loro perverso intento<\/i>, al falso ne\nscorrevano<\/i>, stravolgendo il senso vero.<\/i>  Ma~, che hann'egli~,\ndich'io~, a fare le spade collo specchiare~?  L' uso delle spade\n\u00e8 di ferire e troncare~, e non di servire di specchi~; e~, posto\nche Dante avessele volute tirare a quest' uso~, avrebbe dovuto\nper lo meno aggiungervi~, quella che vi aggiunge avvedutamente il\nVolpi~, la forbitezza~, senza della quale non pu\u00f2 un ferro\nservir di specchio.  Main\u00f2~: abbisogna per la retta intelligenza\ndi questo passo accordare al poeta nostro un altro sdrucito\npezzettino<\/i> di erudizione teologico-storica circa l'ardimento~,\nche racconta s.  Girolamo [Prolog.  in septem epistolas\ncanonicas.<\/i>] essersi i mentovati eresiarchi preso di mutilare i\nsacri testi~, e spezialmente di togliere nel capo quinto\ndell'epistola prima di san Giovanni quelle parole Tres sunt qui\ntestimonium dant in coelo<\/i>, Pater<\/i>, Verbum<\/i>, et Spiritus\nsanctus<\/i>; et hi tres unum sunt<\/i>, parole cio\u00e8 diametralmente\nopposte ai loro errori.  A questo modo intenderemo voler Dante\ndire~, che si applicarono costoro alle Scritture sacre~, non come\npenne a comentarle e dichiararle~, ma come spade a mutilarle~, e\ncon tale mutilazione farle apparire approvatrici di quegli\nerrori~, ch'esse condannano.  Faccia torta<\/i> per diformata<\/i>\nadopera il poeta nostro anche Purg. XXIII. 57.  e~, ripetendo\nqu\u00ec nel significato medesimo torti<\/i>, vi contrappone diritti<\/i>\nper ben formati.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
abbisogna per la retta intelligenza di questo passo accordare al poeta nostro un altro sdrucito pezzettino<\/i> di erudizione teologico-storica circa l'ardimento, che racconta s.  Girolamo [Prolog.  in septem epistolas canonicas.<\/i>] essersi i mentovati eresiarchi preso di mutilare i sacri testi, e spezialmente di togliere nel capo quinto dell'epistola prima di san Giovanni quelle parole Tres sunt qui testimonium dant in coelo<\/i>, Pater<\/i>, Verbum<\/i>, et Spiritus sanctus<\/i>; et hi tres unum sunt<\/i>, parole cioè diametralmente opposte ai loro errori.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q44248","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/prologus-epistolarum-canonicarum","LuogoFonte":"","NotaFonte":"PL 29, 0821C-0832A","TestoFonte":"Non idem ordo est apud Graecos, qui integre sapiunt, et fidem rectam sectantur, Epistolarum septem, quae Canonicae nuncupantur, qui in Latinis codicibus invenitur: ut, quia [Mart. quod quia] Petrus primus est in numero apostolorum, primae sint etiam eius Epistolae in ordine caeterarum. (0824A) Sed sicut evangelistas dudum ad veritatis lineam correximus: ita has proprio ordini, Deo nos iuvante, reddidimus. (0825A) Est enim prima earum una Iacobi, Petri duae, Ioannis tres, et Iudae una. (0826A) Quae si, ut ab eis digestae sunt, ita quoque ab interpretibus fideliter in Latinum verterentur eloquium, nec ambiguitatem legentibus facerent, nec sermonum sese varietas impugnaret [Al. varietates impugnarent]: illo praecipue loco ubi de unitate Trinitatis in prima Ioannis Epistola positum legimus. (0829A) In qua etiam ab infidelibus translatoribus multum erratum esse a fidei veritate comperimus: trium tantum vocabula, hoc est, aquae, sanguinis, et spiritus, in sua editione ponentes; et Patris, Verbique, ac Spiritus testimonium omittentes: in quo maxime et fides Catholica roboratur, et Patris et Filii ac Spiritus sancti una divinitatis substantia comprobatur. In caeteris vero Epistolis, quantum a nostra aliorum distet editio, lectoris prudentiae derelinquo. (0832A) Sed tu, virgo Christi Eustochium, dum a me impensius Scripturae veritatem inquiris, meam quodam modo senectutem invidorum dentibus corrodendam exponis; qui me falsarium corruptoremque sanctarum pronuntiant Scripturarum. Sed ego in tali opere nec aemulorum meorum invidentiam pertimesco: nec sanctae Scripturae veritatem poscentibus denegabo.","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=\/&text=7220:1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"128-129","from":13009.0,"to":13022.0,"NomeAutore":"San Girolamo","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"[chiosa il Venturi] voce antica, dice la\nCrusca, e potea dire ancora antichissima, perch\u00e8 v'era a i tempi\ndi Pacuvio, e di Nonnio.<\/i>\n\n\tChe la voce acclino<\/i> [risponde il Rosa Morando] sia\nchiamata voce antica<\/i> dalla Crusca, \u00e8 pretta immaginazion del\ncomentatore: ma se fosse anche vero, l'opposizione non resterebbe\nper questo d'esser puerile e ridicola.  Gran fatto, che per\nquesta benedetta Crusca si debba sempre parlare di frivolezze.\n\n\tAcclino<\/i>, che propriamente significa piegato<\/i> e\npendente<\/i>, s'usa qu\u00ec per inclinato<\/i> e propenso<\/i>, con quella\ntraslazione stessa, con che disse Orazio\n\n     Acclinis falsis animus<\/i> \n      [Lib. 2 sat. 2].\n\n\tIl resto, che qu\u00ec 'l Rosa dottamente soggiunge, vedilo\nriferito in principio dell'opera, sotto il titolo Dello stile di\nDante, elogio<\/i> ec.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Acclino<\/i>, che propriamente significa piegato<\/i> e pendente<\/i>, s'usa quì per inclinato<\/i> e propenso<\/i>, con quella traslazione stessa, con che disse Orazio\r\n     Acclinis falsis animus<\/i> \r\n      [Lib. 2 sat. 2].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1226154","LuogoFonte":"II ii 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"adclinis <\/strong>falsis animus meliora recusat,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0893.phi004.perseus-lat1:2.2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"109","from":755.0,"to":756.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Satire"},
{"Annotazione":"[cio\u00e8 a pi\u00f9 alto luogo\ndi quello ov'era allora, nel quinto cerchio, esempigrazia, canto\nIX v. 58 e segg.] mi sovvenne, tosto ch'io montai, forte<\/b>,\nfortemente, m'avvinse con le braccia, e mi sostenne.<\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
[cioè a più alto luogo di quello ov'era allora, nel quinto cerchio, esempigrazia, canto IX v. 58 e segg.] mi sovvenne, tosto ch'io montai, forte<\/b>, fortemente, m'avvinse con le braccia, e mi sostenne.<\/b><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IX 58-60","NotaFonte":"Lombardi legge \"ad alto forte\"; Petrocchi \"ad altro forse\".","TestoFonte":"Così disse 'l maestro; ed elli stessi
mi volse, e non si tenne a le mie mani,
che con le sue ancor non mi chiudessi.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=9","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-96","from":16143.0,"to":16165.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"[com' \u00e8 detto Infer.\nXII. 77.] appellasi quella tacca~, quell'apertura~, fatta in capo\nalla saetta nella parte opposta alla punta~, in cui entra la\ncorda~, che nel rilasciamento dell'arco spinge la saetta. Qu\u00ec\nper\u00f2 prendesi per tutta la saetta.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Cocca <\/strong>[com' è detto Infer. XII. 77.] appellasi quella tacca, quell'apertura, fatta in capo alla saetta nella parte opposta alla punta, in cui entra la corda, che nel rilasciamento dell'arco spinge la saetta.  Quì però prendesi per tutta la saetta.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII 77","NotaFonte":"","TestoFonte":"Chirón prese uno strale, e con la cocca<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=12","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":7702.0,"to":7709.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"[cos\u00ec legge la\nNidobeatina, meglio dell'altre edizioni, che leggono Iosaff\u00e0<\/i>,\nche non \u00e8 n\u00e8 Ebreo, n\u00e8 Greco, n\u00e8 Latino, n\u00e8 Italiano]; e vuol\ndire, quando torneranno dall'universale giudizio, che per avviso\ndel profeta Gioele [Cap. 3 v. 2] si far\u00e0 nella valle di\nGiosafat.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vuol dire, quando torneranno dall'universale giudizio, che per avviso del profeta Gioele [Cap. 3 v. 2] si farà nella valle di Giosafat<\/strong>.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q45053","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131643","LuogoFonte":"IV 2","NotaFonte":"Il rimando a Gioele III 2 si riferisce alla Vulgata Clementina.","TestoFonte":"congregabo omnes gentes
et deducam eas in vallem Iosaphat","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ioel_lt.html#4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"11","from":8707.0,"to":8712.0,"NomeAutore":"Gioele","TitoloFonte":"Libro di Gioele"}, {"Annotazione":"[da schermare<\/i>, che pure usa Dante\n[Purg. XV, 26]] vale ripara<\/i>, cerca di riparare.<\/i>\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Scherma <\/strong>[da schermare<\/i>, che pure usa Dante [Purg. XV, 26]] vale ripara<\/i>, cerca di riparare.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XV 26","NotaFonte":"","TestoFonte":"schermar lo viso tanto che mi vaglia\",","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=49&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"151","from":6058.0,"to":6059.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"[da Ezzechiello] si diparte.<\/b>  Salvo che il numero delle ali,\nche avevano i quattro detti animali, non era di quattro, come\ndescriveli Ezzechiello, quatuor pennae uni<\/i>, ma di sei, come\ndescriveli s. Giovanni, habebant alas senas.<\/i>  Ma qual'\u00e8 poi la\nragione per cui se la tiene Dante su di questo particolare con s.\nGiovanni, e scostasi da Ezzechiello?  Primasio [ecco com'io la\npenso] il Vescovo discepolo di s. Agostino, comentando\nl'Apocalisse di s. Giovanni Alas senas<\/i> [dice al capo 4]\npropter senarii numeri perfectionem positum arbitror, quia in\nsexta aetate, idest adveniente plenitudine temporum, haec\nApostolus peracta commemorat.<\/i>  A questa interpretazione quadra\nassai bene ch'Ezzechiello non iscorgesse negli animali che\nquattro ali, imperocch\u00e8 la profezia di lui non si estende oltre\nla quarta et\u00e0, oltre cio\u00e8 al termine della sinagoga, e vocazione\ndelle genti: e quadra altres\u00ec, che vedendo Dante essi animali\nnella sesta et\u00e0 nostra, vedesseli con sei ale, come s. Giovanni.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Salvo che il numero delle ali, che avevano i quattro detti animali, non era di quattro, come descriveli Ezzechiello, quatuor pennae uni<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q194064","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q178390","LuogoFonte":"I 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quattuor facies uni et quattuor pennae uni;","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ezechielis_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"104-105","from":29545.0,"to":29561.0,"NomeAutore":"Ezechiele","TitoloFonte":"Libro di Ezechiele"},
{"Annotazione":"[dolce appella\nFarinata questo mondo nostro per rapporto a quello amaro e\ntormentoso ov'egli era] regge<\/b> per reggi<\/i> antitesi a cagion\ndella rima, e vale quanto duri<\/i>, continovi a stare.<\/i>  Del verbo\nreggere<\/i> in questo senso vedine altri esempi nel Vocabolario\ndella Crusca.  Questa se tu mai<\/i> ec. non \u00e8<\/i>, dice il Venturi\nuniformemente al Landino, formola condizionale, ma deprecativa;\ncome sarebbe: dimmelo, se Dio ti aiuti: e il senso \u00e8; cos\u00ec tu nel\ntuo mondo una volta ritorni e rieda; o pure, sii grande, e ne'\nsupremi magistrati comandi, e prego Dio, che tel conceda, se mel\ndici, dimmi.<\/i><\/b>  Regge<\/i><\/b> per riedi<\/i>, ritorni<\/i> spiegano anche il\nDaniello, il Volpi, e 'l Vocabolario della Crusca nel verbo\nreddire<\/i>; e per regni<\/i> e comandi<\/i> spiega il Vellutello pure.\n\n\tMa primieramente tra i molti esempi che abbiamo e dal\nCinonio [Partic.<\/i> 223, 12] e dal Vocab. della Crusca, della\nparticella se<\/b> posta in luogo di cos\u00ec<\/i><\/b> nelle formole\ndeprecative, ad imitazione di quelle Latine sic te Diva potens\nCypri, sic tua Cyrnaeas fugiant examina taxos<\/i> ec., niuno esempio\nsi trova in cui al se<\/i><\/b> aggiungasi il mai<\/i><\/b>, che qu\u00ec se gli\naggiunge: siccome n\u00e8 anche tra i Latini esempi del deprecativo\nsic<\/i> mai gli si trova aggiunto l'umquam<\/i>; che per l'opposto\ntrovasi bene spesso unito al condizionale: si si umquam in\ndicendo fuimus aliquid, si umquam alias fuimus<\/i> ec.\n\n\tPoi regge<\/b> o reggi<\/i><\/b> \u00e8 da riedi<\/i> troppo distante: e\nregge<\/i><\/b> per regnare<\/i><\/b> \u00e8 gi\u00e0 detto nella corrispondente rima: e\nsebbene trovisi aver Dante colla medesima parola al medesimo\nsignificato composte tutte tre le rime [Vedi a cagion d'esempio\nParad. XII, 71 e XXX, 95], mai per\u00f2 non si trova che ne\ncomponesse due solamente.\n\n\tTali difficolt\u00e0 da questa parte incontrandosi: e chiaro\nessendo dall'altro canto che per soddisfare alla richiesta di\nFarinata, non abbisognava altro se non, che reggesse<\/i>, durasse,\nDante tra vivi, non pare che possa, n\u00e8 la particella se<\/b>\nprendersi in altro senso che di condizionale, n\u00e8 il verbo\nreggere<\/i><\/b> in altro senso che di durare.<\/i>\n\n\tChe poi, per ultimo, parli Farinata cos\u00ec, cio\u00e8\ndubitativamente, ci\u00f2 combina con quanto egli stesso poco sotto\ndir\u00e0, che delle cose del mondo, quando s'appressano, o sono<\/i>\n{v.103}, nulla colaggi\u00f9 si sa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Questa se tu mai<\/i> ec. non è<\/i>, dice il Venturi uniformemente al Landino, formola condizionale, ma deprecativa; come sarebbe: dimmelo, se Dio ti aiuti: e il senso è; così tu nel tuo mondo una volta ritorni e rieda; o pure, sii grande, e ne' supremi magistrati comandi, e prego Dio, che tel conceda, se mel dici, dimmi.<\/i> [...]. \r\nMa primieramente tra i molti esempi che abbiamo e dal Cinonio [Partic.<\/i> 223, 12] e dal Vocab. della Crusca, della particella se<\/b> posta in luogo di così<\/i> nelle formole deprecative, ad imitazione di quelle Latine sic te Diva potens Cypri, sic tua Cyrnaeas fugiant examina taxos<\/i> ec., niuno esempio si trova in cui al se<\/b> aggiungasi il mai<\/i>, che quì se gli aggiunge: siccome nè anche tra i Latini esempi del deprecativo sic<\/i> mai gli si trova aggiunto l'umquam<\/i>; che per l'opposto trovasi bene spesso unito al condizionale: si si umquam in dicendo fuimus aliquid, si umquam alias fuimus<\/i> ec.[...] Non pare che possa [...] la particella se <\/b>prendersi in altro senso che di condizionale.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q943884","LuogoFonte":"I iii 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sic te diva potens Cypri","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0024%3Abook%3D1%3Apoem%3D3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"82","from":9212.0,"to":9219.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Odi"},
{"Annotazione":"[frase\npresa dal Latino figere mentem<\/i> [Vedi Roberto Stef. Thesaur.\nling. Lat.<\/i>] per tener la mente attenta, applicata<\/i>] tieni la\nmente attenta appresso agli occhi, — E fa di quegli specchi\nalla<\/b> ec.: e fa che in quegli<\/b>, cio\u00e8 negli occhi, pingasi, quasi\nin ispecchi, la figura che in questo specchio<\/b>, in questo\npianeta [Specchio<\/b> appella il pianeta di Saturno per la ragione\nmedesima che specchio<\/b> appella anche il Sole Purg. IV, 62.  Vedi\nivi per qual ragione], ti apparir\u00e0.  Fa di quegli specchio<\/i><\/b>\nleggono l'altre edizioni, diversamente dalla Nidobeatina e da\nmolti mss. veduti dagli Accademici della Cr.: ma, oltre che\nambedue gli occhi sono specchi realmente, perocch\u00e8 in ciascuno di\nessi pingesi intiera l'immagine del veduto obbietto, serve il\nnumero plurale a togliere la stucchevole uniformit\u00e0 colla voce\nspecchio<\/i><\/b> ripetuta nel seguente verso.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Specchio<\/b> appella il pianeta di Saturno per la ragione medesima che specchio<\/b> appella anche il Sole Purg. IV, 62.  Vedi ivi per qual ragione<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IV 62","NotaFonte":"","TestoFonte":"fossero in compagnia di quello specchio","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=38&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16-18","from":20324.0,"to":20348.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"[gustate] prima<\/b>, poich\u00e8 sarebbe nato nel\nParadiso medesimo e non in Firenze — e pi\u00f9 lunga fiata<\/b>, cio\u00e8\nnon per un momento, come allora gustavale, ma dal suo nascimento\nfino al tempo allora presente, per anni 35 [Vedi la nota al primo\nverso della Commedia].  E poi lunga fiata<\/i>, diversamente dalla\nNidobeatina e da parecchi mss. veduti degli Accademici della\nCrusca leggono le altre edizioni.  Non sembra per\u00f2 che meriti\nquesta lezione di essere a quella preferita.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
e più lunga fiata<\/b>, cioè non per un momento, come allora gustavale, ma dal suo nascimento fino al tempo allora presente, per anni 35 [Vedi la nota al primo verso della Commedia]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nel mezzo del cammin di nostra vita","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"30","from":29024.0,"to":29025.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"[il Latino in vece dell'Italiano\ngrandine<\/i>, che altrove adopra [Vedi per esempio Inf. VI, 10]],\nnon neve, non<\/b> ec.  — pi\u00f9 su cade, che la<\/b> ec. non cade su 'l\nmonte che al di sotto della breve scaletta dei tre gradi, dei tre\nmarmorei gradini posti avanti alla porta del Purgatorio [Purg.\nIX, 76 e segg.]: ed \u00e8 questo come a dire, che dentro dalla porta\ndel Purgatorio nissuna delle dette meteore accadeva.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Più su cade, che la<\/b> ec. non cade su 'l monte che al di sotto della breve scaletta dei tre gradi, dei tre marmorei gradini posti avanti alla porta del Purgatorio [Purg. IX, 76 e segg.]: ed è questo come a dire, che dentro dalla porta del Purgatorio nissuna delle dette meteore accadeva.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IX 76-78","NotaFonte":"","TestoFonte":"vidi una porta, e tre gradi di sotto
per gire ad essa, di color diversi,
e un portier ch'ancor non facea motto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=43&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46-48","from":20924.0,"to":20926.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"[intendi, a predicare<\/i>] verace\nfondamento<\/b>, la dottrina sua, il suo Vangelo: Praedicate\nEvangelium<\/i><\/b>, comand\u00f2 loro [Marc.<\/i> 16].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
[intendi, a predicare<\/i>] verace fondamento<\/b>, la dottrina sua, il suo Vangelo: Praedicate Evangelium<\/i>, comandò loro [Marc.<\/i> 16].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"XVI 15","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et dixit eis: “ Euntes in mundum universum praedicate evangelium omni creaturae. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-marcum_lt.html#16","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"111","from":29098.0,"to":29100.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"[legge la Nidob. meglio che le\ncaligini<\/i> l'altre ediz.] cio\u00e8 il peccato della superbia.  S.\nAgostino [avverte il Daniello] a quelle parole del salmo 101\nQuia defecerunt sicut fumus dies mei<\/i>, comenta, Unde sicut\nfumus, nisi propter elationem superbiae<\/i>?  E poco dopo: Videte\nfumum superbiae similem, ascendentem, tumescentem, vanescentem<\/i>\nec.  Come altrove dice Dante fummo del pantano<\/i> [Inf. VIII, 12]\nin vece di caligine<\/b>, cos\u00ec per lo contrario adopera qu\u00ec\ncaligine<\/b> per fummo di superbia.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
S. Agostino [avverte il Daniello] a quelle parole del salmo 101 Quia defecerunt sicut fumus dies mei<\/i>, comenta, Unde sicut fumus, nisi propter elationem superbiae. <\/i>E poco dopo: Videte fumum superbiae similem, ascendentem, tumescentem, vanescentem <\/i>ec. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Enarrationes_in_psalmos","LuogoFonte":"CI i 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quia defecerunt sicut fumus dies mei.<\/i> O dies! si dies: ubi enim dies auditur, lux intellegitur. Sed defecerunt sicut fumus dies mei. Dies mei,<\/i> tempora mea: unde sicut fumus,<\/i> nisi propter elationem superbiae? [...] Videte fumum superbiae similem, ascendentem, tumescentem, vanescentem: merito ergo deficientem, non utique permanentem.","UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/esposizioni_salmi\/index.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"30","from":10318.0,"to":10320.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"[lo stesso che ucciderammi<\/i>]. \nSono queste le parole di Caino dopo che per invidia ebbe\nammazzato il fratello Abele: omnis qui invenerit me occidet me<\/i>\n[Genes. 4 v. 14], parole atte a rammentare a quelle anime\npurganti l'invidia i tristi effetti di cotale vizio.  Onde queste\ned altre rimproveranti voci si formassero \u00e8 detto nel canto\nprecedente v. 32  — m'apprende<\/i> in luogo di mi prende<\/b> leggono\nl'edizioni diverse dalla Nidobeatina.  Non citando per\u00f2 il\nVocabolario della Crusca del verbo apprendere<\/i><\/b> in senso di\nprendere<\/i> altro che questo stesso certamente mal sicuro esempio\ndi Dante, merita la Nidobeatina lezione d'essere preferita.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sono queste le parole di Caino dopo che per invidia ebbe ammazzato il fratello Abele: omnis qui invenerit me occidet me <\/i>[Genes. 4 v. 14], parole atte a rammentare a quelle anime purganti l'invidia i tristi effetti di cotale vizio.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"IV 14","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ecce eicis me hodie a facie agri, et a facie tua abscondar et ero vagus et profugus in terra; omnis igitur, qui invenerit me, occidet me”. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"133","from":14187.0,"to":14188.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"[nel passato\nverso 55] si registra<\/b>, si nota, si commemora.  Convien dire\n[ecco di nuovo il Venturi], che Dante portasse opinione non poter\nil poeta, senza incorrere un grave fallo nominar se ne' suoi\nversi, apportandone la necessit\u00e0 per discolpa.  Virgilio per\u00f2 suo \nmaestro non v'ebbe scrupolo, e nel fine della Georgica si nomin\u00f2\nfrancamente Illo Virgilium me tempore dulcis alebat Parthenope.<\/i>\n\n\tMa e perch\u00e8 domin convien dire?<\/i>  E non pot\u00e8 Dante,\nquantunque persuasissimo di lecitamente potersi manifestare,\nbramar tacciuto il suo nome per sola modestia?  Pu\u00f2 qui dirsi\ndel Venturi rispetto a Dante quello che disse Dante di se\nmedesimo rispetto a Virgilio [Inf. IX, 14 e segg.]\n\n     . . . . . . . . traeva la parola tronca<\/i>\n     Forse a peggior sentenza, ch'e' non tenne<\/i>;\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Virgilio però suo maestro non v'ebbe scrupolo, e nel fine della Georgica si nominò francamente Illo Virgilium me tempore dulcis alebat Parthenope.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q674439","LuogoFonte":"IV 563-564","NotaFonte":"","TestoFonte":"Illo Vergilium me tempore dulcis alebat
Parthenope studiis florentem ignobilis oti,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi002.perseus-lat1:4.559","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"62-63","from":30317.0,"to":30331.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Georgiche"}, {"Annotazione":"[non il congiuntivo di sofferire<\/i>,\ncome intendelo il Volpi, ma l'indicativo, che meglio si adatta,\ndi sofferare<\/i>, verbo anche da altri antichi Italiani adoprato\n[Vedi 'l Vocab. della Crusca]] congiunto sunt et este<\/b>, [este<\/b>,\nper est<\/i><\/b>, paragoge in grazia della rima], che la medesima divina\nessenza ammette insieme e il plurale sunt<\/i><\/b>, quanto alle persone,\ned il singolare est<\/i>, quanto alla divinit\u00e0. Sunt et este<\/b>\nleggono non solo i testi dell'Aldina, del Vellutello, e Daniello,\nma altri testi manoscritti pi\u00f9 di 40 veduti dagli Accademici\ndella Crusca, e non capisco perch\u00e8 abbiano essi Accademici con\naltri mss. scelto piuttosto di leggere sono et este<\/i><\/b>; che, oltre\nalla discordanza di linguaggio, pu\u00f2 sono<\/i> intendersi o la\npersona prima del singolare, o la terza del plurale e perci\u00f2\ncagionare dell'equivoco.\n\n\tPotea per\u00f2 qu\u00ec<\/i> [dice il Venturi] far Dante la\nprofessione della Fede un po' pi\u00f9 intiera, proponendo\nespressamente la sua ferma credenza del mistero ncora ineffabile\ndella Incarnazione del Verbo Eterno.<\/i>\n\n\tPotea piuttosto, rispondo io, ricordarsi 'l Venturi che,\nprima di devenire a questo dialogo con s. Pietro, aveva gi\u00e0 Dante\nla divinizzata umanit\u00e0 di Ges\u00f9 Cristo cogli occhi propri veduta\n[Cant. preced. v. 28 e segg.], e che perci\u00f2 di tale mistero gi\u00e0\nera in lui cessata la fede, e subentrata la oculare sperienza.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Potea piuttosto, rispondo io, ricordarsi 'l Venturi che, prima di devenire a questo dialogo con s. Pietro, aveva già Dante la divinizzata umanità di Gesù Cristo cogli occhi propri veduta [Cant. preced. v. 28 e segg.], e che perciò di tale mistero già era in lui cessata la fede, e subentrata la oculare sperienza.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXIII 28-30","NotaFonte":"","TestoFonte":"vid'i' sopra migliaia di lucerne
un sol che tutte quante l'accendea,
come fa 'l nostro le viste superne;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=90&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"141","from":24272.0,"to":24274.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"[per dall'<\/i> [Vedi\nCinon. Partic.<\/i> 81, 12]] oriente prima<\/b>, anteriormente al Sole,\nraggi\u00f2 nel monte<\/b>, del Purgatorio, Citerea<\/b>, Venere [la stella]\nantonomasticamente Citerea<\/b> appellata dal culto che quella dea\nriscosse nell'isola Cit\u00e8ra. Nota Dante cotal ora, coincidente\ncoll'aurora, allusivamente all'antica persuasione che i sogni\nfatti in quella parte di tempo sieno veritieri. Vedi ci\u00f2 che\nsopra questo particolare si \u00e8 detto Inf. XXVI, 7 e Pur. IX, 1.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Nota Dante cotal ora, coincidente coll'aurora, allusivamente all'antica persuasione che i sogni fatti in quella parte di tempo sieno veritieri.  Vedi ciò che sopra questo particolare si è detto Inf. XXVI, 7 e Pur. IX, 1. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVI 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma se presso al mattin del ver si sogna,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=26","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-95","from":27429.0,"to":27442.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"[per dapi<\/i>, antitesi in grazia della rima]\nappella Ie spirituali delizie del Paradiso: metafora con cui\nanche s. Ambrogio del beato comprensore cant\u00f2 Dapes supernas\nobtinet<\/i> [Nell'Inno Iesu corona celsior<\/i>, che canta la Chiesa\nnell'offizio de' confessori non pontefici].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
metafora con cui anche s. Ambrogio del beato comprensore cantò Dapes supernas obtinet<\/i> [Nell'Inno Iesu corona celsior<\/i>, che canta la Chiesa nell'offizio de' confessori non pontefici].<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/hymni-s-ambrosio-attributi","LuogoFonte":"LXXIX 24","NotaFonte":"Cfr. Migne, PL 17 col. 1220","TestoFonte":"Dapes supernas obtinet","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/patrologiaecurs131migngoog\/page\/n634\/mode\/1up?q=dapes","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"43","from":22626.0,"to":22627.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"[per pastori<\/i>] si accorse<\/b>\nec.  Risguarda questo parlar di Dante a quel passo\ndell'Apocalisse, ove dice l'Angelo all'Evangelista s. Giovanni:\nVeni, ostendam tibi damnationem meretricis magnae, quae sedet\nsuper aquas multas, cum qua fornicati sunt reges terrae .....\nhabentem capita septem et cornua decem<\/i><\/b> [Cap. 17].  Sembrato\ncio\u00e8 essendo al Poeta, forse per avere gli occhi di ghibellinesco\natro umore viziati, che si prostituisse ai regi la pastorale\nPontificia dignit\u00e0, massimamente in Bonifacio VIII, ed in\nClemente V [Vedi Purgat. XXXII 149 e quella nota], pretende\nperci\u00f2 avere il Vangelista san Giovanni riconosciuto figurarsi\ncotale prostituzione in quella della riferita meretrice.  —\nquae sedet super aquas multas, idest<\/i> [chiosa Tirino] quae\npraesidet, et imperat multis populis, instar aquae paullatim\ndilabentibus, et sibi invicem succedentibus.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Risguarda questo parlar di Dante a quel passo dell'Apocalisse, ove dice l'Angelo all'Evangelista s. Giovanni: Veni, ostendam tibi damnationem meretricis magnae, quae sedet super aquas multas, cum qua fornicati sunt reges terrae ..... habentem capita septem et cornua decem<\/i> [Cap. 17].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","LuogoFonte":"XVII 1-3","NotaFonte":"","TestoFonte":"1 Et venit unus de septem angelis, qui habebant septem phialas, et locutus est mecum dicens: “ Veni, ostendam tibi damnationem meretricis magnae, quae sedet super aquas multas,
2 cum qua fornicati sunt reges terrae, et inebriati sunt, qui inhabitant terram, de vino prostitutionis eius ”.
3 Et abstulit me in desertum in spiritu. Et vidi mulierem sedentem super bestiam coccineam, plenam nominibus blasphemiae, habentem capita septem et cornua decem.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#17","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"106-108","from":18225.0,"to":18228.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"}, {"Annotazione":"[pronunzia in grazia della rima\npodesta<\/b> senz'accento acuto sull'a<\/i>, come dai Latini\npronunziasi potestas<\/i>]. La podest\u00e0 grande, colla quale dice il\nVangelo [Lucae<\/i> 21 v. 27], che verr\u00e0 Ges\u00f9 Cristo a giudicare\nil mondo, fa qu\u00ec Dante metonimicamente da Virgilio porsi in luogo\ndi Ges\u00f9 Cristo medesimo: e la sar\u00e0 veramente podest\u00e0 ai dannati\nnimica<\/i><\/b>, cio\u00e8 contraria e odiosa. — lor nimica pod\u00e8sta<\/i><\/b>\nleggono l'edizioni diverse dalla Nidob.: ma essendo pur lo stesso\nVirgilio tra i morti nell'ira di Dio<\/i> [Inf. III, 122] quadra\nmeglio che parli secondo la Nidobeatina.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La podestà <\/strong>grande, colla quale dice il Vangelo, che verrà Gesù Cristo a giudicare il mondo, fa quì Dante metonimicamente da Virgilio porsi in luogo di Gesù Cristo medesimo: e la sarà veramente podestà ai dannati nimica<\/b>, cioè contraria e odiosa.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","LuogoFonte":"XXI 27","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et tunc videbunt Filium hominis venientem in nube cum potestate et gloria magna.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html#21","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"96","from":5676.0,"to":5679.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"},
{"Annotazione":"[risponde al Venturi il Rosa Morando], giacch\u00e8\nsi dee discendere a' primi rudimenti della Grammatica, viene dal\nverbo requiescere<\/i>, ed \u00e8 pura voce Latina.  Se si fosse detto\nrequiavi<\/i>, oh allora si che poteasi asserire Dante con\ndesinenza Latina<\/i> averlo usato da requiare.<\/i>  Fa meraviglia, che\nil comentatore ignori ci\u00f2 che i fanciulli non ignorano.\n\n\tPer giustificazione poi di cotal mistione di linguaggi,\nagli esempi d'altri Italiani, divisati gi\u00e0 dal Volpi al Canto I\ndell'Inf. v. 65 v'aggiunge qu\u00ec 'l Rosa il costume pur de' Latini\nd'inserire ne' loro componimenti voci Greche.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per giustificazione poi di cotal mistione di linguaggi, agli esempi d'altri Italiani, divisati già dal Volpi al Canto I dell'Inf. v. 65<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 65","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"miserere di me\", gridai a lui,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97-98","from":671.0,"to":672.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"[risponde al Venturi il sig. Rosa Morando] si\ntrover\u00e0 nella Crusca, quando si sappia ridurre alla sua radice. \nLa sua radice \u00e8 capere<\/i>, e al verbo capere<\/i> si vedr\u00e0 citato\nquesto stesso verso del poeta nostro, insieme con quell'altro di\nFazio degli Uberti tanti ne furo allora morti e catti<\/i>, cio\u00e8\nfatti prigioni.  Non men del predetto [Cant. preced. v. 118]\naderire<\/i> e addrizzare<\/i> \u00e8 giocondo e bizzarro il dubbio del\ncatturare.<\/i>  Chi se l'avrebbe pensato mai?  Licenza Dantesca<\/i>,\nlicenza pi\u00f9 che bestiale.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Catto <\/strong>[risponde al Venturi il sig. Rosa Morando] si troverà nella Crusca, quando si sappia ridurre alla sua radice.  [...].  Non men del predetto [Cant. preced. v. 118] aderire<\/i> e addrizzare<\/i> è giocondo e bizzarro il dubbio del  catturare<\/i>.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XIX 118","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sì come l'occhio nostro non s'aderse","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=53","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"87","from":20144.0,"to":20145.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"[s'appoggiano, si sostengono]\ntutte l'altre rocce<\/i>, tutte le altre ripe degl'infernali cerchi. \nCome ogni ripa inferiore sosteneva quelle sopra di se, servendo\nloro come di barbacane; cos\u00ec il muro o ripa, che dir si voglia,\ndel presente pozzo, essendo a tutte l'altre ripe inferiore,\nserviva a tutte loro di appoggio.  Della voce roccia<\/i> vedi Inf.\nVII, 6.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Della voce roccia<\/i> <\/strong>vedi Inf. VII, 6.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"non ci torrà lo scender questa roccia","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=7&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"3","from":30927.0,"to":30931.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"[si tace, e dee intendersi\nprecedere a queste patole un senonch\u00e8<\/i> od altra simile\navversativa particella] Bonifazio VIII.  — Farisei nuovi<\/b>\nchiama Dante i Prelati viziosi de' suoi tempi.  Volpi.  Viziosi\nessendo i Prelati della santa chiesa bene loro sta il nome di\nnuovi Farisei<\/b>, perocch\u00e8 appunto secondo l'avviso di Ges\u00f9\nCristo: Super cathedram Moysi sederunt scribae et Pharisaei,\nquaecumque dixerint vobis servate et facite: secundum opera vero\neorum nolite facere<\/i><\/b> [Matth.<\/i> 23, 2].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Viziosi essendo i Prelati della santa chiesa bene loro sta il nome di nuovi Farisei<\/b>, perocchè appunto secondo l'avviso di Gesù Cristo: Super cathedram Moysi sederunt scribae et Pharisaei, quaecumque dixerint vobis servate et facite: secundum opera vero eorum nolite facere<\/i> [Matth.<\/i> 23, 2].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XXIII 2-3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Super cathedram Moysis sederunt scribae et pharisaei.
Omnia ergo, quaecumque dixerint vobis, facite et servate; secundum opera vero eorum nolite facere: dicunt enim et non faciunt.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#23","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"85","from":26389.0,"to":26391.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"}, {"Annotazione":"[sincope di furono<\/i>] risguarda le gi\u00e0\ncreate, e son<\/b> risguarda le anime degli uomini che si creano da\nDio di mano in mano che si hanno ad infondere ne' corpi: secondo\nch'\u00e8 detto nella nota al canto I della presente cantica v. 73.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Furo<\/strong> [sincope di furono<\/i>] risguarda le già create, e son<\/b> risguarda le anime degli uomini che si creano da Dio di mano in mano che si hanno ad infondere ne' corpi: secondo ch'è detto nella nota al canto I della presente cantica v. 73.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. I 73","NotaFonte":"","TestoFonte":"S'i' era sol di me quel che creasti","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=68&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"24","from":28759.0,"to":28760.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"[vale quanto saravvi<\/i> [Della\nparticella gli<\/b> al senso di vi<\/i><\/b> od ivi<\/i>, vedi Cinon. Partic.<\/i>\n118, 2]], sar\u00e0 ivi, in terra con gli altri<\/i><\/b> corpi tanto<\/b>, fino\na tanto, che il numero di noi eletti cresciuto sia a quel segno\nche ha Iddio abeterno stabilito; cio\u00e8 fino all'universale\nGiudizio, quando ciascuno Ripiglier\u00e0 sua carne e sua figura.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
fino all'universale Giudizio, quando ciascuno Ripiglierà sua carne e sua figura.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VI 98","NotaFonte":"","TestoFonte":"ripiglierà sua carne e sua figura,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=6","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"124-126","from":25267.0,"to":25268.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"a Pluto.  Labbia<\/b>,\nfaccia, aspetto, spiega il Vocabolario della Crusca con molti\nesempi alla mano, non di Dante solamente, ma d'altri autori —\nenfiata<\/b>, per superba<\/i> ed altera<\/i>, chiosano il Landino e 'l\nVellutello, allusivamente ad essere Pluto dio delle ricchezze, ed\nall'alteriggia, che sogliono queste produrre in chi le possiede. \nA me per\u00f2 parrebbe meglio d'intendere col Daniello enfiata<\/i><\/b> per\nisbuffante<\/i><\/b> dalla colera; a norma di quel d'Orazio Quid caussae\nest, merito quin illis Iupiter ambas Iratus buccas inflet<\/i>\n[Sorm.<\/i> lib. I sat. 1].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
A me però parrebbe meglio d'intendere col Daniello enfiata<\/b> per isbuffante<\/i> dalla colera; a norma di quel d'Orazio Quid caussae est, merito quin illis Iupiter ambas Iratus buccas inflet <\/i>[Serm.<\/i> lib. I sat. 1].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1226154","LuogoFonte":"I i 20-21","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quid causae est, merito quin illis Iupiter ambas 
Iratus buccas inflet.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0893.phi004.perseus-lat1:1.1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":5845.0,"to":5852.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Satire"}, {"Annotazione":"a Virgilio che tutto\nseppe<\/i>, com'\u00e8 detto nel v. 3 del canto precedente; perch\u00e9 in lui\nsi personifica la ragione umana che vede fin dove videro gli\nantichi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
a Virgilio che tutto\r\nseppe<\/i>, com'è detto nel v. 3 del canto precedente; perché in lui\r\nsi personifica la ragione umana che vede fin dove videro gli\r\nantichi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII, 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"e quel savio gentil, che tutto seppe,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":6772.0,"to":6778.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"a cui sembra tardi, sembra che non\ngli rimanga pi\u00f9 tempo.  Cos\u00ec il Vocabolario della Crusca [Al\nverbo tardare<\/i> {paragraph.} 2]; e ne adduce in conferma\nquell'altro passo pur di Dante Inf. IX, 9.  Oh quanto tarda a\nme, ch'altri qu\u00ec giunga<\/i>!  Il medesimo Vocabolario per\u00f2 ne reca\nesempio del verbo tardare<\/i> in significato di esser tardi<\/i>; e\nsembra, che al medesimo significato qui pure adattare si possa:\nA cui \u00e8 tardo il veder quel, che<\/i> ec.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Cui tarda<\/strong> a cui sembra tardi, sembra che non gli rimanga più tempo.  Così il Vocabolario della Crusca [Al verbo tardare<\/i> {paragraph.} 2]; e ne adduce in conferma quell'altro passo pur di Dante Inf. IX, 9. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IX 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"Oh quanto tarda a me ch'altri qui giunga!\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=9","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25-26","from":19512.0,"to":19514.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"a cui tutto\nquaggi\u00f9 ubbidisce — fuorch\u00e8 i dimon duri<\/b> [demoni ostinati],\nch'all'entrar della porta<\/b> [della citt\u00e0 di Dite, nella qual\nerano i due poeti] incontro uscinci<\/b>, ci uscinno, per uscirono. \nVedi 'l contrasto co' demoni nel passato canto VIII v. 115 e\nsegg.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
fuorchè i dimon duri<\/b> [demoni ostinati], ch'all'entrar della porta<\/b> [della città di Dite, nella qual erano i due poeti] incontro uscinci<\/b>, ci uscinno, per uscirono.  Vedi 'l contrasto co' demoni nel passato canto VIII v. 115 e segg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VIII 115-117","NotaFonte":"","TestoFonte":"Chiuser le porte que' nostri avversari
nel petto al mio segnor, che fuor rimase
e rivolsesi a me con passi rari.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=8","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"43-45","from":12829.0,"to":12834.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"a lui ti riserba, ti differisci,\ncome nel XVIII del Purgatorio disse da indi in l\u00e0 t'aspetta pure\na Beatrice<\/i> [Vers. 47 e seg.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
a lui ti riserba, ti differisci, come nel XVIII del Purgatorio disse da indi in là t'aspetta pure a Beatrice<\/i> [Vers. 47 e seg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVIII 47-48","NotaFonte":"","TestoFonte":"da indi in là t'aspetta
pur a Beatrice","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=52&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"88","from":16808.0,"to":16812.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"a parlare a noi. Di noi<\/i> per a\nnoi<\/i> sono pi\u00f9 esempi in Dante (Purg., VII, 38; XXXI, 136) ed\nin altri antichi citati dal Manuzzi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
a parlare a noi.  Di noi<\/i> per a noi<\/i> sono più esempi in Dante (Purg., VII, 38; XXXI, 136)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VII, 38","NotaFonte":"","TestoFonte":"dà noi per che venir possiam più tosto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=41","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"81","from":4550.0,"to":4553.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"a quella parte, dove c'\u00e8 lo\nscoglio che via face<\/i> (v. 111).  — Miei<\/b>, dipendenti, \nsottoposti.  — Se ne sciorina<\/i><\/b>; sciorinare<\/i><\/b> dicesi\npropriamente de' panni, che si spiegano all'aria.  Il Tommaseo:\n«La roba tuffata sciorinasi; cos\u00ec gli immersi nella pece, a\nsollievo se ne levano all'aria.»  Qui ha il senso preciso dello\nsvellersi<\/i>, che notammo altrove (Inf.<\/i>, XII, 74); cio\u00e8 uscir\nfuori per averne refrigerio.  — Non saranno rei<\/b>, non vi\nrecheranno nocumento o molestia, saranno persone dabbene;\npromessa fallace, che poscia, per ispacciarla meglio, riconferma\n(v. 125); il che poi vuole anche dire che l'altro scheggio<\/i><\/b> o\nponte (vv. 125-126) non ci essendo (termine imposto fino al quale\ndovevano esser salvi), il furfante lasciava a' suoi eletti mano\nlibera di fare dei Poeti ogni mal governo.  Nel Conv.<\/i>, III, 6, \nparla degli Angeli rei<\/i> e della loro malizia.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Se ne sciorina<\/b>; sciorinare<\/i> dicesi propriamente de' panni, che si spiegano all'aria.  Il Tommaseo: «La roba tuffata sciorinasi; così gli immersi nella pece, a sollievo se ne levano all'aria.»  Qui ha il senso preciso dello svellersi<\/i>, che notammo altrove (Inf.<\/i>, XII, 74); cioè uscir fuori per averne refrigerio.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII, 74","NotaFonte":"","TestoFonte":"saettando qual anima si svelle","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=12","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115-117","from":20172.0,"to":20174.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"a scuotersi; ed a far\nmormorio: e tale scuotimento e mormorio era cagionato\ndall'avviamento che prendevano per uscire dalla fiamma le parole\ndi Ulisse.  Vedi il v. 13 e segg. del canto seguente, che quel\npasso d\u00e0 lume a questo, e questo a quello.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
tale scuotimento e mormorio era cagionato dall'avviamento che prendevano per uscire dalla fiamma le parole di Ulisse.  Vedi il v. 13 e segg. del canto seguente, che quel passo dà lume a questo, e questo a quello.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVII 13-15","NotaFonte":"","TestoFonte":"così, per non aver via né forame
dal principio nel foco, in suo linguaggio
si convertïan le parole grame.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=27","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"86","from":25371.0,"to":25374.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"a s\u00e8 al luogo donde m'avea\npinto tra le sepolture (v. 38). — Avaccio<\/b> (onde avacciare<\/i> e\navacciarsi<\/i> Purg.<\/i>, IV, 116; VI, 27), presto, con fretta, tosto\n(cf. Inf.<\/i>, XXXIII, 106; Par.<\/i>, XVI, 70); la dicono voce\nantiquata, ma il Tommaseo afferma che s'usa tuttavia in certi\npaesi di Toscana. Si vegga eguale domanda e consimile risposta\nnell'Inf.<\/i>, XV, 111 e segg.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Avaccio<\/b> (onde avacciare<\/i> e avacciarsi<\/i> Purg.<\/i>, IV, 116; VI, 27), presto, con fretta, tosto (cf. Inf.<\/i>, XXXIII, 106; Par.<\/i>, XVI, 70)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IV, 116","NotaFonte":"","TestoFonte":"che m'avacciava un poco ancor la lena","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=38","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115-117","from":9456.0,"to":9458.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"abbaia per ira, agugna, ossia\nappetisce avidamente, per ingordigia.  Sono in esso gli estremi\ndell'appetito «che irascibile e concupiscibile si chiama»\n(Conv.<\/i>, IV, xxvi, 6).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
abbaia per ira, agugna, ossia\r\nappetisce avidamente, per ingordigia.  Sono in esso gli estremi\r\ndell'appetito «che irascibile e concupiscibile si chiama»\r\n(Conv.<\/i>, IV, xxvi, 6).\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xxvi, 5-6","NotaFonte":"","TestoFonte":"Questo appetito mai altro non fa che cacciare e fuggire; e qualunque ora esso caccia quello che e quanto si conviene, e fugge quello che e quanto si conviene, l'uomo è nelli termini della sua perfezione. Veramente questo appetito conviene essere cavalcato dalla ragione; ché sì come uno sciolto cavallo, quanto ch'ello sia di natura nobile, per sé, sanza lo buono cavalcatore, bene non si conduce, così questo appetito, che irascibile e concupiscibile si chiama, quanto ch'ello sia nobile, alla ragione obedire conviene, la quale guida quello con freno e con isproni, come buono cavaliere. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=76&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"28","from":5161.0,"to":5168.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"abbandonossi al pendio alla\nsupina, sdrucciolando con le reni gi\u00f9 per la ripa che chiude\n(tura<\/b>) dal lato esterno la bolgia seguente.  — Si diede.<\/b> \nLocuzione tolta da' Latini: Virgilio: «Dat sese fluvio.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Si diede.<\/b> Locuzione tolta da' Latini: Virgilio: «Dat sese fluvio.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis XI, 565","NotaFonte":"","TestoFonte":"dat sese fluvio<\/strong> atque hastam cum virgine victor","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D11%3Acard%3D557","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"44-45","from":21737.0,"to":21740.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"abbassando la fronte per\nvergogna.  «Dico che per vergogna io intendo tre passioni\nnecessarie al fondamento de la nostra vita buona: l'una si \u00e8\nstupore<\/i>, l'altra si \u00e8 pudore<\/i>, la terza si \u00e8 verecundia<\/i>... \nLo stupore<\/i> \u00e8 uno stordimento d'animo per grandi e maravigliose\ncose vedere o udire o per alcuno modo sentire» (Conv.<\/i>, IV, xxv,\n4-5).  Cfr. Barbi, Problemi di cr. dantesca<\/i>, pag. 202; Firenze,\nSansoni, 1934.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
abbassando la fronte per\r\nvergogna.  «Dico che per vergogna io intendo tre passioni\r\nnecessarie al fondamento de la nostra vita buona: l'una si è\r\nstupore<\/i>, l'altra si è pudore<\/i>, la terza si è verecundia<\/i>... \r\nLo stupore<\/i> è uno stordimento d'animo per grandi e maravigliose\r\ncose vedere o udire o per alcuno modo sentire» (Conv.<\/i>, IV, xxv,\r\n4-5).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xxv, 4-5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dico che per vergogna io intendo tre passioni necessarie al fondamento della nostra vita buona: l'una si è Stupore; l'altra si è Pudore; la terza si è Verecundia; avegna che la volgare gente questa distinzione non discerna. E tutte e tre queste sono necessarie a questa etade per questa ragione: a questa etade è necessario d'essere reverente e disideroso di sapere; a questa etade è necessario d'essere rifrenato, sì che non transvada; a questa etade è necessario d'essere penitente del fallo, sì che non s'ausi a fallare. E tutte queste cose fanno le passioni sopra dette, che vergogna volgarmente sono chiamate. Ché lo stupore è uno stordimento d'animo per grandi e maravigliose cose vedere o udire o per alcuno modo sentire: che in quanto paiono grandi, fanno reverente a sé quelli che le sente; in quanto paiono mirabili, fanno voglioso di sapere di quelle. E però li antichi regi nelle loro magioni faceano magnifici lavorii d'oro e di pietre e d'artificio, acciò che quelli che le vedessero divenissero stupidi, e però reverenti e domandatori delle condizioni onorevoli dello rege.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=75&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"81","from":587.0,"to":590.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"abbassata pe 'l troppo lume\n[Vers. 27] — e fa che t'assicuri, Che ci\u00f2<\/b> ec. e rimani\npersuaso, che ogni potenza vegnente dalla terra, per qu\u00ec\nadoprarsi, conviene che si maturi<\/b>, si perfezioni, a' nostri\nraggi<\/b>, ai raggi del divino lume, del quale noi splendiamo [Vedi\ncant. XXIII, 28 e segg.].  Accenna, cos\u00ec dicendo, di avere a\nDante resa forte la vista a poter ci\u00f2 che prima non poteva. \nEssere questo l'intendimento ne lo conferma il terzetto seguente. \nIl Daniello e 'l Venturi chiosano che il maturarsi a' raggi<\/i> ec.\nvaglia divenir perfetto per mezzo delle tre virt\u00f9 teologali,\nfede, speranza, e carit\u00e0.<\/i>  Alla generale asserzione per\u00f2 che\nci\u00f2, che vien quass\u00f9 dal mortal mondo, convien si maturi<\/i><\/b> ec.,\ncome cotale perfezionamento nelle virt\u00f9 teologali si conf\u00e0? \nImperocch\u00e8 in quelli che dalla terra passano al cielo per ivi\nrestare, non solamente non si perfezionano la fede e la speranza,\nma cessano affatto, Et Solis instar sola regnet charitas<\/i><\/b> [Canta\nla chiesa all'apostolo san Paolo nell'inno del di lui offizio].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
e fa che t'assicuri, Che ciò<\/b> ec. e rimani persuaso, che ogni potenza vegnente dalla terra, per quì adoprarsi, conviene che si maturi<\/b>, si perfezioni, a' nostri raggi<\/b>, ai raggi del divino lume, del quale noi splendiamo [Vedi cant. XXIII, 28 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXIII 28-30","NotaFonte":"","TestoFonte":"vid'i' sopra migliaia di lucerne
un sol che tutte quante l'accendea,
come fa 'l nostro le viste superne;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=90&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"34-36","from":24598.0,"to":24601.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"abbatte, fa star gi\u00f9. L'usa ancora nel\nPurg, XI, 19. Adonire<\/i> e adonare<\/i> dissero communemente gli\nantichi in questo significato ed in altri somiglianti che si\nposson vedere nel Vocabolario. Il Borghini \u00e8 di avviso che\nvenga dall'antico honnir<\/i> de' Francesi, e che propriamente\nimporti atterrare \u00e8 abbattere con vilipendio.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
abbatte, fa star giù.  L'usa ancora nel Purg, XI, 19.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XI, 19","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nostra virtù che di legger s'adona","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=45","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"34","from":5209.0,"to":5210.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"abbench\u00e8 sia alcuno che\nla biasimi, esso Dante intendendo<\/i> [chiosa il Daniello] si come\nveggiamo che fa, quando dice nell'Inferno, ch'ogn'un<\/i> [in Lucca]\nv'era barattier fuor Bonturo; e del no per li danari vi si\nfaceva ita<\/i> [Inf. XXI, 41 e seg.] — della voce uomo<\/b> per\nalcuno<\/i><\/b> vedi 'l Vocabolario della Crusca.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
abbenchè sia alcuno che la biasimi, esso Dante intendendo<\/i> [chiosa il Daniello] sì come veggiamo che fa, quando dice nell'Inferno, ch'ogn'un<\/i> [in Lucca] v'era barattier fuor Bonturo; e del no per li danari vi si faceva ita<\/i> [Inf. XXI, 41 e seg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI 41-42","NotaFonte":"","TestoFonte":"ogn'uom v'è barattier, fuor che Bonturo;
del no, per li denar, vi si fa ita\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"45","from":23907.0,"to":23915.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"accenna il sorger che faceva\nla notte quando entr\u00f2 nell'Inferno, come avvis\u00f2 nel principio del\ncanto II dicendo Lo giorno se n'andava<\/i> ec. e per questi due\npassi, e per quelli altri intermedi, VII, 98, XI, 113, XX, 124 e\nsegg. XXI, 112 e segg. XXIX, 10, XXXI, 10 rilevansi impiegate dal\nPoeta nella visita dell'Inferno ore ventiquattro, una notte ed un\ngiorno.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
accenna il sorger che faceva la notte quando entrò nell'Inferno, come avvisò nel principio del canto II dicendo Lo giorno se n'andava<\/i> ec. e per questi due passi, e per quelli altri intermedi, VII, 98, XI, 113, XX, 124 e  segg. XXI, 112 e segg. XXIX, 10, XXXI, 10 rilevansi impiegate dal Poeta nella visita dell'Inferno ore ventiquattro, una notte ed un giorno.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII 98","NotaFonte":"","TestoFonte":"già ogne stella cade che saliva","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"68","from":33586.0,"to":33590.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"accenna,\ncredo, il costume di chi 'nsieme con altri canta, di volgere\nspesso gli occhi or ad uno or ad un altro de' compagni cantori; e\nvuole dire che, sebbene s. Anna unitamente a tutta l'altra beata\ncomitiva cantasse osanna<\/b>, non toglieva perci\u00f2 essa gli occhi\nmai dalla diletta figlia.  Osanna solemnis formula gratulantium,\net fausta acclamantium, ut apud nos Io triumphe vivat Rex<\/i> ec. \nVedi la nota al canto XI del Purg. v. 11.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vedi la nota al canto XI del Purg. v. 11.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XI 11","NotaFonte":"","TestoFonte":"fan sacrificio a te, cantando osanna,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=45&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"135","from":32260.0,"to":32267.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"accett\u00f2 danari per prezzo del\nlasciarli in libert\u00e0.  — Di piano<\/b>; senza processo, intende il\nTommaseo con molti altri; di bel patto, senza difficolt\u00e0<\/i>, \nspiega il Cesari.  La forma sarda di pianu<\/i>, che vorrebbe dire\npianamente, alla chetichella<\/i>, o anche di soppiatto<\/i>, fa che\naltri spieghi occultamente<\/i>; ma gi\u00e0 la cosa, al trar de' conti, \nriesce sempre a un dire: li lasci\u00f2 liberi, non li process\u00f2, non\nli condann\u00f2.  Il Bianchi e il Fraticelli: «De plano<\/i> \u00e8 locuzione\ndel basso latino opposta all'altra de tribunali<\/i>, e nata dal\ndiverso modo di tenere i giudizj e di sbrigar le cause.»  —\nSiccome ei dice<\/i><\/b>, com'egli s'esprime con frase sarda; cos\u00ec parmi\ndoversi intendere, quasi avvertenza del Poeta sulla frase non\ncomune lasciolli di piano<\/b>; ma altri intendono semplicemente:\ncome racconta da s\u00e8 medesimo.<\/i><\/b>  Il Cesari spiega: <\u00c8 nota di\nvero costume degli abituati nel male di contar anche lor\nvalenterie.»  — Uffici<\/i><\/b>; non solo nella faccenda d'aver\nlasciati liberi i nemici del suo padrone, ma anco in tutte le\naltre mansioni a lui affidate, o meglio, in ciascun altro atto\ndel suo officio.  — Sovrano<\/b>, insuperabile, sommo (cf. Inf.<\/i>, \nIV, 88).  Sovrano<\/i><\/b>: nel Conv.<\/i><\/b>, I, 5, discorrendo della lingua\nLatina rispetto all'Italiana, scrive: «Se fosse stato latino, non\nera soggetto, ma sovrano e per nobilt\u00e0 e per virt\u00f9 e per\nbellezza.»  Siccome il grado si misura dal genere delle cose, qui\nbarattier sovrano<\/b> dee valere barattiere eccellente, perfetto.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Sovrano<\/b>, insuperabile, sommo (cf. Inf.<\/i>, IV, 88).  Sovrano<\/b>: nel Conv.<\/i>, I, 5, discorrendo della lingua Latina rispetto all'Italiana, scrive: «Se fosse stato latino, non era soggetto, ma sovrano e per nobiltà e per virtù e per bellezza.»  Siccome il grado si misura dal genere delle cose, qui barattier sovrano<\/b> dee valere barattiere eccellente, perfetto.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV, 88","NotaFonte":"","TestoFonte":"quelli è Omero poeta sovrano","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"85-87","from":20938.0,"to":20961.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"accogli nella tua mente.  Purg. XV: Aduni<\/b>, accogli nella tua mente. Purg. XV: «E più di dubbio nella mente aduno.» ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XV, 60","NotaFonte":"","TestoFonte":"e più di dubbio ne la mente aduno","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=49","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"52","from":6159.0,"to":6160.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"accorciamento di meglio<\/i> molto anche da altri\nbuoni scrittori usato.  Vedi 'l Vocabol. della Crusca.  Apocope<\/i>\n\u00e8 cotale accorciamento da' gramatici appellato  — Me foste\nstate<\/b>: ellissi insieme e sintesi: ellissi perocch\u00e8 dicesi me\nfoste state<\/b> in vece di m\u00e8 sarebbe che foste state<\/i><\/b>: sintesi,\npel numero plurale in vece del singolare che richiederebbesi la\nmal creata plebe<\/i> {v.13}  — qu\u00ec<\/i><\/b>, intendi nel mondo nostro —\nzebe<\/b> per capre<\/i><\/b>, vocabolo adoprato da altri buoni scrittori. \nVedi 'l Voc. della Crusca.  Pare quest'augurio allusivo al detto\ndi Ges\u00f9 Cristo del traditore discepolo bonum erat ei si natus\nnon fuisset<\/i> [Matth.<\/i> 26 v. 24].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Pare quest'augurio allusivo al detto di Gesù Cristo del traditore discepolo bonum erat ei si natus non fuisset<\/i> [Matth.<\/i> 26 v. 24].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XXVI 24","NotaFonte":"","TestoFonte":"Bonum erat ei, si natus non fuisset homo ille","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#26","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"15","from":31015.0,"to":31022.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"accorda colle sante\ncreature<\/i>, dalle quali ha detto che queste lettere si componevano\n[Verso 76].  La cagione di fare che nella formazione dell'ultima\nM si fermassero tutti quegli spiriti \u00e8 l'essere la figura dell'M\nconfacevole ai primi lineamenti dell'aquila colle ali aperte,\nstemma imperiale, che vuole in seguito, coll'aggiunta d'altri\nluminosi spiriti, nella medesima stella figurarsi — s\u00ec che\nGiove<\/b> ec.: talmente che quella stella candida [Cos\u00ec l'ha di gi\u00e0\navvisata nel v. 68, ed anche nel Convito<\/i><\/b> tratt. 2, 14], l\u00ec\ndov'era la M pareva argento fregiato d'oro.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
quella stella candida [Così l'ha di già avvisata nel v. 68, ed anche nel Convito<\/i> tratt. 2, 14]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"II xiii 25","NotaFonte":"","TestoFonte":"Giove è stella di temperata complessione in mezzo della freddura di Saturno e dello calore di Marte. L'altra si è che intra tutte le stelle bianca si mostra, quasi argentata.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=29&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"95-96","from":17850.0,"to":17861.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"ad imitazione del\nVirgiliano Enea, dicente ai compagni, forsan et haec olim\nmeminisse iuvabit<\/i>: e Seneca: Quod fuit durum pati, meminisse\ndulce est.<\/i>  Daniello.  Di qu\u00ec prese il Tasso nel canto XV del\nGoffredo st. 38.\n\n     Quando mi giover\u00e0 narrare altrui<\/i>\n     Le novit\u00e0 vedute, e dire io fui.<\/i>\n\nRiflessione del Venturi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
ad imitazione del virgiliano Enea, dicente ai compagni, forsan et haec olim meminisse iuvabit<\/i>: [...].  Daniello. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"I 203","NotaFonte":"","TestoFonte":"forsan et haec olim meminisse iuvabit.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:1.198-1.207","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"84","from":15078.0,"to":15083.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"ad imitazione dell'ancilla\nEbrea, che disse a Pietro apostolo loquela tua manifestum te\nfacit.<\/i>  Daniello.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ad imitazione dell'ancilla ebrea, che disse a Pietro apostolo loquela tua manifestum te facit.<\/i>  Daniello.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XXVI 73","NotaFonte":"","TestoFonte":"“Vere et tu ex illis es, nam et loquela tua manifestum te facit”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#26","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"25","from":8803.0,"to":8806.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"ad invidiare~, per la ragione\nstessa che Purg VI.  20.  disse inveggia<\/i> per invidia<\/i> [vedi\nquella nota].  Qu\u00ec per\u00f2 [quant' io intendo] inveggiare<\/i> \u00e8 per\nmetonimia detto in lugo di commendare<\/i>; e ci\u00f2 su l'intendimento\nche la santa invidia~, che l'anime buone portano alle altrui\nvirt\u00f9~, sia loro cagione di commendarle~; siccome all'opposto \u00e8\nnell'anime ree l'invidia cagione sempre di biasimare~, —\ncotanto paladino.  Paladino<\/i> [insegna il Vocabol.  della Crusca]\ntitolo d'onore dato da Carlo Magno a dodici uomini valorosi<\/i>,\nde' quali si serviva a combattere per la Fede insieme con esso\nlui.<\/i>  Bene adunque~, per essere s.  Domenico stato valente\ndifensore della cristiana fede~, lo fa Dante da s.  Bonaventura\nappellare paladino.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ad inveggiare<\/strong> ad invidiare, per la ragione stessa che Purg VI  20.  disse inveggia<\/i> per invidia<\/i> [vedi quella nota].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VI 20","NotaFonte":"","TestoFonte":"dal corpo suo per astio e per inveggia,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=40","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"142","from":12064.0,"to":12066.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"aggirantesi in vicinanza\ndell'altra costellazione di suo figlio Boote, appellato anche\nArtofilace<\/i>, o Arturo<\/i> [Vedi Ovidio Fast.<\/i> lib. 2 v. 180 e\nsegg.]: e giustamente riprende qu\u00ec 'l Venturi la comune degli\nspositori, che per questo figlio d'Elice erroneamente intendono\nl'Orsa minore, — ond'ella \u00e8 vaga<\/b>, di cui ella \u00e8 invaghita.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
aggirantesi in vicinanza dell'altra costellazione di suo figlio Boote, appellato anche Artofilace<\/i>, o Arturo<\/i> [Vedi Ovidio Fast.<\/i> lib. 2 v. 180 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1236235","LuogoFonte":"II 180-192","NotaFonte":"","TestoFonte":"‘huius in amplexus Iuppiter’ inquit ‘eat!’ 
ursa per incultos errabat squalida montes,
quae fuerat summo nuper amata Iovi.
iam tria lustra puer furto conceptus agebat,
cum mater nato est obvia facto suo.
illa quidem, tamquam cognosceret, adstitit amens
et gemuit: gemitus verba parentis erant,
hanc puer ignarus iaculo fixisset acuto,
ni foret in superas raptus uterque domos,
signa propinqua micant: prior est, quam dicimus Arcton,
Arctophylax formam terga sequentis habet,
saevit adhuc canamque rogat Saturnia Tethyn,
Maenaliam tactis ne lavet Arcton aquis.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi007.perseus-lat1:2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"33","from":30609.0,"to":30613.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Fasti"}, {"Annotazione":"agricoltore — Cristo.<\/i> Abbench\u00e8 ad\nugual modo che ripete qu\u00ec Dante in rima tre volte la voce stessa\nCristo~, ripeta anche altrove [Esempigrazia Purg. XX. 65. e\nsegg.~, Par. XXX. 95. e segg.] altra voce~; \u00e8 nondimeno\nosservabile che~, ove di altra voce non sempre~, della voce\nCristoo<\/i> sempre fa la rima colla voce medesima [Vedi Par. XIV.\n104. XIX. 104. XXXII. 83.~]: e per\u00f2 dee credersi fatto in segno\ndi venerazione~, ci\u00f2 che potrebbe e dovrebbe bastare per un\nabbondante supplimento a quella~, che al dilicato gusto del\nVenturi rassembra in questa ripetizione~, grazia minore<\/i> che in\nquell'altra del nome di Mandricardo dall'Ariosto fatta [Fur.<\/i>\ncant. XXVI. st. 25.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Cristo<\/strong>.<\/i>  Abbenchè ad ugual modo che ripete quì Dante in rima tre volte la voce stessa Cristo, ripeta anche altrove [Esempigrazia Purg. XX. 65.  e segg, Par. XXX. 95.  e segg.] altra voce; è nondimeno osservabile che~, ove di altra voce non sempre, della voce Cristo<\/i> sempre fa la rima colla voce medesima<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XX 65","NotaFonte":"","TestoFonte":"la sua rapina; e poscia, per ammenda,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=54","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"71","from":11583.0,"to":11584.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"ai quali il dolore spreme dagli\nocchi tante lagrime ecc.; cfr. una locuzione conforme in Inf.<\/i>\nXII 135; Petrarca, LV 8: «Conven ch'il duol per gli occhi\nsi distille Dal cor», e CCXLI 10: «Lagrime,.... che 'l dolor\ndistilla Per li occhi mei, del vostro stato rio».\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","FrammentoNota":"
ai quali il dolore spreme dagli occhi tante lagrime ecc.; cfr. una locuzione conforme in Inf.<\/i> XII 135<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII, 133-138","NotaFonte":"","TestoFonte":"La divina giustizia di qua punge
quell'Attila che fu flagello in terra,
e Pirro e Sesto; e in etterno munge
le lagrime, che col bollor diserra,
a Rinier da Corneto, a Rinier Pazzo,
che fecero a le strade tanta guerra\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=12","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97","from":22136.0,"to":22139.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"al contrario delle voci\ndelle ombre, che parean fioche. Vedi la nota al v. 73 del canto\nprimo della presente cantica. Istessamente spiega anche il\nVenturi. E questa spiegazione rigettandosi non resterebbe altro,\nche d'intendere per la chiara favella<\/b> l'idioma Toscano, che\nDante parlava. Ma come poi faremmo avverare, che l'idioma\nToscano piuttosto che il Bolognese, od altro, che da' suoi\ncompagni doveva Caccianimico udire, facesse al medesimo sovvenire\ndel mondo antico<\/b>, ci\u00e8 del mondo per lui passato?\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La tua chiara favella<\/strong> al contrario delle voci delle ombre, che parean fioche.  Vedi la nota al v. 73 del canto primo della presente cantica.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 63","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Inf. I 63, non 73.","TestoFonte":"chi per lungo silenzio parea fioco","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"53-54","from":16834.0,"to":16837.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"al destro lato.  C. XIII, 97,\n«Chiron si volse in sulla destra poppa.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"alla destra mammella<\/strong>, al destro lato. C. XII, 97, «Chiron si volse in sulla destra poppa.» ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII, 97","NotaFonte":"","TestoFonte":"Chirón si volse in su la destra poppa","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=12","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31","from":15685.0,"to":15691.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"al luogo dove il mistico\nsole non splende; mi rigettava nell'antica desolazione, da cui\nm'avea sollevato la speranza del bel monte.<\/i>  La luce<\/i> \u00e8\nsimbolo di felicit\u00e0, le tenebre<\/i> di miseria.  Con simile\nmetafora ha detto altrove: in loco d'ogni luce muto.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Brunone Bianchi 1868","FrammentoNota":"
al luogo dove il mistico sole non splende; mi rigettava nell'antica desolazione, da cui m'avea sollevato la speranza del bel monte.<\/i> La luce<\/i> è simbolo di felicità, le tenebre<\/i> di miseria. Con simile metafora ha detto altrove: in loco d'ogni luce muto.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V, 28","NotaFonte":"","TestoFonte":"loco d'ogne luce muto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=5&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"60","from":441.0,"to":446.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"al presente diviso tra la\nSpagna e la Francia — nato<\/b> per nat\u00eco.<\/i>  Volpi.  — Fu costui\nGiampolo, ovvero Ciampolo, figliuolo di gentil donna: ma il padre\n[ribaldo distruggitor di se e di sue cose<\/i><\/b>] consumato il\npatrimonio, lo lasci\u00f2 povero, onde la madre lo pose [in qualit\u00e0\ndi servo] con un barone del Re Tebaldo di Navarra: e fu tanta la\nsua industria, che in processo di tempo divenne s\u00ec accetto a\nTebaldo Re giustissimo, che a lui commetteva ogni gran faccenda. \nMa egli non seppe raffrenare le sue cupidit\u00e0; perch\u00e8, come dice\nTerentio, omnes sumus deteriores licentia<\/i><\/b>; divent\u00f2 sommo\nbarattiere.  Landino.  Prima dunque servo<\/b> del barone, poi\nfamiglio<\/b> del Re.  — Che m'avea<\/b> ec. il che<\/b> vale qu\u00ec\nperocch\u00e8<\/i>: e segna la cagione di avere la madre posto Ciampolo a\nservire.  — Distruggitor di se<\/i><\/b> ec.  I vizi non solamente\ndistruggono la roba, ma anche la persona: e della ghiottoneria\nsegnatamente \u00e8 noto quel detto di Cicerone plures occidit gula\nquam gladius.<\/i><\/b>  — Fui famiglio<\/b>, la Nidobeatina e fu'\nfamiglia<\/i> l'altre edizioni.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Fu costui Giampolo, ovvero Ciampolo, figliuolo di gentil donna: ma il padre [ribaldo distruggitor di se e di sue cose<\/b>] consumato il patrimonio, lo lasciò povero, onde la madre lo pose [in qualità di servo] con un barone del Re Tebaldo di Navarra: e fu tanta la sua industria, che in processo di tempo divenne sì accetto a Tebaldo Re giustissimo, che a lui commetteva ogni gran faccenda.  Ma egli non seppe raffrenare le sue cupidità; perchè, come dice Terentio, omnes sumus deteriores licentia<\/i>; diventò sommo barattiere.  Landino.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q172048","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678909","LuogoFonte":"III i 74","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nam deteriores omnes sumus licentia.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0134.phi002.perseus-lat1:3.1","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"48-52","from":20673.0,"to":20676.0,"NomeAutore":"Publio Terenzio Afro","TitoloFonte":"Heautontimorumenos"},
{"Annotazione":"al quarto giro, essendosi la\nvoragine fatta pi\u00f9 ampia, la nave abbass\u00f2 la prora verso il fondo\ndel mare e lev\u00f2 in alto la poppa.  — Ast illam ter fluctus\nibidem<\/i> — torquet agens circum, et rapidus vorat aequore\nvortex<\/i> (En.<\/i>, I, 116).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
al quarto giro, essendosi la\r\nvoragine fatta più ampia, la nave abbassò la prora verso il fondo\r\ndel mare e levò in alto la poppa.  — Ast illam ter fluctus\r\nibidem<\/i> — torquet agens circum, et rapidus vorat aequore\r\nvortex<\/i> (En.<\/i>, I, 116).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"I, 116-119","NotaFonte":"","TestoFonte":"[...] ast illam ter fluctus ibidem
Torquet agens circum et rapidus uorat aequore uortex.
Apparent rari nantes in gurgite uasto,
Arma uirum tabulaeque et Troia gaza per undas.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo\/codice\/VERG%7Caene%7C001","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"140","from":25745.0,"to":25748.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"all'altro circolare argine,\nperocch\u00e8 pi\u00f9 basso di quello ond'erano partiti [Verso 37 e\nsegg.], — e dismontiam lo muro.<\/b> Quantunque ne' seguenti\nprossimi versi espressamente non dica che di esser discesi da\nquel ponte, dee nondimeno intendersi, che anche l'altra parte\ndella fatta petizione, cio\u00e8 di scendere il muro, o sia l'argine,\neffetto avesse. Vedi nel canto XXVI, 13 e segg., che dice di\nriascendere quel muro, o sia argine, per que' medesimi borni<\/i>,\nche avevano loro fatto scala per discendere.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
e dismontiam lo muro.<\/b>  Quantunque ne' seguenti prossimi versi espressamente non dica che di esser discesi da quel ponte, dee nondimeno intendersi, che anche l'altra parte della fatta petizione, cioè di scendere il muro, o sia l'argine, effetto avesse.  Vedi nel canto XXVI, 13 e segg., che dice di riascendere quel muro, o sia argine, per que' medesimi borni<\/i>, che avevano loro fatto scala per discendere.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVI 13-15","NotaFonte":"A Inf. XXVI 14, Lombardi legge \"i borni\", non \"iborni\". Vedi la nota a quel luogo.","TestoFonte":"Noi ci partimmo, e su per le scalee
che n'avean fatto iborni a scender pria,
rimontò 'l duca mio e trasse mee","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=26","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"73","from":23043.0,"to":23051.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"alla citt\u00e0 dolente<\/i>;\nall'inferno.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
alla città dolente<\/i>; all'inferno.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III, 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Per me si va ne la citta\u0300 dolente  ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=3&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16","from":4107.0,"to":4110.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"alla cognizione e\ncontemplazione di Dio, che degli angeli, e di tutti i beati \u00e8 il\nvero pane, la vera ambrosia — del quale Vivesi qu\u00ec<\/b>, di cui qu\u00ec\n'n terra viviamo bens\u00ec spiritualmente — ma non si vien\nsatollo<\/b>; imperocch\u00e8 solo a' beati in Paradiso \u00e8 dato di\nsaziarsene, giusta il Davidico detto, Satiabor cum apparuerit\ngloria tua<\/i> [Psalm.<\/i> 16].  Gli Accademici della Crusca ad\nimitazione d'alcuni mss. hanno scelto di leggere sen vien<\/i> in\nluogo di si vien<\/i><\/b>, che leggevano tutte l'edizioni antiche,\nparendo loro, che sen vien<\/i><\/b>, aggrandisca e particolareggi pi\u00f9.<\/i> \nSembra nondimeno che i tre vicini monosillabi tutti terminanti in\nn, non sen vien<\/i>, altro non facciano che apportare al verso\ndurezza.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
ma non si vien satollo<\/b>; imperocchè solo a' beati in Paradiso è dato di saziarsene, giusta il Davidico detto, Satiabor cum apparuerit gloria tua<\/i> [Psalm.<\/i> 16].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"XVII (XVI) 15","NotaFonte":"Lombardi cita la Vulgata Clementina (Ps., XVI 15): \"satiabor cum apparuerit gloria tua\".","TestoFonte":"satiabor, cum evigilavero, conspectu tuo.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%2017","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"11-12","from":1051.0,"to":1067.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"},
{"Annotazione":"alla materia~,\nch' \u00e8 in essi~, comune a tutti i corpi~, ed immediatamente da\nDio creata~, dona sostanzial forma [Fu ed \u00e8 sentenza comune\ndegli Scolastici~, che la forma~, per cui la materia esempigrazia\ndel legno si diversifica da quella del ferro~, non sia una mera\nvariante disposizione di materia~, come diconla gli Atomisti~, ma\nsia una sostanza dalla stessa materia diversa.~], quella che nel\nloro specifico essere constituisceli~, non Dio medesimo~, ma\naltra virt\u00f9 da Dio creata.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Fu ed è sentenza comune degli Scolastici, che la forma, per cui la materia esempigrazia del legno si diversifica da quella del ferro, non sia una mera variante disposizione di materia, come diconla gli Atomisti, ma sia una sostanza dalla stessa materia diversa.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Sententia_libri_Metaphysicae(Tommaso)","LuogoFonte":"V iv 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"Secundum exemplum ponit in corporibus naturalibus, in quibus etiam quaedam dicimus elementa quorumdam. Illa enim dicuntur corporum esse elementa, in quae ultimo resolvuntur omnia corpora mixta: et per consequens ea sunt, ex quibus primo componuntur huiusmodi corpora. Ipsa autem corpora, quae elementa dicuntur, non dividuntur in alia corpora specie differentia, sed in partes consimiles, sicut quaelibet pars aquae est aqua. Et quicumque posuerunt tale corpus esse unum, scilicet in quod omnia resolvuntur, et ipsum non resolvitur in alia, dixerunt unum esse elementum. Quidam vero aquam, quidam autem aerem, quidam autem ignem. Qui vero posuerunt plura talia corpora, dixerunt etiam esse elementa plura. Sciendum est, quod cum in definitione elementi ponatur, quod non dividitur in diversa secundum speciem, non est intelligendum de partibus in quas aliquid dividitur divisione quantitatis: sic enim lignum esset elementum, quia quaelibet pars ligni est lignum: sed de divisione, quae fit secundum alterationem, sicut corpora mixta resolvuntur in simplicia.","UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/cmp05.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"135","from":6869.0,"to":6874.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"alla mia vista disparve. \nBene in vece di sparve<\/i> dice si stinse<\/b> [da stinguere<\/i><\/b>, il\nmedesimo che estinguere<\/i>], imperocch\u00e8 suppone che disparissero\nque' circolari angelici lumi ugualmente come se estinti si\nfossero.  E, se non piace al Venturi ch'altri spieghino si\nstinse<\/i><\/b> per si separ\u00f2<\/i><\/b>, neppure piacer pu\u00f2 il di lui spiegare\nstinse<\/b> da stingere<\/i> per iscolorire.<\/i>  E, se dice il Petrarca\nche al Sole in tempo della morte di Ges\u00f9 Cristo si scolor\u00e0ro i\nrai<\/i> [Son. 3], ci\u00f2 corrisponde all'obscuratus est Sol<\/i> che narra\ns. Luca [Cap. 23]: che vuol dire che comparve oscuro il solare\ndisco; e non che il medesimo affatto non si vedesse, come affatto\nnon vedeva pi\u00f9 Dante l'angelico trionfo<\/i> {v.10}.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
E, se dice il Petrarca che al Sole in tempo della morte di Gesù Cristo si scoloràro i rai<\/i> [Son. 3], ciò corrisponde all'obscuratus est Sol<\/i> che narra s. Luca [Cap. 23]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","LuogoFonte":"XXIII 45","NotaFonte":"","TestoFonte":"et obscuratus est sol, et velum templi scissum est medium. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html#23","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"13","from":29429.0,"to":29434.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"},
{"Annotazione":"alla porta che si vede\nall'ingresso dell'Inferno.  Secondo una tradizione antica i\ndemoni si opposero alla discesa di Cristo al Limbo (vedi Inf. IV,\n53 e seg.) all'entrata della porta d'Inferno (vedi Inf. III, 1 e\nseg.); ma vani riuscirono i loro sforzi, poich\u00e8 Cristo ruppe e\nspezz\u00f2 la porta che da quel tempo in poi rimase aperta.  Nel\ndivino offizio del sabato santo la Chiesa canta: Hodie portas\nmortis et seras Salvator noster disrupit.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Secondo una tradizione antica i demoni si opposero alla discesa di Cristo al Limbo (vedi Inf. IV, 53 e seg.) all'entrata della porta d'Inferno (vedi Inf. III, 1 e seg.); ma vani riuscirono i loro sforzi, poichè Cristo ruppe e spezzò la porta che da quel tempo in poi rimase aperta.Nel divino offizio del sabato santo la Chiesa canta: Hodie portas mortis et seras Salvator noster disrupit.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV, 52-54","NotaFonte":"Nel commento Scartazzini fa anche riferimento al Mattutino dell'Ufficio del Sabato Santo: \"Hodie portas mortis et seras [pariter] Salvator noster dirupit\".","TestoFonte":"Io era nuovo in questo stato,
quando ci vidi venire un possente,
con segno di vittoria coronato.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=4&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"125","from":7629.0,"to":7633.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"alla scarsa ed incerta luce del\nnovilunio, del primo quarto di luna. AEn., VI: «Agnovitque\nper umbras Obscuram, qualem primo qui surgere mense Aut videt aut\nvidisse putat per nubila lunam.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Sotto nuova luna<\/b>, alla scarsa ed incerta luce del novilunio, del primo quarto di luna. Aen., VI: «Agnovitque per umbras Obscuram, qualem primo qui surgere mense Aut videt aut vidisse putat per nubila lunam.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis VI, 452-454","NotaFonte":"","TestoFonte":"ut primum iuxta stetit adgnovitque per umbras
obscuram, qualem primo qui surgere mense
aut videt, aut vidisse putat per nubila lunam,","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D6%3Acard%3D426","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"19","from":13707.0,"to":13710.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"alla tua Aristotelica\nfilosofia, la quale insegna, che quanto l'uomo ha pi\u00f9 della\nperfezione, tanto \u00e8 pi\u00f9 atto a fruir la beatitudine, e cos\u00ec a\nsentir maggior miseria: onde s. Agostino: Cum fiet resurrectio\ncarnis, et bonorum gaudium erit, et tormenta maiora.<\/i> Daniello. \nChe fosse Dante Aristotelico nel fa sapere egli medesimo con\nappellar Aristotele maestro di color che sanno<\/i> [Inf. IV, 131].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ritorna a tua scienza<\/strong>, alla tua aristotelica filosofia, la quale insegna, che quanto l'uomo ha più della perfezione, tanto è più atto a fruir la beatitudine, e così a sentir maggior miseria: onde s. Agostino: Cum fiet resurrectio carnis, et bonorum gaudium erit, et tormenta maiora.<\/i>  Daniello. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/in-joannis-evangelium-tractatus-cxxiv","LuogoFonte":"XLIX 10","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sed cum facta fuerit resurrectio, et bonorum gaudium amplius erit, et malorum tormenta graviora.","UrlFonte":"http:\/\/www.mlat.uzh.ch\/index.php?app=browser&text=7323:49.10","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"106-107","from":5742.0,"to":5745.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"alla vecchiezza. \n— Calar le vele<\/b> ec., ritrarsi dalle mondane tempeste.  Conv.,\nIV, 28: «Come il buon marinaro, come appropinqua al porto, cala\nle sue vele; cos\u00ec noi dovemo calare le vele delle nostre mondane\noperazioni, e tornare a Dio con tutto nostro intendimento e\ncuore.»  Seneca: «Incipiamus in senectute vela colligere.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Calar le vele<\/b> ec., ritrarsi dalle mondane tempeste. Conv., IV, 28: «Come il buon marinaro, come appropinqua al porto, cala le sue vele; così noi dovemo calare le vele delle nostre mondane operazioni, e tornare a Dio con tutto nostro intendimento e cuore.»  Seneca: «Incipiamus in senectute vela colligere.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio IV, xxviii, 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"E qui è da sapere, che, sì come dice Tulio in quello Di Senettute, la naturale morte è quasi a noi porto di lunga navigazione e riposo. Ed è così: [ché], come lo buono marinaio, come esso appropinqua al porto, cala le sue vele<\/strong>, e soavemente, con debile conducimento entra in quello; così noi dovemo calare le vele delle nostre mondane operazioni e tornare a Dio con tutto nostro intendimento e cuore<\/strong>, sì che a quello porto si vegna con tutta soavitade e con tutta pace.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=78&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79-81","from":26353.0,"to":26358.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"alle tre fameliche gole del\nmostro.  Enea lo acquiet\u00f2 con una focaccia, offam obiicit<\/i>\n(Aen., VI); Dante lo trov\u00f2 di pi\u00f9 facile contentatura: e ci\u00f2\n(dice Pietro Alighieri) fu per significare che la ragione,\nfigurata in Virgilio, deve co' pi\u00f9 rozzi cibi domare il vizio\ndella gola.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
alle tre fameliche gole del mostro.  Enea lo acquietò con una focaccia, offam obiicit <\/i>(Aen., VI)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis VI, 420-421","NotaFonte":"","TestoFonte":"melle soporatam et medicatis frugibus offam<\/strong>
obicit<\/strong>. Ille fame rabida tria guttura pandens","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D6%3Acard%3D417","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"27","from":5154.0,"to":5161.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"alletti, cio\u00e8 alberghi. Anche nel c.\nIX: «Ond'esta oltracotanza in voi s'alletta?» Nel qual\nsignificato, che che ne dica il Monti, pare che Allettare<\/i> sia\ndetto da Letto<\/i>, similmente che in quell'altro traslato notato\nda' Deputati sul Decamerone: Allettarsi<\/i>, come i Francesi S'aliter<\/i> (antic.\nS'allicter<\/i>), di chi per infermit\u00e0 mettasi a letto.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
alletti, cioè alberghi.  Anche nel c. IX: «Ond'esta oltracotanza in voi s'alletta?»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IX, 94","NotaFonte":"","TestoFonte":"ond'esta oltracotanza in voi s'alletta?","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=9","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"122","from":1884.0,"to":1885.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"allo stesso modo noi, prima che\nsi acquietasse in me ogni dubbio, arrivammo al secondo regno<\/b>,\nal secondo cielo, al cielo di Mercurio [Cos\u00ec dee intendersi;\nimperocch\u00e8 ascende il Poeta di cielo in cielo, e sopra il cielo\ndella Luna ammette immediatamente quello di Mercurio.  Vedi il di\nlui Convito tratt. 2 cap. 4] regno<\/b> di quelli che son stati\nattivi, Perch\u00e8 onore e fama gli succeda<\/i> [Canto seg. v. 113 e\nseg.].  E la ragione di fare che veggansi cotali in Mercurio,\nsebbene aventi essi pure la sede loro nell'empireo [Vedi quanto\navvisa Dante stesso nel canto precedente v. 28 e segg.], \u00e8, dice\nil Landino, perch\u00e8 Mercurio d\u00e0 grande influenza alla vita attiva.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
arrivammo al secondo regno<\/b>, al secondo cielo, al cielo di Mercurio [Così dee intendersi; imperocchè ascende il Poeta di cielo in cielo, e sopra il cielo della Luna ammette immediatamente quello di Mercurio.  Vedi il di lui Convito tratt. 2 cap. 4]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"II iii 7","NotaFonte":"II iii 7 \u00e8 il rimando corretto, non II iv.","TestoFonte":"Ed è l'ordine del sito questo: che lo primo che numerano è quello dove è la Luna; lo secondo è quello dove è Mercurio","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=19&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"93","from":4590.0,"to":4592.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"allusivamente a quanto \u00e8 detto\nnella nota a' versi 10 e 11 del presente canto; e fors'anche a\nquella imprecazione di s. Pietro a Simon mago, pecunia tua tecum\nsit in perditionem<\/i> [Act.<\/i> 8].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
allusivamente [...] a quella imprecazione di s. Pietro a Simon mago, pecunia tua tecum sit in perditionem<\/i> [Act.<\/i> 8].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","LuogoFonte":"VIII 20","NotaFonte":"","TestoFonte":"Petrus autem dixit ad eum: “Argentum tuum tecum sit in perditionem, quoniam donum Dei existimasti pecunia possideri!\"","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#8","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"98","from":18169.0,"to":18172.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"},
{"Annotazione":"altro cittadino Fiorentino,\ncome avvisa Dante medesimo nel canto seg. v. 4 e 5.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Puccio Sciancato<\/strong> altro cittadino Fiorentino, come avvisa Dante medesimo nel canto seg. v. 4 e 5.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVI 4-5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tra li ladron trovai cinque cotali
tuoi cittadini onde mi ven vergogna,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=26&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"148","from":24700.0,"to":24702.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"altro luogo,\nChe la divina mente.<\/b> Ammesso Dante avendo Parad. I, 123\nmuoversi il primo mobile nel cielo Empireo; ed accennato avendo\nnel medesimo canto v. 76 e seg. ci\u00f2, ch'espressamente asserisce\nnel Convito, cagionarsi il girare del primo mobile dal\nferventissimo appetito<\/i>, che ha ciascuna parte di esso a\nciascuna parte dell'Empireo [Tratt. 2 cap. 4], dicendo qu\u00ec, che\nil primo mobile non ha altro dove Che la mente divina<\/i><\/b>, ed\nappresso aggiungendo, che non \u00e8 il medesimo cielo cerchiato se\nnon di luce<\/i><\/b> {v.112} [luce divina] ed amore<\/i> {v.112}, sembra\nche abbastanza ne determini a intendere pe 'l cielo Empireo Iddio\nmedesimo, e per le parti di esso beate intelligenze, e non gi\u00e0\nmateriali cose — in che s'accende<\/b> ec., entro della qual divina\nmente accendesi nel primo mobile quell'amore, quel detto\nferventissimo appetito<\/i><\/b>, che lo fa girare, e la virt\u00f9 ch'esso\ntrasmette ai sottoposti cieli [Vedi Par. II, 112 e segg.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ammesso Dante avendo Parad. I, 123 muoversi il primo mobile nel cielo Empireo<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. I 123","NotaFonte":"","TestoFonte":"nel qual si volge quel c'ha maggior fretta;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=68&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"109-111","from":27114.0,"to":27120.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"altrove a Ciacco (Inf.<\/i>, VI, \n58):\n\n     Ciacco, il tuo dolore\n     Mi pesa s\u00ec, ch'a lagrimar m'invita.\n\nE Vit. N.<\/i>, XXXII (canz., st. 3) mi vien di pianger voglia.<\/i><\/b> \n— A lagrimar<\/b>: a<\/b>, fino alle lagrime; e trova rincalzo al v.\n3, pugne a guaio.<\/i>  — Tristo e pio<\/i><\/b>, dolente e pietoso. \nPio<\/b>, opposto a spietato<\/i><\/b> (cf. Inf.<\/i>, XIII, 38; XXIX, 36).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
altrove a Ciacco (Inf.<\/i>, VI, 58): Ciacco, il tuo dolore Mi pesa sì, ch'a lagrimar m'invita.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VI, 58-59","NotaFonte":"","TestoFonte":"Io li rispuosi: “Ciacco, il tuo affanno
mi pesa sì, ch'a lagrimar mi 'nvita","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=6","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115-117","from":4785.0,"to":4806.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"alzatasi dal sedere in sul verde, e 'n su'\nfiori<\/i> come nel precedente canto avvis\u00f2 che sedevano tutte quelle\nanime [Vers. 82, 83] — che l'ascoltar chiedea con mano<\/b>,\naccennava all'altre che le stassero attente.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Surta <\/strong>alzatasi dal sedere in sul verde, e 'n su' fiori<\/i> come nel precedente canto avvisò che sedevano tutte quelle anime [Vers. 82, 83]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VII 82-83","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Salve, Regina\" in sul verde e 'n su' fiori
quindi seder <\/strong>cantando anime vidi,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=41&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"9","from":7102.0,"to":7103.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"amor di donna, tanto pi\u00f9 vero\nquanto pi\u00f9 puro. Gi\u00e0 nella V. N.<\/i> Amore diceva di lei: e\nquella ha nome Amor; s\u00ed mi somiglia.<\/i> (Son. Io mi sentii<\/i>). \nNei personaggi della Commedia<\/i> questo \u00e8 notevole che l'idea a\ncui servono \u00e8 tratta dalla loro realt\u00e0 storica, e per\u00f2 non sono\nastrazioni.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
amor di donna, tanto più vero\r\nquanto più puro.  Già nella V. N.<\/i>  Amore diceva di lei: e\r\nquella ha nome Amor; sí mi somiglia.<\/i>  (Son. Io mi sentii<\/i>). <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18084","LuogoFonte":"XV","NotaFonte":"","TestoFonte":"Io mi senti' svegliar dentro allo core
un spirito amoroso che dormia;
e poi vidi venir da lungi Amore
allegro sì, che appena il conoscea,
dicendo: «Or pensa pur di farmi onore»;
e ciascuna parola sua ridea.
E poco stando meco 'l mio signore,
guardando in quella parte onde venia,
io vidi monna Vanna e monna Bice
venire inver' lo loco là ov'io era,
l'una apresso dell'altra maraviglia;
sì come la mente mi ridice,
Amor mi disse: «Quell'è Primavera,
e quell'à nome Amor, sì mi somiglia».","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Vita_Nova&pb=15","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"72","from":1513.0,"to":1516.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Vita Nuova"}, {"Annotazione":"anche il popolo dei vermi era\ntutto infermo<\/i> {v.59}: cadde tutto morto. — le genti\nantiche<\/b>: vissute avanti il Cristianesimo. — allo stesso modo\nle indica nell' VIII del Par.<\/i><\/b>, 6, dopo aver parlato nel\nprecedente del peccato originale e della redenzione: le genti\nantiche ne l'antico errore.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
le genti antiche<\/b>: vissute avanti il Cristianesimo. — allo stesso modo\r\nle indica nell' VIII del Par.<\/i>, 6, dopo aver parlato nel\r\nprecedente del peccato originale e della redenzione: le genti antiche ne l'antico errore.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Paradiso VIII, 3-6","NotaFonte":"","TestoFonte":"per che non pur a lei faceano onore
di sacrificio e di votivo grido
le genti antiche ne l'antico errore;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=75&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"62","from":28210.0,"to":28212.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"apertura delle mani. Virgilio gitta\ndue pugna di terra nelle canne<\/b> o gole di Cerbero (circa lo\nstesso fa la Sibilla nell'Eneide, VI, 419 segg.), e la bestia\nsubito si racqueta, intenta a divorare dimentica il suo offizio.\nEcco l'imagine del goloso! Basta sovente soltanto un pugno di\nterra!.... — Bramose<\/b>: ingorde, fameliche.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Virgilio gitta due pugna di terra nelle canne<\/b> o gole di Cerbero (circa lo stesso fa la Sibilla nell'Eneide, VI, 419 segg.), e la bestia subito si racqueta, intenta a divorare dimentica il suo offizio.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI, 419-421","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cui vates, horrere videns iam colla colubris,
melle soporatam et medicatis frugibus offam
obicit.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+6.419&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"25-27","from":5145.0,"to":5146.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"apparir\u00e0, si dimostrer\u00e0 se hai la nobilt\u00e0\nche si richiede. Per questo vocabulo nobilitade s'intende\nperfezione di propria natura in ciascuna cosa<\/i> (Conv.<\/i>, IV, xvi,\n8).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
apparirà, si dimostrerà se hai la nobiltà\r\nche si richiede.  Per questo vocabulo nobilitade s'intende\r\nperfezione di propria natura in ciascuna cosa<\/i> (Conv.<\/i>, IV, xvi,\r\n8).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xvi, 4","NotaFonte":"Pietrobono sbaglia il riferimento al paragrafo del capitolo.","TestoFonte":"A perfettamente intrare per lo trattato è prima da vedere due cose: l'una è, che per questo vocabulo nobilitade s'intende, solo semplicemente considerato; l'altra è, per che via sia da camminare a cercare la prenominata diffinizione. Dico adunque che, se volemo riguardo avere alla comune consuetudine di parlare, per questo vocabulo nobilitade s'intende perfezione di propia natura in ciascuna cosa. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=66&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"9","from":1055.0,"to":1057.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"appella Beatrice con termini\nsomiglianti a quelli con i quali appellasi nelle scritture sacre\nla divina sapienza, candor<\/i> [graece splendor<\/i>, nota Tirino]\nlucis aeternae<\/i> [Sap.<\/i> 7, 26].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
appella Beatrice con termini somiglianti a quelli con i quali appellasi nelle scritture sacre la divina sapienza, candor<\/i> [graece splendor<\/i>, nota Tirino] lucis aeternae<\/i> [Sap.<\/i> 7, 26].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q202135","LuogoFonte":"VII 26","NotaFonte":"","TestoFonte":"candor <\/strong>est enim lucis aeternae","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_sapientiae_lt.html#7","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"139","from":31874.0,"to":31876.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro della Sapienza"},
{"Annotazione":"appella Dante Saturno,\nimperocch\u00e8, com'esso Dante in questa medesima cantica ne dimostra\ncolle fermate che nel cielo di ciascun pianeta va facendo, conta\negli per primo pianeta la Luna, per secondo Mercurio, per terzo\nVenere, per quarto il Sole, per quinto Marte, per sesto Giove, e\nper ultimo Saturno.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Settimo splendore<\/strong> appella Dante Saturno, imperocchè, com'esso Dante in questa medesima cantica ne dimostra colle fermate che nel cielo di ciascun pianeta va facendo, conta egli per primo pianeta la Luna, per secondo Mercurio, per terzo Venere, per quarto il Sole, per quinto Marte, per sesto Giove, e per ultimo Saturno.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. II 29-30","NotaFonte":"","TestoFonte":"\" Drizza la mente in Dio grata\", mi disse,
\"che n'ha congiunti con la prima stella\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=69&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"13","from":20308.0,"to":20310.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"appella Dante i santi,\nche colla predicazione e buoni esempi hanno attirate anime nel\nbuon cammino<\/b>, verso il Paradiso. La frase [avverte bene il\nDaniello] dee esser presa da quella dell'Ecclesiastico Florete\nflores quasi lilium, et date odorem<\/i> ec. [Cap. 39].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La frase [avverte bene il Daniello] dee esser presa da quella dell'Ecclesiastico Florete flores quasi lilium, et date odorem<\/i> ec. [Cap. 39].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q155980","LuogoFonte":"XXXIX 18-19","NotaFonte":"Nella Vulgata Clementina (Sir. XXXIX 19) si legge: \"Florete flores quasi lilium: \/ et date odorem, et frondete in gratiam\".","TestoFonte":"quasi libanus odorem suavitatis habete,
florete flores quasi lilium.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiasticus_lt.html#39","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"74-75","from":22835.0,"to":22839.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Siracide"}, {"Annotazione":"appella Dante l'angelo, perocch\u00e8\nalato; come malvagio uccello<\/i>, per la ragione stessa fece\nnell'Inferno [Canto XXII, 96] appellarsi da Barbariccia\nFarfarello; e come, tra i molti simili esempi, anche Mercurio fu\nda Stazio appellato volucer Tegeaticus<\/i> [Silv. lib. I carm. 2 v.\n16] impiger ales<\/i> [Theb. lib. I v. 292] ec. Dicendo il Daniello\nmirabile<\/i> questo variar del Poeta in nomar l'Angelo ora\ngaleotto, ora divino uccello, ora nocchiero celestiale<\/i>, n'esce\nil Venturi a dar la berta al comentatore insieme ed al Poeta: Il\npi\u00f9 mirabile<\/i>, dice, a mio parere consiste in questo, che il\nglossatore parla da senno lodando, non da giuoco schernendo.<\/i>\n\n\tDue cose per\u00f2 sembra che possano dal criticone nostro\ndesiderarsi. Un concetto primieramente pi\u00f9 rispettoso verso di\nquel comentatore, delle di cui dotte osservazioni si fa egli\nspesso onore, senza neppure dichiararsegli obbligato: e non\nmaravigliarsi, che sinceramente favelli chi non doveva\naltrimenti; e che, volendo comentare a modo del Venturi,\navrebbesi preso, non Dante, ma l'Astuzie di Bertoldo.<\/i> Poi, che\nsi degnasse egli almeno di specificarne quale di queste varie\nappellazioni, che attribuisce Dante all'angelo, sia quella che si\nmeriti scherno. Della voce galeotto<\/i> \u00e8 gi\u00e0 detto al v. 27, ed\nil Venturi stesso l'argomenta peggiorata a' giorni nostri di\ncondizione. Del divino uccello<\/b> crederei che il qu\u00ec detto possa\nbastare. Spiacerebbe lui forse il celestial nocchiero<\/i><\/b>? chi sa?\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Uccel divino appella Dante l'angelo, perocchè alato; come malvagio uccello<\/i>, per la ragione stessa fece nell'Inferno [Canto XXII, 96] appellarsi da Barbariccia Farfarello; <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXII 96","NotaFonte":"","TestoFonte":"disse: \"Fatti 'n costà, malvagio uccello!\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=22&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"38","from":1242.0,"to":1244.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"appella gli alberi per metonimia.  Cos\u00ec\nVirgilio fraxineae trabes<\/i> in vece di fraxineae arbores<\/i>\n[Aeneid.<\/i> VI, 182], acernis trabibus<\/i> in vece d'acernis\narboribus<\/i> [Aeneid.<\/i> IX, 87] e cos\u00ec Ovidio sylva frequens\ntrabibus<\/i> in vece di frequens arboribus [Met.<\/i> VIII, 130].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Travi <\/strong>appella gli alberi per metonimia.  Così Virgilio fraxineae trabes<\/i> in vece di fraxineae arbores <\/i>[Aeneid.<\/i> VI, 182]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aen. VI 181","NotaFonte":"Il verso di Virgilio \u00e8 il 181.","TestoFonte":"fraxineaeque trabes cuneis et fissile robur","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:6.156-6.182","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"85","from":30481.0,"to":30483.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"appella il Re\nDavide, perocch\u00e8 mosso dallo Spirito santo compose e cant\u00f2 i\nsalmi — Che l'Arca traslat\u00f2 di villa in villa<\/b>, che l'Arca del\nTestamento trasfer\u00ec di citt\u00e0 in citt\u00e0, danzando esso nel cammino\navanti di quella [Reg.<\/i> 2 cap. 6].  Villa<\/i><\/b> per citt\u00e0<\/i><\/b>, al modo\nFrancese, adopera Dante anche altrove [Inf. I, 109, XXIII, 95\nec.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Che l'Arca traslatò di villa in villa<\/b>, che l'Arca del Testamento trasferì di città in città, danzando esso nel cammino avanti di quella [Reg.<\/i> 2 cap. 6].<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q19140595","LuogoFonte":"II vi 1-23","NotaFonte":"","TestoFonte":"1 Congregavit autem rursum David omnes electos ex Israel triginta milia.
2 Surrexitque David et abiit, et universus populus, qui erat cum eo, in Baala Iudae, ut adducerent inde arcam Dei, super quam invocatum est nomen Domini exercituum sedentis in cherubim super eam.
3 Et imposuerunt arcam Dei super plaustrum novum tuleruntque eam de domo Abinadab, qui erat in colle. Oza autem et Ahio filii Abinadab minabant plaustrum:
4 Oza ambulabat iuxta arcam, et Ahio praecedebat eam.
5 David autem et omnis Israel ludebant coram Domino omni virtute in canticis et citharis et lyris et tympanis et sistris et cymbalis.
6 Postquam autem venerunt ad aream Nachon, extendit manum Oza ad arcam Dei et tenuit eam, quoniam boves lascivientes proruperunt.
7 Iratusque est indignatione Dominus contra Ozam et percussit eum super temeritate; qui mortuus est ibi iuxta arcam Dei.
8 Contristatus autem est David, eo quod diruptionem dirupisset Dominus in Ozam; et vocatum est nomen loci illius Pharesoza (id est Diruptio Ozae) usque in diem hanc.
9 Et extimuit David Dominum in die illa dicens: “ Quomodo ingredietur ad me arca Domini? ”.
10 Et noluit divertere ad se arcam Domini in civitate David, sed divertit eam in domum Obededom Getthaei.
11 Et habitavit arca Domini in domo Obededom Getthaei tribus mensibus, et benedixit Dominus Obededom et omnem domum eius.
12 Nuntiatumque est regi David: “ Benedixit Dominus Obededom et omnia eius propter arcam Dei ”. Abiit ergo David et adduxit arcam Dei de domo Obededom in civitatem David cum gaudio.
13 Cumque progressi essent, qui portabant arcam Domini, sex passus, immolavit bovem et vitulum saginatum,
14 et David saltabat totis viribus ante Dominum. Porro David erat accinctus ephod lineo.
15 Et David et omnis domus Israel ducebant arcam Domini in iubilo et in clangore bucinae.
16 Cumque intrasset arca Domini in civitatem David, Michol filia Saul prospiciens per fenestram vidit regem David subsilientem atque saltantem coram Domino et despexit eum in corde suo.
17 Et introduxerunt arcam Domini et posuerunt eam in loco suo in medio tabernaculi, quod tetenderat ei David; et obtulit David coram Domino holocausta et pacifica.
18 Cumque complesset offerens holocaustum et pacifica, benedixit populo in nomine Domini exercituum.
19 Et partitus est multitudini universae Israel tam viro quam mulieri singulis collyridam panis unam et laganum palmarum unum et palatham unam. Et abiit omnis populus unusquisque in domum suam.
20 Reversusque est et David, ut benediceret domui suae, et egressa Michol filia Saul in occursum David ait: “ Quam gloriosus fuit hodie rex Israel discooperiens se ante ancillas servorum suorum, quasi si nudetur unus de scurris! ”.
21 Dixitque David ad Michol: “ Ante Dominum salto. Benedictus Dominus, qui elegit me potius quam patrem tuum et quam omnem domum eius, ut constitueret me ducem super populum Domini, super Israel!
22 Ludam in conspectu Domini et vilior fiam plus quam factus sum et ero deiectus in oculis meis, sed apud ancillas, de quibus locuta es, gloriosior apparebo ”.
23 Igitur Michol filiae Saul non est natus filius usque ad diem mortis suae.
","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ii-samuelis_lt.html#6","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"38-39","from":19447.0,"to":19462.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":"Secondo libro di Samuele"}, {"Annotazione":"appella il Romano\nPontefice successor di s. Pietro, a cui da Ges\u00f9 Cristo fu detto\nTibi dabo claves regni caelorum: et quodcumque ligaveris super\nterram erit ligatum et in caelis, et quodcumque solveris<\/i> ec.\n[Matth.<\/i> 16] tal<\/b>, intende Clemente V — che palese e coverto\nNon ander\u00e0 con lui per un cammino<\/b>, che si opporr\u00e0 ad Arrigo e\ncon iscoperti, e con occulti provvedimenti.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
appella il Romano Pontefice successor di s. Pietro, a cui da Gesù Cristo fu detto Tibi dabo claves regni caelorum: et quodcumque ligaveris super terram erit ligatum et in caelis, et quodcumque solveris<\/i> ec. [Matth.<\/i> 16]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XVI 19","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tibi dabo claves regni caelorum; et quodcumque ligaveris super terram, erit ligatum in caelis, et quodcumque solveris super terram, erit solutum in caelis ”. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#16","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"142-144","from":30341.0,"to":30345.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"appella l'Inferno per lo stesso\nmotivo che morta gente<\/i> appella l'anime in quello condannate\n[Inf. VIII, 85].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Mondo defunto<\/strong> appella l'Inferno per lo stesso motivo che morta gente<\/i> appella l'anime in quello condannate [Inf. VIII, 85]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VIII 85","NotaFonte":"","TestoFonte":"va per lo regno de la morta gente?\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=8&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"21","from":16340.0,"to":16342.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"appella la nostr' anima~,\nperocch\u00e8 quella onde viviamo — senza mezzo<\/i>, intendi~, di\ncreatura alcuna<\/i> — spira<\/i>, inspira~, influisce — la somma\nbenignanza<\/i>, la somma bont\u00e0~, Iddio [beninanza<\/i> leggono\nl'edizioni diverse dalla Nidob.~], e l'innamora di se<\/i>, s\u00ec che\nec.  Fecisti nos Domine ad te<\/i>, et inquietum est cor nostrum\ndonec requiescat in te<\/i>, reca qu\u00ec a proposito il Venturi le\nparole di s.  Agostino.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
e l'innamora di se<\/i>, sì che ec.  Fecisti nos Domine ad te<\/i>, et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te<\/i>, reca quì a proposito il Venturi le parole di s.  Agostino.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q372941","LuogoFonte":"I i 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tu excitas, ut laudare te delectet, quia fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te","UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/confessioni\/index2.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"142-144","from":5828.0,"to":5830.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":"Confessioni"},
{"Annotazione":"appella la oggi detta Anagni<\/i> [citt\u00e0 in\nCampagna di Roma] anche Gio. Villani [Lib. 8 cap. 63] ed altri\nantichi scrittori — Fiordaliso<\/b>, giglio, figuratamente qu\u00ec per\nl'insegne della casa di Francia.  Racconta l'anzidetto Villani,\nche Stefano della Colonna, allor che per ordine di Filippo il\nBello Re di Francia portossi a catturare Bonifazio VIII nel\nsettembre del 1303, entr\u00f2 in Alagna con tre insegne del Re di\nFrancia<\/i><\/b> [Nel prec. luogo].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Alagna <\/strong>appella la oggi detta Anagni<\/i> [città in Campagna di Roma] anche Gio. Villani [Lib. 8 cap. 63]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"IX 63","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 337 (VIII 63): qui si legge \"Alagna\".","TestoFonte":"essendo papa Bonifazio co' suoi cardinali e con tutta la corte ne la città d'Anagna in Campagna, ond'era nato e in casa sua, non pensando né sentendo questo trattato, né prendendosi guardia, e s'alcuna cosa ne sentì, per suo grande cuore il mise a non calere, o forse, come piacque a Dio, per gli suoi grandi peccati, del mese di settembre MCCCIII, Sciarra della Colonna con genti a cavallo in numero di CCC, e a piè di sua amistà assai, soldata de' danari del re di Francia, colla forza de' signori da Ceccano, e da Supino, e d'altri baroni di Campagna, e de' figliuoli di messer Maffio d'Anagna, e dissesi co l'assento d'alcuno de' cardinali che teneano al trattato, e una mattina per tempo entrò in Anagna colle insegne e bandiere del re di Francia, gridando: «Muoia papa Bonifazio, e viva il re di Francia!»","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"86","from":20134.0,"to":20135.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"appella qu\u00ec ed altrove [Par. XXVI,\n120] Dante il Paradiso, imitando la frase della scrittura sacra,\nche lo appella concilium iustorum<\/i> [Psalm.<\/i> I v. 6] adunanza\nde' giusti.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Beato concilio <\/strong>appella quì ed altrove [Par. XXVI, 120] Dante il Paradiso<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXVI 120","NotaFonte":"","TestoFonte":"di sol desiderai questo concilio;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=93","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16","from":20697.0,"to":20699.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"appellando\nl'anima qu\u00ec ed altrove [Parad. XII. 127.~, XIV. 6.~, XX. 100.\nec.~], perocch\u00e8 quella~, onde viviamo~, dir vuole~, che l'anima\ndi Carlo Martello~, scesa a lui dentro in quel lume~, lasciando<\/i>\n[come nel precedente canto v. 26.  e seg.  avvis\u00f2] il giro pria\ncominciato in gli alti Serafini<\/i>, ora partendosi rivolta si era\nal Sol<\/i>, che la riempie<\/i>, a Dio che riempiela di beatitudine~,\nCome quel ben<\/i>, essendo Iddio quel bene~, ch'ad ogni cosa \u00e8\ntanto<\/i>, che a riempiere di se ogni cosa \u00e8 bastante [Esser\ntanto<\/i>, vale esser sufficiente<\/i>, bastare.<\/i>  Cos\u00ec 'l Vocabol.\ndella Cr.  sotto tanto<\/i>, nome.{paragraph}. 3.  Il Menzini nella\nCostruz.  irregolare della lingua Tosc.<\/i>  cap. 21.  intende in\nquesto passo per ellissi detto tanto<\/i> in vece di tanto quanto\n\u00e8 bastevole.<\/i>  Dicendo noi per\u00f2~, per cagion d'esempio~, aver\nalcuno roba tanta<\/i>, per roba molta<\/i>, me la sbrigherei io\nvolontieri con dire che tanto<\/i> vaglia qu\u00ec lo stesso che\nmolto<\/i>, o copioso.<\/i>]\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vita <\/strong>appellando l'anima quì ed altrove [Parad. XII. 127., XIV. 6, XX. 100. ec.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XII 127","NotaFonte":"","TestoFonte":" Io son la vita di Bonaventura","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=79&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-9","from":8060.0,"to":8085.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"aspetta di essere pi\u00f9 perfetta,\ncio\u00e8 compiuta nell'esser suo, di l\u00e0 dal suono dell'angelica\ntromba, quand'ella avr\u00e0 ripigliata sua carne, che di qua da esso\nsuono (v. 95), cio\u00e8 prima del giudizio universale.  \u00c8 dottrina\ndi Sant'Agostino, che «cum fiet resurrectio carnis, et bonorum\ngaudium maius erit, et malorum tormenta majora.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
È dottrina di Sant'Agostino, che «cum fiet resurrectio carnis, et bonorum gaudium maius erit, et malorum tormenta majora.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/in-joannis-evangelium-tractatus-cxxiv","LuogoFonte":"In Joannis Evangelium Tractatus CXXIV, XLIX, 10 [PL, 35, 1751]","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sed cum facta fuerit resurrectio, et bonorum gaudium amplius erit, et malorum tormenta graviora; quando cum corpore torquebuntur.","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=hW_YAAAAMAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"111","from":5773.0,"to":5776.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"attese, bad\u00f2.  Cos\u00ec pure nel Par.,\nXIII, 29; XV, 31.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"s'attese<\/strong>, attese, badò. Così pure nel Par., XIII, 29; XV, 31.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XIII, 29","NotaFonte":"","TestoFonte":"e attesersi a noi quei santi lumi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=80","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"13","from":14572.0,"to":14574.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"avendo tre teste; triplicata\ngolosit\u00e0.  — Caninamente<\/b>: a mo' di cane.  L'avverbio in\nmente<\/i> si legge qu\u00ec spezzato, come non di rado nei poeti; cfr.\nParad XXIV, 16, 17.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Caninamente<\/b>: a mo' di cane. L'avverbio in mente<\/i> si legge quì spezzato, come non di rado nei poeti; cfr. Parad XXIV, 16, 17.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXIV, 16-17","NotaFonte":"","TestoFonte":"così quelle carole, differente-
mente danzando","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=91&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"14","from":5060.0,"to":5063.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"avveduto, previdente come\nin ogni caso grave. — Digrignan li denti<\/b>, atto de' cani, che\nmostra e rabbia e cupidigia. Il Tommaseo: «Jer., Thr., II, 16:\nFischiarono e digrignarono i denti e dissero<\/i>: Divoreremo. \nInvece del fischio qui sentirete a1tro.» — Colle ciglia<\/i><\/b> ecc., \nammiccandosi. — Duoli<\/b>, dolori, guai.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Digrignan li denti<\/b>, atto de' cani, che mostra e rabbia e cupidigia.  Il Tommaseo: «Jer., Thr., II, 16: Fischiarono e digrignarono i denti e dissero<\/i>: Divoreremo. Invece del fischio qui sentirete altro.»  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q158825","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q179058","LuogoFonte":"Lamentationes II, 16","NotaFonte":"","TestoFonte":"Aperuerunt super te os suum omnes inimici tui; sibilaverunt et fremuerunt dentibus et dixerunt: “ Devoravimus<\/strong>; en ista est dies, quam exspectabamus: invenimus, vidimus ”","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_lamentationes_lt.html#2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=18375', 'Autore':'Niccol\u00f2 Tommaseo, 1837 [ed. of 1865]','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"130-132","from":20273.0,"to":20276.0,"NomeAutore":"Geremia","TitoloFonte":"Libro delle Lamentazioni"},
{"Annotazione":"bagnata dalle lagrime de'\npoltroni, come ha detto nel v. 68.  — diede<\/b>, esal\u00f2, vento,\nche balen\u00f2<\/b>, il quale fece balenare, una luce vermiglia.<\/b>  Per\ncapir ci\u00f2 basta supporre il poeta nostro del medesimo\nintendimento che riferisce Cicerone: Placet Stoicis eos\nanhelitus terrae, qui frigidi sint, cum fluere coeperint, ventos\nesse: cum autem se in nubem induerint, eiusque tenuissimam\nquamque partem coeperint dividere, atque disrumpere, idque\ncrebrius facere, & vehementius, tum & fulgura, & tonitrua\nexsistere<\/i> [De divinat.<\/i> lib. 2 n. 44].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per capir ciò basta supporre il poeta nostro del medesimo intendimento che riferisce Cicerone: Placet Stoicis eos anhelitus terrae, qui frigidi sint, cum fluere coeperint, ventos esse: cum autem se in nubem induerint, eiusque tenuissimam quamque partem coeperint dividere, atque disrumpere, idque crebrius facere, & vehementius, tum & fulgura, & tonitrua exsistere<\/i>.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2416205","LuogoFonte":"II 44","NotaFonte":"","TestoFonte":"Placet Stoicis eos anhelitus terrae, qui frigidi sint, cum fluere coeperint, ventos esse: cum autem se in nubem induerint, eiusque tenuissimam quamque partem coeperint dividere, atque disrumpere, idque crebrius facere, et vehementius, tum et fulgura, et tonitrua exsistere.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A2007.01.0034%3Abook%3D2%3Asection%3D44","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"133-134","from":2959.0,"to":2962.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":"De divinatione"},
{"Annotazione":"ballando — alzato<\/b> chiosano il\nLandino, Vellutello, ed altri, che vaglia quanto alzato i\npanni<\/i>, per potere pi\u00f9 speditamente ballare.  Non trovando noi\nper\u00f2 altro esempio in cui a tanto si faccia stendere il semplice\nalzare<\/i>, o alzato<\/i><\/b>, sembra preferibile il parere del Daniello\nche alzato<\/b> significhi alzato da terra<\/i><\/b>, in attual salto<\/i> —\nl'umile<\/i><\/b>, allusivamente alla risposta che fece Davide alla sua\nmoglie Micol, che per cotal danza riprendevalo d'avvilimento, et\nludam, et vilior fiam plus quam factus sum, et ero humilis in\noculis meis<\/i><\/b> [Reg. 2, 6]  — Salmista<\/b> appellasi il santo Re\nDavide comunemente pe' salmi da lui composti.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
l'umile<\/b>, allusivamente alla risposta che fece Davide alla sua moglie Micol, che per cotal danza riprendevalo d'avvilimento, et ludam, et vilior fiam plus quam factus sum, et ero humilis in oculis meis<\/i> [Reg. 2, 6].<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q19140595","LuogoFonte":"VI 22","NotaFonte":"Lombardi rimanda, secondo la Vulgata Clementina, al Secondo libro dei Re (VI 22).","TestoFonte":"Ludam in conspectu Domini et vilior fiam plus quam factus sum et ero deiectus in oculis meis, sed apud ancillas, de quibus locuta es, gloriosior apparebo","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ii-samuelis_lt.html#6","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"65","from":9583.0,"to":9584.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":"Secondo libro di Samuele"},
{"Annotazione":"barbute.  Questo verso \u00e8 quasi una\ntraduzione di quel di Virgilio, En. VI, 102:\n\n     Ut primum cessit furor, et rabida ora quierunt.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Questo verso è quasi una traduzione di quel di Virgilio, En. VI, 102:\r\n\r\n     Ut primum cessit furor, et rabida ora quierunt.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI, 102","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ut primum cessit furor et rabida ora quierunt","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+6.102&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"97","from":2710.0,"to":2711.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"basti dire che quella selva \u00e8\npoco meno amara della morte.  Ecclesiaste, VII, 27: «Inveni\namariorem morte.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
basti dire che quella selva è poco meno amara della morte.  Ecclesiaste, VII, 27: «Inveni amariorem morte.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131072","LuogoFonte":"Ecclesiaste VII, 26","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et invenio amariorem morte<\/strong> mulierem, quae laqueus venatorum est, et sagena cor eius, vincula sunt manus illius. Qui placet Deo, effugiet eam; qui autem peccator est, capietur ab illa.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiastes_lt.html#7","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"7","from":41.0,"to":49.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Qoelet"},
{"Annotazione":"cadde in potere de' discendenti (che\nperci\u00f2 furono grecamente detti gli Epigoni) e vendicatori de'\nsette re spenti nell'assedio di Tebe.  — La citt\u00e0 di Baco<\/b>,\nTebe, sacra a Bacco.  Di Baco<\/b> per Bacco<\/i>, che ancor oggi si\npronunzia cos\u00ec nell'alta Italia, ved. nota 17 al C. VIII.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
La città di Baco<\/b>, Tebe, sacra a Bacco.  Di Baco<\/b> per Bacco<\/i>, che ancor oggi si pronunzia così nell'alta Italia, ved. nota 17 al C. VIII.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VIII, 17","NotaFonte":"","TestoFonte":"sotto 'l governo d'un sol galeoto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=8","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"59","from":18835.0,"to":18837.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"camminate in guisa, che\nle vostre mani destre, il destro lato vostro corrisponda al di\nfuor del monte — furi<\/b> [in grazia della rima] o antitesi di\nfori<\/i>, che per fuori<\/i> fu scritto [Vedi la nota Inf. IX, 70], o\nsincope di fuori.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
fori<\/i>, che per fuori<\/i> fu scritto [Vedi la nota Inf. IX, 70]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IX 70","NotaFonte":"","TestoFonte":"li rami schianta, abbatte e porta fori;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=9","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"81","from":19066.0,"to":19070.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"camminava pensieroso; e cos\u00ec\nprepara una nuova scena, da luogo a Virgilio di somministrargli\nnuova scienza, e abbellisce il suo viaggio di quelle novit\u00e0, \nsenza le quali mancherebbe nel lettore l'utile e il dilettevole. \nLe parole di Virgilio, che ad onta d'un forse<\/b>, leggeva tutti i\npensieri dell'alunno (cf. Inf.<\/i>, XVI, 118-123; Purg.<\/i>, XV, \n127-129), ci fanno palese a che cosa Dante pensasse.  — E\nguardata<\/i><\/b>, custodita, difesa, perch\u00e8 non entri chi non deve.  —\nIra bestial<\/b>, bestia adirata, il Minotauro; che io ora spensi<\/b>, \nche fiaccai, che resi impotente a nuocerti; e lo fiacc\u00f2 appunto\nfacendolo montare in maggior ira, senza di che il Minotauro non\nsarebbesi mosso del suo posto, e Dante non saria potuto passar\noltre.  Dunque \u00e8 chiaro che errano a partito que' chiosatori che\nil spensi<\/b> riferiscono all'ira<\/b>, e non alla bestia irosa<\/i><\/b>, \nspiegando del quale Minotauro smorzai l'ira.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Le parole di Virgilio, che ad onta d'un forse<\/b>, leggeva tutti i pensieri dell'alunno (cf. Inf.<\/i>, XVI, 118-123; Purg.<\/i>, XV, 127-129), ci fanno palese a che cosa Dante pensasse.  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVI, 118-123","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ahi quanto cauti li uomini esser dienno 
presso a color che non veggion pur l'ovra,
ma per entro i pensier miran col senno!
El disse a me: “Tosto verrà di sovra
ciò ch'io attendo e che il tuo pensier sogna;
tosto convien ch'al tuo viso si scovra”. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=16","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31-33","from":10651.0,"to":10674.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"catacresi giudiziosissima. \nFerendosi gli occhi dal lume ad ugual modo che dalla voce\nferisconsi gli orecchi, applica il tacere<\/i>, ch'\u00e8 proprio della\nvoce, al non illuminare del Sole. Per la figura medesima fu dai\nLatini detto Luna silens, quando amplius non apparet<\/i> [Rob.\nSteph. Thesaur. ling. Lat.<\/i> art. Silens.<\/i>], e dir\u00e0 Dante\nancora\n\n Io venni in luogo d'ogni luce muto<\/i> \n [Inf. V, 28].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dove 'l sol tace.<\/strong> Catacresi giudiziosissima. Ferendosi gli occhi dal lume ad ugual modo che dalla voce ferisconsi gli orecchi, applica il tacere<\/i>, ch'è proprio della voce, al non illuminare del Sole.  Per la figura medesima [...] dirà Dante ancora  Io venni in luogo d'ogni luce muto<\/i> .<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V 28","NotaFonte":"","TestoFonte":"Io venni in luogo d'ogni luce muto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=5&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"60","from":442.0,"to":446.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"catacresi, per manda<\/i>, dall'appellarsi\npiovere<\/i> il mandar acqua che fa il cielo — fiato<\/b> per vento<\/i><\/b>\nadoperato anche Inf. v. 42, ed \u00e8 pure adoprato dal Petrarca, e da\naltri.  Vedi 'l Vocab. della Cr.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
fiato<\/b> per vento <\/i>adoperato anche Inf. V 42<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V 42","NotaFonte":"","TestoFonte":"così quel fiato li spiriti mali","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"108","from":32730.0,"to":32731.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"catacresi, per prive\nd'intelligenza<\/i> — quest'arco saetta<\/b>, per quest'ordine tocca<\/i><\/b>;\nespressione metaforica allusiva, probabilmente, alle amorose\ninclinazioni, che secondo le favole l'arco di Cup\u00ecdo saettando\ninsinua.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
quest'arco saetta<\/b>, per quest'ordine tocca<\/i>; espressione metaforica allusiva, probabilmente, alle amorose inclinazioni, che secondo le favole l'arco di Cupìdo saettando insinua.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"I 452-465","NotaFonte":"","TestoFonte":"Primus amor Phoebi Daphne Peneia, quem non
fors ignara dedit, sed saeva Cupidinis ira.
Delius hunc, nuper victa serpente superbus,
viderat adducto flectentem cornua nervo
“quid” que “tibi, lascive puer, cum fortibus armis?”
dixerat, “ista decent umeros gestamina nostros,
qui dare certa ferae, dare vulnera possumus hosti,
qui modo pestifero tot iugera ventre prementem
stravimus innumeris tumidum Pythona sagittis.
Tu face nescio quos esto contentus amores
inritare tua, nec laudes adsere nostras.”
Filius huic Veneris “figat tuus omnia, Phoebe,
te meus arcus:” ait “quantoque animalia cedunt
cuncta deo tanto minor est tua gloria nostra.”","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:1.452-1.524","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"118-119","from":813.0,"to":825.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"cerchio, sferza la colpa della\n'nvidia<\/b>, corregge l'invidioso. Parla del corregger cotale come\ndell'addestrare un indomito puledro; per cui cio\u00e8 abbisogna e la\nferza per farlo muovere verso dove si vuol che vada, ed il freno\nper ritrarlo da dove si vuol che non vada; e dice, che le di\nfresco udite voci sono la ferza; e siccome sono voci d'amoroso\ninvito, per\u00f2, con nuovo traslato dalle corde della ferza a quelle\ndi un musicale instrumento, dicele tratte<\/b>, trattate, tocche da\namore<\/b>: ma che lo fren<\/b>, cio\u00e8 le voci frenanti gl'invidiosi dal\ncorrere nel loro vizio, vuol esser del contrario suono<\/b>, dee\nessere di voci minacciose, di voci commemoranti i severi divini\ngastighi scaricati sopra gl'invidiosi; come saranno quelle del\nseguente canto ai versi 133 e 139:\n\n Anciderammi qualunque mi prende.<\/i>\n Io sono Aglauro, che divenni sasso.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dice [...] che lo fren<\/b>, cioè le voci frenanti gl'invidiosi dal correre nel loro vizio, vuol esser del contrario suono<\/b>, dee essere di voci minacciose, di voci commemoranti i severi divini gastighi scaricati sopra gl'invidiosi; come saranno quelle del seguente canto ai versi 133 e 139:\r\n     Anciderammi qualunque mi prende.<\/i>\r\n     Io sono Aglauro, che divenni sasso.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XIV 133, 139","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Anciderammi qualunque m'apprende\";
[...]
\"Io sono Aglauro che divenni sasso\";","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=48","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"37-40","from":12353.0,"to":12355.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"cfr. Inf. V, 117. — La tristizia\nsecondo Iddio produce penitenza e salute,.... ma la tristizia del\nmondo produce la morte. II Corint. VII, 10.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
cfr. Inf. V, 117<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V, 116-117","NotaFonte":"","TestoFonte":"Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=5&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"3","from":28187.0,"to":28188.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"cfr. Ov., Met.<\/i> IV 585, di Cadmo:\n«Ille quidem vult plura loqui; sed lingua repente In partes est\nfissa duas».\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","FrammentoNota":"
cfr. Ov., Met.<\/i> IV 585, di Cadmo: «Ille quidem vult plura loqui; sed lingua repente In partes est fissa duas».<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"IV, 586-587","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ille quidem vult plura loqui, sed lingua repente
in partes est fissa duas:","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D4%3Acard%3D563","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"134","from":24598.0,"to":24600.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"ch'ella per legge fece lecito\nchecch\u00e8 piacesse in materia di nozze e di veneree soddisfazioni. \nPaolo Orosio, autore famigliarissimo a Dante, narra di\nSemiramide: «Praecepit ut inter parentes et filios, nulla\ndelata reverentia naturae, de coniugiis adpetendis ut cuique\nlibitum esset, liberum foret.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Paolo Orosio, autore famigliarissimo a Dante, narra di Semiramide: «Praecepit ut inter parentes et filios, nulla delata reverentia naturae, de coniugiis adpetendis ut cuique libitum esset, liberum foret.» <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q311456","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3997210","LuogoFonte":"Historiae adversus paganos I, iv, 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"praecepit enim, ut inter parentes ac filios nulla delata reuerentia naturae de coniugiis adpetendis ut cuique libitum esset liberum fieret","UrlFonte":"http:\/\/www.thelatinlibrary.com\/orosius\/orosius1.shtml#4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"56","from":4374.0,"to":4376.0,"NomeAutore":"Paolo Orosio","TitoloFonte":"Historiarum adversus paganos libri septem"},
{"Annotazione":"che\nspiravano solamente santi pensieri.  Daniello.  Aveano spirito<\/i>\nleggono l'edizioni diverse dalla Nidobeatina.  D'avieno<\/i> per\u00f2\nper aveano<\/i> vedi Inf. IX, 39 e XXXIV, 40.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
D'avieno<\/i> però per aveano<\/i> vedi Inf. IX, 39 e XXXIV, 40.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IX 39","NotaFonte":"","TestoFonte":"che membra feminine avieno e atto,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=9","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"15","from":19287.0,"to":19294.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"che a' danni del prossimo falsificano\nmetalli e monete.  — che qu\u00ec registra.<\/b>  Parlando Dante di\nquella Infernal bolgia otto versi sopra disse Tal era quivi<\/i>\n{v.50}, in quel luogo.  Adunque qu\u00ec<\/i><\/b> nel presente verso non\nquella bolgia, ma questo mondo significa; e che registri qu\u00ec la\ndivina giustizia i falsatori, che di l\u00e0 punisce<\/i><\/b>, vale quanto,\nche registri, noti, i peccati de' falsatori in questo mondo, per\npoi punirli nell'altro: ed \u00e8 maniera di parlare figurata,\ncorrispondente a quella del sacro ritmo Dies irae<\/i>:\n\n     Liber scriptus proferetur<\/i>,\n        In quo totum continetur<\/i>,\n        Unde mundus iudicetur.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Che registri quì la divina giustizia i falsatori, che di là punisce<\/i>, vale quanto, che registri, noti, i peccati de' falsatori in questo mondo, per poi punirli nell'altro: ed è maniera di parlare figurata, corrispondente a quella del sacro ritmo Dies irae<\/i>: \r\n     Liber scriptus proferetur<\/i>,\r\n        In quo totum continetur<\/i>,\r\n        Unde mundus iudicetur.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q354523","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q83771","LuogoFonte":"13-15","NotaFonte":"","TestoFonte":"Liber scriptus proferetur, 
In quo totum continetur,
Unde mundus iudicetur.","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/greatdir00thom\/page\/30\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"57","from":28175.0,"to":28181.0,"NomeAutore":"Tommaso da Celano","TitoloFonte":"Dies irae"}, {"Annotazione":"che assediarono Tebe per rimettervi\nPolinice; e furono Adrasto, Polinice, Tideo, Ippomedonte,\nAnfiarao, Partenopeo, e Capaneo. Vedi Stazio nella Tebaide. \nVolpi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sette regi <\/strong>che assediarono Tebe per rimettervi Polinice; e furono Adrasto, Polinice, Tideo, Ippomedonte, Anfiarao, Partenopeo, e Capaneo.  Vedi Stazio nella Tebaide<\/em>. Volpi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q243203","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2708117","LuogoFonte":"","NotaFonte":"","TestoFonte":"","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1020.phi001.perseus-lat1:1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"68","from":13016.0,"to":13018.0,"NomeAutore":"Publio Papinio Stazio","TitoloFonte":"Tebaide"},
{"Annotazione":"che avevo tutti i capelli rizzati per\nl'orrore.  Virgilio: «Steteruntque comae.»  Altri d'error<\/b>; ma\nsarebbe assai meno evidente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
che avevo tutti i capelli rizzati per l'orrore.  Virgilio: «Steteruntque comae.» <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis II, 774","NotaFonte":"","TestoFonte":"Obstipui, steteruntque comae et vox faucibus haesit.","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D2%3Acard%3D752","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31","from":2239.0,"to":2248.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"che condensa, stringe l'aria in\nnebbia.  Virgilio: «In nubem cogitur a\u00ebr.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Che l'aere stipa<\/b>, che condensa, stringe l'aria in nebbia. Virgilio: «In nubem cogitur aër.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis V, 20","NotaFonte":"","TestoFonte":"consurgunt venti, atque in nubem cogitur aër.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D5%3Acard%3D1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"36","from":30114.0,"to":30118.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"che debbono essere congiunte\nalla bont\u00e0, esser date a' buoni.  — E<\/b>, invece.  Vite de' SS.\nPadri, IV, 305. «Credendo baciare loro, ed ei baciava le\npentole.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
E<\/b>, invece. Vite de' SS. Padri, IV, 305. «Credendo baciare loro, ed ei baciava le pentole.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/wiki\/Q3712952","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/vite-dei-santi-padri","LuogoFonte":"Vite dei santi padri, s. Nastasia","NotaFonte":"Il testo riportato \u00e8 tratto da \"Vite di alcuni santi scritte nel buon secolo della lingua toscana\", to. V, Milano, Giovanni Silvestri, 1830, p. 245 di cui si riporta il link.","TestoFonte":"E avendo auta volontà incontro a loro il perfetto, imperciocché erano bellissime, entrò egli solo nella cucina, e per giudicio di Dio, credendo abbracciare e baciare loro, ed e' baciava ed abbracciava le pentole e laveggi e l'altre vasella della cucina, e non se ne avvedea.","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=M_eAio2_tCoC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"2-3","from":17442.0,"to":17445.0,"NomeAutore":"Domenico Cavalca","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"che di veder io non\ndesiderai maggiormente di quello desidero che vegga egli. \nAccennasi mosso da vera carit\u00e0, a norma del divino precetto\nDiliges proximum tuum sicut te ipsum.<\/i>  Matt.<\/i> 19.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Accennasi mosso da vera carità, a norma del divino precetto Diliges proximum tuum sicut te ipsum.<\/i>  Matt.<\/i> 19.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XIX 19","NotaFonte":"","TestoFonte":"diliges proximum tuum sicut teipsum","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#19","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"28-29","from":32549.0,"to":32553.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"che fa l'uomo odioso al cielo.  San\nTommaso: Ch'odio<\/b> ec., che fa l'uomo odioso al cielo. San Tommaso: «I peccatori, inquantochè peccatori, sono in odio a Dio<\/b>.» ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","Fonte":"","LuogoFonte":"","NotaFonte":"Data la genericit\u00e0 del rinvio e l'uso della traduzione al posto dell'originale latino, la fonte tomistica \u00e8 difficilmente identificabile.","TestoFonte":"","UrlFonte":"","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"22","from":9765.0,"to":9767.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"che fece correr sanguigna\nl'Arbia, fiume presso Montaperti nel contado di Siena, dove addi\n4 sett. 1260 i guelfi furono con tanta strage sconfitti\nda' ghibellini, che da s\u00e8 stessi abbandonaron loro Firenze (Gio.\nVillani, VI, 80).  Tornati poi nel sessantasei, non\ndimenticaron mai la parte che a quel loro disastro avevano avuta\ngli Uberti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
che fece correr sanguigna l'Arbia, fiume presso Montaperti nel contado di Siena, dove addi 4 sett. 1260 i guelfi furono con tanta strage sconfitti da' ghibellini, che da sè stessi abbandonaron loro Firenze (Gio. Villani, VI, 80).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica VII, 78","NotaFonte":"","TestoFonte":"Preso il mal consiglio per lo popolo di Firenze che l’oste si facesse, richiesono loro amistadi d’aiuto, i quali, i Lucchesi vennero per comune popolo e cavalieri, e’ Bolognesi, e’ Pistolesi, e’ Pratesi, e’ Volterrani, e’ Saminiatesi, e San Gimignano, e Colle di Valdelsa ch’erano in taglia col Comune e popolo di Firenze; e in Firenze aveva VIIIc cavallate de’ cittadini, e più di Vc soldati. E raunata la detta gente in Firenze, si partì l’oste all’uscita d’agosto, e menarono per pompa e grandigia il carroccio, e una campana che si chiamava Martinella in su uno carro con uno castello di legname a ruote, e andarvi quasi tutto il popolo colle insegne delle compagnie, e non rimase casa né famiglia di Firenze, che non v’andasse pedone a piè o a cavallo, il meno uno per casa, e di tali due, e più, secondo ch’erano potenti. E quando si trovaro in sul contado di Siena al luogo ordinato in sul fiume d’Arbia, nel luogo detto Monte Aperti, con Perugini e Orbitani che là s’aggiunsono co’ Fiorentini, si ritrovaro più di IIIm cavalieri e più di XXXm pedoni. In questo apparecchio dell’oste de’ Fiorentini, i sopradetti maestri del trattato ch’erano in Siena, acciò che pienamente venisse fornito, anche mandarono a Firenze altri frati a trattare tradimento con certi grandi e popolani ghibellini ch’erano rimasi in Firenze, e doveano venire per comune nell’oste, che come fossono assembiati, si dovessono da più parti fuggire delle schiere, e tornare dalla loro parte, per isbigottire l’oste de’ Fiorentini, parendo a·lloro avere poca gente a comparazione de’ Fiorentini; e così fu fatto. Avenne che, essendo la detta oste in su i colli di Monte Aperti, e’ savi anziani guidatori dell’oste e del trattato attendeano che per gli traditori d’entro fosse loro data la porta promessa. Uno grande popolare di Firenze di porte San Piero, ch’era Ghibellino, e avea nome il Razzante, avendo alcuna cosa spirato dell’attendere dell’oste de’ Fiorentini, con volontà de’ Ghibellini del campo ch’erano al tradimento, gli fu commesso ch’entrasse in Siena, ond’egli si fuggì a cavallo del campo per fare assapere agli usciti di Firenze come si dovea tradire la città di Siena, e come i Fiorentini erano bene in concio, e con molta potenza di cavalieri e di popolo, e per dire a que’ d’entro che non s’avisassono a battaglia. E giunto in Siena, e scoperte queste cose a’ detti messer Farinata e messer Gherardo trattatori, sì gli dissono: «Tu ci uccideresti, se tu ispandessi queste novelle per Siena, imperciò che ogni uomo faresti impaurire, ma vogliamo che dichi il contrario; imperciò che se ora ch’avemo questi Tedeschi non si combatte, noi siamo morti, e mai non ritorneremo in Firenze; e per noi farebbe meglio la morte e d’essere isconfitti, ch’andare più tapinando per lo mondo»; e facea per loro di mettersi a la fortuna della battaglia. Il Razzante assettato da’ detti, intese e promise di così dire; e con una ghirlanda in capo, co’ detti a cavallo, mostrando grande allegrezza, venne al parlamento al palagio ov’era tutto il popolo di Siena, e’ Tedeschi, e l’altre amistadi; e in quello con lieta faccia disse le novelle larghe da parte de’ Ghibellini e traditori del campo, e come l’oste si reggea male, e erano male guidati, e peggio in concordia, e che assalendogli francamente, di certo erano sconfitti. E fatto il falso rapporto per Razzante, a grido di popolo si mossono tutti ad arme dicendo: «Battaglia, battaglia!». I Tedeschi vollono promessa di paga doppia, e così fue fatto; e loro schiera misono innanzi all’asalto per la detta portadi San Vito, che dove’ a’ Fiorentini essere data; e gli altri cavalieri e popolo usciro appresso. Quando quegli dell’oste ch’attendeano che fosse loro data la porta vidono uscire i Tedeschi e l’altra cavalleria e popolo fuori di Siena inverso loro con vista di combattere, sì·ssi maravigliarono forte e non sanza isbigottimento grande, veggendo il sùbito avenimento e assalto non proveduto; e maggiormente gli fece isbigottire che più Ghibellini ch’erano nel campo a cavallo e a piè, veggendo appressare le schiere de’ nemici, com’era ordinato il tradimento, si fuggirono da l’altra parte; e ciò furono di que’ della Pressa, e degli Abati, e più altri. E però non lasciarono i Fiorentini e l’altra loro amistade di fare loro schiere, e attendere la battaglia. E come la schiera de’ Tedeschi rovinosamente percosse la schiera de’ cavalieri de’ Fiorentini ov’era la ’nsegna della cavalleria del Comune, la quale portava messer Jacopo del Naca della casa de’ Pazzi di Firenze, uomo di grande valore, il traditore di messer Bocca degli Abati, ch’era in sua schiera e presso di lui, colla spada fedì il detto messer Jacopo e tagliogli la mano co la quale tenea la detta insegna, e ivi fu morto di presente. E ciò fatto, la cavalleria e popolo veggendo abattuta la ’nsegna, e così traditi da·lloro, e da’ Tedeschi sì forte assaliti, in poco d’ora si misono innisconfitta. Ma perché la cavalleria di Firenze prima s’avidono del tradimento, non ne rimasono che XXXVI uomini di nome di cavallate tra morti e presi. Ma la grande mortalità e presura fue del popolo di Firenze a piè, e di Lucchesi, e Orbitani, però che si rinchiusono nel castello di Monte Aperti, e tutti furono presi; ma più di MMD ne rimasono al campo morti, e più di MD presi pur de’ migliori del popolo di Firenze di ciascuna casa, e di Lucca, e degli altri amici che furono a la detta battaglia. E così s’adonò la rabbia dell’ingrato e superbio popolo di Firenze; e ciò fu uno martedì, a dì IIII di settembre, gli anni di Cristo MCCLX; e rimasevi il carroccio, e la campana detta Martinella, con innumerabile preda d’arnesi di Fiorentini e di loro amistade. E allora fu rotto e annullato il popolo vecchio di Firenze, ch’era durato intante vittorie e grande signoria e stato per X anni.","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"86","from":9244.0,"to":9248.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"che fosse ivi Dante in\nanima e corpo ne ha dubitato nel precedente canto v. 73 e segg. \nCoerentemente a cotal dubbio parla qu\u00ec condizionatamente, e dice,\nS'io colass\u00f9 era corpo<\/i> [quasi aggiunga, come v'\u00e8 dubbio, che\nfossi<\/i>], e qu\u00ec non<\/b> ec. [questo coi due v. segg. \u00e8 una\ninteriezione]: e qu\u00ec 'n terra non si concepisce [Di concepe<\/b> per\nconcepisce<\/i><\/b> vedi 'l Prospetto di verbi Tosc.<\/i> sotto il verbo\nconcepire<\/i> n. 3], com'una dimensione<\/i><\/b> [l'aggiunto pe 'l\nsubbietto, la dimensione<\/b>, o sia estensione, pe 'l corpo,\nmetonimia] altra pat\u00eco<\/b>, altra dimensione ammise, sofferse con\nse nel medesimo luogo.  Pat\u00eco<\/i><\/b> per pat\u00ec<\/i><\/b>, paragoge in grazia\ndella rima.  — Ch'esser convien se corpo in corpo repe<\/b>: vale\nquanto Il che<\/i> [Del Che<\/i> per il che<\/i> vedi Cinon. Partic.<\/i> 44,\n11] conviene che accada se corpo in corpo s'insinua, si\ncompenetra<\/i>: ed essendo questo verso una interiezione o\nparentesi, i due precedenti versi non legano con esso, ma co'\nseguenti, Accender ne dovria<\/i><\/b> ec.: cio\u00e8, se noi qu\u00ec 'n terra non\ncapiamo come una dimensione si penetri con altra, vie pi\u00f9\ndovremmo desiderare di vedere alla scoperta quella divina\nessenza, in cui non solo comprenderemo come corpo con corpo\npenetrare per divino volere si possa, ma ogn'altra pi\u00f9 mirabil\ncosa, e per fino come si uniscano in Cristo in unit\u00e0 di persona\nla divina natura e l'umana.\n\n\tRepere<\/i><\/b> [chiosa qu\u00ec 'l Venturi] dice la Crusca,\nallegando il Buti, significar propriamente entrar sotto, cio\u00e8\nsottentrare; quando sottentrare non \u00e8 entrar sotto, ma entrare\nnel luogo abbandonato e lasciato libero gi\u00e0 da un altro; e\npropriamente repere in Latino significa andar carpone,\nbrancolando, o strisciandosi per terra.<\/i>\n\n\tIl comentatore [risponde lui il Rosa Morando] aduna qu\u00ec\nmalizie e spropositi per pure opporre a questa sgraziata Crusca. \nDel significato di repere<\/i> in quel Vocabolario non s'ha parola:\nsi cita il verso di Dante, e vi si soppone la sposizion del Buti,\nse corpo in corpo repe<\/b>; cio\u00e8 se corpo entra latentemente in un\naltro corpo.<\/i><\/b>  Mirabil tratto d'accortezza \u00e8 poi quel cangiare\nl'entrar sotto<\/i> in sottentrare<\/i>, che significa alcuna volta per\ntraslazione l'entrar in luogo lasciato prima da altri voto: e\nmirabile sproposito si \u00e8 pur l'affermare, che il verbo\nsottentrare<\/i> significar non possa entrar sotto<\/i>, mentre questa\n\u00e8 la sua propria sigificazione, e il negar questo \u00e8 lo stesso che\nnegare, che soprapporre<\/i>, e sottomettere<\/i> significhi metter\nsotto<\/i>, e por sopra<\/i>, e cos\u00ec dicasi di tutti i verbi composti di\ndue dizioni.  Quanto poi alla voce repere<\/i>, ch'\u00e8 derivata dal\nGreco %epsilon%pi%rho%omega\\ per metatesi, si usava \u00e8 vero presso\ni Latini quando di quegli animali si parlava, che o cortissime\ngambe hanno, o striscian la pancia per terra, come la lucerta e\nla vipera, e quindi rettili<\/i> fur chiamati.  Ma \u00e8 vero altres\u00ec\nche dai Latini s'usava parlando anche delle radici degli arbori\nche si diffondon sotterra e propagano: Spatium autem radicibus,\nqua<\/i> repant, lapides praebent<\/i>, si ha in Columella [Lib. 8]: e\ncos\u00ec con simigliante significato us\u00f2 qu\u00ec questa voce il poeta\nnostro per esprimere il penetrare d'un corpo in un altro corpo.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
che fosse ivi Dante in anima e corpo ne ha dubitato nel precedente canto v. 73 e segg. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. I 73-75","NotaFonte":"","TestoFonte":"S'i' era sol di me quel che creasti
novellamente, amor che 'l ciel governi,
tu 'l sai, che col tuo lume mi levasti.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=68","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"37-42","from":1223.0,"to":1227.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"che fu presa per il\nproprio padre di altro amore che quello a{lla} figliuola\nconcesso. Ovidio, Art. am., I: «Myrrha patrem, sed non ut filia\ndebet, amavit.» L'amore di Mirra per Ciniro suo padre \u00e8\ndistesamente narrato nel X delle Metamorfosi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Che divenne Al padre<\/b> ec., che fu presa per il proprio padre di altro amore che quello a{lla} figliuola concesso. Ovidio, Art. am., I: «Myrrha patrem, sed non ut filia debet, amavit.» L'amore di Mirra per Ciniro suo padre è distesamente narrato nel X delle Metamorfosi.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"Metamorphoseon libri X, 298-502","NotaFonte":"","TestoFonte":"Editus hac ille est, qui, si sine prole fuisset,
inter felices Cinyras potuisset haberi.
Dira canam: procul hinc natae, procul este parentes!
Aut, mea si vestras mulcebunt carmina mentes,
desit in hac mihi parte fides, nec credite factum,
vel, si credetis, facti quoque credite poenam.
Si tamen admissum sinit hoc natura videri,
gentibus Ismariis et nostro gratulor orbi,
gratulor huic terrae, quod abest regionibus illis,
quae tantum genuere nefas. Sit dives amomo
cinnamaque costumque suum sudataque ligno
tura ferat floresque alios Panchaia tellus,
dum ferat et murram: tanti nova non fuit arbor.
Ipse negat nocuisse tibi sua tela Cupido,
Myrrha, facesque suas a crimine vindicat isto.
Stipite te Stygio tumidisque adflavit echidnis
e tribus una soror. Scelus est odisse parentem:
hic amor est odio maius scelus. Undique lecti
te cupiunt proceres, totoque oriente iuventus
ad thalami certamen adest. Ex omnibus unum
elige, Myrrha, virum: dum ne sit in omnibus unus.
Illa quidem sentit foedoque repugnat amori
et secum “quo mente feror? quid molior?” inquit:
“di, precor, et pietas sacrataque iura parentum,
hoc prohibete nefas scelerique resistite nostro, —
si tamen hoc scelus est. Sed enim damnare negatur
hanc venerem pietas, coeuntque animalia nullo
cetera delicto. Nec habetur turpe iuvencae
ferre patrem tergo, fit equo sua filia coniunx,
quasque creavit init pecudes caper, ipsaque, cuius
semine concepta est, ex illo concipit ales.
Felices, quibus ista licent! Humana malignas
cura dedit leges, et quod natura remittit,
invida iura negant. Gentes tamen esse feruntur,
in quibus et nato genetrix et nata parenti
iungitur, ut pietas geminato crescat amore.
Me miseram, quod non nasci mihi contigit illic,
fortunaque loci laedor! — Quid in ista revolvor?
Spes interdictae discedite! Dignus amari
ille, sed ut pater, est. — Ergo si filia magni
non essem Cinyrae, Cinyrae concumbere possem;
nunc quia iam meus est, non est meus, ipsaque damno
est mihi proximitas: aliena potentior essem.
Ire libet procul hinc patriaeque relinquere fines,
dum scelus effugiam. Retinet malus ardor amantem,
ut praesens spectem Cinyram tangamque loquarque
osculaque admoveam, si nil conceditur ultra.
Ultra autem spectare aliquid potes, impia virgo?
Et quot confundas et iura et nomina, sentis!
Tune eris et matris paelex et adultera patris?
Tune soror nati genetrixque vocabere fratris?
Nec metues atro crinitas angue sorores,
quas facibus saevis oculos atque ora petentes
noxia corda vident? At tu, dum corpore non es
passa nefas, animo ne concipe, neve potentis
concubitu vetito naturae pollue foedus.
Velle puta: res ipsa vetat. Pius ille memorque est
moris — et o vellem similis furor esset in illo!”
Dixerat, at Cinyras, quem copia digna procorum,
quid faciat, dubitare facit, scitatur ab ipsa
nominibus dictis, cuius velit esse mariti.
Illa silet primo, patriisque in vultibus haerens
aestuat et tepido suffundit lumina rore.
Virginei Cinyras haec credens esse timoris,
flere vetat siccatque genas atque oscula iungit.
Myrrha datis nimium gaudet: consultaque, qualem
optet habere virum, “similem tibi” dixit. At ille
non intellectam vocem conlaudat et “esto
tam pia semper” ait. Pietatis nomine dicto
demisit vultus sceleris sibi conscia virgo.
Noctis erat medium, curasque et corpora somnus
solverat. At virgo Cinyreia pervigil igni
carpitur indomito furiosaque vota retractat.
Et modo desperat, modo vult temptare, pudetque
et cupit, et, quid agat, non invenit. Utque securi
saucia trabs ingens, ubi plaga novissima restat,
quo cadat, in dubio est omnique a parte timetur:
sic animus vario labefactus vulnere nutat
huc levis atque illuc momentaque sumit utroque.
Nec modus aut requies, nisi mors, reperitur amoris.
Mors placet. Erigitur laqueoque innectere fauces
destinat et zona summo de poste revincta
“care vale Cinyra causamque intellege mortis!”
dixit et aptabat pallenti vincula collo.
Murmura verborum fidas nutricis ad aures
pervenisse ferunt limen servantis alumnae.
Surgit anus reseratque fores, mortisque paratae
instrumenta videns spatio conclamat eodem
seque ferit scinditque sinus ereptaque collo
vincula dilaniat. Tum denique flere vacavit,
tum dare complexus laqueique requirere causam.
Muta silet virgo terramque inmota tuetur
et deprensa dolet tardae conamina mortis.
Instat anus canosque suos et inania nudans
ubera per cunas alimentaque prima precatur,
ut sibi committat, quidquid dolet. Illa rogantem
aversata gemit. Certa est exquirere nutrix
nec solam spondere fidem: “dic” inquit “opemque
me sine ferre tibi; non est mea pigra senectus.
Seu furor est, habeo, quae carmine sanet et herbis,
sive aliquis nocuit, magico lustrabere ritu,
ira deum sive est, sacris placabilis ira.
Quid rear ulterius ? Certe fortuna domusque
sospes et in cursu est, vivit genetrixque paterque.”
Myrrha, patre audito, suspiria duxit ab imo
pectore. Nec nutrix etiamnum concipit ullum
mente nefas, aliquemque tamen praesentit amorem;
propositique tenax, quodcumque est, orat, ut ipsi
indicet, et gremio lacrimantem tollit anili
atque ita complectens infirmis membra lacertis
“sensimus,” inquit “amas! sed et hic mea (pone timorem)
sedulitas erit apta tibi, nec sentiet umquam
hoc pater.” Exsiluit gremio furibunda torumque
ore premens “discede, precor, miseroque pudori
parce!” ait. Instanti “discede, aut desine” dixit
“quaerere, quid doleam: scelus est, quod scire laboras.”
Horret anus tremulasque manus annisque metuque
tendit et ante pedes supplex procumbit alumnae
et modo blanditur, modo, si non conscia fiat,
terret; et indicium laquei coeptaeque minatur
mortis et officium commisso spondet amori.
Extulit illa caput lacrimisque implevit obortis
pectora nutricis; conataque saepe fateri
saepe tenet vocem, pudibundaque vestibus ora
texit et “o” dixit “felicem coniuge matrem!”
Hactenus, et gemuit. Gelidus nutricis in artus
ossaque (sensit enim) penetrat tremor, albaque toto
vertice canities rigidis stetit hirta capillis.
Multaque, ut excuteret diros, si posset, amores,
addidit: at virgo scit se non falsa moneri,
certa mori tamen est, si non potiatur amore.
“Vive,” ait haec “potiere tuo” — et, non ausa “parente”
dicere, conticuit promissaque numine firmat.
Festa piae Cereris celebrabant annua matres
illa, quibus nivea velatae corpora veste
primitias frugum dant spicea serta suarum
perque novem noctes venerem tactusque viriles
in vetitis numerant. Turba Cenchreis in illa
regis adest coniunx, arcanaque sacra frequentat.
Ergo legitima vacuus dum coniuge lectus,
nacta gravem vino Cinyram male sedula nutrix,
nomine mentito veros exponit amores
et faciem laudat. Quaesitis virginis annis
“par” ait “est Myrrhae.” Quam postquam adducere iussa est
utque domum rediit, “gaude mea” dixit “alumna:
vicimus.” Infelix non toto pectore sentit
laetitiam virgo, praesagaque pectora maerent;
sed tamen et gaudet: tanta est discordia mentis.
Tempus erat, quo cuncta silent, interque triones
flexerat obliquo plaustrum temone Bootes:
ad facinus venit illa suum. Fugit aurea caelo
luna, tegunt nigrae latitantia sidera nubes:
nox caret igne suo. Primus tegis, Icare, vultus
Erigoneque pio sacrata parentis amore.
Ter pedis offensi signo est revocata, ter omen
funereus bubo letali carmine fecit:
it tamen, et tenebrae minuunt noxque atra pudorem;
nutricisque manum laeva tenet, altera motu
caecum iter explorat. Thalami iam limina tangit,
iamque fores aperit, iam ducitur intus: at illi
poplite succiduo genua intremuere, fugitque
et color et sanguis, animusque relinquit euntem.
Quoque suo propior sceleri est, magis horret, et ausi
paenitet, et vellet non cognita posse reverti.
Cunctantem longaeva manu deducit et alto
admotam lecto cum traderet “accipe,” dixit
“ista tua est, Cinyra” devotaque corpora iunxit.
Accipit obsceno genitor sua viscera lecto
virgineosque metus levat hortaturque timentem.
Forsitan aetatis quoque nomine “filia” dixit,
dixit et illa “pater,” sceleri ne nomina desint.
Plena patris thalamis excedit et impia diro
semina fert utero conceptaque crimina portat.
Postera nox facinus geminat. Nec finis in illa est:
cum tandem Cinyras, avidus cognoscere amantem
post tot concubitus, inlato lumine vidit
et scelus et natam, verbisque dolore retentis
pendenti nitidum vagina deripit ensem.
Myrrha fugit, tenebrisque et caecae munere noctis
intercepta neci est: latosque vagata per agros
palmiferos Arabas Panchaeaque rura reliquit;
perque novem erravit redeuntis cornua lunae,
cum tandem terra requievit fessa Sabaea;
vixque uteri portabat onus. Tum nescia voti
atque inter mortisque metus et taedia vitae
est tales complexa preces: “O siqua patetis
numina confessis, merui nec triste recuso
supplicium. Sed ne violem vivosque superstes
mortuaque exstinctos, ambobus pellite regnis
mutataeque mihi vitamque necemque negate.”
Numen confessis aliquod patet: ultima certe
vota suos habuere deos. Nam crura loquentis
terra supervenit, ruptosque obliqua per ungues
porrigitur radix, longi firmamina trunci;
ossaque robur agunt, mediaque manente medulla
sanguis it in sucos, in magnos bracchia ramos,
in parvos digiti, duratur cortice pellis.
Iamque gravem crescens uterum perstrinxerat arbor
pectoraque obruerat collumque operire parabat,
non tulit illa moram venientique obvia ligno
subsedit mersitque suos in cortice vultus.
Quae quamquam amisit veteres cum corpore sensus,
flet tamen, et tepidae manant ex arbore guttae.
Est honor et lacrimis, stillataque robore murra
nomen erile tenet nulloque tacebitur aevo.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D10%3Acard%3D298","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"38-39","from":29045.0,"to":29049.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"che ha sanne: ed \u00e8 sanna<\/i> [spiega il\nVocabolario della Crusca] dente grande, e pi\u00f9 propriamente quel\ndente curvo, una parte del quale esce fuori delle labbra d'alcuni\nanimali, come del porco, dell'elefante, e simili. In alcune\nedizioni ponesi sannuto<\/b> non come epiteto di Ciriatto<\/b>, ma come\naltro nome di demonio; scrivesi cio\u00e8 con S maiuscula, e separasi\ncon virgola da Ciriatto.<\/b> Dante per\u00f2 stesso nel canto seguente\nne indica essersi ci\u00f2 malamente fatto; e perch\u00e8 di Ciriatto\nripete\n\n . . . . . . . . a cui di bocca uscia<\/i><\/b>\n D'ogni parte una sanna, come a porco.<\/i> \n [Vers. 55 e segg.]\n\ne perch\u00e8 dice Noi andavam con li dieci demoni<\/i> [Vers. 13]:\nquando che, posto Sannuto<\/i><\/b> qual altro demonio, sarebbero stati\nundici e non dieci.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dante però stesso nel canto seguente ne indica essersi ciò malamente fatto; e perchè di Ciriatto ripete\r\n     . . . . . . . . a cui di bocca uscia<\/i>\r\n     D'ogni parte una sanna, come a porco.<\/i> \r\n     [Vers. 55 e segg.]\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXII 55-57","NotaFonte":"","TestoFonte":"E Cirïatto, a cui di bocca uscia
d'ogne parte una sanna come a porco,
li fé sentir come l'una sdruscia.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=22&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"122","from":20215.0,"to":20216.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"che in Adamo ed in\nGes\u00f9 Cristo fosse tutta la scienza di che l'uomo \u00e8 capace — e\n'l mio dire<\/i>, che a Salomone non surse il secondo<\/i> — Nel vero\nfarsi<\/i>, come centro in tondo.<\/i> Hipallage [chiosa il Venturi~],\ncome per esempio l' Assiduus iactet nec Babylona labor<\/i>\n[Martial. in amphith. Caes. epig.<\/i> I.~], dovendosi prendere a\nrovescio~, cio\u00e8 come tondo in centro<\/i>; convenendo nel centro\ntutte le linee del tondo~, come nel vero convenivano i sentimenti\ndi s. Tommaso e di Dante. Il bisogno per\u00f2 di cotal ricorso\nall'ipallage cesser\u00e0 col solo intendere che~, presa il Poeta\nidea dai tiri nel bersaglio [de' quali 'l migliore si giudica\nquello che ferisce il bersaglio nel giusto mezzo] volgia da s.\nTommaso significato che il dire di lui~, ed il proprio credere~,\nsi facessero<\/i> [ch' \u00e8 quato a dire venissero<\/i>, convenissero<\/i>\n[Del verbo fare<\/i> al senso di venire<\/i> vedi 'l Vocab. della Cr.\nsotto quel verbo {paragraph}. 29.]] in mezzo al vero cos\u00ec\nappuntino come centro in tondo<\/i>, come il centro \u00e8 in mezzo al\ncircolo ed alla sfera.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Hipallage [chiosa il Venturi], come per esempio l' Assiduus iactet nec Babylona labor  <\/i>[Martial.  in amphith.  Caes.  epig.<\/i> I.], dovendosi prendere a rovescio, cioè come tondo in centro<\/i>; convenendo nel centro tutte le linee del tondo, come nel vero convenivano i sentimenti di s.  Tommaso e di Dante.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2098","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q20552117","LuogoFonte":"I 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Assyrius iactet nec Babylona labor; ","UrlFonte":"http:\/\/www.mqdq.it\/texts\/MART|spec|001","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"50-51","from":12449.0,"to":12454.0,"NomeAutore":"Marco Valerio Marziale","TitoloFonte":"Liber spectaculorum"},
{"Annotazione":"che la fama della mia astuzia\nand\u00f2 per tutto il mondo.  — Uscie<\/b>, usci (ved. nota 141 al C.\nII), si stese.  Psal. XVIII, 4: «In omnem terram exivit sonus\neorum.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Uscie<\/b>, usci (ved. nota 141 al C. II), si stese.  Psal. XVIII, 4: «In omnem terram exivit sonus eorum.»\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II, 141","NotaFonte":"","TestoFonte":"Così li dissi; e poi che mosso fue","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=2&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"78","from":26340.0,"to":26343.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"che m'insegni cos'\u00e8\namore — a cui riduci ogni<\/b> ec. a cui ascrivi ogni bont\u00e0 e\nmalizia dell'operar nostro: e ci\u00f2 per avere Virgilio nel\nprecedente canto detto\n\n     Amor sementa in voi d'ogni virtute<\/i>,\n     E d'ogni operazion, che merta pene<\/i> \n      [Vers. 104 e seg.].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
a cui riduci ogni<\/b> ec. a cui ascrivi ogni bontà e malizia dell'operar nostro: e ciò per avere Virgilio nel precedente canto detto\r\n     Amor sementa in voi d'ogni virtute<\/i>,\r\n     E d'ogni operazion, che merta pene<\/i> \r\n      [Vers. 104 e seg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVII 104-105","NotaFonte":"","TestoFonte":"amor sementa in voi d'ogne virtute
e d'ogne operazion che merta pene.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=51&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"14-15","from":17531.0,"to":17535.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"che ne ha\nfatti giungere alla prima<\/b> [a quella che da terra al ciel\nsalendo incontrasi primieramente] stella<\/b>, alla Luna. Nel\nnumero delle stelle computa la Luna anche Cicerone: Erant autem\neae stellae<\/i>.... ex quibus erat ea minima, quae ultima caelo,\ncitima terris luce lucebat aliena<\/i> [Somn. Scip.<\/i>].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Nel numero delle stelle computa la Luna anche Cicerone: Erant autem eae stellae<\/i>.... ex quibus erat ea minima, quae ultima caelo, citima terris luce lucebat aliena<\/i> [Somn. Scip.<\/i>].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q656161","LuogoFonte":"VI 16","NotaFonte":"","TestoFonte":"Erant autem eae stellae, quas numquam ex hoc loco vidimus, et eae magnitudines omnium, quas esse numquam suspicati sumus, ex quibus erat ea minima, quae ultima a caelo, citima a terris luce lucebat aliena.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0474.phi043.perseus-lat1:6.16","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"30","from":1181.0,"to":1189.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":"De re publica"},
{"Annotazione":"che niuna\nvolont\u00e0 mai si \u00e8 avvanzata a desiderare di pi\u00f9: giusta la frase\ndella Chiesa, che i celesti beni appella bona, quae omne\ndesiderium superant.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
giusta la frase della Chiesa, che i celesti beni appella bona, quae omne desiderium superant.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42827","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/liber-sacramentorum","LuogoFonte":"HEBDOMADA VII POST PENTECOSTEN","NotaFonte":"PL 78, 0178A","TestoFonte":"Deus, qui diligentibus te bona invisibilia praeparasti, infunde cordibus nostris tui amoris affectum, ut te in omnibus, et super omnia diligentes, promissiones tuas, quae omne desiderium superant<\/strong>, consequamur.","UrlFonte":"http:\/\/www.mlat.uzh.ch\/index.php?app=browser&text=8094:225","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"63","from":31780.0,"to":31787.0,"NomeAutore":"papa Gregorio I","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"che non fecero n\u00e8 azioni malvagie onde\nattirarsi infamia<\/b>, n\u00e8 opere buone onde meritarsi lodo<\/b>\n(—lode, s'intende qu\u00ec per buona fama<\/i>, contrapposto ad\ninfamia<\/i><\/b>), in una parola: che non fecero nulla, vissero\npoltronescamente.  Il prototipo di questa specie di dannati sono\nquei di Laodicea, ai quali il Signore fa scrivere nell'Apocalissi\n(c. III, v. 15, 16): Io conosco le tue opere, che tu non sei n\u00e8\nfreddo n\u00e8 fervente; oh, fossi tu pur freddo o fervente!  Cos\u00ec\nperciocch\u00e8 tu sei tepido, io ti commiter\u00f2 fuori della mia bocca.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Il prototipo di questa specie di dannati sono quei di Laodicea, ai quali il Signore fa scrivere nell'Apocalissi (c. III, v. 15, 16): Io conosco le tue opere, che tu non sei nè freddo nè fervente; oh, fossi tu pur freddo o fervente! Così perciocchè tu sei tepido, io ti commiterò fuori della mia bocca.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","LuogoFonte":"3, 14-16","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et angelo ecclesiae, quae est Laodiciae, scribe: Haec dicit Amen, testis fidelis et verus, principium creaturae Dei: Scio opera tua, quia neque frigidus es neque calidus. Utinam frigidus esses aut calidus! Sic quia tepidus es et nec calidus nec frigidus, incipiam te evomere ex ore meo.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"36","from":2279.0,"to":2281.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"},
{"Annotazione":"che ora [parla del suo\ntempo] governa il Soldano, ed ivi suol far residenza: essendo a'\ntempi nostri de' Turchi, da poi che se ne insignor\u00ec Selim padre\ndi Solimano.  Ma qu\u00ec il Poeta piglia uno sbaglio, ed equivoca,\nperch\u00e8 la Babilonia edificata da Semiramide \u00e8 quella della\nCaldea; e la Babilonia, che fu regia del Soldano, \u00e8 quella di\nEgitto, detta altramente il Cairo.  Venturi.  L'opposizione<\/i>\n[risponde il Rosa Morando] \u00e8 trascritta dal saggio d'alcune\npostille, che fece a Dante il Tassoni, datoci dal Muratori nella\nsua vita.  Ma ci\u00f2 lasciando dall'un de' lati, \u00e8 falso che Dante\nin questo luogo<\/i> equivochi da Babilonia su 'l Nilo all'altra\nsull'Eufrate: Qu\u00ec non si parla di Babilonia, ma si dice, che\nSemiramide<\/i>\n\n       Tenne la terra che 'l Soldan corregge,\n\ncio\u00e8 regn\u00f2 in quel paese, che ora<\/i> [parla del suo tempo] \u00e8\nsotto il dominio del Soldano, e s'intende dell'Egitto, della\nSor\u00eca, e di tutte l'altre provincie, che a' Soldani furon\nsoggette.<\/i>  La voce<\/i> terra in nostra lingua non significa solo<\/i>\ncitt\u00e0, ma significa ancora<\/i> regione, paese, o provincia. \nEsempio tutto a proposito se ne ha nel<\/i> Tesoro di Brunetto\nLatini<\/i>: il Re Nino tenne in sua signor\u00eca tutta la terra d'Asia. \nSemiramide successe nel regno a Nino suo marito, da cui, secondo\nCtesia Gnidio, riportato da Diodoro<\/i> [lib. 2 cap. I] furono\nsoggiogati l'Egitto, la Sor\u00eca, e molte altre provincie; anzi\npure<\/i> tutti i popoli d'oriente, se prestiam fede a Giustino, che\nlo ci attesta nelle prime linee della sua storia<\/i> [Osserv. sopra\nl'Inf.<\/i> a questo passo].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La voce<\/i> terra in nostra lingua non significa solo <\/i>città, ma significa ancora<\/i> regione, paese, o provincia. Esempio tutto a proposito se ne ha nel<\/i> Tesoro di Brunetto Latini<\/i>: il Re Nino tenne in sua signorìa tutta la terra d'Asia.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Tesoro_volgarizzato","LuogoFonte":"I 26","NotaFonte":"Il riferimento \u00e8 mediato dal Vocabolario della Crusca: cfr. http:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=TERRA .\r\nIl testo si legge a c. 14r di Il tesoro di m. Brunetto Latino firentino [sic], precettore del diuino poeta Dante, nel qual si tratta di tutte le cose che \u00e0 mortali se appartengono, Vinegia, per Marchio Sessa, 1533.","TestoFonte":"Il Re Nino tenne in sua signoría tutta la terra d'Asia, e gran parte d'India","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=IxElcgUf_UUC&printsec=frontcover&dq=Il+tesoro+di+m.+Brunetto+Latino+firentino+%5B!%5D,+precettore+del+diuino+poeta+Dante,+nelqual+si+tratta+di+tutte+le+cose+che+%C3%A0+mortali+se+appartengono&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&sa=X&redir_esc=y#v=onepage&q=nino&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"60","from":4407.0,"to":4411.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"che per\ncagione della distanza appariva bruna<\/b>, oscura.\n\n\tTra i sentimenti vari de' teologi intorno al luogo dove\nesistesse il terrestre Paradiso riferisce Pietro Lombardo avere\nalcuni opinato esse paradisum longo interiacente spatio vel\nmaris, vel terrae a regionibus quas incolunt homines secretum, et\nin alto situm, usque ad lunarem circulum pertingentem; unde nec\naquae diluvii illuc pervenerunt<\/i> [Sent.<\/i> lib. 2 dist. 17]. \nPiaciuto essendo al poeta nostro il pensiero, ha finto in mezzo\nal terrestre emisfero sotto di noi un monte altissimo, attorniato\nd'ogn'intorno da immenso mare, nel quale, oltre di avervi nella\ncima collocato, a tenore della prefata opinione, il Paradiso\nterrestre, vi colloca intorno alle falde anche il Purgatorio.  Ed\n\u00e8 questa la montagna che dice qu\u00ec veduta da Ulisse; e su della\nquale salir\u00e0 esso Dante nella seconda cantica.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Tra i sentimenti vari de' teologi intorno al luogo dove esistesse il terrestre Paradiso riferisce Pietro Lombardo avere alcuni opinato esse paradisum longo interiacente spatio vel maris, vel terrae a regionibus quas incolunt homines secretum, et in alto situm, usque ad lunarem circulum pertingentem; unde nec aquae diluvii illuc pervenerunt<\/i> [Sent.<\/i> lib. 2 dist. 17].  Piaciuto essendo al poeta nostro il pensiero, ha finto in mezzo  al terrestre emisfero sotto di noi un monte altissimo, attorniato d'ogn'intorno da immenso mare, nel quale, oltre di avervi nella  cima collocato, a tenore della prefata opinione, il Paradiso terrestre, vi colloca intorno alle falde anche il Purgatorio.  Ed è questa la montagna che dice quì veduta da Ulisse; e su della quale salirà esso Dante nella seconda cantica.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q315347","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q78792604","LuogoFonte":"II xvii 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quod dicimus a principio, antiqua translatio dicit ad Orientem. Unde volunt in orientali parte esse paradisum, longo interiacente spatio vel maris vel terrae a regionibus quas incolunt homines secretum, et in alto situm, usque ad lunarem circulum pertingentem, unde nec aquae diluvii illuc pervenerunt. (Aug., lib. 8 de Gen. ad litt., c. 1.)","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/index.php?app=browser&text=11468:66.5","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"133-134","from":25699.0,"to":25704.0,"NomeAutore":"Pietro Lombardo","TitoloFonte":"Sententiarum libri IV"},
{"Annotazione":"che per cagion del seno che la\nvalle faceva — non parean<\/b> [non par\u00e8n<\/i> l'edizioni diverse\ndalla Nidob. [Vedi su di tal voce la nota al canto XIX dell'Inf.\nv. 16]], di fuori<\/i><\/b>, non si lasciavano veder da chi fuori della\nvalle stava.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
non parean <\/b>[Vedi su di tal voce la nota al canto XIX dell'Inf. v. 16]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIX 16","NotaFonte":"","TestoFonte":"Non mi parean men ampi né maggiori","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=19&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"84","from":6659.0,"to":6663.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"che per la loro\nsorprendente soavit\u00e0 e dolcezza non pot\u00e8 la debole mia memoria\nriceverne una chiara e durabile impressione.  Cos\u00ec delle cose\nvedute in Dio dir\u00e0 nell'ultimo del Paradiso v. 94 e segg.\n\n     Un punto solo m'e maggior letargo<\/i>,\n        Che venticinque secoli all'impresa<\/i>,\n        Che f\u00e8 Nettuno ammirar l'ombra d'Argo.<\/i>\n     \n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Così delle cose vedute in Dio dirà nell'ultimo del Paradiso v. 94 e segg.\r\n     Un punto solo m'e maggior letargo<\/i>,\r\n        Che venticinque secoli all'impresa<\/i>,\r\n        Che fè Nettuno ammirar l'ombra d'Argo.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXXIII 94-96","NotaFonte":"","TestoFonte":"Un punto solo m'è maggior letargo
che venticinque secoli a la 'mpresa
che fé Nettuno ammirar l'ombra d'Argo.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=100","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"12","from":19267.0,"to":19273.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"che produce, manda questo\nvento. Si vedr\u00e0 che la cagione era il dibattersi delle ali di\nLucifero (C. XXXIV, 51).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Che 'l fiato piove<\/b>, che produce, manda questo vento. Si vedrà che la cagione era il dibattersi delle ali di Lucifero (C. XXXIV, 51).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIV, 51","NotaFonte":"","TestoFonte":"sì che tre venti si movean da ello","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=34","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"108","from":32727.0,"to":32731.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"che riconobbe\nl'accento toscano. — Un altro rimando all'episodio di Farinata. \nCfr. X, 22-27.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
che riconobbe\r\nl'accento toscano.  — Un altro rimando all'episodio di Farinata. \r\nCfr. X, 22-27.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno X, 22-27","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"O Tosco che per la città del foco
vivo ten vai così parlando onesto,
piacciati di restare in questo loco.
La tua loquela ti fa manifesto
di quella nobil patrïa natio,
a la qual forse fui troppo molesto\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76","from":21970.0,"to":21975.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"che rompe i suoi lacci in\nquel punto, che egli ha gi\u00e0 ricevuto ec. AEn., I: «Quales\nmugitus, fugit quum saucius aram Taurus etc.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
che rompe i suoi lacci in quel punto, che egli ha già ricevuto ec.  Aen., II: «Quales mugitus, fugit quum saucius aram Taurus etc.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis II, 223-224","NotaFonte":"","TestoFonte":"quales mugitus, fugit cum saucius aram
taurus, et incertam excussit cervice securim.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D2%3Acard%3D195","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"22-23","from":10586.0,"to":10589.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"che si stende\npi\u00f9 in l\u00e0 d'ogni desiderio nostro. Allude a ci\u00f2 che de' beni\ncelesti ne predica santa chiesa, i quali omne desiderium\nsuperant.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
che si stende più in là d'ogni desiderio nostro.  Allude a ciò che de' beni celesti ne predica santa chiesa, i quali omne desiderium superant.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42827","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/liber-sacramentorum","LuogoFonte":"HEBDOMADA VII POST PENTECOSTEN","NotaFonte":"Cfr. PL 78, 0178A","TestoFonte":"Deus, qui diligentibus te bona invisibilia praeparasti, infunde cordibus nostris tui amoris affectum, ut te in omnibus, et super omnia diligentes, promissiones tuas, quae omne desiderium superant<\/strong>, consequamur.","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=\/&text=8094:225","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"15","from":18251.0,"to":18258.0,"NomeAutore":"papa Gregorio I","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"che soverchia, esce a\ncorrere, comincia (mette c\u00f2<\/b>) il suo corso, esce del lago.  —\nC\u00f2<\/b>, capo (cf. Inf.<\/i>, XXI, 64; Purg.<\/i>, III, 128).  —\nGoverno<\/i><\/b>, oggi Govern\u00f3lo, borgata presso alla quale il Mincio\ncade nel Po.  A Govern\u00f3lo si crede avvenuto l'incontro di S.\nLeone Magno con Attila.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Cò<\/b>, capo (cf. Inf.<\/i>, XXI, 64; Purg.<\/i>, III, 128). <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI, 64","NotaFonte":"","TestoFonte":"Poscia passò di là dal co del ponte","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76-78","from":18954.0,"to":18958.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"che tent\u00f2 Dante di salire prima\nd'essere condotto all'Inferno dall'ivi apparso Virgilio [Inf. I,\n61 e segg.].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Monte <\/strong>che tentò Dante di salire prima d'essere condotto all'Inferno dall'ivi apparso Virgilio [Inf. I, 61 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 61-63","NotaFonte":"I versi addotti da Lombardi non si riferiscono al monte (per cui cfr. Inf. I 13), ma alla comparsa di Virgilio.","TestoFonte":"Mentre ch'i' rovinava in basso loco,
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"21","from":22658.0,"to":22667.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"che una sol'anima informi\nsimultaneamente due corpi, come quivi facevasi — quei sa, che\ns\u00ec governa<\/b>, sallo colui, che per suo giusto governo cos\u00ec gastiga\npeccatori cotali. S. Agostino nel libro de quantitate animae<\/i>,\nprova l'abilit\u00e0 dell'anima ad informare corpi separati,\ncoll'esperienza delle sopravviventi divise parti d'un centogambe.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
quei sa, che sì governa<\/b>, sallo colui, che per suo giusto governo così gastiga peccatori cotali.  S. Agostino nel libro de quantitate animae<\/i>, prova l'abilità dell'anima ad informare corpi separati, coll'esperienza delle sopravviventi divise parti d'un centogambe.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/De_quantitate_animae","LuogoFonte":"XXXI 62","NotaFonte":"","TestoFonte":"E. Nihil haberem fortasse, nisi recordarer quantum pueri mirari soleremus palpitantes lacertarum caudas amputatas a caetero corpore; quem motum sine anima fieri nullo modo mihi persuadere possum: neque quo pacto fiat, ut nullum sit animae spatium, quando praecidi etiam cum corpore potest, intellego.
A. Possem respondere aerem et ignem, quae duo per animae praesentiam tenentur in corpore terreno et humido, ut omnium quatuor fiat contemperatio, dum post eiusdem animae abscessum ad superna evadunt, ac sese expediunt, movere illa corpuscula tanto concitatius, quanto plaga recentiore subito erumpunt: deinde porro motum languescere, postremo desinere, dum minus minusque fit quod effugit, ac deinde totum evolat. Sed ab hoc me revocat quod his hausi oculis pene serius quam credi potest; sed certe non serius quam deberem. Cum enim nuper in agro essemus Liguriae, nostri illi adolescentes qui tunc mecum erant studiorum suorum gratia, animadverterunt humi iacentes in opaco loco, reptantem bestiolam multipedem, longum dico quemdam vermiculum: vulgo notus est, hoc tamen quod dicam nunquam in eo expertus eram. Verso namque stilo quem forte habebat unus illorum, animal medium percussit: tum ambae partes corporis ab illo vulnere in contraria discesserunt, tanta pedum celeritate, ac nihilo imbecilliore nisu, quam si duo huiuscemodi animantia forent. Quo miraculo exterriti, causaeque curiosi, ad nos, ubi simul ego et Alypius considebamus, alacriter viventia frusta illa detulerunt. Neque nos parum commoti, ea currere in tabula quaquaversum poterant, cernebamus: atque unum ipsorum stilo tactum, contorquebat se ad doloris locum, nihil sentiente alio, ac suos alibi motus peragente. Quid plura? Tentavimus, quatenus id valeret; atque vermiculum, imo iam vermiculos in multas partes concidimus: ita omnes movebantur, ut nisi a nobis illud factum esset, et comparerent vulnera recentia, totidem illos separatim natos, ac sibi quemque vixisse crederemus.","UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/grandezza_anima\/index.htm","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"126","from":27647.0,"to":27650.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"che venisse dopo di me,\ntalmente che non dividesse me da Virgilio, come aveva fatto prima\nper lungo cammino; e perci\u00f2 dissero a Dante le anime nel\nprecedente canto, vers. 16, e segg.\n\n O tu che vai, non per esser pi\u00f9 tardo<\/i>,\n Ma forse riverente agli altri dopo.<\/i>\n\nE dee ci\u00f2 volere Virgilio, acciocch\u00e8 presentandosi a Beatrice,\ndalla quale gli era stato Dante raccomandato [Inf. II, 53 e\nsegg.], vedesselo vicino non ad altri che a se medesimo. Di\nquesto nuovo ordine voluto da Virgilio tra di essi nel camminare,\ngl'interpreti o non ne fanno parola o non ci dicono che sottili\nmistichitadi. Vedi per cagion d'esempio il Landino e 'l\nVellutello.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
che venisse dopo di me, talmente che non dividesse me da Virgilio, come aveva fatto prima per lungo cammino; e perciò dissero a Dante le anime nel precedente canto, vers. 16, e segg.  \r\n     O tu che vai, non per esser più tardo<\/i>,\r\n        Ma forse riverente agli altri dopo.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVI 16-17","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"O tu che vai, non per esser più tardo,
ma forse reverente, a li altri dopo,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=60","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"47-48","from":27097.0,"to":27100.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"che viene appresso, come [testimonio\nFesto] fu alle volte adoprato il Latino procedere pro\nsuccedere.<\/i> Il Daniello chiosa, che procede, cio\u00e8 che va in\nprocessione: che risponde a quel: Venir tacendo e lagrimando al\npasso, Che fanno le letane in questo mondo<\/i> [Verso 8 e segg.]. \nMa col passo delle letane<\/i> andavano tutte quelle ombre; e Dante\nnon bramava contezza se non di quelle che venivano appresso a\nManto ed a quell'altre, delle quali gi\u00e0 gli era stato parlato.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
che viene appresso, come [testimonio Festo] fu alle volte adoprato il Latino procedere pro succedere.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q302723","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q23641771","LuogoFonte":"P","NotaFonte":"Cfr. PL XCV 1634A","TestoFonte":"Procedere interdu succedere, interdum pone cedere","UrlFonte":"http:\/\/www.mlat.uzh.ch\/index.php?app=browser&text=8538:4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"103","from":19146.0,"to":19148.0,"NomeAutore":"Sesto Pompeo Festo","TitoloFonte":"De verborum significatione"},
{"Annotazione":"chericuti, aventi la cherica o tonsura. \n— Alla sinistra<\/b>: sono gli avari.  Sempre a sinistra il peggio. \nIl perch\u00e8 leggilo in S. Matteo XXV, 33-46.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Alla sinistra<\/b>: sono gli avari. Sempre a sinistra il peggio. Il perchè leggilo in S. Matteo XXV, 33-46.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"25, 32-46","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et congregabuntur ante eum omnes gentes; et separabit eos ab invicem, sicut pastor segregat oves ab haedis, et statuet oves quidem a dextris suis, haedos autem a sinistris. Tunc dicet Rex his, qui a dextris eius erunt: “Venite, benedicti Patris mei; possidete paratum vobis regnum a constitutione mundi. Esurivi enim, et dedistis mihi manducare; sitivi, et dedistis mihi bibere; hospes eram, et collegistis me; nudus, et operuistis me; infirmus, et visitastis me; in carcere eram, et venistis ad me”. Tunc respondebunt ei iusti dicentes: “Domine, quando te vidimus esurientem et pavimus, aut sitientem et dedimus tibi potum? Quando autem te vidimus hospitem et collegimus, aut nudum et cooperuimus? Quando autem te vidimus infirmum aut in carcere et venimus ad te?”. Et respondens Rex dicet illis: “Amen dico vobis: Quamdiu fecistis uni de his fratribus meis minimis, mihi fecistis”. Tunc dicet et his, qui a sinistris erunt: “Discedite a me, maledicti, in ignem aeternum, qui praeparatus est Diabolo et angelis eius. Esurivi enim, et non dedistis mihi manducare; sitivi, et non dedistis mihi potum; hospes eram, et non collegistis me; nudus, et non operuistis me; infirmus et in carcere, et non visitastis me”. Tunc respondebunt et ipsi dicentes: “Domine, quando te vidimus esurientem aut sitientem aut hospitem aut nudum aut infirmum vel in carcere et non ministravimus tibi?”. Tunc respondebit illis dicens: “Amen dico vobis: Quamdiu non fecistis uni de minimis his, nec mihi fecistis”. Et ibunt hi in supplicium aeternum, iusti autem in vitam aeternam”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#25","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"39","from":6069.0,"to":6070.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"chi sa~, che i vivi\nsuggelli D' ogni bellezza ec.<\/i>  Gli espositori~, che ricercano\nqual cosa Dante intenda per questi vivi suggelli d'ogni\nbellezza<\/i>, tutti~, quanto veggo~, dicono che intenda gli occhi di\nBeatrice poco anzi nominati~; e che ci voglia far capire di avere\nanteposto il pacer delle cose in Marte vedute e udite al piacer\ndegli occhi di Beatrice~, per cagione di non aver per anche\nosservato in essi quell'accrescimento di bellezza che vi se era\nfatto per quell'ultima salita.  A questo modo per\u00f2~, oltre che\nnon renderebbe Dante ragione alcuna perch\u00e8 il piacere delle cose\nmirate ed udite in Marte superasse il piacere provato per lo\ninnanzi negli occhi di Beatrice~, verrebbe poi anche ad\nistucchevolmente ridire nell'ultimo verso ci\u00f2 ch'avrebbe detto\nnel v.  134~, l'accrescimento cio\u00e8 maggiore di bellezza negli\nocchi di Beatrice a misura del maggiore innalzamento.\n\n\tTrovando noi dal poeta nostro in parecchi luoghi [Par.\nII. 132. XIII. 75.] appellati i cieli suggelli<\/i>, e segnatamente\nnel VIII.  del Paradiso detto essendoci che la circular natura\n\u00e8 suggello della cera mortal<\/i> [Vers.  127.  e seg.~], ch' \u00e8\nquanto a dire~, che ogni forma e bellezza di quaggi\u00f9 effetto sia\ndell'impressione de' cieli~; essendo in oltre insegnamento del\nPoeta medesimo~, che i cieli quanto pi\u00f9 alti sono pi\u00f9 sieno\nnobili~, ed attivi [Vedi tra gli altri luoghi Par. XXVIII. 64.  e\nsegg.~], istessamente come asserisce qu\u00ec di questi suggelli<\/i>;\ned anzi istessamente~, siccome di questi suggelli<\/i>, cos\u00ec de'\ncieli esprimendone col verbo fare<\/i> l' azione~, dicendo Che di\nsu prendono<\/i>, e di sotto fanno<\/i> [Par. II. 123.~]; e finalmente\nconvenendo benissimo ai cieli~, e pe 'l loro perpetuo moto~, e\nper le vive intelligenze che loro si uniscono [Inf. VII. 74.]\nl'epiteto di vivi<\/i>; i cieli stessi per questi vivi suggelli\nd'ogni bellezza<\/i> amo di capire~, e chiosare essere intendimento\ndel Poeta che~, pe 'l crescere della bellezza de' cieli a misura\nche sono pi\u00f9 alti~, venivano le cose~, che in Marte vedeva ed\nudiva~, a recargli un maggior piacere di quello che prima di l\u00ec\nrecato lui avessero gli occhi di Beatrice~, onde potesse con\nverit\u00e0 asserire in fino a l\u00ec non fu alcuna cosa Che mi legasse\ncon s\u00ec dolci vinci<\/i>: ma che per\u00f2 non veniva per cotale\nproposizione~, risguardante il passato solamente~, a dichiararsi\nassolumente dischiuso<\/i>, escluso [Dischiuso<\/i> al senso di\nescluso<\/i> adopera Dante anche nel VII.  di questa cantica v. 102.\nvedi quella nota.~], intendi da maggioranza<\/i>, il piacer santo\ndegli occhi di Beatrice~; perocch\u00e8 anch'esso piacere\ninnalzandosi diveniva pi\u00f9 sincero<\/i>, pi\u00f9 puro e nobile.  A\nquesto modo il pronome quelli<\/i> nel verso 135.  non dovr\u00e0\nriferirsi ai vivi suggelli<\/i>, ma gli occhi belli<\/i> menzionati nel\nterzetto precedente.\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Trovando noi dal poeta nostro in parecchi luoghi [Par. II. 132. XIII. 75.] appellati i cieli suggelli<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. II 132","NotaFonte":"","TestoFonte":"prende l'image e fassene suggello.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=69&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"133-139","from":14033.0,"to":14037.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"chiama Dante Filippo il Bello\nsignor di quel regno, per li suoi laidi costumi.  Volpi.  Altrove\nspesso fa Dante al medesimo Filippo degli aspri rimproveri [Vedi\nInf. XIX, 85, Purg. XX, 86, XXXII, 152, XXXIII, 45, Par. XIX,\n118].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
chiama Dante Filippo il Bello signor di quel regno, per li suoi laidi costumi.  Volpi.  Altrove spesso fa Dante al medesimo Filippo degli aspri rimproveri (Vedi Inf. XIX 85 [...]).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIX 86-87","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 ai versi 86-87, non 85.","TestoFonte":"come a quel fu molle
suo re, così fia lui chi Francia regge.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=19&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"109","from":6848.0,"to":6851.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"chisano il Volpi ed il Venturi~, per carro\ndi due ruote.<\/i> Ma e perch\u00e8 non piuttosto per carro`, o\ncarretta<\/i> semplicemente la specie pe 'l genere<\/i>? Due ruote\n[forse avranno essi detto] pone egli di fatto in questo suo\ncarro~, come di qu\u00ec~, e dal cato XXIX. 107. del Purg.\napparisce. Verissimo~, rispondo io~: ma non ci dice Dante\nper\u00f2~, che per questo riguardo lo appelli biga<\/i>; n\u00e8 confessa\ndi non sapere ci\u00f2 che 'l Volpi~, e prima di lui il Tassoni [Il\nMuratori nella Vita del Tassoni riferisce~, he tra l'altre cose~,\nche disapprovava egli nel primo Vocabolario della Crusca una fu~,\nche si definisse biga<\/i>, carro di due ruote.<\/i>~], e cento altri\navvertirono~, che biga<\/i>, triga<\/i>, e quadriga~ fuorono\ndenominazioni prese~, non dal numero delle ruote~, ma dal numero\nde' cavalli~, che il carro traevano.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Due ruote [...] pone egli di fatto in questo suo carro, come di quì, e dal canto XXIX. 107.  del Purg. apparisce.  Verissimo, rispondo io: ma non ci dice Dante però, che per questo riguardo lo appelli biga<\/i> [...]; biga<\/i>, triga<\/i>, e quadriga fuorono denominazioni prese, non dal numero delle ruote, ma dal numero de' cavalli, che il carro traevano.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIX 107","NotaFonte":"","TestoFonte":"un carro, in su due rote, trïunfale,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=63&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"106","from":11824.0,"to":11825.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"chiude per istraziare.  Con simil\nfigura nel C. XVIII: Divora<\/b>, chiude per istraziare. Con simil figura nel C. XVIII: «E questo basti della prima valle Sapere, e di color che in se assanna.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVIII, 98-99","NotaFonte":"","TestoFonte":"e questo basti de la prima valle
sapere e di color che 'n sé assanna","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=18","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"142-143","from":30894.0,"to":30895.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"ci uscinno, ci uscirono: terminaz.\nantiquata. Par., XIV, 121: «Che li m'apparinno.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"uscinci<\/strong>,  ci uscinno, ci uscirono: terminaz. antiquata. Par., XIV, 121: «Che li m'apparinno.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XIV, 121","NotaFonte":"","TestoFonte":"così da' lumi che lì m'apparinno","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=81","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"45","from":12847.0,"to":12848.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"ciechi. Dicesi dai comentatori\noriginato il sopranome dal seguente fatto. Avendo i Fiorentini a\npreghiera de' Pisani guardata Pisa, mentr'erano questi passati\nalla conquista dell'isola Maiorica, ritornati vittoriosi i Pisani\nin segno di riconoscenza offerirono a' Fiorentini, che delle\nprede di l\u00e0 trasportate si scegliessero qual delle due pi\u00f9 loro\npiacesse, o due porte di bronzo bellissime [che ora adornano il\nduomo di Pisa] o due colonne di porfido, che, perch\u00e8 non si\nvedesse com'erano, guaste dal fuoco, coperte avevano di\nscarlatto: i Fiorentini ciecamente si capparono le due colonne:\nche sono<\/i> [dice Paolino Pieri] in Firenze dinanzi alla Chiesa\ndel beato Giovanni Batista<\/i> [Cron. an. 1118].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Avendo i Fiorentini a preghiera de' Pisani guardata Pisa, mentr'erano questi passati alla conquista dell'isola Maiorica, ritornati vittoriosi i Pisani in segno di riconoscenza offerirono a' Fiorentini, che delle prede di là trasportate si scegliessero qual delle due più loro piacesse, o due porte di bronzo bellissime [che ora adornano il duomo di Pisa] o due colonne di porfido, che, perchè non si vedesse com'erano, guaste dal fuoco, coperte avevano di scarlatto: i Fiorentini ciecamente si capparono le due colonne: che sono<\/i> [dice Paolino Pieri] in Firenze dinanzi alla Chiesa del beato Giovanni Batista<\/i> [Cron. an. 1118].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q23829585","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/croniche-della-citta-di-firenze","LuogoFonte":"MCXVIII","NotaFonte":"Cfr. Andrea Bego, Paolino Pieri, Croniche di Firenze, edizione critica. 2016, p. 19 (http:\/\/tesi.cab.unipd.it\/52790\/)","TestoFonte":"Et in quest’anno medesimo andaro i Pisani ad Majolica; et vinserla, e recaronne molte ricchezze e belle cose, e recaronne allora le belle porte del Metallo, che sono al Duomo di Pisa, e le colonne del porferito, che sono in Firenze dinanzi a la chiesa del beato Giovanni Battista.","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/bub_gb_4VYTQ3dxAVEC\/page\/n30\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"67","from":14053.0,"to":14056.0,"NomeAutore":"Paolino Pieri","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"ciechi.  V'ha chi dice che i Fiorentini si\nacquistarono tal soprannome quando, volendo i Pisani\nricompensarli di aver guardato Pisa mentre essi erano alla\nconquista delle Baleari, ed avendo a tal fine offerto loro o due\nporte bellissime di bronzo o due colonne di porfido guaste dal\nfuoco e state perci\u00f2 coperte di scarlatto, i Fiorentini elessero\nle colonne.  Altri con pi\u00f9 fondamento dicono che il nome di\nciechi venisse loro quando, lasciatisi prendere alle lusinghe di\nTotila, lo ricevettero in Firenze; la qual poi dal traditore fu\npiena di stragi e di ruine.  Questa opinione, ch'\u00e8 pur del\nMalespini, di ser Gio. Fiorentino e di Benvenuto da Imola, \u00e8\ndal Villani espressa cos\u00ec: Orbi<\/b>, ciechi. V'ha chi dice che i Fiorentini si acquistarono tal soprannome quando, volendo i Pisani ricompensarli di aver guardato Pisa mentre essi erano alla conquista delle Baleari, ed avendo a tal fine offerto loro o due porte bellissime di bronzo o due colonne di porfido guaste dal fuoco e state perciò coperte di scarlatto, i Fiorentini elessero le colonne. Altri con più fondamento dicono che il nome di ciechi venisse loro quando, lasciatisi prendere alle lusinghe di Totila, lo ricevettero in Firenze; la qual poi dal traditore fu piena di stragi e di ruine. Questa opinione, ch'è pur del Malespini, di ser Gio. Fiorentino e di Benvenuto da Imola, è dal Villani espressa così: «I Fiorentini mal avveduti, e però furono sempre in proverbio chiamati ciechi, credettero alle sue false lusinghe e vane promissioni: apersongli le porte, e misonlo nella città.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica III, 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"I Fiorentini male aveduti (e però furono poi sempre in proverbio chiamati ciechi) credettono a le sue false lusinghe e vane promessioni, apersogli le porte, e misollo nella città lui e sua gente; e albergò nel Campidoglio. ","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"67","from":14055.0,"to":14056.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"cielo [chiosa il Landino], quasi\nolympas<\/i>, cio\u00e8 tutto splendente O%lambda%upsilon%mu%pi%o%zeta\\\ncaelum<\/i> [chiosa pure Schrevelio] ab<\/i> %delta%lambda%o%zeta\\ et<\/i>\n%lambda%alpha%mu%pi%omega\\, luceo<\/i> [Lexic. Graeco<\/i> — Lat.<\/i>].\n\n\tPretendendo il Venturi, che olimpo appelli qu\u00ec Dante il\ncielo allusivamente a que' versi di Orazio\n\n     Sunt quos curriculo pulverem olympicum<\/i>\n     Collegisse iuvat<\/i> ec.\n\nne viene aspramente, ma giustamente, pettinato dal Rosa Morando. \nVedilo se vuoi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Pretendendo il Venturi, che olimpo appelli quì Dante il cielo allusivamente a que' versi di Orazio\r\n     Sunt quos curriculo pulverem olympicum<\/i>\r\n     Collegisse iuvat<\/i> ec.\r\nne viene aspramente, ma giustamente, pettinato dal Rosa Morando.  Vedilo se vuoi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q943884","LuogoFonte":"I i 3-4","NotaFonte":"","TestoFonte":"sunt quos curriculo pulverem Olympicum
collegisse iuvat","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0893.phi001.perseus-lat1:1.1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"15","from":23681.0,"to":23682.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Odi"}, {"Annotazione":"cio\u00e8\nla sesta ora; che gi\u00e0 era mezzogiorno; e chiamala ancella<\/b>,\nperch\u00e8 le ore si dicono servitrici e ministre del Sole, e per\nconseguenza del giorno, che nasce ed ha origine da esso Sole:\nonde Ovidio\n\n Iungere equos Titan velocibus imperat horis<\/i>:\n Iussa Deae celeres peragunt<\/i> \n [Metam. lib. 2, 118]:\n\ne il poeta nostro altrove: E gi\u00e0 le quattro ancelle eran del\ngiorno<\/i> ec. [Purg. XXII, 118]. Daniello.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Chiamala ancella<\/b>, perchè le ore si dicono servitrici e ministre del Sole, e per conseguenza del giorno, che nasce ed ha origine da esso Sole: onde Ovidio\r\n     Iungere equos Titan velocibus imperat horis<\/i>:\r\n     Iussa Deae celeres peragunt<\/i> \r\n      [Metam. lib. 2, 118].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"II 118-119","NotaFonte":"","TestoFonte":"iungere equos Titan velocibus imperat Horis.
Iussa deae celeres peragunt","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:2.103-2.192","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"80-81","from":11710.0,"to":11718.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"cio\u00e8 i due vecchi in abito\ndispari, li quattro in umile paruta, e il veglio solo<\/i> — col\nprimaio stuolo erano abituati<\/b>, cio\u00e8 vestiti alla stessa foggia,\ne del color medesimo che i primi [che i ventiquattro<\/i><\/b> anzidetti\nseniori<\/i> [Verso 83]]. Cos\u00ec Par. canto XXXI, v. 60 Vestito con\nle genti gloriose.<\/i> Volpi. Habituatus<\/i> al medesimo senso\nadoprato ne' bassi tempi [ne' quali il Latino era pi\u00f9 volgare che\nLatino] riferiscelo anche Du Fresne, habituati capis\ndoctoralibus, aut aliis scholasticis indumentis<\/i> [Glossarium<\/i>\nalla voce habituatus<\/i>]: come cio\u00e8 da veste vestito<\/i>, cos\u00ec da\nabito<\/i> dicevasi abituato<\/i><\/b> — di gigli d'intorno al capo non\nfaceano brolo<\/i><\/b> ec. Brolo<\/b> appellasi in Lombardia un terreno\nchiuso pieno d'alberi fruttiferi [Ci\u00f2 attesta anche il Buti\ncitato nel Vocabolario della Cr. alla voce brolo<\/i>]: e Dante\nadopera qu\u00ec cotal termine, in grazia della rima, per giardino<\/i>;\ne non gi\u00e0 per corona<\/i>, e ghirlanda<\/i>, come malamente chiosano i\ncompilatori del Vocabolario della Crusca, il Volpi, il Venturi, e\nil Rosa Morando. A quel modo che chi ha fiori in capo pu\u00f2\nmetaforicamente dirsi, che faccia intorno al capo di fiori\nbrolo<\/i><\/b>, o sia giardino. Vuol adunque Dante inteso, che non\navevano gli ultimi sette coronate le tempia di gigli, come le\navevano i ventiquattro seniori<\/i><\/b>, ma di rose ed altri fiori\nvermigli; e ci\u00f2 ad indicare il martirio, che gli autori de'\nmentovati sacri libri soffersero, in conferma della dottrina loro\nin quelli dettata dallo Spirito santo. — Giurato avria poco\nlontano aspetto<\/b> ec. Esigge il buon senso, che poco lontano\naspetto<\/b> vaglia qu\u00ec lo stesso, che se detto avesse, aspetto un\npoco<\/i>, cio\u00e8 alquanto, lontano<\/i><\/b>; cosicch\u00e8 non i fiori vedesse, ma\nsolamente i colori. Dell'uso di tacersi alcuna volta la\nparticella uno<\/i><\/b> vedi Cinonio [Partic.<\/i> 254, 15 e 16]. E va\nerrato il Daniello chiosando. Di rose, e d'altri fior vermigli\nsi fattamente, che alcuno, che non fosse stato molto da loro\nlontano, avria giurato, che tutti ardessero di sopra da i cigli.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
col primaio stuolo erano abituati<\/b>, cioè vestiti alla stessa foggia, e del color medesimo che i primi [...].  Così Par. canto XXXI, v. 60 Vestito con le genti gloriose <\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXXI 60","NotaFonte":"","TestoFonte":"vestito con le genti glorïose.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=98&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"145-150","from":29842.0,"to":29844.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"cio\u00e8 al Purgatorio, perocch\u00e8, com'\u00e8\ndetto nel III di questa cantica v. 25 intende il Poeta per\nvespro<\/i> tutto il rimanente del giorno dopo l'ora di nona — e\nqu\u00ec<\/b>, in Italia, dove scriveva il suo poema — mezza notte era.<\/b> \nAmmettendo Dante il monte del Purgatorio perfettamente antipodo a\nGerusalemme [Purgat. IV, 68 e segg.], viene per questo divario\nd'ore tra il Purgatorio e l'Italia, in tempo d'equinozio, a\nmostrarsi d'intendimento, che fosse l'Italia pi\u00f9 occidentale\ndella Palestina gradi 45.  Nel che se il Poeta \u00e8 discorde dalla\nodierna geografia, che non pone tra queste regioni altro divario\nche di gradi circa 25, concorda per\u00f2 con se medesimo, che\nseguendo i geografi antichi, e de' suoi tempi [Vedi la nota al\ncanto II di questa cantica vers. 4 e segg.], mette tra l'Ibero,\nfiume della Spagna, e Gerusalemme gradi 90 [Canto XXVII di questa\ncantica vers. 1 e segg.]: in conseguenza di che, essendo\nrealmente l'Italia in mezzo tra la Spagna e la Palestina, doveva\ntra l'Italia stessa e la Palestina supporre gradi 45.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
com'è detto nel III di questa cantica v. 25 intende il Poeta per vespro<\/i> tutto il rimanente del giorno dopo l'ora di nona<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. III 25","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vespero è già colà dov'è sepolto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=37&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"6","from":14359.0,"to":14361.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"cio\u00e8 alla parte orientale\npi\u00f9 lucida, e per molti rispetti migliore di ogni altra parte del\nmondo, indi incominciando i rivolgimenti delle sfere celesti: non\nmaca per\u00f2 chi intenda piuttosto la parte equinoziale, per la luce\npi\u00f9 egualmente distribuita.  Venturi.  A me nondimeno sembra che\nA quella parte, ove 'l mondo \u00e8 pi\u00f9 vivo<\/b> debba significare lo\nstesso che all'ins\u00f9<\/i>: s\u00ec perch\u00e8 all'ins\u00f9 pure guard\u00f2 Beatrice, e\nnon in altra parte, mentre verso la Luna saliva,\n\n     Beatrice in suso, ed io in lei guardava<\/i> \n     [Par. II, 22];\n\ne s\u00ec perch\u00e8 di fatto quanto pi\u00f9 il mondo stendesi all'ins\u00f9, pi\u00f9\nnelle sue parti ha di movimento, che \u00e8 quanto a dire di vivezza.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
A me nondimeno sembra che A quella parte, ove 'l mondo è più vivo<\/b> debba significare lo stesso che all'insù<\/i>: sì perchè all'insù pure guardò Beatrice, e non in altra parte, mentre verso la Luna saliva,      Beatrice in suso, ed io in lei guardava<\/i>  \r\n     [Par. II, 22]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. II 22","NotaFonte":"","TestoFonte":"Beatrice in suso, e io in lei guardava;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=69","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"86-87","from":4543.0,"to":4546.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"cio\u00e8 alli\npiedi, come espressamente nel XXI di questa cantica dir\u00e0 di\nStazio che si chinava ad abbracciar li piedi<\/i> a Virgilio\nmedesimo [Vers. 130].  Quella forza poi d'amore per cui si\nconfesser\u00e0 ivi Stazio dimentico d'esser egli e Virgilio ombre\n[Verso 135], la medesima pu\u00f2 riputarsi cagione, che Sordello e\nStazio dimenticassero la loro condizione superiore a quella di\nVirgilio dannato all'Inferno; senza che vi contraddica [come in\nquesto e nel citato luogo bisbigliano il Venturi e 'l d'Aquino]\nquell'altro contegno di Catone verso Marzia [Purg. I, 88 e\nsegg.].  Imperocch\u00e8 Catone e pe' costumi ch'ebbe in vita\nseverissimi, e per l'offizio a cui \u00e8 posto di sgridare e\nsollecitare le negligenti anime, pu\u00f2, e dee supporsi tutto\nsvegliato, e pieno d'accorgimento.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
cioè alli piedi, come espressamente nel XXI di questa cantica dirà di  Stazio che si chinava ad abbracciar li piedi<\/i> a Virgilio medesimo [Vers. 130]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXI 130","NotaFonte":"","TestoFonte":"Già s'inchinava ad abbracciar li piedi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=55&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"15","from":6158.0,"to":6166.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"cio\u00e8 ch'egli era Re — e la\ncagion che ec.<\/i>  e 'l desiderio di giustamente governare che~,\nquando da Dio gli fu detto chiedi<\/i> [postula quod vis<\/i> [Reg.\nlib. 3.  cap. 3.]] mosselo a far quella dimanda Dabis servo tuo\ncor docile<\/i>, ut populum tuum udicare possit<\/i> [Ivi.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
e la cagion che ec.<\/i>  e 'l desiderio di giustamente governare che, quando da Dio gli fu detto chiedi<\/i> [postula quod vis<\/i> [Reg. lib. 3.  cap. 3.]] mosselo a far quella dimanda Dabis servo tuo cor docile<\/i>, ut populum tuum udicare possit<\/i> [Ivi.].<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131066","LuogoFonte":"III 5-12","NotaFonte":"","TestoFonte":"5 In Gabaon apparuit Dominus Salomoni per somnium nocte dicens: “ Postula quod vis, ut dem tibi ”.
6 Et ait Salomon: “ Tu fecisti cum servo tuo David patre meo misericordiam magnam, sicut ambulavit in conspectu tuo in veritate et iustitia et recto corde tecum; custodisti ei misericordiam tuam grandem et dedisti ei filium sedentem super thronum eius, sicut est hodie.
7 Et nunc, Domine Deus meus, tu regnare fecisti servum tuum pro David patre meo. Ego autem sum puer parvus et ignorans egressum et introitum meum;
8 et servus tuus in medio est populi, quem elegisti, populi infiniti, qui numerari et supputari non potest prae multitudine.
9 Da ergo servo tuo cor docile, ut iudicare possit populum tuum et discernere inter bonum et malum. Quis enim potest iudicare populum tuum hunc multum? ”.
10 Placuit ergo sermo coram Domino quod Salomon rem huiuscemodi postulasset,
11 et dixit Deus Salomoni: “ Quia postulasti verbum hoc et non petisti tibi dies multos nec divitias aut animam inimicorum tuorum, sed postulasti tibi sapientiam ad discernendum iudicium,
12 ecce feci tibi secundum sermones tuos et dedi tibi cor sapiens et intellegens, in tantum ut nullus ante te similis tui fuerit nec post te surrecturus sit","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_i-regum_lt.html#3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"92-93","from":12738.0,"to":12741.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":"Primo libro dei Re"}, {"Annotazione":"cio\u00e8 che tolga lui la\ndurezza, l'ardire; traslazione presa dalle frutta, che per\nmaturezza s'ammolliscono.\n\n\tEra costui, come in appresso da Virgilio medesimo verr\u00e0\nnominato, Capaneo, uno de' sette Re che assediarono Tebe; quel\nsuperum<\/i>, come lo descrive Stazio, contemptor et aequi<\/i>\n[Theb.<\/i> lib. 3 vers. 602], che per le bestemmie contra Giove\nfu da Giove fulminato.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Era costui, come in appresso da Virgilio medesimo verrà nominato, Capaneo<\/strong>, uno de' sette Re che assediarono Tebe; quel superum<\/i>, come lo descrive Stazio, contemptor et aequi <\/i>[Theb.<\/i> lib. 3 vers. 602], che per le bestemmie contra Giove fu da Giove fulminato.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q243203","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2708117","LuogoFonte":"III 602","NotaFonte":"","TestoFonte":"Superum contemptor et aequi","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1020.phi001.perseus-lat1:3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"48","from":12864.0,"to":12873.0,"NomeAutore":"Publio Papinio Stazio","TitoloFonte":"Tebaide"},
{"Annotazione":"cio\u00e8 da man sinistra\nistessamente, come facemmo ogn'altra volta che dallo scoglio\ndiscendemmo in su le anteriori ripe.  Vedi a cagion d'esempio il\nvers. 41 del canto XIX.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
cioè da man sinistra istessamente, come facemmo ogn'altra volta che dallo scoglio discendemmo in su le anteriori ripe.  Vedi a cagion d'esempio il  vers. 41 del canto XIX. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIX 41","NotaFonte":"","TestoFonte":"volgemmo e discendemmo a mano stanca","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=19","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"53","from":28149.0,"to":28153.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"cio\u00e8 del sonno del peccato e\ndell'intenebramento dell'intelletto.  Perciocch\u00e8 egli \u00e8 ora che\nnoi ci risvegliamo omai dal sonno; conciossiacosach\u00e8 la salute\nsia ora pi\u00f9 presso di noi, che quando credemmo.<\/i>  Ep. a' Romani\nXIII, 11.  In su quel punto<\/b>, alcun tempo dopo la morte di\nBeatrice, Vedi Purg. XXX, 124 segg.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Perciocchè egli è ora che noi ci risvegliamo omai dal sonno; conciossiacosachè la salute\r\nsia ora più presso di noi, che quando credemmo.<\/i>  Ep. a' Romani\r\nXIII, 11<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q48203","LuogoFonte":"13, 11","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et hoc scientes tempus, quia hora est iam vos de somno surgere; nunc enim propior est nobis salus quam cum credidimus.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-romanos_lt.html#13","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"11","from":79.0,"to":82.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera ai Romani"},
{"Annotazione":"cio\u00e8 di quelli senza foglie\n[Dei giunchi colle foglie, detti latinamente foliacei<\/i>, vedi li\nbottanici, e tra gli altri Chabreo Classe 18], simbolo, per la\nsua semplicit\u00e0, di quella infantile schiettezza, alla quale\nn'esorta tutti l'Apostolo s. Pietro [Epist. I, 2], e per la sua\nflessibilit\u00e0, della pazienza; virt\u00f9 necessarie per prender\ncammino verso 'l cielo.  In riprova di queste chiose vedi 'l v.\n103. e segg.  — e che gli lavi 'l viso<\/b>, perocch\u00e8 tinto\nd'infernale fuliggine; come apparir\u00e0 dai versi 128, 129.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
cioè di quelli senza foglie [...], simbolo, per la sua semplicità, di quella infantile schiettezza, alla quale n'esorta tutti l'Apostolo s. Pietro [Epist. I, 2], e per la sua flessibilità, della pazienza; virtù necessarie per prender cammino verso 'l cielo. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q33923","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131119","LuogoFonte":"II 1-2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Deponentes igitur omnem ma litiam et omnem dolum et simu lationes et invidias et omnes detractiones,
sicut modo geniti infantes, rationale sine dolo lac concupiscite, ut in eo crescatis in salutem","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-i-petri_lt.html#2","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"95","from":692.0,"to":696.0,"NomeAutore":"Pietro","TitoloFonte":"Prima lettera di Pietro"}, {"Annotazione":"cio\u00e8 dove io e Virgilio\neravamo, spiega di mala grazia il Daniello: ma chi non vede\nqueste esser anzi parole del demonio, che portava il barattiere,\nche l\u00ec arrivato disse: o demoni compagni [che Malebranche non \u00e8\nnome particolare di uno, ma generale di tutti i diavoli] che\nsiete in guardia di questo nostro ponte. Cos\u00ec 'l Venturi.\n\n\tLa mala grazia per\u00f2 del Daniello non finisce nella\nsupposizione, a cui il Venturi si oppone, che sia Dante che\nfavelli, e n\u00f2 'l demonio stesso che portava il Lucchese anziano;\nma stendesi anche a ci\u00f2, che il Venturi accorda, che sia\nMalebranche<\/b> nome generale di tutti i diavoli. N\u00f2:\nMalebranche<\/b> \u00e8 particolar nome del soli demoni di questa fossa\nde' barattieri [forse perch\u00e8 pi\u00f9 unghiuti degli altri demoni, ed\nall'uopo di brancare<\/i>, o sia ghermire, armati di raffi, a\ncondegna punizione de' mal brancanti barattieri]. Ci\u00f2 apparisce\nchiaramente dai versi 142 e seg. del canto XXXIII della\npresente cantica\n\n Nel fosso su, diss'ei, di Malebranche<\/i>\n L\u00e0 dove bolle la tenace pece.<\/i>\n\n\tIntendendo adunque che di quel medesimo portatore demonio\nfossero le parole Del nostro ponte<\/i><\/b> ec., capiremo detto ponte<\/b>\nin vece di bolgia<\/i><\/b>, la parte pe 'l tutto, ed esserne la\ncostruzione ed il senso: o Malebranche compagni eccovi della\nbolgia nostra un degli anziani di santa Zita<\/i>, uno del primo\nmagistrato della citt\u00e0 divota di santa Zita cio\u00e8 di Lucca —\nEcco un<\/i><\/b> legge la Nidobeatina ecc'un<\/i><\/b> l'altre edizioni.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Malebranche<\/b> è particolar nome del soli demoni di questa fossa de' barattieri [forse perchè più unghiuti degli altri demoni, ed all'uopo di brancare<\/i>, o sia ghermire, armati di raffi, a condegna punizione de' mal brancanti barattieri].  Ciò apparisce chiaramente dai versi 142 e seg. del canto XXXIII della presente cantica \r\n     Nel fosso su, diss'ei, di Malebranche<\/i>\r\n     Là dove bolle la tenace pece.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIII 142-143","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Nel fosso sù\", diss'el, \"de' Malebranche,
là dove bolle la tenace pece,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=33&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"37-38","from":19595.0,"to":19598.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"cio\u00e8 fino all'Inferno, ed al giudice\nMinos [Inf. V, 5]. — che ciascheduon afferra<\/b>: afferrare<\/i>\nqu\u00ec metaforicamente per sindacare, e giudicare; come dicesi\ncomunemente capitar nell'unghie di alcun giudice chi capita sotto\nil giudizio del medesimo. Tale caduta di Anfiarao dirittamente\nfino all'Inferno finge anche il prelodato Stazio [Theb.<\/i> lib. 7\nnel fine].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
cioè fino all'Inferno, ed al giudice Minos [Inf. V, 5]. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V 4-5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l'intrata","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=5&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"36","from":18678.0,"to":18681.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"cio\u00e8 finsero e\nfavoleggiarono ne' lor poemi l'et\u00e0 dell'oro. Volpi. — forse\nin Parnaso esto loco sognaro.<\/b> Non lo finsero [chiosa il\nVenturi] essere in Parnaso quel secol d'oro, come sogna Daniello;\nma Parnaso significa qu\u00ec l'estro poetico, e allude a quel di\nPersio Nec in bicipiti somniasse Parnasso<\/i>: forse col loro estro\ns'immaginarono, e adombrarono, ma rozzamente e confusamente, come\nsi farebbe in torbido sogno, questo beato luogo.\n\n\tIl Daniello per\u00f2 fu, quanto veggo, il primo ad illustrare\nquesta espressione di Dante con quella di Persio nec in bicipiti\nsomniasse Parnasso<\/i>: e se per questo parlar di Persio non\nrichiedesi in Parnaso altro che 'l puro sogno, e non gi\u00e0 la cosa\nsognata, non veggo come possa il Venturi accusare il Daniello che\nammetta essere in Parnaso quel secol d'oro.<\/i> Ecco bella e\nintiera la chiosa del Daniello. Quelli che anticamente\npoetaro<\/i>, cio\u00e8 quelli, ch'anticamente poetando posero l'et\u00e0\ndell'oro, forse sognarono questo luogo in Parnaso: onde Persio,\nNec in bicipiti somniasse Parnasso.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il Daniello però fu, quanto veggo, il primo ad illustrare questa espressione di Dante con quella di Persio nec in bicipiti somniasse Parnasso<\/i>: e se per questo parlar di Persio non richiedesi in Parnaso altro che 'l puro sogno, e non già la cosa sognata, non veggo come possa il Venturi accusare il Daniello che ammetta essere in Parnaso quel secol d'oro.<\/i> <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q332785","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q106020106","LuogoFonte":"2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nec in bicipiti somniasse Parnaso","UrlFonte":"http:\/\/www.mqdq.it\/texts\/PERS|prol|001","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"139-141","from":28763.0,"to":28782.0,"NomeAutore":"Aulo Persio Flacco","TitoloFonte":"Choliambi"},
{"Annotazione":"cio\u00e8 genuina~, dee volere appellata\nquella del terrestre Paradiso in confronto dellanostra\nfalsificata e guasta per lo peccato di Adamo~, e non atta per se\nstessa che a produrre spinas et tribulos<\/i> [Gen.<\/i> 3.].  Al\nmedesimo senso di genuino<\/i>, adoprasi l'aggettivo vero<\/i>\nparlandosi d'oro d'argento ec.  E dee Dante commemorando cotale\ngenuino appoggio di Beatrice intesa per la teologia cristiana~,\naccennare il falso appoggio d'ogni altra teologia dalla cristiana\ndiscorde.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vera <\/strong>cioè genuina, dee volere appellata  quella del terrestre Paradiso in confronto della nostra falsificata e guasta per lo peccato di Adamo, e non atta per se  stessa che a produrre spinas et tribulos<\/i> [Gen.<\/i> 3.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"III 18","NotaFonte":"","TestoFonte":"Spinas et tribulos germinabit tibi","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"94","from":32576.0,"to":32578.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"cio\u00e8 la detta\nnatura — segue<\/b>, imita.  Ars<\/i>, dice nel citato libro\nAristotele, imitatur naturam in quantum potest.<\/i>  — discente<\/i><\/b> per\ndiscepolo<\/i><\/b> adopera Dante anche fuor di rima Par. XXV, 64.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
segue<\/b>, imita.  Ars<\/i>, dice nel citato libro Aristotele, imitatur naturam in quantum potest.<\/i> <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q868","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1051198","LuogoFonte":"II 2","NotaFonte":"Alla massima aristotelica \"ars imitatur naturam\", S. Tommaso (Expositio posteriorum) aggiunse \"in quantum potest\".","TestoFonte":"Ars imitatur naturam.
<\/i>","UrlFonte":"http:\/\/www.mlat.uzh.ch\/index.php?app=browser&text=14748:1.2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"103-104","from":10329.0,"to":10334.0,"NomeAutore":"Aristotele","TitoloFonte":"Fisica"}, {"Annotazione":"cio\u00e8 la loro condizione. Buti citato\na cotal voce dal Vocabolario della Crusca. E quantunque esso\nVocabolario non rechi di mena<\/b> per condizione<\/i>, stato<\/i>,\nsorte<\/i>, altri esempi che di Dante; veggonsi riducibili al\nsignificato medesimo anche di quelli altri esempi, che apporta\nsotto mena<\/i><\/b> per operazione<\/i><\/b>, maneggio<\/i>, affare<\/i> ec. e tra gli\naltri quello della vita di Barlaam: cominci\u00f2 molto duramente a\npiangere della bellezza della pulcella, per cui egli era stato in\ncos\u00ec male mene.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
E quantunque esso Vocabolario non rechi di mena<\/b> per condizione<\/i>, stato<\/i>, sorte<\/i>, altri esempi che di Dante; veggonsi riducibili al significato medesimo anche di quelli altri esempi, che apporta sotto mena<\/b> per operazione<\/i>, maneggio<\/i>, affare<\/i> ec. e tra gli  altri quello della vita di Barlaam: cominciò molto duramente a piangere della bellezza della pulcella, per cui egli era stato in così male mene.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q790563","LuogoFonte":"XXXIX","NotaFonte":"La citazione deriva dal Vocabolario della Crusca","TestoFonte":"Cominciò molto duramente a piangere della bellezza della pulcella, per cui egli era stato in così male mene<\/strong>. ","UrlFonte":"http:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=MENA&rewrite=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"39","from":15745.0,"to":15748.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":"Barlaam e Iosafat"},
{"Annotazione":"cio\u00e8 le motrici intelligenze, angeli\n[Cos\u00ec Dante stesso nel Convito<\/i> tratt. 2 cap. 2], che il loro\nmoto governino: e per\u00f2 Parad. XXXVIII, 76 e segg.\n\n     Tu vederai mirabil convenenza<\/i>\n        Di maggio a pi\u00f9, e di minore a meno<\/i>\n        In ciascun cielo, a sua intelligenza.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Chi conduce<\/strong> cioè le motrici intelligenze, angeli [Così Dante stesso nel Convito<\/i> tratt. 2 cap. 2], che il loro moto governino: <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"II iv 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Li movitori di quelli cieli sono sustanze separate da materia, cioè Intelligenze, le quali la volgare gente chiamano Angeli.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=20&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"74","from":6320.0,"to":6322.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"cio\u00e8 non pi\u00f9 si\npiegava, n\u00e8 si moveva come fatto aveva mentre Ulisse parlava. \nVedi 'l v. 88 del passato canto.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
cioè non più si piegava, nè si moveva come fatto aveva mentre Ulisse parlava. Vedi 'l v. 88 del passato canto.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVI 88","NotaFonte":"","TestoFonte":"indi la cima qua e là menando,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=26&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1","from":25770.0,"to":25779.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"cio\u00e8 per via di pura\nmisericordia~, e condonazione del peccato.  Venturi. — o ver\ncon ambedue<\/i>, cio\u00e8 unitamente per via di misericordia a di\ngiustizia~: come in effetto proced\u00e8 il Signore~, ordinando il\nmisterio della redenzione~, per cui iustitia et pax osculatae\nsunt<\/i> [Psalm.<\/i> 84.].  Lo stesso. — Ambodue<\/i> legge l'edizione\ndella Cr.  e le moderne seguaci~, a differenza della Nidob.  ed\naltre antiche edizioni che leggono ambedue.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
o ver con ambedue<\/i>, cioè unitamente per via di misericordia a di giustizia: come in effetto procedè il Signore, ordinando il misterio della redenzione, per cui iustitia et pax osculatae sunt<\/i> [Psalm.<\/i> 84.].  Lo stesso.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"LXXXV (LXXXIV) 11","NotaFonte":"","TestoFonte":"Misericordia et veritas obviaverunt sibi,
iustitia et pax osculatae sunt.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%2085","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"105","from":6647.0,"to":6651.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"}, {"Annotazione":"cio\u00e8 piena. \nArguisce con ci\u00f2 alzato il Sole gi\u00e0 da un'ora in circa. Dalla\nnotizia, che ne d\u00e0 qu\u00ec Dante, e ripetecela nel Purg. cant. XXIII\nv. 119 di aver egli cio\u00e8 incominciato a Luna piena il misterioso\nsuo viaggio, unita alle altre notizie che il medesimo ne porge di\naverlo intrapreso nell'anno 1300 [Vedi la nota al primo verso\ndel poema], a Sole in ariete [Vedi la nota al v. 38 del canto\nI della presente cantica], viensi per le vie additateci dagli\nastronomi a rilevare che incominciasse Dante cotal suo viaggio\nnella notte di mezzo tra il quarto e 'l quinto giorno di aprile\n[Vedi 'l Mazzoni Difesa della commedia di Dante<\/i> lib. I cap.\n76]. Essendo poi Ges\u00f9 Cristo, come dal Vangelo si raccoglie\n[Dice il Vangelo crocifisso Ges\u00f9 Cristo nel giorno seguente a\nquello, in cui aveva, giusta il comando della legge data da Dio a\nMois\u00e8, celebrata la pasqua: ed era il comando, che la pasqua si\ncelebrasse appunto nel detto plenilunio], stato crocifisso nel\ngiorno seguente al plenilunio stesso anzidetto, perci\u00f2 Dante pone\nper anniversario della morte del Redentore il giorno venuto in\nseguito ad essa notte a Luna tonda<\/b> [giorno che impieg\u00f2 Dante\ncombattendo colle tre fiere, e ragionando coll'apparsogli\nVirgilio]: onde nel seguente canto v. 112 e segg. si fa da un\ndemonio dire\n\n Ier pi\u00f9 oltre cinqu' ore, che quest'otta<\/i><\/b>,\n Mille dugento con sessantasei<\/i>\n Anni compier, che qu\u00ec la via fu rotta.<\/i>\n\nVedi quella nota.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dalla notizia, che ne dà quì Dante, e ripetecela nel Purg. cant. XXIII v. 119 di aver egli cioè incominciato a Luna piena il misterioso suo viaggio, unita alle altre notizie che il medesimo ne porge di averlo intrapreso nell'anno 1300 [Vedi la nota al primo verso del poema], a Sole in ariete [Vedi la nota al v. 38 del canto I della presente cantica], viensi per le vie additateci dagli astronomi a rilevare che incominciasse Dante cotal suo viaggio nella notte di mezzo tra il quarto e 'l quinto giorno di aprile<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIII 119-120","NotaFonte":"","TestoFonte":"l'altr'ier, quando tonda
vi si mostrò la suora di colui\",","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=57","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/jacopo-mazzoni-1587', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"127","from":19317.0,"to":19323.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"cio\u00e8 procedendo di\nproposizione in proposizione. Daniello — quici<\/i>, per qu\u00ec<\/i>,\nparagoge in grazia della rima [Vedi fatto lo stesso Purg. VII.\n66. e Par. XII. 130.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
quici<\/i>, per quì<\/i>, paragoge in grazia della rima [Vedi fatto lo stesso Purg. VII. 66.  e Par. XII. 130.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VII 66","NotaFonte":"","TestoFonte":"a guisa che i vallon li sceman quici.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=41&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"121","from":7824.0,"to":7827.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"cio\u00e8 questa dottrina\nevangelica \u00e8 il principio della fede, ed \u00e8 favilla, della quale\nmoltiplica grande ardore, e scintilla come stella in cielo.  Cos\u00ec\n'l Landino.  Quest'\u00e8 il principio<\/b>, cio\u00e8, questa \u00e8 la cagione,\nche tu domandavi del mio credere, e questa \u00e8 la favilla, Che si\ndilata in fiamma poi vivace<\/b>, cio\u00e8, e questa \u00e8 la dottrina, che\ns'estende ed aumenta poi in verace fede.  Cos\u00ec il Vellutello. \nQuesto \u00e8 la cagione di che tu m'interrogavi, e la favilla, la\nquale si va dilatando poi in fiamma s\u00ec vivace, che scintilla in\nlui come stella ec.  Cos\u00ec 'l Daniello.  Il Venturi finalmente\nrestringendosi al solo verso Che si dilata in fiamma poi\nvivace<\/b>, chiosa detto della fede cos\u00ec per esser la fede radice\ndi santissimi e ardentissimi affetti.<\/i>  Io per me direi alludere\nil poeta nostro a quella dottrina che ripetutamente ne insegna s.\nAgostino nelle sue opere [Serm.<\/i> 18 in psal. 118 e contra\nFaustum<\/i> lib. 12 cap. 45], quamvis enim nisi aliquid intelligat,\nnemo possit credere in Deum; tamen ipsa fide, qua credit, sanatur\nut intelligat ampliora.  Alia sunt enim, quae nisi intelligamus\nnon credimus; et alia sunt quae nisi credamus, non intelligimus<\/i>\n..... nisi essent aliqua, quae intelligere non possumus nisi\nante credamus, Propheta non diceret: nisi credideritis non\nintelligetis<\/i> [Parole del profeta Isaia, secondo la versione dei\nSettanta.  Cap. 7]: e direi essere il sentimento di Dante:\nquesto \u00e8 il primo articolo della mia fede; e la credenza di\nquesto, a guisa di favilla che in vivace fiamma dilatasi,\nm'accresce a tutti gli altri articoli un lume s\u00ec vivo, che\nscintilla in me come stella in cielo.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Io per me direi alludere il poeta nostro a quella dottrina che ripetutamente ne insegna s. Agostino nelle sue opere [Serm.<\/i> 18 in psal. 118 e contra Faustum<\/i> lib. 12 cap. 45], quamvis enim nisi aliquid intelligat, nemo possit credere in Deum; tamen ipsa fide, qua credit, sanatur ut intelligat ampliora.  Alia sunt enim, quae nisi intelligamus non credimus; et alia sunt quae nisi credamus, non intelligimus <\/i>..... nisi essent aliqua, quae intelligere non possumus nisi ante credamus, Propheta non diceret: nisi credideritis non intelligetis<\/i> [Parole del profeta Isaia, secondo la versione dei Settanta.  Cap. 7]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Enarrationes_in_psalmos","LuogoFonte":"CXVIII xviii 3","NotaFonte":"Cfr. PL 37 col. 1552","TestoFonte":"Quamvis enim, nisi aliquid intellegat, nemo possit credere in Deum; tamen ipsa fide qua credit, sanatur, ut intellegat ampliora. Alia sunt enim quae nisi intellegamus, non credimus; et alia sunt quae nisi credamus, non intellegimus. Nam cum fides sit ex auditu, auditus autem per verbum Christi; quomodo credit praedicanti fidem, qui, ut alia taceam, linguam ipsam quam loquitur non intellegit? Sed nisi essent rursus aliqua quae intellegere non possumus, nisi ante credamus, propheta non diceret","UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/esposizioni_salmi\/index2.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"145-147","from":24296.0,"to":24319.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"cio\u00e8 queste tre sorti e\nmodi di cattivo amore.  Daniello.  — quaggi\u00f9 di sotto si\npiange<\/b>, ne' tre precedenti balzi.  Il primo nel balzo de'\nsuperbi: il secondo nel balzo degl'invidiosi: ed il terzo in\nquello degl'iracundi — dell'altro<\/b> amore — intende<\/b>, antitesi\nin grazia della rima, per intendi<\/i> — con ordine corrotto<\/i><\/b>,\ncio\u00e8 o con pi\u00f9 cura<\/i><\/b>, o con men che non dee<\/i> [Vers. 100 e\nseg.].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
quaggiù di sotto si piange<\/b>, ne' tre precedenti balzi.  Il primo nel balzo de' superbi<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. X 130-139","NotaFonte":"","TestoFonte":"Come per sostentar solaio o tetto,
per mensola talvolta una figura
si vede giugner le ginocchia al petto,
la qual fa del non ver vera rancura
nascere 'n chi la vede; così fatti
vid'io color, quando puosi ben cura.
Vero è che più e meno eran contratti
secondo ch'avien più e meno a dosso;
e qual più pazïenza avea ne li atti,
piangendo parea dicer: \"Più non posso\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=44&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"124-126","from":17323.0,"to":17326.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"cio\u00e8 secondo che affermano\ni poeti, intendendo d'Ovidio [Metam.<\/i> lib. VII]. Daniello.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
cioè secondo che affermano i poeti, intendendo d'Ovidio [Metam.<\/i> lib. VII].  Daniello.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"VII 523-660","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dira lues ira populis Iunonis iniquae
incidit exosae dictas a paelice terras.
Dum visum mortale malum tantaeque latebat
causa nocens cladis, pugnatum est arte medendi:
exitium superabat opem, quae victa iacebat.
Principio caelum spissa caligine terras
pressit et ignavos inclusit nubibus aestus;
dumque quater iunctis explevit cornibus orbem
luna, quater plenum tenuata retexuit orbem,
letiferis calidi spirarunt aestibus austri.
Constat et in fontes vitium venisse lacusque,
miliaque incultos serpentum multa per agros
errasse atque suis fluvios temerasse venenis.
Strage canum primo volucrumque oviumque boumque,
inque feris subiti deprensa potentia morbi.
Concidere infelix validos miratur arator
inter opus tauros medioque recumbere sulco;
lanigeris gregibus balatus dantibus aegros
sponte sua lanaeque cadunt et corpora tabent.
Acer equus quondam magnaeque in pulvere famae
degenerat palmas veterumque oblitus honorum
ad praesepe gemit leto moriturus inerti.
Non aper irasci meminit, non fidere cursu
cerva, nec armentis incurrere fortibus ursi.
Omnia languor habet; silvisque agrisque viisque
corpora foeda iacent, vitiantur odoribus aurae.
Mira loquar: non illa canes avidaeque volucres,
non cani tetigere lupi; dilapsa liquescunt
adflatuque nocent et agunt contagia late.
Pervenit ad miseros damno graviore colonos
pestis et in magnae dominatur moenibus urbis.
Viscera torrentur primo, flammaeque latentis
indicium rubor est et ductus anhelitus ingens.
Aspera lingua tumet, tepidisque arentia ventis
ora patent, auraeque graves captantur hiatu.
Non stratum, non ulla pati velamina possunt,
dura sed in terra ponunt praecordia; nec fit
corpus humo gelidum, sed humus de corpore fervet.
Nec moderator adest, inque ipsos saeva medentes
erumpit clades, obsuntque auctoribus artes:
quo propior quisque est servitque fidelius aegro,
in partem leti citius venit. Utque salutis
spes abiit finemque vident in funere morbi,
indulgent animis et nulla, quid utile, cura est:
utile enim nihil est. Passim positoque pudore
fontibus et fluviis puteisque capacibus haerent,
nec sitis est exstincta prius quam vita bibendo.
Inde graves multi nequeunt consurgere et ipsis
inmoriuntur aquis: aliquis tamen haurit et illas.
Tantaque sunt miseris invisi taedia lecti:
prosiliunt, aut si prohibent consistere vires,
corpora devolvunt in humum: fugiuntque penates
quisque suos, sua cuique domus funesta videtur,
et quia causa latet, locus est in crimine parvus
Semianimes errare viis, dum stare valebant,
adspiceres, flentes alios terraque iacentes
lassaque versantes supremo lumina motu:
membraque pendentis tendunt ad sidera caeli,
hic illic, ubi mors deprenderat, exhalantes.
Quid mihi tunc animi fuit? an quod debuit esse,
ut vitam odissem et cuperem pars esse meorum?
Quo se cumque acies oculorum flexerat, illic
vulgus erat stratum, veluti cum putria motis
poma cadunt ramis agitataque ilice glandes.
Templa vides contra gradibus sublimia longis:
Iuppiter illa tenet. Quis non altaribus illis
inrita tura dedit? Quotiens pro coniuge coniunx,
pro gnato genitor dum verba precantia dicit,
non exoratis animam finivit in aris,
inque manu turis pars inconsumpta reperta est!
Admoti quotiens templis, dum vota sacerdos
concipit et fundit purum inter cornua vinum,
haud exspectato ceciderunt vulnere tauri!
Ipse ego sacra Iovi pro me patriaque tribusque
cum facerem natis, mugitus victima diros
edidit et subito conlapsa sine ictibus ullis
exiguo tinxit subiectos sanguine cultros.
Exta quoque aegra notas veri monitusque deorum
perdiderant: tristes penetrant ad viscera morbi.
Ante sacros vidi proiecta cadavera postes,
ante ipsas, quo mors foret invidiosior, aras.
Pars animam laqueo claudunt mortisque timorem
morte fugant ultroque vocant venientia fata.
Corpora missa neci nullis de more feruntur
funeribus: neque enim capiebant funera portae.
Aut inhumata premunt terras aut dantur in altos
indotata rogos. Et iam reverentia nulla est,
deque rogis pugnant alienisque ignibus ardent.
Qui lacriment, desunt; indefletaeque vagantur
matrumque nuruumque animae iuvenumque senumque:
nec locus in tumulos, nec sufficit arbor in ignes.
Attonitus tanto miserarum turbine rerum,
“Iuppiter o!” dixi “si te non falsa loquuntur
dicta sub amplexus Aeginae Asopidos isse,
nec te, magne pater, nostri pudet esse parentem,
aut mihi redde meos aut me quoque conde sepulcro.”
Ille notam fulgore dedit tonitruque secundo.
“Accipio, sintque ista, precor, felicia mentis
signa tuae” dixi. “Quod das mihi, pigneror omen.”
Forte fuit iuxta patulis rarissima ramis
sacra Iovi quercus de semine Dodonaeo:
hic nos frugilegas adspeximus agmine longo
grande onus exiguo formicas ore gerentes
rugosoque suum servantes cortice callem.
Dum numerum miror, “totidem, pater optime” dixi,
“tu mihi da cives et inania moenia supple.”
Intremuit ramisque sonum sine flamine motis
alta dedit quercus. Pavido mihi membra timore
horruerant, stabantque comae. Tamen oscula terrae
roboribusque dedi; nec me sperare fatebar:
sperabam tamen atque animo mea vota fovebam.
Nox subit, et curis exercita corpora somnus
occupat: ante oculos eadem mihi quercus adesse
et ramos totidem totidemque animalia ramis
ferre suis visa est pariterque tremiscere motu
graniferumque agmen subiectis spargere in arvis;
crescere quod subito et maius maiusque videri
ac se tollere humo rectoque adsistere trunco
et maciem numerumque pedum nigrumque colorem
ponere et humanam membris inducere formam.
Somnus abit: damno vigilans mea visa querorque
in superis opis esse nihil. At in aedibus ingens
murmur erat, vocesque hominum exaudire videbar
iam mihi desuetas. Dum suspicor has quoque somni
esse, venit Telamon properus, foribusque reclusis
“speque fideque, pater” dixit, “maiora videbis:
egredere!” Egredior, qualesque in imagine somni
visus eram vidisse viros, ex ordine tales
adspicio noscoque. Adeunt regemque salutant.
Vota Iovi solvo populisque recentibus urbem
partior et vacuos priscis cultoribus agros,
Myrmidonasque voco, nec origine nomina fraudo.
Corpora vidisti; mores quos ante gerebant,
nunc quoque habent: parcum genus est patiensque laborum
quaesitique tenax et quod quaesita reservet.
Hi te ad bella pares annis animisque sequentur,
cum primum qui te feliciter attulit, eurus”
(eurus enim attulerat) “fuerit mutatus in austros.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:7.552-7.633","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"63","from":28217.0,"to":28221.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"cio\u00e8 smarrisce, confonde,\ndissesta, vedi la nota all'Inf. XXV, 146 ed agli altri passi che\nivi si allegano. Dee ci\u00f2 intendersi detto coerentemente a quanto\ndella fretta [che appunto dalla troppa voglia nasce] disse nel X\ndel Purg. v. 11. Che l'onestade ad ogni atto dismaga.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
cioè smarrisce, confonde, dissesta, vedi la nota all'Inf. XXV, 146 ed agli altri passi che ivi si allegano.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXV 146","NotaFonte":"Tutti i passi paralleli per \"smagare\" nel senso di \"smarrire\" sono elencati nella nota a Inf. XXV 146.","TestoFonte":"l'animo smagato","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=25&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"36","from":2259.0,"to":2263.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"cio\u00e8 tanto tempo, quanto\nvisse nell'indugio a pentirsi [Vedi 'l canto IV della presente\ncantica v. 130 e segg.].  — La venuta<\/b>, intendi, quass\u00f9<\/i> —\nlargita<\/i><\/b>, concessa.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Tempo quanto visse<\/strong> cioè tanto tempo, quanto visse nell'indugio a pentirsi [Vedi 'l canto IV della presente cantica v. 130 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IV 130-132","NotaFonte":"","TestoFonte":"Prima convien che tanto il ciel m'aggiri
di fuor da essa, quanto fece in vita,
perch'io 'ndugiai al fine i buon sospiri","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=38&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"131-132","from":11084.0,"to":11087.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"cio\u00e8 tre parti generali\ndell'Inferno, che loro rimanevano a vedere; ma dice cerchietti<\/b>,\na differenza di quelli che avevano veduti; a dinotare che quelli\nver la superficie della terra erano molto pi\u00f9 larghi, ed ampi, e\nquesti molto meno, per essere pi\u00f9 vicini al centro universale\n[cio\u00e8 pi\u00f9 vicini alla punta della conica infernale buca] \nDaniello. Vedi anche la nota al vers. 2 del V passato canto.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Tre cerchietti<\/strong>, cioè tre parti generali dell'Inferno, che loro rimanevano a vedere; ma dice cerchietti<\/b>, a differenza di quelli che avevano veduti; a dinotare che quelli ver la superficie della terra erano molto più larghi, ed ampi, e questi molto meno, per essere più vicini al centro universale [cioè più vicini alla punta della conica infernale buca]  Daniello.  Vedi anche la nota al vers. 2 del V passato canto.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"giù nel secondo, che men loco cinghia","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"17","from":9731.0,"to":9734.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"cio\u00e8, la\nprosuntuosa, e troppo ardita schiatta; onde ancora nel VIII\ndell'Inferno.  Questa lor tracotanza non \u00e8 nuova<\/i> [Vers. 124]\nVellutello — s'indraca dietro a chi fugge<\/b>, diventa drago\npreseguitando chi ha paura — ed<\/b> [per ma<\/i><\/b> [Vedi Cinonio\nPartic.<\/i> 100, 18]] a chi mostra 'l dente o ver la borsa<\/i><\/b>, a chi\nminacciosamente resiste, od offre danaro.  Questi [dice il\nLandino] sono Cavicciuli et Adimari, i quali il Poeta danna come\ncrudeli; ma vili ed avari.  Era irato a questa famiglia il Poeta,\nperch\u00e8 Boccaccio Adimari occup\u00f2 i suoi beni poich\u00e8 fu mandato in\nesilio, e sempre gli fu avversario acerrimo, che non fosse\nrevocato nella patria.  — Gi\u00e0 ven\u00eca su<\/b>, gi\u00e0 veniva alzandosi\n— ma di picciola gente, s\u00ec che<\/b> ec.  Fu [prosiegue il Landino]\nil principio di questa famiglia vilissimo, in forma che avendo\nmesser Bellincione maritato una figliuola ad Ubertin Donati, fu\nmolto molesto di poi ad Ubertino, che messer Bellincione desse\nl'altra figlia ad uno degli Adimari, e lo facesse suo cognato.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
L'oltracotata schiatta<\/strong>  cioè, la prosuntuosa, e troppo ardita schiatta; onde ancora nel VIII dell'Inferno.  Questa lor tracotanza non è nuova<\/i> [Vers. 124]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VIII 124","NotaFonte":"","TestoFonte":"Questa lor tracotanza non è nova;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=8&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115-120","from":15920.0,"to":15966.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"cio\u00e8, vestito d'un\nabito della stessa foggia, e colore, con gli altri beati.  Cos\u00ec\nPurg. XXIX, 145 e seg.  Abituati col primaio stuolo<\/i>, cio\u00e8\n[com'ivi chiosa il Volpi] vestiti alla stessa foggia, e del color\nmedesimo che i primi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
cioè, vestito d'un abito della stessa foggia, e colore, con gli altri beati.  Così Purg. XXIX, 145 e seg.  Abituati col primaio stuolo<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIX 145-146","NotaFonte":"","TestoFonte":"E questi sette col primaio stuolo
erano abitüati","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=63&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"60","from":30783.0,"to":30788.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"citt\u00e0 maritima della Frigia minore,\nd'onde Enea fece vela per venire in Italia. Volpi. —\nSimoenta<\/b> fiume che scorreva presso Troia, nato nel monte Ida. \nLo stesso — l\u00e0 dove Etore si cuba<\/b>, l\u00e0 dove riposa, giace\nsepolto, il famoso Ettore Troiano. Siegue Dante il pensamento di\nLucano [Pharsal.<\/i> lib. 9 v. 953 e segg.] che avviandosi Cesare\nper seguire Pompeo fuggito dopo la rotta Farsalica in Egitto, ed\nattraversando l'Ellesponto, approdasse per poco la sua flotta ai\nlidi della Frigia minore, e scendesse a vedere dove fu Troia: e\ncome di l\u00e0 ha detto venuta l'Aquila in Italia [Vedi 'l principio\ndel presente canto], perci\u00f2 dice che in tale occasione rivide<\/i><\/b>\ncon Giulio Cesare Antandro e Simoenta, onde si mosse<\/b> — E mal\nper Tolommeo poi si riscosse<\/b>: e ai danni poi di Tolommeo Re\nd'Egitto indi ripart\u00ec; imperocch\u00e8 pervenuto nell'Egitto spogli\u00f2\nTolommeo del Regno e diedelo a Cleopatra [Sveton. C. Iul. Caes.<\/i><\/b>\ncap. 35].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Siegue Dante il pensamento di Lucano [Pharsal.<\/i> lib. 9 v. 953 e segg.] che avviandosi Cesare  per seguire Pompeo fuggito dopo la rotta Farsalica in Egitto, ed attraversando l'Ellesponto, approdasse per poco la sua flotta ai lidi della Frigia minore, e scendesse a vedere dove fu Troia<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"IX 953-956","NotaFonte":"","TestoFonte":"Terris sparsa legens, fama duce tendit in undas,
Threiciasque legit fauces, et amore notatum
Aequor, et Heroas lacrimoso litore turres,
Qua pelago nomen Nepheleias abstulit Helle.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0917.phi001.perseus-lat1:9.938","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"67-69","from":5420.0,"to":5421.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, {"Annotazione":"ci\u00f2 accadde la sera del 1\nmaggio 1300. «In tal sera, che \u00e8 il rinuovamento della\nprimavera, le donne usano molto per le vicinanze i balli. I\ngiovani de' Cerchi si riscontrarono con la brigata de' Donati,\ntra i quali era uno nipote di messer Corso e Bardellino de' Bardi\ne Piero Spini et altri loro compagni e seguaci, i quali\nassalirono la brigata dei Cerchi con armata mano. Nel quale\nassalto» — oltre molti che vi furono feriti — «fu tagliato il\nnaso a Ricoverino de' Cerchi da uno masnadiere de' Donati.... Il\nquale colpo fu la distruzione della nostra citt\u00e0, perch\u00e8 crebbe\nmolto odio tra i cittadini.» Dino Comp.<\/i> — Capo di parte\nBianca era Vieri de' Cerchi, della Nera Corso Donati. — Parte\nselvaggia<\/b>: parte Bianca, capitanata dai Cerchi, famiglia della\npieve di Acone in val di Sieve, trasferitasi da non lungo tempo a\nFirenze. Cfr. Parad. XVI, 65. Selvaggia<\/b> chiama la parte\nBianca perch\u00e8 i Cerchi, capi di quella erano venuti di fresco dal\ncontado, forse anche perch\u00e8 i Cerchi «uomini erano salvatichi e\ningrati.» G. Vill. l. VIII, C. 39. Qu\u00ec abbiamo selvaggia<\/b>, nel\nParad. XVII, 64 la chiama ingrata<\/i><\/b>; il poeta \u00e8 dunque d'accordo\ncol cronista. Notisi che quando Dante scriveva il poema egli\navevasi gi\u00e0 da lungo tempo fatto parte per s\u00e8 stesso. Non \u00e8\ndunque la propria<\/i> parte che egli chiama selvaggia.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
ciò accadde la sera del 1 maggio 1300.  «In tal sera, che è il rinuovamento della primavera, le donne usano molto per le vicinanze i balli. I giovani de' Cerchi si riscontrarono con la brigata de' Donati, tra i quali era uno nipote di messer Corso e Bardellino de' Bardi e Piero Spini et altri loro compagni e seguaci, i quali assalirono la brigata dei Cerchi con armata mano.  Nel quale assalto» — oltre molti che vi furono feriti — «fu tagliato il naso a Ricoverino de' Cerchi da uno masnadiere de' Donati.... Il quale colpo fu la distruzione della nostra città, perchè crebbe molto odio tra i cittadini.»  Dino Comp.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q716994","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3698471","LuogoFonte":"I, 22","NotaFonte":"","TestoFonte":"In tal sera, che è il rinovamento della primavera, le donne usano molto per le vicinanze i balli. I giovani de' Cerchi si riscontrorono con la brigata de' Donati, tra' quali era uno nipote di messer Corso, e Bardellino de' Bardi, e Piero Spini, e altri loro compagni e seguaci, i quali assalirono la brigata de' Cerchi con armata mano. Nel quale assalto fu tagliato il naso a Ricoverino de' Cerchi da uno masnadiere de' Donati, il quale si disse fu Piero Spini, e in casa sua rifuggirono. Il quale colpo fu la distruzione della nostra città, perché crebbe molto odio tra i cittadini.","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_1\/t9.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"65","from":5435.0,"to":5438.0,"NomeAutore":"Dino Compagni","TitoloFonte":"Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi"},
{"Annotazione":"ci\u00f2 che Virgilio disse a Dante nel\nCanto I v. 112-129.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
ciò che Virgilio disse a Dante nel Canto I v. 112-129.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I, 112-129","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ond'io per lo tuo me' penso e discerno
che tu mi segui, e io sarò tua guida,
e trarrotti di qui per loco etterno;
ove udirai le disperate strida,
vedrai li antichi spiriti dolenti,
ch'a la seconda morte ciascun grida;
e vederai color che son contenti
nel foco, perché speran di venire
quando che sia a le beate genti.
A le quai poi se tu vorrai salire,
anima fia a ciò più di me degna:
con lei ti lascerò nel mio partire;
ché quello imperador che là sù regna,
perch'i' fu' ribellante a la sua legge,
non vuol che 'n sua città per me si vegna.
In tutte parti impera e quivi regge;
quivi è la sua città e l'alto seggio:
oh felice colui cu' ivi elegge!","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"126","from":3335.0,"to":3338.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"col suo corpo; come par\npersona<\/i> in vece di pare corpo<\/i> dice pur nell'Inf. VI, 36.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
col suo corpo; come par persona<\/i> in vece di pare corpo<\/i> dice pur nell'Inf. VI, 36.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VI 36","NotaFonte":"","TestoFonte":"sovra lor vanità che par persona.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=6","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"110","from":1744.0,"to":1748.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"coll'accento su l'i<\/i> dee leggersi, ad\nimitazione del Greco\n%tau%rho%alpha%gamma%omega%delta%iota%alpha\\.  Intende Dante per\nquesta tragedia di Virgilio la di lui Eneide, che di fatto nel\nlib. 2 v. 114 e segg. fa menzione di due auguri Euripilo e\nCalcanta.\n\n\tPerch\u00e8 poi appelli Dante tragedia l'Eneide di Virgilio,\nvedi il Parere<\/i> del sig. Rosa Morando premesso alla presente\nopera.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Intende Dante per questa tragedia di Virgilio la di lui Eneide, che di fatto nel lib. 2 v. 114 e segg. fa menzione di due auguri Euripilo e Calcanta.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"II 114-123","NotaFonte":"","TestoFonte":"Suspensi Eurypylum scitantem oracula Phoebi
mittimus, isque adytis haec tristia dicta reportat:
“Sanguine placastis ventos et virgine caesa,
cum primum Iliacas, Danai, venistis ad oras;
sanguine quaerendi reditus, animaque litandum
Argolica.” Volgi quae vox ut venit ad auris,
obstipuere animi, gelidusque per ima cucurrit
ossa tremor, cui fata parent, quem poscat Apollo.
“Hic Ithacus vatem magno Calchanta tumultu
protrahit in medios; quae sint ea numina divom,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:2.105-2.144","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"113","from":19219.0,"to":19220.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"colla mano (Purg.<\/i>, III, 102). Si\nraffronti questo luogo all'altro dell'Inf.<\/i>, XXI, 72-75. —\nSegretamente<\/b>; avendo gi\u00e0 capito che i diavoli erano\nindispettiti della venuta di Dante, e non gi\u00e0 della sua, Virgilio\nconfidasi di meglio acquetarli venendo con loro a parlamento, nel\nquale avrebbe loro esposto le ragioni di s\u00ec insolito viaggio; e\nin ci\u00f2 sta la ragione del verso seguente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Fece segno<\/b>, colla mano (Purg.<\/i>, III, 102). Si raffronti questo luogo all'altro dell'Inf.<\/i>, XXI, 72-75.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. III, 102","NotaFonte":"","TestoFonte":"coi dossi de le man faccendo insegna","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=37","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"86-87","from":7344.0,"to":7346.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"colla seconda sillaba lunga, diastole in\ngrazia della rima. Essendo gli Arabi popoli dell'Asia, e non\nleggendosi che il Cartaginese Annibale conducesse altri soldati\nche i Cartaginesi suoi Affricani, conviene intendere, che\nappellasse Dante Arabi<\/b> i Cartaginesi avuto riguardo alla loro\norigine, ab Ifrico<\/i> [scrive Leone Affricano] Arabiae felicis\nRege, qui omnium primus hanc terram<\/i> [l'Affrica] incoluisse\nfertur. Hic quum adversus Assyriae Regem bellum gereret, ab\neodem tandem regno pulsus, cum toto exercitu Nilum transmisit, et\nOccidentem versus suas copias traducens non prius quievit, quam\nin eam partem Carthagini vicinam perventum est<\/i> [Africae\ndescriptio<\/i> lib. I cap. I]. Degli espositori, quant' osservo,\nchi di cotal permutazion di vocaboli nulla dice, e chi non\nsoddisfa. — L'alpestre rocce.<\/i><\/b> Roccia<\/i><\/b>, rupe, o ripa\nscoscesa, balzo di montagna. Per l'alpestre rocce<\/b> intendi\nl'Alpi, d'onde nasce il Po. Volpi. — Di che tu, Po, labi<\/b>,\ndalle quali [Del di<\/i><\/b> per dalle<\/i>, e del che<\/b> per quali<\/i><\/b>, anche\nnel caso obbliquo, vedi Cinonio Partic.<\/i> 44, 2 e 80, 5] tu, o\nfiume Po, caschi, e scorri per la Lombardia. Forma Dante in\ngrazia della rima dal verbo Latino labor, laberis<\/i>, l'Italiano\nverbo labere<\/i>, come ha l'uso comune dal Latino labilis<\/i>,\nlabile<\/i> formato l'Italiano labile.<\/i> Cotal poi improvisa e per\nsalto conversion di parlare al Po \u00e8 simile a quella di Ovidio nel\nlibro 5 delle Metamorfosi ove del soggiacente alla Sicilia Tif\u00e8o\nparlando dice\n\n Dextra sed Ausonio manus est subiecta Peloro<\/i>,\n Leva Pachine tibi<\/i> ec.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Cotal poi improvisa e per salto conversion di parlare al Po è simile a quella di Ovidio nel libro 5 delle Metamorfosi ove del soggiacente alla Sicilia Tifèo parlando dice\r\n     Dextra sed Ausonio manus est subiecta Peloro<\/i>,\r\n     Leva Pachine tibi<\/i> ec.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"V 350-351","NotaFonte":"","TestoFonte":"dextra sed Ausonio manus est subiecta Peloro,
laeva, Pachyne, tibi, Lilybaeo crura premuntur,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:5.341-5.408","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"49-51","from":5298.0,"to":5299.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"colle sue mani ci deporr\u00e0, nel\nfondo d'ogni reo.<\/b> \u00c8 qu\u00ec reo<\/b> nome sustantivo significante\nmedesimamente che male<\/i>: modo in cui trovasi adoprato pure da\naltri scrittori. Vedi 'l Vocab. della Cr. E come disse di\nsopra, che l'Inferno il mal dell'universo tutto insacca<\/i> [Inf.\nVII, 18], cos\u00ec appella qu\u00ec fondo d'ogni reo<\/i><\/b>, d'ogni male<\/i><\/b>, il\nfondo dell'Inferno medesimo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
E come disse di sopra, che l'Inferno il mal dell'universo tutto insacca<\/i> [Inf. VII, 18], così appella quì fondo d'ogni reo<\/b>, d'ogni male<\/i>, il fondo dell'Inferno medesimo.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII 18","NotaFonte":"","TestoFonte":"che 'l mal de l'universo tutto insacca.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"102","from":30592.0,"to":30595.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"colui, che colla nefanda sua\norigine reca infamia all'isola di Candia [Crete<\/i> appellata dai\nGreci, dai Latini Creta<\/i>, e Creti<\/b> anche da Gio. Villani Cron.\nlib.<\/i><\/b> I cap.<\/i> 6] cio\u00e8 il Minotauro: perciocch\u00e8 fu questo\nmostro mezzo uomo e mezzo bue, concepito dal commercio ch'ebbe\nPasife, moglie di Minos Re di Candia, con un toro, di cui si era\nbestialmente invaghita; e per ottenere il quale si rinserr\u00f2 e\nadatt\u00f2 in una vacca di legno fabbricatale da Dedalo.  —\ndistesa<\/i><\/b>, giacente.\n\n\tPongosi a guardia di questo cerchio il Minotauro qu\u00ec, ed\ni Centauri pi\u00f9 innanzi, mostri tutti mezzo uomini e mezzo bestie,\na dinotare l'indole mezzo bestiale dell'uomo violento.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Crete<\/i> appellata dai Greci, dai Latini Creta<\/i>, e Creti<\/b> anche da Gio. Villani Cron. lib.<\/i> I cap.<\/i> 6<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"I 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nembrot ingenerò Cres, che fu il primo re e abitatore dell'isola di Creti, che per suo nome così fu nominata; Cres ingenerò Cielo, e Cielo ingenerò Saturno [...]: e quello Iove re di  Creti cacciò Saturno suo padre del regno, e venne bene Saturno in Italia,","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"12","from":10512.0,"to":10516.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"come disse Purg. VI, 85 intorno\ndalle prode<\/i> [Vedi Cinonio Partic.<\/i> 141, 4] — t'assottiglia<\/b>,\naguzza l'ingegno tuo.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
come disse Purg. VI, 85 intorno dalle prode<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VI 85","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cerca, misera, intorno<\/strong> da le prode","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=40&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"63","from":27838.0,"to":27841.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"come fu\ninconsiderato Iepte, il capitano del popolo Ebreo, alla sua\nprima mancia<\/b>, a prometter a Dio, che se tornava vincitore degli\nAmmoniti, per primo regalo, per prima retribuzione, sacrificato\ngli avrebbe la prima persona che di sua casa venuta gli fosse\nincontro: imperocch\u00e8 fattasegli per caso incontro prima di tutti\nl'unica figliuola che aveva, strappossi d'indosso per dolore le\nvestimenta [Indic.<\/i> XI].\n\n\tIl Daniello, seguitato dal Volpi e dal Venturi, vuole che\nmancia<\/i><\/b> propriamente sia quell'augurio di buone feste e di buon\nanno, che si d\u00e0 in certi tempi dagl'inferiori a' superiori; e che\npassato siasi in oggi ad appellarsi mancia<\/b> il regalo che nella\nmedesima occasione rendono i superiori agl'inferiori.  Secondo\nquesto intendimento spiega egli, che Iepte fu bieco alla sua\nprima mancia, cio\u00e8 al primo scontro della figliuola, che\nsalutandolo gli diede la mancia.<\/i><\/b>\n\n\tMa qual altro esempio di mancia<\/i><\/b> a questo senso troviamo\nnoi?  Proccurano bens\u00ec il Daniello ed il Venturi di garantirsi\ncon ci\u00f2 che Dante dell'asta d'Achille favellando dice, che solea\nesser cagione prima di trista, e poi di buona mancia<\/i> [Inf. XXXI,\n4 e segg.].  Ma, e perch\u00e8 non ispiegherem noi ivi pure di\ntristo, e di buon regalo<\/i>, meglio che di tristo e buon augurio<\/i>?\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
come fu inconsiderato Iepte, il capitano del popolo Ebreo, alla sua prima mancia<\/b>, a prometter a Dio, che se tornava vincitore degli Ammoniti, per primo regalo, per prima retribuzione, sacrificato gli avrebbe la prima persona che di sua casa venuta gli fosse incontro: imperocchè fattasegli per caso incontro prima di tutti l'unica figliuola che aveva, strappossi d'indosso per dolore le vestimenta [Indic.<\/i> XI].<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q81240","LuogoFonte":"XI 30-35","NotaFonte":"","TestoFonte":"30 Votum autem vovit Domino dicens: “ Si tradideris filios Ammon in manus meas,
31 quicumque primus fuerit egressus de foribus domus meae mihique occurrerit revertenti cum pace a filiis Ammon, eum holocaustum offeram Domino ”.
32 Transivitque Iephte ad filios Ammon, ut pugnaret contra eos; quos tradidit Dominus in manus eius.
33 Percussitque eos ab Aroer usque dum venias in Mennith viginti civitates et usque ad Abelcharmim plaga magna nimis; humiliatique sunt filii Ammon a filiis Israel.
34 Revertenti autem Iephte in Maspha domum suam occurrit unigenita filia cum tympanis et choris: non enim habebat alios liberos.
35 Qua visa, scidit vestimenta sua","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_iudicum_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"66","from":4397.0,"to":4404.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":"libro dei Giudici"}, {"Annotazione":"come il nostro Sole accende\nle stelle che sopra di noi vediamo. Rivedi ci\u00f2 che a questo\nproposito si \u00e8 notato al canto XX v. 6 della presente cantica.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Rivedi ciò che a questo proposito si è notato al canto XX v. 6 della presente cantica.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XX 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"per molte luci, in che una risplende;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=87&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"30","from":22530.0,"to":22534.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"come prima che del monte si coprisse\nfacevi.  Canto precedente v. 25 e segg.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
come prima che del monte si coprisse facevi.  Canto precedente v. 25 e segg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. V 25-26","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quando s'accorser ch'i' non dava loco
per lo mio corpo al trapassar d'i raggi,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=39","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"57","from":5394.0,"to":5396.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"come quando ebbero fatto\nil passo dell'Acheronte e V. gli disse: Io sar\u00f2 primo e tu sarai\nsecondo<\/i> (Inf.<\/i>, IV, 15).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
come quando ebbero fatto il passo dell'Acheronte e V. gli disse: Io sarò primo e tu sarai\r\nsecondo<\/i> (Inf.<\/i>, IV, 15).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno IV, 15","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Or discendiam qua giù nel cieco mondo\",
cominciò il poeta tutto smorto.
\"Io sarò primo, e tu sarai secondo\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=4&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"136","from":34106.0,"to":34111.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"come qu\u00ec tra noi alcuna\nvolta nel solo sembiante [Vista<\/i> per sembiante<\/i> adopera il\nPoeta Purg. XVIII, 3] scorgesi l'amore — Che da lui sia tutta\nl'anima tolta<\/b>, che tutta tiri a se l'anima, che tutta seco abbia\nimpiegata l'anima.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vista<\/i> per sembiante<\/i> adopera il poeta Purg. XVIII, 3<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVIII 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"ne la mia vista s'io parea contento;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=52&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"22-24","from":17346.0,"to":17369.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"come se in vece detto avesse:\nUdii intorno agli avvenimenti di mia vita parole, le quali,\nquantunque io mi senta ben tetragono<\/b>, bene stabile,\ninatterrabile, ai colpi di fortuna, nondimeno gravi<\/b>, afflittive\nmi furono.  L'aggettivo tetragono<\/b>, per forte<\/i>,\ninatterrabile<\/i>, prendelo ragionevolmente dalla pi\u00f9 perfetta\ndelle figure tetragone<\/i>, cio\u00e8 di quattro angoli, ch'\u00e8 il cubo;\ncorpo di quattro angoli solidi, e di sei facce tutte quadrate e\nfra di loro uguali; e che perci\u00f2, comunque cada su di un piano,\nrimane sempre in piedi.  Al medesimo senso riferisce il Daniello\ndetto da Aristotele virtuosus fortunas prosperas et adversas\nfert ubique omnino prudenter ut bonus tetragonus<\/i> [Ethic.<\/i> I]. \nPer poi le parole gravi<\/i><\/b> nell'Inferno e Purgatorio udite intende\nquelle di Farinata degli Uberti Inf. X, 79 e segg. di ser\nBrunetto Latini Inf. XV, 61 e segg. di Currado Malaspina Purg.\nVIII, 133 e segg. e di Oderisi d'Agobbio 140 e segg.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Al medesimo senso riferisce il Daniello detto da Aristotele virtuosus fortunas prosperas et adversas fert ubique omnino prudenter ut bonus tetragonus<\/i> [Ethic.<\/i> I]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q868","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q474537","LuogoFonte":"1100b","NotaFonte":"","TestoFonte":"\u1f51π\u03acρξει δ\u1f74 τ\u1f78 ζητο\u03cdμενον τ\u1ff7 ε\u1f50δα\u03afμονι, κα\u1f76 \u1f14σται δι\u1f70 β\u03afου τοιο\u1fe6τος: \u1f00ε\u1f76 γ\u1f70ρ \u1f22 μ\u03acλιστα π\u03acντων πρ\u03acξει κα\u1f76 θεωρ\u03aeσει τ\u1f70 κατ\u1fbd \u1f00ρετ\u03aeν, κα\u1f76 τ\u1f70ς τ\u03cdχας ο\u1f34σει κ\u03acλλιστα κα\u1f76 π\u03acντ\u1fc3 π\u03acντως \u1f10μμελ\u1ff6ς \u1f45 γ\u1fbd \u1f61ς \u1f00ληθ\u1ff6ς \u1f00γαθ\u1f78ς κα\u1f76 τετρ\u03acγωνος <\/strong>\u1f04νευ ψ\u03ccγου.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0086.tlg010.perseus-grc1:1100b","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"22-24","from":16342.0,"to":16362.0,"NomeAutore":"Aristotele","TitoloFonte":"Etica Nicomachea"},
{"Annotazione":"come tu lo\nrichiedi per dar corona d'alloro, albero da te amato per la\nconversione in quello della diletta tua Dafne [Vedi Ovidio Met.<\/i>\nI, 452].  L'edizioni diverse dalla Nidobeatina leggono in vece\ncome dimanda dar l'amato alloro<\/i>: la Nidobeatina per\u00f2, oltre del\nlampante buon senso, ha compagni eziandio parecchi mss. veduti\ndagli Accademici della Crusca e due altri della Biblioteca\nCorsini [Segnati 611 e 1265].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
come tu lo richiedi per dar corona d'alloro, albero da te amato per la conversione in quello della diletta tua Dafne [Vedi Ovidio Met. <\/i>I, 452].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"I 452-567","NotaFonte":"","TestoFonte":"Primus amor Phoebi Daphne Peneia, quem non
fors ignara dedit, sed saeva Cupidinis ira.
Delius hunc, nuper victa serpente superbus,
viderat adducto flectentem cornua nervo
“quid” que “tibi, lascive puer, cum fortibus armis?”
dixerat, “ista decent umeros gestamina nostros,
qui dare certa ferae, dare vulnera possumus hosti,
qui modo pestifero tot iugera ventre prementem
stravimus innumeris tumidum Pythona sagittis.
Tu face nescio quos esto contentus amores
inritare tua, nec laudes adsere nostras.”
Filius huic Veneris “figat tuus omnia, Phoebe,
te meus arcus:” ait “quantoque animalia cedunt
cuncta deo tanto minor est tua gloria nostra.”
Dixit et eliso percussis aere pennis
inpiger umbrosa Parnasi constitit arce
eque sagittifera prompsit duo tela pharetra
diversorum operum: fugat hoc, facit illud amorem.
Quod facit, auratum est et cuspide fulget acuta;
quod fugat, obtusum est et habet sub harundine plumbum.
Hoc deus in nympha Peneide fixit, at illo
laesit Apollineas traiecta per ossa medullas.
Protinus alter amat, fugit altera nomen amantis
silvarum tenebris captivarumque ferarum
exuviis gaudens innuptaeque aemula Phoebes.
Vitta coercebat positos sine lege capillos.
Multi illam petiere, illa aversata petentes
inpatiens expersque viri nemora avia lustrat,
nec quid Hymen, quid Amor, quid sint conubia curat.
Saepe pater dixit “generum mihi, filia, debes,”
saepe pater dixit “debes mihi nata, nepotes:”
illa, velut crimen taedas exosa iugales,
pulchra verecundo suffunditur ora rubore,
inque patris blandis haerens cervice lacertis
“da mihi perpetua, genitor carissime,” dixit
“virginitate frui: dedit hoc pater ante Dianae.”
Ille quidem obsequitur, sed te decor iste quod optas
esse vetat. Votoque tuo tua forma repugnat:
Phoebus amat visaeque cupit conubia Daphnes,
quodque cupit, sperat, suaque illum oracula fallunt.
Utque leves stipulae demptis adolentur aristis,
ut facibus saepes ardent, quas forte viator
vel nimis admovit vel iam sub luce reliquit,
sic deus in flammas abiit, sic pectore toto
uritur et sterilem sperando nutrit amorem.
Spectat inornatos collo pendere capillos
et “quid, si comantur?” ait. Videt igne micantes
sideribus similes oculos, videt oscula, quae non
est vidisse satis; laudat digitosque manusque
bracchiaque et nudos media plus parte lacertos.
Siqua latent, meliora putat. Fugit ocior aura
illa levi neque ad haec revocantis verba resistit:
“Nympha, precor, Penei, mane! Non insequor hostis:
nympha, mane! sic agna lupum, sic cerva leonem,
sic aquilam penna fugiunt trepidante columbae,
hostes quaeque suos: amor est mihi causa sequendi.
Me miserum! ne prona cadas indignave laedi
crura notent sentes et sim tibi causa doloris.
Aspera, qua properas, loca sunt. Moderatius, oro,
curre fugamque inhibe; moderatius insequar ipse.
Cui placeas, inquire tamen. Non incola montis,
non ego sum pastor, non hic armenta gregesque
horridus observo. Nescis, temeraria, nescis
quem fugias, ideoque fugis. Mihi Delphica tellus
et Claros et Tenedos Patareaque regia servit,
Iuppiter est genitor; per me quod eritque fuitque
estque patet; per me concordant carmina nervis.
Certa quidem nostra est, nostra tamen una sagitta
certior, in vacuo quae vulnera pectore fecit.
Inventum medicina meum est, opiferque per orbem
dicor, et herbarum subiecta potentia nobis:
ei mihi, quod nullis amor est sanabilis herbis
nec prosunt domino, quae prosunt omnibus, artes.”
Plura locuturum timido Peneia cursu
fugit cumque ipso verba inperfecta reliquit,
tum quoque visa decens. Nudabant corpora venti,
obviaque adversas vibrabant flamina vestes,
et levis inpulsos retro dabat aura capillos,
auctaque forma fuga est. Sed enim non sustinet ultra
perdere blanditias iuvenis deus, utque monebat
ipse Amor, admisso sequitur vestigia passu.
Ut canis in vacuo leporem cum Gallicus arvo
vidit, et hic praedam pedibus petit, ille salutem:
alter inhaesuro similis iam iamque tenere
sperat et extento stringit vestigia rostro,
alter in ambiguo est, an sit conprensus, et ipsis
morsibus eripitur tangentiaque ora relinquit:
sic deus et virgo est hic spe celer, illa timore.
Qui tamen insequitur pennis adiutus Amoris,
ocior est requiemque negat tergoque fugacis
inminet et crinem sparsum cervicibus adflat.
Viribus absumptis expalluit illa citaeque
victa labore fugae spectans Peneidas undas
“fer pater” inquit “opem si flumina numen habetis.
Qua nimium placui, mutando perde figuram!”
Vix prece finita torpor gravis occupat artus:
mollia cinguntur tenui praecordia libro,
in frondem crines, in ramos bracchia crescunt,
pes modo tam velox pigris radicibus haeret,
ora cacumen habet; remanet nitor unus in illa.
Hanc quoque Phoebus amat, positaque in stipite dextra
sentit adhuc trepidare novo sub cortice pectus
conplexusque suis ramos, ut membra, lacertis
oscula dat ligno: refugit tamen oscula lignum.
Cui deus “at quoniam coniunx mea non potes esse,
arbor eris certe” dixit “mea. Semper habebunt
te coma, te citharae, te nostrae, laure, pharetrae:
tu ducibus Latiis aderis, cum laeta triumphum
vox canet et visent longas Capitolia pompas:
postibus Augustis eadem fidissima custos
ante fores stabis mediamque tuebere quercum,
utque meum intonsis caput est iuvenale capillis,
tu quoque perpetuos semper gere frondis honores.”
Finierat Paean: factis modo laurea ramis
adnuit utque caput visa est agitasse cacumen.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:1.452-1.524","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"15","from":96.0,"to":103.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"con accompagnamento di canti — quai\nsi sa<\/b> ec. [il si<\/b> vi sta per ornamento [Vedi Cinon. Partic.<\/i>\n229, 3]], quali sa fare chi 'n Paradiso gioisce. Vuole dire che,\ncome fecero le beate anime d'altri cieli, di mostrar allegria\nogni volta che poterono soddisfare a qualche di lui brama [Vedi\nper cagion d'esempio Par. XVI, 28 e segg.], cos\u00ec fecero ancora\nqueste componenti l'aquila.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
come fecero le beate anime d'altri cieli, di mostrar allegria ogni volta che poterono soddisfare a qualche di lui brama [Vedi per cagion d'esempio Par. XVI, 28 e segg.], così fecero ancora queste componenti l'aquila.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XVI 28-30","NotaFonte":"","TestoFonte":"Come s'avviva a lo spirar d'i venti
carbone in fiamma, così vid'io quella
luce risplendere a' miei blandimenti;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=83&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"39","from":18413.0,"to":18415.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"con dottrina~, e con\nbuona volont\u00e0 insieme [perch\u00e8 tutte le scienze senza il buon\nvolere son nulla~], e con l' autorit\u00e0 pontificale si mosse~,\nquasi un rapido torrente. La similitudine \u00e8 tolta da Virgilio~:\naut rapidus montano flumine torrens Sternit agros sternit sata\nlaeta<\/i>, boumque labores<\/i>; Praecipitesque trahit sylvas<\/i>\n[Aeneid.<\/i> II. 305. e segg.~]; ch' \u00e8 quello che qu\u00ec dice il\nPoeta~, E negli sterpi eretici percosse L' impeto suo.<\/i>\nDaniello. — quivi<\/i>, dove<\/i>, vale l\u00e0<\/i>, dove<\/i>, cio\u00e8 nel\ndistretto principalmente di Tolosa contro degli Albigesi~, come\nabbiamo nella vita del santo Patriarca.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La similitudine è tolta da Virgilio: aut rapidus montano flumine torrens Sternit agros sternit sata laeta<\/i>, boumque labores<\/i>; Praecipitesque trahit sylvas <\/i>[Aeneid.<\/i> II. 305.  e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"II 305-307","NotaFonte":"","TestoFonte":"aut rapidus montano flumine torrens
sternit agros, sternit sata laeta boumque labores,
praecipitisque trahit silvas,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:2.298-2.317","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"97-102","from":11758.0,"to":11795.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"con egual tenerezza d'affetto in\nElisio<\/i> [luogo dell'Inferno~, dove la gentilit\u00e0 collocava\nl'anime de' buoni~, e i di cui ameni campi appellava perci\u00f2\nEl\u00ecsi<\/i>] si prest\u00f2 Anchise quando s' accorse del figliuol Enea\nvivo colaggi\u00f9 penetrato~; se merita fede Virgilio [Aeneid.<\/i> VI.\n680. e segg.~], nostra maggior Musa<\/i>, il maggior Italiano\npoeta.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
se merita fede Virgilio [Aeneid.<\/i> VI 680.  e segg.],<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aen. VI 679-702","NotaFonte":"","TestoFonte":"At pater Anchises penitus convalle virenti
inclusas animas superumque ad lumen ituras
lustrabat studio recolens, omnemque suorum
forte recensebat numerum carosque nepotes,
fataque fortunasque virum moresque manusque.
Isque ubi tendentem adversum per gramina videt
Aenean, alacris palmas utrasque tetendit,
effusaeque genis lacrimae, et vox excidit ore:
“Venisti tandem, tuaque exspectata parenti
vicit iter durum pietas? Datur ora tueri,
nate, tua, et notas audire et reddere voces?
Sic equidem ducebam animo rebarque futurum,
tempora dinumerans” nec me mea cura fefellit.
Quas ego te terras et quanta per aequora vectum
accipio! quantis iactatum, nate, periclis!
Quam metui, ne quid Libyae tibi regna nocerent!”
Ille autem: “Tua me, genitor, tua tristis imago,
saepius occurrens, haec limina tendere adegit:
stant sale Tyrrheno classes. Da iungere dextram,
da, genitor, teque amplexu ne subtrahe nostro.”
Sic memorans, largo fletu simul ora rigabat.
Ter conatus ibi collo dare brachia circum,
ter frustra comprensa manus effugit imago,
par levibus ventis volucrique simillima somno.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:6.679-6.702","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"25-27","from":14249.0,"to":14270.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"con l'accento sull'ultima, come d'ordinario\nnei nomi greci. Omnis barbara vox non declinata latine,\nAccentum super extremam servabit acutum<\/i> (Giov. da Genova,\nBull.<\/i>, III, pag. 106).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
con l'accento sull'ultima, come d'ordinario\r\nnei nomi greci.  Omnis barbara vox non declinata latine,\r\nAccentum super extremam servabit acutum<\/i> (Giov. da Genova,\r\nBull.<\/i>, III, pag. 106).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q692413","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q11917541","LuogoFonte":"2307-2308","NotaFonte":"I versi citati provengono dal \"Doctrinale\" di Alessandro di Villadei, espressamente citato nel capitolo \"De Accentu\" del \"Catholicon\" di Giovanni da Genova (cfr. Martina, Giovaanni Balbi da Genova, in ED, 1970).","TestoFonte":"Omnis barbara vox non declinata latine
Accentum super extremam servabit acutum [...]","UrlFonte":"","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"2","from":28788.0,"to":28789.0,"NomeAutore":"Alessandro di Villedieu","TitoloFonte":"NA"}, {"Annotazione":"con pi\u00f9 mite aspetto. Ved.\nnota 7 al c. VII.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"con miglior labbia<\/strong>, con più mite aspetto. Ved. nota 7 al c. VII.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII, 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"Poi si rivolse a quella 'nfiata labbia","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"67","from":13007.0,"to":13010.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"con velo\nbianco in capo, e con corona di fronda d'oliva sopra del velo: e\nper\u00f2 dir\u00e0 pi\u00f9 abbasso [Ver. 67 e seg.]\n\n Tutto che 'l vel, che le scendea di testa<\/i>\n Cerchiato dalla fronda di Minerva<\/i> ec.\n\nsotto verde manto<\/b>: \u00e8 il manto<\/b> spezie di vestimento simile al\nmantello [Cos\u00ec 'l Vocabolario della Crusca] — vestita di color\ndi fiamma viva<\/b>: colla veste di rosso acceso colore. La corona\nd'oliva, ch'\u00e8 l'arbore di Minerva dea delle scienze, dinota in\nBeatrice la sapienza: il bianco del velo, il verde del manto, e\n'l rosso della veste sono i colori attribuiti alle tre virt\u00f9\nteologali [Canto precedente v. 121, e segg.], e dei medesimi\nperci\u00f2 ricuopre la celeste sapienza Beatrice, a significare\nch'esse teologali virt\u00f9 sono il principale obbietto della celeste\nsapienza, o sia della sublime teologia.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La corona d'oliva, ch'è l'arbore di Minerva dea delle scienze, dinota in Beatrice la sapienza: il bianco del velo, il verde del manto, e 'l rosso della veste sono i colori attribuiti alle tre virtù teologali [Canto precedente v. 121, e segg.], e dei medesimi perciò ricuopre la celeste sapienza Beatrice, a significare ch'esse teologali virtù sono il principale obbietto della celeste sapienza, o sia della sublime teologia.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIX 121-126","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tre donne in giro da la destra rota
venian danzando; l'una tanto rossa
ch'a pena fora dentro al foco nota;
l'altr'era come se le carni e l'ossa
fossero state di smeraldo fatte;
la terza parea neve testé mossa;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=63","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31-33","from":30103.0,"to":30121.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"confessa di essere\nstato seguace dell'eresia Eutichiana, che ammette in Cristo una\nsola natura, e di essere stato illuminato, e rimesso nella vera\ncredenza per opera di s. Agapito Papa.\n\n\tIl vero si \u00e8<\/i> [dice qu\u00ec a riprensione del poeta nostro\nil Venturi], che Giustiniano, secondo l'empia passione di\nTeodora sua moglie, parziale di quella setta<\/i> [Eutichiana],\nfavor\u00ec per imprudenza alcuni Eutichiani, e spezialmente Antimo\nnella sua esaltazione al patriarcato di Costantinopoli: per altro\nquando Giustiniano tratt\u00f2 con sant'Agapito, non era caduto\nnell'eresia, nella quale poi cadde, morto gi\u00e0 d'un pezzo quel\nglorioso Pontefice.<\/i> Baron. tomo 7 an. 564.\n\n\tL'eresia [si risponde al Venturi] in cui dice il Baronio\nessere caduto Giustiniano morto gi\u00e0 d'un pezzo sant'Agapito, cio\u00e8\nnell'anno 564 non fu la Eutichiana, ma quella\ndegl'incorruttibili, appellati dal nome del loro capo anche\nGaianiti<\/i>; i quali sostennero, che il corpo del N. S. Ges\u00f9\nCristo fosse incorruttibile prima eziandio della gloriosa di lui\nrisurrezione.\n\n\tQuanto poi all'affare tra l'Imperator Giustiniano e\nsant'Agapito medesimo mentre viveva, dice vero il Venturi essere\nil Baronio d'intendimento, che quel santo Pontefice non avesse\nbriga con Giustiniano per altra cagione quam quod<\/i> [parole dello\nstesso Baronio [Ann. 536]] ob assensum adhibitum in creatione\nAnthimi haeretici, ipse etiam Imperator in suspicionem haeresis\nesset adductus.<\/i> Ma per\u00f2 il Baronio [sia detto con tutto il\nrispetto] merita su di ci\u00f2 quella critica, che da nessuno, ch'io\nmi trovi, viene lui fatta. Egli cio\u00e8 intende malamente la\nnarrativa di Anastagio Bibliotecario, su della quale fonda il suo\ndetto. Io non far\u00f2 altro che riportar qu\u00ec le parole del medesimo\nAnastagio, e quelle di Paolo diacono scrittore vissuto un secolo\nprima di Anastagio, e lasciare che il leggitore le confronti, e\ngiudichi.\n\n\tIngressus Constantinopolim et susceptus est Agapitus\nEpiscopus cum gloria. Et primum caepit habere altercationem cum\npiissimo Principe Iustiniano Augusto de Religione. Cui\nbeatissimus Agapitus Episcopus constantissim\u00e8 fidei Apostolorum\nresponsum reddidit dicens, Dominum nostrum Iesum Christum Deum et\nhominem esse, hoc est duas naturas esse in uno Christo. Et dum\ncontentio verteretur, ita Dominus affuit ut Episcopum\nConstantinopolitanum, nomine Anthimum, inveniret haereticum. Et\ncum contentio verteretur cum Augusto et Agapito Papa, hoc dixit\nei Iustinianus Imperator. Aut consenti nobis aut exilio te\ndeportari faciam. Tunc Beatissimus Agapitus Papa respondit cum\ngaudio dicens ad Imperatorem. Ego quidem peccator ad Iustinianum\nImperatorem Christianissimum venire desideravi: nunc autem\nDiocletianum inveni<\/i> ec. Anast. Bibliot. De vitis Pontif. Rom.<\/i>\nLVIII in s. Agap.<\/i>\n\n\tSentiens Theodatus sibi infensum habere principem,\nbeatum Papam Agapitum Constantinopolim dirigit, quatenus apud\nIustinianum ei factorum impunitatem impetraret. Qui sanctus\nPontifex dum Iustinianum principem adisset, facta cum eodem de\nfide collatione, reperit eum in Euthichetis dogma corruisse; a\nquo primitus graves beatus antistes minas perpessus est. Sed cum\nillius inconcussam in fide catholica Iustinianus constantiam\ncerneret: siquidem ad hoc usque verbis progressum fuerat, ut\ntalia a praesule audiret: Ego ad Iustinianum Imperatorem\nChristianissimum venire desideravi, sed Diocletianum inveni:\ntandem ex voluntate Dei eius monitis acquiescens, ad catholicae\nfidei confessionem cum multis pariter, qui similiter desipiebant\nregressus est. Anthemium quoque eiusdem regiae civitatis\nepiscopum, praefatae haereseos defensorem, convictum publice\ncommunione privavit, ac, persuaso Principe, in exilium coegit<\/i>\nec. Paul. Diac. Continuat. Hist. Eutropii<\/i> lib. 17.\n\n\tPuossi egli dubitare della concordia d'ambedue questi\nstorici nell'asserire, che da sant'Agapito trovato si fosse\nGiustiniano gi\u00e0 caduto nell'eresia d'Eutiche?\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ingressus Constantinopolim et susceptus est Agapitus Episcopus cum gloria.  Et primum caepit habere altercationem cum piissimo Principe Iustiniano Augusto de Religione.  Cui beatissimus Agapitus Episcopus constantissimè fidei Apostolorum responsum reddidit dicens, Dominum nostrum Iesum Christum Deum et hominem esse, hoc est duas naturas esse in uno Christo.  Et dum contentio verteretur, ita Dominus affuit ut Episcopum Constantinopolitanum, nomine Anthimum, inveniret haereticum.  Et cum contentio verteretur cum Augusto et Agapito Papa, hoc dixit ei Iustinianus Imperator.  Aut consenti nobis aut exilio te deportari faciam.  Tunc Beatissimus Agapitus Papa respondit cum gaudio dicens ad Imperatorem.  Ego quidem peccator ad Iustinianum Imperatorem Christianissimum venire desideravi: nunc autem Diocletianum inveni<\/i> ec.  Anast. Bibliot. De vitis Pontif. Rom. <\/i>LVIII in s. Agap.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q309061","LuogoFonte":"","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ingressus Constantinopolim et susceptus est Agapitus episcopus cum gloria. Et primum coepit habere altercationem cum piissimo principe imperatore, domnum Iustinianum Augustum, de religione. Cui beatissimus Agapitus episcopus constantissime fidei apostolicae responsum reddidit de domino Iesu Christo Deum et hominem, hoc est duas naturas in uno Christo. Et dum intentio verteretur, ita Dominus adfuit ut episcopum Constantinopolitanum, nomine Anthemum, inveniret hereticum. Et cum intentio verteretur cum Augusto et Agapito papa, hoc dixit ei imperator Iustinianus: «Aut consentis nobis aut exilio te deportari faciam». Tunc beatissimus Agapitus papa respondit cum gaudio, dicens ad imperatorem: «Ego quidem peccator ad Iustinianum imperatorem christianissimum venire desideravi; nunc autem Diocletianum inveni [...].","UrlFonte":"https:\/\/fontistoriche.org\/papa-agapito-i\/","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"14-18","from":5035.0,"to":5039.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":"Liber Pontificalis"},
{"Annotazione":"confessano le peccata loro; — Odono<\/b>: la\nsentenza.  Questo udire \u00e8 interno, ch\u00e8 Minos non parla, v. 11. \nOsservisi che Minos simboleggia la coscienza.  — Son gi\u00f9\nv\u00f4lte<\/b>: sono precipitate dagli esecutori della sentenza (cfr.\nInf. XXI, 29-43) gi\u00f9 nel cerchio infernale loro assegnato.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Son giù vôlte<\/b>: sono precipitate dagli esecutori della sentenza (cfr. Inf. XXI, 29-43) giù nel cerchio infernale loro assegnato.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI, 29-45","NotaFonte":"","TestoFonte":"e vidi dietro a noi un diavol nero
correndo su per lo scoglio venire.
Ahi quant'elli era ne l'aspetto fero!
e quanto mi parea ne l'atto acerbo,
con l'ali aperte e sovra i piè leggero!
L'omero suo, ch'era aguto e superbo,
carcava un peccator con ambo l'anche,
e quei tenea de' piè ghermito 'l nerbo.
Del nostro ponte disse: \"O Malebranche,
ecco un de li anzïan di Santa Zita!
Mettetel sotto, ch'i' torno per anche
a quella terra, che n'è ben fornita:
ogn'uom v'è barattier, fuor che Bonturo;
del no, per li denar, vi si fa ita\".
Là giù 'l buttò, e per lo scoglio duro
si volse; e mai non fu mastino sciolto
con tanta fretta a seguitar lo furo.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=21&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"15","from":4095.0,"to":4096.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"conforme a\nquella colletta della Chiesa: Deus, cui soli cognitus est\nnumerus electorum in superna felicitate locandus.<\/i> Venturi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
conforme a quella colletta della Chiesa: Deus, cui soli cognitus est numerus electorum in superna felicitate locandus.<\/i>  Venturi.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q653871","LuogoFonte":"I\u00aa q. 23 a. 7 co. ","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sed melius dicitur quod soli Deo est cognitus numerus electorum in superna felicitate locandus<\/i>.","UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/sth1015.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"135","from":20122.0,"to":20128.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":"Summa Theologiae"},
{"Annotazione":"congiunto con quella\nparte~, intendi~, di cielo~, che di sopra \u00e8 stata rammentata~,\ncio\u00e8 con Ariete [Vedi Inf. I. 38.  e seg.  ed altrove.] — si\ngirava per le spire<\/i>, in che ec.<\/i>  Il sistema della terra\nimmobile~, ch' \u00e8 quello del poeta nostro~, porta seco di\nnecessit\u00e0 che muovasi il Sole da un tropico all'altro per via di\nspire [per via cio\u00e8 che giri come le scale fatte a chiocciola~],\ne che le spire per cui viene dal trpico di Capricorno a quello di\nCancro~, sieno diverse~, e s'incrocicchino con quelle per le\nquali dal tropico di Capricorno vendendo il Sole a quel di\nCancro~, nasce a noi ogni giorno pi\u00f9 presto~, perci\u00f2 Dante in\nvece di dire che dal tropico di Capricorno veniva allora il Sole\ninverso quello di Cancro~, dice che si girava per le spire<\/i>, in\nche<\/i> [nelle quali] pi\u00f9 tosto ogni ora s'appresenta.<\/i>  E qu\u00ec o\npel soggetto che s' appresenta<\/i> vuole intendersi il detto\nministro maggior della natura<\/i>, il Sole~; e per ogni ora<\/i>\nbisogner\u00e0 capire lo stesso che sempre<\/i>; o [che mi par meglio]\npel soggetto che s'appresenta<\/i> intendesi ogni ora<\/i>; e vorr\u00e0 il\nPoeta dire che siccome per quelle spire aggirandosi 'l Sole ogni\nd\u00ec pi\u00f9 presto all'Italia nostra~, dov' egli scriveva si\npresenta~, cos\u00ec pi\u00f9 presto eziandio presentinsi le ore che dal\nnascer del Sole si contano~, l' un'ora di Sole~, le due le tre\nec.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
congiunto con quella parte, intendi, di cielo, che di sopra è stata rammentata, cioè con Ariete [Vedi Inf. I. 38.  e seg.  ed altrove.] <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 38","NotaFonte":"","TestoFonte":"e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31-33","from":9259.0,"to":9279.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"conosci il pensier mio\nsenza che te lo manifesti con parole: e per\u00f2 anche nel canto\nXVI, 118.\n\n     Ahi quanto cauti gli uomini esser denno<\/i>\n        Presso a color, che non veggon pur l'opra<\/i>,\n        Ma perentro i pensier miran col senno!<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
conosci il pensier mio senza che te lo manifesti con parole: e però anche nel canto XVI, 118.      Ahi quanto cauti gli uomini esser denno \/ <\/i> Presso a color, che non veggon pur l'opra<\/i>, \/   Ma perentro i pensier miran col senno!<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVI 118-120","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ahi quanto cauti li uomini esser dienno
presso a color che non veggion pur l'ovra,
ma per entro i pensier miran col senno!","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=16&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"39","from":17726.0,"to":17732.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"consesso, dal Latino sodalitium<\/i>, che\nvolentieri dicesi de' commensali [Vedi 'l tesoro della lingua \nLatina di Roberto Stefano art. sodalis<\/i> et sodalitium<\/i><\/b>] —\ngran cena Del benedetto Agnello<\/b> appella il Paradiso, perocch\u00e8\nquello in cui il benedetto Agnello<\/b> Ges\u00f9 Cristo [Appellato\nAgnus, Agnus Dei<\/i> nelle Scritture sacre frequentemente] ciba gli\neletti della sua gloria; e perocch\u00e8 quello di cui il medesimo\nbenedetto Agnello Ges\u00f9 Cristo ne d\u00e0 pegno qu\u00ec 'n terra col\ncibarne nella sacra cena Eucaristica del suo santissimo corpo e\nsangue [Sacrum convivium, in quo futurae gloriae nobis pignus\ndatur<\/i> canta la Chiesa del santissimo Sacramento dell'altare] —\ns\u00ec, che la vostra voglia<\/i><\/b> ec., talmente, che non avete mai di\nche desiderare.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
benedetto Agnello<\/b> Gesù Cristo [Appellato Agnus, Agnus Dei<\/i> nelle Scritture sacre frequentemente]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"I 29","NotaFonte":"","TestoFonte":"Altera die videt Iesum venientem ad se et ait: “ Ecce agnus Dei, qui tollit peccatum mundi. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"1-3","from":23292.0,"to":23293.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"continuando a tenere il capo\nbasso.  — Giue<\/b>, gi\u00f9.  Ved. nota 141, al C. II.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Giue<\/b>, giù.  Ved. nota 141, al C. II.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II, 141","NotaFonte":"","TestoFonte":"Così li dissi; e poi che mosso fue","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"53","from":31299.0,"to":31302.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"contrariate.  — Voglia<\/b>: divina. \nEgli ti \u00e8 duro di ricalcitrar contro agli stimoli.<\/i>  Act. IX, 5.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
contrariate.  — Voglia<\/b>: divina. \r\nEgli ti è duro di ricalcitrar contro agli stimoli.<\/i>  Act. IX, 5.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","LuogoFonte":"26, 14","NotaFonte":"Scartazzini fa riferimento ad At. 9, 5, cio\u00e8 alla lezione biblica di Giovanni Diodati","TestoFonte":"omnesque nos cum decidissemus in terram, audivi vocem loquentem mihi Hebraica lingua: “Saul, Saul, quid me persequeris? Durum est tibi contra stimulum calcitrare”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#26","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94","from":8345.0,"to":8350.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"},
{"Annotazione":"contrito, rincrescioso\n(cf. Inf.<\/i>, XXII, 124, e in senso un po' differente, Inf.<\/i>, \nVII, 36) dell'aver indugiato a rispondere a Cavalcante, ed essere\nstato cos\u00ec cagione dell'errore di lui e della conseguente sua\nambascia.  — Quel caduto<\/b>; Cavalcante.  Il Tommaseo: «In\nFarinata l'amore di patria dall'altero disdegno traspare\ngiustamente.  Nel Cavalcanti non men bello di non viv'egli\nancora<\/i><\/b> {v.68}? forse pi\u00f9 tenero e pi\u00f9 accorato \u00e8 direte adunque\na quel caduto.<\/i><\/b>  — Il suo noto<\/b>, suo figlio (Inf.<\/i>, IV, 59). \n— Coi vivi ancor congiunto<\/i><\/b>, vive ancora; animae separatae<\/i><\/b>\ndicevano le Scuole, per indicare i morti.  Guido mor\u00ec sulla fine\ndel 1300.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Di mia colpa compunto<\/b>, contrito, rincrescioso (cf. Inf.<\/i>, XXII, 124, e in senso un po' differente, Inf.<\/i>, VII, 36) dell'aver indugiato a rispondere a Cavalcante, ed essere stato così cagione dell'errore di lui e della conseguente sua ambascia.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXII, 124","NotaFonte":"","TestoFonte":"Di che ciascun di colpa fu compunto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=22","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"109-111","from":9406.0,"to":9410.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"corrispondente a quelle bolgia\nmirabilmente oscura<\/i> vers. 6.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
corrispondente a quelle bolgia mirabilmente oscura<\/i> vers. 6.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno XXI 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"e vidila mirabilmente oscura","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"29","from":19539.0,"to":19541.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"cosicch\u00e8 ogni parte del\ncielo immateriale, ognuno dei nove cori angelici, splende ad ogni\nparte del cielo materiale, ad ognuna delle nove sfere. \nVeggasi, infatti, tutto il C. XXVIII del Paradiso.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
cosicchè ogni parte del cielo immateriale, ognuno dei nove cori angelici, splende ad ogni parte del cielo materiale, ad ognuna delle nove sfere. Veggasi, infatti, tutto il C. XXVIII del Paradiso.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXVIII, 1-139","NotaFonte":"","TestoFonte":"Poscia che 'ncontro a la vita presente
d'i miseri mortali aperse 'l vero
quella che 'mparadisa la mia mente,
come in lo specchio fiamma di doppiero
vede colui che se n'alluma retro,
prima che l'abbia in vista o in pensiero,
e sé rivolge per veder se 'l vetro
li dice il vero, e vede ch'el s'accorda
con esso come nota con suo metro;
così la mia memoria si ricorda
ch'io feci riguardando ne' belli occhi
onde a pigliarmi fece Amor la corda.
E com'io mi rivolsi e furon tocchi
li miei da ciò che pare in quel volume,
quandunque nel suo giro ben s'adocchi,
un punto vidi che raggiava lume
acuto sì, che 'l viso ch'elli affoca
chiuder conviensi per lo forte acume;
e quale stella par quinci più poca,
parrebbe luna, locata con esso
come stella con stella si collòca.
Forse cotanto quanto pare appresso
alo cigner la luce che 'l dipigne
quando 'l vapor che 'l porta più è spesso,
distante intorno al punto un cerchio d'igne
si girava sì ratto, ch'avria vinto
quel moto che più tosto il mondo cigne;
e questo era d'un altro circumcinto,
e quel dal terzo, e 'l terzo poi dal quarto,
dal quinto il quarto, e poi dal sesto il quinto.
Sopra seguiva il settimo sì sparto
già di larghezza, che 'l messo di Iuno
intero a contenerlo sarebbe arto.
Così l'ottavo e 'l nono; e chiascheduno
più tardo si movea, secondo ch'era
in numero distante più da l'uno;
e quello avea la fiamma più sincera
cui men distava la favilla pura,
credo, però che più di lei s'invera.
La donna mia, che mi vedëa in cura
forte sospeso, disse: \"Da quel punto
depende il cielo e tutta la natura.
Mira quel cerchio che più li è congiunto;
e sappi che 'l suo muovere è sì tosto
per l'affocato amore ond'elli è punto\".
E io a lei: \"Se 'l mondo fosse posto
con l'ordine ch'io veggio in quelle rote,
sazio m'avrebbe ciò che m'è proposto;
ma nel mondo sensibile si puote
veder le volte tanto più divine,
quant'elle son dal centro più remote.
Onde, se 'l mio disir dee aver fine
in questo miro e angelico templo
che solo amore e luce ha per confine,
udir convienmi ancor come l'essemplo
e l'essemplare non vanno d'un modo,
ché io per me indarno a ciò contemplo\".
\"Se li tuoi diti non sono a tal nodo
sufficïenti, non è maraviglia:
tanto, per non tentare, è fatto sodo!\".
Così la donna mia; poi disse: \"Piglia
quel ch'io ti dicerò, se vuo' saziarti;
e intorno da esso t'assottiglia.
Li cerchi corporai sono ampi e arti
secondo il più e 'l men de la virtute
che si distende per tutte lor parti.
Maggior bontà vuol far maggior salute;
maggior salute maggior corpo cape,
s'elli ha le parti igualmente compiute.
Dunque costui che tutto quanto rape
l'altro universo seco, corrisponde
al cerchio che più ama e che più sape:
per che, se tu a la virtù circonde
la tua misura, non a la parvenza
de le sustanze che t'appaion tonde,
tu vederai mirabil consequenza
di maggio a più e di minore a meno,
in ciascun cielo, a süa intelligenza\".
Come rimane splendido e sereno
l'emisperio de l'aere, quando soffia
Borea da quella guancia ond'è più leno,
per che si purga e risolve la roffia
che pria turbava, sì che 'l ciel ne ride
con le bellezze d'ogne sua paroffia;
così fec'ïo, poi che mi provide
la donna mia del suo risponder chiaro,
e come stella in cielo il ver si vide.
E poi che le parole sue restaro,
non altrimenti ferro disfavilla
che bolle, come i cerchi sfavillaro.
L'incendio suo seguiva ogne scintilla;
ed eran tante, che 'l numero loro
più che 'l doppiar de li scacchi s'inmilla.
Io sentiva osannar di coro in coro
al punto fisso che li tiene a li ubi,
e terrà sempre, ne' quai sempre fuoro.
E quella che vedëa i pensier dubi
ne la mia mente, disse: \"I cerchi primi
t'hanno mostrato Serafi e Cherubi.
Così veloci seguono i suoi vimi,
per somigliarsi al punto quanto ponno;
e posson quanto a veder son soblimi.
Quelli altri amori che 'ntorno li vonno,
si chiaman Troni del divino aspetto,
per che 'l primo ternaro terminonno;
e dei saper che tutti hanno diletto
quanto la sua veduta si profonda
nel vero in che si queta ogne intelletto.
Quinci si può veder come si fonda
l'essere beato ne l'atto che vede,
non in quel ch'ama, che poscia seconda;
e del vedere è misura mercede,
che grazia partorisce e buona voglia:
così di grado in grado si procede.
L'altro ternaro, che così germoglia
in questa primavera sempiterna
che notturno Arïete non dispoglia,
perpetüalemente \"Osanna\" sberna
con tre melode, che suonano in tree
ordini di letizia onde s'interna.
In essa gerarcia son l'altre dee:
prima Dominazioni, e poi Virtudi;
l'ordine terzo di Podestadi èe.
Poscia ne' due penultimi tripudi
Principati e Arcangeli si girano;
l'ultimo è tutto d'Angelici ludi.
Questi ordini di sù tutti s'ammirano,
e di giù vincon sì, che verso Dio
tutti tirati sono e tutti tirano.
E Dïonisio con tanto disio
a contemplar questi ordini si mise,
che li nomò e distinse com'io.
Ma Gregorio da lui poi si divise;
onde, sì tosto come li occhi aperse
in questo ciel, di sé medesmo rise.
E se tanto secreto ver proferse
mortale in terra, non voglio ch'ammiri:
ché chi 'l vide qua sù gliel discoperse
con altro assai del ver di questi giri\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=95","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"75","from":6322.0,"to":6330.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"costui, esule da Roma,\npose termine al dubitar di Cesare, alla perplessit\u00e0 nella quale\negli era, se obbedire al Senato deponendo il commando, o, varcato\nil Rubicone, portar le armi contro la patria; affermandogli che\ncolui il quale ha tutto in punto, cui nulla manca per condurre a\nfine un'impresa, sempre ebbe danno dal ritardarla. Lucano,\nPhars. I, 281, fa dire a Curione: «Tolle moras; nocuit semper\ndifferre paratis.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Questi, scacciato<\/b> ec., costui, esule da Roma, pose termine al dubitar di Cesare, alla perplessità nella quale egli era, se obbedire al Senato deponendo il commando, o, varcato il Rubicone, portar le armi contro la patria; affermandogli che colui il quale ha tutto in punto, cui nulla manca per condurre a fine un'impresa, sempre ebbe danno dal ritardarla. Lucano, Phars. I, 281, fa dire a Curione: «Tolle moras; nocuit semper differre paratis.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"Pharsalia I, 281","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tolle moras. Semper nocuit differre paratis.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0133%3Abook%3D1%3Acard%3D158","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97-99","from":27439.0,"to":27441.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, {"Annotazione":"cos\u00ec appella Dante s. Pietro;\ned era in uso a que' tempi di dare ai santi que' titoli stessi,\nche davansi nel mondo alle persone pi\u00f9 distinte. Messer santo\nIeronimo<\/i>, scrisse, a cagion d'esempio, il Passavanti [Specch.\ndi Penit.<\/i> nel Prologo], e baron messer s. Antonio<\/i> scrisse il\nBoccaccio [Nov. 60, 4] — che s\u00ec di ramo in ramo<\/b> ec. \nCostruzione che esaminando<\/b>, che esame di mia credenza facendo,\ndi ramo in ramo<\/b>, per d'una in altra parte, tratto m'avea s\u00ec,\nche appressavamo all'ultime fronde<\/i><\/b>: corrispondentemente ad aver\nappellati rami<\/i> le altre cose, delle quali era stato richiesto,\nfronde<\/i><\/b> appella le cose ultime che restavano da richiedersi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
era in uso a que' tempi di dare ai santi que' titoli stessi, che davansi nel mondo alle persone più distinte.  Messer santo Ieronimo<\/i>, scrisse, a cagion d'esempio, il Passavanti [Specch. di Penit.<\/i> nel Prologo]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3805918","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q19141302","LuogoFonte":"Prol.","NotaFonte":"","TestoFonte":"dottore sommo messer santo Jeronimo","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=AvsrcX-yHToC&printsec=frontcover&dq=Lo+specchio+della+vera+penitenzia+di+fr.+Jacopo+Passavanti+...+dato+in+luce+dagli+Accademici+della+Crusca&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&sa=X&redir_esc=y#v=snippet&q=messer%20santo%20jeronimo&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115-117","from":24086.0,"to":24089.0,"NomeAutore":"Jacopo Passavanti","TitoloFonte":"Specchio di vera penitenza"},
{"Annotazione":"cos\u00ec gli orribili giganti, i\nquali Giove ancor minaccia col tuono, con la met\u00e0 della loro\nsmisurata persona facevano turrita (torreggiavano<\/b>) la sponda\ncircondante il pozzo.  — Giganti.<\/b>  Di giganti parla la\ntradizione sacra, egualmente che la profana.  «Gigantes erant\nsuper terram in diebus illis,» dice la Genesi, VI, 4.  Giamb.\nVico d\u00e0 le ragioni fisiche e morali che «dovettero a dismisura\ningrandire le carni e l'ossa» de' primi uomini dopo il diluvio, e\nfarli «crescere vigorosamente robusti e s\u00ec provenire giganti.»  \nOggi medesimo: «Della statura, de' giganti antediluviani e\nposdiluviani non faremo nessuna difficolt\u00e0 perch\u00e8 sia contraria\nalla natura presente; parendoci ella anzi conforme a quella\nnatura primitiva che veggiamo gigantea nelle reliquie animali e\nvegetali di quelle et\u00e0.» Balbo, Medit., V, 13.  — Cui\nminaccia Giove<\/b> ec.  Ad ogni scoppio di tuono, si ricordano de'\nfulmini di Flegra.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Giganti.<\/b>  Di giganti parla la tradizione sacra, egualmente che la profana. «Gigantes erant super terram in diebus illis,» dice la Genesi, VI, 4.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"Genesi VI, 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Gigantes erant super terram in diebus illis<\/strong> et etiam postquam ingressi sunt filii Dei ad filias hominum, illaeque eis genuerunt: isti sunt potentes a saeculo viri famosi.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#6","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"42-45","from":30149.0,"to":30152.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"cos\u00ec la\nNidob., E quando Lachesis non ha pi\u00f9 lino<\/i> l'altre edizioni. \nLachesi una delle tre Parche, quella a cui, com'\u00e8 detto al XXI v.\n25 di questa cantica, quando ciascun uomo nasce, impone la\nsorella Cloto su la rocca quel pennecchio, durante la filtura del\nquale durar dee la vita di quell'uomo.  Quando adunque Lachesi\nnon ha pi\u00f9 del lino su la rocca, allora l'uomo muore.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Lachesi <\/strong>una delle tre Parche, quella a cui, com'è detto al XXI v. 25 di questa cantica, quando ciascun uomo nasce, impone la sorella Cloto su la rocca quel pennecchio, durante la filtura del quale durar dee la vita di quell'uomo.  Quando adunque Lachesi non ha più del lino su la rocca, allora l'uomo muore.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXI 25","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma perché lei che dì e notte fila","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=55","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79","from":25280.0,"to":25287.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"cos\u00ec la\nNidobeatina, meglio che non leggano le altre edizioni parte S\u00ec,\nch'al Nil caldo si sent\u00ec del duolo<\/i> [Vedi l'edizione della Crusca\ne le seguaci], e parte S\u00ec ch'al Nil caldo fe' sentir del duolo<\/i>\n[Vedi l'edizioni Venete 1568 e 1578]: e vuol dire, che la\nvittoria riportata da Giulio Cesare contra Pompeo in Farsaglia,\nfu cagione che anche il Nilo [fiume d'Egitto preso qu\u00ec per lo\nstesso Egitto] si rammaricasse, e per la proditoria morte data a\nPompeo nell'Egitto rifuggitosi, e per prevedersi quella guerra,\nche Cesare gli mosse [Vedi Sveton. C. Iul. Caes.<\/i> cap. 35].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
la vittoria riportata da Giulio Cesare contra Pompeo in Farsaglia, fu cagione che anche il Nilo [fiume d'Egitto preso quì per lo stesso Egitto] si rammaricasse, e per la proditoria morte data a Pompeo nell'Egitto rifuggitosi, e per prevedersi quella guerra, che Cesare gli mosse [Vedi Sveton. C. Iul. Caes.<\/i> cap. 35].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q10133","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1229963","LuogoFonte":"XXXV 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"hinc urbe repetita in Macedoniam transgressus Pompeium, per quattuor paene menses maximis obsessum operibus, ad extremum Pharsalico proelio fudit et fugientem Alexandriam persecutus, ut occisum deprehendit, cum Ptolemaeo rege, a quo sibi quoque insidias tendi uidebat, bellum sane difficillimum gessit, neque loco neque tempore aequo, sed hieme anni et intra moenia copiosissimi ac sollertissimi hostis, inops ipse omnium rerum atque inparatus.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1348.abo011.perseus-lat1:35","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"66","from":5411.0,"to":5420.0,"NomeAutore":"Gaio Svetonio Tranquillo","TitoloFonte":"Vite dei Cesari"},
{"Annotazione":"cos\u00ec la Nidob. non sola, ma\ntutte l'altre Ediz. antiche, ma tutti anche quasi i testi veduti\ndagli Accademici della Crusca.  Ai detti Accademici per\u00f2, per la\nsola autorit\u00e0 di sedici testi contro quella di pi\u00f9 di\nsettant'altri, \u00e8 piaciuto d'inserire nella edizione loro canali\ne freddi e molli.<\/i>  Ma che non fosse Dante vago di usare la\nparticella e<\/i> di soverchio, ne lo dimostrano abbastanza que'\nversi tra gli altri,\n\n     A lagrimar mi fanno tristo e pio<\/i> \n        [Inf. V, 115]\n     Caccia d'Asciano la vigna e la fronda<\/i> \n        [Inf. XXIX, 131]\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Che non fosse Dante vago di usare la particella e<\/i> di soverchio, ne lo dimostrano abbastanza que' versi tra gli altri,\r\n     A lagrimar mi fanno tristo e pio<\/i> \r\n        [Inf. V, 115]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V 117","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Inf. V 117, non 115.","TestoFonte":"a lagrimar mi fanno tristo e pio.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=5&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"66","from":29245.0,"to":29249.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"cos\u00ec la Nidobeat., e,\nsignificando accesa<\/b> lo stesso che bramosa<\/i>, legge essa meglio\nche l'altre edizioni nel mirar facensi accesa.<\/i>\n\n\tCotale accrescersi nella mente la brama di contemplare,\nmentre gi\u00e0 contemplando saziavasi, corrisponde a quella sentenza\ndi s. Gregorio Papa Augent spiritales deliciae desiderium in\nmente dum satiant<\/i> [Hom.<\/i> 26 in Evang.<\/i>].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Cotale accrescersi nella mente la brama di contemplare, mentre già contemplando saziavasi, corrisponde a quella sentenza di s. Gregorio Papa Augent spiritales deliciae desiderium in mente dum satiant<\/i> [Hom.<\/i> 26 in Evang.<\/i>].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42827","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Homiliae_in_Evangelia","LuogoFonte":"XXXVI 1","NotaFonte":"Cfr. PL LXXVI 1266B","TestoFonte":"Augent enim spiritales deliciae desiderium in mente, dum satiant, quia quanto magis earum sapor percipitur, eo amplius cognoscitur quod avidius ametur.","UrlFonte":"http:\/\/www.mlat.uzh.ch\/index.php?app=browser&text=8053","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"99","from":33048.0,"to":33052.0,"NomeAutore":"papa Gregorio I","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"cos\u00ec la Nidobeatina e\nqualch'altra edizione: e dee essere derivato dal pregiudizio\ndivisato Infer. XIV, 131 ch'altri in vece scrivessero S\u00ec come di\nLet\u00e8o beesti ancoi<\/i> — anc\u00f2i<\/b> per oggi<\/i><\/b> [Vedi la nota al canto\nXIII vers. 52 della presente cantica].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
ancòi<\/b> per oggi<\/i> [Vedi la nota al canto XIII vers. 52 della presente cantica].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XIII 52","NotaFonte":"","TestoFonte":" Non credo che per terra vada ancoi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=47","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":33713.0,"to":33718.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"cos\u00ec legge la\nNidobeatina meglio certamente delle altre edizioni, che leggono\nper un segreto calle.<\/i>  Oltrech\u00e8 l'epiteto di stretto<\/b>\ns'accorda meglio coll'andare de' poeti uno dopo le spalle<\/b>\ndell'altro [ci\u00f2 che dalla strettezza della via deduce Dante\nstesso espressamente nel Purg XXV, 8 prendendo la scala, Che\nper artezza i salitor dispaia<\/i><\/b>], male eziando si converrebbe\nl'epiteto di segreto<\/i> ad un calle, ch'era in vista di tutto\nquello infernale campo; di modo che alzando que' dannati il capo\ndalle arche in cui giacevano, vi scorgevano i viandanti; come in\nappresso si dir\u00e0.  — Ora<\/i><\/b> particella, dice il Cinonio, con la\nquale talvolta si ripiglia o si continua il parlare, Lat.\nitaque<\/i><\/b> [Partic.<\/i> 122, 4].  — Mart\u00ecri.<\/b>  Vedi la nota\nall'ultimo verso del canto precedente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
l'epiteto di stretto <\/b>s'accorda meglio coll'andare de' poeti uno dopo le spalle <\/b>dell'altro [ciò che dalla strettezza della via deduce Dante stesso espressamente nel Purg XXV, 8 prendendo la scala, Che per artezza i salitor dispaia<\/i>]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXV 8-9","NotaFonte":"Lombardi legge \"stretto\" anzich\u00e9 \"secreto\" calle.","TestoFonte":"uno innanzi altro prendendo la scala
che per artezza i salitor dispaia.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=59&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-3","from":8636.0,"to":8660.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"cos\u00ec lo canonizza per eccesso di\npiet\u00e0~; per altro non \u00e8 martire chi coll'armi alla mano si\ndifende dalla morte~, anzi \u00e8 ucciso~, mentre pur' egli fa ogni\nsforzo di prevenire l'uccisore~; e in oltre non \u00e8 martire chi\nrimane ucciso nell'assalire~, bench\u00e8 giustamente~, un ingiusto\npossessore~, il quale non per altro che per difendere il suo\nquantunqe ingiusto possesso uccide l'assalitore~; perch\u00e8\nconforme l'assioma~, Martyrem non facit poena<\/i>, sed causa.<\/i>\nVenturi.\n\n\tMa~, sebbene non sia martire chiunque muore col'armi alla\nmano prese per discacciare un ingiusto possessore di cosa\ntemporale~, massime per proprio utile~, martire per\u00f2 pu\u00f2 dirsi\nchi muore coll'armi alla mano prese per solo amore verso Ges\u00f9\nCristo~, per sottrarre al vilipendio ed alla profanazione i\nluoghi da Ges\u00f9 Cristo santificati. E di tanto ne assicura\nl'assioma stesso~: Martyrem non facit poena<\/i>, sed causa.<\/i>\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ma, sebbene non sia martire chiunque muore col'armi alla mano prese per discacciare un ingiusto possessore di cosa temporale, massime per proprio utile, martire però può dirsi chi muore coll'armi alla mano prese per solo amore verso Gesù Cristo, per sottrarre al vilipendio ed alla profanazione i luoghi da Gesù Cristo santificati.  E di tanto ne assicura l'assioma stesso: Martyrem non facit poena<\/i>, sed causa.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Sermones(Agostino)","LuogoFonte":"CCLXXXV 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Illud ergo praecipue commonendi estis, quod assidue commoneri, et semper cogitare debetis, quod martyrem Dei non facit poena, sed causa.","UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/discorsi\/index2.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"148","from":15110.0,"to":15117.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"cos\u00ec tostamente, con\ntanta prontezza, da me cominciata.  Virgilio: «Inceptum subitum.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
così tostamente, con tanta prontezza, da me cominciata.  Virgilio: «Inceptum subitum.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis XII, 566","NotaFonte":"","TestoFonte":"neu quis ob inceptum subitum<\/strong> mihi segnior ito","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D12%3Acard%3D554","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"42","from":1297.0,"to":1301.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"cos\u00ec vid'io quanto da\nnoi fatto ha ritorno lassa<\/b>, quante anime dalla terra passate\nsono al cielo, in pi\u00f9 si mille soglie<\/b>, di mille gradi [Soglia<\/i><\/b>\nper grado<\/i> adopera Dante anche Parad. III, 82, e XVIII, 28]\nripartito, soprastando intorno intorno al lume specchiarsi in\nquello.  Il passar delle anime nostre al cielo appella ritorno<\/b>\ngiusta la frase dell'Ecclesiaste: Revertatur pulvis<\/i><\/b> ec., et\nspiritus redeat ad Deum<\/i> [Cap. 12].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Soglia <\/b>per grado<\/i> adopera Dante anche Parad. III, 82, e XVIII, 28<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. III 82","NotaFonte":"","TestoFonte":"sì che, come noi sem di soglia in soglia","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=70&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"112-114","from":30121.0,"to":30123.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"cos\u00ec \u00e8 detto l'Acheronte, perch\u00e8\ndella sua onda bruna<\/i> (v. 118) una palude fa<\/i> che ha nome\nStige<\/i>, Inf. VII, 106.  — Livido<\/i>, dice il Lombardi, si appella\npropriamente quel nero colore che fa il sangue venuto alla pelle;\nma qui adoprasi traslativamente per torbido<\/i> e nericcio.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
così è detto l'Acheronte, perchè della sua onda bruna<\/i> (v. 118) una palude fa<\/i> che ha nome Stige<\/i>, Inf. VII, 106.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII, 106-108","NotaFonte":"","TestoFonte":"In la palude va c'ha nome Stige
questo tristo ruscel, quand'è disceso
al piè de le maligne piagge grige.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=7&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"98","from":2716.0,"to":2718.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"cotale, cio\u00e8, da\nogni merito nostro affatto indipendente divin beneplacito ne si\nd\u00e0 chiaro a scorgere dalla scrittura sacra in Giacobbe ed Esa\u00f9, i\ndue gemelli che nel materno ventre ebbero tra di loro contrasto\ned ira, sforzandosi ciascuno di uscire il primo alla luce [Gen.<\/i>\n25]: imperocch\u00e8 sta scritto in Malachia [Cap. I] ed in s. Paolo\n[Rom.<\/i> 9] che, prima che questi nascessero, ed alcun bene o male\noperassero, am\u00f2 Iddio Giacobbe, e odi\u00f2 Esa\u00f9.\n\n\tIl Poeta<\/i> [eccoci di nuovo il Venturi] miseramente s'\u00e8\ningannato, deducendo da questi sacri testi un sentimento mal\nconforme al dogma e misterio del peccato originale.<\/i>\n\n\tIl sentimento che deduce Dante dagli accennati\nscritturali testi \u00e8 quello della predestinazione gratuita<\/i>; n\u00e8\nveggo come male conformisi cotale sentimento al dogma e misterio\ndel peccato originale.<\/i> Trovo anzi che il ch. teologo P.\nGianlorenzo Berti, nella dissertazione sopra di questa cantica di\nDante, loda il Poeta al presente passo moltissimo per tale\nsentimento; ed aggiunge che la predestinazione gratuita non\nsolamente appartiene alla fede e alla grazia, ma davvantaggio\nalla gloria; perch\u00e8 Dio a suo piacimento distribuendo\ndiversamente i suoi doni<\/i> [per seguitare d'Agostino<\/i> [Lib. de\ndeno persev.<\/i> cap. 9] il linguaggio<\/i>], di due fanciulli\nconceputi amendue coll'original peccato, ottiene uno il\nBattesimo, e l'altro no.<\/i>\n\n\tCommoto<\/i> per commosso<\/i> adoprarono altri antichi Italiani scrittori\nanche in prosa [vedi 'l Vocab. della Crusca]; e perci\u00f2 non ho io voluto,\ncome l'edizioni moderne tutte fanno, scrivere commota<\/i> qual voce Latina\nin carattere distino.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Giacobbe ed Esaù, i due gemelli che nel materno ventre ebbero tra di loro contrasto ed ira, sforzandosi ciascuno di uscire il primo alla luce [Gen. <\/i>25]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"XXV 19-26","NotaFonte":"","TestoFonte":"19 Hae sunt generationes Isaac filii Abraham: Abraham genuit Isaac;
20 qui, cum quadraginta esset annorum, duxit uxorem Rebeccam filiam Bathuelis Aramaei de Paddanaram, sororem Laban Aramaei.
21 Deprecatusque est Isaac Dominum pro uxore sua, eo quod esset sterilis. Qui exaudivit eum et dedit conceptum Rebeccae.
22 Sed collidebantur in utero eius parvuli. Quae ait: “Si sic est, cur mihi?”. Perrexitque, ut consuleret Dominum.
23 Qui respondens ait:
“Duae gentes sunt in utero tuo,
et duo populi ex ventre tuo dividentur;
populusque populum superabit,
et maior serviet minori”.
24 Iam tempus pariendi venerat, et ecce gemini in utero eius.
25 Qui primus egressus est rufus erat et totus quasi pallium pilosum; vocatumque est nomen eius Esau. Postea frater eius egrediens plantam Esau tenebat manu, et idcirco appellatum est nomen eius Iacob.
26 Sexagenarius erat Isaac, quando nati sunt parvuli.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#25","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"67-69","from":31807.0,"to":31812.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"}, {"Annotazione":"create da\nDio a trapassar volando dal di lui trono nella candida rosa<\/i>,\nnelle sedie de' beati, e dalle sedie de' beati al suo trono; come\n\u00e8 detto nel canto precedente verso 4 e segg.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
create da Dio a trapassar volando dal di lui trono nella candida rosa<\/i>, nelle sedie de' beati, e dalle sedie de' beati al suo trono; come è detto nel canto precedente verso 4 e segg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXXI 4-18","NotaFonte":"","TestoFonte":"ma l'altra, che volando vede e canta
la gloria di colui che la 'nnamora
e la bontà che la fece cotanta,
sì come schiera d'ape, che s'infiora
una fïata e una si ritorna
là dove suo laboro s'insapora,
nel gran fior discendeva che s'addorna
di tante foglie, e quindi risaliva
là dove 'l süo amor sempre soggiorna.
Le facce tutte avean di fiamma viva
e l'ali d'oro, e l'altro tanto bianco,
che nulla neve a quel termine arriva.
Quando scendean nel fior, di banco in banco
porgevan de la pace e de l'ardore
ch'elli acquistavan ventilando il fianco.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=98&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"90","from":31950.0,"to":31956.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"credendo alla lusinghiera\npromessa del deomio~, eritis sicut Dii<\/i> [Gen.<\/i> 3.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
credendo alla lusinghiera promessa del demonio, eritis sicut Dii<\/i> [Gen.<\/i> 3.].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"III 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Scit enim Deus quod in quocumque die comederitis ex eo, aperientur oculi vestri, et eritis sicut Deus scientes bonum et malum”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"100","from":6613.0,"to":6616.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"cui l'ira consuma l'animo.  C. VII:\n«Consuma dentro te con la tua rabbia.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
cui l'ira consuma l'animo.  C. VII: «Consuma dentro te con la tua rabbia.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII, 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"consuma dentro te con la tua rabbia","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"15","from":10535.0,"to":10538.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"cui sembra che tardi, il quale ha\nfretta.  C. IX, 9: «Oh quanto tarda a me ch'altri qui giunga!»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"cui tarda<\/strong>, cui sembra che tardi, il quale ha fretta. C. IX, 9: «Oh quanto tarda a me ch'altri qui giunga!»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IX, 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"Oh quanto tarda a me ch'altri qui giunga!","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=9","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25","from":19512.0,"to":19514.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"d'improvviso, all'impensata (cf.\nPurg.<\/i>, I, 136; II, 128; XXVIII, 38): nella Vita N.<\/i>, III, (nel\nson.): m'apparve Amor subitamente.  — Questo suono<\/b>, queste\nparole.  — Una dell'arche<\/b>: «Dante non dice, avverte bene il\nCasini, che quella fosse proprio l'arca stessa dov'erano con\nEpicuro tutti i suoi seguaci<\/i><\/b>; ma che non si tratti d'altra arca\nintendono tutti i commentatori, parlando di Farinata come di un\nepicureo.»  Sta bene: ma non so s'io mi sia troppo ardito a\nritenere, che quantunque Farinata sia da tutti i chiosatori\ntenuto per epicureo, e come tale da Dante condannato, non \u00e8\nmestieri supporlo proprio nell'arca di Epicuro; per qual motivo\nsi vuol supporre tutti gli epicurei in una sola e medesima tomba? \nVirgilio dapprima ha detto semplicemente:\n\n     Simile qui con simile \u00e8 sepolto\n     (IX, 130):\n\ne appresso (vv. 13-14):\n\n     Suo cimitero da questa parte hanno\n     Con Epicuro tutti i suoi segnaci;\n\nn\u00e8 pi\u00f9, n\u00e8 meno.  Or dico: cimitero<\/i>, pi\u00f9 che tomba, significa\nluogo seminato di tombe: se per tutti gli epicurei ammettasi una\nsola tomba, di necessit\u00e0 una sola tomba bisogna ammettere per\nogni altra singola eresia, e non pi\u00f9; e allora si domanda: quante\npoi posson essere codeste eresie, da aver bisogno di s\u00ec grande\ncampagna<\/i> (IX, 110), e cos\u00ec fitta di tombe, da non lasciarvi che\nqualche angustissimo sentiero (v. 3)? dunque, per cimitero<\/i> io\nintendo uno scompartimento di tombe, un tratto di terreno sparso\nd'avelli; onde divido la campagna in tante sezioni quante sono o\npossono essere le eresie; ogni eresia ha il suo scompartimento e\nmolte tombe, quante possono essere le varie gradazioni di\nmaggiore o minore reit\u00e0 nei professanti l'eresia stessa; per ogni\ngradazione, una tomba; e cos\u00ec abbiamo limpido e ragionevole e\nteologico il senso del verso (IX, 131)\n\n     E i monimenti son pi\u00f9 e men caldi;\n\nperch\u00e8 non \u00e8 giusto il credere che Epicuro sia in avello del pari\ncaldo come quello in che si trovi un povero zotico, pur pertinace\ne infetto di quella eresia, che del suo errore n\u00e8 fece proseliti, \nn\u00e8 seppe in tutto ponderarne la reit\u00e0.  Con questo pensiero non\ntrovo strani n\u00e8 la grande campagna<\/i>, n\u00e8 l'immenso numero di\ntombe; e innoltre trovo il Poeta in accordo con s\u00e8 stesso, che\naltrimenti non sarebbe.  Mi spiego: nel Cerchio seguente (XII, \n100 e segg.) nella riviera del sangue bollente stanno i tiranni\n\n     Che di\u00ear nel sangue e nell'aver d\u00ee piglio:\n\nil Poeta ne scorge alcuni immersi in quel sangue infino al\nciglio<\/i>, chi sino alla gola, altri fin sotto al casso, e chi non\nha in quel sangue che appena i piedi (loc. cit. 103-125): che\nsignifica ci\u00f2? non v'ha dubbio che la maggiore o minore\nimmersione, che \u00e8 pena, indica la maggiore o minore gravit\u00e0\npersonale di colpa pur nella stessa qualit\u00e0 di peccato.  Il\nsimile avviene de' violenti nel terzo girone del settimo cerchio\n(Inf.<\/i>, XIV, 25-27).  Cos\u00ec nella bolgia de' simoniaci Dante vede\nun condannato, le cui piante pi\u00f9 rossa fiamma succia<\/i> (Inf.<\/i>, \nXIX, 33): ma la fiamma \u00e8 il tormento; dunque in colui, pur fra\ntutti gli altri simoniaci, pi\u00f9 grave \u00e8 la reit\u00e0.  Del pari nella\nbolgia dei seminatori di discordie religiose e civili e\ndomestiche, differenti del tutto le grandezze delle squarciature\nnei dannati (Inf.<\/i>, XXVIII, 22 e segg.); e il Poeta si fa\npremuroso di metterlo in chiaro.  Altrettanto avviene nel\nPurgatorio; i pazienti della prima Cornice si presentano al Poeta\n(Purg.<\/i>, X, 136)\n\n                     pi\u00f9 e men contratti, \n     Secondo ch'avean pi\u00f9 e meno addosso;\n\nperch\u00e8 il peso ch'avevano addosso \u00e8 proporzionato al grado della\nloro colpa; e altri luoghi si patrebbero recare: dunque \u00e8 chiaro\nche in uno stesso cerchio, ove un peccato si sconta, tra i\npazienti colpevoli di offesa per qualit\u00e0 eguale, c'\u00e8 differenza\nmanifesta nella quantit\u00e0 della pena; e non volete che altrettanto\ns'abbia a dire degli epicurei? dunque, una sezione della grande\ncampagna serve di cimitero a costoro, divisi in pi\u00f9 gradazioni, e\nper ci\u00f2 in pi\u00f9 tombe, secondo il grado della loro reit\u00e0, onde i\nmonumenti erano pi\u00f9 e men caldi<\/i> non solo raffrontata la gravit\u00e0\nd'un eresia ad un'altra, ma anche messe tra loro a confronto le\nspecie varie dei peccati d'epicureismo.  Forse io traveggo; ma la\ncosa parmi tanto chiara, anzi cos\u00ec necessaria ad ammettersi, che\nmi fa specie che sinora non sia stata veduta da chi in questi\nstudi ha l'occhio troppo pi\u00f9 acuto del mio.  — M'accostai, \ntemendo<\/i><\/b> ecc.; mi strinsi, per sospetto, a Virgilio (Inf.<\/i><\/b>, IX, \n51).  Dante che nulla s'aspettava, osserva il Cesari, n\u00e8 avea\nveduto, rimase sbigottito da quella voce, e si raccost\u00f2 pi\u00f9 a\nVirgilio, senza voltarsi a veder che fosse.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Subitamente<\/b>, d'improvviso, all'impensata (cf. Purg.<\/i>, I, 136; II, 128; XXVIII, 38): nella Vita N.<\/i>, III, (nel son.): m'apparve Amor subitamente.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. I, 136","NotaFonte":"","TestoFonte":"subitamente là onde l'avelse","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=35","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"28-30","from":8821.0,"to":8822.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"da Dio  — per lo loco santo<\/b>, per\nl'apostolica cattedra; acci\u00f2 per la comunicazione di tutti i\npopoli con Roma potessero tutti dalla medesima cattedra ritrarne\ngl'insegnamenti.  Allude alla sentenza di s. Leone Papa nel primo\nsermone de' santi Apostoli Pietro e Paolo.  Disposito divinitus\noperi maxime congruebat ut multa regna uno confoederarentur\nimperio, & cito pervios haberet populos praedicatio generalis,\nquos unius teneret regimen civitatis.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
per lo loco santo<\/b>, per l'apostolica cattedra; acciò per la comunicazione di tutti i popoli con Roma potessero tutti dalla medesima cattedra ritrarne gl'insegnamenti.  Allude alla sentenza di s. Leone Papa nel primo sermone de' santi Apostoli Pietro e Paolo.  Disposito divinitus operi maxime congruebat ut multa regna uno confoederarentur imperio, & cito pervios haberet populos praedicatio generalis, quos unius teneret regimen civitatis.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43954","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/sermones","LuogoFonte":"LXXXII 2","NotaFonte":"Cfr. Patrologia Latina LIV col. 423B","TestoFonte":"Disposito namque divinitus operi maxime congruebat, ut multa regna uno confoederarentur imperio, et cito pervios haberet populos praedicatio generalis, quos unius teneret regimen civitatis.","UrlFonte":"http:\/\/sglp-mlat.uzh.ch\/index.php?app=browser&text=7631:169","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"23","from":1159.0,"to":1165.0,"NomeAutore":"papa Leone I","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"da doverne avere paura.  Avvegnach\u00e8 io\ncamminassi nella valle dell'ombra della morte, io non temerei\nmale alcuno.<\/i>  Salm. XXIII, 4.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"da doverne avere paura.  Avvegnachè io camminassi nella valle dell'ombra della morte, io non temerei male alcuno<\/em>.  Salm. XXIII, 4.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"23, 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nam et si ambulavero in valle umbrae mortis,
non timebo mala, quoniam tu mecum es.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%2023","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"90","from":1651.0,"to":1652.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"}, {"Annotazione":"da prendersi per giuoco, per\nischerzo. — descriver fondo<\/b>, omette l'articolo il<\/i> per\ncagion del metro. Per universo<\/i><\/b> pu\u00f2 intendersi o tutto il globo\nterrestre, come l'intese tra gli altri il Boccaccio pure ove\ndisse, l'altissima fama del miracoloso senno di Salomone\ndiscorsa per l'universo<\/i><\/b> [Nov. 89, 6], ovvero anche tutta la\nmacchina mondiale; perocch\u00e8 essendo, come Dante asserisce, la\nterra centro del cielo<\/i> [Vedi 'l Convito<\/i> tratt. 3 cap. 5],\nviene il fondo<\/b>, o sia centro, della terra ad essere il fondo\ndell'universo. La difficolt\u00e0 poi di descrivere questo fondo onde\nnasca, abbastanza ne lo accenna Dante col bramare per cotal uopo\nrime del solito pi\u00f9 aspre; corrispondenti cio\u00e8 a quella, che\nintende esser ivi, maggiore orridezza del luogo, de' personaggi,\ne delle pene.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
essendo, come Dante asserisce, la terra centro del cielo<\/i> [Vedi 'l Convito<\/i> tratt. 3 cap. 5], viene il fondo<\/b>, o sia centro, della terra ad essere il fondo dell'universo.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"III v 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"questa terra è fissa e non si gira, e che essa col mare è centro del cielo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=38&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-8","from":30957.0,"to":30971.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"da quel lume che mi ti cela.  —\nOnd'egli<\/b> ec.  Construzione.  Frate<\/b>, fratello, il tuo alto\ndis\u00eco<\/b> di veder me con immagine scoverta, e'l mio<\/b>, di\ncompiacerti, s'adempir\u00e0 in su l'ultima spera<\/b>, nel cielo\nempireo, ove s'adempion tutti gli altri<\/b> desideri.  Che i beati\ndistribuiti in vari cieli abbiano tutti la loro sede nell'empireo\nlo ha di gi\u00e0 Dante avvisato [Par. IV, 28 e segg. e vedi\ncorrelativamente a quello il passo Par. III, 25 e segg. e la\nrespettiva annotazione]: ed effettivamente s. Benedetto\nnell'empireo trovasi Par. XXXII, 35.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Che i beati distribuiti in vari cieli abbiano tutti la loro sede nell'empireo lo ha di già Dante avvisato [Par. IV, 28 e segg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. IV 28-63","NotaFonte":"","TestoFonte":"D'i Serafin colui che più s'india,
Moïsè, Samuel, e quel Giovanni
che prender vuoli, io dico, non Maria,
non hanno in altro cielo i loro scanni
che questi spirti che mo t'appariro,
né hanno a l'esser lor più o meno anni;
ma tutti fanno bello il primo giro,
e differentemente han dolce vita
per sentir più e men l'etterno spiro.
Qui si mostraro, non perché sortita
sia questa spera lor, ma per far segno
de la celestïal c'ha men salita.
Così parlar conviensi al vostro ingegno,
però che solo da sensato apprende
ciò che fa poscia d'intelletto degno.
Per questo la Scrittura condescende
a vostra facultate, e piedi e mano
attribuisce a Dio, e altro intende;
e Santa Chiesa con aspetto umano
Gabrïel e Michel vi rappresenta,
e l'altro che Tobia rifece sano.
Quel che Timeo de l'anime argomenta
non è simile a ciò che qui si vede,
però che, come dice, par che senta.
Dice che l'alma a la sua stella riede,
credendo quella quindi esser decisa
quando natura per forma la diede;
e forse sua sentenza è d'altra guisa
che la voce non suona, ed esser puote
con intenzion da non esser derisa.
S'elli intende tornare a queste ruote
l'onor de la influenza e 'l biasmo, forse
in alcun vero suo arco percuote.
Questo principio, male inteso, torse
già tutto il mondo quasi, sì che Giove,
Mercurio e Marte a nominar trascorse.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=71&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"60-63","from":21662.0,"to":21663.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"dal Primo Mobile, che tutto quanto rape\nL'altro universo seco.<\/i> Par. XXVIII, 70, 71.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
dal Primo Mobile, che tutto quanto rape\r\nL'altro universo seco.<\/i>  Par. XXVIII, 70, 71.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXVIII, 70-72","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dunque costui che tutto quanto rape
l'altro universo seco, corrisponde
al cerchio che più ama e che più sape","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=95&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"29","from":7884.0,"to":7886.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"dal basso della balza\nond'erano stati calati da Gerione. — Movien<\/b> cos\u00ec legge la\nNidobeatina, che mai n\u00e8 qu\u00ec n\u00e8 altrove [Inf. XXXIV, 51, Par. XIV,\n110 ec.] legge moven<\/i> come l'altre edizioni leggono, e che\nstarebbe meglio sostituito per mossero<\/i> che per movevano<\/i>, che\n\u00e8 ci\u00f2 che dee qu\u00ec significare. Vedi anche la nota al v. 47 del\nprecedente canto. Muovere<\/i> in questo luogo vale quanto aver\nprincipio<\/i>, avere origine.<\/i> Vedi 'l Vocabolario della Crusca al\nverbo muovere<\/i> {paragraph.} 11.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Movien<\/b> così legge la Nidobeatina, che mai nè quì nè altrove [Inf. XXXIV, 51, Par. XIV, 110 ec.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIV 51","NotaFonte":"","TestoFonte":"sì che tre venti si movean da ello:","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=34&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16-17","from":16562.0,"to":16577.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"dal cielo detto Primo\nMobile, «che tuttoquanto rape L'alto universo seco» (Par.,\nXXVIII, 70).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
dal cielo detto Primo Mobile, «che tutto quanto rape L'alto universo seco» (Par., XXVIII, 70).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXVIII, 70-71","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dunque costui che tutto quanto rape
l'altro universo seco, corrisponde","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=95","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"29","from":7884.0,"to":7889.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"dal giorno in cui dall'Arcangelo\nGabriele fu detto Ave<\/b> a Maria Vergine, dal giorno cio\u00e8\ndell'Incarnazione del divin Verbo, al giorno di quel parto in cui\nla madre mia, che ora \u00e8 in Paradiso, s'allegger\u00ec di me, di cui\nera gravida, questo fuoco<\/b>, questo pianeta di Marte, in cui mi\nvedi, venne cinquecento cinquanta e trenta fiate<\/b>, cinquecento\nottanta volte, al suo Leone<\/b>, alla costellazione del Leone suo\ndomicilio [Tale asserisconlo il Vellutello, ed il Volpi], a\nrinfiammarsi<\/b>, a riaccendersi, sotto la sua pianta<\/b>; il\nsingolare pe 'l plurale, per sotto le sue piante<\/i>, sotto i suoi\npiedi, sotto di lui.\n\n\tPer un meno esatto computo del tempo, che mette la stella\ndi Marte a compiere il suo giro periodico, fallirono quanti mai\nantichi e moderni posero mano a questo passo.\n\n\tTutti i vecchi comentatori, leggendo cinquecento\ncinquanta e trenta fiate<\/i><\/b>, e computando il tempo periodico di\nMarte anni due, fecero nato Cacciaguida del 1160 non badando a\nci\u00f2, che Cacciaguida medesimo nel precedente canto [Verso 139 e\nsegg.] dice, di aver militato sotto l'Imperator Currado contro ai\nTurchi; o non avvertendo che tale fu Currado III il quale, come\ntestimonia Ottone di Frisinga, di lui uterino fratello, mor\u00ec nel\n1152 [Cronologia<\/i><\/b> lib. 7 cap. ultimo], o, come tutti i\ncronichisti accordano, prima certamente del 1160.\n\n\tSolo ad un tale sconcerto avvert\u00ec l'autore dell'antico\ncomento divolgato sotto il nome di Pietro figliuolo del nostro\nPoeta [Parlo con tale riserba per non mi opporre all'autore della\nSerie di Aneddoti<\/i> num. 11 stampati in Verona nel 1786 che\npretende non esser Pietro figliuol di Dante l'autore, di quel\ncomento]: ma conciossiache riputasse anch'egli di due anni il\ngiro periodico di Marte, non trov\u00f2 altro scampo se non di\naffermare, che fosse nelle riferite parole incorso sbaglio, e\nscritto trenta<\/b> in luogo di tre.<\/i><\/b>\n\n\tIl pensiero per\u00f2 di questo antico comentatore o non si\ndivolgasse, o non fosse tenuto per buono, non fu da veruno degli\nantichi seguitato. I primi a seguirlo furono gli Accademici\ndella Crusca nella correzione che fecero di questo Poema; e\npretesero col mutare il trenta<\/i><\/b> in tre<\/i> di provedere non solo\nalla storia, ma anche al verso. Ecco la loro postilla: Prima\nleggeva<\/i> trenta fiate. Il verso ne pativa, e si contraffaceva\nalla storia; perciocch\u00e8 leggendo<\/i> trenta, Cacciaguida verrebbe a\nesser prima morto che nato. E par maraviglia, che niuno de'\ntesti stampati, o in penna, si sieno accorti di tale errore,\ntrascorso fino a' tempi del figliuol di Dante; poich\u00e8 egli nel\nsuo comento dire in questo luogo<\/i>: Licet reperiatur scriptum\ncorrupte TRIGINTA VICIBVS, ubi debet dicere TRIBVS VICIBVS ec. \nDalla nascita di Cristo al tempo che nacque Cacciaguida, il\npianeta di Marte era tornato nel segno del Leone<\/i> 553 volte, che\ntornandovi Marte quasi ogni due anni una volta, Cacciaguida\nveniva a esser nato intorno al<\/i> 1106 come si fa verisimile,\nessendo morto intorno al<\/i> 1147.\n\n\tLa risoluzione degli Accademici fu di poi universalmente\nabbracciata, e segnatamente dal Volpi, dal Venturi, dall'autore\ndelle memorie per la Vita di Dante [{paragraph.} 4], e dal Rosa\nMorando [Osserv. sopra la presente commedia, a questo passo]. \nSolo che a quest'ultimo quanto par giusto che mutisi il trenta<\/b>\nin tre<\/i><\/b>, altrettanto spiace di sentirsi dal Venturi ripetere,\nche ci\u00f2 richieggasi eziandio affinch\u00e8 il verso non ne patisca,\nfacendosi [come, letto trenta<\/i><\/b>, far deesi] fiate<\/b> di due\nsillabe: e premesso che di tale opinione \u00e8 autore il Castelvetro\nnella poetica, Esempi<\/i>, dice, potrei recarne moltissimi\nd'approvati autori: ma quali contro l'opinione del Castelvetro, e\ndel comentator nostro<\/i> [intende il Venturi] si possono addurre\npi\u00f9 vigorosi e convincenti di quelli che dalla stessa divina\nCommedia ci son prestati<\/i>? Se molte fiate in sul capo mi tomi,\nsi ha nell'Inferno cant.<\/i> XXXII vers.<\/i> 102. Ma pria nel petto\ntre fiate mi diedi, si ha nel Purgatorio canto<\/i> IX vers.<\/i> 111\nec.\n\n\tOr io ardisco di pi\u00f9, e dico che col trenta<\/i><\/b> non\nsolamente non patisce il verso, ma regge meglio anche la storia. \nMain\u00f2 signori miei, il computo fin qu\u00ec comunemente fatto del\nperiodo di Marte in due anni<\/i><\/b>, o in quasi due anni<\/i> \u00e8 troppo\nall'ingrosso. Compie Marte il suo periodico giro in giorni 686\nore 22 min. 29 [Cos\u00ec nel secolo nostro tutti gli astronomi: cos\u00ec\ndue secoli prima di noi Pier Gregorio Syntaxis artis mirab.<\/i>\nlib. 9 cap. 4. E se anche con Virtruvio avesse Dante creduto\ncompiersi il periodo di Marte circiter sexcentesimo\noctogesimotertio die<\/i> [lib. 9 cap. 4], verrebbe Cacciaguida, con\ntale tempo, ripetuto cinquecento cinquanta e trenta fiate<\/b>, ad\nesser nato circa il 1085 anno pur congruente], che vale a dire\nbuoni 43 giorni meno di due anni: e non si dee credere che colui\nil quale conobbe, che la ogni anno a' tempi suoi negletta\ncentesima parte di un d\u00ec nel computo del moto Solare, doveva\nammontare a segno di fare che svernasse<\/i><\/b>, che uscisse fuor\ndell'Inverno, Gennaro<\/i> [Par. XXVII, 142 e segg.], dovesse non\ncomprendere che un eccesso di 43 giorni ripetuto per un s\u00ec grosso\nnumero, qual'\u00e8 quello di cinquecento cinquanta e trenta fiate<\/i><\/b>,\napportato avrebbe un troppo grande svario d'anni rapporto al\nnascimento del suo trisavolo. Moltiplichiam noi adunque giorni\n686. ore 22. min. 29 [il vero periodo di Marte] non cinquecento\ncinquanta e tre fiate<\/i><\/b>, come si \u00e8 voluto emendare, ma\ncinquecento cinquanta e trenta fiate<\/b>, come il Poeta scrisse, e\nda tutti anticamente si trascrisse, e troverem nato Cacciaguida\ntra 'l 1090 e 91 a tempo di poter militare sotto l'Imperator\nCurrado III e di poter combattendo premorire ad esso.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Tutti i vecchi comentatori, leggendo cinquecento cinquanta e trenta fiate<\/b>, e computando il tempo periodico di Marte anni due, fecero nato Cacciaguida del 1160 non badando a ciò, che Cacciaguida medesimo nel precedente canto [Verso 139 e segg.] dice, di aver militato sotto l'Imperator Currado contro ai Turchi; o non avvertendo che tale fu Currado III il quale, come testimonia Ottone di Frisinga, di lui uterino fratello, morì nel 1152 [Cronologia<\/i> lib. 7 cap. ultimo], o, come tutti i cronichisti accordano, prima certamente del 1160.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XV 139-141","NotaFonte":"","TestoFonte":"Poi seguitai lo 'mperador Currado;
ed el mi cinse de la sua milizia,
tanto per bene ovrar li venni in grado.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=82","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': '', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"34-39","from":15351.0,"to":15354.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"dal verbo assidere<\/i>; non si\nassiderono intorno a Tebe per\u00f2<\/i> [critica il Venturi], ma\nl'assediarono, che<\/i> assidersi vale porsi agiatamente a sedere.<\/i> \nVolgarmente preso, messer s\u00ec, risponderebbegli Dante; ma non\npreso in sua origine dal Latino assidere<\/i>, che fu adoprato anche\nper assediare<\/i>: ammissumque oppidum assideri sine praelio\naudiebat<\/i>, riferisce da Sallustio Prisciano [Lib. 8. Vedi anche\nil Tesoro della Lingua Latina di Roberto Stefano].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Assiser <\/strong>dal verbo assidere<\/i>; non si assiderono intorno a Tebe però<\/i> [critica il Venturi], ma l'assediarono, che<\/i> assidersi vale porsi agiatamente a sedere.<\/i>  Volgarmente preso, messer sì, risponderebbegli Dante; ma non preso in sua origine dal Latino assidere<\/i>, che fu adoprato anche per assediare<\/i>: ammissumque oppidum assideri sine praelio audiebat<\/i>, riferisce da Sallustio Prisciano [Lib. 8].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q356433","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42191504","LuogoFonte":"VIII xv 82","NotaFonte":"","TestoFonte":"obsideo uero et assideo actiua sunt, faciunt enim obsideor et assideor, unde Sallustius in IIII historiarum<\/i> : «Amisumque adsideri sine proeliis audiebat»","UrlFonte":"https:\/\/digiliblt.uniupo.it\/xtf\/view?docId=dlt000425\/dlt000425.xml&doc.view=print;chunk.id=d2113e14744","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"69","from":13018.0,"to":13021.0,"NomeAutore":"Prisciano","TitoloFonte":"Institutiones grammaticae"},
{"Annotazione":"dalla Giudecca, C. XXXIV. \nProlepsi; Giuda Iscariotte, da cui il cerchio de' traditori della\ndivina od imperial podest\u00e0 si nomina, non mor\u00ec che 50 anni dopo\nVirgilio; prima della sua morte quel cerchio infernale dovea\navere un'altro nome.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
dalla Giudecca, C. XXXIV.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIV, 10-60","NotaFonte":"","TestoFonte":"Già era, e con paura il metto in metro,
là dove l'ombre tutte eran coperte,
e trasparien come festuca in vetro.
Altre sono a giacere; altre stanno erte,
quella col capo e quella con le piante;
altra, com'arco, il volto a' piè rinverte.
Quando noi fummo fatti tanto avante,
ch'al mio maestro piacque di mostrarmi
la creatura ch'ebbe il bel sembiante,
d'innanzi mi si tolse e fé restarmi,
\"Ecco Dite\", dicendo, \"ed ecco il loco
ove convien che di fortezza t'armi\".
Com'io divenni allor gelato e fioco,
nol dimandar, lettor, ch'i' non lo scrivo,
però ch'ogne parlar sarebbe poco.
Io non mori' e non rimasi vivo;
pensa oggimai per te, s'hai fior d'ingegno,
qual io divenni, d'uno e d'altro privo.
Lo 'mperador del doloroso regno
da mezzo 'l petto uscia fuor de la ghiaccia;
e più con un gigante io mi convegno,
che i giganti non fan con le sue braccia:
vedi oggimai quant'esser dee quel tutto
ch'a così fatta parte si confaccia.
S'el fu sì bel com'elli è ora brutto,
e contra 'l suo fattore alzò le ciglia,
ben dee da lui proceder ogne lutto.
Oh quanto parve a me gran maraviglia
quand'io vidi tre facce a la sua testa!
L'una dinanzi, e quella era vermiglia;
l'altr'eran due, che s'aggiugnieno a questa
sovresso 'l mezzo di ciascuna spalla,
e sé giugnieno al loco de la cresta:
e la destra parea tra bianca e gialla;
la sinistra a vedere era tal, quali
vegnon di là onde 'l Nilo s'avvalla.
Sotto ciascuna uscivan due grand'ali,
quanto si convenia a tanto uccello:
vele di mar non vid'io mai cotali.
Non avean penne, ma di vispistrello
era lor modo; e quelle svolazzava,
sì che tre venti si movean da ello:
quindi Cocito tutto s'aggelava.
Con sei occhi piangëa, e per tre menti
gocciava 'l pianto e sanguinosa bava.
Da ogne bocca dirompea co' denti
un peccatore, a guisa di maciulla,
sì che tre ne facea così dolenti.
A quel dinanzi il mordere era nulla
verso 'l graffiar, che talvolta la schiena
rimanea de la pelle tutta brulla.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=34&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"27","from":7867.0,"to":7870.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"dalla natura e dall'arte\n(se tu richiami alla tua mente le parole che leggonsi sul\nprincipio del Genesi) convien che la gente ricavi il vitto e\nprocacci aumento di sue facolt\u00e0: dalla natura, mediante\nl'agricoltura; dall'arte, mediante le industrie ed il commercio. \nLe parole qui ricordate del Genesi, sono: «Posuit Deus hominem in\nparadiso ut operaretur;» e «Vesceris pane tuo in sudore vultus\ntui.» — La mancanza di qualunque comportabile accento fe\nleggere al Tommas\u00e8o Genes\u00ec<\/i>: io crederei anzi, che Dante\nscrivesse a dirittura Genes\u00ecs<\/i>, appunto come nel V\ndell'Inferno: «Ell'\u00e8 Semiramis di cui si legge;» e nel XXV del\nPurgatorio: Da queste due<\/b> ec., dalla natura e dall'arte (se tu richiami alla tua mente le parole che leggonsi sul principio del Genesi) convien che la gente ricavi il vitto e procacci aumento di sue facoltà: dalla natura, mediante l'agricoltura; dall'arte, mediante le industrie ed il commercio. Le parole qui ricordate del Genesi, sono: «Posuit Deus hominem in paradiso ut operaretur;» e «Vesceris pane tuo in sudore vultus tui.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"Genesi II, 15","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tulit ergo Dominus Deus<\/strong> hominem et posuit<\/strong> eum in paradiso<\/strong> Eden, ut operaretur<\/strong> et custodiret illum;","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"106-108","from":10352.0,"to":10355.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"}, {"Annotazione":"dalla ragione in su —\nt'aspetta pure a Beatrice.<\/b> O tace per ellissi di pervenire<\/i>,\no adopera aspettare<\/i> ad ugual senso di differire<\/i>, e intende\ncome se detto avesse differisciti<\/i>, cio\u00e8 serba i dubbi tuoi, a\nBeatrice solamente.<\/i> Cos\u00ec anche Par. XVII, v. 88. Vedi. —\nch'\u00e8 opra di fede<\/i><\/b>, perocch\u00e8 la piena risoluzione, che tu\ncerchi, del tuo dubbio abbisogna dei lumi che la fede, cio\u00e8 le\nScritture sacre, somministrano; n\u00e8 possono attendersi d'altronde\nche dalla celeste sapienza, o sia dalla teologia, per Beatrice<\/b>\nintesa.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
t'aspetta pure a Beatrice.<\/b>  O tace per ellissi di pervenire<\/i>, o adopera aspettare<\/i> ad ugual senso di differire<\/i>, e intende come se detto avesse differisciti<\/i>, cioè serba i dubbi tuoi, a Beatrice solamente.<\/i>  Così anche Par. XVII, v. 88.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XVII 88","NotaFonte":"","TestoFonte":"A lui t'aspetta e a' suoi benefici;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=84&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"47-48","from":17784.0,"to":17788.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"dalle quali mani Ercole, nella\nfamosa lotta ch'egli ebbe con Anteo, si sent\u00ec stretto per modo\nda dubitar della vittoria.  «Mirantur habuisse parem» dice Lucano\ndei due lottanti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Ond'Ercole<\/b> ec., dalle quali mani Ercole, nella famosa lotta ch'egli ebbe con Anteo, si sentì stretto per modo da dubitar della vittoria. «Mirantur habuisse parem» dice Lucano dei due lottanti.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"Pharsalia IV, 620","NotaFonte":"","TestoFonte":"Miranturque habuisse parem. Nec viribus uti","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0133%3Abook%3D4%3Acard%3D583","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"132","from":30814.0,"to":30820.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"},
{"Annotazione":"danno occasione al volgo di dire\nfavolosamente esservi Caino con una forcata di pruni.  Vedi il\ncanto XX v. 125 dell'Inferno: e tocca l'onda sotto sibilia,\nCaino, e le spine.<\/i>  Venturi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
danno occasione al volgo di dire favolosamente esservi Caino con una forcata di pruni.  Vedi il canto XX v. 125 dell'Inferno: e tocca l'onda sotto sibilia, Caino, e le spine.<\/i>  Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XX 125-126","NotaFonte":"","TestoFonte":"tocca l'onda
sotto Sobilia Caino e le spine","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=20&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"51","from":1324.0,"to":1327.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"de' cavalli del Sole, secondo\nla nota favola. Mentis inops gelida formidine lora remisit.<\/i> \nOvid. [Met.<\/i> II, 200].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
de' cavalli del Sole, secondo la nota favola.  Mentis inops gelida formidine lora remisit.<\/i> Ovid. [Met.<\/i> II, 200].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"II 200","NotaFonte":"","TestoFonte":"Mentis inops gelida formidine lora remisit.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:2.193-2.300","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"107","from":16237.0,"to":16242.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
{"Annotazione":"de' peccati tuoi — non\nsono ancor offense<\/b>, scancellate intendi dall'acque<\/b> di Lete\n[Vedi Purg. XXVIII, 127 e segg.].  Lascia per ellissi\nd'aggiungere e per\u00f2 non puoi addurmi per iscusa la\ndimenticanza.<\/i>  Dall'acqua<\/i> leggono l'edizioni diverse dalla\nNidobeatina.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Non sono ancor offense<\/b>, scancellate intendi dall'acque<\/b> di Lete [Vedi Purg. XXVIII, 127 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVIII 127-129","NotaFonte":"","TestoFonte":"Da questa parte con virtù discende
che toglie altrui memoria del peccato;
da l'altra d'ogne ben fatto la rende.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=62&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"11-12","from":30987.0,"to":30990.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"de' pruni animati anzidetti\n— l'\u00e8 ghirlanda intorno<\/b>, la circonda — come 'l fosso tristo<\/b>\n[la fossa di sangue bollente descritta nel XII] ad essa selva<\/i>,\nintendi, \u00e8 ghirlanda<\/i><\/b>, cio\u00e8 circonda essa pure. Vedi la nota al\nv. 30 del passato canto XI.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
come 'l fosso tristo <\/b>[la fossa di sangue bollente descritta nel XII] ad essa selva<\/i>, intendi, è ghirlanda<\/b>, cioè circonda essa pure.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII 52","NotaFonte":"","TestoFonte":"Io vidi un'ampia fossa in arco torta","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=12","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"10-11","from":12606.0,"to":12609.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"de' tormenti che li aspettano di l\u00e0 dal\nfiume, si volge in disio di traghettarlo.  Anche le Ombre di\nVirgilio: «Tendebantque manus, ripae ulterioris amore.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Anche le Ombre di Virgilio: «Tendebantque manus, ripae ulterioris amore.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis VI, 314","NotaFonte":"","TestoFonte":"tendebantque manus ripae ulterioris amore","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D6%3Acard%3D295","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"126","from":2911.0,"to":2913.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"debbono.  Accenna alla promessa di Dante (C.\nprec., v. 138).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Dên<\/b>, debbono. Accenna alla promessa di Dante (C. prec., v. 138).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXII, 138","NotaFonte":"","TestoFonte":"nel mondo suso ancora io te ne cangi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=32","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":31981.0,"to":31989.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"dee aver detto in vece di superbo\nsdegno<\/i>, forse avuto mira a quel febris nostra iracundia est<\/i> di\ns. Ambrogio [Lib. 4 in cap. 4 Lucae<\/i>]; o forse, prendendo\nfebbre<\/b> per male in genere, dice superba febbre<\/b> in vece di\nsuperbo morbo.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
 Superba febbre<\/strong> dee aver detto in vece di superbo sdegno<\/i>, forse avuto mira a quel febris nostra iracundia est<\/i> di s. Ambrogio [Lib. 4 in cap. 4 Lucae<\/i>]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43689","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/expositio-evangelii-secundum-lucam","LuogoFonte":"IV 63","NotaFonte":"","TestoFonte":"Febris nostra luxuria est, febris nostra ambitio est, febris nostra iracundia est.<\/strong> Quae licet corporis vitia sint, ignem tamen ossibus implicant, mentem, animum, sensusque pertentant. Haec prior diaboli sollicitatur arte. Etenim ager bonus, vestis, monile, suadela serpentis est.","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/index.php?app=browser&text=6965:5.1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"97","from":26471.0,"to":26473.0,"NomeAutore":"Sant'Ambrogio","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"dee il Poeta volere con queste\nvoci italianamente esprimere il medesimo, che latinamente dicesi\nda giuristi apex iuris<\/i>, rigore di giudicio, rigor di legge —\nnon s'avvalla.<\/b>  Avvallare<\/i><\/b> propriamente significa piegare<\/i>,\nabbassare<\/i> o simile [Vedi 'l Vocab. della Crusca]; e perci\u00f2\nDante medesimo nel canto XIII di questa cantica v. 63 dir\u00e0\n\n        E l'uno il capo sovra l'altro avvalla.<\/i>\n\nQui per\u00f2 non s'avvalla<\/i><\/b> dee metaforicamente valer quanto non si\nmitiga<\/i><\/b>, non si modera.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
non s'avvalla.<\/b>  Avvallare<\/i> propriamente significa piegare<\/i>, abbassare<\/i> o simile [Vedi 'l Vocab. della Crusca]; e perciò Dante medesimo nel canto XIII di questa cantica v. 63 dirà\r\n        E l'uno il capo sovra l'altro avvalla.<\/i>\r\nQui però non s'avvalla<\/b> dee metaforicamente valer quanto non si mitiga<\/i>, non si modera.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XIII 63","NotaFonte":"","TestoFonte":"e l'uno il capo sopra l'altro avvalla,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=47","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"37","from":5241.0,"to":5244.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"dee intendere Iddio, perocch\u00e8 quello\nda cui \u00e8 ogn'altro foco, ogn'altro lume, o per diritto raggio<\/i> o\nper rinverberato.<\/i>  Vedi ci\u00f2 ch'\u00e8 detto nel canto precedente v.\n70.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vedi ciò ch'è detto nel canto precedente v. 70.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"III xiv 4","NotaFonte":"La nota a Par. II 70 rimanda a Conv. III xiv 4","TestoFonte":"Ove ancora è da sapere che lo primo agente, cioè Dio, pinge la sua vertù in cose per modo di diritto raggio, e in cose per modo di splendore reverberato; onde nelle Intelligenze separate raggia la divina luce sanza mezzo, nell'altre si ripercuote da queste Intelligenze prima illuminate.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=47&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"69","from":2488.0,"to":2490.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"dee qu\u00ec valere quanto di per se<\/i>, cio\u00e8\nseparati dagli Angeli fedeli a Dio, e dai ribelli — foro<\/b>,\nantitesi in grazia della rima, in vece di furo<\/i><\/b>, apocope o\nsincope di furono<\/i> molto usata da' poeti.  Da cotal coro<\/i>\n{v.37}, o sia brigata, d'Angeli per mera codard\u00eca alieni dai due\ndetti contrari partiti degli altri, pare che favelli Clemente\nAlessandrino nel settimo degli Stromi, in quelle parole: Novit\nenim aliquos quoque ex Angelis propter socordiam humi esse\nlapsos, quod nondum perfecte ex illa in utramque partem\nproclivitate, in simplicem illum atque unum expediissent se\nhabitum<\/i> [Ediz. d'Oxford 1715].  La loro situazione poi in\nquesto luogo, e degli uomini poltroni con essi, la \u00e8 idea tutta\ndel Poeta.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Da cotal coro <\/i>{v.37}, o sia brigata, d'Angeli per mera codardìa alieni dai due detti contrari partiti degli altri, pare che favelli Clemente Alessandrino nel settimo degli Stromi, in quelle parole: Novit enim aliquos quoque ex Angelis propter socordiam humi esse lapsos, quod nondum perfecte ex illa in utramque partem proclivitate, in simplicem illum atque unum expediissent se habitum<\/i> [Ediz. d'Oxford 1715].  La loro situazione poi in questo luogo, e degli uomini poltroni con essi, la è idea tutta del Poeta.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188883","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1992415","LuogoFonte":"VII xlvi 6","NotaFonte":"Per il testo greco, cfr. http:\/\/www.poesialatina.it\/_ns\/Greek\/testi\/Clemens\/Stromata07.html","TestoFonte":"Novit enim aliquos quoque ex Angelis propter socordiam humi esse lapsos, quod nondum perfecte ex illa in utramque partem proclivitate, in simplicem illum atque unum expediissent se habitum.","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=SDF6rOFELK8C&printsec=frontcover&dq=editions:JAAd2PGFp2MC&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&sa=X&redir_esc=y#v=snippet&q=focordiam%20humi&f=false","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"39","from":2299.0,"to":2308.0,"NomeAutore":"Clemente Alessandrino","TitoloFonte":"Stromateis"},
{"Annotazione":"degli Alberti nobile Fiorentino.  —\nD'un corpo usciro.<\/b>  Dicendo nel precedente verso di lor padre<\/b>\ngli accenna figli di uno stesso padre, ed aggiungendo ora d'un\ncorpo usciro<\/b> gli accenna anche figli d'una medesima madre: ed\nappartiene ci\u00f2 ad aggravare maggiormente il delitto loro. \nAppellavansi questi due fratelli Alessandro e Napoleone degli\nAlberti.  Dopo la morte del padre tiranneggiavano i paesi\ncirconvicini; e finalmente venuti in discordia tra di loro l'uno\nuccise l'altro.  — Caina.<\/b>  Divide Dante la turba de' traditori\ndentro di questo fondo in quattro classi, senza per\u00f2 verun argine\ndi mezzo, ma solo colla maggiore o minor distanza dal centro e\nmodo vario, col quale stanno i traditori fitti nel ghiaccio: e la\npresente classe, ch'\u00e8 la pi\u00f9 rimota dal centro, come quella in\ncui pone i traditori de' propri parenti, vuole denominata Caina<\/b>\ndal fratricida Caino.<\/i>  Delle tre altre classi, appellate\nAntenora<\/i>, Tolomea<\/i>, e Guidecca<\/i>, vedrai in questo canto v. 88\nnel seguente canto v. 124 e nel XXXIV v. 117.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Caina.<\/b>  Divide Dante la turba de' traditori dentro di questo fondo in quattro classi, senza però verun argine di mezzo, ma solo colla maggiore o minor distanza dal centro e modo vario, col quale stanno i traditori fitti nel ghiaccio: e la presente classe, ch'è la più rimota dal centro, come quella in cui pone i traditori de' propri parenti, vuole denominata Caina <\/b>dal fratricida Caino.<\/i>  Delle tre altre classi, appellate Antenora<\/i>, Tolomea<\/i>, e Guidecca<\/i>, vedrai in questo canto v. 88 nel seguente canto v. 124 e nel XXXIV v. 117.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIII 124","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cotal vantaggio ha questa Tolomea","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=33","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"57-58","from":31327.0,"to":31328.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"dei dubbi a lui proposti —\ngl'inganni<\/i>, per le fraudi<\/i>, le defraudazioni<\/i>, vale a dire~,\nper l'ingiusta intrusione di Roberto fratello di Carlo Martello\nnel regno di Napoli e Sicilia~, ad esclusione dei figli di esso\nCarlo e fratelli di Clemenza~; ai quali per ragione della\nprimogenitura del padre era dovuto [Vedi lo stesso Villani lib.\n9.  cap. 175.~]; ci\u00f2 che~, come di sopra [Nel canto preced.  al\nv. 51.] \u00e8 stato detto~, successe nel 1309.~, che vale a dire\nnove anni dopo di questo misterioso viaggio — sua semenza<\/i>, per\nsua discendenza.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
gl'inganni<\/i>, per le fraudi<\/i>, le defraudazioni<\/i>, vale a dire, per l'ingiusta intrusione di Roberto fratello di Carlo Martello nel regno di Napoli e Sicilia, ad esclusione dei figli di esso Carlo e fratelli di Clemenza; ai quali per ragione della primogenitura del padre era dovuto [Vedi lo stesso Villani lib. 9.  cap. 175]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"X 176","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 456 (IX, 175); ma forse Lombardi cita dal commento ad locum di Vellutello.","TestoFonte":"Questo Carlo Umberto fue figliuolo di Carlo Martello, che fu figliuolo di Carlo secondo re di Cicilia e di Puglia; e se 'l padre non fosse in prima morto che 'l detto Carlo secondo, gli succedea il reame, il quale succedette poi al re Ruberto suo secondo fratello; ma però il detto Carlo non ne fu mai contento.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"2-3","from":8024.0,"to":8025.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"del cerchio appellato poscia\ndi Giuda il traditore discepolo del Salvatore.  Imperocch\u00e8 se vi\nentr\u00f2 Virgilio poco dopo sua morte, non pot\u00e8 Giuda, che mor\u00ec\nl'anno stesso che mor\u00ec il Salvatore, e per\u00f2 una trentina d'anni\nper lo meno [Vedi Inf. IV, 39 e 52] dopo di Virgilio, trovarsi\ngi\u00e0 nell'Inferno a denominarne dal nome suo quel fondo.  E di\navere Virgilio tratto uno spirito da cotal cerchio non dee finger\nDante per altro fine, che per farsi credere Virgilio pratico\ndell'Inferno da cima a fondo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Giuda, che morì l'anno stesso che morì il Salvatore, e però una trentina d'anni per lo meno [Vedi Inf. IV, 39 e 52] dopo di Virgilio<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV 39","NotaFonte":"","TestoFonte":"e di questi cotai son io medesmo.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=4&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"27","from":7866.0,"to":7870.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"del mare detto.  Inf. XXXIV, v. 123.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
L'onda<\/strong> del mare detto.  Inf. XXXIV, v. 123.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIV 123","NotaFonte":"","TestoFonte":"Per paura di lui fé del mar velo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=34&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"101","from":736.0,"to":744.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"del ruscello, perocch\u00e8 eran di pietra,\ne non coperti della cocente rena; come \u00e8 detto nel precedente\ncanto v. 83-84.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Duri margini<\/strong> del ruscello, perocchè eran di pietra, e non coperti della cocente rena; come è detto nel precedente canto v. 83-84.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIV 82-84","NotaFonte":"","TestoFonte":"Lo fondo suo e ambo le pendici
fatt'era 'n pietra, e ' margini dallato;
per ch'io m'accorsi che 'l passo era lici.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=14","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1","from":13582.0,"to":13584.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"del vostro sacrilego\nabuso, o romani Pastori, s'accorse San Giovanni nella visione da\nlui descritta nel cap. 17 dell'Apocalisse. Tutto fa credere che\nl'Evangelista nella meretrice da lui vista assisa sopra una\nstrana bestia avente sette teste e dieci corna, non figurasse\naltro che Roma pagana, «ebriam de sanguine sanctorum et de\nsanguine martyrum Jesu.» Le sette teste del mostro «septem\nmontes sunt (dice lo stesso Vedente) super quos mulier sedet:> e\nle dieci corna «decem reges sunt;» forse i romani principi autori\ndelle dieci persecuzioni de' cristiani. Dante confonde la donna\ncon la bestia, e vuol vedervi la pontificia dignit\u00e0 nata co'\nsette doni dello Spirito Santo o, secondo altri, co' sette\nsacramenti, e mantenutasi con l'osservazione de' dieci\ncomandamenti fintantoch\u00e8 a' papi piacque la virt\u00f9, ma poi\nprostituitasi a' potenti. — Argomento<\/b>, modo di governarsi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Di voi, Pastor<\/strong> ec., del vostro sacrilego abuso, o romani Pastori, s'accorse San Giovanni nella visione da lui descritta nel cap. 17 dell'Apocalisse. Tutto fa credere che l'Evangelista nella meretrice da lui vista assisa sopra una strana bestia avente sette teste e dieci corna, non figurasse altro che Roma pagana, «ebriam de sanguine sanctorum et de sanguine martyrum Jesu.» Le sette teste del mostro «septem montes sunt (dice lo stesso Vedente) super quos mulier sedet» e le dieci corna «decem reges sunt;» forse i romani principi autori delle dieci persecuzioni de' cristiani.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","LuogoFonte":"Apocalisse XVII, 6-12","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et vidi mulierem ebriam de sanguine sanctorum et de sanguine martyrum Iesu<\/strong>. Et miratus sum, cum vidissem illam, admiratione magna. Et dixit mihi angelus. “ Quare miraris? Ego tibi dicam mysterium mulieris et bestiae, quae portat eam, quae habet capita septem et decem cornua: bestia, quam vidisti, fuit et non est, et ascensura est de abysso et in interitum ibit. Et mirabuntur inhabitantes terram, quorum non sunt scripta nomina in libro vitae a constitutione mundi, videntes bestiam, quia erat et non est et aderit. Hic est sensus, qui habet sapientiam. Septem capita, septem montes sunt, super quos mulier sedet<\/strong>. Et reges septem sunt: quinque ceciderunt, unus est, alius nondum venit; et, cum venerit, oportet illum breve tempus manere. Et bestia, quae erat et non est, et is octavus est et de septem est et in interitum vadit. Et decem cornua, quae vidisti, decem reges sunt<\/strong>, qui regnum nondum acceperunt, sed potestatem tamquam reges una hora accipiunt cum bestia.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#17","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"106-111","from":18225.0,"to":18228.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"}, {"Annotazione":"dell'Italia. Dante in pi\u00f9\nluoghi delle sue opere distingue le diverse lingue dalla\nparticella affermativa, e chiama lingua del s\u00ec<\/i> l'italiana,\ncome d'oc<\/i> la provenzale, d'oil<\/i> la francese, ec. Conv. I, 10:\n«La gran bont\u00e0 del volgare del s\u00ec.<\/i>>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Del bel paese<\/b> ec., dell'Italia. Dante in più luoghi delle sue opere distingue le diverse lingue dalla particella affermativa, e chiama lingua del sì<\/i> l'italiana, come d'oc<\/i> la provenzale, d'oil<\/i> la francese, ec. Conv. I, 10: «La gran bontà del volgare del sì.<\/i>»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio I, x, 12","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ché per questo comento la gran bontade del volgare di sì<\/strong> [si vedrà]; però che si vedrà la sua vertù, sì com'è per esso altissimi e novissimi concetti convenevolemente, sufficientemente e aconciamente, quasi come per esso latino, manifestare; [la quale non si potea bene manifestare] nelle cose rimate per le accidentali adornezze che quivi sono connesse, cioè la rima e lo tempo<\/i> e lo numero regolato: sì come non si può bene manifestare la bellezza d'una donna, quando li adornamenti dell'azzimare e delle vestimenta la fanno più am<\/i>mi<\/i>rare che essa medesima.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=11&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"80","from":32522.0,"to":32525.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"}, {"Annotazione":"dell'odio mortale contro\ni Colonnesi, generato in lui dalla superbia. Febbri chiama\nSant'Ambrogio tutte le sregolate passioni: «Febris nostra\nsuperbia est, febris nostra luxuria, etc.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Della sua superba febbre<\/b>, dell'odio mortale contro i Colonnesi, generato in lui dalla superbia. Febbri chiama Sant'Ambrogio tutte le sregolate passioni: «Febris nostra superbia est, febris nostra luxuria, etc.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43689","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/expositio-evangelii-secundum-lucam","LuogoFonte":"Expositio evangelii secundum Lucam IV, 63 (PL 15 1630)","NotaFonte":"Citazione probabilmente generica e memoriale. In precedenza anche Baldassarre Lombardi.","TestoFonte":"Fortassis etiam in typo mulieris illius socrus Simonis et Andreae variis criminum febribus caro nostra languebat, et diversarum cupiditatum immodicis aestuabat illecebris. Nec minorem febrem amoris esse dixerim, quam caloris. Itaque illa animum <\/strong>febris, haec corpus inflammat. Febris enim nostra avaritia est, febris nostra libido est; eo quod ignitae sint cupiditates. Unde et Apostolus ait: Si non se continent, nubant; melius est enim nubere quam uri<\/em>. Febris nostra luxuria <\/strong>est, febris nostra ambitio est, febris nostra iracundia est. Quae licet corporis vitia sint, ignem tamen ossibus implicant, mentem, animum, sensusque pertentant.","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=lTERAAAAYAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97","from":26466.0,"to":26473.0,"NomeAutore":"Sant'Ambrogio","TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"della citt\u00e0 di\nRoma, dove il mio corpo \u00e8 sepolto, — cloaca Del sangue e della\npuzza<\/b>, una sentina di crudelt\u00e0 e di libidini, — onde 'l\nperverso, Che<\/b> ec.: delle quali iniquit\u00e0 Lucifero [quel mal\nvoler, che pur mal chiede<\/i> [Purg. V, 112]] si placa<\/i><\/b>, si\ncompiace. \n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
delle quali iniquità Lucifero [quel mal voler, che pur mal chiede<\/i> [Purg. V, 112]] si placa<\/b>, si compiace.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. V 112","NotaFonte":"","TestoFonte":"Giunse quel mal voler che pur mal chiede","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=39&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25-27","from":26527.0,"to":26551.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"della materia.  Anche nelle rime: Se fior la penna aborra<\/b>,\nse punto il mio stile erra, difetta.  C. XXXIV, 26: «Se hai fior\nd'ingegno.»   C. XXXI, 24: «Nel maginare aborri.»  Vant\u00f2 la\nnovit\u00e0 della materia (vv. 94-102), quasi ch\u00e8 questa fosse vera,\nnon immaginata da lui: qui modestamente si scusa in quanto alla\nforma, come di cosa tutta sua propria.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"La novità<\/b> della materia. Anche nelle rime: «I' no so dire altrui, si mi par novo.» ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio II, canz. 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"ch'io nol so dire altrui, sì mi par novo.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=16&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"144","from":24669.0,"to":24671.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"della nobile Fiorentina\nfamiglia de' Ravignani~, padre della famosa Gualdrada diconlo gli\nespositori.  Vedi Inf.  XVI. 37. — cinto Di cuoio e d'osso<\/i>,\nd'una casacca di cuoio~, co' bottoni d' osso~, chiosa il Venturi~;\nma meglio chioserem col Landino~, colla cintura di cuoio con la\nfibbia d'osso. — senza 'l viso dipinto<\/i>, senza belletto in\nvolto.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Bellicion Berti<\/strong> della nobile Fiorentina famiglia de' Ravignani, padre della famosa Gualdrada diconlo gli espositori.  Vedi Inf.  XVI. 37 <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVI 37","NotaFonte":"","TestoFonte":"nepote fu de la buona Gualdrada;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=16&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"112-114","from":14873.0,"to":14875.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"della quale mi hai fatto or\ncenno (toccare<\/i>, cf. Inf.<\/i>, VI, 102), che \u00e8<\/b>, che cosa \u00e8, \nperch\u00e8 debba avere in sua bal\u00eca i beni di quaggi\u00f9?  — Ha s\u00ec tra\nbranche<\/b>: il Tommaseo: <Branche<\/b>: parola di spregio.  Onde\nVirgilio lo riprende, e dimostra che la Fortuna \u00e8 Spirito celeste\nministro di Dio.»  Il sommo Maestro nell'ordinamento\ndell'universo scorgeva viva la mano di Dio; e a questo punto si\nspiana la via a mettere in sodo i suoi pensamenti di grande\nfilosofo e di sincero credente.  Nel Convito<\/i><\/b> (IV, 11) dimostra\nl'imperfezione delle ricchezze per pi\u00f9 modi, e scrive: «La loro\nimperfezione si pu\u00f2 notare nella indiscrezione del loro\navvenimento, nel quale nulla distributiva giustizia risplende... \nChe se si considerano li modi, per li quali esse vengono, tutti\nsi possono in tre maniere ricogliere: ch\u00e8, o vengono di pura\nfortuna, siccome quando senza intenzione o speranza vengono per\ninvenzione alcuna non pensata; o vengono da fortuna ch'\u00e8 da\nragione ajutata, siccome per testamenti o per mutua successione;\no vengono da fortuna ajutatrice di ragione, siccome quando per\nlicito o per inlicito procaccio: licito<\/i>, dico, quando per arte\no per mercatanzia o per servigio meritate; inlicito<\/i> dico, \nquando per furto o per rapina.»  Per\u00f2 tutto questo nulla toglie\nal principio fondamentale dell'Autore, che sopra alle umane\nvolont\u00e0 e a ci\u00f2 che diciam caso<\/i> o ventura<\/i>, pone un\nordinamento provvidenziale che modera il tutto, il perch\u00e8 della\ncui operazione sfugge al nostro intelletto.  Nella Mon.<\/i>, II, \n10: «Heram vocabat (Pyrrhus<\/i>) Fortunam, quam Causam melius et\nrectius nos divinam Providentiam<\/i> appellamus.»  In quella guisa\nche la virt\u00f9 dei Cieli e gli Angeli, che ne sono i ministri e la\nfan discendere quaggi\u00f9, tengono l'ufficio della divina\nProvvidenza (Par.<\/i>, VIII, 97); cos\u00ec Iddio ordin\u00f2<\/i> una Creatura\nangelica, general ministra e duce<\/i>, che e governasse i beni\nmondani, e gli avesse a distribuire, togliendo ad uno per dare ad\naltro, oltre la difension de' senni umani<\/i>, solo prendendo norma\ndai voleri della Provvidenza, della quale essa Creatura angelica\ntiene le veci.  Quindi per Dante provvidenziale<\/i> ogni\navvenimento, o lieto od avverso; e quindi quella fede inconcussa, \nper la quale teneva fermissimo che quando le condizioni\ndell'umana famiglia son giunte a tanto di male, che l'umana forza\nnon vi possa mettere alcun riparo e rimedio, la Provvidenza\ninterviene (cf. Inf.<\/i>, I, 101 e segg.; Purg.<\/i>, VI, 118-123;\nPar.<\/i>, XXVII, 61; Mon.<\/i>, II, 11, e altrove).  Notabile questo\ntratte di Boezio (Consol. Philos.<\/i>, IV, pr. 6): «La generazione\ndi tutte le cose, e ogni processo delle nature mutabili, e ci\u00f2\nche in qualunque luogo si muove, le cagioni, l'ordine e le forme\ndella stabilit\u00e0 della mente divina sortisce e trae.  Questa, \nstandosi nella r\u00f4cca della sua semplicit\u00e0 riposta e assettata, \nordin\u00f2 non un modo solo, ma diverso, e di molte e varie maniere, \nalle cose che far si dovevano.  Il qual modo, quando nella\npropria purit\u00e0 della intelligenza divina si considera, si nomina\nprovvidenza<\/i>, ma quando a quelle cose, ch'egli muove e dispone, \nsi riferisce, fu dagli antichi chiamato fato: le quali cose\nessere diverse agevolmente sar\u00e0 chiaro, se alcuno la forza\ndell'una e dell'altra risguarder\u00e0.  Perch\u00e8 la provvidenza<\/i> \u00e8\nquella stessa ragione divina, la quale posta nel sommo Principe\ndi tutte le cose, tutte le cose dispone; e il fato<\/i> \u00e8 una\ndisposizione, la quale sta congiunta e appiccata alle cose mobili\ne temporali, mediante la quale la provvidenza<\/i> ciascuna cosa con\ndebiti ordini lega e annoda: perch\u00e8 la provvidenza<\/i> tutte le\ncose egualmente, ancorach\u00e8 diverse, ancorach\u00e8 infinite, abbraccia\ne comprende; ma il fato<\/i> tutte le cose particolarmente a una a\nuna divise in luoghi, forme e tempi dispone e muove in guisa, che\nquesto spiegamento dell'ordine temporale, adunato nella veduta\ndella mente divina, \u00e8 provvidenza<\/i>; e il medesimo ragunamento, \nordinato e spiegato in tempo, si chiama fato: le quali due cose, \nnon ostante che siano diverse, pendono nondimeno l'una\ndall'altra; perch\u00e8 l'ordine fatale dalla semplicit\u00e0 della\nprovvidenza<\/i> procede: imperocch\u00e8, s\u00ec come l'artista, \ncomprendendo colla mente la forma e il modello della cosa che\negli vuol fare, comincia a metterla in opera, e quello che egli\nsemplicemente e tutto in un tempo solo veduto aveva per varii\nordini e diversi tempi conduce; cos\u00ec Dio in un modo solo e\nstabilmente le cose che fare si debbono colla sua provvidenza<\/i>\ndispone.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
della quale mi hai fatto or cenno (toccare<\/i>, cf. Inf.<\/i>, VI, 102), che è<\/b>, che cosa è, perchè debba avere in sua balìa i beni di quaggiù? <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VI, 102","NotaFonte":"","TestoFonte":"toccando un poco la vita futura","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=6","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"67-69","from":6268.0,"to":6270.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"della ribellione a cui\nv'indusse la vostra superbia.  Strupo<\/i> per stupro<\/i> usarono gli\nantichi anche in prosa: e Dante qui l'adopera nello stesso senso\ndi defezione, infedelt\u00e0 a Dio, nel quale spesso nelle sacre\nScritture s'incontra il traslato fornicazione.<\/i>  Osea, 1, 2:\n«Fornicabitur terra a Domino.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Strupo<\/i> per stupro<\/i> usarono gli antichi anche in prosa: e Dante qui l'adopera nello stesso senso di defezione, infedeltà a Dio, nel quale spesso nelle sacre Scritture s'incontra il traslato fornicazione.<\/i>  Osea, 1, 2: «Fornicabitur terra a Domino.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1845","LuogoFonte":"Osea I, 2","NotaFonte":"Il testo citato da Andreoli differisce da quello della \"Vulgata\". Possibile scorso di memoria.","TestoFonte":"Principium verbi Domini per Osee. Dixit Dominus ad Osee:
“Vade, sume tibi mulierem fornicationum
et filios fornicationum,
quia fornicans fornicatur terra a Domino<\/strong>”","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_osee_lt.html#1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"12","from":5882.0,"to":5885.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Bibbia"}, {"Annotazione":"della rimanente mia vita. —\nScrivo.<\/b> Nel «libro che 'l preterito rassegna» (Par., XXIII,\n54), cio\u00e8 nella memoria.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Scrivo.<\/b>  Nel «libro che 'l preterito rassegna» (Par., XXIII, 54), cioè nella memoria.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXIII, 54","NotaFonte":"","TestoFonte":"del libro che 'l preterito rassegna","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=90","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"88","from":14210.0,"to":14213.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"della vera vita, poich\u00e8 veramente\nmorto il malvagio uomo dir si pu\u00f2<\/i>; — — \u00e8 morto uomo ed \u00e8\nrimaso bestia.<\/i>  Conv. IV, 7.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
della vera vita, poichè veramente morto il malvagio uomo dir si può<\/i>; — — è morto uomo ed è rimaso bestia.<\/i>  Conv. IV, 7.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, vii, 10-14","NotaFonte":"","TestoFonte":"Onde è da sapere che veramente morto lo malvagio uomo dire si puote, e massimamente quelli che dalla via del buono suo antecessore si parte. E ciò si può così mostrare. Sì come dice Aristotile nel secondo dell'Anima, «vivere è l'essere delli viventi»; e per ciò che vivere è per molti modi (sì come nelle piante vegetare, nelli animali vegetare e sentire e muovere, nelli uomini vegetare, sentire, muovere e ragionare o vero intelligere), e le cose si deono denominare dalla più nobile parte, manifesto è che vivere nelli animali è sentire – animali, dico, bruti –, vivere nell'uomo è ragione usare. Dunque, se vivere è l'essere delli viventi, e vivere nell'uomo è ragione usare, ragione usare è l'essere dell'uomo, e così da quello uso partire è partire da essere, e così è essere morto. E non si parte dall'uso del ragionare chi non ragiona lo fine della sua vita? e non si parte dall'uso della ragione chi non ragiona lo cammino che far dee? Certo si parte; e ciò si manifesta massimamente in colui che ha le vestigie inanzi, e non le mira. E però dice Salomone nel quinto capitolo delli Proverbi: «Quelli morirà che non ebbe disciplina, e nella moltitudine della sua stoltezza sarà ingannato». Ciò è a dire: colui è morto che non si fé discepolo, che non segue lo maestro; e questo vilissimo è quello. Potrebbe alcuno dicere: Come? è morto e va? Rispondo che è morto uomo e rimaso bestia.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=57&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64","from":2474.0,"to":2477.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"delle\nquali ha detto nel primo di questa cantica v. 23 — son di l\u00e0\nbasse<\/b>, sonosi abbassate in quell'altro emisferio — E queste\nson salite ove<\/b> ec.  Significando le quattro stelle<\/b> del primo\ncanto, com'ivi \u00e8 detto, le quattro cardinali virt\u00f9, fecele il\nPoeta apparire sul principio del giorno; ed ora al principiar\ndella notte fa in luogo loro vedersi queste altre tre\nsignificanti le tre virt\u00f9 teologali, a dinotare [chiosano gli\nespositori ottimamente] che appartengono quelle alla vita attiva,\na cui meglio si conf\u00e0 il d\u00ec; e queste alla vita contemplativa, a\ncui meglio la notte si conviene.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Le quattro chiare stelle, che vedevi<\/strong> delle quali ha detto nel primo di questa cantica v. 23 [...] E queste son salite ove<\/b> ec.  Significando le quattro stelle<\/b> del primo canto, com'ivi è detto, le quattro cardinali virtù, fecele il Poeta apparire sul principio del giorno; ed ora al principiar della notte fa in luogo loro vedersi queste altre tre significanti le tre virtù teologali, a dinotare [chiosano gli espositori ottimamente] che appartengono quelle alla vita attiva, a cui meglio si confà il dì; e queste alla vita contemplativa, a cui meglio la notte si conviene. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. I 23","NotaFonte":"","TestoFonte":"a l'altro polo, e vidi quattro stelle","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=35&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': '', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"91-93","from":7702.0,"to":7708.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"delle imprese\nche la medesima imperiale insegna fece col portatore di essa\nsucceduto a Giulio Cesare, cio\u00e8 con Ottaviano Augusto.  Sebbene\nla voce Latina baiulus<\/i> par che dapprima significasse un vil\nportatore, un facchino; a' tempi per\u00f2 del nostro poeta gi\u00e0 si era\nnobilitata in guisa che baiulus<\/i> appellavasi l'aio di qualche\nprincipe giovinetto: Regibus nostris maturos, ac prudentes,\natque sobrios baiulos singulis constituite<\/i>, scrive Incmaro\nautore del nono secolo [Epist. II cap. II]; e baiulivatus<\/i>\ninsegna il Vocabolario della Crusca essere stato appellato il\nbaliaggio<\/i>, grado nelle religioni militari [Vedi alla voce\nbaliaggio<\/i>].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sebbene la voce Latina baiulus<\/i> par che dapprima significasse un vil portatore, un facchino; a' tempi però del nostro poeta già si era nobilitata in guisa che baiulus<\/i> appellavasi l'aio di qualche principe giovinetto: Regibus nostris maturos, ac prudentes, atque sobrios baiulos singulis constituite<\/i>, scrive Incmaro autore del nono secolo [Epist. II cap. II]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q712257","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/de-institutione-regia","LuogoFonte":"II ","NotaFonte":"PL 125, 0991A","TestoFonte":"istis juvenibus fidelibus filiis vestris, regibus nostris, maturos ac prudentes atque sobrios bajulos <\/strong>singulis constituite","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=9233&text=9233:1.2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"73","from":5457.0,"to":5464.0,"NomeAutore":"Incmaro di Reims","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"dello Stige; sucide<\/b> perch\u00e8 nere,\nVII, 124 e fangose, VII, 129.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
sucide<\/b> perchè nere, VII, 124 e fangose, VII, 129<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII, 103-105","NotaFonte":"","TestoFonte":"L'acqua era buia assai più che persa;
e noi, in compagnia de l'onde bige,
intrammo giù per una via diversa.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=7&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"10","from":6802.0,"to":6804.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"densa — solida.<\/b> Il Vocabol. della Cr.\nspiega solido, sodo, saldo, contrario di liquido, o di fluido<\/i>;\ne ne arreca per esempio questo stesso verso di Dante: e solido,\nsodo<\/i>, chiosa qu\u00ec pure il Volpi. Alla nube<\/i><\/b> per\u00f2 non pare che\nsi convenga il cos\u00ec inteso epiteto di solido.<\/i><\/b> L'intenderei io\npi\u00f9 tosto adoprato qu\u00ec alla maniera de' Latini per plenum,\nintegrum, nihil concavi, aut vacui habens<\/i> [Rob. Stef. Thes.\nling. Lat.<\/i> art. solidus<\/i>]; il perch\u00e8 anche al tempo trasferendo\nlo stesso epiteto, annus solidus<\/i> disse Livio [Citato dal\npredetto Rob. Stef. ivi], — pulita<\/b>, liscia, d'uguagliata\nsuperficie.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
annus solidus<\/i> disse Livio<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2039","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1155892","LuogoFonte":"I xix 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"desuntque dies solido anno,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0914.phi0011.perseus-lat1:19","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"32","from":1197.0,"to":1198.0,"NomeAutore":"Tito Livio","TitoloFonte":"Ab Urbe condita libri"},
{"Annotazione":"dentro\ndell'empireo cielo, dove nella contemplazione d'Iddio godono i\nbeati eterna pace  — Si gira un corpo<\/b>, il ciel detto primo\nmobile<\/i> [Vedi ci\u00f2 ch'\u00e8 detto nel canto preced. v. 77]; ed essendo\nquesto immediatamente sotto dell'empireo, bene \u00e8 detto che giri\ndentro di quello, — nella cui virtute<\/i><\/b>, intendi dall'empireo ad\nesso comunicata, L'esser di tutto suo contento giace<\/b>, ha\nfondamento l'essere d'ogni cosa dentro di lui contenuta, de'\ncieli, e della terra, e di tutto ci\u00f2 ch'\u00e8 in essi.  Contento<\/b>\nper contenuto<\/i><\/b> ad imitazione de' Latini adopera Dante anche\naltrove [Vedi per un esempio Inf. II, 77].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Si gira un corpo<\/b>, il ciel detto primo mobile<\/i> [Vedi ciò ch'è detto nel canto preced. v. 77]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. I 76-78","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quando la rota che tu sempiterni
desiderato, a sé mi fece atteso
con l'armonia che temperi e discerni,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=68&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"112-114","from":1755.0,"to":1777.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"desiderio. AEn., II: «Sed si tantus\namor<\/i> casus cognoscere nostros.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
desiderio.  Aen., II: «Sed si tantus amor<\/i> casus cognoscere nostros.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis II, 10","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sed si tantus amor casus cognoscere nostros","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D2%3Acard%3D1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"125","from":4858.0,"to":4859.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"desideroso, voglioso (cf., Inf.<\/i>, \nXXIX, 3; Purg.<\/i>, XXIV, 40; XXVII, 106; Par.<\/i>, III, 34); —\nattuffare<\/b> (cf. Inf.<\/i><\/b>, XXI, 56), nel senso pass., essere da\naltri attuffato<\/i>: il Codice Ambrosiano ha acciuffare<\/i>, e il\nCampostrini azzuffare<\/i><\/b>: — in questa broda<\/i><\/b>; broda<\/b> \u00e8 l'acqua\nmescolata col fango.  Vaghezza non capricciosa, ma lodevole \u00e8 di\nvedere l'orgoglioso umiliato nella sua superbia.  — Lago<\/b>, la\npalude stigia: Virgilio (Aen.<\/i>, VI, 134): stygios innare\nlacus<\/i>; e ne' Salmi<\/i> (XXXIX, 2): de lacu miseriae, et de luto\nfaecis.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Vago di<\/b>, desideroso, voglioso (cf., Inf.<\/i>, XXIX, 3; Purg.<\/i>, XXIV, 40; XXVII, 106; Par.<\/i>, III, 34)","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIX, 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"che de lo stare a piangere eran vaghe","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=29&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"52-54","from":7111.0,"to":7113.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"detto, intendi, dai poeti — e del suo\npadre<\/b> Peleo, da cui era cotal lancia passata nelle mani d'Achille\n— trista e buona mancia<\/b>, vale qu\u00ec letteralmente tristo e buon\nregalo<\/i>, ed allegoricamente ferita e rimedio<\/i>; onde Achille\nstesso parlando di Telefo dalla sua lancia ferito prima, e poscia\nguarito, opusque<\/i> [dice] meae bis sensit Telephus hastae<\/i>\n[Ovid. Met.<\/i> XII, 112].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
 trista e buona mancia<\/b>, vale quì letteralmente tristo e buon regalo<\/i>, ed allegoricamente ferita e rimedio<\/i>; onde Achille stesso parlando di Telefo dalla sua lancia ferito prima, e poscia  guarito, opusque<\/i> [dice] meae bis sensit Telephus hastae <\/i>[Ovid. Met.<\/i> XII, 112].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"XII 112","NotaFonte":"","TestoFonte":"fluxit opusque meae bis sensit Telephus hastae.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:12.64-12.145","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"4-6","from":29884.0,"to":29886.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
{"Annotazione":"di Cristo, S. Pietro, nella 1. Ep. III,\n18 e seg. scrive: «Cristo — — mortificato in carne, ma\nvivificato per lo spirito, and\u00f2 gi\u00e0 e predic\u00f2 agli spiriti che\nsono in carcere.»  Gli scolastici insegnarono che Cristo\nnell'intervallo di tempo fra la sua morte e risurrezione sia ito\nal Limbo a liberare le anime dei Santi del vecchio patto.  «Venit\nergo Dominus ad infernum superiorem, — — ut redimeret captivos\na tyranno, ut dicitur: Dices his, qui vincti sunt: Exite, et his\nqui in tenebris sunt: Relevamini.<\/i>  Vinctos vocat, qui erant in\npoenis, alios vero in tenebris, quos omnes absolvit et in gloriam\nduxit rex gloriae.»  Elucidar. 64.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
di Cristo, S. Pietro, nella 1. Ep. III, 18 e seg. scrive: «Cristo — — mortificato in carne, ma vivificato per lo spirito, andò già e predicò agli spiriti che sono in carcere».<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q33923","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131119","LuogoFonte":"I, 3, 18-20","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quia et Christus semel pro peccatis passus est, iustus pro iniustis, ut vos adduceret ad Deum, mortificatus quidem carne, vivificatus autem Spiritu: in quo et his, qui in carcere erant, spiritibus adveniens praedicavit, qui increduli fuerant aliquando, quando exspectabat Dei patientia in diebus Noe, cum fabricaretur arca, in qua pauci, id est octo animae, salvae factae sunt per aquam.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-i-petri_lt.html#3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"50","from":2667.0,"to":2669.0,"NomeAutore":"Pietro","TitoloFonte":"Prima lettera di Pietro"},
{"Annotazione":"di Virgilio — pria mi morse<\/b>,\nmetaforicamente~, per rimprover\u00f2<\/i>, v. 31 e seg. del passato\ncanto.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
pria mi morse<\/b>, metaforicamente, per rimproverò<\/i>, v. 31 e seg. del passato canto.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXX 131-132","NotaFonte":"Inf. XXX 131 (non 31) \u00e8 il rimando corretto.","TestoFonte":"quando 'l maestro mi disse: \"Or pur mira,
che per poco che teco non mi risso!\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=30&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1","from":29861.0,"to":29864.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"di animato d'anima sensitiva — fante<\/b>\nadopera qu\u00ec pure al senso che adoperalo nell'XI di questa cantica\nv. 66, per uomo<\/i>, dal Latino fari<\/i>, parlare, ch'\u00e8 proprio del\nsolo uomo: ed, oltre a quest propriet\u00e0, essendo il parlare una\nmanifestazione dell'interno ragionare, pu\u00f2 anche per questo\nriguardo prendersi il parlare per la stessa ragione, e dirsi\nfante<\/i><\/b> in vece di ragionevole.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Fante <\/strong>adopera quì pure al senso che adoperalo nell'XI di questa cantica v. 66, per uomo<\/i>, dal Latino fari<\/i>, parlare, ch'è proprio del solo uomo: ed, oltre a quest proprietà, essendo il parlare una manifestazione dell'interno ragionare, può anche per questo riguardo prendersi il parlare per la stessa ragione, e dirsi fante<\/b> in vece di ragionevole.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XI 66","NotaFonte":"","TestoFonte":"e sallo in Campagnatico ogne fante.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=45&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61","from":25150.0,"to":25152.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"di battesimo e di fede.  —\nRio<\/b>: reit\u00e0, colpa.  Ved. Purg. VII, 25 e seg.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
di battesimo e di fede.  — Rio<\/b>: reità, colpa.  Ved. Purg. VII, 25 e seg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VII, 25-27","NotaFonte":"","TestoFonte":"Non per far, ma per non fare ho perduto
a veder l'alto Sol che tu disiri
e che fu tardi per me conosciuto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=41&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40","from":3257.0,"to":3260.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"di cost\u00ec, dal luogo ove siete: come\nlinci<\/i> (Purg., XV, 37) e quinci.<\/i> — L'arco tiro<\/b>, tendo\nl'arco per saettarvi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
di costì, dal luogo ove siete: come linci<\/i> (Purg., XV, 37) e quinci.<\/i> <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XV, 37","NotaFonte":"","TestoFonte":"Noi montavam, già partiti di linci","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=49","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"63","from":10884.0,"to":10885.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"di frode, cio\u00e8 d'ingannar chi\nsi fida (v. 53), si mette in dimenticanza (s'obblia<\/b>), si\ntrasanda, si rompe il vincolo dell'amor naturale (v. 56) non\nsolo, ma anche il vincolo di quell'affetto particolare (quel che\npoi \u00e8 aggiunto<\/b>), dal quale nasce (si cria<\/b>), si origina una\nspeciale fidanza tra uomo e uomo, cio\u00e8 come spiega il Boccaccio, \n«la singulare e intera confidenza, che l'uno uomo prende\ndell'altro, per singulare amicizia congiuntogli.»  S\u00ec l'amore\nnaturale (v. 55) che lo speciale sono bellamente chiariti dal\nnostro Autore: Conv.<\/i>, III, 11: «Non diciamo Giovanni amico<\/i> di\nMartino, intendendo solamente la naturale amist\u00e0<\/i> significare, \nma l'amist\u00e0 sopra la natural generata, che \u00e8 propria e distinta\nin singolari persone.<\/i>>  Nell'Epistola<\/i> a Cangrande l'Allighieri\nben osserva che gli uomini in guisa speciale connectuntur\namicitiae sacramento<\/i> ({Paragraph.} II); e questo altro non \u00e8 che\nquest'amore d'amicizia, che a quello di natura s'aggiunge.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
 Sì l'amore naturale (v. 55) che lo speciale sono bellamente chiariti dal nostro Autore: Conv.<\/i>, III, 11: «Non diciamo Giovanni amico<\/i> di Martino, intendendo solamente la naturale amistà<\/i> significare, ma l'amistà sopra la natural generata, che è propria e distinta in singolari persone.<\/i>» Nell'Epistola<\/i> a Cangrande l'Allighieri ben osserva che gli uomini in guisa speciale connectuntur amicitiae sacramento<\/i> (§ II); e questo altro non è che quest'amore d'amicizia, che a quello di natura s'aggiunge.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio III, xi, 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma però che l'essenziali passioni sono comuni a tutti, non si ragiona di quelle per vocabulo distinguente alcuno participante quella essenzia: onde non diciamo Gianni amico di Martino, intendendo solamente la naturale amistà significare per la quale tutti a tutti semo amici, ma l'amistà sopra la naturale generata, che è propia e distinta in singulari persone<\/strong>. Così non si dice filosofo alcuno per lo comune amore [al sapere].","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=44&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61-63","from":10030.0,"to":10034.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"di fuoco.  Dello stesso Latino vocabolo, a\ncagion pure della rima, servesi Dante anche Purg. XXIX, 102. \nVedi ci\u00f2 che ivi contro il rimbrotto del Venturi \u00e8 detto.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
D'igne<\/strong> di fuoco.  Dello stesso Latino vocabolo, a cagion pure della rima, servesi Dante anche Purg. XXIX, 102. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIX 102","NotaFonte":"","TestoFonte":"venir con vento e con nube e con igne;<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=63&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25","from":27561.0,"to":27563.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"di l\u00e0 dall'Acheronte.  Inf.\nIII, 78.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
di là dall'Acheronte.  Inf. III, 78.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III 78","NotaFonte":"","TestoFonte":"su la trista riviera d'Acheronte","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=3&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"88","from":638.0,"to":643.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"di ogni reit\u00e0: nel fondo\ndell'Inferno.  Purg. VII, 9: «Per null'altro rio Lo ciel\nperdei.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"D'ogni reo<\/b>, di ogni reità: nel fondo dell'Inferno. Purg. VII, 9: «Per null'altro rio Lo ciel perdei.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VII, 7-9","NotaFonte":"","TestoFonte":"Io son Virgilio; e per null'altro rio
lo ciel perdei che per non aver fé”.
Così rispuose allora il duca mio.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=41","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"102","from":30592.0,"to":30600.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"di pelo con macchie di vario\ncolore. Pantera<\/i> [scrive nel suo Tesoro ser Brunetto] \u00e8 una\nbestia taccata di picciole tacche bianche e nere, siccome\npiccioli occhi<\/i> [Lib. 5 cap. 60].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
di pelo con macchie di vario colore.  Pantera<\/i> [scrive nel suo Tesoro ser Brunetto] è una bestia taccata di picciole tacche bianche e nere, siccome piccioli occhi<\/i> [Lib. 5 cap. 60].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Tesoro_volgarizzato","LuogoFonte":"V 60","NotaFonte":"Il riferimento \u00e8 mediato dal Vocabolario della Crusca: cfr. http:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=PANTERA\r\nLa citazione si legge a c. 92r della cinquecentina (In Vinegia, per Marchio Sessa, 1533).","TestoFonte":"Pantera <\/strong>è una bestia taccata di piccole tacche bianche, e nere, siccome piccoli occhi, ed è amica di tutti animali, salvo del dragone; e la sua natura sì è, che quando ella ha presa sua vivanda, si entra nel luogo della sua abitazione, e addormentasi, e dorme tre dì; e poi si lieva, e apre la sua bocca, e fiata sì dolcemente, che le bestie tutte, che sentono quell'odore, traggono dinanzi a lei, se non il dragone, che per paura entra sotto terra, perchè sa bene, che morire gliene conviene.","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=IxElcgUf_UUC&printsec=frontcover&dq=Il+tesoro+di+m.+Brunetto+Latino+firentino+%5B!%5D,+precettore+del+diuino+poeta+Dante,+nelqual+si+tratta+di+tutte+le+cose+che+%C3%A0+mortali+se+appartengono&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&sa=X&redir_esc=y#v=snippet&q=pantera&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"33","from":241.0,"to":247.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"di poeta, intende — che son\u00f2<\/b>, che fece\nrisuonare  — voce<\/b>, quella cio\u00e8 che disse Onorate l'altissimo\npoeta<\/i> {v.80}.  Voce sola, per voce di molti, che gridino\ninsieme lo stesso<\/i>, chiosa il Volpi, e ne adduce in esempio quel\nverso di Marziale vox diversa sonat: populorum est vox tamen\nuna<\/i> [In amphitheatrum Caes.<\/i> epigr. 3].  E di fatto dicendo\nDante che, dopo udita cotal voce, vide avvicinarsi quelle\nquattro grand'ombre<\/i> {v.83}, accenna che fosse la voce non\nd'una, ma di tutte e quattro insieme le ombre.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
voce<\/b>, quella cioè che disse Onorate l'altissimo poeta<\/i> {v.80}.  Voce sola, per voce di molti, che gridino insieme lo stesso<\/i>, chiosa il Volpi, e ne adduce in esempio quel  verso di Marziale vox diversa sonat: populorum est vox tamen una<\/i> [In amphitheatrum Caes.<\/i> epigr. 3].  E di fatto dicendo Dante che, dopo udita cotal voce, vide avvicinarsi quelle  quattro grand'ombre<\/i> {v.83}, accenna che fosse la voce non  d'una, ma di tutte e quattro insieme le ombre.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2098","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q20552117","LuogoFonte":"III 11-12","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vox diuersa sonat populorum, tum tamen una est,       
Cum uerus patriae diceris esse pater.","UrlFonte":"http:\/\/www.mqdq.it\/texts\/MART|spec|003","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"92","from":3607.0,"to":3609.0,"NomeAutore":"Marco Valerio Marziale","TitoloFonte":"Liber spectaculorum"}, {"Annotazione":"di portar sopra della testa\nquell'enorme peso~, che fa in quel girone del Purgatorio\ncamminare i superbi colla testa bassa.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Lunga fatica <\/strong>di portar sopra della testa quell'enorme peso, che fa in quel girone del Purgatorio camminare i superbi colla testa bassa.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. X 130-139","NotaFonte":"","TestoFonte":"Come per sostentar solaio o tetto,
per mensola talvolta una figura
si vede giugner le ginocchia al petto,
la qual fa del non ver vera rancura
nascere 'n chi la vede; così fatti
vid'io color, quando puosi ben cura.
Vero è che più e meno eran contratti
secondo ch'avien più e meno a dosso;
e qual più pazïenza avea ne li atti,
piangendo parea dicer: \"Più non posso\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=44&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"95","from":14764.0,"to":14766.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"di quella parte a\nlui nativa della bassa Italia, dell'Italia inferiore, per cui\nmoriron combattendo gli eroi del mio poema. Il Lazio, la parte\npi\u00f9 nobile dell'Italia antica, era la pi\u00f9 inferma della\nmoderna. — Umile.<\/b> Reminiscenza dell' «humilemque videmus\nItaliam» dell'Eneide, III, 522; ma con altro significato. —\nCamilla.<\/b> Guerriera figlia del re de' Volsci, alleata di Turno,\nil competitore di Enea. — Eurialo... e Niso.<\/b> Prodi fratelli\nd'arme, seguaci di Enea. Preferiscono alcuni di legger con\nqualche codice: Eurialo e Niso e Turno<\/i>; e sarebbe disposizione\nmigliore; ma all'orecchio del Poeta non dovette piacere la troppa\nvicinanza di Turno<\/i><\/b> con ferute<\/b>, che gli antichi usarono per\nferite<\/i><\/b> anche in prosa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Umile.<\/b>  Reminiscenza dell' «humilemque videmus Italiam» dell'Eneide, III, 522; ma con altro significato.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis III 522-523","NotaFonte":"","TestoFonte":"cum procul obscuros collis humilemque videmus
Italiam. “Italiam” primus conclamat Achates","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D3%3Acard%3D521","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"106-108","from":769.0,"to":788.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"di quelle ricchezze. Lo stesso\nGio. Villani, VIII, 6: «Pecunioso fu molto, non facendo\ncoscienza di guadagno.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Di quell'aver<\/strong>, di quelle ricchezze. Lo stesso Gio. Villani, VIII, 6: «Pecunioso fu molto, non facendo coscienza di guadagno.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica IX, 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"pecunioso fu molto per agrandire la Chiesa e’ suoi parenti, non faccendo coscienza di guadagno, che tutto dicea gli era licito quello ch’era della Chiesa. ","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"55","from":17847.0,"to":17850.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"di quello che pi\u00f9 da vicino\ncircondavalo.~\n\n\tEssendo di questo minor cerchio Salomone~, e la di lui\nluce pi\u00f9 bella<\/i> degli altri beati del cerchio medesimo [Par. X.\n109. e segg.~], non si pu\u00f2 per la voce udita nella luce pi\u00f9\ndia Del minor cerchio<\/i> intendere che la voce di Salomone~;\ncontrariamente alla chiosa del Landino~, che in vece di Salomone\nvuole inteso il Maestro delle sentenze.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Essendo di questo minor cerchio Salomone, e la di lui luce più bella<\/i> degli altri beati del cerchio medesimo [Par. X. 109.  e segg.], non si può per la voce udita nella luce più dia Del minor cerchio<\/i> intendere che la voce di Salomone<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. X 109-111","NotaFonte":"","TestoFonte":"La quinta luce, ch'è tra noi più bella,
spira di tal amor, che tutto 'l mondo
là giù ne gola di saper novella:","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=77&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"35","from":13352.0,"to":13355.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"di questo Batist\u00e8o vedi\nci\u00f2 ch' \u00e8 detto Inf. XIX. 17. e segg.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
di questo Batistèo vedi ciò ch' è detto Inf. XIX. 17.  e segg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIX 17-20","NotaFonte":"","TestoFonte":"che que' che son nel mio bel San Giovanni,
fatti per loco d'i battezzatori;
l'un de li quali, ancor non è molt'anni,
rupp'io per un che dentro v'annegava:","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=19&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"134","from":15019.0,"to":15025.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"di soccorrere Italia. Vedi\n'l v. 103 e segg. del precedente canto; e ci\u00f2 che qu\u00ec pure\nimmediatamente soggiunge.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
di soccorrere Italia.  Vedi 'l v. 103 e segg. del precedente canto\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VI 103-105","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ch'avete tu e 'l tuo padre sofferto,
per cupidigia di costà distretti,
che 'l giardin de lo 'mperio sia diserto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=40&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"92","from":6720.0,"to":6723.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"di sopra~, cant. X. 114.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dissi suso <\/strong>di sopra, cant. X 114.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. X 114","NotaFonte":"","TestoFonte":"a veder tanto non surse il secondo.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=77&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46","from":12421.0,"to":12423.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"di sotto da Eva,\nsiede Rachel<\/b> [la bellissima figliuola di Labano, moglie del\nPatriarca Giacobbe] con Beatrice<\/b>, stata poco anzi condottiera\ndi Dante.  Intendendosi dagli interpreti delle Scritture sacre\nfigurata in Rachele la vita contemplativa, e figurando Dante in\nBeatrice sua la teologia [come pi\u00f9 volte \u00e8 detto], rettamente,\ndice il Landino [Al canto II dell'Inf. v. 102], pone il Poeta\nseder esse due donne una vicina all'altra, perch\u00e8 il proprio\nsubbietto della teologia \u00e8 la contemplazione, ed in quella si\nferma, e pon suo seggio.<\/i>\n\n\tSiccome per\u00f2 descrive Dante che donne Ebree, una sotto\ndell'altra per retta linea, formavano il divisorio muro<\/i> [Verso\n20] cio\u00e8 il termine delle semicircolari sessioni de' beati\nvissuti avanti a Ges\u00f9 Cristo, rendesi perci\u00f2 chiaro doversi\nintendere, che Beatrice, donna posteriore alla venuta di Cristo,\nquantunque sedesse a canto di Rachele, appartenesse nondimeno\nalle semicircolari sessioni de' beati vissuti dopo Ges\u00f9 Cristo;\nfacendo cio\u00e8 essa ed altri beati del medesimo tempo, posti a lei\ndi sopra e di sotto in retta linea, le estremit\u00e0 delle proprie\nsessioni.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
dice il Landino [Al canto II dell'Inf. v. 102], pone il Poeta seder esse due donne una vicina all'altra, perchè il proprio subbietto della teologia è la contemplazione, ed in quella si ferma, e pon suo seggio.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II 102","NotaFonte":"","TestoFonte":"che mi sedea con l'antica Rachele.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"8-9","from":31404.0,"to":31410.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"di tal lungo vallicoso tratto di\nterreno per cui Arno scorre; e perci\u00f2 del medesimo fiume siegue a\ndire, Che dal principio suo<\/b> ec.  Infin l\u00e0 've si rende per\nristoro della marina<\/i> {v.34} ec.  — Dov'\u00e8 s\u00ec pregno.<\/i><\/b>  \u00c8 questo\npezzo insieme coi due seguenti versi una interiezione di cui dee\nessere questa la costruzione.  Dove l'alpestro monte<\/b>\n[l'Apennino, la catena di monti, che parte Italia da cima a\nfondo] ond'\u00e8 tronco Peloro<\/b> [da cui \u00e8 ora tronco<\/b>, staccato,\nPeloro<\/b>, quel promontorio della Sicilia, che anticamente,\nessendo la Sicilia attaccata all'Italia [Parla secondo la storia\no favola, che fosse un tempo la Sicilia attaccata all'Italia. \nVedi tra gli altri, Virgilio nell'Eneide III, 414 e segg.],\nfaceva un sol monte con Apennino] \u00e8 s\u00ec pregno<\/b> [ha le sue\nviscere s\u00ec d'acqua piene] che 'n pochi luoghi<\/b> [in poche altre\nsue parti] passa oltra quel segno<\/b> di pregnezza.  Il Vellutello\nseguito dal Venturi, chiosa pregno<\/i><\/b> per gonfiato et alto.<\/i><\/b>  Ma\nper\u00f2, oltre che mal si adatta il termine di pregno<\/b> ed esprimere\naltezza, distinguesi poi anche l'Apennino ove nasce Arno pi\u00f9 per\nabbondanza d'acque [per l'origine ivi vicina eziandio del Tevere]\nche per altezza sovra le altre parti.  Excelsus maxime<\/i> [dice\nFerrario dell'altezza d'Apennino parlando [Lexic. geographic.<\/i>\nart. Apenninus<\/i>]] inter agrum Parmensem et Lucensem<\/i>: ecco dove\nper altezza si distingue.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Peloro<\/b>, quel promontorio della Sicilia, che anticamente, essendo la Sicilia attaccata all'Italia [Parla secondo la storia o favola, che fosse un tempo la Sicilia attaccata all'Italia.  Vedi tra gli altri, Virgilio nell'Eneide III, 414 e segg.], faceva un sol monte con Apennino<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"III 414-419","NotaFonte":"","TestoFonte":"Haec loca vi quondam et vasta convolsa ruina—
tantum aevi longinqua valet mutare vetustas—
dissiluisse ferunt, cum protinus utraque tellus
una foret; venit medio vi pontus et undis
Hesperium Siculo latus abscidit, arvaque et urbes
litore diductas angusto interluit aestu.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:3.374-3.440","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"30-33","from":13451.0,"to":13454.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"dice a dinotare, che come\ngentile non aveva certa scienza delle cose di Ges\u00f9 Cristo. —\npoco pria che venisse colui<\/b> [quel possente con segno di\nvittoria incoronato<\/i>, detto nel canto IV passato v. 53 e segg.] \nche lev\u00f2 a Dite<\/i><\/b>, a Lucifero [Vedi la nota al v. 68 del passato\ncanto VIII], la gran preda del cerchio superno<\/b>, le grandi\nanime del Limbo, nomate nell'indicato canto IV v. 55 e segg. \nNell'ora, in conclusione, della morte di Ges\u00f9 Cristo, quando\nterra mota est, et petrae scissae sunt<\/i><\/b> [Matth.<\/i> 27]: la qual\nmorte certamente non fu se non poco pria<\/i><\/b> della discesa del\nmedesimo Redentore all'Inferno.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
poco pria che venisse colui<\/b> [quel possente con segno di vittoria incoronato<\/i>, detto nel canto IV passato v. 53 e segg.] <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV 53-61","NotaFonte":"","TestoFonte":"quando ci vidi venire un possente,
con segno di vittoria coronato.
Trasseci l'ombra del primo parente,
d'Abèl suo figlio e quella di Noè,
di Moïsè legista e ubidente;
Abraàm patrïarca e Davìd re,
Israèl con lo padre e co' suoi nati
e con Rachele, per cui tanto fé,
e altri molti, e feceli beati.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"37-39","from":10700.0,"to":10703.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"dice in vece di il non potert'io<\/i>,\nsecondo il Toscano costume di omettere talvolta l'articolo —\nfar niego<\/b> per negare.<\/i><\/b> Cos\u00ec dicesi mettersi al nego<\/i> per\ndisporsi a negare<\/i> canto XVII di questa cantica al v. 60. \nVolpi. La frase medesima adoprata anche da altri scrittori\nvedila nel Vocab. della Cr.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Far niego<\/b> per negare.<\/i>  Così dicesi mettersi al nego<\/i> per disporsi a negare<\/i> canto XVII di questa cantica al v. 60.  Volpi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVII 60","NotaFonte":"","TestoFonte":"malignamente già si mette al nego.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=51","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"33","from":24953.0,"to":24956.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"dice, perocch\u00e8 la terra umida \u00e8\ndi colore troppo da quello della cenere dissomigliante — che si\ncavi<\/b> \u00e8 pleonasmo in grazia della rima.  Per cotal colore\ndell'angelico vestimento il Landino e 'l Daniello chiosano\ndinotata l'autorit\u00e0 di assolvere data all'uomo; il di cui corpo,\nch'\u00e8 come veste dell'anima, non \u00e8 in realt\u00e0 che cenere e terra\nsecca, o sia polvere.  Il Vellutello spiega significarsi dovere\nil portamento del sacerdote esser lontano da ogni fasto ed\nalterigia.  Io direi ambedue insieme cotai riguardi insinuarsi,\ned essere cio\u00e8 l'umano corpo terra e polvere, e dovere perci\u00f2\nl'uom sacerdote ricordarsi della minaccia dell'Ecclesiastico\nQuid superbit terra et cinis<\/i> [Cap. 10 v. 9]?\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per cotal colore dell'angelico vestimento il Landino e 'l Daniello chiosano dinotata l'autorità di assolvere data all'uomo; il di cui corpo, ch'è come veste dell'anima, non è in realtà che cenere e terra secca, o sia polvere.  Il Vellutello spiega significarsi dovere il portamento del sacerdote esser lontano da ogni fasto ed alterigia.  Io direi ambedue insieme cotai riguardi insinuarsi, ed essere cioè l'umano corpo terra e polvere, e dovere perciò l'uom sacerdote ricordarsi della minaccia dell'Ecclesiastico Quid superbit terra et cinis<\/i> [Cap. 10 v. 9]? <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q155980","LuogoFonte":"X 10","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quid superbit terra et cinis?","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiasticus_lt.html#10","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"115-117","from":8884.0,"to":8906.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Siracide"},
{"Annotazione":"dietro un dei rocchi<\/i> (C. XX, 25)\ndel ponte.  — Ch'alcun schermo t'aia<\/b>, che abbia per te qualche\nschermo, che possa in qualche modo ripararti dalla vista de'\ndiavoli.  Altri intendono: Sicch\u00e8 tu t'abbia qualche schermo; ma\nlo scopo dell'acquattarsi \u00e8 gi\u00e0 stato detto: «Acciocch\u00e8 non si\npaia Che tu ci sii.»  — Aia<\/b> per abbia<\/i><\/b>, voce provenzale, fu\nda' nostri antichi usata anche fuori di rima.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Dopo uno scheggio<\/strong>, dietro un dei rocchi<\/i> (C. XX, 25) del ponte. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XX, 25","NotaFonte":"","TestoFonte":"Certo io piangea, poggiato a un de' rocchi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=20","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"60","from":19767.0,"to":19770.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"direzione tenuta anche prima\nche se gli attraversasse quel rivo [Purg. XXVII, 133 e XXVIII,\n7], e dalla quale si era tolto solamente in questi detti pochi\npassi fatti di paro con Matelda contro al corso del rivo\nmedesimo.  Al levante<\/i>, leggono l'edizioni diverse dalla\nNidobeatina.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
direzione tenuta anche prima che se gli attraversasse quel rivo [Purg. XXVII, 133]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVII 133","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vedi lo sol che 'n fronte ti riluce;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=61","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"12","from":28904.0,"to":28908.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"disgiunto, lontano; dal Latino scindere<\/i>\nfatto Italiano non pur dal poeta nostro [Purg. XI, 103], ma\neziandio dal Petrarca [Trionfo della Fama<\/i> cap. 2].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Scisso <\/strong>disgiunto, lontano; dal Latino scindere <\/i>fatto Italiano non pur dal poeta nostro [Purg. XI, 103]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XI 103","NotaFonte":"","TestoFonte":"Che voce avrai tu più, se vecchia scindi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=45&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":20912.0,"to":20913.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"distribuendo esso Iddio la sua\nluce con egual proporzione a' nove cori degli Angeli e alle nove\nsfere celesti; cio\u00e8 maggior luce alla pi\u00f9 vicina delle sfere,\nugualmente che al pi\u00f9 vicino degli angelici cori.  Par.,\nXXVIII: «Tu vederai mirabil convenenza Di maggio a pi\u00f9, e di\nminore a meno, In ciascun cielo a sua Intelligenza.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
distribuendo esso Iddio la sua luce con egual proporzione a' nove cori degli Angeli e alle nove sfere celesti; cioè maggior luce alla più vicina delle sfere, ugualmente che al più vicino degli angelici cori.  Par., XXVIII: «Tu vederai mirabil convenenza Di maggio a più, e di minore a meno, In ciascun cielo a sua Intelligenza.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXVIII, 76-78","NotaFonte":"","TestoFonte":"tu vederai mirabil consequenza
di maggio a più e di minore a meno,
in ciascun cielo, a süa intelligenza","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=95","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76","from":6330.0,"to":6331.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"distribuendo esso Iddio la sua luce\ncon egual proporzione a' nove cori degli Angeli e alle nove sfere\ncelesti; cio\u00e8 maggior luce alla pi\u00f9 vicina delle sfere,\nugualmente che al pi\u00f9 vicino degli angelici cori. Vedi Parad.\nXXVIII, 76 e seg. And.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXVIII, 70-78","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Dunque costui che tutto quanto rape
l'altro universo seco, corrisponde
al cerchio che più ama e che più sape:
per che, se tu a la virtù circonde
la tua misura, non a la parvenza
de le sustanze che t'appaion tonde,
tu vederai mirabil consequenza
di maggio a più e di minore a meno,
in ciascun cielo, a süa intelligenza\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=95&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76","from":6330.0,"to":6331.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"dividendo, solcando — prora<\/b> la\nparte anteriore della nave, per tutta la nave — antica<\/b>,\nperciocch\u00e8 fatta la suppone fin dal tempo che fu fatto l'Inferno. \n— pi\u00f9 che non suol<\/b> ec. per essere solita a portare spiriti, e\nnon corpi. Imitazione di Virgilio, ove della nave di Caronte\ncaricata del corpo di Enea, dice\n\n ...... simul accipit alveo<\/i>\n Ingentem Aeneam, gemuit sub pondere cymba<\/i>\n Sutilis, et multam accepit rimosa paludem<\/i> \n [Aeneid.<\/i> VI, 412 e segg.].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
più che non suol<\/b> ec. per essere solita a portare spiriti, e non corpi.  Imitazione di Virgilio, ove della nave di Caronte caricata del corpo di Enea, dice \r\n     ...... simul accipit alveo<\/i>\r\n     Ingentem Aeneam, gemuit sub pondere cymba<\/i>\r\n     Sutilis, et multam accepit rimosa paludem<\/i> \r\n        [Aeneid.<\/i> VI, 412 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aen. VI 412-414","NotaFonte":"","TestoFonte":"simul accipit alveo
ingentem Aenean. Gemuit sub pondere cymba
sutilis,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:6.384-6.416","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"29-30","from":6937.0,"to":6938.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"dominata dall'orgoglio. —\nBont\u00e0<\/b> ecc.; cio\u00e8 nessuna fama o ricordanza di buone azioni e\nqualit\u00e0; bont\u00e0<\/b> prende qui il significato di atto di virt\u00f9, \npregio<\/i>; Conv.<\/i>, II, 11: «Le due predette bontadi» (cio\u00e8 il\nsapere<\/i> e la cortesia<\/i><\/b>). — Fregi<\/i><\/b>, il verbo dice\nl'eccellenza della virt\u00f9, de' fregi il pi\u00f9 bello (cf. Inf.<\/i>, \nXIV, 72; Purg.<\/i>, I, 38; Par.<\/i>, XVI, 132). Perci\u00f2 nel\nConvito<\/i>, I, 10: «Nulla fa tanto grande, quanto la grandezza\ndella propria bont\u00e0, la quale \u00e8 madre e conservatrice delle altre\ngrandezze. Onde nulla grandezza puote l'uomo avere maggiore, che\nquella della virtuosa operazione, che \u00e8 sua propria bont\u00e0.» Onde\ndella sapienza si legge in Giobbe<\/i> (cap. XXVIII): excelsa et\neminentia non memorabuntur comparatione eius.<\/i><\/b> — Cos\u00ec<\/b>; pero, \nper questa ragione; risponde all'itaque<\/i> de' Latini. — S'\u00e8<\/i><\/b>;\nsi<\/b> e qui riempitivo. — Furiosa<\/b>, di cruccio, di rabbia per\nnon aver lasciato al mondo niente di bene, e per essere stato\nscoperto da un vivo in s\u00ec miserabile luogo, il qual pensiero \u00e8 di\ntortura pur ai dannati (cf. Inf.<\/i><\/b>, XVIII, 47; XXIV, 133-135;\nXXVII, 61-63, e altrove). Sembrano fatte appunto per l'Argenti e\npe' suoi pari queste parole de' Prov.<\/i>, XII, 8: Qui vanus et\nexcors est, patebit contemptui.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
bontà<\/b> prende qui il significato di atto di virtù, pregio<\/i>; Conv.<\/i>, II, 11: «Le due predette bontadi» (cioè il sapere<\/i> e la cortesia<\/i>). <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio II, x, 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dice «nella sua grandezza». La grandezza temporale, della quale qui s'intende, massimamente sta bene acompagnata colle due predette bontadi<\/strong>, però ch'ell'apre l<\/i>ume che mostra lo bene e l'altro della persona chiaramente. E quanto savere e quanto abito virtuoso non si pare, per questo lume non avere! e quanta mat[t]erìa e quanti vizii si discernono per avere questo lume! ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=26&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46-48","from":7069.0,"to":7071.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"dove i superbi vide punirsi [Purg.\nv. 20 e segg.].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
dove i superbi vide punirsi [Purg. X v. 20 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. X 20-27","NotaFonte":"","TestoFonte":"restammo in su un piano
solingo più che strade per diserti.
Da la sua sponda, ove confina il vano,
al piè de l'alta ripa che pur sale,
misurrebbe in tre volte un corpo umano;
e quanto l'occhio mio potea trar d'ale,
or dal sinistro e or dal destro fianco,
questa cornice mi parea cotale.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=44&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"5","from":12128.0,"to":12131.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"dove si punisce l'accidia [Vedi\nPurg. XVII, 130 e segg. ed il canto appresso].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il quarto cerchio<\/strong> dove si punisce l'accidia [Vedi Purg. XVII, 130 e segg. ed il canto appresso].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVII 130-132","NotaFonte":"","TestoFonte":"Se lento amore a lui veder vi tira
o a lui acquistar, questa cornice,
dopo giusto penter, ve ne martira.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=51&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"92","from":22193.0,"to":22196.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"dove sola pena \u00e8 il non\navere speranza alcuna di grazia. C. IV: «Sol di tanto offesi,\nChe senza speme vivemo in disio.» — Cionca<\/b>, troncata.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
dove sola pena è il non avere speranza alcuna di grazia.  C. IV: «Sol di tanto offesi, Che senza speme vivemo in disio.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV, 41-42","NotaFonte":"","TestoFonte":"semo perduti, e sol di tanto offesi
che sanza speme vivemo in disio","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"18","from":7795.0,"to":7799.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"dovendo significar lo stesso che\nbrollo<\/i> nel v. 30, cio\u00e8 scorticato, meglio starebbe scritto con\ndue l<\/i>, dipellato<\/i>, giacch\u00e8 trovasi dipellare<\/i> per tor via la\npelle.<\/i> Vedi 'l Vocab. della Cr.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
dovendo significar lo stesso che brollo<\/i> nel v. 30, cioè scorticato, meglio starebbe scritto con due l<\/i>, dipellato<\/i>, giacchè trovasi dipellare<\/i> per tor via la pelle.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno XVI, 30","NotaFonte":"","TestoFonte":"cominciò l'uno, \"e 'l tinto aspetto e brollo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=16&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"35","from":14733.0,"to":14734.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"due capi due condottieri: e Soli<\/b>\ngli appella, per essere il Sole quello Che mena dritto altrui,\nper ogni calle<\/i> [Inf. I, 18] — l'una e l'altra strada<\/i><\/b> ec., la\nvia cio\u00e8 di ottenere il cielo, e la via di ben convivere qu\u00ec in\nterra — fac\u00e8n<\/i><\/b> in luogo di facean<\/b> leggono l'edizioni diverse\ndalla Nidobeatina — Deo<\/b> per Dio<\/i> antitesi fondata su 'l\npronunziar Latino, in grazia della rima.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Soli <\/b>gli appella, per essere il Sole quello Che mena dritto altrui, per ogni calle<\/i> [Inf. I, 18]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 18","NotaFonte":"","TestoFonte":"che mena dritto altrui per ogne calle.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"107-108","from":16141.0,"to":16143.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"due sembianze confuse in un solo\nv\u00f3lto, nel quale s'erano perduti e quasi dileguati i due\nprimitivi aspetti dell'uomo e del serpente.  Anche qui sembra\ncontinuare la reminiscenza ovidiana (Met.<\/i> IV 373): «Nam mista\nduorum Corpora iunguntur, faciesque inducitur illis Una».\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","FrammentoNota":"
Anche qui sembra continuare la reminiscenza ovidiana (Met.<\/i> IV 373): «Nam mista duorum Corpora iunguntur, faciesque inducitur illis Una».\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"IV, 373-376","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vota suos habuere deos: nam mixta duorum
corpora iunguntur, faciesque inducitur illis
una, velut, siquis conducat cortice ramos,
crescendo iungi pariterque adolescere cernit.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D4%3Acard%3D373","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"71","from":24137.0,"to":24139.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"e brullo<\/i> hanno il medesimo significato di\nspogliato<\/i>, e nudo<\/i>: ma qu\u00ec di scorticato<\/i> per le piaghe dette\nnel v. 10. Cos\u00ec pure nel XXXIV di questa cantica v. 18 e segg:\n\n . . . . . . . Il mordere era nulla<\/i>\n Verso il graffiar, che talvolta la schiena<\/i>\n Rimanea della pelle tutta brulla.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Brollo <\/strong>e brullo<\/i> hanno il medesimo significato di spogliato<\/i>, e nudo<\/i>: ma quì di scorticato<\/i> per le piaghe dette nel v. 10.  Così pure nel XXXIV di questa cantica v. 18 e segg:      . . . . . . . Il mordere era nulla <\/i>                Verso il graffiar, che talvolta la schiena<\/i>\r\n        Rimanea della pelle tutta brulla.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIV 58-60","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Inf. XXXIV 58 e segg., non 18.","TestoFonte":"A quel dinanzi il mordere era nulla
verso 'l graffiar, che talvolta la schiena
rimanea de la pelle tutta brulla<\/strong>.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=34","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"28-30","from":14698.0,"to":14699.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"e con<\/i> (v. 13)\nquell'altra gente che per\u00ec nella battaglia di Ceprano tra\nManfredi e Carlo di Angi\u00f2, e poi in quella di Tagliacozzo tra lo\nstesso Carlo e Corradino. — Dove fu bugiardo<\/b> ec., dove la\nmaggior parte de' Baroni pugliesi manc\u00f2 di fede a Manfredi,\nabbandonando il campo nel pi\u00f9 forte della mischia. — L\u00e0 da\nTagliacozzo<\/b>, presso il castello di Tagliacozzo. — Ove\nsenz'arme<\/b> ec., dove Alardo di Vallery col suo senno di\u00e8 la\nvittoria a Carlo consigliandogli di tenere in riserva un terzo\ndelle genti; con le quali poi bast\u00f2 mostrarsi a' nemici\nvincitori degli altri due terzi e sbandati al bottino, per\nmetterli in fuga. Ma cos\u00ec il tradimento de' Pugliesi come\nl'accorgimento di Alardo, vecchie tradizioni accolte dal\nMalespini e ripetute da Gio. Villani, non reggano all'odierna\ncritica appoggiata ai documenti angioini del Grande Archivio di\nNapoli.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Ove senz'arme<\/b> ec., dove Alardo di Vallery col suo senno diè la vittoria a Carlo consigliandogli di tenere in riserva un terzo delle genti; con le quali poi bastò mostrarsi a' nemici vincitori degli altri due terzi e sbandati al bottino, per metterli in fuga.  Ma così il tradimento de' Pugliesi come l'accorgimento di Alardo, vecchie tradizioni accolte dal Malespini e ripetute da Gio. Villani, non reggano all'odierna critica appoggiata ai documenti angioini del Grande Archivio di Napoli.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica VIII, 27","NotaFonte":"","TestoFonte":"Curradino e sua oste avendo vana speranza che l’Aquila fosse ribellata al re Carlo, con grande vigore e grida, fatte le sue schiere, si strinse a valicare il passo del
fiume per combattere col re Carlo. Lo re Carlo, con tutto si posasse, come detto avemo, sentendo il romore de’ nimici, e com’erano inn-arme per venire a la battaglia, incontanente fece armare e schierare sua gente per l’ordine e modo che dinanzi facemmo menzione. E stando la schiera de’ Provenzali, la quale guidava messer Arrigo di Consancia, alla guardia del ponte, contastando a don Arrigo di Spagna e a sua gente il passo, gli Spagnuoli si misono a passare il guado della riviera ch’era assai piccolo, e incominciarono a inchiudere la schiera de’ Provenzali, che difendeano il ponte. Curradino e l’altra sua oste veggendo passati gli spagnuoli, si mise a passare il fiume, e con grande furore assaliro la gente del re Carlo, e in poca d’ora ebbono barattati e sconfitti la schiera de’ Provenzali; e ’l detto messer Arrigo di Consancia colle ’nsegne del re Carlo abattute, e egli morto e tagliato; credendosi don Arrigo e’ Tedeschi avere la persona del re Carlo, perché vestiva le sopransegne reali, tutti gli s’agreggiarono adosso. E rotta la detta schiera de’ Provenzali, simile feciono di quella de’ Franceschi e degl’Italiani, la quale guidava messer Gianni di Crarì, e messer Guiglielmo lo Stendardo, però che·lla gente di Curradino erano per uno due che quegli del re Carlo, e fiera gente e aspra in battaglia: e veggendosi la gente del re Carlo così malmenare, si misono in fugga e abandonarono il campo. I Tedeschi si credettero avere vinto, che non sapeano dell’aguato del re Carlo, si cominciarono a spandere per lo campo, e intendere a la preda e alle spoglie. Lo re Carlo era in sul colletto di sopra alla valle, dov’era la sua schiera, con messer Alardo di Valleri e col conte Guido di Monforte per riguardare la battaglia, e veggendo la sua gente così barattare, prima l’una schiera
e poi l’altra, e venire in fugga, moria a dolore, e volea pure fare muovere la sua schiera per andare a soccorrere i suoi. Messer Alardo, maestro dell’oste e savio di guerra, con grande temperanza e con savie parole ritenne assai lo re, dicendo che per Dio sì sofferisse alquanto, se volesse l’onore della vittoria, però che conoscea la covidigia de’ Tedeschi, come sono vaghi delle prede, per lasciargli più spartire dalle schiere, e quando gli vide bene sparpagliati, disse al re: «Fa’ muovere le bandiere, ch’ora è tempo»; e così fu fatto. E uscendo la dettaschiera della valle, Curradino né’ suoi non credeano che fossono nimici, ma che fossono di sua gente, e non se ne prendeano guardia. E vegnendo lo re con sua gente stretti e serrati, al diritto se ne vennero ov’era la schiera di Curradino co’ maggiori di suoi baroni, e quivi si cominciò la battaglia aspra e dura, con tutto che poco durasse, però che·lla gente di Curradino erano lassi e stanchi per lo combattere, e non erano tanti cavalieri schierati ad assai quanti quegli del re, e sanza ordine di battaglia, però che·lla maggiore parte di sua gente, chi era cacciando i nemici, e chi ispartito per lo campo per guadagnare preda e pregioni, e la schiera di Curradino per lo improviso assalto de’ nimici tuttora scemava, e quella del re Carlo tuttora cresceva per gli primi di sua gente ch’erano fuggiti della prima sconfitta, conoscendo le ’nsegne del re si metteano in sua schiera, sicché in poca d’ora Curradino e sua gente furono sconfitti. E quando Curradino s’avide che·lla fortuna della battaglia gli
era incontro, e per consiglio de’ suoi maggiori baroni, si mise alla fugga egli, e ’l dogi d’Osteric, e il conte Calvagno, e il conte Gualferano, e ’l conte Gherardo da Pisa, e più altri. Messere Alardo di Valleri veggendo fuggire i nimici, con grandi grida dice e pregava lo re e’ capitani della schiera non si partissono né seguissono caccia de nimici né altra preda, temendo che·lla gente di Curradino non si ranodasse, o niuno aguato uscisse fuori, ma stessono fermi e schierati in sul campo; e così fu fatto. E venne bene a bisogno, che don Arrigo co’ suoi Spagnoli
e altri Tedeschi i quali aveano seguita la caccia de’ Provenzali e Italiani, i quali aveano prima sconfitti per una valle, e non aveano veduta la battaglia del re Carlo e la sconfitta di Curradino, alla ricolta che fece di sua gente, e ritornando al campo, veggendo la schiera del re Carlo, credette che fosse Curradino e sua gente; sì scese il colle dov’era ricolto per venire a’ suoi, e quando si venne appressando conobbe le ’nsegne de’ nimici, e come ingan-nato si tenne confuso; ma com’era valente signore, si strinse a schiera, e serrò colla sua gente per tale modo
che ’l re Carlo e’ suoi, i quali per l’afanno della battaglia erano travagliati, non s’ardirono di fedire alla schiera di don Arrigo, e per non recare in giuoco vinto a partito stavano aringati l’una schiera appetto a l’altra buona pezza. Il buono messer Alardo veggendo ciò, disse al re che bisognava di fargli dipartire da schiera per rompergli: lo re gli commise facesse a suo senno. Allora prese de’ migliori baroni della schiera del re da XXX in XL, e uscirono della schiera faccendo sembianti che per paura si fuggissono, siccome gli avea amaestrati. Gli Spagnuoli veggendogli con più delle bandiere di quegli signori si metteano in volta e in vista di fuggire, con vana speranza cominciarono a gridare: «E’ sono in fugga!», e cominciarono a dipartirsi da schiera e volergli seguire. Lo re Carlo veggendo schiarire e aprire la schiera degli Spagnuoli e altri Tedeschi, francamente si misono a fedire tra·lloro; e messer Alardo co’ suoi saviamente si raccolsono e tornarono alla schiera. Allora fu la battaglia aspra e dura; ma gli Spagnuoli erano bene armati, per colpi di spade non gli poteano aterrare, e spesso al loro modo si rannodavano insieme. Allora i Franceschi cominciarono con gridare ad ire, e a prendelli a braccia, e abattergli
de’ cavagli a modo de’ torniamenti; e così fu fatto, per modo che in poca d’ora gli ebbono rotti, e sconfitti, e messi in fugga, e molti ve ne rimasono morti. Don Arrigo con assai de’ suoi si fuggì in Montecascino, e diceano che ’l re Carlo era sconfitto. L’abate ch’era signore di quella terra conobbe don Arrigo, e a’ segnali di loro com’erano fuggiti, sì fece prendere lui e gran parte di sua gente. Lo re Carlo con tutta sua gente rimasono in sul campo armati e a cavallo infino alla notte per ricogliere i suoi e per avere de’ nemici piena e sicura vittoria. E questa sconfitta fu la vilia di santo Bartolomeo a dì XXIII d’agosto, gli anni di Cristo MCCLXVIII. E in quello luogo fece poi fare lo re Carlo una ricca badia per l’anime della sua gente morta, che si chiama Santa Maria della Vittoria, nel piano di Tagliacozzo","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"15-18","from":26855.0,"to":26861.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"e quici<\/i> per l\u00ec<\/i> e qu\u00ec<\/i>, il Cinonio ed il\nVenturi dicono aver Dante scritto per necessit\u00e0 della rima. Ma a\nbuon conto lici<\/b> scrisse prima di Dante e fuor di rima anche Ser\nBrunetto nel suo Pataffio cap. 7, e se non trovasi adoprato da\naltri anche il quici<\/i><\/b> di per se, trovasi adoprato unitamente ad\naltre particelle. Quicentro<\/i> per qui entro<\/i> scrive il\nBoccaccio [Giorn. 4 nov. 1], e quiciritta<\/i> in luogo di\nquiritta<\/i> scrive pur Ser Brunetto [Pataff.<\/i> cap. 8]. Qu\u00ec, l\u00ec,\ncost\u00ec<\/i> [insegnano i Deputati al Boccaccio] ed altre di questa\nmaniera, sono voci semplici, che servono a luogo; ed a queste\naggiugniamo la sillaba ci<\/i>, come i Latini e i Greci danno certe\naggiunte alle loro, e se ne fa quici, lici, costici<\/i> [Giorn. 4\nnov. 1].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Lici <\/em>e quici<\/i> per lì<\/i> e quì<\/i>, il Cinonio ed il Venturi dicono aver Dante scritto per necessità della rima.  Ma a buon conto lici<\/b> scrisse prima di Dante e fuor di rima anche Ser Brunetto nel suo Pataffio cap. 7.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q366328","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/pataffio","LuogoFonte":"VII","NotaFonte":"Il verso citato si legge a p. 127 dell'ed. settecentesca (Napoli, a spese di Tommaso Chiappari, 1788).\r\nL'attribuzione del Pataffio a Brunetto \u00e8 infondata: cfr. https:\/\/www.treccani.it\/enciclopedia\/brunetto-latini_(Dizionario-Biografico)\/.\r\nIl riferimento al Pataffio \u00e8 mediato dal Vocabolario della Crusca: cfr. http:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=LICI","TestoFonte":"Mi disse la Giudea, che lici accasa.","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=DpfOVkYwOHkC&printsec=frontcover&dq=brunetto+latini+pataffio&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&sa=X&redir_esc=y#v=onepage&q=accasa&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64","from":6520.0,"to":6521.0,"NomeAutore":"Brunetto Latini","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"e sprazzare<\/i> adoprarono molto gli antichi\nal significato medesimo di spruzzo<\/i> e spruzzare<\/i> [Vedi 'l\nVocab. della Cr.].  Lo sprazzo adunque o sia lo spruzzo intendi\ndell'acqua, che dall'alta roccia<\/i> cadendo si spandeva su per le\nfoglie del detto albero [Canto prec. v. 131 e segg.].  N\u00e8 dee poi\nsembrare strano, che ad uno sprazzo d'acqua, e d'acqua pure [Vedi\ni precitati versi del canto prec.] attribuisca Dante odore. \nOdorem aquae<\/i> commemora pure la scrittura sacra nel libro di\nGiobbe [Cap. 14 v. 9]; e spruzzandosi d'acqua un albero od altro\ncorpo che abbondi di particelle volatili, se non si fa l'acqua\nsentire all'odorato per se stessa, si fa sentire per le\nparticelle che dal corpo fa volare.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Lo sprazzo adunque o sia lo spruzzo intendi dell'acqua, che dall'alta roccia<\/i> cadendo si spandeva su per le foglie del detto albero [Canto prec. v. 131 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXII 131-138","NotaFonte":"","TestoFonte":"un alber che trovammo in mezza strada,
con pomi a odorar soavi e buoni;
e come abete in alto si digrada
di ramo in ramo, così quello in giuso,
cred'io, perché persona sù non vada.
Dal lato onde 'l cammin nostro era chiuso,
cadea de l'alta roccia un liquor chiaro
e si spandeva per le foglie suso.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=56&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"68","from":23107.0,"to":23108.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"e caccer\u00e0\npi\u00f9 a fondo Bonifazio VIII d'Anagni, detto anticamente Alagna<\/b>\n[Vedi anche Gio. Villani in pi\u00f9 luoghi, esempigrazia lib. 8 cap.\n63]. Di cotal detrusione vedi il precitato canto Inf. XIX, 76 e\nsegg.\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Anagni, detto anticamente Alagna <\/b>[Vedi anche Gio. Villani in più luoghi, esempigrazia lib. 8 cap. 63]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"IX 64","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 337 (VIII 63), dove si legge \"Alagna\".","TestoFonte":"menarono il trattato segreto di fare pigliare in Anagna papa Bonifazio","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"148","from":30380.0,"to":30388.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"e ci\u00f2 che ti tiuscir\u00e0 pi\u00f9\ninsopportabile — sar\u00e0 la compagnia<\/b> ec. la compagnia de'\ncittadini, co' quali tu sarai cacciato, e caderai in questa\nvalle<\/b>, cio\u00e8 in questa bassezza, la qual io ti pred\u00ecco: perch\u00e8\nquesta compagnia malvagia e scempia<\/b>, cio\u00e8 divisa\n[metaforicamente per discorde<\/i> [Dell'aggettivo scempio<\/i> a senso\ndi disunito<\/i> e diviso<\/i>, al contrario di accoppiato<\/i> ed\nunito<\/i>, vedine esempi di Dante stesso e d'altri scrittori nel\nVocabolario della Crusca e tra il diviso<\/i> di luogo, e 'l\ndiviso<\/i> di parere, o sia il discorde<\/i>, ne vede ognuno\nl'analogia]], si far\u00e0 contra te.  Fin qu\u00ec il Landino felicemente. \nNon per\u00f2 con uguale felicit\u00e0, n\u00e8 esso, n\u00e8 altri, comentando\nquello che siegue, ma poco appresso Ella, non tu, n'avra' rossa<\/i><\/b>\n[rotta<\/i><\/b> legge la Nidobeatina] la tempia.  Di sua bestialitade il\nsuo processo Far\u00e0 la pruova s\u00ec ch'a te<\/b> ec.  Ma poco tempo di poi\n[ecco il Landino] essa, e non tu, ne ricever\u00e0 vergogna e danno. \nE qu\u00ec predice la cruda morte di messer Corso Donati.  Il processo\nne' loro governi sar\u00e0 la pruova della loro bestialit\u00e0, in forma\nche a te sar\u00e0 bello ed onorevole partirti da loro.  Questo\nintende pe' Cerchi; perciocch\u00e8 messer Vieri de' Cerchi fu molto\nostinato nell'inimicizie, ch'avea con messer Corso: n\u00e8 mai lo\npot\u00e8 Papa Bonifacio placare, e ridurlo in concordia con gli\navversari.  Onde non pass\u00f2 tre anni che i Cerchi caddero in gran\ncalamit\u00e0.  Adunque sar\u00e0 savio consiglio di Dante lasciarli, e\nviver lontano d'ogni parte.  Cos\u00ec 'l Landino.\n\n\tMa, dich'io, che hanno domin a far qu\u00ec, e la cruda morte\ndi Corso Donati, e l'ostinazione di Vieri de' Cerchi contra le\npersuazioni di Papa Bonifazio, e la calamit\u00e0 in cui i Cerchi\nmedesimi conseguentemente caddero?  Corso Donati non solamente\nnon fu della compagnia<\/b> di Dante, cio\u00e8 de' Bianchi, ma fu anzi\nil capo di parte Nera [Giovan Villani cron. lib. 8 cap. 41]. \nVieri poi de' Cerchi fu della compagnia<\/b> bens\u00ec, ma fu un solo, e\nnon come Dante dice tutta<\/b> la compagnia; e la di lui durezza\ncontra le persuasioni di Papa Bonifazio fu un fatto che avvenne\nnel 1300 [Il medesimo Villani lib. 8 cap. 38], due anni prima che\nla parte Bianca con insieme Dante fosse di Firenze cacciata: e\nfinalmente per quanto fosse grande la calamit\u00e0 in cui i Cerchi\ncadessero, non pare che potesse riputarsi Dante in miglior\nessere; il quale di se medesimo confessa di essere dopo l'esilio\nstato costretto di andar per l'Italia peregrino quasi\nmendicando<\/i>, e di essere stato legno senza vela, e senza\ngoverno, portato a diversi porti, e foci, e liti<\/i> [Convito tratt.\nI cap. 3].\n\n\tDella medesima ostinazione di Vieri de' Cerchi contro\nPapa Bonifazio forma la sua chiosa a questo passo Benvenuto da\nImola [Comento Latino nel tomo I delle Antichit\u00e0 Italiane del\nMuratori]; ed il Venturi unendo allo stesso Vieri altri, senza\nistruirci onde se gli prenda, intende<\/i>, dice, de' principali\nfuorusciti, ma spezialmente di Vieri de' Cerchi uno de' pi\u00f9\npotenti e impegnati della fazione Ghibellina; i quali usarono per\nsostenersi una condotta da vergognarsene<\/i>: e peggio finalmente\nsalta il comento della Nidobeatina a ricercare la compagnia<\/i><\/b> a\nDante ingrata ed empia<\/b> tra i cortigiani del gran Lombardo<\/i><\/b>\n{v.72}, presso del quale era per ottenere il primo ostello<\/i>\n{v.70}.\n\n\tIo per me, adunque, dicendoci 'l Landino, e confermandoci\nl'antico comento che a Pietro figliuol di Dante si ascrive, come\npassasse Dante a stanziare in Verona mentre signoreggiava in\nquella citt\u00e0 Bartolommeo della Scala [Dicendo quod ibit ad illos\nde la Scala dominante tunc Domino Bartholommeo de dicta domo,\nportante aquilam super scalam in armatura.<\/i>  Cos\u00ec nel suddetto\ncomento, si versi che immediatamente sieguono a quelli che qu\u00ec\ntrattiamo, riferisce scritto l'autore della Serie d'Aneddoti<\/i>\nstampati in Verona nel 1786 cap. 5], ch'\u00e8 quanto a dire, prima\ndel Marzo, od al pi\u00f9, del Maggio del 1304 anno in cui quel\nprincipe mor\u00ec [Girolamo della Corte Istoria di Verona lib. 10],\nentro in sospetto, che falli Lionardo Aretino nella vita di Dante\na credere che si trovasse il Poeta insieme cogli altri Bianchi\nesuli, nell'assalto che indarno, e con molta loro mortalit\u00e0\ndiedero a Firenze nel luglio del medesimo anno 1304 [Gio. Villani\nCronologia lib. 8 cap. 72]; e dubito che appunto per la\ndissensione, di cui qu\u00ec favella, partito essendosi Dante da\nquella sua compagnia prima del detto attentato, facciasi perci\u00f2\nda Cacciaguida predire Ella, non tu, n'avra' rotta la tempia<\/i><\/b>,\nn'andr\u00e0 col capo rotto nella battaglia; e che Di sua\nbestialitade il suo processo Far\u00e0 la pruova<\/b> vaglia lo stesso\nche, l'esito della battaglia prover\u00e0 quanto fosse bestiale\nquell'attentato.<\/i><\/b>\n\n\tRiferisce l'Aretino suddetto, che l'esercito de' Bianchi\nprima di quell'attentato contra Firenze appostatosi ad Arezzo\ncre\u00f2 suo capitano il conte Alessandro da Romena, e dodici\nConsiglieri, del numero de' quali fu Dante.<\/i>  Forse per averlo\ntrovato scritto tra' consiglieri credette l'Aretino restasse\nDante in quell'esercito fino alla battaglia: ma forse ancora\nperch\u00e8 contraddetto ne' suoi consigli Dante, di spirito\npresumente anzi che no [E noto quel parlare che riferisce tra gli\naltri 'l Landino nella vita di Dante essersi inteso da lui fatto\nsotto voce dicendo, allor quando dalla Fiorentina repubblica fu\ndestinato ambasciatore a Roma: S'io sto chi va? e s'io vo chi\nsta<\/i>?], erasi ritirato.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Corso Donati non solamente non fu della compagnia<\/b> di Dante, cioè de' Bianchi, ma fu anzi il capo di parte Nera [Giovan Villani cron. lib. 8 cap. 41]. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"IX 42","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 316 (VIII 41).","TestoFonte":"il Comune e 'l popolo si turbò forte, e fune fatta inquisizione per la signoria, onde messer Corso Donati che n'era capo<\/strong> fu condannato nell'avere e persona","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61-69","from":16610.0,"to":16614.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"e delle virt\u00f9.  Ulisse non era di\nquelli che viaggiano per veder qui tutto nero, l\u00e0 tutto bianco. \nIl savio viaggiatore (dice l'Ecclesiastico, XXXIX, 5) «bona et\nmala in hominibus tentabit.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"E del valore<\/b>, e delle virtù. Ulisse non era di quelli che viaggiano per veder qui tutto nero, là tutto bianco. Il savio viaggiatore (dice l'Ecclesiastico, XXXIX, 5) «bona et mala in hominibus tentabit.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q155980","LuogoFonte":"Siracide XXXIX, 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"In terram alienigenarum gentium pertransiet;
bona enim et mala in hominibus tentabit.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiasticus_lt.html#39","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"99","from":25461.0,"to":25464.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Siracide"}, {"Annotazione":"e di aromati si costituisce\nquel rogo, dov'essa ad un punto muore e rinasce. Ultime<\/b>\naccenna alla morte; fasce<\/b> alla vita novella. Ovidio, Metam.,\nXV: «Simul ac... nardi lenis aristas... cum fulva substravit...\nmyrrha, Se super imponit, finitque in odoribus aevum.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"E nardo e mirra<\/strong> ec., e di aromati si costituisce quel rogo, dov'essa ad un punto muore e rinasce. Ultime <\/b>accenna alla morte; fasce<\/b> alla vita novella. Ovidio, Metam., XV: «Simul ac... nardi lenis aristas... cum fulva substravit... myrrha, Se super imponit, finitque in odoribus aevum.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"Metamorphoseon libri XV, 398-400","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quo simul ac casias et nardi lenis aristas
quassaque cum fulva substravit cinnama murra,
se super imponit finitque in odoribus aevum.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D15%3Acard%3D335","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"111","from":23310.0,"to":23314.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"e dopo cotal mia insinuazione\nti fu concesso di udire da Piccarda, che Gostanza violentemente\nsvelata, ritenne l'affetto del monastico velo. Vedi nel\nprecedente canto v. 115 e segg.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"Vedi nel precedente canto v. 115 e segg.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. III 115-117","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma poi che pur al mondo fu rivolta
contra suo grado e contra buona usanza,
non fu dal vel del cor già mai disciolta.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=70&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97-98","from":3601.0,"to":3604.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"e il detto spazio girante tra\nil pi\u00e8 della ripa ed il pozzo, ha il suo fondo scompartito in\ndieci grandissime fosse circolari e concentriche. — Si disputa\nmolto se valli<\/b> sia plurale di valle<\/i> o di vallo.<\/i> Per\nvallo<\/i> in sostanza non si allega altro che la concordanza col\nquelli<\/i> del v. 13; dove a me pare si possa benissimo\nsottintendere il pi\u00f9 prossimo possi<\/i> del v. 11. Per valle<\/i>\nsta tutto il contesto, e Dante medesimo, che dopo trattato della\nprima di queste bolge, dice nel v. 98: Si disputa molto se valli<\/b> sia plurale di valle<\/i> o di vallo.<\/i> Per vallo<\/i> in sostanza non si allega altro che la concordanza col quelli<\/i> del v. 13; dove a me pare si possa benissimo sottintendere il più prossimo fossi<\/i> del v. 11. Per valle<\/i> sta tutto il contesto, e Dante medesimo, che dopo trattato della prima di queste bolge, dice nel v. 98: «E questo basti della prima valle.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVIII, 11-13","NotaFonte":"","TestoFonte":"più e più fossi<\/strong> cingon li castelli,
la parte dove son rende figura,
tale imagine quivi facean quelli<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=18","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"9","from":16514.0,"to":16522.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"e il mio\nconduttore rimont\u00f2 ed aiut\u00f2 me a rimontare su per quelle stesse\npietre sporgenti che ci avevano prima servito di scala a\nscendere. Ved. nota 81 al C. XXIV. — Borni.<\/b> Propriamente le\npietre fitte in terra a segnare i confini de' campi (franc.\nbornes<\/i>). Ma potrebbe anch'esser plurale di bornio<\/i>, che\ninsieme al suo dimin. borniolo<\/i> si disse dagli antichi per\nbitorzolo, bernoccolo. — Mee<\/i><\/b>, me: ved. nota 141 al C. II.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"e su per le scalee Che<\/strong> ec., e il mio conduttore rimontò ed aiutò me a rimontare su per quelle stesse pietre sporgenti che ci avevano prima servito di scala a scendere. Ved. nota 81 al C. XXIV.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIV, 81","NotaFonte":"","TestoFonte":"e poi mi fu la bolgia manifesta","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=24&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"13-15","from":24820.0,"to":24826.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"e mi abbracci\u00f2. — La stessa\nparola in rima, ma con significato diverso. Cfr. XVII, 96.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
e mi abbracciò.  — La stessa parola in rima, ma con significato diverso.  Cfr. XVII, 96.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno XVII, 94-96","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma esso, ch'altra volta mi sovvenne
ad altro forse, tosto ch'i' montai
con le braccia m'avvinse e mi sostenne;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=17","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"24","from":22680.0,"to":22684.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"e non partivano gli occhi dalle\nloro tasche, quasi pascendosi di quella vista si cara. Eccles.,\nIV, 8: «Nec satiantur oculi ejus divitiis.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"E quindi par<\/strong> ec., e non partivano gli occhi dalle loro tasche, quasi pascendosi di quella vista si cara. Eccles., IV, 8: «Nec satiantur oculi ejus divitiis.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131072","LuogoFonte":"Ecclesiaste IV, 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"unus est et secundum non habet, non filium, non fratrem, et tamen laborare non cessat, nec satiantur oculi eius divitiis<\/strong>, nec recogitat dicens: “ Cui laboro et fraudo animam meam bonis?”. In hoc quoque vanitas est et occupatio pessima.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiastes_lt.html#4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"57","from":15872.0,"to":15875.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Qoelet"}, {"Annotazione":"e non serb\u00f2 la promessa fatta al suo\ndefunto marito Sicheo, di non consentire ad altre nozze. AEn.\nIV: «Non servata fides cineri promissa Sichaei.» E Guido da\nPisa: «Rompeo fede alla cenere di Sicheo.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
e non serbò la promessa fatta al suo defunto marito Sicheo, di non consentire ad altre nozze.  Aen. IV: «Non servata fides cineri promissa Sichaei.» <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis IV, 552","NotaFonte":"","TestoFonte":"Non servata fides cineri promissa Sychaeo","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D4%3Acard%3D522","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"62","from":4419.0,"to":4421.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"e per bere di una limpida\nfonte neppur tu ti faresti molto pregare.  Narciso, specchiandosi\nnell'acqua, s'innamor\u00f2 della propria immagine fino a morirne.\nOvidio, Metam. III.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"E per leccar<\/b> ec., e per bere di una limpida fonte neppur tu ti faresti molto pregare. Narciso, specchiandosi nell'acqua, s'innamorò della propria immagine fino a morirne. Ovidio, Metam. III.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"Metamorphoseon libri III, 405-434","NotaFonte":"","TestoFonte":"Fons erat inlimis, nitidis argenteus undis,
quem neque pastores neque pastae monte capellae
contigerant aliudve pecus, quem nulla volucris
nec fera turbarat nec lapsus ab arbore ramus.
Gramen erat circa, quod proximus umor alebat,
silvaque sole locum passura tepescere nullo.
Hic puer, et studio venandi lassus et aestu,
procubuit faciemque loci fontemque secutus.
dumque sitim sedare cupit, sitis altera crevit.
Dumque bibit, visae correptus imagine formae
spem sine corpore amat: corpus putat esse, quod unda est
adstupet ipse sibi, vultuque inmotus eodem
haeret, ut e Pario formatum marmore signum.
Spectat humi positus geminum, sua lumina, sidus
et dignos Baccho, dignos et Apolline crines
impubesque genas et eburnea colla decusque
oris et in niveo mixtum candore ruborem,
cunctaque miratur, quibus est mirabilis ipse.
Se cupit imprudens et qui probat, ipse probatur,
dumque petit, petitur, pariterque accendit et ardet.
Inrita fallaci quotiens dedit oscula fonti!
In mediis quotiens visum captantia collum
bracchia mersit aquis, nec se deprendit in illis!
Quid videat, nescit: sed quod videt, uritur illo,
atque oculos idem, qui decipit, incitat error.
Credule, quid frusta simulacra fugacia captas?
quod petis, est nusquam; quod amas, avertere, perdes.
Ista repercussae, quam cernis, imaginis umbra est:
nil habet ista sui; tecum venitque manetque,
tecum discedet, si tu discedere possis.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D3%3Acard%3D337","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"128-129","from":29714.0,"to":29717.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"e per la natura del\nmonte sopraddetta, tale che quanto uom pi\u00f9 va su, e men fa male<\/i>\n[Purg. IV, 88 e segg.], e molto pi\u00f9 per aver inteso, che in cima\nad esso monte riveder doveva l'amata Beatrice.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
per la natura del monte sopraddetta, tale che quanto uom più va su, e men fa male <\/i>[Purg. IV, 88 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IV 88-95","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ed elli a me: \"Questa montagna è tale,
che sempre al cominciar di sotto è grave;
e quant'om più va sù, e men fa male.
Però, quand'ella ti parrà soave
tanto, che sù andar ti fia leggero
com'a seconda giù andar per nave,
allor sarai al fin d'esto sentiero;
quivi di riposar l'affanno aspetta.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=38&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"50","from":5337.0,"to":5342.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"e poich\u00e8 ebbi dismontato<\/i> parte\ndell'anzidetto muro (v. 73), distinsi il contenuto della bolgia. \nScesero mediante i rocchi sporgenti dalla ripa, come\nespressamente dir\u00e0 nel C. XXVI, 14; ma non pi\u00f9 di quanto\nbisognasse per vedere ed udire, perocch\u00e8 la bolgia brulicava\ntutta di orribili serpi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"E poi mi fu<\/strong> ec., e poichè ebbi dismontato<\/i> parte dell'anzidetto muro (v. 73), distinsi il contenuto della bolgia. Scesero mediante i rocchi sporgenti dalla ripa, come espressamente dirà nel C. XXVI, 14","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVI, 14","NotaFonte":"A differenza di Petrocchi, Andreoli legge in questo punto \"che n'avean fatte i borni a scender pria\".","TestoFonte":"che n'avea fatto iborni a scender pria","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=26","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"81","from":23100.0,"to":23104.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"e quando i\nLongobardi vessarono Italia e la santa Chiesa, l'Imperator Carlo\nMagno sotto a le sue ali<\/b>, sotto l'insegna dell'Aquila,\nvincendo la soccorse.<\/b>\n\n\tPare per\u00f2 [dice il Venturi] che Dante confonda un poco\nqu\u00ec i tempi, n\u00e8 segua una Cronologia molto esatta;\nconciossiacosach\u00e8 quando Carlo Magno nel 774 estinse il Regno de'\nLongobardi, era di gi\u00e0 presso a tre secoli mancata in occidente\nla dignit\u00e0 imperiale, risorta poi l'anno 800 nella sua persona.\n\n\tAbbench\u00e8 [se gli risponde] nell'anno 800, oppure,\ncom'altri dicono, 801 [Chron. Sigeberti et Ottonis Frising.<\/i>]\nfosse Carlo Magno coronato Imperatore; nondimeno nel 773\nAdrianus Papa<\/i> [scrive Sigeberto nella sua Cronica] cum\nuniversali Synodo dedit ei ius eligendi Pontificem, et ordinandi\nApostolicam sedem, dignitatem quoque Principatus.<\/i> Tanto pot\u00e8 a\nDante bastare per dire che vincesse Carlo Magno i Longobardi\nsotto l'ali dell'Aquila.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Abbenchè [se gli risponde] nell'anno 800, oppure, com'altri dicono, 801 [Chron. Sigeberti et Ottonis Frising.<\/i>] fosse Carlo Magno coronato Imperatore<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q670819","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/chronica","LuogoFonte":"801","NotaFonte":" PL 160, 0152C","TestoFonte":"Romani, qui ab imperatore Constantinopolitano jamdiu animo desciverant, nunc accepta occasionis opportunitate, quia mulier excecato imperatore Constantino filio suo eis imperabat, uno omnium consensu Karolo regi imperatorias laudes acclamant, eumque per manum Leonis papae coronant, caesarem et augustum appellant","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=10706&text=10706:1.45","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-96","from":5608.0,"to":5626.0,"NomeAutore":"Sigeberto di Gembloux","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"e quando mi fu' io da\nBeatrice rivoltato — e furon tocchi Li miei<\/b>, intendi, occhi<\/i>\n{v.11} [Dopo appena detto ne' begli occhi<\/i> di Beatrice, dee li\nmiei<\/i><\/b> intendersi valer quanto li miei occhi<\/i><\/b>] da ci\u00f2 che pare\nin quel volume<\/b> e furono gli occhi miei mossi da quel Dio, che in\nfigura, come in appresso dir\u00e0, di lucidissimo punto apparisce\nquale centro di tutti i cieli in mezzo ad essi — Quandunque nel\nsuo giro ben s'adocchi<\/b>, ogniqualvolta il moto de' medesimi cieli\nben si consideri.  Allude a quel del salmo Caeli enarrant\ngloriam Dei<\/i> [Psalm.<\/i> 18].\n\n\tMalamente il Venturi, che tratto tratto contraddice al\nd'Aquino, si unisce qu\u00ec al di lui parere, che per quel volume<\/i><\/b>\nsi abbiano a intendere gli occhi della stessa Beatrice.  Per\nesser proprio<\/i><\/b> [dicono d'accordo ambedue i chiosatori]\ndell'occhio il girare e volgersi, non \u00e8 improprio il dirsi\nvolume.<\/i>\n\n\tPi\u00f9 proprio per\u00f2, dico io primieramente, il girare e\nvolgersi \u00e8 de' cieli: anzi talmente pi\u00f9 proprio, che per tale\nriguardo appella il Poeta anche altrove [Parad. XXXIII vers. 112]\ni cieli stessi volumi.<\/b> \n\n\tPoi, se dal riguardare negli occhi di Beatrice dicesi\nDante rivolto come colui che dallo specchio rivolgesi allo\nspecchiato obbietto, come ci entrer\u00e0 qu\u00ec di nuovo il volume degli\nocchi di Beatrice?\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Allude a quel del salmo Caeli enarrant gloriam Dei<\/i> [Psalm.<\/i> 18].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"XIX (XVIII) 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Caeli enarrant gloriam Dei,","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%2019","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"13-15","from":27472.0,"to":27477.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"},
{"Annotazione":"e quanto appartiene a questo secondo\ndubbio — \u00e8 uopo che ben si distingua<\/i>, intendi~, in qual\ngenere di persone siasi detto Salomone impareggiabile.  Vedi 'l\ncitato canto XIII.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
è uopo che ben si distingua<\/i>, intendi, in qual genere di persone siasi detto Salomone impareggiabile.  Vedi 'l citato canto XIII<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XIII 103-109","NotaFonte":"","TestoFonte":"Onde, se ciò ch'io dissi e questo note,
regal prudenza è quel vedere impari
in che lo stral di mia intenzion percuote;
e se al \"surse\" drizzi li occhi chiari,
vedrai aver solamente respetto
ai regi, che son molti, e ' buon son rari.
Con questa distinzion prendi 'l mio detto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=80","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"27","from":10303.0,"to":10311.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"e si rifece incontanente\nquel medesimo spirito di prima. — Di butto<\/b>, di botto: ved.\nnota 45 al C. X.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Di butto<\/b>, di botto: ved. nota 45 al C. X.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. X, 45","NotaFonte":"Nel passo indicato Andreoli legge \"soso\" laddove Petrocchi reca \"suso\".","TestoFonte":"ond'ei levò le ciglia un poco in suso","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":23268.0,"to":23275.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"ecc; avea detto (v. 64) che le\ncappe eran di fuor dorate<\/i>; rancio<\/i>, per arancio<\/i> alcuni\nderivano dal lat. aurantius<\/i>, dorato, il dor\u00e9<\/i> de' Francesi\n(onde l'arancia, che \u00e8 di color simile a quello dell'oro, da'\nLatini \u00e8 detta malum aurantium<\/i>).  Cos\u00ec il Poeta chiama rancio<\/i>\nil color giallo in che si trasmuta l'aurora nel suo ultimo\nstadio, poco prima del nascer del Sole (cf. Purg.<\/i><\/b>, II, 7-9). \n— Li pesi<\/b> ecc.; son le cappe di piombo, e le bilance<\/b> son le\nspalle di que' meschini, che le indossano; le quali spalle pel\nsoverchio del peso, si piegan sotto e cigolano, come le bilance\nsovraccariche stridono.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Così il Poeta chiama rancio <\/i>il color giallo in che si trasmuta l'aurora nel suo ultimo stadio, poco prima del nascer del Sole (cf. Purg.<\/i>, II, 7-9). <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. II, 7-9","NotaFonte":"","TestoFonte":"sì che le bianche e le vermiglie guance,
là dov'i' era, de la bella Aurora
per troppa etate divenivan rance.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=36","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100-102","from":22163.0,"to":22166.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"ed egli sar\u00e0 nato tra' monti\nFeltrii, sar\u00e0 nativo della Faggiuola, castello infra gli\nalpestri dominii de' signori di Montefeltro, situati tra Urbino e\nle sorgenti del Tevere (XXVII, 29-30).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
ed egli sarà nato tra' monti Feltrii, sarà nativo della Faggiuola, castello infra gli alpestri dominii de' signori di Montefeltro, situati tra Urbino e le sorgenti del Tevere (XXVII, 29-30).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVII, 29-30","NotaFonte":"","TestoFonte":"ch’io fui d’i monti là intra Orbino
e ’l giogo di che Tever si diserra","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=27&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":761.0,"to":764.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"ed in unit\u00e0 di\npersona unite essa<\/i> divina natura e la natura umana. Persona<\/i>,\noltre della Nidobeatina ed altre edizioni~, leggono pi\u00f9 di\ntrenta mss. veduti dagli Accademici della Crusca edl il senso \u00e8\nchiaro e secondo la fede~, che insegna essere in Ges\u00f9 Cristo due\nnature~, divina~, ed umana in unit\u00e0 di persona. All' opposto\nleggendosi con l'edizione degli Accademici della Crusca~, e con\nle moderne seguaci~, sustanzia<\/i> in luogo di persona<\/i> verremmo\nad espressamente contraddire alle parole del simbolo volgarmente\nascritto a s. atanagio~, Unus omnino<\/i>, non confusione\nsubstantiae<\/i>, sed unitate personae.<\/i>\n\n\tSo che il Volpi ed il Venturi spiegano sustanzia<\/i> per\nipostasi<\/i>, o persona<\/i>: ma credo non abbiano essi per questa\nloro interpretazione altro fondamento che di sapere che Dante era\ncattolico~, e che loda Giustiniano Imperatore perch\u00e8 si tolse\ndall'Eutichisno erore~, per cui credeva prima Una natura in\nCristo esser<\/i>, non pi\u00f9e<\/i> [Par. 6. 15.]. Furonvi bens\u00ec gli\nAriani~, che sotto il vocabolo d' ipostasi<\/i>, vollero inteso\nsostanza<\/i> [Vedi Natal Alessandro Hist. Eccl. saecul.<\/i> IV.\ndiss. 35.~]; ma non trovo cattolico~, che volesse detto\nsostanza<\/i> per ipostasi<\/i>, o persona.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
All' opposto leggendosi con l'edizione degli Accademici della Crusca~, e con le moderne seguaci, sustanzia<\/i> in luogo di persona<\/i> verremmo ad espressamente contraddire alle parole del simbolo volgarmente ascritto a s. Atanagio, Unus omnino<\/i>, non confusione substantiae<\/i>, sed unitate personae.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/explanatio-symboli-apostolici","LuogoFonte":"","NotaFonte":"PL 213, 0746B","TestoFonte":"Unus omnino non confusione substantiae, sed unitate personae.","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=\/&text=11802:1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"27","from":12277.0,"to":12285.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"egli sembra; cos\u00ec la\nNidobeatina ove l'altre edizioni I' cominciai: \u00e8 par<\/i>  — O\nluce mia<\/b>, Virgilio, perocch\u00e8 rischiaravalo in ogni dubbio.  —\nespresso<\/b> per espressamente<\/i><\/b> — in alcun testo<\/i><\/b>,\nl'indeterminato pe 'l determinato testo dell'Eneide lib. 6 ove\ncio\u00e8 a Palinuro, che pregava Enea a seco condurlo al di l\u00e0 del\nfiume Stige, fa rispondere dalla Sibilla\n\n     Desine fata De\u00fbm flecti sperare precando<\/i> \n     [Vers. 376].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
in alcun testo<\/b>, l'indeterminato pe 'l determinato testo dell'Eneide lib. 6 ove cioè a Palinuro, che pregava Enea a seco condurlo al di là del fiume Stige, fa rispondere dalla Sibilla \r\n     Desine fata Deûm flecti sperare precando<\/i> \r\n     [Vers. 376].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI 376","NotaFonte":"","TestoFonte":"Desine fata deum flecti sperare precando.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+6.376&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"28-30","from":5174.0,"to":5195.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"ellissi; vale, qual<\/b> erano\nin suo parlare Temi, e Sfinge.<\/b>  Temi dea della giustizia\nsceglie Dante a questo paragone per l'oscurit\u00e0 degli oracoli che\nrendeva: come, tra gli altri, quando a Deucalione e Pirra, in\nvece di dire che pigliando dei sassi se li gettassero dietro le\nspalle, disse\n\n     Ossaque post tergum magnae iactate parentis<\/i>\n      [Ovidio Met.<\/i> I, 383].\n\nLa Sfinge poi, per gli oscurissimi enimmi che proponeva altrui a\nsciogliere: de' quali il pi\u00f9 celebre fu quello scioltole da\nEdipo, qual sia l'animale che ora con quattro, ora con due, ora\ncon tre piedi cammina — men ti persuade<\/i><\/b>, meno ti si fa capire.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Temi <\/strong>dea della giustizia sceglie Dante a questo paragone per l'oscurità degli oracoli che rendeva: come, tra gli altri, quando a Deucalione e Pirra, in vece di dire che pigliando dei sassi se li gettassero dietro le spalle, disse\r\n     Ossaque post tergum magnae iactate parentis<\/i>\r\n      [Ovidio Met.<\/i> I, 383].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"I 383","NotaFonte":"","TestoFonte":"ossaque post tergum magnae iactate parentis.”","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:1.348-1.415","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"47","from":33368.0,"to":33372.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
{"Annotazione":"epentesi in grazia della rima, in vece di\nmiro<\/i>, cio\u00e8 tengo presente, mi ricordo: come il medesimo Dante\nscrisse vestigge<\/i> per vestige<\/i>, viddi<\/i> per vidi<\/i>, strenne<\/i>\nper strene<\/i> ec. [Inf. VII, 20 Purg. XXVII, 119, XXXIII, 108]. \nMirro<\/b> spiegano alcuni detto qu\u00ec da mirrare<\/i><\/b>, ungere con mirra,\nche impedisce la corruzione; ed essere figuratamente adoprato per\nconservo, e consacro all'immortalit\u00e0.<\/i>  Non si trovando per\u00f2 del\nverbo mirrare<\/i> altro certo esempio, e ne anche apparendo come\nper un semplice commemorare cotali uomini potesse Giustiniano\npretendere di consacrare la loro fama all'immortalit\u00e0, rendesi\npreferibile la primiera spiegazione.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Mirro <\/strong>epentesi in grazia della rima, in vece di miro<\/i>, cioè tengo presente, mi ricordo: come il medesimo Dante scrisse vestigge<\/i> per vestige<\/i>, viddi<\/i> per vidi<\/i>, strenne <\/i>per strene<\/i> ec. [Inf. VII, 20 Purg. XXVII, 119, XXXIII, 108]. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII 20","NotaFonte":"","TestoFonte":"nove travaglie e pene quant'io viddi?","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46-48","from":5291.0,"to":5292.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"era il Sole\ncongiunto con voi quand'io nacqui in Toscana.  Padre d'ogni\nmortal vita<\/b>, cio\u00e8 d'ogni mortal vivente appella il Sole,\nperocch\u00e8 quasi anima del mondo ha parte nella generazione di\ntutti i terrestri viventi: Sol et homo generat hominem<\/i>,\nriferisce perci\u00f2 detto da Aristotele il Daniello.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sol et homo generat hominem<\/i>, riferisce perciò detto da Aristotele il Daniello.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q868","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1051198","LuogoFonte":"II 2","NotaFonte":"La sentenza si basa su Arist., Phys., II 2. Si \u00e8 riportata la traduzione di Gulielmus de Moerbeka.","TestoFonte":"Homo enim hominem generat ex materia, et sol","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=\/&text=14749:1.2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"115-117","from":22050.0,"to":22056.0,"NomeAutore":"Aristotele","TitoloFonte":"Fisica"},
{"Annotazione":"era nel Sole — del salire<\/i>,\nintendi~, che in esso aveva io fatto<\/i> — non m' accors'io<\/i>, se\nnon ec.<\/i> \u00e8 questo come a dire non m' accors'io niente affatto<\/i>;\nimperocch\u00e8 essendo l' accorgimento un pensiere~, \u00e8 impossibile\nche avanti 'l primo pensiere<\/i> vi sia accorgiento della di lui\nvenuta.  E' il Poeta d'intendimento che s\u00ec esso che Beatrice\nmovessersi di moto istantaneo propriet\u00e0 ch'alcuni teologi ai\ncorpi de' Beati attribuiscono [Vedi tra gli altri s.  Tommaso~,\nAddit.  ad Part.<\/i> 3.  summae<\/i> q. 84.].  Come a questo passo\ns'impiccino gli altri spositori vedilo per te stesso lettore se\nvuoi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
E' il Poeta d'intendimento che sì esso che Beatrice movessersi di moto istantaneo proprietà ch'alcuni teologi ai corpi de' Beati attribuiscono [Vedi tra gli altri s.  Tommaso, Addit.  ad Part.<\/i> 3.  summae<\/i> q. 84.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Scriptum_super_sententiis","LuogoFonte":"lib. 4 d. 44 q. 2 a. 3 qc. 3","NotaFonte":"Per il rimando di Lombardi al Supplementum tertiae partis Summae Theologiae, LXXXIV iii, cfr. https:\/\/archive.org\/details\/operaomniaiussui12thom\/page\/197\/mode\/1up?view=theater","TestoFonte":"Videtur quod moveantur in instanti. Augustinus enim dicit, quod ubicumque voluerit spiritus, ibi erit et corpus. Sed motus voluntatis secundum quem spiritus vult alicubi esse, est in instanti. Ergo et motus corporis erit in instanti. Praeterea, philosophus in 4 Phys. probat, quod si fieret motus per vacuum, oporteret aliquid moveri in instanti: quia vacuum non resistit aliquo modo mobili, resistit autem plenum; et sic nulla proportio esset motus qui fit in vacuo, ad motum qui fit in pleno, in velocitate, cum proportio motuum in velocitate sit secundum proportionem resistentiae quae est in medio. Omnium autem duorum motuum qui fiunt in tempore, oportet esse proportionales velocitates: quia omne tempus omni tempori proportionale est. Sed similiter nullum spatium plenum potest resistere corpori glorioso, quod potest esse cum alio corpore in eodem loco, quocumque modo fiat, sicut nec vacuum alteri corpori. Ergo si movetur, in instanti movebitur. 
Praeterea, virtus animae glorificatae quasi improportionaliter excedit virtutem animae non glorificatae. Sed anima non glorificata movet corpus in tempore. Ergo anima glorificata movet corpus in instanti. 
Praeterea, omne quod movetur aequaliter cito ad propinquum et distans, movetur in instanti. Sed motus corporis gloriosi est talis: quia ad quantumcumque distans spatium movetur tempore imperceptibili; unde Augustinus dicit in quaestionibus de resurrectione, quod corpus gloriosum utraque intervalla pari celeritate pertingit, ut radius solis. Ergo corpus gloriosum movetur in instanti. Praeterea, omne quod movetur, vel movetur in tempore, vel movetur in instanti. Sed corpus gloriosum post resurrectionem non movebitur in tempore: quia tempus jam non erit, ut dicitur Apocal. 10. Ergo motus ille erit in instanti.
Sed contra, in motu locali spatium et motus et tempus simul dividuntur, ut demonstrative probatur in 6 Physic. Sed spatium quod transit corpus gloriosum per suum motum, est divisibile. Ergo et motus divisibilis, et tempus divisibile. Instans autem non dividitur. Ergo et motus ille non erit in instanti. 
Praeterea, non potest esse aliquid simul totum in uno loco; et partim in illo, et partim in alio: quia sequeretur quod altera pars esset in duobus locis simul; quod esse non potest. Sed omne quod movetur, partim est in termino a quo, et partim in termino ad quem, ut demonstratum est in 6 Physic. Omne autem quod motum est totum est in termino ad quem est motus. Ergo non potest esse quod simul moveatur et motum sit. Sed omne quod movetur in instanti, simul movetur et motum est. Ergo motus localis corporis gloriosi non poterit esse in instanti.","UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/snp4043.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"34-36","from":9281.0,"to":9284.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"ergasi e\nrasserenisi ora lo stile mortuale e lugubre, con cui lo regno\ndella morte gente<\/i> ho fin qu\u00ec descritto. Non aver Dante\nricercato nel descriver l'Inferno altro stile che mortuale e\nlugubre, abbastanza ne lo accenna egli medesimo coi primi versi\ndi quel canto XXXII\n\n S'io avessi le rime aspre e chiocce<\/i>,\n Come si converrebbe al tristo buco<\/i> ec.\n\n\tTutti gli altri comentatori vi aggiungono, chi la poesia\ndalla innondata Italia da' barbari rimasa morta e sepolta fino ai\ntempi di Dante, e chi anche il consumo degli spiriti, e 'l\nrifinimento dal medesimo Dante sofferto nel comporre la\nprecedente cantica.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Non aver Dante ricercato nel descriver l'Inferno altro stile che mortuale e lugubre, abbastanza ne lo accenna egli medesimo coi primi versi di quel canto XXXII \r\n     S'io avessi le rime aspre e chiocce<\/i>,\r\n        Come si converrebbe al tristo buco<\/i> ec.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXII 1-2","NotaFonte":"","TestoFonte":"S'ïo avessi le rime aspre e chiocce,
come si converrebbe al tristo buco","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=32","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":40.0,"to":46.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"esploratore verace, Vera spia<\/b> per\nverace spia<\/i> scrive anche Gio. Villani [Stor. lib. 7 cap. 74]. \n\u00c8 in oggi, egli \u00e8 vero, il termine di spia<\/i><\/b> infame: ma convien\nriflettere, che non lo \u00e8 ugualmente il termine, d'esploratore<\/i><\/b>,\nsebbene significhi 'l medesimo; e ci\u00f2 non per altro se non per\nesser questo termine dal volgo poco o niente inteso. Or puossi\nragionevolmente supporre che ai tempi di Dante, vicini all'in\naddietro comune Latino parlare, fosse il termine d'esploratore<\/i>,\nsiccome preso dal Latino, il pi\u00f9 dal volgo inteso che quello di\nspia.<\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vera spia<\/b> per verace spia<\/i> scrive anche Gio. Villani [Stor. lib. 7 cap. 74]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VIII 74","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 240 (VII 74).","TestoFonte":"ciò fia intra tre giorni, secondo m'aporta la mia vera spia<\/strong>","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"84","from":15978.0,"to":15980.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"espresse dal vivo dolore,\ncome quelle di gente che, forte gravata, forte si lamenta, v. 44.\n— Accenti d'ira<\/b>: proferiti da chi ad ira parea mosso, Inf.\nXXIV, 69.  — Voci alte e fioche<\/b>: secondo che il dolore faceva\nstridere que' miseri, o questi ne restavano oppressi e vinti, v.\n33.  — E suon di man<\/b>: ad esse voci aggiungevano suono di mani\npercotendo l'una nell'altra, come fa chi si abbandona alla\ndesolazione.  Giul.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Accenti d'ira<\/b>: proferiti da chi ad ira parea mosso, Inf. XXIV, 69.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIV, 69","NotaFonte":"Scartazzini fa riferimento alla lezione \"ad ira\" , della maggioranza dei manoscritti (e non, invece, \"ad ire\", accolto anche da Petrocchi) ","TestoFonte":"chi parlava ad ira parea mosso","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=24&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"26-27","from":2203.0,"to":2206.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"esprime\nl'atto del notare [giacch\u00e8 ha detto nel canto precedente v. 131\ne ripeter\u00e0 or ora, che va questa fiera notando<\/i>] nel qual atto\nil notatore, mentre le stese ed allargate braccia riunisce, par\nche raccolga a se dell'acqua.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
esprime l'atto del notare [giacchè ha detto nel canto precedente v. 131 e ripeterà or ora, che va questa fiera notando<\/i>] nel qual atto il notatore, mentre le stese ed allargate braccia riunisce, par che raccolga a se dell'acqua.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVI 131","NotaFonte":"","TestoFonte":"venir notando una figura in suso,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=16&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":16222.0,"to":16231.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"esprime efficacemente l'idea \ndell'abbandonarsi, lasciandosi andar gi\u00fa, come la locuzione\nvirgiliana, En.<\/i> XI 565: «dat sese fluvio».\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","FrammentoNota":"
esprime efficacemente l'idea dell'abbandonarsi, lasciandosi andar giú, come la locuzione\r\nvirgiliana, En.<\/i> XI 565: «dat sese fluvio».\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"XI, 564-566","NotaFonte":"","TestoFonte":"At Metabus, magna propius iam urgente caterva,
dat sese fluvio atque hastam cum virgine victor
gramineo donum Triviae de caespite vellit.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus:text:1999.02.0055:book=11:card=557&highlight=dat%2Cfluvio%2Csese","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"44","from":21738.0,"to":21740.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"essendo ancora mortale, and\u00f2\na secolo immortale, al mondo di l\u00e0. — «La tua mirabile donna \u00e8\npartita di questo secolo» (Vita Nuova<\/i>, XXIII, 6).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
essendo ancora mortale, andò\r\na secolo immortale, al mondo di là.  — «La tua mirabile donna è\r\npartita di questo secolo» (Vita Nuova<\/i>, XXIII, 6).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18084","LuogoFonte":"XIV","NotaFonte":"","TestoFonte":"E maravigliandomi in cotale fantasia, e paventando assai, ymaginai alcuno amico che mi venisse a dire: «Or non sai? la tua mirabile donna è partita di questo secolo». Allora cominciai a piangere molto pietosamente; e non solamente piangea nella ymaginatione, ma piangea con gli occhi, bagnandoli di vere lagrime.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Vita_Nova&pb=14","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"14","from":1090.0,"to":1092.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Vita Nuova"},
{"Annotazione":"esseri animati; altrove Dante chiama gli\nuomini: gli animali che natura ha pi\u00f9 cari<\/i>, Purg. XXIX, 137,\n138.  — Sol uno<\/b>, fra tutti gli animai che sono in terra<\/b>, ai\nquali Virgilio non appartiene.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
esseri animati; altrove Dante chiama gli uomini: gli animali che natura ha più cari<\/i>, Purg. XXIX, 137,\r\n138. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIX, 137-138","NotaFonte":"","TestoFonte":"quel sommo Ipocràte che natura
a li animali fé ch'ell'ha più cari","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=63&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"2-3","from":1004.0,"to":1005.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"esule da Roma — sommerse in Cesare\nil dubitare<\/b>, fe che Cesare superasse quella perplessit\u00e0 nella\nquale, ritornando coll'esercito vittorioso dalle Gallie e giunto\nal fiume Rubicone vicino a Rimino, stette alquanto, se a tenore\ndelle leggi deponeva ivi il comando delle armi, o rivolgessele\ncontro la stessa patria Roma, — affermando, che 'l fornito<\/b>,\nche colui, che ha tutto in pronto, sempre sofferse con danno\nl'attendere<\/i>, sempre risent\u00ec danno dall'indugiare l'impresa. \nTolle moras<\/i> [cos\u00ec Lucano fa che parlasse Curione a Cesare in\nquell'incontro] nocuit semper differre paratis<\/i> [Phars.<\/i> lib. I\nv. 281].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
affermando, che 'l fornito<\/b>, che colui, che ha tutto in pronto, sempre sofferse con danno l'attendere<\/i>, sempre risentì danno dall'indugiare l'impresa.   Tolle moras<\/i> [così Lucano fa che parlasse Curione a Cesare in quell'incontro] nocuit semper differre paratis<\/i> [Phars.<\/i> lib. I v. 281]. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"I 281","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tolle moras. Semper nocuit differre paratis.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0917.phi001.perseus-lat1:1.158-1.295","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"97-99","from":27440.0,"to":27441.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"},
{"Annotazione":"etc.  Di sopra disse:\n«di color ferrigno» [{Inf.<\/i>,} XVIII, 2].  Non mi parean meno\nampi, n\u00e8 maggiori<\/b>, etc.  A me pare che questi fori tondi, di\nche parla qui Dante, non fossero in su il suolo della chiesa di\nsan Giovanni; onde i battezzatori potessero attingere acqua per\nbattezzare e nell'uno de' quali cadesse un fanciullo scherzando\ncon altri fanciulli disavedutamente, come dice Cristofano\nLandino; perci\u00f2 che l'acqua del battesimo non si tiene sotto\nterra, n\u00e8 si lascia scoperta.  N\u00e8 parimente posso credere che\nDante intenda delle bigoncie o delle torricelle (nelle quali\nsogliono entrare i preti, a dire le parole del battesimo, quando\nricevono i fanciulli nella chiesa), quattro delle quali dicono\noggi di essere ancora in San Giovanni; conci\u00f2 sia cosa che non\nabbia proporzione, n\u00e8 similitudine niuna simile torricella con\ncos\u00ec fatti fori; n\u00e8 veggo come una persona vi potesse annegare,\nparlando propriamente, o non propriamente, attraversandovisi con\nla persona.  Ma io intendo che al tempo di Dante sopra la fonte o\nil vaso, dove si conserva l'acqua consacrata per lo battesimo in\nSan Giovanni, fosse un coperchio di tavole sottile, nel qual\ncoperchio fossero questi fori; percioch\u00e8 non si battezza in\ntutta la citt\u00e0 e ne' borghi di Firenze se non in questo luogo, e\nvi concorrono molti fanciulli portati a battezzare, e fa bisogno\ndi pi\u00f9 fori, de' quali pi\u00f9 preti possano attingere acqua; li\nquali per aventura dovevano avere ciascuno la sua serratura.  Ora\nci possiamo imaginare che avvenisse che di mano del compare o\ndella comare un fanciullo cadesse in un di questi fori e che\nDante, per aiutarlo, rompesse la tavola e lo traesse fuori\ndell'acqua prima che annegasse.  Dunque di': fatti per luoghi\nde' battezzatori<\/i><\/b>; non perch\u00e8 essi v' entrassono dentro, ma\nperch\u00e8 essi potessono, senza impedirsi l'un l'altro, battezzare\npi\u00f9 fanciulli in un tempo.  L'un de li quali, non \u00e8 ancor\nmolti anni, Ruppi io per un, che dentro v' annegava.<\/i>  Questa \u00e8\nvanit\u00e0 e superfluit\u00e0 a raccontar questo suo fatto, non servendo\nnulla alla similitudine presa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Lodovico Castelvetro 1570","FrammentoNota":"
A me pare che questi fori tondi, di che parla qui Dante, non fossero in su il suolo della chiesa di\r\nsan Giovanni; onde i battezzatori potessero attingere acqua per battezzare e nell'uno de' quali cadesse un fanciullo scherzando\r\ncon altri fanciulli disavedutamente, come dice Cristofano Landino; perciò che l'acqua del battesimo non si tiene sotto\r\nterra, nè si lascia scoperta.<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"","LuogoFonte":"","NotaFonte":"Confuta l'idea espressa da Landino: contra il commento a Inf. XIX 10-30 (vv. 15-18)","TestoFonte":"","UrlFonte":"","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":null,"RSO":"ESTENDE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"13-20","from":17525.0,"to":17529.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"etc.: Ora venendo al testo;\nper due cagioni possiamo dire, che Dante descrive il tempo, nel\nquale ei si riconobbe aver desviato dalla via diritta, secondo\nche in due modi si ponno intender quelle parole: Nel mezzo del\ncammin<\/i> etc.: onde per evidenza di questo dobbiamo sapere, che in\nun modo si chiama mezzo solamente quello, che dista egualmente\ndalli estremi, ed in altro modo si chiama mezzo tutto ci\u00f2 che si\ncomprende intra li estremi.  Intendendo noi adunque il testo di\nDante nel primo modo diremo: nel mezzo del cammin di nostra vita,\ncio\u00e8 nella et\u00e0 circa di trentacinque anni, perocch\u00e8 li\nsettant'anni son reputati esser comune misura della vita umana,\nsecondo che appare per esperienza.  E cos\u00ec intendendo, dico, che\nDante ha descritto questo tempo, acciocch\u00e8 pi\u00f9 credibile appaia\nil suo riconoscimento, dicendo egli, che si sia riconosciuto\nnella et\u00e0 di trentacinque anni, nella qual essendo gi\u00e0 assai\nrefrigerato il fervore delle sensualit\u00e0 giovenili, e cominciando\na valere il giudicio della ragione, non \u00e8 tanto difficile\nall'uomo rittrarsi dalla mala vita, quanto sarebbe stato in et\u00e0\npi\u00f9 giovenile per poco vigor di ragione.  Ancora non \u00e8 tanto\ndifficile correggersi in quella di trentacinque anni, quanto\nsarebbe dippoi in et\u00e0 pi\u00f9 provetta, perocch\u00e8 quanto pi\u00f9 l'uomo\ninvecchia nei vizi, tanto gli \u00e8 maggior difficolt\u00e0 partirsi da\nquelli contrastando la mala usanza.  Per altro modo, intendendo\nesser mezzo ogni tempo fin alla estremit\u00e0 della morte, possiamo\nesporre il testo: nel mezzo del cammin di nostra vita<\/b>, cio\u00e9\ninnanzi che fosse venuto il tempo della morte.  E cos\u00ec troviamo\nesser detto nel canto quindicesimo, ove dice: Mi smarri' in una\nvalle Avanti che l'ora mia fosse piena.<\/i><\/b>  Or, vedute queste due\nsposizioni belle e buone, seguitiamo la sposizione del testo. \nNel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva\noscura, cio\u00e8 nello stato vizioso il qual si pu\u00f2 chiamar selva, e\ndice, ch'ella era oscura, perocch\u00e8 il vizio offusca la mente\ndell'uomo e lo fa viver in oscurit\u00e0, sicch\u00e8 non vede ove vada, n\u00e8\nconsidera quanto bene ei lascia ed in quanto male ei s'inviluppa. \nDice adunque, mi ritrovai in una selva oscura, e soggiunge, come\nsi trov\u00f2 in questa selva, perocch\u00e8 la diritta via era smarrita. \nE questo dice, poich\u00e8 dovendo camminare per lo illuminato monte\ndi virt\u00f9, il qual dritto conduce al termine di felicit\u00e0 umana,\negli aveva tenuto suo cammino per la selvaggia ed oscura valle\nde' vizi.  E nota, ch'ei non dice aver perduta la via, sicch\u00e8 ad\nessa tornar non potesse, ma dice smarrita, quasi a tempo perduta. \n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Guiniforto delli Bargigi 1440","FrammentoNota":"
Per altro modo, intendendo\r\nesser mezzo ogni tempo fin alla estremità della morte, possiamo\r\nesporre il testo: nel mezzo del cammin di nostra vita<\/b>, cioé\r\ninnanzi che fosse venuto il tempo della morte.  E così troviamo\r\nesser detto nel canto quindicesimo, ove dice: Mi smarri' in una\r\nvalle Avanti che l'ora mia fosse piena.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. 15, 49-51","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Là sù di sopra, in la vita serena\",
rispuos'io lui, \"mi smarri' in una valle,
avanti che l'età mia fosse piena.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=15","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-3","from":0.0,"to":4.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"facendo cio\u00e8 cotale\nfossa il primo delli tre gironi<\/i>, ne' quali la di lui scorta<\/b>,\nVirgilio, disse [Inf. XI, 30] distinto<\/i><\/b> quel cerchio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
facendo cioè cotale fossa il primo delli tre gironi<\/i>, ne' quali la di lui scorta<\/b>, Virgilio, disse [Inf. XI, 30] distinto<\/i> quel cerchio.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XI 30","NotaFonte":"","TestoFonte":"in tre gironi è distinto e costrutto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=11","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"54","from":10821.0,"to":10825.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"facendo coi denti quel suono\nche suole la cicogna quando batte la superiore con la inferiore\nparte del becco.  Ovidio, Met., VI; «Crepitante ciconia rostro.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Mettendo i denti<\/b> ec., facendo coi denti quel suono che suole la cicogna quando batte la superiore con la inferiore parte del becco. Ovidio, Met., VI; «Crepitante ciconia rostro.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"Metamorphoseon libri VI, 97","NotaFonte":"","TestoFonte":"ipsa sibi plaudat crepitante ciconia rostro","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D6%3Acard%3D87","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"36","from":31166.0,"to":31169.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
{"Annotazione":"fatto il solito\nmormorio, detto gi\u00e0 nel preced. canto vers. 85 e segg. e nel\npresente Canto vers. 14 e 15  — l'aguta punta mosse<\/b> ec. pur\ncome ne' succennati luoghi si \u00e8 divisato.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Rugghiato al modo suo<\/strong> fatto il solito mormorio, detto già nel preced. canto vers. 85 e segg. e nel presente Canto vers. 14 e 15  — l'aguta punta mosse<\/b> ec. pur  come ne' succennati luoghi si è divisato. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVI 85-89","NotaFonte":"","TestoFonte":"Lo maggior corno de la fiamma antica
cominciò a crollarsi mormorando,
pur come quella cui vento affatica;
indi la cima qua e là menando,
come fosse la lingua che parlasse,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=26","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"58-60","from":26196.0,"to":26200.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"fece segno alla fiera; ma questo\naccennare<\/i> \u00e8 qui atto di tutta autorit\u00e0. — A proda<\/b>, \nall'orlo, alla sponda del burrato. — Vicino al fin<\/b>, presso\nl'estremo lembo dell'argine passeggiato, dove le sponde ferivano\nin traverso al cerchio del burrato. Il Buti legge vicina<\/i><\/b>, \ncio\u00e8, come spiega, «prossimana alla fine dell'argine del fiume\nch'era di pietra.» — Marmi<\/i><\/b>, perch\u00e8 gli argini erano fatti\npietia (Inf.<\/i>, XIV, 83). Ma notisi che pietra era pur fatto il\ncerchio, che girava intorno a quel burrato, come il cerchio o\nlabbro d'un pozzo: tanto ne vien assicurato dal Poeta (vv. 24;\n31-33, e 43-45;)\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Marmi<\/b>, perchè gli argini erano fatti pietra (Inf.<\/i>, XIV, 83).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIV, 83","NotaFonte":"","TestoFonte":"fatt'era 'n pietra, e ' margini dallato","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=14","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"4-6","from":15494.0,"to":15495.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"fecermi conoscere ad\nevidenza, che la giustizia qu\u00ec 'n terra \u00e8 un influsso di quel\ncielo che tu adorni.  Fa, credo, dal cielo di Giove influirsi la\ngiustizia in terra allusivamente alla mitologia, che pone essere\nGiove stato l'institutore de' regi, ed aver loro prescritte le\nmaniere di governare [Vedi Natal Conti Mythol.<\/i> lib. 2 cap. 1]. \nSiccome poi suppone Dante che alle celesti ruote<\/i> torni l'onor\ndell'influenza, e 'l biasmo<\/i> [Par. IV, 58 e segg.], perci\u00f2 dal\nveder egli in Giove molte anime di coloro che\nnell'amministrazione della giustizia nel mondo si segnalarono,\nargomenta, che dal cielo di Giove s'influisca la giustizia in\nterra.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
suppone Dante che alle celesti ruote<\/i> torni l'onor dell'influenza, e 'l biasmo<\/i> [Par. IV, 58 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. IV 58-60","NotaFonte":"","TestoFonte":"S'elli intende tornare a queste ruote
l'onor de la influenza e 'l biasmo, forse
in alcun vero suo arco percuote.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=71&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"116-117","from":17992.0,"to":18004.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"fermati, e\nattendi, e fa che ferisca in te lo sguardo di questi, a' quali,\nperch\u00e8 trottavano secondo il nostro verso, tu non potesti veder\nla faccia. Venturi. Feggia<\/b> da feggere<\/i>, che significa lo\nstesso che fiedere ferire<\/i>, com'\u00e8 detto nel passato canto XV,\n39.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Feggia<\/b> da feggere<\/i>, che significa lo stesso che fiedere ferire<\/i>, com'è detto nel passato canto XV, 39.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XV 39","NotaFonte":"","TestoFonte":"sanz'arrostarsi quando 'l foco il feggia.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=15","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"75-78","from":16983.0,"to":16988.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"figlia dello stesso Laban,\ne seconda moglie del Patriarca Giacobbe, figura della vita\ncontemplativa [Vedi Inf. II, 102] — mai non si smaga<\/b>, non si\nsmarrisce, non si toglie — dal suo miraglio<\/b>, dallo specchio\nsuo, ch'\u00e8 Iddio, tutta occupandosi nella divina contemplazione. \nAmmiraglio<\/i> in vece di miraglio<\/i><\/b> leggono l'edizioni diverse\ndalla Nidobeatina.  Leggono per\u00f2 colla Nidobeatina miraglio<\/b>\nanche ventidue testi manoscritti veduti dagli Accademici della\nCrusca: e non si trovando della voce ammiraglio<\/i><\/b> in significato\ndi specchio<\/i> {v.103} [come certamente qu\u00ec significherebbe] altro\nesempio che questo stesso, perci\u00f2 dubbioso, ragion vuole che\npreferiscasi miraglio<\/i><\/b>, e si lasci ammiraglio<\/i><\/b> altrove scritto\n[Purg. XIII, 154, XXX, 58] a significare capitano d'armata\nnavale.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Rachel <\/strong>figlia dello stesso Laban, e seconda moglie del Patriarca Giacobbe, figura della vita contemplativa [Vedi Inf. II, 102] <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II 102","NotaFonte":"","TestoFonte":"che mi sedea con l'antica Rachele.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"104-105","from":27498.0,"to":27513.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"figliuola di Cinira, re di\nCipro.  Presa da una incestuosa passione verso il padre, con\nl'aiuto della nutrice giunse a sodisfarla, facendosi credere\nun'altra.  Accortosi dell'inganno, Cinira voleva ucciderla; ma\nella fugg\u00ec in Arabia, dove fu convertita nella pianta del suo\nnome.  Nell'Epistola<\/i> ad Arrigo (VII, 24) Firenze \u00e8 detta una\nnovella Mirra: hec Myrra scelestis et impia in Cynirae patris\namplexus exestuans.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
figliuola di Cinira, re di\r\nCipro.  Presa da una incestuosa passione verso il padre, con\r\nl'aiuto della nutrice giunse a sodisfarla, facendosi credere\r\nun'altra.  Accortosi dell'inganno, Cinira voleva ucciderla; ma\r\nella fuggì in Arabia, dove fu convertita nella pianta del suo\r\nnome.  Nell'Epistola<\/i> ad Arrigo (VII, 24) Firenze è detta una\r\nnovella Mirra: hec Myrra scelestis et impia in Cynirae patris\r\namplexus exestuans.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3730666","LuogoFonte":"VII, 24","NotaFonte":"","TestoFonte":"Hec est vipera versa in viscera genitricis; hec est languida pecus gregem domini sui sua contagione commaculans; hec Myrrha scelestis et impia in Cinyre patris amplexus exestuans; hec Amata illa impatiens, que, repulso fatali connubio, quem fata negabant generum sibi adscire non timuit, sed in bella furialiter provocavit, et demum, male ausa luendo, laqueo se suspendit.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Epistole&pb=7&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"38","from":29043.0,"to":29045.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Epistole"},
{"Annotazione":"figliuola di Edipo Re di Tebe. \nCostei fessi guida del cieco suo padre, cacciato in esilio da\nCreonte; per la qual cosa dal tiranno fu fatta morire: ma come\nscrive Sofocle, in una sua tragedia di questo nome, fu seppellita\nviva, per aver data sepoltura al corpo di Polinice suo fratello,\ncontra il regio divieto.  Deifile<\/b>, figliuola d'Adrasto Re degli\nArgivi, moglie di Tideo, uno de' sette capitani, che assediarono\nTebe.  Argia<\/b> altra figliuola del detto Adrasto, moglie di\nPolinice.  Ismene<\/b>, figliuola d'Edipo Re di Tebe, promessa in\nisposa a un certo Cirreo, il quale avanti le nozze fu ucciso da\nTideo.  Quella che mostr\u00f2 Lang\u00eca<\/b>, intendi Isifile figliuola di\nToante Re di Lenno.  Costei essendo stata venduta da' corsari a\nLicurgo di Nemea, fu da lui data nutrice ad un suo figliuolo\nchiamato Ofelte.  Ora, un giorno ch'ella era andata a diporto\nfuori della citt\u00e0, accadde che Adrasto con molti de' suoi, che\nandavano cercando acqua per bere la vide, e pregolla che qualche\nfontana gl'insegnasse; ond'ella, lasciato in terra il fanciullo,\nmostr\u00f2 loro nella selva una fontana chiamata Langi\u00e0.<\/b>  Ritornata\npoi al fanciullo, trov\u00f2 quello essere stato ucciso da un\nserpente.  La figlia di Tiresia<\/b>, cio\u00e8 Manto, donna indovina. \nTiresia<\/b> Tebano, indovino a' suoi tempi molto eccellente. \nTeti<\/b>, dea del mare, madre d'Achille.  Deidam\u00eca<\/b>, flgliuola di\nLicomede Re di Sciro, giovane bellissima.  Volpi.\n\n\tPer la figlia di Tiresia<\/b> Manto anche il Venturi\nintendendo, qu\u00ec Dante<\/i> [critica] fu malamente tradito dalla\nmemoria, ponendo Manto nel Limbo, quando nel canto XX\ndell'Inferno l'aveva posta nella terza bolgia dell'ottavo\ncerchio.<\/i>\n\n\tEsso Venturi per\u00f2 rimase veramente tradito dalla cieca\nsequela degli altri espositori, cadendo con essi nella medesima\nfalsa supposizine, che non avesse Tiresia altra figliula che\nManto; in tempo che gi\u00e0 dagli Accademici della Crusca [credo in\ndiscolpa del poeta accusato gi\u00e0 della smemoraggine stessa dal\nMazzoni [Lib. 3 cap. 77]] erasi con postilla in margine avvisato,\nche il poeta qu\u00ec intende Dafne figliuola parimente di Tiresia,\ndella quale Diodoro Siculo<\/i> [Lib. 4 cap. 6].  E stupisco altres\u00ec\ndel Volpi, che facesse la medesima postilla nella Cominiana\nedizione sua ristampare, senza trarne esso alcun profitto.\n\n\tMa anche questa<\/i> Dafne [entra il Rosa Morando] fu\nindovina, e da porsi perci\u00f2, non nel Limbo, ma col padre e con la\nsorella<\/i> [cio\u00e8 nella sopraddetta terza bolgia dell'ottavo\ncerchio]; quando non si voglia dire, che sia stata posta nel\nLimbo, perch\u00e8 ella fu donna di lettere, e lasci\u00f2 parecchi versi,\nche, secondo riferisce Diodoro<\/i> [Lib. e cap. cit.], si credono\nin parte traportati da Omero ne' suoi poemi.  Un'Istoriade\nfigliuola pur di Tiresia nomina nella Beozia Pausania; e di lui\nnarra, che con una bella astuzia ingann\u00f2 le Farmacidi, mentre\nvoleano, per comando di Giunone, il parto di Alcmena impedire. \nDi questa mi credo ch'abbia qu\u00ec voluto il Poeta intendere; e che\nperci\u00f2 non sia in questo luogo contraddizione alcuna.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Antigone <\/strong>figliuola di Edipo Re di Tebe. Costei fessi guida del cieco suo padre, cacciato in esilio da Creonte; per la qual cosa dal tiranno fu fatta morire: ma come scrive Sofocle, in una sua tragedia di questo nome, fu seppellita viva, per aver data sepoltura al corpo di Polinice suo fratello, contra il regio divieto.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7235","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q241077","LuogoFonte":"773-776","NotaFonte":"","TestoFonte":"\u1f04γων \u1f14ρημος \u1f14νθ\u1fbd \u1f02ν \u1f96 βροτ\u1ff6ν στ\u03afβος 
κρ\u03cdψω πετρ\u03ceδει ζ\u1ff6σαν \u1f10ν κατ\u03ceρυχι,
775φορβ\u1fc6ς τοσο\u1fe6τον \u1f61ς \u1f04γος μ\u03ccνον προθε\u03afς,
\u1f45πως μ\u03afασμα π\u1fb6σ\u1fbd \u1f51πεκφ\u03cdγ\u1fc3 π\u03ccλις. ","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0011.tlg002.perseus-grc1:758-780","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"110-114","from":22314.0,"to":22315.0,"NomeAutore":"Sofocle","TitoloFonte":"Antigone"}, {"Annotazione":"figliuola di Laban, prima moglie del\npatriarca Giacobbe, intesa per l'azione, o sia vita attiva. \nVolpi. Il fare alla purgazione de' peccati sopravvenire la vita\nattiva intesa per Lia, dee alludere a quel del salmo 33 Diverte\na malo, et fac bonum<\/i> — e vo movendo intorno le belle mani<\/b> ec.\naccenna l'azione, e la corona che ci otterr\u00e0 in Paradiso il\nmerito delle buone operazioni.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il fare alla purgazione de' peccati sopravvenire la vita attiva intesa per Lia, dee alludere a quel del salmo 33 Diverte a malo, et fac bonum<\/i> <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"XXXIV (XXXIII) 15","NotaFonte":"","TestoFonte":"Diverte a malo et fac bonum,","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%2034","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"101-102","from":27478.0,"to":27479.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"},
{"Annotazione":"figliuola di Ruggieri Re di\nPuglia, e di Sicilia, la quale si fece monaca in Palermo; poi\ntratta per forza del monasterio, fu data per moglie ad Arrigo\nquinto Svevo Imperatore, che fu figliuolo di Federigo\n[Barbarossa]: e perch\u00e8 ella d'Arrigo gener\u00f2 Federigo secondo,\nchiama esso Federigo suo figliuolo terzo vento<\/b>, terza superbia;\nperch\u00e8 furon superbi ed alteri: onde si dice ventosa gloria,\nventosa lingua<\/i>, come disse Virgilio Det libertatem fandi,\nflatusque remittat<\/i> [Aeneid.<\/i> XI, 346.  Il Daniello non cita\naltre parole che et flatus<\/i>; ma dee essere occorso sbaglio]:\nonde deponere flatus<\/i> e diponere l'alterezza e superbia. \nDaniello — ultima possanza<\/i><\/b> appella esso Federigo II perch\u00e8 fu\nl'ultimo Imperatore di quella famiglia.  Perch\u00e8 di Soave<\/b>\n[chiosa il Venturi] chiama la casa di Svevia, non trovo chi\nsappia dirmelo, n\u00e8 a me basta l'animo d'indovinarlo.\n\n\tDa Suevia<\/i><\/b> [risponde il Rosa Morando] gli antichi\nToscani con qualche alterazione fecero Soavia<\/i>.... e Soave<\/i><\/b> da\nSoavia<\/i><\/b> fece Dante come quive<\/i> da quivi<\/i>, e sie<\/i> da sia<\/i>, e\nsimili, per quella figura che l'ultime sillabe delle dizioni\nmuta, e metaplasmo<\/i> chiamano i Greci.\n\n\tTrovando noi per\u00f2 la medesima regione appellata da'\nFrancesi Sovabe<\/i> [Baudrand Lexic. Geograph.<\/i>], e sapendo il\nfacile sempre occorso scambio tra la b<\/i> e la u<\/i>, questa direi\nio la ragione di aver Dante appellata Soave<\/b> la Svevia.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
perchè ella d'Arrigo generò Federigo secondo, chiama esso Federigo suo figliuolo terzo vento<\/b>, terza superbia; perchè furon superbi ed alteri: onde si dice ventosa gloria, ventosa lingua<\/i>, come disse Virgilio Det libertatem fandi, flatusque remittat<\/i> [Aeneid.<\/i> XI, 346].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"XI 346","NotaFonte":"","TestoFonte":"Det libertatem fandi flatusque remittat","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+11.346&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"118-120","from":2857.0,"to":2878.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"figliuolo d'Eneo Re di Calidonia,\nnell'assedio di Tebe, intrapreso per rimettervi Polinice,\ncombattendo con Menalippo Tebano, rimasero entrambi mortalmente\nferiti; ma premorendo Menalippo, fecesi Tideo recare la di lui\ntesta, e per gran disdegno si mise a roderla [Vedi Stazio nella\nTebaide lib. 8 nel fine].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Tideo <\/strong>figliuolo d'Eneo Re di Calidonia, nell'assedio di Tebe, intrapreso per rimettervi Polinice, combattendo con Menalippo Tebano, rimasero entrambi mortalmente feriti; ma premorendo Menalippo, fecesi Tideo recare la di lui testa, e per gran disdegno si mise a roderla [Vedi Stazio nella Tebaide lib. 8 nel fine].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q243203","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2708117","LuogoFonte":"VIII 760-761","NotaFonte":"","TestoFonte":"atque illum effracti perfusum tabe cerebri 
aspicit et vivo scelerantem sanguine fauces —","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1020.phi001.perseus-lat1:8","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"130-131","from":31865.0,"to":31866.0,"NomeAutore":"Publio Papinio Stazio","TitoloFonte":"Tebaide"}, {"Annotazione":"figuratamente: cio\u00e8 dilettano\ncolla variet\u00e0 e bellezza de' colori [e col miglior disegno]. \nCos\u00ec sopra nel canto I di questa cantica al v. 20 Faceva rider\nl'oriente.<\/i> Orazio parimente nell'odda XI del quarto libro:\nRidet argento domus.<\/i> Volpi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ridon le carte<\/strong> figuratamente: cioè dilettano colla varietà e bellezza de' colori [e col miglior disegno].  Così sopra nel canto I di questa cantica al v. 20 Faceva rider l'oriente.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. I 20","NotaFonte":"","TestoFonte":"faceva tutto rider l'orïente","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=35&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"82","from":10711.0,"to":10714.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"filosofo greco, nato in Atene circa il\n342 e morto nel 270 a. C. Dante lo ricorda anche nella\nMonarchia<\/i> e nel Convivio<\/i>, dove espone cos\u00ec la sua dottrina:\n«Veggendo che ciascuno animale, tosto che nato \u00e8, quasi da natura\ndirizzato nel debito fine, che fugge dolore e domanda allegrezza,\nquelli disse questo nostro fine essere voluptade<\/i>, cio\u00e8 diletto\nsanza dolore» (IV, vi, 11).  Insegn\u00f2 pure che l'anima muore col\ncorpo, ed ebbe molti seguaci.  Essendo vissuto tanto tempo avanti\nil Cristianesimo, sembra strano che D. lo collochi fra gli\neretici; ma nel considerare la storia pagana in rapporto con la\ncristiana egli non ci mise quel distacco che si potrebbe credere. \nL'una fu preparazione all'altra; e come non ci meraviglia, anzi\nci piace, che esalti nel Par.<\/i> l'aquila di Roma e vi collochi\ndei pagani, cos\u00ec non ci deve sorprendere che nell'Inf.<\/i> condanni\nEpicuro.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
e nel Convivio<\/i>, dove espone così la sua dottrina:\r\n«Veggendo che ciascuno animale, tosto che nato è, quasi da natura\r\ndirizzato nel debito fine, che fugge dolore e domanda allegrezza,\r\nquelli disse questo nostro fine essere voluptade<\/i>, cioè diletto\r\nsanza dolore» (IV, vi, 11).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, vi, 11","NotaFonte":"Nella \"Monarchia\", Epicuro \u00e8 menzionato nel quinto capitolo del libro II, sempre in rapporto con le confutazioni che ne fa Cicerone (pp. 10 e 16).","TestoFonte":"Altri filosofi furono, che videro e credettero altro che costoro, e di questi fu primo e prencipe uno filosofo che fu chiamato Epicuro; che, veggendo che ciascuno animale, tosto ch'è nato, è quasi da natura dirizzato nel debito fine, che fugge dolore e domanda allegrezza, quelli disse questo nostro fine essere voluptade (non dico voluntade, ma scrivola per P), cioè diletto sanza dolore. E però che tra 'l diletto e lo dolore non ponea mezzo alcuno, dicea che voluptade non era altro che non dolore, sì come pare Tulio recitare nel primo di Fine di Beni. E di questi, che da Epicuro sono Epicurei nominati, fu Torquato nobile romano, disceso del sangue del glorioso Torquato del quale feci menzione di sopra.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=56&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"14","from":8726.0,"to":8727.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"fino a che io per la\nbocca della caverna vidi parte de' bei corpi luminosi che il\ncielo porta seco in giro.  Era gi\u00e0 molto notte.  — Cose\nbelle.<\/b>  C. II, 40: «Quelle cose belle.»  — Il ciel.<\/b>  Il Primo\nMobile: secondo il sistema tolemaico.  — Pertugio tondo.<\/b> \nCos\u00ec pareva in lontananza.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Cose belle.<\/b>  C. II, 40: «Quelle cose belle.»  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I, 40","NotaFonte":"Errore di Andreoli nell'indicazione del canto.","TestoFonte":"mosse di prima quelle cose belle","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"137-138","from":34111.0,"to":34127.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"fino a che tu non giungerai\nnell'orribil sabbione ricoprente il suolo del terzo girone (c.\nseg. v. 13).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
fino a che tu non giungerai nell'orribil sabbione ricoprente il suolo del terzo girone (c. seg. v. 13).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIV, 13","NotaFonte":"","TestoFonte":"Lo spazzo era una rena arida e spessa","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=14&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"18-19","from":11585.0,"to":11588.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"fino all'ultima spera, fino al\ncielo empireo la vide il Patriarca Iacob isporgere<\/b>, stendere,\nla superna parte<\/b>, la sua cima: come appunto ne dice il sacro\ntesto, Viditque<\/i> [Iacob<\/i>] in somnis scalam stantem super\nterram, et cacumen illius tangens caelum<\/i> [Gen.<\/i> 28].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
fino all'ultima spera, fino al cielo empireo la vide il Patriarca Iacob isporgere<\/b>, stendere, la superna parte<\/b>, la sua cima: come appunto ne dice il sacro testo, Viditque<\/i> [Iacob<\/i>] in somnis scalam stantem super terram, et cacumen illius tangens caelum<\/i> [Gen.<\/i> 28].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"XXVIII 12","NotaFonte":"","TestoFonte":"Viditque in somnio scalam stantem super terram et cacumen illius tangens caelum, angelos quoque Dei ascendentes et descendentes per eam ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#28","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"70-72","from":21727.0,"to":21746.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"fissa lo sguardo gi\u00f9 alla\nvalle.  Ficcar gli occhi, detto ad imitazione del figere oculos<\/i>\nde' Latini.  Virgine figis in una quos mundo debes oculos.<\/i> \nOvid. Metamorf.<\/i> IV, 196 e seg.  — s'approccia<\/b>, s'appressa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
fissa lo sguardo giù alla valle.  Ficcar gli occhi, detto ad imitazione del figere oculos <\/i>de' Latini.  Virgine figis in una quos mundo debes oculos.<\/i> Ovid. Metamorf.<\/i> IV, 196 e seg. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"IV, 196-197","NotaFonte":"","TestoFonte":"Virgine figis in una 
quos mundo debes oculos. ","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Ov.+Met.+4.196&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46","from":10759.0,"to":10768.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"fiume infernale — la freddura\nserra<\/b>, il freddo costipa, agghiaccia. Vedi nel canto seg. v. 23\ne segg. — Non ci far<\/b> ec. Sii tu il cortese, e non ci fa\nandare a cercare la grazia ad alcun altro. Tizio<\/b>, e Tifo<\/b>, o\nTefeo, due de' giganti, che mossero guerra a Giove, e che suppone\nVirgilio intorno al medesimo pozzo esistenti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
la freddura serra<\/b>, il freddo costipa, agghiaccia.  Vedi nel canto seg. v. 23 e segg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXII 23-24","NotaFonte":"","TestoFonte":"e sotto i piedi un lago che per gelo
avea di vetro e non d'acqua sembiante.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=32","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"123-124","from":30744.0,"to":30746.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"folta, dove non \u00e8 traccia di\ncultura umana. \u00c8 imitato il nemorosis silvis<\/i> di Ovidio: ed \u00e8\nin simili forme una specie di superlativo dell'idea. Aspra<\/b>,\norrida, lat. aspera dumis.<\/i><\/b> Forte<\/i><\/b>, difficile a superarsi,\nperigliosa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Brunone Bianchi 1868","FrammentoNota":"
folta, dove non è traccia di cultura umana. È imitato il nemorosis silvis<\/i> di Ovidio: ed è in simili forme una specie di superlativo dell'idea. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"X, 687","NotaFonte":"","TestoFonte":"nemorosis abdita silvis","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Ov.+Met.+10.687&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"5","from":29.0,"to":31.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
{"Annotazione":"fortemente.  Dai versi 101 e 102\nsi raccoglie, ch'esalassero quell'uomo e quel serpente e si\ncambiassero l'un coll'altro le proprie forme sostanziali; quelle\nche, secondo gli scolastici dal poeta nostro seguiti, determinano\nla materia ad essere questo o quell'altro corpo — e 'l fummo\ns'incontrava.<\/b>  Ci\u00f2 di necessit\u00e0; conciossiach\u00e8 per una medesima\nvia con direzioni opposte movendosi i due fummi, quello del\nserpente entrava nel bell\u00ecco dell'uomo, e quello dell'uomo\nentrava nella bocca del serpente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dai versi 101 e 102 si raccoglie, ch'esalassero quell'uomo e quel serpente e si cambiassero l'un coll'altro le proprie forme sostanziali; quelle che, secondo gli scolastici dal poeta nostro seguiti, determinano la materia ad essere questo o quell'altro corpo<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Scriptum_super_sententiis","LuogoFonte":"I viii 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Forma enim est compositioni contingens, simplici et invariabili essentia consistens. Sed forma est creatura.","UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/snp1008.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"93","from":24288.0,"to":24290.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"fu figliuolo di Vulcano e descritto dagli\nantichi poeti come uomo bestiale e gran ladrone.  Virgilio lo\ndice mezzo uomo e mezzo fiera, ne parla a lungo nell'Eneide<\/i>,\nlib. VIII, 190-242; e forse perch\u00e9 lo conosceva bene, qui ne\nfornisce spontaneamente notizie all'alunno.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
fu figliuolo di Vulcano e descritto dagli\r\nantichi poeti come uomo bestiale e gran ladrone.  Virgilio lo\r\ndice mezzo uomo e mezzo fiera, ne parla a lungo nell'Eneide<\/i>,\r\nlib. VIII, 190-242; e forse perché lo conosceva bene, qui ne\r\nfornisce spontaneamente notizie all'alunno.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VIII, 190-242","NotaFonte":"","TestoFonte":"Iam primum saxis suspensam hanc aspice rupem,
Disiectae procul ut moles desertaque montis
Stat domus et scopuli ingentem traxere ruinam.
Hic spelunca fuit uasto summota recessu,
Semihominis Caci facies quam dira tegebat,
Solis inaccessam radiis; semperque recenti
Caede tepebat humus, foribusque affixa superbis
Ora uirum tristi pendebant pallida tabo.
Huic monstro Vulcanus erat pater: illius atros
Ore uomens ignis magna se mole ferebat.
Attulit et nobis aliquando optantibus aetas
Auxilium aduentumque dei. nam maximus ultor
Tergemini nece Geryonae spoliisque superbus
Alcides aderat taurosque hac uictor agebat
Ingentis, uallemque boues amnemque tenebant.
At furiis Caci mens effera, ne quid inausum
Aut intractatum scelerisue doliue fuisset,
Quattuor a stabulis praestanti corpore tauros
Auertit, totidem forma superante iuuencas.
Atque hos, ne qua forent pedibus uestigia rectis,
Cauda in speluncam tractos uersisque uiarum
Indiciis raptos saxo occultabat opaco.
Quaerenti nulla ad speluncam signa ferebant.
Interea, cum iam stabulis saturata moueret
Amphitryoniades armenta abitumque pararet,
Discessu mugire boues atque omne querelis
Impleri nemus et colles clamore relinqui.
Reddidit una boum uocem uastoque sub antro
Mugiit et Caci spem custodita fefellit.
Hic uero Alcidae furiis exarserat atro
Felle dolor, rapit arma manu nodisque grauatum
Robur, et aerii cursu petit ardua montis.
Tum primum nostri Cacum uidere timentem
Turbatumque oculis; fugit ilicet ocior euro
Speluncamque petit, pedibus timor addidit alas.
Vt sese inclusit ruptisque immane catenis
Deiecit saxum, ferro quod et arte paterna
Pendebat, fultosque emuniit obice postis,
Ecce furens animis aderat Tirynthius omnemque
Accessum lustrans huc ora ferebat et illuc,
Dentibus infrendens. ter totum feruidus ira
Lustrat Auentini montem, ter saxea temptat
Limina nequiquam, ter fessus ualle resedit.
Stabat acuta silex praecisis undique saxis
Speluncae dorso insurgens, altissima uisu,
Dirarum nidis domus opportuna uolucrum.
Hanc, ut prona iugo laeuum incumbebat ad amnem,
Dexter in aduersum nitens concussit et imis
Auulsam soluit radicibus, inde repente
Impulit; impulsu quo maximus intonat aether,
Dissultant ripae refluitque exterritus amnis.
At specus et Caci detecta apparuit ingens
Regia, et umbrosae penitus patuere cauernae [...]","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C008","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"25","from":23802.0,"to":23803.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"fu mio correligioso e\nprecettore. — ed esso ec. ed \u00e8 esso Alberto di Cologna.<\/i> Dee\nAlberto magno~, il famoso maestro di s. Tommaso~, essere stato\nappellato di Cologna<\/i>, non perch\u00e8 si credesse nato in quella\ncitt\u00e0 [ben sapendosi nato in Lawingen nella Svevia [Vedi tra gli\naltri Natale Aless. Hist. eccl. secul.<\/i> XIII. et<\/i> XIV.\ncap. 4. art. 4.]~]: ma perch\u00e8 in Colonia lungamente visse e\nmor\u00ec~: ragione per cui anche s. Antonio quantunque nato in\nLisbona dicesi di Padoa. Cologna<\/i> in vece di Colonia<\/i> [come\noggi dagl'Italiani appellasi] serive pure Gio. Villani [Cron.<\/i>\nlib. 5. cap. 1.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Cologna<\/i> in vece di Colonia<\/i> [come oggi dagl'Italiani appellasi] serive pure Gio.  Villani [Cron. <\/i>lib. 5.  cap. 1.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VI 1","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 101 (V 1).","TestoFonte":"e' corpi di tre re, overo magi, che vennoro ad adorare Cristo per lo segno della stella, i quali erano nella città di Milano in tre tombe cavate di profferito, gli fece trarre di Milano e mandargline a Cologna<\/strong>, onde tutti i Lombardi furono molto crucciosi.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"98-99","from":9755.0,"to":9759.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"fu nelle sue\nconsiderazioni pi\u00f9 che uomo~, fu angelico.  Richardus a santo\nVictore<\/i> [scrive Natale Alessandro] vir pietate et eruditione\nconspicuus<\/i>, Theologiae Mysticae peritissimus<\/i> [Hist.  eccl.\nsaecul.<\/i> XI.  et<\/i> XII.  cap. 6.  art. 15.].  Viro<\/i> per uomo<\/i>,\ndal Latino vir<\/i>, adopera Dante anche altrove [Inf. IV. 30.  Par.\nXXIV.  34.~]; e ad imitazione di Dante ne hanno fatto uso altri\ncelebri poeti~, anche fuor di rima [Vedi 'l Vocab.  della\nCrusca.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Viro<\/i> per uomo<\/i>, dal Latino vir<\/i>, adopera Dante anche altrove [Inf. IV. 30.  Par. XXIV.  34]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV 30","NotaFonte":"","TestoFonte":"d'infanti e di femmine e di viri","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"132","from":10005.0,"to":10011.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"fu sposo di santa chiesa,\nperocch\u00e8 fu sommo Pontefice.  Vedi l'annotazione fatta al parlar\nd'Adriano V nel XIX della presente cantica v. 136 e segg.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
fu sposo di santa chiesa, perocchè fu sommo Pontefice.  Vedi l'annotazione fatta al parlar d'Adriano V nel XIX della presente cantica v. 136 e segg.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XIX 136-138","NotaFonte":"","TestoFonte":"Se mai quel santo evangelico suono
che dice \"Neque nubent\" intendesti,
ben puoi veder perch'io così ragiono.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=53&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"22","from":23731.0,"to":23735.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"furon chiamate nove sorelle, figliuole di\nPierio di Pella citt\u00e0 d'Egitto, le quali non meno arroganti, che\ndi varie scienze ed arti dotate, ebbero ardire di provocar le\nMuse a cantar con esso loro; dalle quali vinte, in pena della\nsuperbia, furono trasformate in piche<\/b>, o gazze che vogliam\ndire. Ovidio nel quinto delle trasformazioni. Volpi: che per\u00f2\nmal dice Pella citt\u00e0 d'Egitto<\/i>, essendo citt\u00e0 della Macedonia.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Furon chiamate nove sorelle, figliuole di Pierio di Pella città d'Egitto, le quali non meno arroganti, che di varie scienze ed arti dotate, ebbero ardire di provocar le Muse a cantar con esso loro; dalle quali vinte, in pena della superbia, furono trasformate in piche<\/b>, o gazze che vogliam dire.  Ovidio nel quinto delle trasformazioni.  Volpi: che però mal dice Pella città d'Egitto<\/i>, essendo città della Macedonia.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"V 293-678","NotaFonte":"","TestoFonte":"
Occupat hic collem, cumba sedet alter adunca
et ducit remos illic, ubi nuper ararat,
ille supra segetes aut mersae culmina villae
navigat, hic summa piscem deprendit in ulmo.
Figitur in viridi, si fors tulit, ancora prato,
aut subiecta terunt curvae vineta carinae;
et, modo qua graciles gramen carpsere capellae,
nunc ibi deformes ponunt sua corpora phocae.
Mirantur sub aqua lucos urbesque domosque
Nereides, silvasque tenent delphines et altis
incursant ramis agitataque robora pulsant.
Nat lupus inter oves, fulvos vehit unda leones,
unda vehit tigres, nec vires fulminis apro,
crura nec ablato prosunt velocia cervo.
Quaesitisque diu terris, ubi sistere possit,
in mare lassatis volucris vaga decidit alis.
Obruerat tumulos inmensa licentia ponti,
pulsabantque novi montana cacumina fluctus.
Maxima pars unda rapitur; quibus unda pepercit,
illos longa domant inopi ieiunia victu.
Separat Aonios Oetaeis Phocis ab arvis,
terra ferax, dum terra fuit, sed tempore in illo
pars maris et latus subitarum campus aquarum.
Mons ibi verticibus petit arduus astra duobus,
nomine Parnasus, superantque cacumina nubes.
Hic ubi Deucalion (nam cetera texerat aequor)
cum consorte tori parva rate vectus adhaesit,
Corycidas nymphas et numina montis adorant
fatidicamque Themin, quae tunc oracla tenebat.
Non illo melior quisquam nec amantior aequi
vir fuit aut illa metuentior ulla deorum.
Iuppiter ut liquidis stagnare paludibus orbem
et superesse virum de tot modo milibus unum,
et superesse videt de tot modo milibus unam,
innocuos ambo, cultores numinis ambo,
nubila disiecit nimbisque aquilone remotis
et caelo terras ostendit et aethera terris.
Nec maris ira manet, positoque tricuspide telo
mulcet aquas rector pelagi supraque profundum
exstantem atque umeros innato murice tectum
caeruleum Tritona vocat conchaeque sonanti
inspirare iubet fluctusque et flumina signo
iam revocare dato. Cava bucina sumitur illi,
tortilis, in latum quae turbine crescit ab imo,
bucina, quae medio concepit ubi aera ponto,
litora voce replet sub utroque iacentia Phoebo.
Tunc quoque, ut ora dei madida rorantia barba
contigit et cecinit iussos inflata receptus,
omnibus audita est telluris et aequoris undis,
et quibus est undis audita, coercuit omnes.
Iam mare litus habet, plenos capit alveus amnes,
flumina subsidunt collesque exire videntur,
surgit humus, crescunt loca decrescentibus undis,
postque diem longam nudata cacumina silvae
ostendunt limumque tenent in fronde relictum.
Redditus orbis erat. Quem postquam vidit inanem
et desolatas agere alta silentia terras,
Deucalion lacrimis ita Pyrrham adfatur obortis:
“O soror, o coniunx, o femina sola superstes,
quam commune mihi genus et patruelis origo,
deinde torus iunxit, nunc ipsa pericula iungunt,
terrarum, quascumque vident occasus et ortus,
nos duo turba sumus; possedit cetera pontus.
Haec quoque adhuc vitae non est fiducia nostrae
certa satis; terrent etiam nunc nubila mentem.
Quis tibi, si sine me fatis erepta fuisses,
nunc animus, miseranda, foret? quo sola timorem
ferre modo posses? quo consolante doleres?
Namque ego (crede mihi) si te quoque pontus haberet,
te sequerer, coniunx, et me quoque pontus haberet.
O utinam possim populos reparare paternis
artibus atque animas formatae infundere terrae!
Nunc genus in nobis restat mortale duobus
(sic visum superis) hominumque exempla manemus.”
Dixerat, et flebant. Placuit caeleste precari
numen et auxilium per sacras quaerere sortes.
Nulla mora est: adeunt pariter Cephisidas undas,
ut nondum liquidas, sic iam vada nota secantes.
Inde ubi libatos inroravere liquores
vestibus et capiti, flectunt vestigia sanctae
ad delubra deae, quorum fastigia turpi
pallebant musco stabantque sine ignibus arae.
Ut templi tetigere gradus, procumbit uterque
pronus humi gelidoque pavens dedit oscula saxo
atque ita “si precibus” dixerunt “numina iustis
victa remollescunt, si flectitur ira deorum,
dic, Themi, qua generis damnum reparabile nostri
arte sit, et mersis fer opem, mitissima, rebus.”
Mota dea est sortemque dedit: “Discedite templo
et velate caput cinctasque resolvite vestes
ossaque post tergum magnae iactate parentis.”
Obstipuere diu, rumpitque silentia voce
Pyrrha prior iussisque deae parere recusat,
detque sibi veniam pavido rogat ore, pavetque
laedere iactatis maternas ossibus umbras.
Interea repetunt caecis obscura latebris
verba datae sortis secum inter seque volutant.
Inde Promethides placidis Epimethida dictis
mulcet et “aut fallax” ait “est sollertia nobis,
aut pia sunt nullumque nefas oracula suadent.
Magna parens terra est, lapides in corpore terrae
ossa reor dici; iacere hos post terga iubemur.”
Coniugis augurio quamquam Titania mota est,
spes tamen in dubio est: adeo caelestibus ambo
diffidunt monitis. Sed quid temptare nocebit?
Discedunt velantque caput tunicasque recingunt
et iussos lapides sua post vestigia mittunt.
Saxa (quis hoc credat, nisi sit pro teste vetustas?)
ponere duritiem coepere suumque rigorem
mollirique mora mollitaque ducere formam.
Mox ubi creverunt naturaque mitior illis
contigit, ut quaedam, sic non manifesta, videri
forma potest hominis, sed, uti de marmore coepta,
non exacta satis rudibusque simillima signis.
Quae tamen ex illis aliquo pars umida suco
et terrena fuit, versa est in corporis usum;
quod solidum est flectique nequit, mutatur in ossa;
quae modo vena fuit, sub eodem nomine mansit;
inque brevi spatio superorum numine saxa
missa viri manibus faciem traxere virorum,
et de femineo reparata est femina iactu.
Inde genus durum sumus experiensque laborum
et documenta damus qua simus origine nati.
Cetera diversis tellus animalia formis
sponte sua peperit, postquam vetus umor ab igne
percaluit solis, caenumque udaeque paludes
intumuere aestu, fecundaque semina rerum
vivaci nutrita solo ceu matris in alvo
creverunt faciemque aliquam cepere morando.
Sic ubi deseruit madidos septemfluus agros
Nilus et antiquo sua flumina reddidit alveo
aetherioque recens exarsit sidere limus,
plurima cultores versis animalia glaebis
inveniunt, et in his quaedam modo coepta per ipsum
nascendi spatium, quaedam inperfecta suisque
trunca vident numeris; et eodem in corpore saepe
altera pars vivit, rudis est pars altera tellus.
Quippe ubi temperiem sumpsere umorque calorque,
concipiunt, et ab his oriuntur cuncta duobus;
cumque sit ignis aquae pugnax, vapor umidus omnes
res creat, et discors concordia fetibus apta est.
Ergo ubi diluvio tellus lutulenta recenti
solibus aetheriis altoque recanduit aestu,
edidit innumeras species, partimque figuras
rettulit antiquas, partim nova monstra creavit.
Illa quidem nollet, sed te quoque, maxime Python,
tum genuit, populisque novis, incognite serpens,
terror eras: tantum spatii de monte tenebas.
Hunc deus arquitenens, et numquam talibus armis
ante nisi in dammis capreisque fugacibus usus,
mille gravem telis exhausta paene pharetra
perdidit effuso per vulnera nigra veneno.
Neve operis famam posset delere vetustas,
instituit sacros celebri certamine ludos,
Pythia perdomitae serpentis nomine dictos.
Hic iuvenum quicumque manu pedibusve rotave
vicerat, aesculeae capiebat frondis honorem:
nondum laurus erat, longoque decentia crine
tempora cingebat de qualibet arbore Phoebus.
Daphne. Primus amor Phoebi Daphne Peneia, quem non
fors ignara dedit, sed saeva Cupidinis ira.
Delius hunc, nuper victa serpente superbus,
viderat adducto flectentem cornua nervo
“quid” que “tibi, lascive puer, cum fortibus armis?”
dixerat, “ista decent umeros gestamina nostros,
qui dare certa ferae, dare vulnera possumus hosti,
qui modo pestifero tot iugera ventre prementem
stravimus innumeris tumidum Pythona sagittis.
Tu face nescio quos esto contentus amores
inritare tua, nec laudes adsere nostras.”
Filius huic Veneris “figat tuus omnia, Phoebe,
te meus arcus:” ait “quantoque animalia cedunt
cuncta deo tanto minor est tua gloria nostra.”
Dixit et eliso percussis aere pennis
inpiger umbrosa Parnasi constitit arce
eque sagittifera prompsit duo tela pharetra
diversorum operum: fugat hoc, facit illud amorem.
Quod facit, auratum est et cuspide fulget acuta;
quod fugat, obtusum est et habet sub harundine plumbum.
Hoc deus in nympha Peneide fixit, at illo
laesit Apollineas traiecta per ossa medullas.
Protinus alter amat, fugit altera nomen amantis
silvarum tenebris captivarumque ferarum
exuviis gaudens innuptaeque aemula Phoebes.
Vitta coercebat positos sine lege capillos.
Multi illam petiere, illa aversata petentes
inpatiens expersque viri nemora avia lustrat,
nec quid Hymen, quid Amor, quid sint conubia curat.
Saepe pater dixit “generum mihi, filia, debes,”
saepe pater dixit “debes mihi nata, nepotes:”
illa, velut crimen taedas exosa iugales,
pulchra verecundo suffunditur ora rubore,
inque patris blandis haerens cervice lacertis
“da mihi perpetua, genitor carissime,” dixit
“virginitate frui: dedit hoc pater ante Dianae.”
Ille quidem obsequitur, sed te decor iste quod optas
esse vetat. Votoque tuo tua forma repugnat:
Phoebus amat visaeque cupit conubia Daphnes,
quodque cupit, sperat, suaque illum oracula fallunt.
Utque leves stipulae demptis adolentur aristis,
ut facibus saepes ardent, quas forte viator
vel nimis admovit vel iam sub luce reliquit,
sic deus in flammas abiit, sic pectore toto
uritur et sterilem sperando nutrit amorem.
Spectat inornatos collo pendere capillos
et “quid, si comantur?” ait. Videt igne micantes
sideribus similes oculos, videt oscula, quae non
est vidisse satis; laudat digitosque manusque
bracchiaque et nudos media plus parte lacertos.
Siqua latent, meliora putat. Fugit ocior aura
illa levi neque ad haec revocantis verba resistit:
“Nympha, precor, Penei, mane! Non insequor hostis:
nympha, mane! sic agna lupum, sic cerva leonem,
sic aquilam penna fugiunt trepidante columbae,
hostes quaeque suos: amor est mihi causa sequendi.
Me miserum! ne prona cadas indignave laedi
crura notent sentes et sim tibi causa doloris.
Aspera, qua properas, loca sunt. Moderatius, oro,
curre fugamque inhibe; moderatius insequar ipse.
Cui placeas, inquire tamen. Non incola montis,
non ego sum pastor, non hic armenta gregesque
horridus observo. Nescis, temeraria, nescis
quem fugias, ideoque fugis. Mihi Delphica tellus
et Claros et Tenedos Patareaque regia servit,
Iuppiter est genitor; per me quod eritque fuitque
estque patet; per me concordant carmina nervis.
Certa quidem nostra est, nostra tamen una sagitta
certior, in vacuo quae vulnera pectore fecit.
Inventum medicina meum est, opiferque per orbem
dicor, et herbarum subiecta potentia nobis:
ei mihi, quod nullis amor est sanabilis herbis
nec prosunt domino, quae prosunt omnibus, artes.”
Plura locuturum timido Peneia cursu
fugit cumque ipso verba inperfecta reliquit,
tum quoque visa decens. Nudabant corpora venti,
obviaque adversas vibrabant flamina vestes,
et levis inpulsos retro dabat aura capillos,
auctaque forma fuga est. Sed enim non sustinet ultra
perdere blanditias iuvenis deus, utque monebat
ipse Amor, admisso sequitur vestigia passu.
Ut canis in vacuo leporem cum Gallicus arvo
vidit, et hic praedam pedibus petit, ille salutem:
alter inhaesuro similis iam iamque tenere
sperat et extento stringit vestigia rostro,
alter in ambiguo est, an sit conprensus, et ipsis
morsibus eripitur tangentiaque ora relinquit:
sic deus et virgo est hic spe celer, illa timore.
Qui tamen insequitur pennis adiutus Amoris,
ocior est requiemque negat tergoque fugacis
inminet et crinem sparsum cervicibus adflat.
Viribus absumptis expalluit illa citaeque
victa labore fugae spectans Peneidas undas
“fer pater” inquit “opem si flumina numen habetis.
Qua nimium placui, mutando perde figuram!”
Vix prece finita torpor gravis occupat artus:
mollia cinguntur tenui praecordia libro,
in frondem crines, in ramos bracchia crescunt,
pes modo tam velox pigris radicibus haeret,
ora cacumen habet; remanet nitor unus in illa.
Hanc quoque Phoebus amat, positaque in stipite dextra
sentit adhuc trepidare novo sub cortice pectus
conplexusque suis ramos, ut membra, lacertis
oscula dat ligno: refugit tamen oscula lignum.
Cui deus “at quoniam coniunx mea non potes esse,
arbor eris certe” dixit “mea. Semper habebunt
te coma, te citharae, te nostrae, laure, pharetrae:
tu ducibus Latiis aderis, cum laeta triumphum
vox canet et visent longas Capitolia pompas:
postibus Augustis eadem fidissima custos
ante fores stabis mediamque tuebere quercum,
utque meum intonsis caput est iuvenale capillis,
tu quoque perpetuos semper gere frondis honores.”
Finierat Paean: factis modo laurea ramis
adnuit utque caput visa est agitasse cacumen.
Io. Argus. Syrinx. Est nemus Haemoniae, praerupta quod undique claudit
silva: vocant Tempe. Per quae Peneus ab imo
effusus Pindo spumosis volvitur undis,
deiectuque gravi tenues agitantia fumos
nubila conducit summisque adspergine silvis
inpluit et sonitu plus quam vicina fatigat.
Haec domus, haec sedes, haec sunt penetralia magni
amnis; in his residens facto de cautibus antro,
undis iura dabat nymphisque colentibus undas.
Conveniunt illuc popularia flumina primum,
nescia, gratentur consolenturne parentem,
populifer Sperchios et inrequietus Enipeus
Apidanusque senex lenisque Amphrysos et Aeas,
moxque amnes alii, qui, qua tulit impetus illos,
in mare deducunt fessas erroribus undas.
Inachus unus abest imoque reconditus antro
fletibus auget aquas natamque miserrimus Io
luget ut amissam. Nescit, vitane fruatur,
an sit apud manes; sed quam non invenit usquam.
esse putat nusquam atque animo peiora veretur.
Viderat a patrio redeuntem Iuppiter illam
flumine et “o virgo Iove digna tuoque beatum
nescio quem factura toro, pete” dixerat “umbras
altorum nemorum” (et nemorum monstraverat umbras),
“dum calet et medio sol est altissimus orbe.
Quodsi sola times latebras intrare ferarum,
praeside tuta deo nemorum secreta subibis,
nec de plebe deo, sed qui caelestia magna
sceptra manu teneo, sed qui vaga fulmina mitto.
Ne fuge me!”—fugiebat enim. Iam pascua Lernae
consitaque arboribus Lyrcea reliquerat arva,
cum deus inducta latas caligine terras
occuluit tenuitque fugam rapuitque pudorem.
Interea medios Iuno despexit in agros
et noctis faciem nebulas fecisse volucres
sub nitido mirata die, non fluminis illas
esse, nec umenti sensit tellure remitti;
atque suus coniunx ubi sit circumspicit, ut quae
deprensi totiens iam nosset furta mariti.
Quem postquam caelo non repperit, “aut ego fallor,
aut ego laedor” ait, delapsaque ab aethere summo
constitit in terris nebulasque recedere iussit.
Coniugis adventum praesenserat inque nitentem
Inachidos vultus mutaverat ille iuvencam.
Bos quoque formosa est. Speciem Saturnia vaccae,
quamquam invita, probat, nec non et cuius et unde
quove sit armento, veri quasi nescia quaerit.
Iuppiter e terra genitam mentitur, ut auctor
desinat inquiri. Petit hanc Saturnia munus.
Quid faciat? crudele suos addicere amores,
non dare suspectum est. Pudor est qui suadeat illinc,
hinc dissuadet amor. Victus pudor esset amore;
sed leve si munus sociae generisque torique
vacca negaretur, poterat non vacca videri.
Paelice donata non protinus exuit omnem
diva metum timuitque Iovem et fuit anxia furti,
donec Arestoridae servandam tradidit Argo.
Centum luminibus cinctum caput Argus habebat:
inde suis vicibus capiebant bina quietem,
cetera servabant atque in statione manebant.
Constiterat quocumque modo, spectabat ad Io:
ante oculos Io, quamvis aversus, habebat.
Luce sinit pasci; cum sol tellure sub alta est,
claudit et indigno circumdat vincula collo.
frondibus arboreis et amara pascitur herba,
proque toro terrae non semper gramen habenti
incubat infelix limosaque flumina potat.
Illa etiam supplex Argo cum bracchia vellet
tendere, non habuit, quae bracchia tenderet Argo,
et conata queri mugitus edidit ore
pertimuitque sonos propriaque exterrita voce est.
Venit et ad ripas, ubi ludere saepe solebat,
Inachidas ripas; novaque ut conspexit in unda
cornua, pertimuit seque exsternata refugit.
Naides ignorant, ignorat et Inachus ipse,
quae sit; at illa patrem sequitur sequiturque sorores
et patitur tangi seque admirantibus offert.
Decerptas senior porrexerat Inachus herbas:
illa manus lambit patriisque dat oscula palmis
nec retinet lacrimas et, si modo verba sequantur,
oret opem nomenque suum casusque loquatur.
Littera pro verbis, quam pes in pulvere duxit,
corporis indicium mutati triste peregit.
“Me miserum!” exclamat pater Inachus inque gementis
cornibus et niveae pendens cervice iuvencae
“me miserum!” ingeminat, “tune es quaesita per omnes
nata, mihi terras? tu non inventa reperta
luctus eras levior. Retices nec mutua nostris
dicta refers, alto tantum suspiria ducis
pectore, quodque unum potes, ad mea verba remugis.
At tibi ego ignarus thalamos taedasque parabam,
spesque fuit generi mihi prima, secunda nepotum.
De grege nunc tibi vir, nunc de grege natus habendus.
Nec finire licet tantos mihi morte dolores,
sed nocet esse deum, praeclusaque ianua leti
aeternum nostros luctus extendit in aevum?”
Talia maerentem stellatus submovet Argus
ereptamque patri diversa in pascua natam
abstrahit. Ipse procul montis sublime cacumen
occupat, unde sedens partes speculatur in omnes.
Nec superum rector mala tanta Phoronidos ultra
ferre potest natumque vocat, quem lucida partu
Pleias enixa est, letoque det imperat Argum.
Parva mora est alas pedibus virgamque potenti
somniferam sumpsisse manu tegimenque capillis.
Haec ubi disposuit, patria Iove natus ab arce
desilit in terras. Illic tegimenque removit
et posuit pennas, tantummodo virga retenta est.
Hac agit, ut pastor, per devia rura capellas,
dum venit, adductas et structis cantat avenis.
Voce nova captus custos Iunonius “at tu,
quisquis es, hoc poteras mecum considere saxo”","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:1.253-1.347","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"11","from":68.0,"to":69.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"galleggi. Cos\u00ec pure nel Purg., X, 127.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"galli<\/strong>, galleggi. Così pure nel Purg., X, 127.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. X, 127","NotaFonte":"","TestoFonte":"Di che l'animo vostro in alto galla","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=44","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"57","from":19749.0,"to":19750.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"galleggia, metaforicamente per s'erge in\nsuperbia.<\/i> Essersi probabilmente cotal verbo formato Dante\nsincopando il trito verbo galleggiare<\/i> \u00e8 detto Inf. XXI, 57.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Galla <\/strong>galleggia, metaforicamente per s'erge in superbia.<\/i>  Essersi probabilmente cotal verbo formato Dante sincopando il trito verbo galleggiare<\/i> è detto Inf. XXI, 57.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI 57","NotaFonte":"","TestoFonte":"la carne con li uncin, perché non galli<\/strong>.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=21&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"127","from":10026.0,"to":10027.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"girate, visitate; — intorno<\/b>, \nperch\u00e8 le bolge erano di forma sferica.  — Bollenti<\/b>, perch\u00e8 la\npece bolliva<\/i> (cf. v. 17).  — Pane<\/i><\/b>, panie (cio\u00e8 la pece, che\n\u00e8 vischiosa), come martiro<\/i><\/b> per martirio<\/i> (Inf.<\/i>, XII, 61), \nsorco<\/i> per sorcio<\/i> (Inf.<\/i>, XXII, 56), matera<\/i> per materia<\/i>\n(Purg.<\/i>, XVIII, 3), ingiura<\/i> per ingiuria<\/i> (Par.<\/i>, VII, 43), \ne simili altri (cf. Inf.<\/i><\/b>, IV, 127).  — Costor sien salvi<\/b>;\nnon toccate costoro, proteggeteli sino all'altro ponte; ironica e\nfinta ingiunzione, dacch\u00e8 nessun ponte c'era sulla sesta bolgia. \n— Infino all'altro scheggio<\/b> ecc.; cf. v. 111.  — Tutto\nintero<\/b>, integro, sano, senza dicrollamenti di sorta (cf. Inf.<\/i>, \nXXIII, 134-135).  — Va<\/i><\/b>, varca, passa.  — Tane<\/b>, bolge.  Non\nci essendo cotesto ponte i demoni erano gi\u00e0 sdebitati di condur\nsalvi i Poeti; Bollenti<\/b>, perchè la pece bolliva<\/i> (cf. v. 17).  — Pane<\/b>, panie (cioè la pece, che è vischiosa), come martiro<\/i> per martirio<\/i> (Inf.<\/i>, XII, 61), sorco<\/i> per sorcio<\/i> (Inf.<\/i>, XXII, 56), matera<\/i> per materia <\/i>(Purg.<\/i>, XVIII, 3), ingiura<\/i> per ingiuria<\/i> (Par.<\/i>, VII, 43), e simili altri (cf. Inf.<\/i>, IV, 127).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII, 61","NotaFonte":"","TestoFonte":"e l'un gridò da lungi: “A qual martiro","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=12&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"124-126","from":20223.0,"to":20224.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"gi\u00e0 nondimanco parevami\ndi sentire del vento.  Vuole accennare, ch'era quel vento, dal\nmuovere delle ali di Lucifero cagionato [come nel principio del\nseguente canto dir\u00e0], tanto impetuoso, che rendevasi sensibile\nagl'istessi quantunque gi\u00e0 interizziti sensi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vuole accennare, ch'era quel vento, dal muovere delle ali di Lucifero cagionato [come nel principio del seguente canto dirà], tanto impetuoso, che rendevasi sensibile agl'istessi quantunque già interizziti sensi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIV 8-9","NotaFonte":"","TestoFonte":"poi per lo vento mi ristrinsi retro
al duca mio, ché non lì era altra grotta.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=34&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"103","from":32688.0,"to":32694.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"gi\u00e0 per mancanza d'alimento intorbidata\nessendosegli la vista. Dell'uomo la prima parte a morire sono\nsempre gli occhi<\/i>, chiosa il Vellutello. — Brancolare<\/b>, cercar\ncolle mani tastando [Gio. Villani lib. 7 cap. 127].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Brancolare<\/b>, cercar colle mani tastando [Gio. Villani lib. 7 cap. 127].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VIII 128","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 273 (VII 127)","TestoFonte":"E giunto il detto conte in Pisa del detto mese di marzo, i Pisani, i quali aveano messo in pregione il conte Ugolino e due suoi figliuoli, e due figliuoli del conte Guelfo suo figliuolo, siccome addietro facemmo menzione, in una torre in su la piazza degli anziani, feciono chiavare la porta della detta torre, e le chiavi gittare in Arno, e vietare a' detti pregioni ogni vivanda, gli quali in pochi giorni vi morirono di fame. Ma prima domandando con grida il detto conte penitenzia, non gli concedettono frate o prete che 'l confessasse. ","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"73","from":32469.0,"to":32471.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"gi\u00e0 si allontanerebbe dagli affamati ed avidi Catalani.  Mentre\nfu Roberto in Catalogna ostaggio pe 'l Re suo padre~, per ben\nsette anni [Vedi Gio Vill.  lib. 7.  c. 124.  e l. 8.  c. 13.~],\ncontrasse amicizia e famigliarit\u00e0 con molti poveri Catalani~,\nche conducendoli poi seco in Italia~, ed agli offici\npromovendoli~, posponevano la giustizia al danaro [Vedi 'l\nComento Latino di Benvenuto da Imola nel tom. I. delle Antichit\u00e0\nItaliane del Muratori~, a questo passo.] — acci\u00f2 non gli\noffendesse<\/i>, si riferisce gli<\/i>, pronome~, ai sopraddetti popoli\nsuggetti.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Mentre fu Roberto in Catalogna ostaggio pe 'l Re suo padre, per ben sette anni [Vedi Gio Vill.  lib. 7.  c. 124.  e l. 8.  c. 13.], contrasse amicizia e famigliarità con molti poveri Catalani<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VIII 125 ","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, pp. 271-272 (VII 124).","TestoFonte":"Nel detto anno, del mese di novembre, il prenze Carlo uscì della pregione del re d'Araona per procaccio del re Adoardo re d'Inghilterra","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"77-78","from":7498.0,"to":7509.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"gl'imped\u00ec — il trapassar del pi\u00f9\navanti<\/b>, cos\u00ec in vece d'il trapassare pi\u00f9 avanti<\/i>, secondo cio\u00e8\npratica il Poeta sempre che de' verbi fa nomi; siccome disse al\ncominciar dell'erta<\/i> [Inf. I, 31], al trapassar del rio<\/i> [Inf.\nIII, 124], al tornar della mente<\/i> ec. [Inf. VI, 1].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
 il trapassar del più avanti<\/b>, così in vece d'il trapassare più avanti<\/i>, secondo cioè pratica il Poeta sempre che de' verbi fa nomi; siccome disse al cominciar dell'erta<\/i> [Inf. I, 31], al trapassar del rio<\/i> [Inf. III, 124], al tornar della mente<\/i> ec. [Inf. VI, 1].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 31","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"75","from":26870.0,"to":26877.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"gli abitatori del limbo,\ncfr. C. IV, 24 sgg. i quali essendo dall'un canto senza speme<\/i>\ndi conseguire il paradiso, e vivendo dall'altro canto senza\nmartiri<\/i>, — sol di tanto offesi che senza speme vivemo in\ndisio<\/i> — sono in certo modo sospesi<\/b> fra cielo ed inferno. \nAlcuno crede aver Dante qu\u00ec pensato ad un miglioramento nella\nsorte degli abitatori del limbo, ma allora questo limbo non\npotrebbe essere al di l\u00e0 della porta fatale sulla quale si legge:\nlasciate<\/i><\/b> OGNI SPERANZA voi ch'entrate<\/i>, n\u00e8 Virgilio avrebbe\ndetto che i suoi abitanti vivono SENZA SPEME.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
gli abitatori del limbo, cfr. C. IV, 24 sgg. i quali essendo dall'un canto senza speme <\/i>di conseguire il paradiso, e vivendo dall'altro canto senza\r\nmartiri<\/i>, — sol di tanto offesi che senza speme vivemo in disio<\/i> — sono in certo modo sospesi<\/b> fra cielo ed inferno. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV, 24-45","NotaFonte":"","TestoFonte":"nel primo cerchio che l'abisso cigne.
Quivi, secondo che per ascoltare,
non avea pianto mai che di sospiri
che l'aura etterna facevan tremare;
ciò avvenia di duol sanza martìri,
ch'avean le turbe, ch'eran molte e grandi,
d'infanti e di femmine e di viri.
Lo buon maestro a me: \"Tu non dimandi
che spiriti son questi che tu vedi?
Or vo' che sappi, innanzi che più andi,
ch'ei non peccaro; e s'elli hanno mercedi,
non basta, perché non ebber battesmo,
ch'è porta de la fede che tu credi;
e s'e' furon dinanzi al cristianesmo,
non adorar debitamente a Dio:
e di questi cotai son io medesmo.
Per tai difetti, non per altro rio,
semo perduti, e sol di tanto offesi
che sanza speme vivemo in disio\".
Gran duol mi prese al cor quando lo 'ntesi,
però che gente di molto valore
conobbi che 'n quel limbo eran sospesi.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=4&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"52","from":1370.0,"to":1374.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"gli altri suoi armaiuoli, cio\u00e8 i\nCiclopi. — A muta a muta<\/b>, vicendevolmente, mutando gli\nstanchi con altri freshi. — I Ciclopi al servigio di Vulcano\nnon eran tre, come il Biagioli pretende, confondendoli co'\nCiclopi titani, da' quali i mitologi diligenti espressamente li\ndistinguono: ma erano molti, siccome si pu\u00f2 tra gli altri vedere\nin Virgilio, dov'egli nel quarto delle Georgiche e nell'ottavo\ndell'Eneide descrive la loro fucina.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
I Ciclopi al servigio di Vulcano non eran tre, come il Biagioli pretende, confondendoli co' Ciclopi titani, da' quali i mitologi diligenti espressamente li distinguono: ma erano molti, siccome si può tra gli altri vedere in Virgilio, dov'egli nel quarto delle Georgiche e nell'ottavo dell'Eneide descrive la loro fucina<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q674439","LuogoFonte":"Georgica IV, 169-179","NotaFonte":"","TestoFonte":"Fervet opus, redolentque thymo fragrantia mella.
ac veluti lentis Cyclopes fulmina massis
cum properant, alii taurinis follibus auras
accipiunt redduntque, alii stridentia tingunt
aera lacu; gemit impositis incudibus Aetna;
illi inter sese magna vi bracchia tollunt
in numerum versantque tenaci forcipe ferrum:
non aliter, si parva licet componere magnis,
Cecropias innatus apes amor urget habendi,
munere quamque suo. Grandaevis oppida curae
et munire favos et daedala fingere tecta.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0059%3Abook%3D4%3Acard%3D149","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"54","from":12909.0,"to":12915.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Georgiche"}, {"Annotazione":"gli animali, ragionevoli e irragionevoli. \nDeriva probabilmente da quel di Virgilio: Nox erat et terras\nanimalia fessa per omnes<\/i> — alituum pecudumque genus sopor\naltus habebat<\/i> (En.<\/i>, VIII, 26); — ma anche quando imita, D.\nricrea. In V. \u00e8 pi\u00f9 pace; nell'alunno pi\u00f9 gravit\u00e0, come richiede\nil pensoso raccoglimento dell'ora.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Deriva probabilmente da quel di Virgilio: Nox erat et terras\r\nanimalia fessa per omnes<\/i> — alituum pecudumque genus sopor\r\naltus habebat<\/i> (En.<\/i>, VIII, 26); — ma anche quando imita, D.\r\nricrea.  In V. è più pace; nell'alunno più gravità, come richiede\r\nil pensoso raccoglimento dell'ora.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VIII, 26","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nox erat et terras animalia fessa per omnis
Alituum pecudumque genus sopor altus habebat","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C008","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"2","from":1004.0,"to":1005.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"gli spiriti\ntanto di maggiore~, quanto di minor grado di gloria in questa\nbeata vita. Venturi. — miran nello speglio<\/i>, contemplano\nnella divina mente. Speglio<\/i> per ispecchio<\/i> adoprano spesso i\npoeti. — In che ec.<\/i>, nella quale divina mente per la\nprescienza che ha delle future cose~, pandi<\/i>, fai tu palese\n[Pandere<\/i> al senso medesimo~, che in Latino ottiene di\nappalesare<\/i>, adopralo volgarmente il Poeta anche Parad. XXV.\n20.~, ed istessamente trovasi adoprato da altri autori in verso\ned in prosa. Vedi 'l Vocabol. della Crusca.] ai beati\ncontemplatori il tuo pensare prima che pensi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Pandere<\/i> al senso medesimo, che in Latino ottiene di appalesare<\/i>, adopralo volgarmente il Poeta anche Parad. XXV. 20<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXV 20","NotaFonte":"","TestoFonte":"presso al compagno, l'uno a l'altro pande,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=92","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61-63","from":14512.0,"to":14537.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"gli stessi vizi, onde\nquesti spiriti s'insozzarono in vita, li rendon ora\nirriconoscibili.  — Sconoscente<\/b>, disconoscente gli alti fini\ndel vivere umano, abbietta.  Anche il Giambullari: «La\nsconoscente vita ch'e' vissero, non merita memoria.» — I, li:\ncome gi\u00e0 altra volta.  Ed anche nel Par., VII, 26: «Al piacer\nche i move.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
I<\/strong>, li: come già altra volta.  Ed anche nel Par., VII, 26: «Al piacer che i move.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XII, 26","NotaFonte":"Il rinvio di Andreoli al canto VII \u00e8 errato. Possibile difetto di stampa.","TestoFonte":"pur come li occhi ch'al piacer che i move ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=79","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"53-54","from":6160.0,"to":6163.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"godesi la sua perfetta beatitudine. \n«Nessuno dubita ch'elle (le Intelligenze motrici) non sieno piene\ndi tutta beatitudine.»  Conv., II, 5.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
godesi la sua perfetta beatitudine. «Nessuno dubita ch'elle (le Intelligenze motrici) non sieno piene di tutta beatitudine.»  Conv., II, 5.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio II, iv, 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"E l'una ragione è questa. Nessuno dubita, né filosofo né gentile né giudeo né cristiano né alcuna setta, ch'elle non siano piene di tutta beatitudine, o tutte o la maggiore parte, e che quelle beate non siano in perfettissimo stato.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=20&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94","from":6452.0,"to":6455.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"godono, si rallegrano.  Letiziare<\/i> ad\nugual senso adopera Dante anche nel IX della presente cantica.\n\n     Per letiziar lass\u00f9 fulgor s'acquista<\/i> \n     [Vers. 70].\n\nformati del suo ordine<\/b>, detto traslativamente dagli ordini\nreligiosi, e vale introdotti e stabiliti nella di lui societ\u00e0.<\/i><\/b> \nDel su' ordine<\/i>, diversamente dalla Nidobeatina ed altre\nantiche, leggono le moderne edizioni in seguito a quella della\nCrusca.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
godono, si rallegrano.  Letiziare<\/i> ad ugual senso adopera Dante anche nel IX della presente cantica.\r\n     Per letiziar lassù fulgor s'acquista<\/i> \r\n     [Vers. 70].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. IX 70","NotaFonte":"","TestoFonte":"Per letiziar là sù fulgor s'acquista,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=76&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"54","from":2380.0,"to":2381.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"gonfia dall'ira; superba.  — Labbia<\/b>:\nfaccia, aspetto, come Inf. XXV, 21, Purg. XXIII, 47.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Labbia<\/b>: faccia, aspetto, come Inf. XXV, 21, Purg. XXIII, 47.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXV, 20-21","NotaFonte":"","TestoFonte":"bisce elli avea su per la groppa
infin ove comincia nostra labbia.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=25&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":5845.0,"to":5852.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"ha per mezzo\ndella verace fede, da voi predicata, acquistato cittadini. \nCive<\/b>, per cittadino<\/i> dal Latino civis<\/i>, come dal Latino\nurbs<\/i> essi formato l'Italiano aggettivo urbano<\/i><\/b> — a\ngloriarla, Di lei parlare \u00e8 buon ch'a lui arrivi.<\/i><\/b> Costruzione. \n\u00c8 buon<\/b>, sta bene, che a gloriarla<\/b>, a glorificarla, arrivi a\nlui<\/b>, a Dante, parlare<\/b>, il parlare [Della omissione della il<\/i>,\ne d'altre particelle vedi i gramatici, e tra gli altri Benedetto\nMenzini della Costruzione irregolare<\/i> cap. 22] di lei<\/i><\/b>,\narrivino a lui parole di lei. Questo senso, che mi par l'unico,\nm'obbliga a segnare una virgola che, quanto osservo, nissuna\nedizione segna, dopo verace fede.<\/b> Da quanto poi nel seguente\ncanto [Versi 45, 59, 60] viene espressamente detto intorno alla\nglorificazione della speranza consiegue doversi qu\u00ec pure\nintendere che la glorificazione della fede avesse a risultare dal\nraccontar Dante tornato al mondo le udite e vedute cose, ed in\ncotal modo acquistar nuovi cittadini al celeste regno.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Da quanto poi nel seguente canto [Versi 45, 59, 60] viene espressamente detto intorno alla glorificazione della speranza consiegue doversi quì pure intendere che la glorificazione della fede avesse a risultare dal raccontar Dante tornato al mondo le udite e vedute cose, ed in cotal modo acquistar nuovi cittadini al celeste regno.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXV 45, 59-60","NotaFonte":"","TestoFonte":"in te e in altrui di ciò conforte [...],
son dimandati, ma perch'ei rapporti
quanto questa virtù t'è in piacere,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=92&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"43-45","from":23590.0,"to":23597.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"hai rimosso l'impedimento, che non mi lasciava scorgere la verit\u00e0\ndella cristiana credenza.\n\n\tConghietturando la cagione per cui, volendo Dante\nsignificare a noi occulte le vie di Dio nel salvare gli uomini,\nscegliesse tra i gentili a fingerne cristiano e salvo Stazio, io\nla direi quella principalmente, che vitupera questo poeta al\nsommo, e pone acremente punita in Capaneo l'audacia contro il\ncielo [Thebiad.<\/i> lib. 10 v. 927 e segg.]; audacia e punizione\navvisata pure dal poeta nostro Inf. XIV, 63 e segg. XXV, 15 e\nseg.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Conghietturando la cagione per cui, volendo Dante significare a noi occulte le vie di Dio nel salvare gli uomini, scegliesse tra i gentili a fingerne cristiano e salvo Stazio, io la direi quella principalmente, che vitupera questo poeta al sommo, e pone acremente punita in Capaneo l'audacia contro il cielo [Thebaid.<\/i> lib. 10 v. 927 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q243203","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2708117","LuogoFonte":"X 927-930","NotaFonte":"","TestoFonte":"talia dicentem toto Iove fulmen adactum 
corripuit: primae fugere in nubila cristae,
et clipei niger umbo cadit, iamque omnia lucent
membra viri.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1020.phi001.perseus-lat1:10","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"94-95","from":22204.0,"to":22218.0,"NomeAutore":"Publio Papinio Stazio","TitoloFonte":"Tebaide"}, {"Annotazione":"i due supplizi dominanti\ndell'inferno, secondo S. Matt. XIII, 42: E li gitteranno nella\nfornace del fuoco<\/i> (— caldo<\/b>); ivi sar\u00e0 il pianto e lo stridor\nde' denti<\/i><\/b> (— gelo<\/i><\/b>).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
i due supplizi dominanti dell'inferno, secondo S. Matt. XIII, 42: E li gitteranno nella fornace del fuoco<\/i> (— caldo<\/b>); ivi sarà il pianto e lo stridor de' denti<\/i> (— gelo<\/b>).\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"13, 42","NotaFonte":"","TestoFonte":"et mittent eos in caminum ignis; ibi erit fletus et stridor dentium.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#13","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"87","from":2632.0,"to":2641.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"i giri, larghe, e lo scender sia<\/b>\nec.  Zeugma di numero, come quel Virgiliano Eneid. I, 16 Hic\nillius arma, hic currus fuit.<\/i>  Acciocch\u00e8 a Dante, chiosa il\nVenturi, non girasse il capo, se i giri fossero stati stretti, e\nse si fosse fatto uno scendere quasi che a piombo.  Dovea adunque\ndescrivere come una larga scala a lumaca, ma assai dolce [cio\u00e8 di\ncomoda scesa].  — Pensa la nuova soma.<\/i><\/b>  Abbi riguardo a Dante\npoco avvezzo a simili rischi, e va a bell'agio.  Vi \u00e8 chi\nl'intende diversamente, interpretando, bada bene; il carico \u00e8 pi\u00f9\npesante del solito; non \u00e8 un corpo aereo; portalo con riguardo di\nnon cader sotto del peso: non mi finisce di piacere.  Lo stesso\nVenturi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
i giri, larghe, e lo scender sia <\/b>ecc.  Zeugma di numero, come quel virgiliano Eneid<\/em>. I, 16 Hic illius arma, hic currus fuit.<\/i> <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"I 16-17","NotaFonte":"","TestoFonte":"Hic illius arma, 
hic currus fuit.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:1.12-1.33","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"98-99","from":16170.0,"to":16185.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"i padri dei loro padri.\n— L'imprecazione di Giobbe: «Perisca il giorno in cui nacqui e\nla notte in cui si disse: \u00e8 stato concepito un uomo; si cangi\nquel giorno in tenebre; lo oscurino le tenebre e l'ombra della\nmorte: lo investa la caligine e sia involto nell'amarezza» — qui\ndiventa realt\u00e0.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
L'imprecazione di Giobbe: «Perisca il giorno in cui nacqui e\r\nla notte in cui si disse: è stato concepito un uomo; si cangi\r\nquel giorno in tenebre; lo oscurino le tenebre e l'ombra della\r\nmorte: lo investa la caligine e sia involto nell'amarezza» — qui\r\ndiventa realtà.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4577","LuogoFonte":"3, 1-5","NotaFonte":"","TestoFonte":"[1]<\/strong> Post haec aperuit Iob os suum et maledixit diei suo  [2]<\/strong> et locutus est: [3]<\/strong> “ Pereat dies, in qua natus sum, | et nox, in qua dictum est: “Conceptus est homo”. [4]<\/strong> Dies ille vertatur in tenebras; | non requirat eum Deus desuper, | et non illustretur lumine. [5] <\/strong>Obscurent eum tenebrae et umbra mortis; | occupet eum caligo, | et involvatur amaritudine.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_iob_lt.html#3","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"104","from":2762.0,"to":2767.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro di Giobbe"},
{"Annotazione":"i sette P impressi dall'angelo in fronte\na Dante nell'ingresso del Purgatorio [Cant. IX, 112] — che son\nrimasi ancor nel volto tuo presso che stinti<\/b>: accenna Dante con\nci\u00f2 che la superbia, o sia il dispregio della divina legge\n[radice, come l'Ecclesiastico avverte, d'ogni peccato [Cap. 10 v.\n15]] forma la maggior bruttezza del peccato medesimo: e per\u00f2\ncolla totale estinzione del primo P, cio\u00e8 del peccato della\nsuperbia, pone gi\u00e0 rimasi presso che estinti anche gli altri sei\nP.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
i sette P impressi dall'angelo in fronte a Dante nell'ingresso del Purgatorio [Cant. IX, 112]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IX 112","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sette P ne la fronte mi descrisse","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=43&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"121-122","from":11983.0,"to":11985.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"ieri, che fu Venerd\u00ec\nSanto, cinque ore pi\u00f9 tardi di adesso che sono sedici ore, cio\u00e8\nad ore ventuna, fecero 1266 anni dacch\u00e8 qui la via fu rotta:\nch'\u00e8 quanto dire, ch'ella si ruppe nel punto della morte del\nRedentore.  Infatti, se da' 1300 anni corsi dall'Incarnazione al\nviaggio di Dante, si tolgono i 34 corsi dall'Incarnazione alla\nmorte di Cristo, restano appunto anni 1266.  E finge il Poeta che\nil terremoto avvenuto allo spirar del Signore (Matth., XXVII) si\nfosse fatto pi\u00f9 che altrove sentire nella sesta bolgia destinata\nagl'ipocriti, per essere stati questi i principali autori di\nquella morte.  — Otta<\/b>, per Ora<\/i>, vive tuttavia nel contado di\nFirenze.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Ier, più oltre<\/strong>, ec., ieri, che fu Venerdì Santo, cinque ore più tardi di adesso che sono sedici ore, cioè ad ore ventuna, fecero 1266 anni dacchè qui la via fu rotta: ch'è quanto dire, ch'ella si ruppe nel punto della morte del Redentore. Infatti, se da' 1300 anni corsi dall'Incarnazione al viaggio di Dante, si tolgono i 34 corsi dall'Incarnazione alla morte di Cristo, restano appunto anni 1266. E finge il Poeta che il terremoto avvenuto allo spirar del Signore (Matth., XXVII) si fosse fatto più che altrove sentire nella sesta bolgia destinata agl'ipocriti, per essere stati questi i principali autori di quella morte. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"Matteo XXVII, 51","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et ecce velum templi scissum est a summo usque deorsum in duas partes, et terra mota est, et petrae scissae sunt","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#27","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"112-114","from":20149.0,"to":20152.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"il Danubio, fiume grossissimo che nasce\nnella Germania e depone nel Mar Nero.  Danuvius<\/i>, che ha con\nDanoia<\/i> molto di somiglianza, dice Mattia Martinio [Diction.\nphilolog.<\/i> art. Ister.<\/i>] che fosse una volta appellato questo\nfiume  — Ostericchi<\/b>, Ostericch<\/i><\/b>, o simile, appellasi in\nTedesco linguaggio, ed anche dagli stessi antichi scrittori\nToscani [Vedi tra gli altri Gio. Villani lib. 6 cap. 29 e de per\ntutto] l'Austria, una delle pi\u00f9 fredde regioni dal Danubio\nadacquate.  Secondo per\u00f2 che ne riportano scritto la Nidobeatina,\ne il condice della Corsini 127, Dante, a norma dell'Oraziano\nprecetto [Poet. ver.<\/i> 53] s\u00ec 'l detto Tedesco vocabolo, che lo\nSchiavone Tambernich<\/i> del verso 28 e coerentemente anche il\ncricch<\/i> del verso 30 fa alla Italiana maniera terminare in\nvocale: ci\u00f2 che, non facendo l'altre edizioni, ma lasciando essi\nvocaboli in tutta la nat\u00eca loro crudezza, dee aver offeso le\ndelicate orecchie del Venturi.  Vedilo, che graziosamente ce lo\nfa intendere.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ostericchi<\/b> [...], Dante, a norma dell'Oraziano precetto [Poet. ver.<\/i> 53] sì 'l detto Tedesco vocabolo, che lo Schiavone Tambernich<\/i> del verso 28 e coerentemente anche il cricch<\/i> del verso 30 fa alla Italiana maniera terminare in vocale: ciò che, non facendo l'altre edizioni, ma lasciando essi vocaboli in tutta la natìa loro crudezza, dee aver offeso le delicate orecchie del Venturi.  Vedilo, che graziosamente ce lo fa intendere.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q703985","LuogoFonte":"23","NotaFonte":"","TestoFonte":"denique sit quodvis, simplex dumtaxat et unum","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0893.phi006.perseus-lat1:1-43","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"26","from":31101.0,"to":31103.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Ars poetica"},
{"Annotazione":"il Limbo, il luogo dove aveva\nDante inteso che stanziava Virgilio [Inf. IV, 39]: ed addimanda\ncos\u00ec in generale, per tema di non offendere Virgilio, dimandando\nse foss'egli esperto di tale viaggio.  — che sol per pena<\/b> ec.\ncorrisponde al dettogli da Virgilio\n\n     . . . . , . e sol di tanto offesi<\/i>,\n     Che senza speme vivemo in dis\u00eco<\/i> \n     [Ivi V, 41 e seg.]:\n\n— cionca<\/i><\/b>, significa lo stesso che tronca.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Primo grado<\/strong> il Limbo, il luogo dove aveva Dante inteso che stanziava Virgilio [Inf. IV, 39]: ed addimanda così in generale, per tema di non offendere Virgilio, dimandando se foss'egli esperto di tale viaggio. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV 39","NotaFonte":"","TestoFonte":"e di questi cotai son io medesmo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=4&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"17-18","from":7793.0,"to":7795.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"il Sole [Stabilisce il Cinonio che\nil pronome colui si d\u00e0 solamente a persona<\/i> [Partic.<\/i> 53, 1];\nma reca poi un altro passo di Dante, ove, come nel presente, d\u00e0\ncotal pronome al Sole, Nel tempo che colui, che il mondo\nschiara<\/i> ec. [Inf. XXVI, 26].  Pi\u00f9 saggiamente adunque definisce \nil Vocabolario della Crusca Colui, pronome, che si riferisce per\nlo pi\u00f9 a persona<\/i><\/b>] — Dell'emisperio nostro<\/b> [del<\/b> per dal<\/i>\n[Cinonio Partic.<\/i> 71, 12]] — s\u00ec discende<\/i><\/b>, talmente dismonta\n— Che 'l giorno d'ogni parte si consuma<\/b>: cos\u00ec la Nidobeatina\ned altre edizioni meglio che quella della Crusca e seguaci E 'l\ngiorno d'ogni parte<\/i><\/b> ec. nella qual lezione il si<\/i><\/b> al\ndiscende<\/b>, nel secondo verso, non si aggiunge per altro che per\nformarne una sillaba di pi\u00f9.  Con ci\u00f2 sia che non subito, disceso\nsotto l'orizzonte il Sole, cessi 'l giorno totalmente, n\u00e8\nveggansi le stelle, perci\u00f2 dice il Poeta, che allora il cielo si\nrif\u00e0 parvente per molte luci<\/b>, si rif\u00e0 per le molte sue stelle\nvedere, quando il Sole discende s\u00ec<\/b>, talmente, che cessi affatto\nil giorno — Lo ciel, che sol di lui prima s'accende<\/b>: il cielo\nche prima, quando era giorno, veniva solamente illuminato dal\nSole.  Venturi  — Per molte luci, in che una risplende<\/b>, per\nmolti corpi illuminati da una luce del Sole.  Il Sole, dice Dante\nmedesimo nel Convito<\/i>, di sensibile luce se prima, e poi tutte\nle corpora celestiali, e elementali allumina<\/i> [Tratt. 3, 12]:\nsentenza o la stessa, o non molto dissimile da quella che\nriferisce Seneca sostenuta da grandi uomini, che sieno le stelle\nsolida quaedam terrenaque corpora, quae per igneos tractus\nlabentia inde splendorem trahant, coloremque; non de suo clara<\/i>\n[Quaest. nat.<\/i> lib. 7 cap. 1].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
un altro passo di Dante, ove, come nel presente, dà cotal pronome al Sole, Nel tempo che colui, che il mondo schiara<\/i> ec. [Inf. XXVI, 26].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVI 26","NotaFonte":"","TestoFonte":"nel tempo che colui che 'l mondo schiara","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=26&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-6","from":19192.0,"to":19194.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"il carro reso pe' detti accessorii\nmostruoso.  — e trassel per la selva tanto che ec.<\/i>  e trasselo\nper la selva~, in cui eravamo~, tanto lontano che fecemi essere\nla interposizione della stessa selva scudo<\/i>, riparo~, ostacolo~,\nalla puttana<\/i>, ed alla nuova belva<\/i>, vale~, a vedere la\nputtana<\/i>, e 'l nuovo mostro del carro.<\/i>  Accenna cos\u00ec in aria\nprofetica il fatto~, che gi\u00e0 quando scriveva era successo~,\ndell' attirarsi Filippo il Bello in Francia il Papa e la papale\nsedia nel 1305.\n\n\tNon tralascer\u00f2 per ultimo di rinnovare alla memoria de'\nleggitori quanto altrove [Inf. XXVIII. 27.] in discolpa del Poeta\navvisai~, che col variare de' secoli varia l'onest\u00e0 de'\nvocaboli~, e che quelli che a' tempi nostri sono i pi\u00f9\nlicenziosi~, poterono un tempo essere i pi\u00f9 riserbati.  I Latini\ntermini~, che sono a d\u00ec nostri d'ordinario i pi\u00f9 coperti~, par\nverisimile che ne' tempi pi\u00f9 vicini al comune Latino parlare\ndovessero essere i pi\u00f9 intesi.\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Non tralascerò per ultimo di rinnovare alla memoria de' leggitori quanto altrove [Inf. XXVIII. 27.] in discolpa del Poeta avvisai, che col variare de' secoli varia l'onestà de' vocaboli, e che quelli che a' tempi nostri sono i più licenziosi, poterono un tempo essere i più riserbati.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVIII 27","NotaFonte":"","TestoFonte":"che merda fa di quel che si trangugia.","UrlFonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/tool\/annotation\/17915\/17915232700\/","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"158-160","from":33032.0,"to":33034.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"il cos\u00ec da Platone intitolato Dialogo, per\nPlatone medesimo in quel Dialogo.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
il così da Platone intitolato Dialogo, per Platone medesimo in quel Dialogo.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q859","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q371884","LuogoFonte":" 41d-42b","NotaFonte":"","TestoFonte":"τα\u1fe6τ\u1fbd ε\u1f36πε, κα\u1f76 π\u03acλιν \u1f10π\u1f76 τ\u1f78ν πρ\u03ccτερον κρατ\u1fc6ρα, \u1f10ν \u1fa7 τ\u1f74ν το\u1fe6 παντ\u1f78ς ψυχ\u1f74ν κερανν\u1f7aς \u1f14μισγεν, τ\u1f70 τ\u1ff6ν πρ\u03ccσθεν \u1f51π\u03ccλοιπα κατεχε\u1fd6το μ\u03afσγων τρ\u03ccπον μ\u03adν τινα τ\u1f78ν α\u1f50τ\u03ccν, \u1f00κ\u03aeρατα δ\u1f72 ο\u1f50κ\u03adτι κατ\u1f70 τα\u1f50τ\u1f70 \u1f61σα\u03cdτως, \u1f00λλ\u1f70 δε\u03cdτερα κα\u1f76 τρ\u03afτα. συστ\u03aeσας δ\u1f72 τ\u1f78 π\u1fb6ν διε\u1fd6λεν ψυχ\u1f70ς \u1f30σαρ\u03afθμους το\u1fd6ς \u1f04στροις, 
[41ε] \u1f14νειμ\u03adν θ\u1fbd \u1f11κ\u03acστην πρ\u1f78ς \u1f15καστον, κα\u1f76 \u1f10μβιβ\u03acσας \u1f61ς \u1f10ς \u1f44χημα τ\u1f74ν το\u1fe6 παντ\u1f78ς φ\u03cdσιν \u1f14δειξεν, ν\u03ccμους τε το\u1f7aς ε\u1f31μαρμ\u03adνους ε\u1f36πεν α\u1f50τα\u1fd6ς, \u1f45τι γ\u03adνεσις πρ\u03ceτη μ\u1f72ν \u1f14σοιτο τεταγμ\u03adνη μ\u03afα π\u1fb6σιν, \u1f35να μ\u03aeτις \u1f10λαττο\u1fd6το \u1f51π\u1fbd α\u1f50το\u1fe6, δ\u03adοι δ\u1f72 σπαρε\u03afσας α\u1f50τ\u1f70ς ε\u1f30ς τ\u1f70 προσ\u03aeκοντα \u1f11κ\u03acσταις \u1f15καστα \u1f44ργανα χρ\u03ccνων
[42α] φ\u1fe6ναι ζ\u1ff4ων τ\u1f78 θεοσεβ\u03adστατον, διπλ\u1fc6ς δ\u1f72 ο\u1f54σης τ\u1fc6ς \u1f00νθρωπ\u03afνης φ\u03cdσεως, τ\u1f78 κρε\u1fd6ττον τοιο\u1fe6τον ε\u1f34η γ\u03adνος \u1f43 κα\u1f76 \u1f14πειτα κεκλ\u03aeσοιτο \u1f00ν\u03aeρ. \u1f41π\u03ccτε δ\u1f74 σ\u03ceμασιν \u1f10μφυτευθε\u1fd6εν \u1f10ξ \u1f00ν\u03acγκης, κα\u1f76 τ\u1f78 μ\u1f72ν προσ\u03afοι, τ\u1f78 δ\u1fbd \u1f00π\u03afοι το\u1fe6 σ\u03ceματος α\u1f50τ\u1ff6ν, πρ\u1ff6τον μ\u1f72ν α\u1f34σθησιν \u1f00ναγκα\u1fd6ον ε\u1f34η μ\u03afαν π\u1fb6σιν \u1f10κ βια\u03afων παθημ\u03acτων σ\u03cdμφυτον γ\u03afγνεσθαι, δε\u03cdτερον δ\u1f72 \u1f21δον\u1fc7 κα\u1f76 λ\u03cdπ\u1fc3 μεμειγμ\u03adνον \u1f14ρωτα, πρ\u1f78ς δ\u1f72 το\u03cdτοις φ\u03ccβον κα\u1f76 θυμ\u1f78ν \u1f45σα
[42β] τε \u1f11π\u03ccμενα α\u1f50το\u1fd6ς κα\u1f76 \u1f41π\u03ccσα \u1f10ναντ\u03afως π\u03adφυκε διεστηκ\u03ccτα: \u1f67ν ε\u1f30 μ\u1f72ν κρατ\u03aeσοιεν, δ\u03afκ\u1fc3 βι\u03ceσοιντο, κρατηθ\u03adντες δ\u1f72 \u1f00δικ\u03af\u1fb3. κα\u1f76 \u1f41 μ\u1f72ν ε\u1f56 τ\u1f78ν προσ\u03aeκοντα χρ\u03ccνον βιο\u03cdς, π\u03acλιν ε\u1f30ς τ\u1f74ν το\u1fe6 συνν\u03ccμου πορευθε\u1f76ς ο\u1f34κησιν \u1f04στρου, β\u03afον ε\u1f50δα\u03afμονα κα\u1f76 συν\u03aeθη \u1f15ξοι, σφαλε\u1f76ς δ\u1f72 το\u03cdτων ε\u1f30ς γυναικ\u1f78ς φ\u03cdσιν \u1f10ν τ\u1fc7","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0059.tlg031.perseus-grc1:42b","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"49","from":3273.0,"to":3274.0,"NomeAutore":"Platone","TitoloFonte":"Timeo"}, {"Annotazione":"il ferito, l'uomo — ristrinse\ninsieme l'orme<\/b>: l'orme<\/b> per piedi. Nello stesso significato\nusarono di dire i poeti Latini vestigia.<\/i> Catullo in quella\nelegia dove introduce a parlare la chioma di Berenice, divenuta\nuna delle celesti costellazioni, cos\u00ec dice:\n\n Sed quamquam me nocte premunt vestigia divum<\/i>;\n\ne fu imitato dal Sannazzaro nell'ecloga 5 dell'Arcadia, dove\npiange la morte d'Androgeo\n\n E coi vestigi santi<\/i>\n Calchi le stelle erranti.<\/i> — Volpi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
L'orme<\/b> per piedi.  Nello stesso significato usarono di dire i poeti Latini vestigia.<\/i>  Catullo in quella elegia dove introduce a parlare la chioma di Berenice, divenuta una delle celesti costellazioni, così dice:      Sed quamquam me nocte premunt vestigia divum<\/i>;<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q163079","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/carmina","LuogoFonte":"LXVI 69","NotaFonte":"","TestoFonte":"sed quamquam me nocte premunt vestigia <\/strong>divum,","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0003%3Apoem%3D66","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":24374.0,"to":24381.0,"NomeAutore":"Gaio Valerio Catullo","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"il lume, nel qual\nnascosto gioivasi il mio tesoro<\/b>, l'amatissimo mio trisavolo,\nch'ivi ebbi la sorte di trovare — si fe' prima corrusca, quale<\/b>\nec. s'accese in prima di maggior splendore, tale qual sarebbe\nquello di specchio d'oro ai raggi del Sole: solito indizio di\nvolontieri que' beati spiriti accondiscendere alle dimande loro\nfatte.  Vedi Par. VIII, 46, IX, 68 ed altrove.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
solito indizio di volontieri que' beati spiriti accondiscendere alle dimande loro fatte.  Vedi Par. III, 46, IX, 68 ed altrove.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. VIII 46-48","NotaFonte":"","TestoFonte":"E quanta e quale vid'io lei far piùe
per allegrezza nova che s'accrebbe,
quando parlai, a l'allegrezze sue!","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=75&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"121-123","from":17049.0,"to":17054.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"il lupo e i lupicini. —\nsane<\/b> legge la Nidod., e scane<\/i> l'altre ediz. Non si trovando\nper\u00f2 di scana<\/i> o scane<\/i> altro esempio che questo medesimo, \u00e8\npi\u00f9 credibile che, usando Dante della sincope a cagion della\nrima, scrivesse sane<\/i><\/b> in vece di sanne<\/i><\/b>; come per simile\nbisogno scrisse Baco<\/i> per Bacco [Inf. XX, 59]. Sanne<\/i> appella\nil Poeta i denti pure del cerbero [Inf. VI, 23].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sanne<\/i> <\/strong>appella il Poeta i denti pure del Cerbero [Inf. VI, 23].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VI 23","NotaFonte":"","TestoFonte":"le bocche aperse e mostrocci le sanne<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=6&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"35","from":32185.0,"to":32195.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"il mio corpo; ed \u00e8 tolto da\nBrandizio; perch\u00e8 a Brandizio mor\u00ec, e fu a Napoli sotterrato:\nonde l'epitafio di lui dice: Mantua me genuit, Calabri rapuere,\ntenet nunc Parthenope.<\/i>  Daniello.  Brandizio<\/b>, per Brindisi<\/i><\/b>\nadopera anche Gio. Villani Cron. lib. I cap. 12 ed altrove.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
a Brandizio morì, e fu a Napoli sotterrato: onde l'epitafio di lui dice: Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope.<\/i>  Daniello.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q247137","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/vita-vergilii","LuogoFonte":"XXXVI","NotaFonte":"","TestoFonte":"Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc
Parthenope.","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/index.php?app=browser&text=14477:1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"27","from":2081.0,"to":2084.0,"NomeAutore":"Elio Donato","TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"il nominato Sole<\/i> {v.120} — a\ntutti i lumi Della sua strada<\/b>, a tutti i segni del zodiaco —\nnovecento trenta<\/b> ec., vale, vissi in terra novecento\ntrent'anni<\/i><\/b>; come appunto narra la sacra Genesi [Cap. 5].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
novecento trenta<\/b> ec., vale, vissi in terra novecento trent'anni<\/i>; come appunto narra la sacra Genesi [Cap. 5].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"V 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et factum est omne tempus, quod vixit Adam, anni nongenti triginta, et mortuus est.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#5","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"121-123","from":26213.0,"to":26215.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"il perch\u00e8~, per la qual cosa — un\nnasce Solone<\/i>, ed altro ec.<\/i>  uno inclinato ed atto a dar\nleggi~, come Solone~; altro a comandare eserciti~, come Serse;\naltro ad esercitare il sacerdotal ministero~, come Melchisedech~;\naltro a far da macchinista come Dedalo~; colui che per\nisfuggirsene dalla prigionia in cui era tenuto da Minos Re di\nCreta~, composte per se e per suo figlio Icaro con penne e cera\ndelle ali~, via se ne volava~: se non che~, osando il figlio di\ntroppo vicino al Sole innalzarsi~, squagliatasi pel calor solare\nla cera~, che le penne delle ali conglutinava~, precipit\u00f2 nel\nsottoposto mare~, ed affog\u00f2.  Favola nota.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dedalo; colui che per isfuggirsene dalla prigionia in cui era tenuto da Minos Re di Creta, composte per se e per suo figlio Icaro con penne e cera delle ali, via se ne volava: se non che, osando il figlio di troppo vicino al Sole innalzarsi, squagliatasi pel calor solare la cera, che le penne delle ali conglutinava, precipitò nel sottoposto mare, ed affogò.  Favola nota. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"VIII 203-235","NotaFonte":"","TestoFonte":"Instruit et natum “medio” que “ut limite curras,
Icare,” ait “moneo, ne, si demissior ibis,
unda gravet pennas, si celsior, ignis adurat.
Inter utrumque vola. Nec te spectare Booten
aut Helicen iubeo strictumque Orionis ensem:
me duce carpe viam.” Pariter praecepta volandi
tradit et ignotas umeris accommodat alas.
Inter opus monitusque genae maduere seniles,
et patriae tremuere manus. Dedit oscula nato
non iterum repetenda suo, pennisque levatus
ante volat comitique timet, velut ales, ab alto
quae teneram prolem produxit in aera nido,
hortaturque sequi damnosasque erudit artes
et movet ipse suas et nati respicit alas.
Hos aliquis tremula dum captat harundine pisces,
aut pastor baculo stivave innixus arator
vidit et obstipuit, quique aethera carpere possent
credidit esse deos. Et iam Iunonia laeva
parte Samos (fuerant Delosque Parosque relictae),
dextra Lebinthos erat fecundaque melle Calymne,
cum puer audaci coepit gaudere volatu
deseruitque ducem caelique cupidine tractus
altius egit iter. Rapidi vicinia solis
mollit odoratas, pennarum vincula, ceras.
Tabuerant cerae: nudos quatit ille lacertos,
remigioque carens non ullas percipit auras,
oraque caerulea patrium clamantia nomen
excipiuntur aqua: quae nomen traxit ab illo.
At pater infelix, nec iam pater, “Icare,” dixit,
“Icare,” dixit “ubi es? qua te regione requiram?”
“Icare” dicebat: pennas adspexit in undis
devovitque suas artes corpusque sepulcro
condidit, et tellus a nomine dicta sepulti.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:8.183-8.259","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"124-126","from":7841.0,"to":7862.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"il piacere di aver vicino\ne di abbracciare il figlio Telemaco. Dolcezza di figlio<\/i>\nleggono diversamente dalla Nidob. l'altre ediz. — pi\u00e8ta del\nvecchio padre.<\/b> Pi\u00e8ta<\/b> pu\u00f2 qu\u00ec significare o quel medesimo che\ndice Cicerone Pietas est voluntas grata in parentes<\/i><\/b> [Pro\nPlancio<\/i>], o anche l'attristamento del vecchio genitore Laerte da\nUlisse preveduto, se tisolvevasi di abbandonarlo per viaggiare,\n— n\u00e8 'l debito amore<\/i><\/b> coniugale — doveva Penelope far lieta<\/b>,\nrendere contenta, anzi che disgustarla coll'abbandono.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Pièta<\/b> può quì significare [...] o quel medesimo che dice Cicerone Pietas est voluntas grata in parentes<\/i> [Pro Plancio<\/i>]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42194614","LuogoFonte":"XXXIII 80","NotaFonte":"","TestoFonte":"quid est pietas nisi voluntas grata in parentes?","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0474.phi028.perseus-lat1:33","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"94-96","from":25421.0,"to":25441.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":"Pro Plancio"},
{"Annotazione":"il pi\u00f9 piccolo dei tre gironi,\nin cui si divide il settimo cerchio.  — suggella del segno\nsuo<\/b>: imprime il suo marchio di fuoco.  — e Soddoma e Caorsa<\/b>:\nIndica col nome delle citt\u00e0 i vizi per cui andarono tristemente\nfamose, tanto che dire sodomita<\/i> e caorsino<\/i> equivaleva a dire:\nlussurioso contro natura e usuraio.  Sodoma fu antica citt\u00e0 della\nPalestina (Genesi<\/i>, XVIII e XIX), e Caorsa, Cahors<\/i> (lat.\nCadurcum<\/i>) era capoluogo dell'alto Quercy in Francia.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
e Soddoma e Caorsa<\/b>:\r\nIndica col nome delle città i vizi per cui andarono tristemente\r\nfamose, tanto che dire sodomita<\/i> e caorsino<\/i> equivaleva a dire:\r\nlussurioso contro natura e usuraio.  Sodoma fu antica città della\r\nPalestina (Genesi<\/i>, XVIII e XIX), e Caorsa, Cahors<\/i> (lat.\r\nCadurcum<\/i>) era capoluogo dell'alto Quercy in Francia.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"18, 20-21; 19, 24-28","NotaFonte":"Luogo di fornicazione e peccato per antonomasia, assieme alla citt\u00e0 di Gomorra, Sodoma compare gi\u00e0 nel capitolo tredicesimo del \"Liber Genesis\" con gli attributi negativi che la connotano: \u00abHomines autem Sodomitae pessimi erant et peccatores coram Domino nimis\u00bb (Genesi 13, 13).","TestoFonte":"[18, 20]<\/strong> Dixit itaque Dominus: “Clamor contra Sodomam et Gomorram multiplicatus est, et peccatum eorum aggravatum est nimis. | [21]<\/strong> Descendam et videbo utrum clamorem, qui venit ad me, opere compleverint an non; sciam”. [...] || [19, 24]<\/strong> Igitur Dominus pluit super Sodomam et Gomorram sulphur et ignem a Domino de caelo | [25]<\/strong> et subvertit civitates has et omnem circa regionem, universos habitatores urbium et cuncta terrae virentia. | [26]<\/strong> Respiciensque uxor eius post se versa est in statuam salis. | [27]<\/strong> Abraham autem consurgens mane venit ad locum, ubi steterat prius cum Domino, | [28]<\/strong> intuitus est Sodomam et Gomorram et universam terram regionis illius; viditque ascendentem favillam de terra quasi fornacis fumum.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#18","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"49-50","from":9953.0,"to":9956.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"il primo pi\u00f9 al\nbecco vicino \u00e8 quell'Imperator Traiano il quale, mentr'era gi\u00e0 a\ncavallo alla testa dell'esercito per uscir di Roma a certa\nspedizione, vinto dalle preghiere e lagrime della vedova, a cui\nera stato ucciso il figliuolo, torn\u00f2 addietro per renderle\ngiustizia.  Descrive il Poeta questo fatto pi\u00f9 estesamente nel\ncanto X del Purgatorio v. 37 e segg. ed \u00e8 ivi giustificato da\nquelle riprensioni, che non cessa il Venturi di qu\u00ec novamente\nripetere.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Descrive il Poeta questo fatto più estesamente nel canto X del Purgatorio v. 37 e segg. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. X 73-93","NotaFonte":"L'episodio citato comincia al v. 73, non 37, di Purg. X","TestoFonte":"Quiv'era storïata l'alta gloria
del roman principato, il cui valore
mosse Gregorio a la sua gran vittoria;
i' dico di Traiano imperadore;
e una vedovella li era al freno,
di lagrime atteggiata e di dolore.
Intorno a lui parea calcato e pieno
di cavalieri, e l'aguglie ne l'oro
sovr'essi in vista al vento si movieno.
La miserella intra tutti costoro
pareva dir: \"Segnor, fammi vendetta
di mio figliuol ch'è morto, ond'io m'accoro\";
ed elli a lei rispondere: \"Or aspetta
tanto ch'i' torni\"; e quella: \"Segnor mio\",
come persona in cui dolor s'affretta,
\"se tu non torni?\"; ed ei: \"Chi fia dov'io,
la ti farà\"; ed ella: \"L'altrui bene
a te che fia, se 'l tuo metti in oblio?\";
ond'elli: \"Or ti conforta; ch'ei convene
ch'i' solva il mio dovere anzi ch'i' mova:
giustizia vuole e pietà mi ritene\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=44&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"44-45","from":19490.0,"to":19495.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"il proprio genio inspiratore. Cfr.\nInf. X, 59.\n\n — Se per questo cieco<\/i>\n Carcere vai per altezza d'ingegno.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
il proprio genio inspiratore. Cfr. Inf. X, 59.\r\n                — Se per questo cieco<\/i>\r\n     Carcere vai per altezza d'ingegno.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. X, 58-60","NotaFonte":"","TestoFonte":"piangendo disse: «Se per questo cieco carcere 
vai per altezza d'ingegno,
mio figlio ov' e\u0300? e perche\u0301 non e\u0300 teco?».","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=10&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":1041.0,"to":1043.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"il quale Iddio, di se parlando,\ndice a Mois\u00e8, Io ti far\u00f2 vedere ogni valore<\/b>, io ti mostrer\u00f2 in\nme l'unione d'ogni pregio. Di questo senso dee Dante intendere\nessere le parole dette da Dio a Mois\u00e8 Ego ostendam omne bonum\ntibi<\/i> [Exodi<\/i> 33].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Di questo senso dee Dante intendere essere le parole dette da Dio a Moisè Ego ostendam omne bonum tibi<\/i> [Exodi<\/i> 33].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9190","LuogoFonte":"XXXIII 19","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ego ostendam omne bonum tibi","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_exodus_lt.html#33","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"41-42","from":25658.0,"to":25660.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dell'Esodo"},
{"Annotazione":"il quale insegn\u00f2, che\nfossero le anime nostre fatte prima dei corpi, e distribuite\nnelle stelle; e che dalle stelle passando ai corpi, ritornino in\nmorte alle medesime stelle per ivi, secondo i meriti maggiori o\nminori quaggi\u00f9 contratti, restarsene pi\u00f9 o men lungamente [Vedi\nPlatone nel Timeo<\/i>, e ci\u00f2 che insegnato da Platone riferisce s.\nAgostino lib. 13 De Civit. Dei<\/i> cap. 19].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vedi Platone nel Timeo<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q859","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q371884","LuogoFonte":"41d-42b","NotaFonte":"Sulla conoscenza del Timeo da parte di dante, cfr. https:\/\/www.treccani.it\/enciclopedia\/timeo_%28Enciclopedia-Dantesca%29\/","TestoFonte":"τα\u1fe6τ\u1fbd ε\u1f36πε, κα\u1f76 π\u03acλιν \u1f10π\u1f76 τ\u1f78ν πρ\u03ccτερον κρατ\u1fc6ρα, \u1f10ν \u1fa7 τ\u1f74ν το\u1fe6 παντ\u1f78ς ψυχ\u1f74ν κερανν\u1f7aς \u1f14μισγεν, τ\u1f70 τ\u1ff6ν πρ\u03ccσθεν \u1f51π\u03ccλοιπα κατεχε\u1fd6το μ\u03afσγων τρ\u03ccπον μ\u03adν τινα τ\u1f78ν α\u1f50τ\u03ccν, \u1f00κ\u03aeρατα δ\u1f72 ο\u1f50κ\u03adτι κατ\u1f70 τα\u1f50τ\u1f70 \u1f61σα\u03cdτως, \u1f00λλ\u1f70 δε\u03cdτερα κα\u1f76 τρ\u03afτα. συστ\u03aeσας δ\u1f72 τ\u1f78 π\u1fb6ν διε\u1fd6λεν ψυχ\u1f70ς \u1f30σαρ\u03afθμους το\u1fd6ς \u1f04στροις, 
[41ε] \u1f14νειμ\u03adν θ\u1fbd \u1f11κ\u03acστην πρ\u1f78ς \u1f15καστον, κα\u1f76 \u1f10μβιβ\u03acσας \u1f61ς \u1f10ς \u1f44χημα τ\u1f74ν το\u1fe6 παντ\u1f78ς φ\u03cdσιν \u1f14δειξεν, ν\u03ccμους τε το\u1f7aς ε\u1f31μαρμ\u03adνους ε\u1f36πεν α\u1f50τα\u1fd6ς, \u1f45τι γ\u03adνεσις πρ\u03ceτη μ\u1f72ν \u1f14σοιτο τεταγμ\u03adνη μ\u03afα π\u1fb6σιν, \u1f35να μ\u03aeτις \u1f10λαττο\u1fd6το \u1f51π\u1fbd α\u1f50το\u1fe6, δ\u03adοι δ\u1f72 σπαρε\u03afσας α\u1f50τ\u1f70ς ε\u1f30ς τ\u1f70 προσ\u03aeκοντα \u1f11κ\u03acσταις \u1f15καστα \u1f44ργανα χρ\u03ccνων
[42α] φ\u1fe6ναι ζ\u1ff4ων τ\u1f78 θεοσεβ\u03adστατον, διπλ\u1fc6ς δ\u1f72 ο\u1f54σης τ\u1fc6ς \u1f00νθρωπ\u03afνης φ\u03cdσεως, τ\u1f78 κρε\u1fd6ττον τοιο\u1fe6τον ε\u1f34η γ\u03adνος \u1f43 κα\u1f76 \u1f14πειτα κεκλ\u03aeσοιτο \u1f00ν\u03aeρ. \u1f41π\u03ccτε δ\u1f74 σ\u03ceμασιν \u1f10μφυτευθε\u1fd6εν \u1f10ξ \u1f00ν\u03acγκης, κα\u1f76 τ\u1f78 μ\u1f72ν προσ\u03afοι, τ\u1f78 δ\u1fbd \u1f00π\u03afοι το\u1fe6 σ\u03ceματος α\u1f50τ\u1ff6ν, πρ\u1ff6τον μ\u1f72ν α\u1f34σθησιν \u1f00ναγκα\u1fd6ον ε\u1f34η μ\u03afαν π\u1fb6σιν \u1f10κ βια\u03afων παθημ\u03acτων σ\u03cdμφυτον γ\u03afγνεσθαι, δε\u03cdτερον δ\u1f72 \u1f21δον\u1fc7 κα\u1f76 λ\u03cdπ\u1fc3 μεμειγμ\u03adνον \u1f14ρωτα, πρ\u1f78ς δ\u1f72 το\u03cdτοις φ\u03ccβον κα\u1f76 θυμ\u1f78ν \u1f45σα
[42β] τε \u1f11π\u03ccμενα α\u1f50το\u1fd6ς κα\u1f76 \u1f41π\u03ccσα \u1f10ναντ\u03afως π\u03adφυκε διεστηκ\u03ccτα: \u1f67ν ε\u1f30 μ\u1f72ν κρατ\u03aeσοιεν, δ\u03afκ\u1fc3 βι\u03ceσοιντο, κρατηθ\u03adντες δ\u1f72 \u1f00δικ\u03af\u1fb3. κα\u1f76 \u1f41 μ\u1f72ν ε\u1f56 τ\u1f78ν προσ\u03aeκοντα χρ\u03ccνον βιο\u03cdς, π\u03acλιν ε\u1f30ς τ\u1f74ν το\u1fe6 συνν\u03ccμου πορευθε\u1f76ς ο\u1f34κησιν \u1f04στρου, β\u03afον ε\u1f50δα\u03afμονα κα\u1f76 συν\u03aeθη \u1f15ξοι, σφαλε\u1f76ς δ\u1f72 το\u03cdτων ε\u1f30ς γυναικ\u1f78ς φ\u03cdσιν \u1f10ν τ\u1fc7","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0059.tlg031.perseus-grc1:41d","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"24","from":3106.0,"to":3110.0,"NomeAutore":"Platone","TitoloFonte":"Timeo"}, {"Annotazione":"il sacro cordone~:\nespressione~, a dir vero poco obbligante~, essendo~, a parlar con\npropriet\u00e0~, quella fune con cui o si legano gli animali~, o si\nappendono gli uomini. Cos\u00ec 'l Venturi~, non sapendo~, che\nasino<\/i> appunto il maestro di quella famiglia<\/i>, s. Francesco~,\nappellava lo corpo suo~, e come tale volevalo trattato [Vedi s.\nBonaventura nella vita di s. Francesco cap. 5.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
asino<\/i> appunto il maestro di quella famiglia<\/i>, s.  Francesco, appellava lo corpo suo, e come tale volevalo trattato [Vedi s. Bonaventura nella vita di s.  Francesco cap. 5.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43746","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q377357","LuogoFonte":"V 6 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Unde corpus suum fratrem asinum appellabat, tamquam laboriosis supponendum oneribus, crebris caedendum flagellis et vili pabulo sustentandum","UrlFonte":"http:\/\/www.documentacatholicaomnia.eu\/04z\/z_1221-1274__Bonaventura__Legenda_Major_Sancti_Francisci__LT.pdf.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"87","from":10723.0,"to":10727.0,"NomeAutore":"Bonaventura da Bagnoregio","TitoloFonte":"Leggenda maggiore"},
{"Annotazione":"il sacro libro della Genesi, Genesi<\/b>\ndi mascolino genere lo fanno anche altri ottimi scrittori.  Vedi\n'l Vocabolario della Crusca.  Leggiamo di fatto in questo libro\nordinata da Dio la natura, cio\u00e8 la produzione delle cose pe'\nbisogni dell'uomo, ed insieme ordinata all'uomo l'arte, cio\u00e8 il\ntravaglio: tanto mentre viveva l'uomo nel Paradiso terrestre in\nquelle parole tulit ergo Dominus Deus hominem, et posuit eum in\nParadiso voluptatis, ut operaretur, et custodiret illum<\/i> [Gen.<\/i>\n2, 15], quanto fuor d'esso: con quella dura intimazione in\nsudore vultus sui vesceris<\/i> [Gen.<\/i> 3, 19]  — dal principio<\/i><\/b>\nvale quanto da principio<\/i><\/b> [Vedi 'l Cinon. Part.<\/i> 71, 1]  —\nconvene.<\/b>  Cos\u00ec leggo con parecchi testi manoscritti e stampati,\ne cos\u00ec intendo scritto dal Poeta per sincope a cagione della\nrima, in vece di convenne<\/i><\/b>; come, tra gli altri esempi, scrisse\nbaco<\/i> [Inf. XX, 19] in vece di bacco<\/i>, e come in contrario\nbisogno per epentesi viddi<\/i> [Inf. VII, 20] in vece di vidi.<\/i> \nTanto pi\u00f9 che nei testi del Buti [MS. nella preziosa raccolta di\nlibri del fu sig. ab. Niccola De' Rossi Secretario dell'Emo\nCorsini, passato presentemente nella doviziosa biblioteca\ndell'eccellentissima casa], e del Benvenuto qu\u00ec solamente\ntrovasi convene<\/i><\/b>, ed ove questo verbo \u00e8 del tempo presente\ntrovasi scritto conviene.<\/i><\/b>  Vedi per cagion d'esempio Inf. IV,\n91.\n\n\tLeggendosi, come tutte le moderne edizioni appresso a\nquella della Crusca leggono, conviene<\/i>, non pu\u00f2 dal principio<\/b>\ncongiungersi che con lo Genesi<\/b>, n\u00e8 pu\u00f2 estorquersi altro senso\nse non col fare stravagantemente equivalere la particella dal<\/b>\nalla nel<\/i><\/b>, e intendere come se detto fosse, se tu ti rechi a\nmente lo Genesi nel principio<\/i>; nelle prime sue pagine.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il sacro libro della Genesi <\/b>[...].  Leggiamo di fatto in questo libro ordinata da Dio la natura, cioè la produzione delle cose pe' bisogni dell'uomo, ed insieme ordinata all'uomo l'arte, cioè il travaglio: tanto mentre viveva l'uomo nel Paradiso terrestre in quelle parole tulit ergo Dominus Deus hominem, et posuit eum in Paradiso voluptatis, ut operaretur, et custodiret illum<\/i> [Gen. <\/i>2, 15], quanto fuor d'esso. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"II 15","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tulit ergo Dominus Deus hominem et posuit eum in paradiso Eden, ut operaretur et custodiret illum.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"107","from":10361.0,"to":10366.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"il serpe, che, come dice Virgilio, si\nnasconde nell'erba: latet anguis in herba<\/i> (Ecl.<\/i>, III, 93).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
il serpe, che, come dice Virgilio, si\r\nnasconde nell'erba: latet anguis in herba<\/i> (Ecl.<\/i>, III, 93).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q546203","LuogoFonte":"III, 92-93","NotaFonte":"","TestoFonte":"Qui legitis flores et humi nascentia fraga,
Frigidus, o pueri, fugite hinc, latet anguis in herba.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Ceclo%7C003","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"84","from":6387.0,"to":6389.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Bucoliche"}, {"Annotazione":"il sole che nel sistema tolemaico era un\npianeta. Dio \u00e8 lo sole spirituale e intelligibile<\/i>, Conv. III,\n12. Io son la luce del mondo; chi mi seguita non camminer\u00e0\nnelle tenebre, anzi avr\u00e0 la luce della vita.<\/i> S. Giov. VIII, 12. \nNel Paradiso<\/i> (XXV, 54) Dante chiama Dio il sol che raggia\ntutto nostro stuolo.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
il sole che nel sistema tolemaico era un pianeta. Dio è lo sole spirituale e intelligibile<\/i>, Conv. III, 12.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"III, xii, 6-8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Non vede il sol, che tutto 'l mondo gira. Qui è da sapere che, sì come trattando di insensibile cosa per cosa sensibile si tratta convenevolemente, così di cosa non intelligibile per cosa intelligibile trattare si conviene. E però, sì come nella litterale si parlava cominciando dal sole corporale e sensibile, così ora è da ragionarne per lo sole spirituale e intelligibile, che è Iddio. Nullo sensibile in tutto lo mondo è più degno di farsi essemplo di Dio che 'l sole. Lo quale di sensibile luce sé prima e poi tutte le corpora celestiali e le elementali allumina: così Dio prima sé con luce intellettuale allumina, e poi le creature celestiali e l'altre intelligibili. Lo sole tutte le cose col suo calore vivifica, e se alcuna se ne corrompe, non è della 'ntenzione della cagione, ma è accidentale effetto: così Iddio tutte le cose vivifica in bontade, e se alcuna n'è rea, non è della divina intenzione, ma conviene quello per accidente essere nello processo dello inteso effetto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=45&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"17","from":127.0,"to":128.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"il sole onde il colle \u00e8 illuminato\n\u00e8 primieramente Cristo, sole di giustizia, e la dottrina del suo\nVangelo che illumina ogni uomo che viene nel mondo e lo dirige\nper la retta via.  E Cristo e il suo Vangelo sono appunto i soli\ned esclusivi effettori della vera civilt\u00e0, non potendo esservi\nsenza di essi che barbarie e servaggio.  Ma anche l'imperatore\nche deve reggere l'umanit\u00e0 secondo lo spirito del Cristo, \u00e8\ndisegnato altra volta da Dante sotto l'immagine di un sole.\n\n     Soleva Roma, che il buon mondo feo, \n     Duo Soli aver, che l'unae l'altra strada \n     Fac\u00e8n vedere, e del mondo e di Deo. \n     Purg.<\/i>, Canto XVI {Purg.<\/i>, 16. 106-108}\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Brunone Bianchi 1868","FrammentoNota":"
il sole onde il colle è illuminato è primieramente Cristo, sole di giustizia, e la dottrina del suo Vangelo che illumina ogni uomo che viene nel mondo e lo dirige per la retta via. [...] Ma anche l'imperatore che deve reggere l'umanità secondo lo spirito del Cristo, è disegnato altra volta da Dante sotto l'immagine di un sole. Soleva Roma, che il buon mondo feo, Duo Soli aver, che l'una e l'altra strada Facèn vedere, e del mondo e di Deo. Purg.<\/i>, Canto XVI {Purg.<\/i>, 16. 106-108}<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVI, 106-108","NotaFonte":"","TestoFonte":"Soleva Roma, che 'l buon mondo feo,
due soli aver, che l'una e l'altra strada
facean vedere, e del mondo e di Deo.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=50&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"17-18","from":126.0,"to":128.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"il vedere, l'intender nostro —\nche conviene<\/b> ec. che conviene sia quasi un raggio della divina\nmente — Di che tutte le cose son ripiene<\/b>, secondo l'oracolo\nNumquid non caelum et terram ego impleo<\/i>? [Ierem.<\/i> 23]. \nSentimento abbozzato ancora da i poeti gentili: Iovis omnia\nplena<\/i> [Virg. Ecloga<\/i> 3]: Deum namque ire per omnes Terrasque,\ntractusque maris, caelumque profundum<\/i> ec. [Virg. Ecloga<\/i> 4]. \nVenturi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Di che tutte le cose son ripiene<\/b>, secondo l'oracolo Numquid non caelum et terram ego impleo<\/i>? [Ierem.<\/i> 23]. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q158825","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131590","LuogoFonte":"XXIII 24","NotaFonte":"","TestoFonte":"Numquid non caelum et terram ego impleo?,","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ieremiae_lt.html#23","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"52-54","from":18506.0,"to":18525.0,"NomeAutore":"Geremia","TitoloFonte":"Libro di Geremia"},
{"Annotazione":"imitazione dei versi di Virgilio Eneid.\nVIII, 26, 27:\n\n     Nox erat; et terras animalia fessa per omnis<\/i>\n     Alituum pecudumque genus sopor altus habebat.<\/i>\n\n\u00c8 la sera del 25 Marzo del 1300; il primo giorno \u00e8 passato tra\ni disastri della selva ed i discorsi con Virgilio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
imitazione dei versi di Virgilio Eneid. VIII, 26, 27:\r\n     Nox erat; et terras animalia fessa per omnis<\/i>\r\n     Alituum pecudumque genus sopor altus habebat.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VIII, 26-27","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nox erat, et terras animalia fessa per omnis
alituum pecudumque genus sopor altus habebat","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+8&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1","from":993.0,"to":995.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"in\nquesto quinto cielo di Marte [chiosa il Landino] dov'\u00e8 l'albero\ndella Croce [la luminosa Croce formata in Marte dagli spiriti\nbeati [Vedi Par. XIV, 97 e segg.]], che vive della cima ch'\u00e8\nCristo. Meglio per\u00f2 gli altri spositori comunemente per\nl'albero, che vive della cima<\/b> spiegano detto tutto il Paradiso,\nperocch\u00e8 vivente del divino lume, che viene a lui dal pi\u00f9 alto\nluogo: e come Virgilio nella Georgica appropria la voce\ntabulatum<\/i> [che propriamente dicesi delle case, e vale solaio<\/i>,\no palco<\/i>] ai diversi ordini o gradi che compongono i rami di un\nalbero, contemnere ventos Assuescant, summasque sequi tabulata\nper ulmos<\/i> [Georg.<\/i> II, 360 e seg.], cos\u00ec intendendo che appelli\nDante soglie<\/i><\/b> dell'albero del Paradiso i diversi gradi del\nmedesimo, chiosano detto Marte quinta soglia dell'albero<\/b>,\nperocch\u00e8 il pianeta che forma il quinto grado del Paradiso —\nfrutta sempre, e mai non perde foglia<\/b>, sempre \u00e8 adorno di\nfrondi e di frutti.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
in questo quinto cielo di Marte [chiosa il Landino] dov'è l'albero della Croce [la luminosa Croce formata in Marte dagli spiriti beati [Vedi Par. XIV, 97 e segg.]], che vive della cima ch'è Cristo.  Meglio però gli altri spositori comunemente per l'albero, che vive della cima<\/b> spiegano detto tutto il Paradiso<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XIV 97-102","NotaFonte":"","TestoFonte":"Come distinta da minori e maggi
lumi biancheggia tra ' poli del mondo
Galassia sì, che fa dubbiar ben saggi;
sì costellati facean nel profondo
Marte quei raggi il venerabil segno
che fan giunture di quadranti in tondo.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=81&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"28-30","from":17389.0,"to":17411.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"in atto di cacciare — il lupo, e\nlupicini<\/b>: suppone, che il sognare di cotali famelici animali\nindichi patimento di fame — al monte, perch\u00e8<\/b> [vale qu\u00ec\nperch\u00e8<\/b> quanto per cui<\/i> [Vedi 'l Cinon. Part.<\/i> 196, 10]] i\nPisan<\/i><\/b> ec. al monte San Giuliano, situato tra Pisa e Lucca, il\nquale se non fosse, ciascuna delle dette due citt\u00e0 vedrebbe le\ntorri dell'altra, non essendo tra loro che dodici miglia\nd'intervallo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Prende per ultimo anche sbaglio il Cavalier Flaminio accusando Dante, che ponga istoricamente il monte, perchè i  isani veder Lucca non ponno<\/i> {vv.29-30} , pe 'l luogo ove il Conte Ugolino co' figli e nipoti fosse preso [Dissert. 1 n. 6], facendonelo così discordare da Gio. Villani [Dissert. 2 n. 10], e da tutti gl'istorici, che diconlo arrestato in città, nel palazzo del popolo.  Mainò: siccome le cagne<\/i> {v.31}, il lupo, e lupicini<\/i> {v.29}, così ancora esso monte<\/i> {v.29} sono tutti obbietti, che fa Dante sognarsi dal Conte a significazione d'altre cose: e la sarebbe in vero stata bella se avesse fatti  dalle cagne cacciare e raggiugnere il lupo e lupicini nella città e nel palazzo.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VIII 121","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 270 (VII 120).\r\nSi riporta qui la parte finale della nota ai vv. 87-89.","TestoFonte":"ordinò l'arcivescovo di tradire il conte Ugolino; e subitamente a furore di popolo il fece assalire e combattere al palagio<\/strong>","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"29-30","from":32144.0,"to":32145.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"in cui il\npianto affretta ed accelera quella soddisfazione alla divina\ngiustizia, senza della quale soddisfazione non si pu\u00f2 tornare a\nDio<\/b>, cio\u00e8 andar a stare [Vedi 'l Vocab. della Cr. sotto la voce\ntornare<\/i> {paragraph.} 9] con Dio.  Cos\u00ec spiegano il verbo\nmatura<\/i><\/b> il Landino e il Daniello; e v'aggiunge questo secondo in\nconferma il maturate fugam<\/i><\/b> di Virgilio [Aeneid.<\/i> I, 141].  Il\nVocab. della Cr. spiega maturare<\/i> detto qu\u00ec e nel v. 141\nmetaforicamente per dar fine<\/i>, compimento.<\/i>  Non recando per\u00f2\nesso altri esempi che questi stessi di Dante, riesce pi\u00f9 sicuro\nil renderlo nel naturale ed ovvio significato del Latino\nmaturare.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Così spiegano il verbo matura<\/b> il Landino e il Daniello; e v'aggiunge questo secondo in conferma il maturate fugam<\/i> di Virgilio [Aeneid.<\/i> I, 141].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"I 137","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Aen. I 137, non 141.","TestoFonte":"Maturate <\/strong>fugam, regique haec dicite vestro:","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:1.132-1.141","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"91-92","from":19142.0,"to":19147.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"in luogo del semplice pu\u00f2<\/i>; i vecchi\nscrittori toscani rifuggivano dalle finali accentate (perci\u00f2\nnoe<\/i> per no<\/i>, sie<\/i> per s\u00ec<\/i>, andoe<\/i> per and\u00f2<\/i>, morio<\/i> per\nmor\u00ec<\/i>, e altri simili), onde specialmente ai verbi monosillabi\naccoppiavano l'enclitica ne<\/i><\/b>; di qui puone<\/b>, fane<\/i> (Par.<\/i>, \nXXVII, 33), fene<\/i> (Inf.<\/i>, XVIII, 87), per fa, f\u00e8<\/i>; ma puone<\/i>\nvive tuttavia in Toscana.  — Far forza<\/i><\/b>, usar violenza (cf. v.\n46).  — In loro<\/b>; in<\/b> (cf. v. 40), contro (spirito in Dio\nsuperbo<\/i><\/b>, \u00e8 detto Vanni Fucci, Inf.<\/i>, XXV, 14): — in lor cose<\/i><\/b>\n(cose di Dio<\/i><\/b> dice altrove gli ecclesiastici benefizi e dignit\u00e0, \nInf.<\/i>, XIX, 2); dunque la violenza si pu\u00f2 usare o contro le\npersone, o contro le cose.  — Con aperta ragione<\/b> (cf. Inf.<\/i><\/b>, \nX, 44), con chiaro ragionamento (cf. Purg.<\/i>, XXII, 130; e prima, \nv. 128, aveva detto sermoni<\/i>; infatti ragionamento<\/i> viene da\nratio<\/i>); e appresso (v. 68) ricorre ragione<\/i> in egual senso. \nCf. Purg.<\/i>, IV, 22, la nota dal Varchi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Puone<\/b> in luogo del semplice può<\/i>; i vecchi scrittori toscani rifuggivano dalle finali accentate (perciò noe<\/i> per no<\/i>, sie<\/i> per sì<\/i>, andoe<\/i> per andò<\/i>, morio<\/i> per morì<\/i>, e altri simili), onde specialmente ai verbi monosillabi accoppiavano l'enclitica ne<\/i>; di qui puone<\/b>, fane<\/i> (Par.<\/i>, XXVII, 33), fene<\/i> (Inf.<\/i>, XVIII, 87), per fa, fè<\/i>; ma puone<\/i> vive tuttavia in Toscana. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXVII, 33","NotaFonte":"","TestoFonte":"pur ascoltando, timida si fane","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=94&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31-33","from":9833.0,"to":9855.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"in quella falda del monte,\nper la quale tenendo dietro a Virgilio camminava [Canto preced.\nv. ultimo.]: e come ha gi\u00e0 detto nel principio del presente\ncanto, che Lo giorno se n'andava, e l'aer bruno<\/i> ec. perci\u00f2\nsuppone e dice oscura<\/b> la costa medesima.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
in quella oscura costa<\/strong> in quella falda del monte, per la quale tenendo dietro a Virgilio camminava [Canto preced. v. ultimo.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 136","NotaFonte":"","TestoFonte":"Allor si mosse, e io li tenni dietro.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40","from":1282.0,"to":1290.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"in quella fessura.  — Verr\u00e0<\/b> (cf. v.\n82); della venuta si teneva sicuro; e ricorda altro verr\u00e0<\/b> non\nmeno riciso (Inf.<\/i>, XVII, 69).  — Colui<\/i><\/b> ecc.; Bonifazio VIII. \n— Il subito dimando<\/b>; allude ai vv. 52-53.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Verrà<\/b> (cf. v. 82); della venuta si teneva sicuro; e ricorda altro verrà<\/b> non meno riciso (Inf.<\/i>, XVII, 69).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVII, 69","NotaFonte":"Il verso in questione porta la lezione \"seder\u00e0\" e non \"verr\u00e0\", come sostiene Poletto. Possibile citazione a memoria.","TestoFonte":"sederà qui dal mio sinistro fianco","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=17","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76-78","from":18000.0,"to":18021.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"in questo infernal pozzo<\/i>:\ncos\u00ec appellato, nel canto XXXI, 32.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Cisterna <\/strong>in questo infernal pozzo<\/i>: così appellato, nel canto XXXI, 32.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXI 32","NotaFonte":"","TestoFonte":"e son nel pozzo intorno da la ripa","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=31&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"133","from":32914.0,"to":32918.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"in secondo luogo — si risega lo\nmonte<\/b>, si taglia, s'interrompe da un circolare ripiano la falda\ndel monte.  — Salendo<\/b>, cio\u00e8 mentre vien salito: modo di dire\nfigurato.  Cos\u00ec il Petrarca: Gustando affligge pi\u00f9 che non\nconforta<\/i> [Part. I son. 6]; e Virgilio: Uritque videndo. \nFemina<\/i> [Georg.<\/i> III, 215], cio\u00e8 dum videtur.<\/i>  Venturi.  Vi \u00e8\nper\u00f2 che 'l videndo<\/i> di Virgilio pretende sia attivo [Vedi, per\ncagion d'esempio, Farnabio] — dismala<\/i><\/b>, purga dal male de'\npeccati.  Lo stesso.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Salendo<\/b>, cioè mentre vien salito: modo di dire figurato.  [..]; Virgilio: Uritque videndo. Femina<\/i> [Georg.<\/i> III, 215], cioè dum videtur.<\/i>  Venturi. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q674439","LuogoFonte":"III 215","NotaFonte":"","TestoFonte":"Carpit enim viris paulatim uritque videndo<\/strong>","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi002.perseus-lat1:3.209-3.241","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"2-3","from":12111.0,"to":12112.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Georgiche"},
{"Annotazione":"in seguito, uno dopo l'altro [cos\u00ec 'l\nVocabolario della Cr. sotto la voce traccia<\/b> {paragraph.} 3\nspiega il presente passo, ch'ivi arreca] e ci\u00f2 a dinotare la\nstrettezza della via, che correvano i Centauri, tra il piede\ndella ripa e la fossa.  Pu\u00f2 a questo servir di lume quell'altro\npasso del canto X della presente cantica, ove per simile\nstrettezza di calle tra 'l muro della terra e gli mart\u00ecri<\/i>, dice\nDante che camminava dietro di Virgilio:\n\n     Ora sen va per uno stretto calle<\/i>\n        Tra 'l muro della terra e gli mart\u00ecri<\/i>\n        Lo mio maestro, ed io dopo le spalle<\/i>\n         [Vers. 1 e segg.].\n\nLa strettezza pure del calle dee aver voluto il Poeta indicare\nanche nel principio del XXIII di questa cantica, in que' versi\n\n     Taciti, soli, e senza compagnia<\/i>\n        N'andavam l'un dinanzi e l'altro dopo<\/i>,\n        Come i Frati Minor vanno per via.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Può a questo servir di lume quell'altro passo del canto X della presente cantica, ove per simile strettezza di calle tra 'l muro della terra e gli martìri<\/i>, dice Dante che camminava dietro di Virgilio: \r\n     Ora sen va per uno stretto calle<\/i>\r\n        Tra 'l muro della terra e gli martìri<\/i>\r\n        Lo mio maestro, ed io dopo le spalle<\/i>\r\n         [Vers. 1 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. X 1-3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ora sen va per un secreto calle,
tra 'l muro de la terra e li martìri,
lo mio maestro, e io dopo le spalle.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"55","from":10837.0,"to":10839.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"in simil modo, per egual maniera, \ndel pari crocifisso. — Il suocero<\/b>, di Caifasso, Anna (Joann., \nXVIII, 13). — Si stenta<\/b> (unica volta che tal voce \u00e8 usata nel\nPoema), patisce, \u00e8 tormentato. Il Buti, pur venendo alla stessa\nconclusione, spiega si stende attraversato<\/i> (facendo stentare<\/i>\nfrequentativo di stendere<\/i>); e il Tommaseo: ben s'applica ai\ncrocifissi distesi. In senso simile ha<\/i> distentare Virgilio.<\/i> \nIn egual senso abbiamo altrove si mart\u00edra<\/i> (Inf.<\/i><\/b>, XXVI, 55). \n— Concilio<\/i><\/b>, de' Pontefici e Farisei che condann\u00f2 Cristo. \nJoann.<\/i>, XI, 47: Collegerunt.<\/i>.. Pontifices concilium.<\/i> Il\nCod. Vat.<\/i> 3199, sei altri veduti dal Campi, la Crusca, il\nCesari, il Biagioli ed altri, leggono dal Concilio<\/i>, perch\u00e8 da\nesso trassero la loro infausta nominanza; il da<\/i>, nota il\nCesari, serve a dinotar titolo che altri prende per qualche gran\nfatto o cosa, di che fa parte: cos\u00ec Dante dice Sinon greco da\nTroia<\/i> (Inf.<\/i>, XXX, 98), accennando al famoso tradimento fatto\na' Troiani; cos\u00ec, prosegue, Antonio da Padova<\/i>, che era per\u00f2\nPortoghese; ma in Padova ha onore pressoch\u00e8 divino, nominatovi\nil Santo<\/i><\/b> per eccellenza. — Fu<\/b> ecc.; il qual Concilio, per\nl'iniqua sentenza, fu sementa<\/b>, origine al popolo ebreo d'ogni\nsventura e a Gerusalemme dello sterminio (cf. Par.<\/i>, VI, 92). \nAltrove, del perfido consiglio del Mosca dice il Poeta (Inf.<\/i>, \nXXVIII, 108):\n\n Che fu il mal seme<\/i> della gente Tosca.\n\nE di seme, radice, pianta<\/i>, per origine ed effetto, cf. Purg.<\/i>, \nXX, 43; XXVIII, 142; Par.<\/i>, XVI, 89; Vulg. El.<\/i>, I, 8; Conv.<\/i>, \nIV, 5.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Il suocero<\/b>, di Caifasso, Anna (Joann., XVIII, 13)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"Giovanni XVIII, 13","NotaFonte":"","TestoFonte":"et adduxerunt ad Annam primum; erat enim socer Caiphae, qui erat pontifex anni illius.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#18","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"121-123","from":22304.0,"to":22307.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"in vece di al\ndestro lato<\/i>, continuando cio\u00e8 sua direzione di girare da destra\nin sinistra, com'\u00e8 detto nel canto XIV, 126.  E dice scendemmo<\/b>;\nperocch\u00e8 la sponda del fiume era pi\u00f9 alta dell'orlo del cerchio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
in vece di al destro lato<\/i>, continuando cioè sua direzione di girare da destra in sinistra, com'è detto nel canto XIV, 126.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIV 126","NotaFonte":"","TestoFonte":"pur a sinistra, giù calando al fondo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=14","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31","from":15685.0,"to":15691.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"incominciato nel fine\ndel precedente canto, intorno all'ombra di Stazio.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
incominciato nel fine del precedente canto, intorno all'ombra di Stazio.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIII 131-133","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"e quest'altro è quell'ombra
per cuï scosse dianzi ogne pendice
lo vostro regno, che da sé lo sgombra\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=57&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":23621.0,"to":23627.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"indietreggiammo a ripararci. —\nDietro ad un coperchio.~ Si \u00e8 gi\u00e0 visto (c. X, 8) che i\ncoperchi stavano tutti alzati.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Si è già visto (c. X, 8) che i coperchi stavano tutti alzati.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. X, 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"potrebbesi veder? già son levati","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"6","from":9644.0,"to":9646.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"indovino tebano, intorno a cui la\nfama di mago aveva fatto nascere una leggenda ancor pi\u00f9 strana. \nAndando per un bosco, raccontano le Metamorfosi<\/i>, vide due serpi\nin amore; li percosse con la sua verghetta magica, e di maschio\nfu trasmutato in femmina.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
indovino tebano, intorno a cui la\r\nfama di mago aveva fatto nascere una leggenda ancor più strana. \r\nAndando per un bosco, raccontano le Metamorfosi<\/i>, vide due serpi\r\nin amore; li percosse con la sua verghetta magica, e di maschio\r\nfu trasmutato in femmina.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"III, 322-327","NotaFonte":"","TestoFonte":"Illa negat; placuit quae sit sententia docti 
Quaerere Tiresiae: Venus huic erat utraque nota.
Nam duo magnorum uiridi coeuntia silua
Corpora serpentum baculi uiolauerat ictu
Deque uiro factus, mirabile, femina septem
Egerat autumnos;","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo\/codice\/OV%7Cmeta%7C003","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"40-42","from":18704.0,"to":18706.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"infuocati — unta<\/b>, sudicia — atra<\/b>,\nimbrattata di sangue, come descrivesi da Seneca, sordidum tabo\ncaput<\/i> [Herc. Fur.<\/i> 784].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Atra<\/b>, imbrattata di sangue, come descrivesi da Seneca, sordidum tabo caput (<\/i>Herc. Fur.,<\/i> 784).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2054","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3785162","LuogoFonte":"785","NotaFonte":"Il verso \u00e8 785, non 784.","TestoFonte":"Sordidum tabo caput.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1017.phi001.perseus-lat1:762-894","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"16","from":5075.0,"to":5076.0,"NomeAutore":"Lucio Anneo Seneca","TitoloFonte":"Hercules furens"},
{"Annotazione":"innamor\u00f2 Paolo di quel bel\ncorpo che non fu da me dato a Gianciotto, ma toltomi da lui con\ns\u00ec fraudolente modo, che tuttora ne ho vivo lo sdegno.  —\nChiaro \u00e8 che Dante, tra per simpatia sua propria e per\ngratitudine a' benefizi dell'illustre famiglia di Francesca,\ncerca ogni via di attenuar la colpa de' due cognati.  Or se per\ntal effetto egli ricorre fino alle finzioni, qual'\u00e8 quella della\nlettura del Lancillotto (v. 127), come avrebbe poi trasandata del\ntutto l'unica vera scusa di Francesca, ch'era appunto il nuzial\nconsenso ingannevolmente a lei carpito dal vile Gianciotto? \nAggiungasi che il parlar di sua morte qui prima che della\ncorrispondenza all'amor di Paolo, non sarebbe naturale in\nFrancesca; la quale infatti molto pi\u00f9 opportunamente ne parla\ndipoi (v. 106).  Ed anche, se vero \u00e8 quello che dal Boccaccio\nabbiamo udito, che Gianciotto involontariamente uccise la moglie,\nl'offendersi ella del modo<\/i> della sua morte sarebbe contro\nragione.  Queste considerazioni mi hanno indotto ad accettare la\ninterpretazione del Foscolo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Chiaro è che Dante, tra per simpatia sua propria e per gratitudine a' benefizi dell'illustre famiglia di Francesca, cerca ogni via di attenuar la colpa de' due cognati.  Or se per tal effetto egli ricorre fino alle finzioni, qual'è quella della lettura del Lancillotto (v. 127), come avrebbe poi trasandata del tutto l'unica vera scusa di Francesca, ch'era appunto il nuzial consenso ingannevolmente a lei carpito dal vile Gianciotto? Aggiungasi che il parlar di sua morte qui prima che della corrispondenza all'amor di Paolo, non sarebbe naturale in Francesca; la quale infatti molto più opportunamente ne parla dipoi (v. 106). <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V, 127","NotaFonte":"","TestoFonte":"Noi leggiavamo un giorno per diletto ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"101-102","from":4691.0,"to":4693.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"insieme con l'onde.  AEn., I\n«Puppim... ter fluctus ibidem Torquet agens circum.»  —\nTutte.<\/b>  Ripieno.  C. XXII, 147: «Con tutti i raffi.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Con tutte l'acque<\/b>, insieme con l'onde. Aen., I «Puppim... ter fluctus ibidem Torquet agens circum.» ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis I, 114-117","NotaFonte":"","TestoFonte":"ipsius ante oculos ingens a vertice pontus
in puppim<\/strong> ferit: excutitur pronusque magister
volvitur in caput; ast illam ter fluctus ibidem<\/strong>
torquet agens circum<\/strong>, et rapidus vorat aequore vortex.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D1%3Acard%3D102","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"139","from":25741.0,"to":25745.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"intanto: voce antica, rimproverata\na' Fiorentini da Dante nel suo Vulg. Eloq. Altra pruova del\nquanto quella sua famosa teorica di un «volgare che in ciascuna\ncitt\u00e0 d'Italia si mostri e in nessuna riposi,» fosse pi\u00f9 facile\na ideare, che a mettere in pratica. \n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"introcque<\/strong>, intanto: voce antica, rimproverata a' Fiorentini da Dante nel suo Vulg. Eloq. Altra pruova del quanto quella sua famosa teorica di un «volgare che in ciascuna città d'Italia si mostri e in nessuna riposi,» fosse più facile a ideare, che a mettere in pratica.  ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18081","LuogoFonte":"De Vulgari Eloquentia I, xiii, 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"E poiché i Toscani sono più di tutti in preda a questo delirio da ubriachi, sembra giusto e utile prendere uno per uno i volgari municipali della Toscana e sgonfiarli un po’ della loro prosopopea. Ecco che parlano i Fiorentini, e dicono Manichiamo<\/i>, introcque<\/strong> che noi non facciamo altro<\/i>; e i Pisani: Bene andonno li fatti de Fiorensa per Pisa<\/i>; i Lucchesi: Fo voto a Dio ke in grassarra eie lo comuno de Lucca<\/i>; i Senesi: Onche renegata avess'io Siena<\/i>. Ch'ee chesto?<\/i> gli Aretini: Vuo' tu venire ovelle?<\/i>","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_VE&pb=13&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"130","from":19342.0,"to":19343.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"De vulgari eloquentia"}, {"Annotazione":"intende appellata quella sua classe de'\ntraditori delle proprie patrie da Antenore, il quale, secondo\nDitte Cretense [De bello Troi.<\/i> lib. 5], e Darete Frigio [De\nexcidio Troiae<\/i>], trad\u00ec Troia sua patria.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Antenora <\/strong>intende appellata quella sua classe de' traditori delle proprie patrie da Antenore, il quale, secondo Ditte Cretense [De bello Troi.<\/i> lib. 5], e Darete Frigio [De excidio Troiae<\/i>], tradì Troia sua patria.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q475001","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3589112","LuogoFonte":"V 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"At lucis initio, quibus imperatum erat, ad naves veniunt, decretum civium cunctis narrant. Itaque, cum quis antea, ad confirmanda, quae tempus monebat, secedunt. Ibi cum multa de republica ac summa rerum dissererent, voluntatem quoque Helenae docent veniamque orant et ad postremum confirmant inter se proditionis pactionem.","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/index.php?app=browser&text=14375:7.4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"88","from":31554.0,"to":31555.0,"NomeAutore":"Ditti Cretese","TitoloFonte":"Ephemeris Belli Troiani"},
{"Annotazione":"intende del vasello snelletto e\nleggiero<\/i>, del quale vedi Purg. II, 40 e seg.  — «Quasi dicesse:\nTu verrai bene alla piaggia di l\u00e0 per altra via che questa, e\nper altri porti che questi; ma non per passar qu\u00ec; ch\u00e8 tu non\npasserai gi\u00e0 per questo fiume in su questa nave.»  Buti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
intende del vasello snelletto e leggiero<\/i>, del quale vedi Purg. II, 40 e seg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"\r\nPurg. II, 40-42","NotaFonte":"","TestoFonte":"e quei sen venne a riva
con un vasello snelletto e leggero,
tanto che l'acqua nulla ne 'nghiottiva.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=36&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"93","from":2677.0,"to":2680.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"intende il Limbo — non\ntristo<\/b>, non reso tristo — da mart\u00ecri<\/b>, dalla pena del senso —\nma di tenebre solo<\/b>, ma reso tristo solamente dalle tenebre —\nove i lamenti non suonan come guai<\/b> ec., non hanno suono di alte\nstrida. Ridice qu\u00ec ci\u00f2 che dello stesso Limbo disse Inf. IV, 25:\nquivi Non avea pianto, ma che di sospiri<\/i> ec., sospiri di\ndesiderio.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ridice quì ciò che dello stesso Limbo disse Inf. IV, 25: quivi Non avea pianto, ma che di sospiri<\/i> ec., sospiri di desiderio.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV 25-26","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quivi, secondo che per ascoltare,
non avea pianto mai che di sospiri","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"28-30","from":6261.0,"to":6283.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"intende il regno di tutta\nla terra [Vedi Dante stesso nel libro 2 de Monarchia<\/i>], in\ncontrapposizione al solo celeste immortal regno.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
intende il regno di tutta la terra [Vedi Dante stesso nel libro 2 de Monarchia<\/i>], in contrapposizione al solo celeste immortal regno.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q134221","LuogoFonte":"II xi 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Si ergo sub ordinario iudice Cristus passus non fuisset, illa pena punitio non fuisset. Et iudex ordinarius esse non poterat nisi supra totum humanum genus iurisdictionem habens, cum totum humanum genus in carne illa Cristi portantis dolores nostros, ut ait Propheta, puniretur. Et supra totum humanum genus Tyberius Cesar, cuius vicarius erat Pilatus, iurisdictionem non habuisset, nisi romanum Imperium de iure fuisset.","UrlFonte":"https:\/\/dante.princeton.edu\/pdp\/monarchia.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"84","from":5532.0,"to":5536.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Monarchia"},
{"Annotazione":"intendi ad udir\nquesto annunzio<\/i>: accenna il pauci electi<\/i> del Vangelo [Matt.\n22]\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
intendi ad udir questo annunzio<\/i>: accenna il pauci electi<\/i> del Vangelo [Matt. 22]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XXII 14","NotaFonte":"","TestoFonte":"Multi enim sunt vocati, pauci vero electi.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#22","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"94","from":11798.0,"to":11804.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"intendi de' Colonnesi.<\/i>  Essendo, come\ndi sopra \u00e8 detto, rimasta a' Colonnesi sola Preneste, molto forte\ncitt\u00e0, la quale avendo Bonifazio assediata, e non vedendo forma\ndi poterla avere per forza; mand\u00f2 per quello conte Guido gi\u00e0 reso\nfrate Minore, e domandogli sopra di ci\u00f2 consiglio.  Il conte gli\nrispose, che promettesse assai, e attendesse poco.  Onde\nBonifacio finse di moversi a piet\u00e0, e per comuni amici fece\nintender a' Colonnesi, che venendosi ad umiliare, sarebbe lor\nperdonato.  E cos\u00ec venuti a lui Iacopo, e Piero Cardinali, in\nabito nero, umilissimamente chiamandosi peccatori, e domandando\nperdono, Bonifacio promise di perdonar loro, e reintegrarli di\ntutti i beni; ma che prima voleva Preneste.  La quale ottenuta,\nla fece disfare, e poi rifare al piano, e domandolla la citt\u00e0\ndel Papa<\/i> [Cos\u00ec riferisce anche il contemporaneo storico Tolomeo\nda Lucca anno 1297.  Conviene per\u00f2 credere che un tal nome non\nprendesse voga, ma ritornasse il primiero].  E cos\u00ec steron le\ncose fin a tanto, che Sciarra Colonnese fece in Alagna Bonifacio\nprigione, e che poco da poi si mor\u00ec.  Vellutello.\n\n\tConviene con Dante a raccontar queste medesime cose di\nBonifazio VIII e di Guido di Montefeltro anche l'antico \u00e8 a Dante\nvicinissimo scrittore Ferretto Vincentino, nel libro 2 della sua\nstoria, sotto l'anno 1294.  Vedila tra gli scrittori delle cose\nd'Italia del Muratori tom. 9 e vedi nel tempo stesso la critica\nche a cotale racconto fa il medesimo Muratori saviamente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Bonifacio promise di perdonar loro, e reintegrarli di tutti i beni; ma che prima voleva Preneste.  La quale ottenuta, la fece disfare, e poi rifare al piano, e domandolla la città del Papa<\/i> [Così riferisce anche il contemporaneo storico Tolomeo da Lucca anno 1297.  Conviene però credere che un tal nome non prendesse voga, ma ritornasse il primiero].  E così steron le cose fin a tanto, che Sciarra Colonnese fece in Alagna Bonifacio prigione, e che poco da poi si morì.  Vellutello.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3410332","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/annales","LuogoFonte":"233","NotaFonte":"","TestoFonte":"Penestrina et ipsa capta destruitur et in valle reedificatur vocaturque Civitas Papalis.","UrlFonte":"https:\/\/www.dmgh.de\/mgh_ss_rer_germ_n_s_8\/index.htm#page\/232\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"111","from":26564.0,"to":26571.0,"NomeAutore":"Tolomeo da Lucca","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"intendi dell'eterno valore<\/i>, cio\u00e8\ndella eterna potenza e sapienza di Dio~, cos\u00ec appellata anche\nnel I. di questa cantica v.  107. — ch'ordin\u00f2 e provvide<\/i>,\nintendi~, che per la stella di Venere s' influisse negli umani\ncuori amore.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
dell'eterno valore<\/i>, cioè della eterna potenza e sapienza di Dio, così appellata anche nel I. di questa cantica v.  107<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. I 107","NotaFonte":"","TestoFonte":"de l'etterno valore, il qual è fine","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=68&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":8761.0,"to":8768.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"intendi come se a questo\ned agli altri due capi d'interrogazione ripetuto fosse e premesso\nil pronome quei<\/i> {v.70}, e dicessesi quei che mena il vento<\/i>\n[cio\u00e8 i lussuriosi] e quei che batte la pioggia<\/i> [i golosi] e\nquei che s'incontran con s\u00ec aspre lingue<\/i>, i prodighi e gli\navari, che si urtano gli uni con gli altri co' pesi che rotolano,\ne si gridano ontoso metro<\/i> [Inf. VII, 33].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
quei che s'incontran con sì aspre lingue<\/i>, i prodighi e gli avari, che si urtano gli uni con gli altri co' pesi che rotolano, e si gridano ontoso metro<\/i> [Inf. VII, 33].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII 33","NotaFonte":"","TestoFonte":"gridandosi anche loro ontoso metro;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"71-72","from":10104.0,"to":10108.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"intendi del predetto crocifisso, cio\u00e8\nil sacerdote Anna, in casa del quale fu il catturato Redentore\nprimieramente condotto [Ioan.<\/i> 18 v. 13].  — si stenta<\/b> per\nsi stende<\/i><\/b>, chiosa il Buti riferito nel Vocab. della Cr. sotto\nil verbo stentare<\/i> {paragraph.} 1.  Sembra per\u00f2 che possa la\nparticella si<\/i><\/b> intendersi aggiunta a cotal verbo per puro\nornamento; talmente che tanto vaglia si stenta<\/b> quanto il\nsemplice stenta<\/i><\/b>, detto in vece di pena<\/i>, come per cagion\nd'esempio diciamo egli si mangia e si beve<\/i> ec. in vece d'egli\nmangia e beve<\/i> ec.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Suocero<\/strong>, intendi del predetto crocifisso, cioè il sacerdote Anna, in casa del quale fu il catturato Redentore primieramente condotto [Ioan.<\/i> 18 v. 13].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"XVIII 13","NotaFonte":"","TestoFonte":"et adduxerunt ad Annam primum; erat enim socer Caiphae, qui erat pontifex anni illius. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#18","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"121","from":22303.0,"to":22311.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"intendi nel poema intitolato\nTebaide<\/i> — le crude armi della doppia tristizia di Giocasta<\/b>:\nl'aspro combattersi corpo a corpo ed uccidersi simultaneamente,\nche per avidit\u00e0 di regnare in Tebe fecero i due figli di\nGiocasta, Eteocle e Polinice, cagionando perci\u00f2 alla madre doppio\nlutto.  Vedi l'undecimo libro del mentovato poema di Stazio. \nIocasta<\/i><\/b> in vece di Giocasta<\/i><\/b> leggono l'edizioni diverse dalla\nNidobeatina.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
le crude armi della doppia tristizia di Giocasta<\/b>: l'aspro combattersi corpo a corpo ed uccidersi simultaneamente, che per avidità di regnare in Tebe fecero i due figli di Giocasta, Eteocle e Polinice, cagionando perciò alla madre doppio lutto.  Vedi l'undecimo libro del mentovato poema di Stazio.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q243203","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2708117","LuogoFonte":"XI 1-761","NotaFonte":"","TestoFonte":"Postquam magnanimus furias virtutis iniquae 
consumpsit Capaneus exspiravitque receptum
fulmen, et ad terras longe comitata cadentem
signavit muros ultricis semita flammae:
componit dextra victor concussa plagarum
Iuppiter et vultu caelumque diemque reducit.
gratantur superi, Phlegrae ceu fessus anhelet
proelia et Encelado fumantem impresserit Aetnen.
ille iacet lacerae complexus fragmina turris,
torvus adhuc visu memorandaque facta relinquens
gentibus atque ipsi non inlaudata Tonanti.
quantus Apollineae temerator matris Averno
tenditur; ipsae horrent, si quando pectore ab alto
emergunt, volucres immensaque membra iacentis
spectant, dum miserae crescunt in pabula fibrae:
sic gravat iniectus terras hostiliaque urit
arva et anhelantem caelesti sulpure campum,
respirant Thebae, templisque iacentia surgunt
agmina; iam finis votis finisque supremis
planctibus, et natos ausae deponere matres.
At vaga palantes campo fuga volvit Achivos.
nec iam hostes turmae aut ferrum mortale timetur: 
omnibus ante oculos irae Iovis, omnibus ardent
arma metu galeaeque tonant, visusque paventes
ipse sequi et profugis opponere Iuppiter ignes.
instat Agenoreus miles caelique tumultu
utitur: indomitos ut cum Massyla per arva
armenti reges magno leo fregit hiatu
et contentus abit; rauci tunc comminus ursi,
tunc avidi venere lupi, rabieque remissa
lambunt degeneres alienae vulnera praedae.
hinc premit Eurymedon, cui rusticus horror in armis,
rustica tela manu, patriumque agitare tumultus:
Pan illi genitor; tener hinc conatibus annos
egreditur iuvenemque patrem puer aequat Alatreus:
felices ambo, sed fortunatior ille,
quem genuisse iuvat; nec iam dignoscere promptum,
quae magis arma sonent, quo plus eat hasta lacerto.
Artatur denso fugientum examine vallum,
quas volvis, Gradive, vices? modo moenia Cadmi
scandebant: sua nunc defendunt tecta Pelasgi!
ceu redeunt nubes, ceu circumflantibus austris
alternus procumbit ager, ceu gurgite cano
nunc retegit bibulas, nunc induit aestus harenas.
exspirat late pubes Tirynthia, alumni
exuvias imitata dei; trux maeret ab astris
Amphitryoniades Nemeaea in sanguine terga
et similes ramos similesque videre pharetras.
stabat in Argolicae ferrato culmine turris
egregius lituo dextri Mavortis Enyeus
hortator; sed tunc miseris dabat utile signum
suadebatque fugam et tutos in castra receptus:
cum subitum obliquo descendit ab aere vulnus,
urgentisque sonum laeva manus aure retenta est,10
sicut erat; fugit in vacuas iam spiritus auras,
iam gelida ora tacent, carmen tuba sola peregit.
Iamque potens scelerum geminaeque exercita gentis
sanguine Tisiphone fraterna eludere quaerit
bella acie: nec se tanta in certamina fidit
sufficere, inferna comitem ni sede Megaeram
et consanguineos in proelia suscitet angues,
ergo procul vacua concedit valle solumque
ense fodit Stygio terraeque immurmurat absens
nomen et — Elysiis signum indubitabile regnis —
crinalem attollit longo stridore cerasten:
caeruleae dux ille comae, quo protinus omnis
horruit audito tellus pontusque polusque,
et pater Aetnaeos iterum respexit ad ignes,
accipit illa sonum; stabat tunc forte parenti
proxima, dum coetu Capaneus laudatur ab omni
Ditis et insignem Stygiis fovet amnibus umbram,
protinus abrupta terrarum mole sub astris
constitit, exsultant manes, quantumque profundae
rarescunt tenebrae, tantum de luce recessit,
excipit atra soror dextraeque innexa profatur:
‘ hac, germana, tenus Stygii metuenda parentis
imperia et iussos potui tolerare furores,
sola super terras hostiaque obvia mundo,
dum vos Elysium et faciles compescitis umbras.
nec pretium deforme morae cassique labores:
hoc quodcumque madent campi, quod sanguine fumant i
stagna, quod innumero Lethaea examine gaudet
ripa, meae vires, mea laeta insignia, sed quid
haec ego? Mars habeat, volgataque iactet Enyo.
vidisti — Stygiis certe manifestus in umbris —
sanguine foedatum rictus atroque madentem
ora ducem tabo: miseri insatiabilis edit
me tradente caput, modo nempe horrendus ab astris
descendit vos usque fragor: me sacra premebat
90tempestas, ego mixta viri furialibus armis
bella deum et magnas videbam fulminis iras.
sed iam — effabor enim — longo sudore fatiscunt
corda, soror, tardaeque manus; hebet infera caelo
taxus et insuetos angues nimia astra soporant.
tu, cui totus adhuc furor exsultantque recentes
Cocyti de fonte comae, da iungere vires,
non solitas acies nec Martia bella paramus,
sed fratrum — licet alma Fides Pietasque repugnent,
vincentur — fratrum stringendi comminus enses,
grande opus! ipsae odiis, ipsae discordibus armis
aptemur. quid lenta venis? agedum elige, cuius
signa feras, ambo faciles nostrique; sed anceps
volgus et adfatus matris blandamque precatu
Antigonen timeo, paulum ne nostra retardent
consilia, ipse etiam, qui nos lassare precando
suetus et ultrices oculorum exposcere Diras,
iam pater est: coetu fertur iam solus ab omni
flere sibi. atque adeo moror ipsa inrumpere Thebas
adsuetumque larem, tibi pareat impius exsul,
Argolicumque impelle nefas; neu mitis Adrastus
praevaleat plebesque, cave, Lernaea moretur,
vade, et in alternas inimica revertere pugnas.’
Talia partitae diversum abiere sorores:
ut Notus et Boreas gemino de cardine mundi,
hic nive Rhipaea, Libycis hic pastus harenis,
bella cient: clamant amnes, freta, nubila, silvae,
iamque patent strages; plangunt sua damna coloni,
et tamen oppressos miserantur in aequore nautas,
illas ut summo vidit pater altus Olympo
incestare diem, trepidumque Hyperionis orbem
subfundi maculis, torvo sic incohat ore:
‘vidimus armiferos, quo fas erat usque, furores,
caelicolae, licitasque acies, etsi impia bella
unus init aususque mea procumbere dextra,
nunc par infandum miserisque incognita terris
pugna subest: auferte oculos! absentibus ausint
ista deis lateantque Iovem; sat funera mensae
Tantaleae et sontes vidisse Lycaonis aras
et festina polo ducentes astra Mycenas.
nunc etiam turbanda dies: mala nubila, tellus,
accipe, secedantque poli: stat parcere mundo
caelitibusque meis; saltem ne virginis almae
sidera, Ledaei videant neu talia fratres.’
sic pater omnipotens, visusque nocentibus arvis
abstulit, et dulci terrae caruere sereno.
Iamque per Argolicas Erebo sata virgo cohortis
vestigat Polynicis iter portisque sub ipsis
invenit, incertum leto tot iniqua fugane
exeat, et dubios turbarant omina sensus:
viderat, obseura vallum dum nocte pererrat
aeger consilii curisque novissima volvens,
coniugis Argiae laceram cum lampade maesta
effigiem — sunt monstra deum, sic ire parabat,
has latura viro taedas erat! — : ergo roganti,
quae via quisve dolor, cur maesta insignia, tantum
fleverat atque manu tacitos averterat ignes,
scit mentem vidisse nefas; etenim unde Mycenis
adforet et vallum coniunx inopina subiret?
sed fati monitus vicinaque funera sentit,
ac sentire timet, eum vero Acherontis aperti
Dira ter admoto tetigit thoraca flagello,
ardet inops animi, nee tam considere regno,
quam scelus et caedem et perfossi in sanguine fratris
exspirare cupit, subitusque adfatur Adrastum:
‘sera quidem, extremus socium gentisque superstes
Argolicae, consulta, pater, iam rebus in artis
adgredior; tunc tempus erat, cum sanguis Achivum
integer, ire ultro propriamque capessere pugnam,
non plebis Danaae florem regumque verendas
obiectare animas, ut lamentabile tantis
urbibus induerem capiti decus, aspera quando
praeteriit virtus, nunc saltem exsolvere fas sit,
quae merui, scis namque, socer, licet alta recondas
volnera et adflictum generi vereare pudorem:
ille ego sum, qui te pacem et pia iura regentem —
infelix utinamque aliis datus urbibus hospes! —
extorrem patria regnoque — sed exige tandem
supplicium: fratrem suprema in bella — quid horres?
decretum est fixumque — voco; desiste morari,
nec poteris, non si atra parens miseraeque sorores
in media arma cadant, non si ipse ad bella ruenti
obstet et exstinctos galeae pater ingerat orbes,
deficiam, anne bibam superest quodcumque cruoris
Inachii et vestris etiamnum mortibus utar?
vidi ego me propter ruptos telluris hiatus,
nec subii; vidi exanimum fecique nocentem
Tydea; me Tegea regem indefensa reposcit,
orbaque Parrhasiis ululat mihi mater in antris,
ipse nec Ismeni ripas, dum stagna cruentat
Hippomedon, Tyrias potui nec scandere turres,
dum tonat, et tecum, Capaneu, miscere furores,
quis tantus pro luce timor? sed digna rependam.
conveniant ubi quaeque nurus matresque Pelasgae
longaevique patres, quorum tot gaudia carpsi
orbavique domos: fratri concurro, quid ultra est?
spectent et votis victorem Eteoclea poscant.
iamque vale, coniunx, dulcesque valete Mycenae!
at tu, care socer — nec enim omnis culpa malorum
me penes, et superi mecum Parcaeque nocentes — ,
sis lenis cineri, meque haec post proelia raptum
alitibus fratrique tegas urnamque reportes
— hoc tantum — et natae melius conubia iungas.’
Ibant in lacrimas, veluti cum vere reverso
Bistoniae tepuere nives, submittitur ingens
Haemus et angustos Rhodope descendit in amnes,
coeperat et leni senior mulcere furentem
adloquio: scidit orsa novo terrore cruenta
Eumenis, alipedemque citum fataliaque arma
protinus, Inachii voltus expressa Pherecli,
obtulit ac fidas exclusit casside voces.
ac super haec: ‘abrumpe moras, celeremus! et illum
adventare ferunt portis.’ sic omnia vicit,
conreptumque iniecit equo; volat aequore aperto
pallidus instantemque deae circumspicit umbram.
Sacra Iovi merito Tyrius pro fulmine ductor
nequiquam Danaos ratus exarmasse ferebat,
nec pater aetherius divomque has ullus ad aras,
sed mala Tisiphone trepidis inserta ministris
adstat et inferno praevertit vota Tonanti.
‘summe deum, tibi namque meae primordia Thebae —
liveat infandum licet Argos et aspera Iuno —
debent, Sidonios ex quo per litora raptor
turbasti thiasos, dignatus virgine nostra
terga premi et placidas falsum mugire per undas!
nec te vana fides iterum Cadmeia adeptum
conubia et Tyrios nimium inrupisse penates:
tandem, inquam, soceros dilectaque moenia gratus
respicis adsertorque tonas; ceu regia caeli
adtemptata tui, sic te pro turribus altis
vidimus urgentem nubes, laetique benignum
fulmen et auditos proavis adgnoscimus ignes,
accipe nunc pecudes et magni turis acervos
votivumque marem; dignas sed pendere grates
haud mortale opus est; certent tibi reddere Bacchus
noster et Alcides, illis haec moenia servas.’
dixerat: ast illi niger ignis in ora genasque
prosiluit raptumque comis diadema cremavit.
tunc ferus ante ictum spumis delubra cruentat
taurus et obstantum mediis e coetibus exit
turbidus insanoque ferens altaria cornu.
diffugiunt famuli, et regem solatur haruspex,
ipse instaurari sacrum male fortis agique
imperat, et magnos ficto premit ore timores,
qualis ubi implicitum Tirynthius ossibus ignem
sensit et Oetaeas membris accedere vestes,
vota incepta tamen libataque tura ferebat
durus adhuc patiensque mali; mox grande coactus
ingemuit, victorque furit per viscera Nessus.
Nuntius exanimi suspensus pectora cursu
Aepytus ad regem portae statione relicta
tendit et haec trepido vix intellectus anhelat:
‘rumpe pios cultus intempestivaque, rector,
sacra deum: frater muris circum omnibus instat
portarumque moras frenis adsultat et hastis,
nomine te crebro, te solum in proelia poscens.’
flent maesti retro comites, et uterque loquenti
adgemit et pulsis exercitus obstrepit armis,
ille vocat: ‘nunc tempus erat, sator optime divom!
quid meruit Capaneus?’ turbatus inhorruit altis
rex odiis, mediaque tamen gavisus in ira est.
sic ubi regnator post exsulis otia tauri
mugitum hostilem summa tulit aure iuvencus
adgnovitque minas, magna stat fervidus ira
ante gregem spumisque animos ardentibus efflat,
nunc pede torvus humum, nunc cornibus aera findens;
horret ager, trepidaeque exspectant proelia valles.
Nec desunt regni comites: ‘sine, moenia pulset
inritus.’‘ ille autem fractis huc audeat usque
viribus?’‘ hic miseris furor est instare periclo,
nec librare metus et tuta odisse.’‘ resiste
hic fretus solio, nos propulsabimus hostem,
nos bellare iube.’ sic proxima turba, sed ardens
ecce aderat luctu dicturusque omnia belli
libertate Creon: urit fera corda Menoeceus;
nulla patri requies, illum quaeritque tenetque;
illum sanguineos proflantem pectore rivos
aspicit et saeva semper de turre cadentem.
ut dubium et pugnas cunctantem Eteoclea vidit: 
‘ibis,’ ait, ‘neque te ulterius fratremque ducemque,
pessime, funeribus patriae lacrimisque potentem,
Eumenidum bellique reum, patiemur inulti.
sat tua non aequis luimus periuria divis.
urbem armis opibusque gravem et modo civibus artam,
ceu caelo deiecta lues inimicave tellus,
hausisti vacuamque tamen sublimis obumbras?
deest tibi servitio plebes: hos ignis egentes
fert humus, hos pelago patrius iam detulit amnis;
hi quaerunt artus, illi anxia vulnera curant,
redde agedum miseris fratres natosque patresque,
redde arvis domibusque viros! ubi maximus Hypseus
finitimusque Dryas, ubi Phocidos arma sonorae
Euboicique duces? illos tamen aequa duelli
fors tulit ad manes: at tu, pudet! hostia regni,
hostia, nate, iaces, ceu mutus et e grege sanguis,
ei mihi! primitiis ararum et rite nefasto
libatus iussusque mori: et cunctabitur ultra
iste nec adverso nunc saltem Marte vocatus
stabit? an in pugnas alium iubet ire profanus
Tiresias iterumque meos oracula nectit
in gemitus? quid enim misero super unicus Haemon?
ille iube subeat, tuque hinc spectator ab alta
turre sede! quid saeva fremis famulamque cohortem
respectas? hi te ire volunt, hi pendere poenas;
ipsa etiam genetrix ipsaeque odere sorores
in te ardens frater ferrum mortemque minatur
saevaque portarum convenit claustra, nec audis
Sic pater infrendens, miseraque exaestuat ira.
ille sub haec ‘non fallis,’ ait, ‘nec te inclyta nati
fata movent: canere illa patrem et iactare decebat,
300sed spes sub lacrimis, spes atque occulta cupido
his latet: insano praetendis funera voto,
meque premis frustra vacuae ceu proximus aulae,
non ita Sidoniam Fortuna reliquerit urbem,
in te ut sceptra cadant, tanto indignissime nato.
nec mihi difficilis praesens vindicta; sed arma,
arma prius, famuli! coeant in proelia fratres,
vult gemitus lenire Creon: lucrare furorem;
victori mihi cuncta lues.’ sic iurgia paulum
distulit atque ensem, quem iam dabat ira, repressit.
ictus ut incerto pastoris vulnere serpens
erigitur gyro longumque e corpore toto
virus in ora legit; paulum si devius hostis
torsit iter, cecidere minae tumefactaque frustra
colla sedent, irasque sui bibit ipse veneni.
At genetrix primam funestae sortis ut amens
expavit famam — nec tarde credidit — ibat
scissa comam voltusque et pectore nuda cruento,
non sexus decorisve memor: Pentheia qualis
mater ad insani scandebat culmina montis,
promissum saevo caput adlatura Lyaeo.
non comites, non ferre piae vestigia natae
aeque valent: tantum miserae dolor ultimus addit
robur, et exsangues crudescunt luctibus anni.
iamque decus galeae, iam spicula saeva ligabat
ductor et ad lituos hilarem intrepidumque tubarum
prospiciebat equum, subito cum apparuit ingens
mater, et ipse metu famulumque expalluit omnis
coetus, et oblatam retro dedit armiger hastam.
‘quis furor? unde iterum regni integrata resurgit
Eumenis? ipsi etiam post omnia, comminus ipsi
stabitis? usque adeo geminas duxisse cohortes
et facinus mandasse parum est? quo deinde redibit
victor? in hosne sinus? o diri coniugis olim
felices tenebrae! datis, improba lumina, poenas,
haec spectanda dies? quo, saeve, minantia flectis
ora? quid alternus voltus pallorque ruborque
mutat, et obnixi frangunt mala murmura dentes?
me miseram, vinces! prius haec tamen arma necesse est
experiare domi: stabo ipso in limine portae
auspicium infelix scelerumque immanis imago.
haec tibi canities, haec sunt calcanda, nefande,
ubera, perque uterum sonipes hic matris agendus,
parce: quid oppositam capulo parmaque repellis?
non ego te contra Stygiis feralia sanxi
vota deis, caeco nec Erinyas ore rogavi.
exaudi miseram: genetrix te, saeve, precatur,
non pater; adde moram sceleri et metire, quod audes,
sed pulsat muros germanus et impia contra
bella ciet. non mater enim, non obstat eunti
ulla soror; te cuncta rogant, hic plangimus omnes,
ast ibi vix unus pugnas dissuadet Adrastus,
aut fortasse iubet: tu limina avita deosque
linquis et a nostris in fratrem amplexibus exis?’
At parte ex alia taeitos obstante tumultu
Antigone furata gradus — nee easta retardat
virginitas — volat Ogygii fastigia muri
exsuperare furens; senior comes haeret eunti
Actor, et hic summas non duraturus ad arces,
utque procul visis paulum dubitavit in armis,
adgnovitque — nefas! — iaculis et voce superba
tecta incessentem, magno prius omnia planetu
implet et ex muris ceu descensura profatur:
‘comprime tela manu paulumque hancrespice turrem,
frater, et horrentes refer in mea lumina cristas i
agnoscisne hostes? sic annua pacta fidemque
poscimus? hi questus, haec est bona causa modesti
exsulis? Argolicos per te, germane, penates —
nam Tyriis iam nullus honos — per si quid in illa
dulce domo, submitte animos: en utraque gentis
turba rogant ambaeque acies; rogat illa suorum
Antigone devota malis suspectaque regi,
et tantum tua, dure, soror, saltem ora trucesque
solve genas; liceat voltus fortasse supremum
noscere dilectos et ad haec lamenta videre,
anne fleas, illum gemitu iam supplice mater
frangit et exsertum dimittere dicitur ensem:
tu mihi fortis adhuc? mihi, quae tua nocte dieque
exsilia erroresque fleo, iamiamque tumentem
placavi tibi saepe patrem? quid crimine solvis
germanum? nempe ille fidem et stata foedera rupit,
ille nocens saevusque suis; tamen ecce vocatus
non venit.’ his paulum furor elanguescere dictis
coeperat, obstreperet quamquam atque obstaret Erinys;
iam submissa manus, lente iam flectit habenas,
iam tacet; erumpunt gemitus, lacrimasque fatetur
cassis; hebent irae, pariterque et abire nocentem
et venisse pudet: subito cum matre repulsa
Eumenis eiecit fractis Eteoclea portis
clamantem: ‘venio solumque, quod ante vocasti,
invideo; ne incesse moras, gravis arma tenebat
mater; io patria, o regum incertissima tellus,
nunc certe victoris eris!’ nec mitior ille
‘tandem’ inquit, ‘scis, saeve, fidem et descendis in aequum?
o mihi nunc primum longo post tempore, frater,
congredere: hae leges, haec foedera sola supersunt.’
sic hostile tuens fratrem; namque uritur alto
corde, quod innumeri comites, quod regia cassis
instratusque ostro sonipes, quod fulva metallo
parma micet, quamquam haud armis inhonorus et ipse
nec palla volgare nitens: opus ipsa novarat
Maeoniis Argia modis ac pollice docto
stamina purpureae sociaverat aurea telae.
Iamque in pulvereum Furiis hortantibus aequor
prosiliunt, sua quemque comes stimulatque monetque.
frena tenent ipsae phalerasque et lucida comunt
arma manu mixtisque iubas serpentibus augent.
stat consanguineum campo scelus, unius ingens
bellum uteri, coeuntque pares sub casside voltus,
signa pavent, siluere tubae, stupefactaque Martis
cornua; ter nigris avidus regnator ab oris
intonuit terque ima soli concussit, et ipsi
armorum fugere dei: nusquam inclyta Virtus,
restinxit Bellona faces, longeque paventes
Mars rapuit currus, et Gorgone cruda virago
abstitit, inque vicem Stygiae subiere sorores.
prominet excelsis volgus miserabile tectis,
cuncta madent lacrimis et ab omni plangitur arce.
hinc questi vixisse senes, hinc pectore nudo
stant matres parvosque vetant adtendere natos,
ipse quoque Ogygios monstra ad gentilia manes
Tartareus rector porta iubet ire reclusa.
montibus insidunt patriis tristique corona
infecere diem et vinci sua crimina gaudent.
Illos ut stimulis ire in discrimen apertis
audiit et sceleri nullum iam obstare pudorem,
advolat et medias immittit Adrastus habenas,
ipse quidem et regnis multum et venerabilis aevo.
sed quid apud tales, quis nec sua pignora curae,
exter honos? tamen ille rogat: ‘spectabimus ergo hoc,
Inachidae Tyriique, nefas? ubi iura deique,
bella ubi? ne perstate animis, te deprecor, hostis —
quamquam, haec ira sinat, nec tu mihi sanguine longe — ,
te, gener, et iubeo; sceptri si tanta cupido est,
exuo regales habitus, i, Lernan et Argos
solus habe!’ non verba magis suadentia frangunt
accensos, sumptisque semel conatibus obstant,
quam Scytha curvatis erectus fluctibus umquam
Pontus Cyaneos vetuit concurrere montes,
ut periisse preces geminoque ad proelia fusos
pulvere cornipedes explorarique furentum
in digitis amenta videt, fugit omnia linquens,
castra, viros, generum, Thebas, ac fata monentem
conversumque iugo propellit Ariona: qualis
demissus curru laevae post praemia sortis
umbrarum custos mundique novissimus heres
palluit, amisso veniens in Tartara caelo.
Non tamen indulsit pugnae cunctataque primo
substitit in scelere et paulum Fortuna morata est.
bis cassae periere viae, bis comminus actos
avertit bonus error equos, puraeque nefandi
sanguinis obliquis ceciderunt ictibus hastae,
tendunt frena manu, saevis calcaribus urgent
immeritos; movet et geminas venerabile divom
prodigium turmas, alternaque murmura volvont
mussantes: iterare acies, procurrere saepe
impetus et totum miseris opponere bellum.
Iamdudum terris coetuque offensa deorum
aversa caeli Pietas in parte sedebat,
non habitu, quo nota prius, non ore sereno,
sed vittis exuta comam, fraternaque bella,
ceu soror infelix pugnantum aut anxia mater,
deflebat, saevumque Iovem Parcasque nocentes
vociferans, seseque polis et luce relicta
descensuram Erebo et Stygios iam malle penates,
‘quid me,’ ait, ‘ut saevis animantum ac saepe deorum
obstaturam animis, princeps Natura, creabas?
nil iam ego per populos, nusquam reverentia nostri,
o furor, o homines diraeque Prometheos artes!
quam bene post Pyrrham tellus pontusque vacabant 1!
en mortale genus!’ dixit, speculataque tempus
auxilio ‘temptemus,’ ait, ‘licet inrita coner.’
desiluitque polo, niveus sub nubibus atris 51
quamquam maesta deae sequitur vestigia limes,
vix steterat campo, subita mansuescere pace
agmina sentirique nefas; tunc ora madescunt
pectoraque, et tacitus subrepsit fratribus horror,
arma etiam simulata gerens cultusque viriles,
nunc his, nunc illis ‘agite, ite, obsistite,’ clamat,
‘ qius nati fratresque domi, quis pignora tanta
hic quoque — nonne palam est ultro miserescere divos? —
tela cadunt, cunctantur equi, Fors ipsa repugnat.’
Nonnihil impulerat dubios, ni torva notasset
Tisiphone fraudes caelestique ocior igne
adforet increpitans: ‘quid belli obverteris ausis,
numen iners pacique datum? cede, improba: noster
hic campus nosterque dies; nunc sera nocentes
defendis Thebas. ubi tunc, cum bella cieret
Bacchus et armatas furiarent orgia matres?
aut ubi segnis eras, dum Martius impia serpens
stagna bibit, dum Cadmus arat, dum victa cadit Sphinx,
dum rogat Oedipoden genitor, dum lampade nostra
in thalamos Iocasta venit?’ sic urget, et ultro
vitantem aspectus etiam pudibundaque longe
ora reducentem premit adstridentibus hydris
intentatque faces; deiectam in lumina pallam
diva trahit magnoque fugit questura Tonanti.
Tunc vero accensae stimulis maioribus irae:
arma placent, versaeque volunt spectare cohortes,
instaurant crudele nefas; rex impius aptat
tela et funestae casum prior occupat hastae.
illa viam medium clipei conata per orbem
non perfert ictus atque alto vincitur auro.
tunc exsul subit et clare funesta precatur:
‘di, quos effosso non inritus ore rogavit
Oedipodes flammare nefas, non improba posco
vota: piabo manus et eodem pectora ferro
rescindam, dum me moriens hic sceptra tenentem
linquat et hunc secum portet minor umbra dolorem.’
hasta subit velox equitis femur inter equique ilia,
letum utrique volens sed plaga sedentis
laxato vitata genu, tamen inrita voti
cuspis in obliquis invenit volnera costis.
it praeceps sonipes strictae contemptor habenae
arvaque sanguineo scribit rutilantia gyro.
exsultat fratris credens hunc ille cruorem:
credit et ipse metu; totis iamque exsul habenis
indulget, caecusque avidos inlidit in aegrum
cornipedem cursus, miscentur frena manusque
telaque, et ad terram turbatis gressibus ambo
praecipiant, ut nocte rates, quas nubilus auster
implicuit, frangunt tonsas mutantque rudentes,
luctataeque diu tenebris hiemique sibique,
sicut erant, imo pariter sedere profundo:
haec pugnae facies, coeunt sine more, sine arte,
tantum animis iraque, atque ignescentia cernunt
per galeas odia et voltus rimantur acerbo
lumine: nil adeo mediae telluris, et enses
impliciti innexaeque manus, alternaque saevi
murmura ceu lituos rapiunt aut signa tubarum.
fulmineos veluti praeceps cum comminus egit
ira sues strictisque erexit tergora 62 saetis:
igne tremunt oculi, lunataque dentibus uncis
ora sonant; spectat pugnas de rupe propinqua
venator patiens canibusque silentia suadet:
sic avidi incurrunt; necdum letalia miscent
volnera, sed coeptus sanguis, facinusque peractum est.
nec iam opus est Furiis; tantum mirantur et adstant
laudantes, hominumque dolent plus posse furores.
fratris uterque furens cupit adfectatque cruorem
et nescit manare suum; tandem inruit exsul,
hortatusque manum, cui fortior ira nefasque
iustius, alte ensem germani in corpore pressit,
qua male iam plumis imus tegit inguina thorax,
ille dolens nondum, sed ferri frigore primo
territus in clipeum turbatos colligit artus;
mox intellecto magis ac magis aeger anhelat
volnere, nec parcit cedenti atque increpat hostis:
‘quo retrahis, germane, gradus? hoc languida somno,
hoc regnis effeta quies, hoc longa 65 sub umbra
imperia! exsilio rebusque exercita egenis
membra vides; disce arma pati nec fidere laetis.’
Sic pugnant miseri; restabat lassa nefando
vita duci summusque cruor, poterantque parumper
stare gradus; sed sponte ruit fraudemque supremam
in media iam morte parat, clamore Cithaeron
erigitur, fraterque ratus vicisse levavit
ad caelum palmas: ‘bene habet! non inrita vovi,
cerno graves oculos atque ora natantia leto.
huc aliquis propere sceptrum atque insigne comarum,
dum videt.’ haec dicens gressus admovit et arma,
ceu templis decus et patriae laturus ovanti,
arma etiam spoliare cupit; nondum ille peractis
manibus ultrices animam servabat in iras.
utque superstantem pronumque in pectora sensit,
erigit occulte ferrum vitaeque labantis
relliquias tenues odio supplevit, et ensem
iam laetus fati fraterno in corde reliquit.
ille autem: ‘vivisne an adhuc manet ira superstes,
perfide, nec sedes umquam meriture quietas?
huc mecum ad manes! illic quoque pacta 71 reposcam,
si modo Agenorei stat Gnosia iudicis urna,
qua reges punire datur.’ nec plura locutus
concidit et totis fratrem gravis obruit armis.
Ite truces animae funestaque Tartara leto
polluite et cunctas Erebi consumite poenas!
vosque malis hominum, Stygiae, iam parcite, divae:
omnibus in terris scelus hoc omnique sub aevo
viderit una dies, monstrumque infame futuris
excidat, et soli memorent haec proelia reges.
At genitor sceleris comperto fine profundis
erupit tenebris, saevoque in limine profert
mortem imperfectam: veteri stat sordida tabo
utraque canities, et durus sanguine crinis
obnubit furiale caput; procul ora genaeque
intus et effossae squalent vestigia lucis.
virgo autem impositae sustentat pondera laevae,
dextra sedet baculo, qualis si puppe relicta
exosus manes pigri sulcator Averni
exeat ad superos solemque et pallida turbet
590astra, nec ipse diu fortis patiensque superni
aeris; interea longum cessante magistro
crescat opus, totisque 73 exspectent saecula ripis:
talis init campum, comitique extrema gementi 74 75 76 [p. 434]
‘duc,’ ait, ‘ad natos patremque recentibus, oro,
inice funeribus!’ cunctatur nescia virgo,
quid paret; impediunt iter implicitosque morantur
arma, viri, currus, altaque in strage seniles
deficiunt gressus et dux miseranda laborat,
ut quaesita diu monstravit corpora clamor
virginis, insternit totos frigentibus artus.
nec vox ulla seni: iacet immugitque cruentis
vulneribus, nec verba diu temptata sequuntur,
dum tractat galeas atque ora latentia quaerit,
tandem muta diu genitor suspiria solvit:
‘tarda meam, pietas, longo post tempore mentem
percutis? estne sub hoc hominis clementia corde?
vineis io miserum, vineis, Natura, parentem!
en habeo gemitus lacrimaeque per arida serpunt
volnera et in molles sequitur manus impia planctus,
accipite infandae iusta exsequialia mortis,
crudeles, nimiumque mei! nec noscere natos
adloquiumque aptare licet; dic, virgo, precanti,
quem teneo? quo nunc vestras ego saevus honore
prosequar inferias? o si fodienda redirent
lumina et in voltus saevire ex more potestas!
heu dolor, heu iusto magis exaudita parentis
vota malaeque preces! quisnam fuit ille deorum,
qui stetit orantem iuxta praereptaque verba
dictavit Fatis? furor illa et movit Erinys
620et pater et genetrix et regna oculique cadentes;
nil ego: per Ditem iuro dulcesque tenebras
immeritamque ducem, subeam sic Tartara digna 78 [p. 436]
morte, nec irata fugiat me Laius umbra,
ei mihi, quos nexus fratrum, quae volnera tracto!
solvite quaeso manus infestaque vincula tandem
dividite, et medium nunc saltem admittite patrem.’
talia dequestus paulatim insumpserat iras
mortis, et occulte telum, ni nata vetaret,
quaerebat; sed cauta manu subtraxerat enses
Antigone, furit inde senex: ‘ubi noxia tela?
heu Furiae! num totum abiit in corpora ferrum?’
dicentem comes aegra levat mutumque dolorem
ipsa premit, saevum gaudens planxisse parentem.
Olim autem inceptae clamore exterrita pugnae
regina extulerat notum penetralibus ensem,
ensem sceptriferi spolium lacrimabile Lai.
multaque cum superis et diro questa cubili
et nati furiis et primi coniugis umbris,
luctata est dextra, et prono vix pectore ferrum
intravit tandem: venas perrumpit aniles
volnus et infelix lustratur sanguine lectus,
illius exili stridentem in pectore plagam
Ismene conlapsa super lacrimisque comisque
siccabat plangens: qualis Marathonide silva
flebilis Erigone caesi prope funera patris
questibus absumptis tristem iam solvere79 nodum
coeperat et fortes ramos moritura ligabat.
Et iam laeta ducum spes elusisse duorum
res Amphionias alio sceptrumque maligna
transtulerat Fortuna manu, Cadmique tenebat
iura Creon. miser heu bellorum terminus! illi
pugnarant fratres, hunc et Mavortia clamant
semina, et impensus patriae paulo ante Menoeceus
conciliat populis, scandit fatale tyrannis
flebilis Aoniae solium: pro blanda potestas
et sceptri malesuadus amor! numquamne priorum
haerebunt documenta novis? iuvat ecce nefasto
stare loco Tegimenque manu tractare cruentum!
quid, melior Fortuna, potes? iam flectere patrem
incipit atque datis abolere Menoecea regnis.
primum adeo saevis imbutus moribus 81 aulae
indicium specimenque sui iubet igne supremo
arceri Danaos, nudoque sub axe relinqui
infelix bellum et tristes sine sedibus umbras,
mox reducem Ogygiae congressus limine portae
Oedipodem extimuit paulum, seseque minorem
confessus tacite, promptamque coercuit iram;
sed redit in regem caecumque audentius hostem
increpitans ‘procul,’ inquit, ‘abi, victoribus omen
invisum, et Furias averte ac moenia lustra
discessu Thebana tuo! spes longa peracta est:
vade, iacent nati. quae iam tibi vota supersunt?
‘ Horruit instinctu rabido, steteruntque trementes
ceu visu squalore genae, seniumque recessit,
tunc natam baculumque manu dimisit, et irae
innixus tumido vocem de pectore rumpit:
‘iamne vacat saevire, Creon? modo perfida regna
fortunaeque locum nostrae, miserande, subisti,
et tibi iam fas est regum calcare ruinas?
iam tumulis victos, socios iam moenibus arces?
macte, potes digne Thebarum sceptra tueri.
haec tua prima dies, sed cur nova contrariis amens
iura? quid anguste tantos metiris honores?
exsilium intendis. timida inclementia regum
ista! feros avidus quin protinus imbuis enses?
crede, licet, veniat cupidus parere satelles
intrepidusque secet non evitantia colla.
incipe! an exspectas, ut pronus supplice dextra
sternar et immitis domini vestigia quaeram?
finge autem temptare, sines? mihine ulla minaris
supplicia, aut ullos reris superesse timores?
linquere tecta iubes? caelum terramque reliqui
sponte, atque ultricem crudelis in ora retorsi
non ullo cogente manum: quid tale iubere,
rex inimice, potes? fugio excedoque nefandis
sedibus; an refert, quo funera longa measque
transportem tenebras? ne non gens cuncta precanti
concedat, patriae quantum miser incubo terrae?
sed dulces Thebae, nimirum hic clarior ortus,
et meliora meos permulcent sidera voltus,
hic genetrix natique, habeas Thebana regasque
moenia, quo Cadmus, quo Laius omine rexit
quoque ego; sic thalamos, sic pignora fida capessas,
nec tibi sit virtus fortunam evadere dextra,
sed lucem deprensus ames. satis omina sanxi,
duc, age, nata procul, quid te autem luctibus addo? [p. 442]
da, rex magne, ducem.’ timuit miseranda relinqui
Antigone mutatque preces: ‘felicia per te
regna, verende Creon, sanctasque Menoeceos umbras:
da veniam adflicto dictisque ignosce superbis.
hunc morem fandi longae fecere querellae;
nec soli ferus iste tibi: sic fata deosque
adloquitur, durus luctu, facilisque nec ipsi
saepe mihi; pridem indomito sub pectore vivit
libertas misera et saevae spes aspera mortis.
et nunc ecce tuas inritat callidus iras
suppliciumque cupit; sed tu maioribus, oro,
imperii potiare bonis, altusque iacentes
praetereas, et magna ducum vereare priorum
funera, et hic quondam solio sublimis et armis
saeptus opem miseris et iura, potentibus 87 aequus
supplicibusque, dabat, cui nunc ex agmine tanto
una comes, necdum exsul erat. felicibus hicne
obstat? in hunc odiis et regni viribus exis,
hunc abigis tectis? an ne prope limina clarum
ingemat et votis intempestivus oberret?
pone metum, procul usque tua submotus ab aula
flebit; ego erectum subigam et servire docebo,
coetibus abducam solaque in sede recondam.
exsul erit. nam quae migranti externa patebunt
moenia? vis Argos eat hostilesque Mycenas
squalidus inreptet, victique ad limen Adrasti
Aonias referat clades, tenuemque precetur 88 [p. 444]
rex Thebanus opem? miserae quid crimina gentis
pandere, quid casus iuvat ostentare pudendos?
conde, precor, quodcumque sumus, nec longa precamur
dona, Creon: miserere senis, maestosque parentis
hic, precor, hic manes indulge ponere: certe
Thebanos sepelire licet.’ sic orat humique
volvitur; abducit genitor saevumque minatur
indignans veniam, qualis leo rupe sub alta,
quem viridem quondam silvae montesque 89 tremebant,
iam piger et longo iacet exarmatus ab aevo,
magna tamen facies et non adeunda senectus;
et si demissas veniat mugitus ad aures,
erigitur meminitque sui, viresque solutas90
ingemit et campis alios regnare leones.
Flectitur adfatu, sed non tamen omnia rector
supplicis indulget lacrimis partemque recidit
muneris.’haud,’ inquit, ‘patriis prohibebere longe
finibus, occursu dum non pia templa domosque
commacules. habeant te lustra tuusque Cithaeron;
atque haec ecce tuis tellus habitabilis umbris,
qua bellum geminaeque iacent in sanguine gentes.’
sic ait, et ficto comitum volgique gementis
adsensu limen tumidus regale petebat.
Interea pulsi vallum exitiale Pelasgi
destituunt furto; nulli sua signa suusque
ductor: eunt taciti passim et pro funere pulchro
dedecorem amplexi vitam reditusque pudendos.
nox favet et grata profugos amplectitur umbra.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Stat.+Theb.+11&fromdoc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0498","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"55-56","from":21947.0,"to":21948.0,"NomeAutore":"Publio Papinio Stazio","TitoloFonte":"Tebaide"}, {"Annotazione":"intendi,\nquanto tu hai per prova nel salirvi conosciuto.<\/i> Alexander de\nHales<\/i> [riferisce Pererio del terrestre Paradiso parlando [Disp.\nin Gen. lib. 3 qu. 2]] ait Paradisum esse in aere quieto et\ntranquillo, qui superior est hoc nostrali aere inquieto ac\nturbulento: et locum Paradisi esse ubi finis est et terminus\nexhalationum et vaporum, quorum fluxus et progressus Lunae\npotestati ac efficientiae attrituitur.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Alexander de Hales<\/i> [riferisce Pererio del terrestre Paradiso parlando [Disp. in Gen. lib. 3 qu. 2]] ait Paradisum esse in aere quieto et tranquillo, qui superior est hoc nostrali aere inquieto ac turbulento: et locum Paradisi esse ubi finis est et terminus exhalationum et vaporum, quorum fluxus et progressus Lunae potestati ac efficientiae attrituitur.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q457968","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/summa-universae-theologiae","LuogoFonte":"LXXXIIII 2","NotaFonte":"Il brano di Alexander Halensis \u00e8 citato da Lombardi di seconda mano, attraverso il riassunto di Benedictii Pereiri VALENTINI Commentariorum et Disputationum in Genesim, Tomi quatuor, Coloniae Agrippinae, Hierat, 1601, I, p. 130.","TestoFonte":"An Paradisus terrestris conveniens locus fuerit habitationi primorum parentum<\/strong>
[...] Secundum hunc intellectum vere possit dici, Paradisum attingere circulum Solis vel Saturni. Propter hoc aliter potest dici sine praeiudicio q. circulus lunaris dicitur uno modo orbis lunae, quae ultima est sphaerarum celestium; alio modo terminus humidarum exalationum: qui est post est istum aerem turbulentium. Quia vero virtuti huic lunae attribuitur ducatus humorum, et augmentum et progressus; potest dici lunaris circulus terminus vaporum humidorum ascendentium. Quod igitur dicitur q. pertingit usque ad lunarem circulum, hoc est usque ad aerem quietum.","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=ICNgAAAAcAAJ&printsec=frontcover&dq=editions:kil5R76nrVYC&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&sa=X&redir_esc=y#v=onepage&q&f=false","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"101","from":28486.0,"to":28493.0,"NomeAutore":"Alessandro di Hales","TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"intendi, che di fuori\nappariva<\/i> — solere<\/b>, in forza di nome, per uso<\/i><\/b>, per solito.<\/i> \nQuesta che dice Dante maggior chiarezza delle stelle vedute da\nquella scala in capo della quale era il terrestre Paradiso [Vedi\n'l canto seguente v. 76 e segg.], corrisponde al descrivere che\nfa s. Basilio esso Paradiso Locum praelustrem, et spectatu\ndignissimum, et qui ob situs celsitudinem nulla tenebrescit\ncaligne; quippe quem exorientium siderum splendor illuminat, et\nundique suo lumine circumfundit<\/i> [Homil. de Parad. Terrest.<\/i>].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Questa che dice Dante maggior chiarezza delle stelle vedute da quella scala in capo della quale era il terrestre Paradiso [Vedi 'l canto seguente v. 76 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVIII 76-78","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Voi siete nuovi, e forse perch'io rido\",
cominciò ella, \"in questo luogo eletto
a l'umana natura per suo nido,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=62","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"89-90","from":27390.0,"to":27394.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"intendi, che son io quello, e che\ndissi<\/i> — lasso<\/b>, interiezione di dolore, come ahi misero<\/i><\/b>, e\nsimile. — Capo ha cosa fatta.<\/i><\/b> Costui in un consiglio tenuto\ntra parenti e amici degli Amidei per vendicare il loro onore\noffeso da Buondelmonte de' Buondelmonti [famiglie tutte\nFiorentine] disse cosa fatta capo ha<\/i>, gergo, che [riferendo\nquesto fatto medesimo spiega Giovan Villani] significava, che\nfosse Buondelmonte morto<\/i> [Lib. 5 cap. 38], come fu fatto per le\nstesse mani del Mosca con altri compagni; e per\u00f2 pone qu\u00ec Dante\ncostui a quel modo colle mani mozze.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Capo ha cosa fatta.<\/b>  Costui in un consiglio tenuto tra parenti e amici degli Amidei per vendicare il loro onore offeso da Buondelmonte de' Buondelmonti [famiglie tutte Fiorentine] disse cosa fatta capo ha<\/i>, gergo, che [riferendo questo fatto medesimo spiega Giovan Villani] significava, che fosse Buondelmonte morto<\/i> [Lib. 5 cap. 38], come fu fatto per le stesse mani del Mosca con altri compagni; e però pone quì Dante costui a quel modo colle mani mozze.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VI 38","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 120 (V 38)","TestoFonte":"E stando tra·lloro a consiglio in che modo il dovessero offendere, o di batterlo o di fedirlo, il Mosca de' Lamberti disse la mala parola «Cosa fatta capo ha», cioè che fosse morto: e così fu fatto","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"107","from":27507.0,"to":27514.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"intendi, lato<\/i>; come tre versi\n'nnanzi da sinistra<\/i> intendemmo detto per dalla sinistra banda<\/i><\/b>\n— padre vetusto di santa Chiesa<\/b> appella s. Pietro, perocch\u00e8 il\nprimo supremo pastore dato alla Chiesa da Ges\u00f9 Cristo — a cui\nCristo le chiavi Raccomand\u00f2 di questo fior venusto<\/b>, raccomand\u00f2\nle chiavi del Paradiso, che tu vedi in forma di vago fiore, di\ncandida rosa<\/i> [Canto prec. vers. 1].  Accenna l'espressione di\nGes\u00f9 Cristo a s. Pietro Tibi dabo claves Regni Caelorum<\/i>\n[Matth.<\/i> 16].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
le chiavi del Paradiso, che tu vedi in forma di vago fiore, di candida rosa<\/i> [Canto prec. vers. 1].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXXI 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"In forma dunque di candida rosa","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=98","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"124-126","from":32183.0,"to":32185.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"intendi, per mettersi al coperto\ndel vento<\/i> — mi ristrinsi retro al duca mio<\/b>, mi misi dietro\nalla schiena di Virgilio.  — che<\/b> vale poich\u00e8 — non v'era\naltra grotta.<\/b>  Grotta<\/i><\/b> per ripa<\/i><\/b> adopera Dante altrove [Inf.\nXXI, 110, Purg. XIII, 45], qu\u00ec per riparo<\/i> contro del vento.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Grotta<\/b> per ripa<\/i> adopera Dante altrove [Inf. XXI, 110, Purg. XIII, 45], quì per riparo<\/i> contro del vento.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI 110","NotaFonte":"","TestoFonte":"andatevene su per questa grotta","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"8-9","from":33142.0,"to":33145.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"intendi, quantunque morto.<\/i> \nAccortosi Nesso d'essere da Ercole ferito con frecce tinte nel\nsangue dell'Idra Lernea, e che sarebbe perci\u00f2 il proprio sangue\nstato ad altrui un potentissimo veleno; diede a Deianira ad\nintendere, che se col di lui sangue avesse tinta la camicia del\nmarito, spento sarebbesi in lui ogni amore verso altra donna. \nPer la qual cosa serbato avendo la donna del sangue del Centauro,\nquando una fiata intese ch'era Ercole perduto dietro a Iole,\nmand\u00f2 lui una camicia tinta del serbato sangue; e credendo di\ntrarre il marito dall'amore di Iole, il trasse di vita [Lo stesso\nivi].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
intendi, quantunque morto.<\/i> Accortosi Nesso <\/strong>d'essere da Ercole ferito con frecce tinte nel sangue dell'Idra Lernea, e che sarebbe perciò il proprio sangue stato ad altrui un potentissimo veleno; diede a Deianira ad intendere, che se col di lui sangue avesse tinta la camicia del marito, spento sarebbesi in lui ogni amore verso altra donna.  Per la qual cosa serbato avendo la donna del sangue del Centauro, quando una fiata intese ch'era Ercole perduto dietro a Iole, mandò lui una camicia tinta del serbato sangue; e credendo di trarre il marito dall'amore di Iole, il trasse di vita [Lo stesso ivi].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1231590","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3738147","LuogoFonte":"XXXIV, XXXVI","NotaFonte":"","TestoFonte":"NESSUS<\/b> 
Nessus Ixionis et Nubis filius centaurus rogatus ab Deianira, ut se flumen Euhenum transferret: quam sublatam in flumine ipso violare voluit. Hoc Hercules cum intervenisset et Deianira cum fidem eius implorasset, Nessum sagittis confixit. Ille moriens, cum sciret sagittas hydrae Lernaeae felle tinctas quantam vim haberent veneni, sanguinem suum exceptum Deianirae dedit et id philtrum esse dixit; si vellet, ne se coniunx sperneret, eo iuberet vestem eius perungi. Id Deianira credens conditum diligenter servavit [...]. 

DEIANIRA<\/b>
Deianira Oenei filia Herculis uxor cum vidit Iolen virginem captivam eximiae formae esse adductam verita est, ne se coniugio privaret. Itaque memor Nessi praecepti vestem tinctam centauri sanguine, Herculi qui ferret, nomine Licham famulum misit. Inde paulum, quod in terra deciderat et id sol attigit, ardere coepit. Quod Deianira ut vidit, aliter esse ac Nessus dixerat intellexit, et qui revocaret eum, cui vestem dederat, misit. Quam Hercules iam induerat statimque flagrare coepit; qui cum se in flumen coniecisset, ut ardorem extingueret, maior flamma exibat; demere autem cum vellet, viscera sequebantur.","UrlFonte":"https:\/\/www.thelatinlibrary.com\/hyginus\/hyginus5.shtml#nessus","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"69","from":10925.0,"to":10933.0,"NomeAutore":"Igino","TitoloFonte":"Fabulae"}, {"Annotazione":"intendi, questo che vien meco, e\nmuove andando le pietre.<\/i> — n\u00e8 io anima fuia<\/b>, furace, fura,\nladra, rapace; o pure negra, scura; o forse trista e cattiva dal\nfurvus<\/i><\/b>, onde furvae hostiae.<\/i> Cos\u00ec il Venturi. Ma io non so\n[oppone il Rosa Morando] come furvus<\/i> possa mai significare\ntristo<\/i> e cattivo.<\/i> Furvae hostiae<\/i> erano chiamati quegli\nanimali di pel nero, che si sacrificavano agli Dei dell'Inferno:\nonde lo Scoliaste di Valerio Massimo [Lib. 2 cap. 4 num. 5]\nfurvae hostiae nigrae. Antiqui superis immolabant alba\nanimalia, inferis vero nigra<\/i>, e apporta quel verso di Virgilio\n[Aeneid.<\/i> VI, 153]:\n\n Duc nigras pecudes; ea prima piacula sunto.<\/i>\n\n\tAnzi lo stesso Valerio Massimo spone la voce furvus<\/i> in\nquesto modo [Lib. 2 cap. 4 n. 5] hostias nigras, quae\nantiquitus furvae dicebantur.<\/i> Non ci sarebbe errore alcuno se\nquesta annotazione si leggesse cos\u00ec: Furace, fara, ladra,\nrapace; o pure trista e cattiva; o forse nera e scura dal furvus,\nonde furvae hostiae.<\/i> Fuio<\/i> nel significato di tristo<\/i> e\ncattivo<\/i> si vede usato in quel passo riferito dalla Crusca; per\navarizia fuia si trovano tutte.<\/i> Io per altro credo che ci\u00f2 sia\nstata una pura inavvertenza del comentatore, e ch'egli avesse\nintenzione di dire nel modo, che si \u00e8 per me emendato; perch\u00e8 nel\nPurgatorio al canto XXXIII verso 44:\n\n Messo di Dio ancider\u00e0 la fuia<\/i>\n\nmostra d'intendere la voce furvus<\/i> nel suo vero significato,\ndicendo: qual poi significato abbia la voce fuia, se di fura e\nladra, se di furva e fosca, vedilo nel canto XII dell'Inferno,\ndov'\u00e8 spiegato.<\/i><\/b> Che poi la voce fuia<\/i><\/b> possa derivar da\nfurvus<\/i>, e significar fosca<\/i>, \u00e8 totalmente chimerico. \nApparisce chiaramente dal contesto, che il Poeta l'us\u00f2 per\nfura<\/i>, cio\u00e8 furace.<\/i> Fuio<\/i> e furo<\/i> si disse per la parentela\nche passa tra l'i<\/i> e l'r<\/i> nel modo che paio<\/i> e paro<\/i>,\ndanaio<\/i> e danaro<\/i>, e simili. Cos\u00ec il sig. Rosa Morando\n[Osserv. sopra l'Inf.<\/i> a questo passo.].\n\n\tA me per\u00f2, considerati i qu\u00ec riferiti esempi, e\nquell'altro del poeta nostro parimenti\n\n Dio vede tutto, e tuo veder s'illuia<\/i>,\n Diss'io, beato spirto, s\u00ec che nulla<\/i>\n Voglia di se a te puot'esser fuia<\/i>\n [Parad. IX, 73 e segg.].\n\npare che risulti, che fuio<\/i>, ovunque si derivi [probabilmente\nper\u00f2 dal Latino furvus<\/i>] propriamente voglia significare nero<\/i>,\nbuio<\/i>, aggiunti di colore: e che, come quegli aggiunti\ntrasferisconsi a significare eziandio or reo<\/i>, or nascosto\nall'intendimento<\/i> [dicendosi per cagion d'esempio, conscienza\nnera, questione buia<\/i>] cos\u00ec trasferiscasi fuio<\/i> qu\u00ec, e nel\ncitato verso del Purgatorio, ed in quell'altro esempio recato\ndalla Crusca a significar reo<\/i>; e nell'esempio poi del Paradiso,\nda me prodotto, a significare nascosto.<\/i>\n\n\tN\u00e8 si pu\u00f2 accordare al sig. Rosa, che apparisca\nchiaramente dal contesto<\/i><\/b> che fuia<\/b> vaglia qu\u00ec fura.<\/i> Il\ncontesto non richiede altro se non che Virgilio si manifestasse\nesente dal subir ivi alcuna pena; ed a ci\u00f2 bastava tanto il dire\nch'egli non era anima fara<\/i>, quanto il dire, che non era anima\nrea<\/i>: e come esso Virgilio aveva gi\u00e0 detto a Dante di non essere\nperduto per alcun rio<\/i> difetto [Inf. IV, 40], cos\u00ec pot\u00e8 qu\u00ec\nrispondere a Chirone di non essere anima rea.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Furvae hostiae<\/i> erano chiamati quegli animali di pel nero, che si sacrificavano agli Dei dell'Inferno: onde lo Scoliaste di Valerio Massimo [Lib. 2 cap. 4 num. 5] furvae hostiae nigrae.  Antiqui superis immolabant alba animalia, inferis vero nigra<\/i>, e apporta quel verso di Virgilio [Aeneid.<\/i> VI, 153]:      Duc nigras pecudes; ea prima piacula sunto.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q379991","Fonte":"","LuogoFonte":"II iv 5","NotaFonte":"La citazione \u00e8 tratta da  Valerius Maximus Cum selectis Variorum observat: et nova recensione, (1660), p. 165 nota 2","TestoFonte":"furvae hostiae ] nigrae. Antiqui superis immolabant alba animalia, inferis vero nigra. Virgilius lib. VI
Duc nigras pecudes, ea prima piacula sunto.","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/bub_gb_qpBy6k7IvK8C\/page\/n184\/mode\/1up?q=furvae","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"90","from":11083.0,"to":11086.0,"NomeAutore":"Valerio Massimo","TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"intendi, sopra di noi<\/i>:\ne vuole significare che il Sole dato aveva volta verso ponente. \nImperocch\u00e8, salendo i poeti quel monte dalla parte orientale,\ncome n'\u00e8 dato avviso nel canto IV v. 53, voltando il Sole verso\nponente doveva il monte adombrarneli.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
il Sole dato aveva volta verso ponente. Imperocchè, salendo i poeti quel monte dalla parte orientale, come n'è dato avviso nel canto IV v. 53, voltando il Sole verso ponente doveva il monte adombrarneli.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IV 53","NotaFonte":"","TestoFonte":"vòlti a levante ond'eravam saliti,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=38&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"51","from":5342.0,"to":5351.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"intendi, della parole\nSanctus, Sanctus, Sanctus<\/i>, che riferisce s. Giovanni\nnell'Apocalisse [Cap. 4] cantate a Dio dai quattro misteriosi\nanimali: e per\u00f2 siegue, e la mia donna<\/b>, Beatrice, Dicea con\ngli altri: Santo, Santo, Santo.<\/b>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
intendi, delle parole Sanctus, Sanctus, Sanctus<\/i>, che riferisce s. Giovanni nell'Apocalisse [Cap. 4] cantate a Dio dai quattro misteriosi animali<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","LuogoFonte":"IV 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et quattuor animalia singula eorum habebant alas senas, in circuitu et intus plenae sunt oculis; et requiem non habent die et nocte dicentia: “ Sanctus, sanctus, sanctus Dominus, Deus omnipotens, qui erat et qui est et qui venturus est! ”. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"67-69","from":25846.0,"to":25849.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"},
{"Annotazione":"intendi~, disse.<\/i> — Cive<\/i>, in\ngrazia della rima~, dal Latino civis<\/i>, per convivente<\/i>,\nvivente in societ\u00e0.  Civitas<\/i> [definisce s.  Isidoro] est\nhominum multitudo societatis vinculo adunata<\/i> [Orig.<\/i>  lib. 15.\ncap. 2.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Cive<\/i>, in grazia della rima, dal Latino civis<\/i>, per convivente<\/i>, vivente in società.  Civitas<\/i> [definisce s.  Isidoro] est hominum multitudo societatis vinculo adunata<\/i> [Orig.<\/i>  lib. 15. cap. 2.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q166876","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q665934","LuogoFonte":"XV ii 1","NotaFonte":"PL 82, 0536B","TestoFonte":"Civitas est hominum multitudo societatis vinculo adunata, dicta a civibus, id est, ab ipsis incolis urbis, pro eo quod plurimorum consciscat, et contineat vitas. Nam urbs ipsa moenia sunt, civitas autem non saxa, sed habitatores vocantur.","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=MLS\/xfromcc.php&text=8178:16.2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"115-116","from":7778.0,"to":7795.0,"NomeAutore":"Isidoro di Siviglia","TitoloFonte":"Etymologiae"},
{"Annotazione":"intrecciate nella formazione di\nquell'aquila, come ha divisato nel precedente canto [Vers. 97 e\nsegg.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
intrecciate nella formazione di quell'aquila, come ha divisato nel precedente canto [Vers. 97 e segg.].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XVIII 97-108","NotaFonte":"","TestoFonte":"E vidi scendere altre luci dove
era il colmo de l'emme, e lì quetarsi
cantando, credo, il ben ch'a sé le move.
Poi, come nel percuoter d'i ciocchi arsi
surgono innumerabili faville,
onde li stolti sogliono agurarsi,
resurger parver quindi più di mille
luci e salir, qual assai e qual poco,
sì come 'l sol che l'accende sortille;
e quïetata ciascuna in suo loco,
la testa e 'l collo d'un'aguglia vidi
rappresentare a quel distinto foco.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=85","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"3","from":18170.0,"to":18173.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"invalida il severo\ndecreto della giustizia divina, ne impetra la rivocazione. \nProv., XXV, 15: «Lingua mollis confringit duritiem.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
invalida il severo decreto della giustizia divina, ne impetra la rivocazione. Prov., XXV, 15: «Lingua mollis confringit duritiem.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4579","LuogoFonte":"Proverbi XXV, 15","NotaFonte":"","TestoFonte":"Patientia lenietur princeps,
et lingua mollis confringet ossa<\/strong>.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_proverbiorum_lt.html#25","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":1690.0,"to":1697.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Proverbi"}, {"Annotazione":"invoca ad alta\nvoce: allusivamente a quel dell'Apocalisse Desiderabunt mori, &\nfugiet mors ab eis<\/i> [Cap. IX v. 6]: e dicela seconda<\/b> per\nrapporto alla prima gi\u00e0 successa morte del corpo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La seconda morte<\/strong> ciascun grida<\/em>, invoca ad alta voce: allusivamente a quel dell'Apocalisse<\/em> Desiderabunt mori, et fugiet mors ab eis.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","LuogoFonte":"IX 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"Desiderabunt mori, et fugiet mors ab eis","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#9","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"117","from":844.0,"to":849.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"},
{"Annotazione":"iu seguito all'ultima\nstrofe dell'inno — Gridavano alto, Virum<\/b> ec.  Seguendo Dante\nl'usato stile di fare dalle purganti anime gridare esempi di\nvirt\u00f9 contraria al vizio che in ciascun girone si purga, fa qu\u00ec\ncotali esempi gridarsi interpolatamente al predetto inno; ed\nincomincia da quello che ne diede Maria Vergine, quando alla\nproposta dell'Arcangelo Gabriele Ecce concipies<\/i> ec., rispose\nQuomodo fiet istud, quoniam virum non cognosco<\/i> [Lucae<\/i> I]? \nDel cantar poi quelli spiriti l'inno bassi<\/i><\/b>, cio\u00e8 con voce\nbassa, con voce sommessa, e di gridare gli esempi alto<\/b>, ad alta\nvoce, dovrebbe esserne il motivo, che l'inno era orazione, che\nfacevano a Dio; e gli esempi erano riprensioni che a se medesimi\nfacevano.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Gridavano alto, Virum<\/b> ec.  Seguendo Dante l'usato stile di fare dalle purganti anime gridare esempi di virtù contraria al vizio che in ciascun girone si purga, fa quì cotali esempi gridarsi interpolatamente al predetto inno; ed incomincia da quello che ne diede Maria Vergine, quando alla  proposta dell'Arcangelo Gabriele Ecce concipies<\/i> ec., rispose Quomodo fiet istud, quoniam virum non cognosco<\/i> [Lucae<\/i> I]?<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","LuogoFonte":"I 34","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dixit autem Maria ad angelum: “ Quomodo fiet istud, quoniam virum non cognosco? ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"127-129","from":25615.0,"to":25633.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"},
{"Annotazione":"l'Imperial detto segno — Ravenna<\/b>\ncitt\u00e0 della Romagna, nella quale ritornando Giulio Cesare dalla\nGallia verso Roma substitit<\/i>, scrive Svetonio [C. Iul. Caes.<\/i>\ncap. 30]  — salt\u00f2 'l Rubicon<\/i><\/b>, Rubicone fiume tra Ravenna e\nRimini, termine anticamente della Gallia Cisalpina, passato da\nGiulio Cesare senza deporre il comando delle armi, contra i\nseveri divieti della Repubblica.  Volpi.  Saltare<\/i><\/b> per\ntrapassare da un lato all'altro con gran prestezza<\/i> adoperano\naltri scrittori parimente [Vedi 'l Vocabol. della Crusca sotto il\nverbo saltare<\/i> {paragraph.} 4].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ravenna <\/b>città della Romagna, nella quale ritornando Giulio Cesare dalla Gallia verso Roma substitit<\/i>, scrive Svetonio [C. Iul. Caes. <\/i>cap. 30]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q10133","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1229963","LuogoFonte":"XXX 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"uerum neque senatu interueniente et aduersariis negantibus ullam se de re publica facturos pactionem, transiit in citeriorem Galliam, conuentibusque peractis Rauennae substitit<\/strong>, bello uindicaturus si quid de tribunis plebis intercedentibus pro se grauius a senatu constitutum esset.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1348.abo011.perseus-lat1:30","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"61-62","from":5377.0,"to":5393.0,"NomeAutore":"Gaio Svetonio Tranquillo","TitoloFonte":"Vite dei Cesari"},
{"Annotazione":"l'altra parte degli angeli,\nmantenendosi fedele a Dio, rimase in cielo — e cominci\u00f2\nquest'arte, Che tu discerni<\/b> ec.: e ricevendone in premio la\nbeatifica comprensione d'Iddio [Che la beatifica comprensione\nd'Iddio non ottenesse angelo veruno se non dopo data prova di sua\nfedelt\u00e0 a Dio medesimo, vedi, tra gli altri, 'l Maestro delle\nSentenze lib. 2 dist. 4], incominci\u00f2 quest'arte<\/b>, quest'impiego\nche tu vedi, di circuire<\/i>, di aggirarsi intorno al lucidissimo\npunto [Vedi 'l canto prec. v. 26 e segg.], con tanto diletto,\nChe mai non si diparte<\/i><\/b>, che mai cotale aggiramento dismette.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Che la beatifica comprensione d'Iddio non ottenesse angelo veruno se non dopo data prova di sua fedeltà a Dio medesimo, vedi, tra gli altri, 'l Maestro delle Sentenze lib. 2 dist. 4<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q315347","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q78792604","LuogoFonte":"II 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Post haec videndum est utrum perfectos et beatos creavit Deus angelos, an miseros et imperfectos. Ad quod dici potest quod nec in beatitudine, nec in miseria creati sunt. Miseri enim ante peccatum esse non potuerunt, quia ex peccato miseria est. Nam si non fuisset peccatum, nulla esset miseria. Beati quoque nunquam fuerunt illi qui ceciderunt, quia sui eventus ignari fuerunt, id est, peccati et supplicii futuri. Si enim lapsum suum praesciverunt, aut vitare voluerunt, sed non potuerunt, et ita erant miseri; aut potuerunt, sed noluerunt, et ita erant stulti et maligni. Ideoque dicimus quia non erant praescii eventus sui, nec eis data est cognitio eorum quae futura erant super eos. Boni vero et qui perstiterunt, forte beatitudinis praescii fuerunt. Unde August., lib. 11, c. 17, super Genes.: Quomodo, inquit, beatus inter angelos fuit qui futuri peccati atque supplicii praescius non fuit? Quaeritur autem cur non fuerit. Forte hoc Deus revelare diabolo noluit quid facturus vel passurus esset; caeteris vero revelare voluit quod in veritate mansuri essent. His verbis videtur Augustinus significare quod angeli qui corruerunt non fuerunt praescii sui casus, ideoque beati non fuerunt. Et quod angeli qui perstiterunt beatitudinem sibi affuturam praesciverunt, atque de ea certi in spe extiterunt, unde quodammodo jam beati erant. Et revera si ita fuisset, posset illos dici modo fuisse beatos, alios vero non, qui nesciverunt eventum suum.","UrlFonte":"http:\/\/magistersententiarum.com\/book\/4\/distinction\/256","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"52-54","from":28695.0,"to":28698.0,"NomeAutore":"Pietro Lombardo","TitoloFonte":"Sententiarum libri IV"},
{"Annotazione":"l'altro Carlo, che gi\u00e0 \u00e8\nuscito di Francia.  Detto avendo di Carlo di Valois, che\nuscirebbe di Francia, perocch\u00e8 non usc\u00ec che del 1301 anno\nconsecutivo a quello in cui Dante finge di aver fatto questo suo\nviaggio; parlando ora di Carlo II figlio di Carlo I Re di Sicilia\ne Puglia, dice che gi\u00e0 usc\u00ec<\/b>; imperocch\u00e8 era uscito di Francia\npe 'l riaquisto della Sicilia, vivente ancora suo padre, del 1282\nnell'anno stesso del Vespro Siciliano [Gio Vill. Cron. lib. 7\ncap. 84], — preso di nave<\/b>, o la particella di<\/i><\/b> per in<\/i> [Vedi\nCinon. Part.<\/i> 80, 8], e come se detto avesse preso in nave<\/i>,\novvero preso di nave<\/b> val quanto tratto prigioniero di nave<\/i><\/b>;\ncio\u00e8 dalla propria nave in cui combatteva contro la flotta di\nRuggieri d'Oria Ammiraglio del Re Pietro d'Aragona [ Gio. Vill.\nCron. lib. cap. 92] veggio vender<\/i><\/b> ec.  Lo ditto Re Carlo\nciotto<\/i> [chiosa il comento dell'ediz. Nidob.] ebbe una figliuola\nper nome Beatrice, la quale elli di\u00e8 a Misser Azzo da Este da\nFerrara per moglie; e questo parentado fece per moltissima\npecunia, che Misser Azzo diede a Carlo Ciotto.<\/i>  Errano per\u00f2 il\nLandino, Vellutello, Daniello, Volpi, e Venturi, specificando\nessere il prefato Azzo il III<\/i> imperocch\u00e8 fu Azzo il III un\nbuon secolo prima di Carlo II il zoppo.  Scrive Giovan Battista\nGiraldi di Azzo VI ch'essendogli morta la prima moglie Giovanna\nOrsina, riprese per moglie, quantunque fosse oggimai vecchio<\/i>,\nBeatrice figlia di Carlo Re di Napoli, dal quale l'anno<\/i> 1305\nebbe in dote la citt\u00e0 d'Atri<\/i> [Comentario delle cose di Ferrara\nin Azzo VI<\/i>].  Il sesto adunque dee essere l'Azzo e non il\nterzo; e la frase, che fa Dante da Ugo adoprasi, veggo<\/i> ec.\nindica che, come la dotazione, cos\u00ec il matrimonio tra Azzo e\nBeatrice seguisse posteriormente all'anno del Dantesco viaggio\n1300 e finalmente l'esser Azzo oggimai vecchio<\/i> pot\u00e8 essere il\nmotivo che per aversi Beatrice in moglie ugnesse le mani al padre\ndi lei colla moltissima pecunia.<\/i>  — Lo stemma<\/i> o sia arbore\ngenealogico, della casa d'Angi\u00f2, che s'aggiunge al Rationarium\ntemporum<\/i> del Petavio, non ricorda tra i figli di Carlo II questa\nBeatrice.  Quandoque bonus dormitat Homerus<\/i><\/b>  — come fanno i\ncorsar<\/b> la Nidobeatina, come fan li corsar<\/i> l'altre edizioni.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
parlando ora di Carlo II figlio di Carlo I Re di Sicilia e Puglia, dice che già uscì<\/b>; imperocchè era uscito di Francia pe 'l riaquisto della Sicilia, vivente ancora suo padre, del 1282 nell'anno stesso del Vespro Siciliano [Gio Vill. Cron. lib. 7 cap. 84]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VIII 85","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, pp. 247-248 (VII 84)","TestoFonte":"Nel detto anno MCCLXXXII, del mese d'ottobre, venne in Firenze Carlo prenze di Salerno e figliuolo primogenito del grande re Carlo con VIC cavalieri, il quale veniva di Proenza e di Francia per mandato del suo padre per essere all'assedio di Messina colla sua oste, e venuto a corte di Roma al papa, siccome addietro facemmo menzione. In Firenze fu ricevuto il detto prenze a grande onore, e fece tre cavalieri della casa de' Bondelmonti; e incontanente se n'andò a corte di Roma, ov'era il re Carlo con sua baronia.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79-81","from":20076.0,"to":20081.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"l'altro che viene, il\nsecondo dopo Omero, \u00e8 Orazio scrittore di satire (lat.\nsatirus<\/i>).  Anche in prosa, nel Convito, e' chiama Giovenale\n«satiro nobile.»  E designa Orazio dal genere satirico, in cui fu\nprincipe, piuttosto che dal lirico, in cui fu seguitatore\nde' Greci.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Anche in prosa, nel Convito, e' chiama Giovenale «satiro nobile.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio IV, xxix, 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Alla prima questione risponde Giovenale nell'ottava satira, quando comincia quasi esclamando: «Che fanno queste onoranze che rimagnono dalli antichi, se per colui che di quelle si vuole amantare male si vive? se per colui che delli suoi antichi ragiona e mostra le grandi e mirabili opere, s'intende a misere e vili operazioni? Avegna [che ........................... Chi dicerà»], dice esso poeta satiro<\/strong> «nobile per la buona generazione quelli che della buona generazione degno non è? Questo non è altro che chiamare lo nano gigante».","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=79&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"89","from":3586.0,"to":3590.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"l'angelo che teneva le due\nchiavi, detto nel nono di questa cantica v. 117.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
l'angelo che teneva le due chiavi, detto nel nono di questa cantica v. 117.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IX 117","NotaFonte":"","TestoFonte":"e di sotto da quel trasse due chiavi.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=43&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"135","from":12087.0,"to":12096.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"l'aquee esalazioni — in acqua\nriede<\/b>, in pioggia convertesi — dove 'l freddo il coglie<\/b>, alla\nfredda region dell'aria; dove l'aquee esalazioni dal freddo\ncondensate rendonsi pi\u00f9 gravi dell'aria, e perci\u00f2 ricascano in\nneve o in pioggia.  — Giunse quel mal voler<\/b> ec.  Non trovo a\nquesto passo espositore che mi soddisfaccia.  Alcuni tra quali il\nVellutello e 'l Venturi, intendono che giunse<\/b> vaglia quanto\narriv\u00f2<\/i> al detto luogo, dove il freddo coglie l'umido vapore<\/i><\/b>:\ne tutti poi per mal voler<\/b> chiosano il Demonio.  Ma come bene\nposia connetteransi le parole con lo 'ntelletto<\/b>?\n\n\tQuanto a me: premesso che il verbo giugnere<\/i><\/b>, come per\nmolti esempi mostrasi nel Vocabolario della Crusca, pu\u00f2\nsignificare il medesimo che aggiugnere, accoppiare<\/i>; e premesso\nche dell'accoppiamento della mala volont\u00e0 con lo intelletto a far\nmale parla il Poeta pi\u00f9 chiaramente Inf. XXXI ove dice che dove\nall'argomento della mente s'aggiunge il mal voler<\/i> [Vers. 55 e\nsegg.]: con queste premesse ecco quale amerei costruzione e\nspiegazione Quel<\/i><\/b>, colui [quel d'Inferno<\/i><\/b> {v.104} suddetto]\ncoll'intelletto giunse<\/b>, aggiunse, accoppi\u00f2, mal voler<\/b>, la\ncattiva volont\u00e0, che pur mal chiede<\/b>, la quale solamente il male\ndesidera e cerca, e per la virt\u00f9, che sua natura diede<\/i><\/b>, per\ndiedegli<\/i> [Avere i demoni cotal possanza appare, dice il\nLandino, e per santo Agostino, e per Alberto Magno in uno suo\npicciolo libro intitolato de potentia daemonum<\/i>], mosse<\/b>,\neccit\u00f2, il fumo<\/b>, l'evaporazioni umide, e 'l vento<\/b>, altro\nrequisito per suscitar temporale.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dell'accoppiamento della mala volontà con lo intelletto a far male parla il Poeta più chiaramente Inf. XXXI ove dice che dove all'argomento della mente s'aggiunge il mal voler<\/i> [Vers. 55 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXI 55-56","NotaFonte":"","TestoFonte":"ché dove l'argomento de la mente
s'aggiugne al mal volere e a la possa,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=31","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"110-114","from":4772.0,"to":4774.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"l'empireo, il cielo ch'\u00e8 pien d'amore\ne pi\u00f9 ampio si spazia<\/i> Purg. XXVI, 63. — Ardi<\/b>, desideri\nardentemente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
l'empireo, il cielo ch'è pien d'amore e più ampio si spazia<\/i> Purg. XXVI, 63<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVI, 63","NotaFonte":"","TestoFonte":"ch'è pien d'amore e più ampio si spazia","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=60&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"84","from":1604.0,"to":1606.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"l'error di coloro che\ninsegnano essere ciascuno amor in se laudabil cosa<\/i> [Vers. 36],\ni quali ciechi della mente essendo vogliono farla da duci<\/b>, da\nmaestri.  Detto [dice bene il Venturi] preso da quel del Vangelo\ncaeci sunt et duces caecorum<\/i><\/b> [Matth.<\/i> 15 v. 14].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Detto [dice bene il Venturi] preso da quel del Vangelo caeci sunt et duces caecorum<\/i> [Matth.<\/i> 15 v. 14].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XV 14","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sinite illos: caeci sunt, duces caecorum. Caecus autem si caeco ducatum praestet, ambo in foveam cadent ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#15","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"18","from":17558.0,"to":17562.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"l'infelicit\u00e0 delle anime\nseparate da Dio.  — non mi tange<\/b>: non mi tocca.  Non tanget\nillos tormentum mortis<\/i> (Sap., III, 1).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
l'infelicità delle anime\r\nseparate da Dio.  — non mi tange<\/b>: non mi tocca.  Non tanget\r\nillos tormentum mortis<\/i> (Sap., III, 1).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q202135","LuogoFonte":"III, 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"[1]<\/strong> Iustorum autem animae in manu Dei sunt, | et non tanget illos tormentum mortis.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_sapientiae_lt.html#3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"92","from":1661.0,"to":1664.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro della Sapienza"},
{"Annotazione":"l'insigne sacra reliquia,\nch'\u00e8 in Roma, nella nostra Italia, del santo Sudario, dove\nimpressa rimase l'immagine del Redentore; cos\u00ec detta, chiosa il\nVolpi, quasi vera icon.<\/i>  Pretiosissimi vultus imaginem<\/i>\n[riferisce Du-Fresne scritto da Niccol\u00f2 IV], quam Veronicam\nfidelium vox communis appellat<\/i> [Glossar.<\/i> art. Veronica<\/i>].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Pretiosissimi vultus imaginem <\/i>[riferisce Du-Fresne scritto da Niccolò IV], quam Veronicam fidelium vox communis appellat<\/i> [Glossar.<\/i> art. Veronica<\/i>].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q103625","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/bolla-ille-qui-solus","LuogoFonte":"","NotaFonte":"Lombardi cita dal Glossarium ad scriptores mediae et infimae latinitatis, auctore Carolo DUFRESNE, domino Du Cange, Parisiis, Sub Oliva Caroli Osmont, via San Jacobaea, 1733-1736, 6 voll., VI, col. 1499.","TestoFonte":"In ea namque lui pretiosissimi Vultus Ymaginem, quam Veronicam<\/strong> Fidelium, vox communis appella , in lingularis amoris insigne tribuit venerari ","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/bub_gb_moRx0tEU07IC\/page\/n256\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"104","from":31088.0,"to":31091.0,"NomeAutore":"papa Niccol\u00f2 IV","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"l'istrumento di questa\ndivina vendicativa giustizia, non taglia in fretta, N\u00e8 tardo<\/b>\nec. ferisce a giusto tempo; e non \u00e8 frettolosa o tarda, mach\u00e8<\/b>\n[dal mas que<\/i> degli Spagnuoli, corrispondente al magis qu\u00e0m<\/i>\nde' Latini, com'\u00e8 stato avvisato Inferno IV, 26 ed altrove] al\nparer di colui<\/i><\/b> ec. pi\u00f9 che rispettivamente a colui che\nl'aspetta; a cui, desiando<\/b>, pare tarda e, temendo<\/b>, pare\npresta.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
machè <\/b>[dal mas que<\/i> degli Spagnuoli, corrispondente al magis quàm <\/i>de' Latini, com'è stato avvisato Inferno IV, 26 ed altrove]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV 26","NotaFonte":"","TestoFonte":" non avea pianto mai che di sospiri","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16-18","from":21343.0,"to":21366.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"l'ottavo cielo, quello\ndelle stelle fisse — ch'ha tante vedute<\/b>: vedute<\/b>, per le\nstelle fisse, che sono come tanti occhi del cielo.  Catullo negli\nendecasillabi:\n\n     Aut quam sidera multa, cum tacet nox<\/i>,\n        Furtivos hominum<\/i> vident amores.<\/i>\n\nVolpi.  — Quell'esser<\/i><\/b>, quella virt\u00f9 che riceve dal nono cielo\n— parte per diverse<\/b> ec., scompartisce per le stelle di essenza\ntra di loro varie; contenute in quel cielo bens\u00ec, ma dal medesimo\ndistinte.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
vedute<\/b>, per le stelle fisse, che sono come tanti occhi del cielo.  Catullo negli endecasillabi:\r\n     Aut quam sidera multa, cum tacet nox<\/i>,\r\n        Furtivos hominum<\/i> vident amores.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q163079","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/carmina","LuogoFonte":"VII 7-8","NotaFonte":"","TestoFonte":"aut quam sidera multa, cum tacet nox,
furtivos hominum vident <\/strong>amores,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0472.phi001.perseus-lat1:7","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"115-117","from":1777.0,"to":1780.0,"NomeAutore":"Gaio Valerio Catullo","TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"l'unghiute nocive zampe. \nMancando, come ognun sa, i mss. ed anche le prime edizioni, di\nmolti spartimenti di parole, n\u00e8 ammettendo in mezzo ai versi mai\nlettere maiuscole credo essersi per errore intruso nelle\nposteriori edizioni tutte Malebranche<\/i> in una parola sola e con\nm<\/i> iniziale maiuscola; e che debba scriversi, com'io ho scritto\nmale branche<\/b> non essendo questo il comun nome di que' demoni,\ncome lo \u00e8 nel verso 37, del passato canto XXI, nel 23 del\nseguente, ed altrove, ma la cosa onde ne vuole Dante far capire\ndi avere formato cotal loro nome. Vaglia in prova di ci\u00f2, che\nmalebrache<\/i><\/b> qu\u00ec si fa di genere femminino; e nel citato verso\n23 del seguente canto fassi di genere del maschio, ed il promone\ndi maschio gli si fa corrispondere\n\n . . . . . . . . . noi gli avem gl\u00e0 dietro<\/i>\n E gl'immagino s\u00ec, che gi\u00e0 gli sento.<\/i>\n\n\tAccordo io bens\u00ec che ponga qu\u00ec Dante per sineddoche il\ndistintivo di que' demoni pe' demoni medesimi; ma non giammai che\nponga malebranche<\/i> per nome. — stien un poco in cesso.<\/i><\/b> \nStare in cesso<\/i><\/b> dee valer quanto stare in ricesso<\/i>, stare in\nritiro<\/i>, ritirarsi<\/i>, nascondersi<\/i>: e malamente il Daniello e 'l\nVenturi intendono valere lo stesso che fermarsi<\/i>, rimanersi.<\/i> \nNo: troppo a questo intendimento si oppongono, l'effetto\nprimieramente della maliziosa proposta, il quale fu che di fatto\nsi allontanassero i demoni da Ciampolo e, scendendo alquanto\ndalla ripa in contraria parte a quella bolgia, si nascondessero\n[Vedi al verso 116]; poi la ragione ancora: imperocch\u00e8 acci\u00f2 al\nsufolare di Ciampolo venissero i dannati compagni, non bastava\nche i demoni stessero fermi, ma abbisognava che non si\nlasciassero in conto alcuno vedere.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
credo essersi per errore intruso nelle posteriori edizioni tutte Malebranche<\/i> in una parola sola e con m<\/i> iniziale maiuscola; e che debba scriversi, com'io ho scritto male branche<\/b> non essendo questo il comun nome di que' demoni, come lo è nel verso 37, del passato canto XXI, nel 23 del seguente, ed altrove, ma la cosa onde ne vuole Dante far capire di avere formato cotal loro nome.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI 37","NotaFonte":"A Inf. XXII 100 Lombardi legge \"male branche\"","TestoFonte":"Del nostro ponte disse: \"O Malebranche,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100","from":21038.0,"to":21046.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la\nNidobeatina, uom che di ritornar sia poscia esperto<\/i>\nl'altr'edizioni.  E vale quanto: uomo che abbia potuto ripetere\nla prova<\/i>: imperocch\u00e8 Ulisse, che finge essere fin col\u00e0 arrivato,\nvi per\u00ec.  Inf. XXIV, v. 133 e segg.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
vale quanto: uomo che abbia potuto ripetere la prova<\/i>: imperocchè Ulisse, che finge essere fin colà arrivato, vi perì.  Inf. XXIV, v. 133 e segg.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVI 133-142","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 al canto XXVI, non XXIV.","TestoFonte":"quando n'apparve una montagna, bruna
per la distanza, e parvemi alta tanto
quanto veduta non avëa alcuna.
Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto;
ché de la nova terra un turbo nacque
e percosse del legno il primo canto.
Tre volte il fé girar con tutte l'acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com'altrui piacque,
infin che 'l mar fu sovra noi richiuso\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=26","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"132","from":947.0,"to":954.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"la\nNidobeatina. Diss'ei-quell'<\/i> l'altr'edizioni. Piuma<\/i> [chiosa\ne critica il Venturi] disse la barba ancora Orazio<\/i>: Insperata\ntuae cum venerit pluma superbiae: ma parlava d'una barba assai\npi\u00f9 delicata e gentile, e che pur allora lasciava d'esser\nlanuggine; n\u00e8 voleva intendere, quando gli fosse venuta una lunga\nbarbaccia, ed ispida, come forza \u00e8 dire che fosse quella del\nvenerando Catone.<\/i>\n\n\tSe il Venturi letta avesse quell'ode [ch'\u00e8 la decima del\nlibro quarto] un sol verso pi\u00f9 avanti, avrebbe conosciuto che\nparla Orazio pure di barba ispida anzi che no.\n\n Insperata tuae quum veniet pluma superbiae<\/i>,\n Et quae nunc humeris involitant, deciderint comae<\/i> ec.\n\nUna barba, che appena lasci d'esser lanuggine, non suole essere\naccompagnata dalla calvizie.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Piuma<\/i> [chiosa e critica il Venturi] disse la barba ancora Orazio<\/i>: Insperata tuae cum venerit pluma superbiae: ma parlava d'una barba assai più delicata e gentile, e che pur allora lasciava d'esser lanuggine; nè voleva intendere, quando gli fosse venuta una lunga barbaccia, ed ispida, come forza è dire che fosse quella del venerando Catone.<\/i>\r\nSe il Venturi letta avesse quell'ode [ch'è la decima del libro quarto] un sol verso più avanti, avrebbe conosciuto che parla Orazio pure di barba ispida anzi che no. \r\n     Insperata tuae quum veniet pluma superbiae<\/i>,\r\n     Et quae nunc humeris involitant, deciderint comae<\/i> ec.\r\nUna barba, che appena lasci d'esser lanuggine, non suole essere accompagnata dalla calvizie.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q943884","LuogoFonte":"IV x 2-3","NotaFonte":"","TestoFonte":"insperata tuae cum veniet pluma superbiae
et, quae nunc umeris involitant, deciderint comae,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0893.phi001.perseus-lat1:4.10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"42","from":282.0,"to":288.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Odi"}, {"Annotazione":"la\nNidobeatina; ove l'altre edizioni E altro \u00e8 da veder, che tu non\ncredi.<\/i> Vedi<\/b> in luogo di credi<\/i><\/b> hanno pur trovato in pi\u00f9 di\ntrenta mss. gli Accademici della Crusca; e non capisco perch\u00e8 non\nl'abbiano ammesso nel testo, e levato credi<\/i>; il quale\nritenendosi sarebbe questo l'unico caso in cui facesse Dante tre\nrime con due parole d'ugual senso: esempio bens\u00ec trovandosi, che\nfacciale con una sola [Par. XII, 71 e segg. XIV, 104 e segg.], ma\ncon due parole non mai. Ed altro \u00e8 da veder, che tu non vedi<\/i><\/b>,\naltro di pi\u00f9 maraviglioso e spaventevole, che qu\u00ec tu non vedi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vedi<\/b> in luogo di credi<\/i> hanno pur trovato in più di trenta mss. gli Accademici della Crusca; e non capisco perchè non l'abbiano ammesso nel testo, e levato credi<\/i>; il quale ritenendosi sarebbe questo l'unico caso in cui facesse Dante tre rime con due parole d'ugual senso: esempio bensì trovandosi, che  facciale con una sola [Par. XII, 71 e segg. XIV, 104 e segg.], ma con due parole non mai.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XII 71, 73, 75","NotaFonte":"","TestoFonte":"sì come de l'agricola che Cristo
...
Ben parve messo e famigliar di Cristo:
...
fu al primo consiglio che diè Cristo.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=79&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"12","from":27849.0,"to":27858.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"la\ngrazia, che a un certo modo fa all'amore colla tua mente, e in\nlei si compiace. Donneare<\/i> insegnano i signori Accademici nel\nVocabolario, che vuol dire fare all'amore con donne, e conversar\ngenialmente con esse<\/i>: lo provano con pi\u00f9 esempi, e con uno\nancora di Dante preso dal canto XXVII verso 88 di questa cantica:\nLa mente innamorata, che donn\u00e8a Con la mia donna<\/i>: ma in questo\nluogo, che ora spieghiamo, vogliono che abbia altro significato,\ncio\u00e8 di signoreggiare<\/i>, e dominare<\/i>, e cos\u00ec voglia dire: la\ngrazia che donn\u00e8a, cio\u00e8 domina e signoreggia con la<\/b>, cio\u00e8 nella\ntua mente: e cos\u00ec ancora spiegano gli altri comentatori. Ma non\n\u00e8 necessario tirare questo vocabolo fuori del suo significato,\nquasi che altrimenti fosse un parlar troppo duro: ma che gran\ndurezza ci sarebbe se un poeta dicesse, che la grazia era\ninnamorata, e conversava di tutto genio coll'anima, per esempio,\ndi s. Caterina ancor fanciulletta? Non disse san Dionigi di Dio,\nche aversos, et resilientes a se amatorie sequitur?<\/i><\/b> Non\nabbiamo nella Scrittura quella dolce espressione dell'infinita\ndegnazione del nostro Dio verso di noi: deliciae meae esse cum\nfiliis hominum?<\/i> Venturi. Quanto per\u00f2 agli Accademici della\nCrusca appartiene, gi\u00e0 prima che 'l Venturi scrivesse avevano\nessi nell'altra edizione del Vocabolario del 1729 fatta la\nbramata emendazione, arrecando questo passo di Dante non pi\u00f9 in\nprova che donneare<\/i> significar possa signoreggiare<\/i> e\ndominare<\/i>, ma non solo in prova che adoprare si possa in senso\nmetaforico, come qu\u00ec certamente s'adopera — la bocca ti aperse<\/i><\/b>\nec., ti fece fin qu\u00ec dire quanto si conveniva.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Donneare<\/i> insegnano i signori Accademici nel Vocabolario, che vuol dire fare all'amore con donne, e conversar genialmente con esse<\/i>: lo provano con più esempi, e con uno ancora di Dante preso dal canto XXVII verso 88 di questa cantica: La mente innamorata, che donnèa Con la mia donna <\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXVII 88","NotaFonte":"","TestoFonte":"La mente innamorata, che donnea","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=94&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"118-120","from":24106.0,"to":24126.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la Chiesa, non habentem<\/i> [come\nscrive s. Paolo] maculam, aut rugam, aut aliquid huiusmodi<\/i>\n[Ephes.<\/i> v. 27] — farne strazio<\/b>, avvilirla col mal governo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
la Chiesa, non habentem<\/i> [come scrive s. Paolo] maculam, aut rugam, aut aliquid huiusmodi <\/i>[Ephes.<\/i> v. 27]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q408673","LuogoFonte":"V 27","NotaFonte":"","TestoFonte":"ut exhiberet ipse sibi gloriosam ecclesiam non habentem maculam aut rugam aut aliquid eiusmodi, sed ut sit sancta et immaculata.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-ephesios_lt.html#5","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"57","from":17859.0,"to":17862.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera agli Efesini"},
{"Annotazione":"la Divinit\u00e0, Iddio.  San\nMatteo, XXVI, 64: «Vedrete il Figliuol dell'uomo sedente a\ndestra della virt\u00f9 di Dio.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
la Divinità, Iddio.  San Matteo, XXVI, 64: «Vedrete il Figliuol dell'uomo sedente a destra della virtù di Dio.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"Vangelo di Matteo XXVI, 64","NotaFonte":"Il passo biblico \u00e8 tradotto in precedenza anche nel commento di Tommaseo.","TestoFonte":"Dicit illi Iesus: “ Tu dixisti. Verumtamen dico vobis: Amodo videbitis Filium hominis sedentem a dextris Virtutis <\/strong>et venientem in nubibus caeli ”","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#26","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"36","from":4241.0,"to":4244.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"la Niddobeatina, O avarizia<\/i> l'altre\nedizioni.  — che puoi tu<\/b> ec., che puoi fare all'uman genere di\npeggio.  Imitazione, dice vero il Venturi, di quell'apostrofe\nVirgiliana: Quid non mortalia pectora cogis Auri sacra fames<\/i><\/b>\n[Aeneid. III, 56]!  Poteva per\u00f2 quindi e doveva il Venturi\nassicurarsi, che drittamente intese Dante cotal Virgiliana\napostrofe, e tacerne conseguentemente nel canto XXII v. 40 di\nquesta cantica quel suo troppo a Dante ingiurioso dubbio, che\nintendesse a traverso tutta la sentenza, prendendo il<\/i> sacra\nfames per una virt\u00f9.<\/i>  Vedine ivi 'l perch\u00e8.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
che puoi tu<\/b> ec., che puoi fare all'uman genere di peggio.  Imitazione, dice vero il Venturi, di quell'apostrofe Virgiliana: Quid non mortalia pectora cogis Auri sacra fames <\/i>[Aeneid. III, 56]!<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"III 56-57","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quid non mortalia pectora cogis,
auri sacra fames?","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:3.49-3.68","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"82","from":20098.0,"to":20105.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"la Nidob. non ti terr\u00e0<\/i>, l'altre\nedizioni. Ma oltre che non ti terr\u00e0<\/i> vorrebbe dallo scendere<\/i>\npiuttosto che lo scendere<\/b>, uniformasi poi anche la Nidobeatina\nlezione meglio allo stile del Poeta in quegli altri luoghi\n\n Che del bel monte il cotto andar ti tolse<\/i><\/b> \n [Inf. II, 120]\n .. .. .. .. il nostro passo<\/i>\n Non ci pu\u00f2 torre alcun<\/i> \n [Inf. VIII, 105] ec.\n\nRoccia<\/i><\/b> per balza<\/i><\/b>, ripa<\/i>, termine adoprato da ottimi Italiani\nscrittori anche in prosa, come nel Vocabolario della Crusca se ne\npossono vedere gli esempi; e dee esser preso dal Francese\nroche.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Uniformasi poi anche la Nidobeatina lezione meglio allo stile del Poeta in quegli altri luoghi\r\nChe del bel monte il cotto andar ti tolse<\/i> \r\n        [Inf. II, 120]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II 120","NotaFonte":"","TestoFonte":"che del bel monte il corto andar ti tolse<\/strong>.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"6","from":5838.0,"to":5845.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la Nidob. e tutti i mss. della\nCorsini: Che tutta libera<\/i> l'altre edizioni malamente.  Perch\u00e8,\ncome in seguito dice Dante, l'anima vorrebbe anche prima; ma il\ndi lei volere vien reso inefficace dal talento.<\/b>  Quando adunque\nquesto contrario talento<\/b> cessa, sorprende<\/b>, investe e muove\nallora l'anima un voler tutto libero<\/b> — convento<\/i><\/b> per\nistanza<\/i><\/b> — e di voler le giova<\/b>, e non va senza effetto il di\nlei volere; come appresso dir\u00e0 che andava prima.  — Prima vuol\nben<\/b>: bens\u00ec vuole anche prima — ma non lascia il talento<\/b>: ma\nl'inclinazione non lascia cotal volere essere efficace. \nTalento<\/i><\/b> per inclinazione<\/i> prende Dante anche ove de' carnali\ndice\n\n     Che la ragion sommettono al talento<\/i> \n      [Inf. V, 39].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
ma non lascia il talento<\/b>: ma l'inclinazione non lascia cotal volere essere efficace.  Talento<\/b> per inclinazione<\/i> prende Dante anche ove de' carnali dice\r\n     Che la ragion sommettono al talento<\/i> \r\n      [Inf. V, 39].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V 39","NotaFonte":"","TestoFonte":"che la ragion sommettono al talento","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=5&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"62-64","from":21033.0,"to":21036.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la Nidob., Dentro da'<\/i> l'altre\nedizioni, e vale qu\u00ec dai<\/b> lo stesso che nei.<\/i><\/b>  — Si fascia<\/i><\/b>\nper si copre<\/i> — di quel<\/b>, intendi, fuoco<\/i><\/b> — inceso<\/i><\/b> da\nincendere<\/i>, vale abbruciato.<\/i>\n\n\tNasconde, cred'io, Dante in cotal modo i frodolenti\nconsiglieri nelle fiamme, e per movimento delle fiamme stesse,\ncome or ora vedremo, li fa parlare, allusivamente al dirsi da s.\nGiacomo la cattiva lingua infiammata a gehenna.<\/i>  Ep. cath.\ncap. 3 v. 6.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Nasconde, cred'io, Dante in cotal modo i frodolenti consiglieri nelle fiamme, e per movimento delle fiamme stesse, come or ora vedremo, li fa parlare, allusivamente al dirsi da s. Giacomo la cattiva lingua infiammata a gehenna.<\/i>  Ep. cath. cap. 3 v. 6. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q26925","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131097","LuogoFonte":"III 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"6 Et lingua ignis est, universitas iniquitatis; lingua constituitur in membris nostris, quae maculat totum corpus et inflammat rotam nativitatis et inflammatur a gehenna<\/strong>. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-iacobi_lt.html#3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"47-48","from":25076.0,"to":25078.0,"NomeAutore":"Giacomo il Giusto","TitoloFonte":"Lettera di Giacomo"},
{"Annotazione":"la Nidob., O, dissi lui<\/i> l'altre\nediz.  — Oderisi d'Agobbio<\/b> [Agobbio<\/b> in vece di Gubbio<\/i><\/b>, che\ndiciam noi oggi, scrive anche Giovan Villani [Vedi, tra gli altri\nluoghi, lib. 9 cap. 46]] citt\u00e0 nel ducato d'Urbino, miniatore\neccellente uscito dalla scuola di Cimabue.  Rettamente il\nBaldinucci, avuto riflesso che finge Dante questo suo misterioso\nviaggio nell'anno 1300 [Vedi 'n prova di ci\u00f2 Inf. XXI, 12, e\nPurg. II, 98], argomenta premorto a cotal tempo Oderisio [Notiz.\nde' professori del disegno<\/i> tom. 1].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Agobbio<\/b> in vece di Gubbio<\/i>, che diciam noi oggi, scrive anche Giovan Villani [Vedi, tra gli altri luoghi, lib. 9 cap. 46]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"X 47","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, pp. 398-399 (IX 46).","TestoFonte":"Di Romagna vi vennono tra di Rimine e di Ravenna e di
Faenza e Cesena e l'altre terre guelfe CCC cavalieri e MD pedoni, e d'Agobbio C cavalieri, e da la Città di Castello L cavalieri.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79","from":10683.0,"to":10691.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"la Nidob., ne' rami<\/i> l'altre ediz. —\nmiglior uscita<\/b> la Nidob. e tutte l'antiche ediz., minor\nuscita<\/i><\/b> l'edizione degli Accad. della Cr. per lo sbaglio\nsopraddetto, e dietro ad essa edizione tutte le moderne. \nAccresce luce a comprendere lo sbaglio ci\u00f2, che del detto Arrigo\nIII d'Inghilterra siegue a scrivere il test\u00e8 citato Gio. Villani:\nD'Arrigo nacque il buono Re Aduardo, che a' nostri presenti\ntempi regna, il quale fece gran cose, come innanzi faremo\nmenzione<\/i> [Ivi]. Miglior uscita<\/i><\/b> adunque ebbe Arrigo ne' rami\nsuoi, ne' suoi discendenti, che non ebbe Pietro d'Aragona, e non\nminore.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Accresce luce a co prendere lo sbaglio ciò, che del detto Arrigo III d'Inghilterra siegue a scrivere il testè citato Gio. Villani: D'Arrigo nacque il buono Re Aduardo, che a' nostri presenti tempi regna, il quale fece gran cose, come innanzi faremo menzione<\/i> [Ivi].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VI 4","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 105 (V 4)","TestoFonte":"Del detto Arrigo nacque il buono re Adoardo che a' nostri presenti tempi regna, il quale fece di gran cose,
come innanzi per gli tempi faremo menzione.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"132","from":7009.0,"to":7016.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"la Nidob., sin men port\u00f2<\/i> l'altre\nedizioni. Strana per avventura sembrer\u00e0 ad alcuno questa\nmutazione; ma deporr\u00e0 la maraviglia chi vedr\u00e0 nel Vocab. della\nCr. la folla d'esempi del s\u00ec<\/i> per sinch\u00e8<\/i> adoprato dai migliori\nautori di lingua in verso e in prosa; e molto pi\u00f9 se legger\u00e0 la\nnota che fanno sopra della stessa particella i deputati alla\ncorrezion del Boccaccio 55 G. 2 N. 2 Si fu partito<\/i> leggono\ncon la Nidobeatina in questo medesimo poema [Inf. XXIX, 30]\nanche tutte l'altre edizioni, in luogo di sinch\u00e8 fu partito.<\/i><\/b> \nS\u00ec men<\/b> adunque leggasi qu\u00ec pure, e cessi affatto l'aspro sin\nmen.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Si fu partito<\/i> leggono con la Nidobeatina in questo medesimo poema [Inf. XXIX, 30] anche tutte l'altre edizioni, in luogo di sinchè fu partito.<\/i>  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIX 30","NotaFonte":"","TestoFonte":"che non guardasti in là, sì fu partito\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=29","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"128","from":18389.0,"to":18398.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la Nidob., tra color<\/i> l'altre\nediz.  — che son sospesi.<\/b>  Sospesi gli spiriti del Limbo\nappella Dante qu\u00ec, e nel canto IV v. 43 e segg.\n\n     Gran duol mi prese al cor, quando lo 'ntesi,<\/i><\/b>\n        Perocch\u00e8 gente di molto valore<\/i>\n        Conobbi che 'n quel limbo eran sospesi.<\/i>\n\nTutti i comentatori vecchi e moderni chiosano appellati cos\u00ec\nquelli spiriti, perch\u00e8 non sono n\u00e8 beati in gloria, n\u00e8\ntormentati con pena, n\u00e8 salvi, n\u00e8 dannati.<\/i>\n\n\tOve per\u00f2 si supponessero quelli spiriti condannati\neternalmente a quel luogo, tanto malamente appellerebbersi per la\ndetta cagione sospesi<\/i><\/b>, quanto malamente sospeso<\/i><\/b> direbbesi\nalcuno, a cagion d'esempio condannato a perpetua carcere, a\nmotivo di non essere il medesimo n\u00e8 affatto libero, n\u00e8 condannato\nalla galera o alle forche.  Sospesi<\/b> adunque, direi io\npiuttosto, appella Dante gli spiriti del Limbo, perocch\u00e8 intende\nche sieno essi realmente ivi sospesi dall'eterno fine loro\nstabilito: e che non istieno nel Limbo se non ad aspettare\nl'universale giudizio; dopo del quale venir debbano ad abitare la\nrinnovata terra.\n\n\tNon \u00e8 gi\u00e0, come pare che taluno teologo persuadasi,\nl'inventore di questo sistema Ambrogio Catarino, scrittore sul\nprincipio del secolo decimosesto.  Egli stesso abbracciandolo\nprotesta di abbracciar cosa, quam docti quidam induxere<\/i> [Opusc.\nDe statu futuro puerorum sine sacramento decedentium.<\/i>]: e\ncotesti dotti, che il Catarino ci tace, ben ne li fa noti il\nTirino nel comento a quella sentenza dell'Apostolo S. Pietro\nnovos caelos, & novam terram secundum promissa exspectamus<\/i> [Ep.\n2 cap. 3]; e sono alcuni di essi pi\u00f9 antichi non solamente del\nCatarino, ma eziandio del poeta nostro.  Beatus Anselmus<\/i>\n[scrive], Guilielmus Parisiensis, Picus Mirandulanus, Abulensis,\nCaietanus, Salmeron, a Lapide, & Serarius censent parvulos sine\nbaptismo defunctos habitationem suam habituros in terra, quam\ndicunt novis rursum & qui numquam marcescent, floribus\nodoriferis, gemmis, arboribus, fontibus, aliisque ornamentis\nperpetuo decorandam.<\/i>\n\n\tChe poi sospesi nel Limbo medesimo, perocch\u00e8 privi di\nqualsivoglia attuale peccato [Vedi cant. IV v. 34 e segg.],\nritrovinsi eziandio Virgilio ed altri Gentili adulti, quest'\u00e8 la\npoetica aggiunta che fa Dante al prefato teologico sistema.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
che son sospesi.<\/b>  Sospesi gli spiriti del Limbo appella Dante quì, e nel canto IV v. 43 e segg.\r\n     Gran duol mi prese al cor, quando lo 'ntesi,<\/i>\r\n        Perocchè gente di molto valore<\/i>\r\n        Conobbi che 'n quel limbo eran sospesi.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV 43-45","NotaFonte":"","TestoFonte":"Gran duol mi prese al cor quando lo 'ntesi,
però che gente di molto valore
conobbi che 'n quel limbo eran sospesi.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=4&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"52","from":1367.0,"to":1374.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"la Nidob., e pioven<\/i> l'altre edizioni. \n— dilatate falde<\/b>, fiocchi di fuoco.<\/i><\/b> Il castigo del fuoco\npiovuto dal cielo sopra de' violenti contro natura Pentapolitani\naccomuna Dante a tutti i violenti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dilatate falde<\/b>, fiocchi di fuoco.<\/i>  Il castigo del fuoco piovuto dal cielo sopra de' violenti contro natura Pentapolitani accomuna Dante a tutti i violenti.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"XIX 24","NotaFonte":"","TestoFonte":"Igitur Dominus pluit super Sodomam et Gomorram sulphur et ignem a Domino de caelo.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#19","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"29","from":12733.0,"to":12734.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"la Nidobeatina ed altre antiche edizioni\nal modo che pronunziano esso nome i Greci e i Latini: Policreto<\/i>\nl'edizioni degli Accademici della Crusca e l'edizioni seguaci. \nFu costui celebratissimo scultore di Sicione citt\u00e0 del\nPeloponneso.\n\n\tAvverta il leggitore che queste sculture rappresentanti\npersone umili vengono dal Poeta collocate ritte in piedi; e\nl'altre che in appresso [Vedi'l canto XXII] descriver\u00e0,\nrappresentanti persone superbe, disporralle stese per terra e\ncalpestate.  Dee Dante perci\u00f2 aver avuto riguardo all'evangelico\ninsegnamento qui se exaltat humiliabitur, et qui se humiliat\nexaltabitur<\/i> [Luc. 18 v. 14].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Avverta il leggitore che queste sculture rappresentanti persone umili vengono dal Poeta collocate ritte in piedi; e l'altre che in appresso [Vedi'l canto XXII] descriverà, rappresentanti persone superbe, disporralle stese per terra e calpestate.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XII","NotaFonte":"Il canto del Purgatorio \u00e8 il XII, non il XXII.","TestoFonte":"","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=46&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"32","from":9354.0,"to":9355.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la Nidobeatina,\ned 'l non gli conoscea; ma e' seguette<\/i>, l'altre edizioni.  —\nEi<\/b> vi sta semplicemente per particella riempitiva, ed \u00e8\naccorciamento d'egli<\/i><\/b> — seguette<\/i><\/b> [avvenne] per segu\u00ec<\/i>, in\nrima, dice il Volpi: ma trovasi adoprato anche fuor di rima da\nottimi scrittori [vedi 'l Prospetto di verbi Toscani<\/i> sotto il\nverbo seguire<\/i> n. 10] e dallo stesso Dante Par. IX, 24.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Seguette<\/b> [avvenne] per seguì<\/i>, in rima, dice il Volpi: ma trovasi adoprato anche fuor di rima da ottimi scrittori [...] e dallo stesso Dante Par. IX, 24.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. IX 24","NotaFonte":"","TestoFonte":"seguette come a cui di ben far giova:","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=76&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40","from":23901.0,"to":23908.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la Nidobeatina, E fugg\u00eca<\/i> l'altre\nedizioni — come tuon, che si dilegua<\/b> ec.  Pare che supponga\ncon Lucrezio [De rerum nat.<\/i><\/b> VII, 197 e segg.] essere i tuoni\nventi, che\n\n     . . . . . . . magno indignantur murmure clausi<\/i>\n     Nubibus, in caveisque ferarum more minantur.<\/i>\n     Nunc hinc, nunc illinc fremitus per nubila mittunt<\/i>,\n     Quaerentesque viam circumversantur<\/i>:\n\ne che perci\u00f2 il subito dileguarsi<\/i> del tuono, cio\u00e8 il\ntrascorrere dello strepito che il tuono fa, avvenga dal subito\nscoscendere<\/i>, squarciare, il vento la nuvola che lo inchiude, e\ndalla medesima allontanarsi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Come tuon, che si dilegua<\/b> ec.  Pare che supponga con Lucrezio [De rerum nat.<\/i> VII, 197 e segg.] essere i tuoni venti, che\r\n     . . . . . . . magno indignantur murmure clausi<\/i>\r\n     Nubibus, in caveisque ferarum more minantur.<\/i>\r\n     Nunc hinc, nunc illinc fremitus per nubila mittunt<\/i>,\r\n     Quaerentesque viam circumversantur<\/i>:\r\ne che perciò il subito dileguarsi<\/i> del tuono, cioè il trascorrere dello strepito che il tuono fa, avvenga dal subito scoscendere<\/i>, squarciare, il vento la nuvola che lo inchiude, e dalla medesima allontanarsi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q47154","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q861986","LuogoFonte":"VI 197-200","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 VI 197-200, non VII","TestoFonte":"magno indignantur murmure clausi 
nubibus in caveisque ferarum more minantur,
nunc hinc nunc illinc fremitus per nubila mittunt,
quaerentesque viam circum versantur","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0550.phi001.perseus-lat1:6.173-6.203","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"134-135","from":14191.0,"to":14203.0,"NomeAutore":"Tito Lucrezio Caro","TitoloFonte":"De rerum natura"}, {"Annotazione":"la Nidobeatina, o forse<\/i> l'altre edizioni. \nMa significando o ver<\/b> lo stesso che o anche<\/i><\/b>, viene il\npleonasmo a riuscire pi\u00f9 aggiustato — ancida<\/i><\/b> per uccida<\/i>:\nvedi nel passato canto al v. 107.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
ancida<\/b> per uccida<\/i>: vedi nel passato canto al v. 107.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XV 107","NotaFonte":"","TestoFonte":"con pietre un giovinetto ancider<\/strong>, forte","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=49&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"12","from":2938.0,"to":2940.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la Nidobeatina, pensa oramai\nper te<\/i> l'altre edizioni — fior<\/b> avverbio vale un tantino.<\/i><\/b> \nVedi Inf XXV, 144.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
fior<\/b> avverbio vale un tantino.<\/i> Vedi Inf XXV, 144.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXV 144","NotaFonte":"","TestoFonte":"la novità se fior la penna abborra.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=25&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"26","from":33272.0,"to":33281.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la Nidobeatina, ristretta<\/i>\nl'altr'edizioni.  Oltre per\u00f2 che l'aggettivo distretto<\/i>, al\nsenso, che qu\u00ec pur conviene, d'angustiato<\/i>, adopera Dante\naltrove [Purg. VI, 104], ed altri buoni scrittori [Vedi 'l\nVocabol. della Cr.]; ha il quantunque piccolo vantaggio di\ntogliere la vicinanza delle due sillabe ra ri.<\/i>  L'angustia poi\ndovett'essere per la tema accennata di perdere Virgilio.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
l'aggettivo distretto<\/i>, al senso, che quì pur conviene, d'angustiato<\/i>, adopera Dante altrove [Purg. VI, 104]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VI 104","NotaFonte":"Lombardi legge \"distretta\" anzich\u00e9 \"ristretta\".","TestoFonte":"per cupidigia di costà distretti","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=40","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"12","from":3645.0,"to":3646.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la Nidobeatina, solo tre<\/i> l'altre\nedizioni.  Dice che fu la discesa di pochi passi per coerenza a\nci\u00f2 che disse nel precedente canto, d'esser venuti a quella\nlacca l\u00e0 dove pi\u00f9 ch'a mezzo muore il lembo.<\/i>  Vedi ci\u00f2 ch'ivi \u00e8\ndetto [Vers. 72].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dice che fu la discesa di pochi passi per coerenza a ciò che disse nel precedente canto, d'esser venuti a quella lacca là dove più ch'a mezzo muore il lembo.<\/i>  Vedi ciò ch'ivi è detto [Vers. 72].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VII 72","NotaFonte":"","TestoFonte":"là dove più ch'a mezzo muore il lembo.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=41&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46","from":7358.0,"to":7365.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la Nidobeatina, e contro a grato<\/i>\nl'altre edizioni.  Grato<\/b> qu\u00ec, come Purg. XXVI, 52; vale\ngrado<\/i><\/b>, piacere<\/i>, inclinazione<\/i>: e per\u00f2 avendo Dante nel canto\npreced. v. 116 scritto contra suo grado<\/i>, senza segno di caso,\ntorna meglio qu\u00ec pure che l'omissione medesima di segno si\nritenga.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Grato<\/b> quì, come Purg. XXVI, 52; vale grado<\/i>, piacere<\/i>, inclinazione<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVI 52","NotaFonte":"","TestoFonte":"Io, che due volte avea visto lor grato,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=60&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"101","from":3630.0,"to":3632.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la Nidobeatina, meglio che non leggano le\naltre edizioni donn'\u00e8.<\/i>  Beatrice intende per questa donna [Vedi\ntra gli altri luoghi molti, Inf. II, 70].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Beatrice intende per questa donna [Vedi tra gli altri luoghi molti, Inf. II, 70].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II 70","NotaFonte":"","TestoFonte":"I' son Beatrice che ti faccio andare;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"59","from":26115.0,"to":26117.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la Nidobeatina; e non \u00e8 se\nnon per errore scritto in tutte l'altre edizioni lascisi 'l\ncolle.<\/i>  La voce collo<\/b> ha tra gli altri significati quello di\nsommit\u00e0<\/i><\/b>; di parte pi\u00f9 alta del monte<\/i>: vedine gli esempi nel\nVocabolario della Crusca [Sotto la voce collo<\/i><\/b> {paragraph.}\n16], e vedine un altro pi\u00f9 vicino del nostro poeta stesso nel\nseguente canto v. 43.\n\n      E gi\u00f9 dal collo della ripa dura.<\/i><\/b>\n\nEd acci\u00f2 la ripa divenisse scudo<\/b>, coprisse cio\u00e8 i demoni alla\nvista di que' che dovevano uscir dalla pece, e venire a Ciampolo,\nnon abbisognava se non che scendessero i demoni pochi passi dalla\nsommit\u00e0 della ripa nell'opposta falda, e non gi\u00e0 che scendessero\naffatto dalla ripa, come importerebbe lascisi 'l colle.<\/i>  — a\nveder se tu sol<\/i><\/b> ec. a<\/b> in significato di per<\/i><\/b> [Vedi 'l Cinon.\nPartic.<\/i> I, 22]; per cos\u00ec vedere<\/i><\/b>, far prova, se come Cagnazzo\nteme, vali tu solo pi\u00f9 di noi tutti.  Quest'ovvio sentimento\nviene in tutte le virgolate edizioni ad interrompersi con una\nvirgola che segnano dopo veder<\/b>; la quale perci\u00f2 ho io tolta, ed\nin vece riposta nel fine del precedente verso.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La voce collo<\/b> ha tra gli altri significati quello di sommità<\/i>; di parte più alta del monte<\/i>: vedine gli esempi nel Vocabolario della Crusca [Sotto la voce collo<\/b> {paragraph.} 16], e vedine un altro più vicino del nostro poeta stesso nel seguente canto v. 43.       E<\/i> giù dal collo della ripa dura. <\/i>Ed acciò la ripa divenisse scudo<\/b>, coprisse cioè i demoni alla vista di que' che dovevano uscir dalla pece, e venire a Ciampolo, non abbisognava se non che scendessero i demoni pochi passi dalla sommità della ripa nell'opposta falda, e non già che scendessero affatto dalla ripa, come importerebbe lascisi 'l colle.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIII 43","NotaFonte":"","TestoFonte":"e giù dal collo de la ripa dura","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=23","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"116-117","from":21158.0,"to":21161.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la Sicilia~, cos\u00ec da Greci\ndenominata pei tre promontori~, Pachino~, Peloro~, e Lilibeo~,\nalle tre punte di essa~, ch' \u00e8 di forma triangolare — che\ncal\u00ecga Tra ec.<\/i>  Costruzione.  Che tra Pachino e Peloro<\/i> [vale\nil medesimo che~, nel lato orientale tra Siracusa e Mesina<\/i>]\nsopra il golfo<\/i>, Che riceve da Euro maggior briga<\/i> [sopra il\ngolfo di Catania~, il quale pi\u00f9 che da altro vento \u00e8 dominato\nda Euro~, che spesso lo gonfia e vi fa tempesta.  Venturi]\ncal\u00ecga<\/i> [si ricopre di caligine~, di fummo] Non per Tif\u00e8o<\/i>\n[non perch\u00e8 quivi~, come le favole ammettono~, stia subbissato~,\ne spiri fuoco e fummo~, Tif\u00e8o~, uno dei Giganti~, che ardirono\ndi muover guerra al cielo~], ma per nascente solfo<\/i>, per le\nminiere di solfo~, che somministrano materia al fummo e fuoco\ndell'Etna.\n\n\tIl Venturi non trova qu\u00ec altro da dire se non~, che\ndoveva Dante~, toccando la favolosa cagione del fumar dell'Etna~,\nseguire il suo maestro Virgilio~, che ripetela dal subbissato ivi\nEncelado~, piuttosto che seguire Pindaro ed Ovidio~, che pongon\nivi in vece inabissato Tif\u00e8o.\n\n\tDante per\u00f2~, se gli pu\u00f2 rispondere~, si prese Vigilio\nper generoso maestro~, e non per un arcigno pedante~, che\ns'adontasse e menasse la sferza ad ogni parola da lui non detta.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il Venturi non trova quì altro da dire se non, che doveva Dante, toccando la favolosa cagione del fumar dell'Etna, seguire il suo maestro Virgilio, che ripetela dal subbissato ivi Encelado, piuttosto che seguire Pindaro ed Ovidio, che pongon ivi in vece inabissato Tifèo.  \tDante però, se gli può rispondere, si prese Vigilio per generoso maestro, e non per un arcigno pedante, che s'adontasse e menasse la sferza ad ogni parola da lui non detta.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"III 578-582","NotaFonte":"","TestoFonte":"Fama est Enceladi semustum fulmine corpus
urgueri mole hac, ingentemque insuper Aetnam
impositam ruptis flammam exspirare caminis;
et fessum quotiens mutet latus, intremere omnem
murmure Trinacriam, et caelum subtexere fumo.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:3.570-3.587","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"67-70","from":7438.0,"to":7439.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"la barba; il sesso maschile. \nOneste piume<\/i> chiamer\u00e0 nel I del Purg. la barba di Catone.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"le maschili penne<\/strong>, la barba; il sesso maschile. Oneste piume<\/i> chiamerà nel I del Purg. la barba di Catone.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. I, 42","NotaFonte":"","TestoFonte":"diss'el, movendo quelle oneste piume","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=35","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"45","from":18734.0,"to":18737.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"la brama di rivederla~, sofferta\ngi\u00e0 per dieci anni~, cio\u00e8 dall'anno 1290. in cui Beatrice\nmor\u00ec [Vedi la nota al v. 83. del canto prec.] fino al 1300 in\ncui~, come cento volte \u00e8 detto~, finge Dante questo suo viaggio\nall'altro mondo.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vedi la nota al v. 83.  del canto prec.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXI 83","NotaFonte":"","TestoFonte":"vincer pariemi più sé stessa antica,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=65&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"2","from":31933.0,"to":31936.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la breve burla che fanno a chi ad\nessi applica l'animo.  Buffa<\/i> per Burla (onde nacque buffone<\/i>)\nfu spesso usato dagli antichi, e un'altra volta da Dante nel C.\nXXII, v. 133.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Buffa<\/i> per Burla (onde nacque buffone<\/i>) fu spesso usato dagli antichi, e un'altra volta da Dante nel C. XXII, v. 133.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXII, 133","NotaFonte":"","TestoFonte":"Irato Calcabrina de la buffa","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=22","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61","from":6220.0,"to":6223.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la colomba \u00e8 animale molto\nlussurioso, ma nello stesso tempo simbolo di innocenza.  Dante\nonesta il fatto dei due amanti alla meglio.  Forse ei li paragona\nalle colombe anche per questo, che la colomba \u00e8 simbolo di\nsincerit\u00e0 (cfr. S. Matt. X, 16), virt\u00f9 che Francesca esercita in\nsommo grado nel seguente racconto.  — Dal disio<\/b>: di rivedere\nla loro prole, oppure di condiscendere ai loro amori.  —\nAlzate<\/b>: Al. aperte.<\/i>  — Vengon<\/i><\/b>: al dolce nido.  — Per\nl'aere<\/b>, ecc. non si riferisce alle colombe, ma alle ombre di\nFrancesca e Paolo.  La costruzione \u00e8: Come le colombe, chiamate<\/b>\n(— incitate, spinte, mosse) dal dis\u00eco vengono al dolce nido\ncon le ali alzate e ferme: cos\u00ec<\/b>, (— cotali) portate per\nl'aere dal volere, uscirono<\/b> ecc.  Altri intende la frase: per\nl'aere dal voler portate<\/b> delle colombe; ma in tal caso la frase\nsarebbe oziosa e superflua.  Gli animali seguono un dis\u00eco<\/b>\ninstintivo, le anime il libero volere.<\/b>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
la colomba è animale molto lussurioso, ma nello stesso tempo simbolo di innocenza. Dante onesta il fatto dei due amanti alla meglio. Forse ei li paragona alle colombe anche per questo, che la colomba è simbolo di sincerità (cfr. S. Matt. X, 16), virtù che Francesca esercita in sommo grado nel seguente racconto.  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"10, 16","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ecce ego mitto vos sicut oves in medio luporum; estote ergo prudentes sicut serpentes et simplices sicut columbae.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"82-84","from":4557.0,"to":4559.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"la confusione delle\npersone diverse in costumi fu sempre principio e prima cagione\ndel mal de la Republica, come la contrariet\u00e0 de' cibi \u00e8 cagion\ndel mal del corpo: onde Egid. de Regim. Princ. Extraneorum autem\nconversatio corrumpit mores civium.<\/i>  Vellutello.  Si dee adunque\nintendere che per ellissi dica il Poeta, Come del corpo il cibo,\nche si appone<\/b>, in vece di dire, Come del mal del corpo nostro \u00e8\nprincipio il dissimile cibo che si unisce, che insieme\ns'insacca.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La confusione delle persone diverse in costumi fu sempre principio e prima cagione del mal de la Republica, come la contrarietà de' cibi è cagion del mal del corpo: onde Egid. de Regim. Princ. Extraneorum autem conversatio corrumpit mores civium.<\/i>  Vellutello.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q331046","LuogoFonte":"II 3","NotaFonte":"La similitudine col cibo deriva da Egidio Romano; la citazione viene da S. Tommaso.","TestoFonte":"Extraneorum autem conversatio corrumpit plurimum civium mores, secundum Aristotelis doctrinam in sua politica, quia necesse est evenire ut homines extranei aliis legibus et consuetudinibus enutriti, in multis aliter agant quam sint civium mores, et sic, dum cives exemplo ad agenda similia provocantur, civilis conversatio perturbatur","UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/orp.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"67-69","from":15584.0,"to":15587.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":"De regno ad regem Cypri"},
{"Annotazione":"la croce.  Allude forse all'In\nhoc signo vinces<\/i> nella visione di Costantino.  — Incoronato<\/b>:\n«veggiamo coronato di gloria e d'onore, per la passion della\nmorte, Ges\u00f9.»  Ebr. II, 9.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Incoronato<\/b>: «veggiamo coronato di gloria e d'onore, per la passion della\r\nmorte, Gesù.»  Ebr. II, 9.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128608","LuogoFonte":"2, 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"eum autem, qui paulo minus ab angelis minoratus est, videmus Iesum propter passionem mortis gloria et honore coronatum, ut gratia Dei pro omnibus gustaverit mortem.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-hebraeos_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"54","from":3353.0,"to":3356.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera agli Ebrei"},
{"Annotazione":"la difficolt\u00e0 di respiro\nera la sola cosa che parea dargli fastidio; del resto non sentiva\nn\u00e8 piet\u00e0 de' dannati, n\u00e8 avea paura de' demoni.  Cfr. Inf. II,\n91-93.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
la difficoltà di respiro era la sola cosa che parea dargli fastidio; del resto non sentiva nè pietà de' dannati, nè avea paura de' demoni. Cfr. Inf. II,\r\n91-93.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II, 91-93","NotaFonte":"","TestoFonte":"I' son fatta da Dio, sua mercé, tale,
che la vostra miseria non mi tange,
né fiamma d'esto 'ncendio non m'assale.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=2&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"84","from":8271.0,"to":8275.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"la famiglia degli\nAlmidei, dalla quale ebbe origine il vostro fleto<\/b>, il vostro\npianto [Che Dante qu\u00ec e Par. XXVII, 45, e Fra Iacopone lib. IV\ncant. 8 adoprino fleto<\/i> per pianto<\/i>, non dee ci\u00f2 recare\nmaraviglia pi\u00f9 di quello arrechi il comunemente adoprato\nflibile<\/i> per piagnevole<\/i>] per la giusta ira, che ha recato\nmorte a molti di voi, e posto fine al primiero lieto viver\nvostro, quella famiglia, che ora vilipesa e sbandita [Vedi Gio.\nVill. Cron.<\/i> lib. 6 cap. 64], era in allora s\u00ec essa, che il di\nlei parentado, in onore. Mancato avendo Buondelmonte de'\nBuondelmonti alla data promessa di prendersi per isposa una di\ncasa Amidei, e preso in vece essendosi una de' Donati, il giusto\nsdegno degli Amidei crebbe fino a degenerare in furore, ed a far\ns\u00ec che Buondelmonte crudelmente e proditoriamente uccidessero:\nfatto che apport\u00f2 alle Fiorentine famiglie la fatal divisione in\nGuelfi e Ghibellini [Vedi lo stesso Gio. Villani lib. 5 cap. 38].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
il vostro fleto<\/b>, il vostro pianto [Che Dante quì e Par. XXVII, 45, e Fra Iacopone lib. IV cant. 8 adoprino fleto<\/i> per pianto<\/i>, non dee ciò recare maraviglia più di quello arrechi il comunemente adoprato flebile<\/i> per piagnevole<\/i>]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXVII 45","NotaFonte":"","TestoFonte":"sparser lo sangue dopo molto fleto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=94&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"136-139","from":16063.0,"to":16067.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la fede cristiana, senza\nla quale impossibile est placere Deo<\/i>, avvisa s. Paolo [Hebr. 11\nv. 6], ed \u00e8 perci\u00f2 insufficiente a salvarci ogn'opera.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
la fede cristiana, senza la quale impossibile est placere Deo<\/i>, avvisa s. Paolo [Hebr. 11 v. 6], ed è perciò insufficiente a salvarci ogn'opera.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128608","LuogoFonte":"XI 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sine fide autem impossibile placere; credere enim oportet accedentem ad Deum quia est et inquirentibus se remunerator fit.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-hebraeos_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"60","from":21977.0,"to":21985.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera agli Ebrei"},
{"Annotazione":"la fiera composta di due\nnature, il grifone, — vi raggiava<\/b>, mandava i raggi suoi dentro\ngli occhi di Beatrice.  E questo misticamente a significare che\nGes\u00f9 Cristo illumuna la teologia: ed il raggiarvi Or con uni, or\ncon altri reggimenti<\/b>, ch'\u00e8 [per spiegazione di Dante medesimo\n[Dove<\/i> [scrive Dante nel suo Convito] la divina luce pi\u00f9\nespeditamente raggia, cio\u00e8 nel parlare e negli atti, che\nreggimenti e portamenti sogliono essere chiamati.<\/i>  Vedi 'l\nVocabolario della Crusca alla voce reggimento<\/i>]] come a dire\natti<\/i>, vuol dinotare il manifestarsi Ges\u00f9 Cristo alla teologia,\nove quanto alla sola divinit\u00e0 ed operazioni di essa, ove quanto\nall'unione in esso lui della divina ed umana natura e di lei\neffetti: cose tutte delle quali tratta la teologia.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Or con uni, or con altri reggimenti<\/b>, ch'è [per spiegazione di Dante medesimo [Dove<\/i> [scrive Dante nel suo Convito] la divina luce più espeditamente raggia, cioè nel parlare e negli atti, che reggimenti e portamenti sogliono essere chiamati.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"III vii 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"dove la divina luce più espeditamente raggia; cioè nel parlare e nelli atti che reggimenti <\/strong>e portamenti sogliono essere chiamati.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=40&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"122-123","from":31758.0,"to":31761.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"la morte, che per l'ultimo giorno<\/i>\nesprimiam noi pi\u00f9 frequentemente.  Addimanda qu\u00ec pure il\nCastelvetro, poich\u00e8 le quattro stelle rendevano il luogo\nluminoso, perch\u00e8 Catone non s'avvide ad alcuna cosa o atto, che\nDante fosse vivo<\/i>? [Nel precit. luogo].\n\n\tPrimieramente il dichiarare Virgilio a Catone che Dante\nera vivo, non obbliga ad escludere in Catone qualunque sentore [o\nper l'atto della gola<\/i> [Inf. XXXII, 88] o per altro indizio] che\nDante fosse tale: imperocch\u00e8 Dante stesso nell'Inferno\nmanifestossi vivo a Catalano e Loderingo [Ivi] che gi\u00e0, appunto\nper l'atto della gola<\/i> in lui osservato, n'erano entrati in\nsospetto.  Poi, supposto Catone totalmente di ci\u00f2 inavveduto, la\nmaraviglia grandissima di veder anime uscir dall'Inferno sarebbe\nstato un sufficiente motivo di distorlo da ogni altra\nriflessione.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il dichiarare Virgilio a Catone che Dante era vivo, non obbliga ad escludere in Catone qualunque sentore [o per l'atto della gola<\/i> [Inf. XXXII, 88] o per altro indizio] che Dante fosse tale: imperocchè Dante stesso nell'Inferno manifestossi vivo a Catalano e Loderingo [Ivi] che già, appunto per l'atto della gola<\/i> in lui osservato, n'erano entrati in sospetto.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIII 88","NotaFonte":"Inf. XXIII 88, non XXXIII, \u00e8 il riferimento corretto.","TestoFonte":"\"Costui par vivo a l'atto de la gola;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=23","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15705', 'Autore':'Lodovico Castelvetro, 1570','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"58","from":408.0,"to":411.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la nebbia [ch'espressamente dir\u00e0\nnel canto seg. v. 6] perocch\u00e8 formata da esalazioni sfumanti da\nesso pantano.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
la nebbia [ch'espressamente dirà nel canto seg. v. 6]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IX 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"per l'aere nero e per la nebbia folta.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=9","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"12","from":6813.0,"to":6816.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la nobilt\u00e0 tua, cio\u00e8 com'io scriverr\u00f2\net ritrarr\u00f2 cos\u00ec sar\u00e0 da laudare la tua nobilit\u00e0, per\u00f2 che dal\nlibro tuo io esemplo ci\u00f2 che io scrivo.  Et \u00e8 da notare che la\nmente di ciascuno uomo \u00e8 come uno foglio bianco, nel principio\nquando gli uomini nascono: poi ci\u00f2 ch'egliono apparono scrivono\nnella memoria come in foglio bianco.  Et ancora perch\u00e8 l'Autore\nin questo principio finge essere al fare della notte, \u00e8 da vedere\nper\u00f2 che nel principio del Purgatorio<\/i> et del Paradiso<\/i> pone\nessere al principio del d\u00ec, dove dice: S\u00ec che le bianche et le\nvermiglie guance<\/i> {Purg.<\/i> II, 7}.  Et nel Par.<\/i> I, 61-62: Et\ndi subito parve giorno a giorno Essere agiunto.<\/i>  Rispondesi che\ncon ci\u00f2 sia cosa che ora in questo capitolo, dove scende allo\n'nferno, per\u00f2 che il peccato \u00e8 assimigliato all'ombra et alla\noscurit\u00e0, et per\u00f2 finge questo scendere allo 'nferno, per\nconfermare alla sua natura, essere stato di notte.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Anonimo Fiorentino 1400[?]","FrammentoNota":"
Et ancora perchè l'Autore in questo principio finge essere al fare della notte, è da vedere però che nel principio del Purgatorio<\/i> et del Paradiso<\/i> pone essere al principio del dì, dove dice: Sì che le bianche et le vermiglie guance<\/i> {Purg.<\/i> II, 7}.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. II, 1-9","NotaFonte":"","TestoFonte":"Già era 'l sole a l'orizzonte giunto
lo cui meridïan cerchio coverchia
Ierusalèm col suo più alto punto;
e la notte, che opposita a lui cerchia,
uscia di Gange fuor con le Bilance,
che le caggion di man quando soverchia;
sì che le bianche e le vermiglie guance,
là dov'i' era, de la bella Aurora
per troppa etate divenivan rance.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=36&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"9","from":1054.0,"to":1057.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"la pantera dal pelo\nmaculato, della quale \u00e8 detto nel C. I. Allegoric., sper\u00f2\nqualche volta l'Alighieri di poter con la buona fede comporre la\nsua divisa Firenze in durabil concordia; ma la mala fede, propria\nde' partiti, ne lo impedi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
la pantera dal pelo maculato, della quale è detto nel C. I. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I, 33","NotaFonte":"","TestoFonte":"che di pel macolato era coverta","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"108","from":15238.0,"to":15245.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la parte affatto stagnante dello\nStige: per distinguerla da quella, la cui superficie pullulava<\/i>\n(c. VII, 119).  — Il Poeta divide la larghezza dello Stige in\ntre zone concentriche, le quali i topografi antichi con molta\npropriet\u00e0 chiamano circuizioni<\/i>, sebbene con poca esattezza ne\ncontino due.  La prima \u00e8 quella in cui Dante, dalla riva, ha\nvisto gl'iracondi al sommo dell'acqua, ed ha inteso gli accidiosi\nessere al fondo.  La seconda, nella quale adesso ei si trova, \u00e8\ndeputata a' superbi.  La terza, in cui tra non guari giugner\u00e0\n(v.76), serve propriamente di fossata alla citt\u00e0 di Dite, e\nnello stesso tempo forse di ricettacolo agli invidiosi (nota\nultima a questo Canto.)  — Superbi. —\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
la parte affatto stagnante dello Stige: per distinguerla da quella, la cui superficie pullulava <\/i>(c. VII, 119). <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII, 119","NotaFonte":"","TestoFonte":"e fanno pullular quest'acqua al summo","UrlFonte":"","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31","from":6956.0,"to":6959.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la porta del Purgatorio,\nalla quale \u00e8 preposto un angelo con le chiavi di san Pietro\n(Purg, IX).  Il Blanc vorrebbe s'intendesse la porta del\nParadiso, dalla comun credenza affidata alla custodia di san\nPietro: ma ripugna a tutto il contesto.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
la porta del Purgatorio, alla quale è preposto un angelo con le chiavi di san Pietro (Purg, IX).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IX, 127","NotaFonte":"","TestoFonte":"Da Pier le tegno; e dissemi ch'i' erri","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=43&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"134","from":973.0,"to":978.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la prim'anima formante il\nciglio dell'aquila [Vers. 43], cio\u00e8 Traiano, e la quinta<\/b>, cio\u00e8\nRif\u00e8o.  Vita<\/b> per anima<\/i> adopera anche Par. IX, 7 ed altrove.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vita<\/b> per anima<\/i> adopera anche Par. IX, 7<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. IX 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"E già la vita di quel lume santo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=76&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100","from":19874.0,"to":19877.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la prima e<\/b> o vi sta di\nsoverchio, o ha il significato che d\u00e0 il Poeta alla medesima Inf.\nXXX, 126 di ancora<\/i> [Vedi per ambedue i modi Cinonio Partic.<\/i>\n100, 7 e 13].  E pi\u00f9 e pi\u00f9<\/i><\/b> [chiosa il Volpi] Lat. magis atque\nmagis.<\/i><\/b>  Cos\u00ec il Petrarca nella canzone 9\n\n     La stanca vecchierella peregrina<\/i>\n     Raddoppia i passi, e pi\u00f9 e pi\u00f9 s'affretta.<\/i>\n\nIn questo esempio per\u00f2 la prima e<\/i> \u00e8 congiunzione, e\nnell'esempio di Dante non pu\u00f2 esserla — entrava per lo raggio\nDell'alta luce<\/b>, si avvanzava a scorgere per entro alla divina\nluce — che da se \u00e8 vera<\/b>, che non ha la verit\u00e0 di sua esistenza\nda altro fonte che da se stessa.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
la prima e<\/b> o vi sta di soverchio, o ha il significato che dà il Poeta alla medesima Inf. XXX, 126 di ancora<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXX 126","NotaFonte":"","TestoFonte":" ché, s'i' ho sete e omor mi rinfarcia,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=30&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"53-54","from":32721.0,"to":32725.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la profez\u00eca. \nAccenna, che prevedesse la morte di Bonifazio tre anni dopo di\nquel 1300, come realmente segu\u00ec.  Per cotesto scritto<\/b> tutti\n[quanto veggo] gli espositori intendono letteralmente una qualche\nscritta profezia, o cabala: ma avendo Dante, Inf. X, 100, dotate\nl'anime dannate di previsione, questa \u00e8 lo scritto<\/b>\nmetaforicamente detto, n\u00e8 v'\u00e8 bisogno d'altra profezia o cabala.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per cotesto scritto<\/b> tutti [quanto veggo] gli espositori intendono letteralmente una qualche scritta profezia, o cabala: ma avendo Dante, Inf. X, 100, dotate l'anime dannate di previsione, questa è lo scritto <\/b>metaforicamente detto, nè v'è bisogno d'altra profezia o cabala.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. X 100-101","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Noi veggiam, come quei c'ha mala luce,
le cose\", disse, \"che ne son lontano [...]\"","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=10&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"54","from":17836.0,"to":17843.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"la profonda e brutta valle\ninfernale. Buti [Citato dal Vocabol. della Cr. alla voce\nFedo<\/i>]. Brutta<\/i>, e per se stessa materialmente, e perch\u00e8 Il\nmal dell'universo tutto insacca<\/i> [Inf. VII, 18]. Fedit\u00e0<\/i> per\nbruttura<\/i> adoprarono altri antichi. Vedi il Vocab. della Cr.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Feda <\/strong>[...]. Brutta<\/i>, e per se stessa materialmente, e perchè Il mal dell'universo tutto insacca<\/i> [Inf. VII, 18]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII 18","NotaFonte":"","TestoFonte":"che 'l mal de l'universo tutto insacca.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=13855', 'Autore':'Francesco da Buti, 1385-95','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40","from":10719.0,"to":10723.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la providenza divina — con\nScipio<\/b> [apocope] di Scipione valendosi — la gloria del mondo<\/b>,\ncos\u00ec in vece della gloria dell'impero del mondo<\/i>, della\nmonarchia universale, che a Roma asserisce il Poeta nel suo\ntrattato de Monarchia.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
la gloria del mondo<\/b>, così in vece della gloria dell'impero del mondo<\/i>, della monarchia universale, che a Roma asserisce il Poeta nel suo trattato de Monarchia.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q134221","LuogoFonte":"II vi 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Que si ita se habent, non dubium est quin natura locum et gentem disposuerit in mundo ad universaliter principandum: aliter sibi defecisset, quod est inpossibile. Quis autem fuerit locus et que gens, per dicta superius et per dicenda inferius satis est manifestum quod fuerit Roma, et cives eius sive populus. ","UrlFonte":"https:\/\/dante.princeton.edu\/pdp\/monarchia.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61-62","from":26768.0,"to":26782.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Monarchia"},
{"Annotazione":"la qual guerra da me sostenuta s\u00ec\nnel corpo per la materiale fatica, s\u00ec nell'animo per l'esercizio\ndi penosi affetti, sar\u00e0 ritratta<\/i>, rappresentata, dalla mente<\/b>,\ndalla memoria, che non erra<\/b>, cio\u00e8 sana e sicura, non\nvaneggiante, n\u00e8 pi\u00f9 sturbata dalla confusione ond'era cinta\nlaggi\u00f9, come dir\u00e0 al canto III, v. 31.  Ed io ch'avea d'error la\ntesta cinta.<\/i><\/b>  Il cod. Angelico ha: Che ritrarr\u00e0 la mente, se\nnon erra.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Brunone Bianchi 1868","FrammentoNota":"
la qual guerra da me sostenuta sì nel corpo per la materiale fatica, sì nell'animo per l'esercizio di penosi affetti, sarà ritratta<\/i>, rappresentata, dalla mente<\/b>, dalla memoria, che non erra<\/b>, cioè sana e sicura, non vaneggiante, nè più sturbata dalla confusione ond'era cinta laggiù, come dirà al canto III, v. 31.  Ed io ch'avea d'error la testa cinta.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III, 31","NotaFonte":"","TestoFonte":"E io ch'avea d'error la testa cinta","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=3&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"6","from":1031.0,"to":1033.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la quale per la bevuta\nacqua di Lete rimane affatto in obbl\u00eco [Vedi Purg. XXVIII. 127.\ne segg.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vedi Purg. XXVIII. 127 e segg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVIII 127-129","NotaFonte":"","TestoFonte":"Da questa parte con virtù discende
che toglie altrui memoria del peccato;
da l'altra d'ogne ben fatto la rende.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=62&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"104","from":8756.0,"to":8761.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"la quale, per lo contrario,\nrilega me ec. — E parte andava forte<\/b>: cos\u00ec, oltre la Nidob.,\ntutti i mss. della Corsiniana, e parecchi altri veduti dagli\nAccademici della Cr. E perch\u00e8 andate forte<\/i>, che leggono\ncomunemente l'altre edizioni, non pu\u00f2 esservi stato intruso che\nper mancanza d'intendimento. La voce parte<\/i><\/b> ha, come il Cinonio\n[Partic.<\/i><\/b> 194, 1 e 2] e 'l Vocab. della Cr. [Art. Parte\navverb.<\/i>] ne dimostrano, tra gli altri significati quello\nd'intanto<\/i>, mentre<\/i>, e simile. La medesima voce a cotale\nsignificato adopera Dante anche Inf. XXIX, 16. La voce stessa\nfinalmente, ed al medesimo significato, d\u00e0 qu\u00ec l'ottimo senso,\nche parlava Stazio e intanto fortemente camminava.<\/i> Per lo\ncontrario, leggendosi colla comune delle edizioni e perch\u00e8\nandate forte<\/i>, avremmo una interrogazione di Stazio mal\ncorrispondente all'essersi manifestato Virgilio rilegato\nnell'eterno esilio.<\/b> Imperocch\u00e8 a manifestazione cotale doveva\nStazio maravigliarsi ch'eglino su per quel monte salissero, e non\nch'andassero forte.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La voce parte<\/b> ha, come il Cinonio [Partic.<\/i> 194, 1 e 2] e 'l Vocab. della Cr. [Art. Parte avverb.<\/i>] ne dimostrano, tra gli altri significati quello d'intanto<\/i>, mentre<\/i>, e simile.  La medesima voce a cotale significato adopera Dante anche Inf. XXIX, 16.  La voce stessa finalmente, ed al medesimo significato, dà quì l'ottimo senso, che parlava Stazio e intanto fortemente camminava.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIX 16","NotaFonte":"","TestoFonte":"Parte sen giva, e io retro li andava,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=29","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"18-19","from":20706.0,"to":20709.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la ragione di questa\nmeraviglia di Virgilio non \u00e8 chiara; secondo alcuni sarebbe la\nvista di questo nuovo tormento nella bolgia sesta, il quale ei\nnon aveva veduto l'altra volta che discese all'inferno (cfr. \nInf.<\/i> IX 22); secondo altri, la conformit\u00e0 tra il consiglio di\nCaifas e le parole dell'En.<\/i> V 815: «Unum pro multis dabitur\ncaput»; secondo altri infine, la vista dei tristissimi effetti\ndell'ipocrisia.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","FrammentoNota":"
la ragione di questa meraviglia di Virgilio non è chiara; secondo alcuni sarebbe la vista di questo nuovo tormento nella bolgia sesta, il quale ei non aveva veduto l'altra volta che discese all'inferno (cfr. Inf.<\/i> IX 22); secondo altri, la conformità tra il consiglio di Caifas e le parole dell'En.<\/i> V 815: «Unum pro multis dabitur caput»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"V, 814-815","NotaFonte":"Benvenuto da Imola e Vellutello, e diversi altri commentatori a seguire, associavano Caifas a Virgilio in virt\u00f9 della somiglianza tra i versi dell'Eneide e il dettato evangelico: Virgilio si starebbe dunque meravigliando per essere stato profeta inconsapevole.","TestoFonte":"Unus erit tantum, amissum quem gurgite quaeres;
unum pro multis dabitur caput.”","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus:text:1999.02.0055:book=5:card=799&highlight=caput%2Cdabitur","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"124","from":22329.0,"to":22331.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"la santa prendeva l'altra. \n\u00c8 tutto questo<\/i> [dice il Venturi] un eccellente ritrovamento di\nnobilissima fantas\u00eca felicissimamente ideato, che si meritava\nmaggior lavoro, e pi\u00f9 lunga cultura nella distesa.<\/i> Una carezza,\ned uno schiaffo. L'intollerabile puzzo che risvegli\u00f2 il Poeta,\nnon pare che fosse soggetto di pi\u00f9 lunga cultura<\/i>: e ad ogni\nmodo, doveva il Venturi aver presente quella ragione, che del suo\ndir breve Dante stesso ne rend\u00e8 nel canto XVII del Purgat. v.\n139\n\n Tacciolo, acciocch\u00e8 tu, per te ne cerchi.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
doveva il Venturi aver presente quella ragione, che del suo dir breve Dante stesso ne rendè nel canto XVII del Purgat. v. 139\r\n     Tacciolo, acciocchè tu, per te ne cerchi.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVII 139","NotaFonte":"","TestoFonte":"tacciolo, acciò che tu per te ne cerchi\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=51&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31-33","from":18703.0,"to":18725.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la santa vergine e martire Siracusana. \nI motivi pe' quali dissi Inf. II, 97 aver potuto Dante assumere\nsanta Lucia in simbolo della divina grazia, poterono eziandio\nfargliela collocare in questo ragguardevole posto — che mosse\nla tua donna quando chinavi<\/b> ec. che mosse al tuo soccorso\nBeatrice allor quando riabbassavi gli occhi per iscendere\ndall'incominciata salita al monte della virt\u00f9, e ruinar di nuovo\nnella selva de' vizi.  Vedi Inf. I, 60 e segg. e II, 100 e segg.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Lucia <\/strong>la santa vergine e martire Siracusana.  I motivi pe' quali dissi Inf. II, 97 aver potuto Dante assumere santa Lucia in simbolo della divina grazia, poterono eziandio fargliela collocare in questo ragguardevole posto<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II 97","NotaFonte":"","TestoFonte":"Questa chiese Lucia in suo dimando","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"137-138","from":32275.0,"to":32276.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la santa, presa dal Poeta in simbolo della\ndivina grazia.  Vedi ci\u00f2 ch'\u00e8 detto Inf. II, 97.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Lucia <\/strong>la santa, presa dal Poeta in simbolo della divina grazia.  Vedi ciò ch'è detto Inf. II, 97.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II 97","NotaFonte":"","TestoFonte":"Questa chiese Lucia in suo dimando","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"55","from":8455.0,"to":8456.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la selva oscura.  — Che non\nlasci\u00f2<\/b>, il quale passo<\/b>, cio\u00e8 la selva d' vizi, non lasci\u00f2\npassare da s\u00e8 persona viva.<\/b>  Non intendesi per altro della vita\ncorporale, man della spirituale.  Imperciocch\u00e8 ci\u00f2 che la carne\npensa ed ha l'animo \u00e8 morte<\/i>; ma ci\u00f2 che lo Spirito pensa ed ha\nl'animo \u00e8 vita.<\/i>  Rom. VIII, 6.  Vivere, nell'uomo, \u00e8 usare\nragione.<\/i>  Conv. IV, 7.  A chi abbandona la selva puossi\napplicare la parola del Vangelo: Questi era morto, ed \u00e8 tornato\na vita, era perduto ed \u00e8 stato ritrovato.<\/i>  Luc. XV, 32.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
la selva oscura.  — Che non lasciò<\/b>, il quale passo<\/b>, cioè la selva d' vizi, non lasciò\r\npassare da sè persona viva.<\/b>  Non intendesi per altro della vita\r\ncorporale, ma della spirituale.  Imperciocchè ciò che la carne\r\npensa ed ha l'animo è morte<\/i>; ma ciò che lo Spirito pensa ed ha\r\nl'animo è vita.  Rom. VIII, 6<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q48203","LuogoFonte":"8, 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nam sapientia carnis mors, sapientia autem Spiritus vita et pax.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-romanos_lt.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"26-27","from":193.0,"to":195.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera ai Romani"},
{"Annotazione":"la selva \u00e8 tanto dolorosa, che\ndi poco \u00e8 pi\u00fa dolorosa la morte: altri, meno bene, riferiscono\namara<\/i> a paura.<\/i>  Il concetto \u00e8 biblico (Ecclesiastico<\/i> XLI 1:\nQuadr.<\/i> III 6, della povert\u00e0 personificata: «Spiacente tanto,\nch'appena \u00e8 pi\u00fa morte», e il Petrarca, CCCXXXII 22: «Or mi \u00e8 'l\npianger amaro pi\u00fa che morte».\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","FrammentoNota":"
La selva è tanto dolorosa, che di poco è piú dolorosa la morte: altri, meno bene, riferiscono amara<\/i> a paura.<\/i>  Il concetto è biblico (Ecclesiastico<\/i> XLI 1)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q155980","LuogoFonte":"41, 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"O mors, quam amara est memoria tua
homini pacem habenti in substantiis suis ","UrlFonte":"http:\/\/vulsearch.sourceforge.net\/html\/Sir.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"7","from":41.0,"to":44.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Siracide"}, {"Annotazione":"la sfera pi\u00f9 elevata de' cieli, il seggio\ndella divinit\u00e0. Lo cielo Empireo, che tanto vuol dire, quanto\ncielo di fiamma ovvero luminoso.<\/i> — — E questo quieto e\npacifico cielo \u00e8 lo luogo di quella Somma Deit\u00e0 che s\u00e8 sola\ncompiutamente vede.<\/i> Questo \u00e8 lo luogo degli spiriti beati.<\/i> \nConv.<\/i> II, 4.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
la sfera più elevata de' cieli, il seggio della divinità.  Lo cielo Empireo, che tanto vuol dire, quanto\r\ncielo di fiamma ovvero luminoso.<\/i>  — — E questo quieto e pacifico cielo è lo luogo di quella Somma Deità che sè sola compiutamente vede.<\/i> Questo è lo luogo degli spiriti beati.<\/i> \r\nConv.<\/i> II, 4<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"II, iii, 8-11","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 a Conv. II, iii, non a Conv. II, iv","TestoFonte":"Veramente, fuori di tutti questi, li catolici pongono lo cielo Empireo, che è a dire cielo di fiamma o vero luminoso; e pongono esso essere immobile per avere in sé, secondo ciascuna sua parte, ciò che la sua materia vuole. E questo è cagione al Primo Mobile per avere velocissimo movimento; ché per lo ferventissimo appetito ch'è 'n ciascuna parte di quello nono cielo, che è immediato a quello, d'essere congiunta con ciascuna parte di quello divinissimo ciel quieto, in quello si rivolve con tanto desiderio, che la sua velocitade è quasi incomprensibile. E quieto e pacifico è lo luogo di quella somma Deitate che sola sé compiutamente vede. Questo loco è di spiriti beati, secondo che la Santa Chiesa vuole, che non può dire menzogna; e Aristotile pare ciò sentire, a chi bene lo 'ntende, nel primo Di Cielo e Mondo. Questo è lo soprano edificio del mondo, nel quale tutto lo mondo s'inchiude, e di fuori dal quale nulla è; ed esso non è in luogo ma formato fu solo nella Prima Mente, la quale li Greci dicono Protonoè.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=19&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"21","from":1144.0,"to":1145.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"la sollecitudine\n[dovrebbe voler dire] di veder me; che Virgilio accomiatandosi\n[Purg. XXVIII, 136 e seg.] promise a Dante ch'avrebbe in quel\nluogo trovata.  Non altrimenti che per l'attuale veduta di\nBeatrice confessa Dante di aver perduta attenzione ad altro\nparlare della medesimi Matelda\n\n     E se fu pi\u00f9 lo suo parlar diffuso<\/i>,\n        Non so: perocch\u00e8 gi\u00e0 negli occhi m'era<\/i>\n        Quella ch'ad altro intender m'avea chiuso<\/i>\n         [Canto precedente 91 e segg.].\n\nFatto ha la mente sua negli occhi oscura<\/b>: gli ha in tal guisa\noccupato la mente, che non lasciolla badare a' tuoi insegnamenti.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
la sollecitudine [dovrebbe voler dire] di veder me; che Virgilio accomiatandosi [Purg. XXVIII, 136 e seg.] promise a Dante ch'avrebbe in quel luogo trovata.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVII 136-137","NotaFonte":"Il canto \u00e8 il XXVII, non il XXVIII.","TestoFonte":"Mentre che vegnan lieti li occhi belli
che, lagrimando, a te venir mi fenno,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=61","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"124-126","from":33907.0,"to":33910.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"la stessa pena di Caifas \u00e8\ndata al sommo sacerdote Anna, suocero di lui (cfr. Giovanni,\nXVIII 13), e ai Sacerdoti e Farisei che presero parte al\nconcilio, onde usc\u00ed la rovina del popolo giudaico.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","FrammentoNota":"
la stessa pena di Caifas è data al sommo sacerdote Anna, suocero di lui (cfr. Giovanni, XVIII 13), e ai Sacerdoti e Farisei che presero parte al concilio, onde uscí la rovina del popolo giudaico.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"18, 12-13","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cohors ergo et tribunus et ministri Iudaeorum comprehenderunt Iesum et ligaverunt eum
et adduxerunt ad Annam primum; erat enim socer Caiphae, qui erat pontifex anni illius","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#18","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"121","from":22303.0,"to":22307.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"}, {"Annotazione":"la stessa, che nell'ottavo canto\nv. 68 appellasi citt\u00e0 ch'ha nome Dite<\/i>, che incomincia dentro\ndal sopraddetto muro, ed estendesi fino al fondo dell'Inferno: e\ndicesi del foco<\/b>, perocch\u00e8 fuori di essa, come s'\u00e8 veduto, non\nsono anime tormentate dal fuoco.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La stessa, che nell'ottavo canto v. 68 appellasi città ch'ha nome Dite<\/i>, che incomincia dentro dal sopraddetto muro, ed estendesi fino al fondo dell'Inferno: e dicesi del foco<\/b>, perocchè fuori di essa, come s'è veduto, non sono anime tormentate dal fuoco.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VIII 68","NotaFonte":"","TestoFonte":"s'appressa la città c'ha nome Dite,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=8&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"22","from":8788.0,"to":8791.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la strada da lui temerariamente e\nperci\u00f2 follemente percorsa.  Dante stesso avea detto a Virgilio,\nInf. II, 34, 35:\n\n     Perch\u00e8, se del venire io mi abbandono<\/i>,\n     Temo che la venuta non sia folle.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Dante stesso avea detto a Virgilio, Inf. II, 34, 35:Perchè, se del venire io mi abbandono<\/i>,Temo che la venuta non sia folle.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II, 34-35","NotaFonte":"","TestoFonte":"Per che, se del venire io m'abbandono,
temo che la venuta non sia folle.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=2&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"91","from":7379.0,"to":7381.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"la superba r\u00f2cca di Troia,\nda' Greci detta %Iota%lambda%iota%o%nu\\. E superbo<\/b> non \u00e8 da\nintendere nel senso figurato di magnifico<\/i>, come nel virgiliano\n«Ceciditque superbum Ilium,» ma nel proprio. Ne' versi 61-63 del\nXII del Purg. rivedremo e Troia ed Ilione proposte ad esempio\ndella punita superbia. — Combusto<\/i><\/b>, bruciato (lat.\ncombustum<\/i><\/b>).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
E superbo<\/b> non è da intendere nel senso figurato di magnifico<\/i>, come nel virgiliano «Ceciditque superbum Ilium,» ma nel proprio.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis III, 2-3","NotaFonte":"","TestoFonte":"immeritam visum Superis, ceciditque superbum
Ilium, et omnis humo fumat Neptunia Troia","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D3%3Acard%3D1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"75","from":541.0,"to":548.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"la verit\u00e0 detta, della bont\u00e0 di Dio\nfonte d'ogni bont\u00e0, e di tutte le altre bont\u00e0 infinitamente\nmaggiore — allo 'ntelletto mio discerne<\/b>, cos\u00ec legge la\nNidobeatina, e, inteso che discerne<\/b> vaglia quanto mostra<\/i>,\ndimostra<\/i>, fa conoscere<\/i> [Scernere<\/i>, lo stesso che\ndiscernere<\/i>, al senso di mostrare<\/i> e far conoscere<\/i>, adopera\nil medesimo poeta nostro Purg. XXVI, 15. Questi, ch'io ti\nscerno col dito<\/i>], non rimane alcuna difficolt\u00e0: ove ammettendosi\nla lezione a tutte l'altre edizioni comune allo 'ntelletto mio\nsterne, o scerne<\/i> [Cos\u00ec legge il Landino, in vece di sterne<\/i>, in\nquesto, e nei vers. 40 e 43], saremmo necessitati per l'interezza\ndel verso a fare il pronome mio<\/i><\/b> in mezzo al verso valer due\nsillabe, cosa che Dante, quanto io so, non fa mai — Colui, che\nmi dimostra il primo amore Di tutte<\/b> ec. Qu\u00ec gli espositori\nparte saltano via, e parte chiosando mostransi d'intendimento,\nche il primo amore di tutte le sustanze sempiterne<\/b> vaglia\nquanto l'oggetto principalmente amato dagli Angeli, e dalle\nanime umane.<\/i><\/b> Anche circa il soggetto inteso dal Poeta per\ncolui<\/i><\/b>, chi pretende Aristotele, e chi s. Dionisio Areopagita.\n\n\tIl Venturi, per escludere s. Dionisio ed ammettere\nAristotele, fa osservare che, citando Dante prima un'autore\ngentile, e seguitando poi coll'autorit\u00e0 sacra, viene insistendo\nnella proposta partizione Per filosofici argomenti, E per\nautorit\u00e0, che quinci scende<\/i> {vv.25-26}.\n\n\tPer escludere s. Dionisio pu\u00f2 alla ragione del Venturi\naggiungersene un'altra, che, non potendo s. Dionisio essere che\ndalla parte dell'autorit\u00e0<\/i> {v.26}, malamente darebbesi agli\nscritti di lui anterior luogo a quello dell'Esodo, per cui cita\nDante in seguito Mois\u00e8, ed a quello del Vangelo per cui cita il\ncollocutore suo s. Giovanni. Ma per poi farne ricevere\nAristotele bramerei che recato ci fosse in prova qualche di lui\nparagrafo a ci\u00f2 confacente; lo che non veggo essersi fatto n\u00e8 dal\nVenturi, n\u00e8 da veruno di coloro che qu\u00ec Aristotele pretendono\ninteso. Anzi, che tutti in aria favellassero, mi fa temere la\nchiosa del Daniello, imperocch\u00e8, l'unico che imprende a divisarne\ndove ci\u00f2 Aristotele insegni, nel buono poi lasciaci con dei soli\npuntini: Per Aristotele<\/i> [dice] sommo filosofo lo prova; il\nquale Aristotele nel libro<\/i>..... ove parla del primo amore di\ntutte l'eterne sostanze<\/i>: e cos\u00ec termina la chiosa.\n\n\tIo per me adunque, scrivendo Platone Ex his omnibus\nperspicuum esse aio, amorem Deorum omnium antiquissimum,\naugustissimumque esse<\/i> [Su 'l principio quasi del suo Convivio.<\/i> \nTraduz. del Serrano], direi che, intendendo Dante scritto ci\u00f2 da\nPlatone allegoricamente, ad insinuare Dio essere fonte d'ogni\nbont\u00e0 [ch'\u00e8 quel vero di cui viene lui da s. Giovanni richiesto\nl'insegnatore], e che, accennando per colui<\/b> il medesimo\nPlatone, in vece di dire mi dimostra essere amore il primo di\ntutti li Dei<\/b>, dica mi dimostra il primo amore<\/i><\/b>, amore il primo,\ndi tutte le sustanze sempiterne.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Io per me adunque, scrivendo Platone Ex his omnibus perspicuum esse aio, amorem Deorum omnium antiquissimum, augustissimumque esse<\/i> [Su 'l principio quasi del suo Convivio.<\/i>  Traduz. del Serrano], direi che, intendendo Dante scritto ciò da Platone allegoricamente, ad insinuare Dio essere fonte d'ogni bontà [ch'è quel vero di cui viene lui da s. Giovanni richiesto l'insegnatore], e che, accennando per colui<\/b> il medesimo Platone, in vece di dire mi dimostra essere amore il primo di tutti li Dei<\/b>, dica mi dimostra il primo amore<\/i>, amore il primo, di tutte le sustanze sempiterne.<\/b>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q859","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q486727","LuogoFonte":"180b","NotaFonte":"Lombardi riporta la traduzione di \"Platonis omnium quae extant operum tomus tertius. Graece et latine, ex nova Ioannis SERRANI interpretatione, perpetuis eiusdem notis illustrata: quibus et methodus et doctrinae summa breviter et perspicue indicatur. Eiusdem annotationes, quibus obscuri quidam loci illustrantur\", [Ginevra, excudebat Henr. Stephanus, 1578], p. 180.","TestoFonte":"ο\u1f55τω δ\u1f74 \u1f14γωγ\u03ad φημι \u1f14ρωτα θε\u1ff6ν κα\u1f76 πρεσβ\u03cdτατον κα\u1f76 τιμι\u03ceτατον κα\u1f76 κυρι\u03ceτατον ε\u1f36ναι ε\u1f30ς \u1f00ρετ\u1fc6ς κα\u1f76 ε\u1f50δαιμον\u03afας κτ\u1fc6σιν \u1f00νθρ\u03ceποις κα\u1f76 ζ\u1ff6σι κα\u1f76 τελευτ\u03aeσασιν. 
[Ex his omnibus perspicuum esse aio, amorem Deorum omnium antiquissimum, augustissimumque esse].","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0059.tlg011.perseus-grc1:180b","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"37-39","from":25633.0,"to":25635.0,"NomeAutore":"Platone","TitoloFonte":"Simposio"}, {"Annotazione":"la via della fede e della virt\u00f9. \nGes\u00f9 gli disse<\/i>: <Io son la via, la verit\u00e0 e la vita<\/i>>. S.\nGiov. XIV, 7.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
la via della fede e della virtù. Gesù gli disse<\/i>: <Io son la via, la verità e la vita<\/i>>.  S.\r\nGiov. XIV, 7.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"14, 6-7","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dicit ei Iesus: “ Ego sum via et veritas et vita; nemo venit ad Patrem nisi per me. Si cognovistis me, et Patrem meum utique cognoscetis; et amodo cognoscitis eum et vidistis eum\".","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"12","from":86.0,"to":89.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"la via pi\u00f9 spedita di arrivare al\nmonte; vedi c. I, 91 sg.  — Tolse<\/b> — imped\u00ec.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"la via più spedita di arrivare al monte; vedi c. I, 91 sg.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I, 91","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"A te convien tenere altro vïaggio\"","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"120","from":1868.0,"to":1871.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"la virtuosa moglie di Collatino, —\nJulia<\/b>: figlia di Giulio Cesare e moglie di Pompeo.  —\nMarzia<\/b>: moglie di Catone; vedi Purg. I, 79, Conv. IV, 28.  —\nCorniglia<\/b>: Cornelia figlia di Scipione Africano e madre de'\nGracchi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Marzia<\/b>: moglie di Catone; vedi Purg. I, 79, Conv. IV, 28. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. I, 78-80","NotaFonte":"","TestoFonte":"ma son del cerchio ove son li occhi casti
di Marzia tua, che 'n vista ancor ti priega,
o santo petto, che per tua la tegni","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=35&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"128","from":3847.0,"to":3848.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"la virt\u00f9 ch'ebbe la mano di\nAnan\u00eca di rendere la vista al miracolosamente acciecato s. Paolo\n[Act. 9].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
la virtù ch'ebbe la mano di Ananìa di rendere la vista al miracolosamente acciecato s. Paolo [Act. 9].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","LuogoFonte":"IX 8-18","NotaFonte":"","TestoFonte":"8 Surrexit autem Saulus de terra; apertisque oculis, nihil videbat; ad manus autem illum trahentes introduxerunt Damascum.
9 Et erat tribus diebus non videns et non manducavit neque bibit.
10 Erat autem quidam discipulus Damasci nomine Ananias; et dixit ad illum in visu Dominus: “ Anania ”. At ille ait: “ Ecce ego, Domine ”.
11 Et Dominus ad illum: “ Surgens vade in vicum, qui vocatur Rectus, et quaere in domo Iudae Saulum nomine Tarsensem; ecce enim orat
12 et vidit virum Ananiam nomine introeuntem et imponentem sibi manus, ut visum recipiat ”.
13 Respondit autem Ananias: “ Domine, audivi a multis de viro hoc, quanta mala sanctis tuis fecerit in Ierusalem;
14 et hic habet potestatem a principibus sacerdotum alligandi omnes, qui invocant nomen tuum ”.
15 Dixit autem ad eum Dominus: “ Vade, quoniam vas electionis est mihi iste, ut portet nomen meum coram gentibus et regibus et filiis Israel;
16 ego enim ostendam illi quanta oporteat eum pro nomine meo pati ”.
17 Et abiit Ananias; et introivit in domum et imponens ei manus dixit: “ Saul frater, Dominus misit me, Iesus qui apparuit tibi in via, qua veniebas, ut videas et implearis Spiritu Sancto ”.
18 Et confestim ceciderunt ab oculis eius tamquam squamae, et visum recepit. Et surgens baptizatus est ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#9","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"12","from":25450.0,"to":25454.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"}, {"Annotazione":"la vista del medesimo Rif\u00e8o,\nnon discerna il fondo<\/b>, neppur essa discerna tutto\nperfettamente: essendo la divina grazia<\/b>, o sia misericordia,\ninfinita; ed essendo dall'altro canto la creata mente quantunque\nbeata, sempre finita. Attingere aliquantulum mente Deum<\/i>\n[insegna s. Agostino] magna beatitudo est; comprehendere autem\nomnino impossibile<\/i> [Serm.<\/i> 38 De verbis Domini<\/i>].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Attingere aliquantulum mente Deum <\/i>[insegna s. Agostino] magna beatitudo est; comprehendere autem omnino impossibile<\/i> [Serm.<\/i> 38 De verbis Domini<\/i>].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Sermones(Agostino)","LuogoFonte":"CXVII iii 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Attingere aliquantum mente Deum; magna beatitudo est; comprehendere autem, omnino impossibile.","UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/discorsi\/index2.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"71-72","from":19671.0,"to":19686.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"la zizzania~,\n[metaforicamente~, pe 'l cattivo Religioso<\/i>] si lagner\u00e0 che\nl'arca<\/i> [pe 'l granaio<\/i>; o perch\u00e8 arca<\/i> nella sua etimologia\nsignifica luogo chiuso<\/i> [Arca dicta<\/i>, quod ab ea clausa\narceantur fures.<\/i>  Varro 6de Ling.  Lat.~  lib. 4.~], o perch\u00e8\nanche nelle arche si conservi 'l grano~, da chi ne ha in poca\nquantit\u00e0] le sia tolta<\/i>, le sia negata~, e gittata<\/i>, intendi~,\nnel fuoco<\/i>, giusta il comando che far\u00e0 un d\u00ec il divin\nGiudice~, colligite primum zizania<\/i>, et alligate ea in\nfasciculos ad comburendum<\/i>, triticum autem congregate in horreum\nmeum<\/i> [Matth.<\/i> 13.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
l'arca<\/i> [pe 'l granaio<\/i>; o perchè arca<\/i> nella sua etimologia significa luogo chiuso<\/i> [Arca dicta<\/i>, quod ab ea clausa arceantur fures.<\/i>  Varro de Ling.  Lat.  lib. 4.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q206119","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3704127","LuogoFonte":"V 28","NotaFonte":"","TestoFonte":"Arca<\/i>, quod arcebantur fures ab ea clausa","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=12243\/12158&text=12158:1.28","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"119-120","from":11918.0,"to":11921.0,"NomeAutore":"Marco Terenzio Varrone","TitoloFonte":"De lingua Latina"},
{"Annotazione":"lasciando di aggirarsi con Venere~, il di cui\ncircolare diurno movimento~, come quello d'ogn'altro cielo sotto\nal nono~, cio\u00e8 sotto al Primo mobile<\/i>, viene da esso nono cielo\ncagionato~; e perocch\u00e8 ad esso nono cielo intende Dante [Vedi 'l\ndi lui Convito<\/i> tratt. 2.  cap. 6.] deputati per intelligenze\nmotrici gli Angeli pi\u00f9 alti e nobili appellati Serafini~,\nperci\u00f2 dice il diurno circolar moto di Venere cominciato<\/i>,\ncio\u00e8 avente prima cagione~, in gli alti Serafini.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
perocchè ad esso nono cielo intende Dante [Vedi 'l di lui Convito<\/i> tratt. 2.  cap. 6.] deputati per intelligenze motrici gli Angeli più alti e nobili appellati Serafini, perciò dice il diurno circolar moto di Venere cominciato<\/i>, cioè avente prima cagione, in gli alti Serafini.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"II v 6, 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"Lo primo è quello delli Angeli, lo secondo delli Arcangeli, lo terzo delli Troni; e questi tre ordini fanno la prima gerarzia: non prima quanto a nobilitade, non a creazione (ché più sono l'altre nobili e tutte furono insieme create), ma prima quanto al nostro salire a loro altezza. Poi sono le Dominazioni, appresso le Vertuti, poi li Principati: e questi fanno la seconda gerarzia. Sopra questi sono le Potestati e li Cherubini, e sopra tutti sono li Serafini<\/strong>: e questi fanno la terza gerarzia [...].
E con ciò sia cosa che ciascuna persona nella divina Trinitade triplicemente si possa considerare, sono in ciascuna gerarzia tre ordini che diversamente contemplano. Puotesi considerare lo Padre non avendo rispetto se non ad esso: e questa contemplazione fanno li Serafini<\/strong>, che veggiono più della Prima Cagione che nulla angelica natura.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=21&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"26-27","from":7135.0,"to":7148.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"}, {"Annotazione":"le altre intelligenze, le quali\nPlatone chiama Idee e «li Gentili le chiamavano Dei e Dee»; Conv.\nII, 5.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
le altre intelligenze, le quali Platone chiama Idee e «li Gentili le chiamavano Dei e Dee»; Conv. II, 5.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"II, iv, 4-7","NotaFonte":"","TestoFonte":"Altri furono, sì come Plato, uomo eccellentissimo, che puosero non solamente tante Intelligenze quanti sono li movimenti del cielo, ma eziandio quante sono le spezie delle cose (cioè le maniere delle cose): sì come è una spezie tutti li uomini, e un'altra tutto l'oro, e un'altra tutte le larghezze, e così di tutte. E volsero che, sì come le Intelligenze delli cieli sono generatrici di quelli, ciascuna del suo, così queste fossero generatrici dell'altre cose ed essempli, ciascuna della sua spezie; e chiamale Plato idee, che tanto è a dire quanto forme e nature universali. Li gentili le chiamavano Dei e Dee, avegna che non così filosoficamente intendessero quelle come Plato, e adoravano le loro imagini, e facevano loro grandissimi templi: sì come a Giuno, la quale dissero dea di potenza; sì come a Pallade o vero Minerva, la quale dissero dea di sapienza; sì come a Vulcano, lo quale dissero dio del fuoco, ed a Cerere, la quale dissero dea della biada. Le quali cose ed oppinioni manifesta la testimonianza de' poeti che ritraggono in parte alcuna lo modo de' gentili e nelli sacrifici e nella loro fede; e anco si manifesta in molti nomi antichi rimasi o per nomi o per sopranomi a lochi e antichi edificî, come può bene ritrovare chi vuole.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=20&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"87","from":6401.0,"to":6409.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"le bianche bende, che\ndopo la morte del primiero marito Nino in segno di vedovanza\nportava, trasmut\u00f2 in altre di gaio colore rimaritandosi con\nGaleazzo figlio di Matteo Visconte signor di Milano.\n\n\tIl tempo, in cui accenna Dante di aver fatto questo suo\nviaggio, e conseguentemente questo colloquio con Nino Visconti,\ncio\u00e8 ne' d\u00ec primi d'Aprile del 1300 [Vedi la nota Inf. XX, 128],\nantecede al tempo che assegna Bernardino Corio alle nozze di\nBeatrice con Galeazzo: imperocch\u00e8 la scrive promessa a questo\nprincipe dopo il maggio dello stesso anno 1300, e sposata\nsolennemente in Modena il d\u00ec 24 di giugno [Istor. di Milan.<\/i>\npart. 2].  Oltre per\u00f2 che Dante si merita la maggior fede per\nessere stato alle cose contemporaneo, torna in favore del\nmedesimo la discrepanza notata da Gioambatista Giraldi\n[Commentar. delle cose di Ferrara<\/i>] negli scrittori circa le\ngesta di Beatrice.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il tempo, in cui accenna Dante di aver fatto questo suo viaggio, e conseguentemente questo colloquio con Nino Visconti, cioè ne' dì primi d'Aprile del 1300 [Vedi la nota Inf. XX, 128]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XX 128-129","NotaFonte":"","TestoFonte":"ben ten de' ricordar, ché non ti nocque
alcuna volta per la selva fonda\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=20&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"74","from":7577.0,"to":7581.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"le cappe, dorate al di fuori, sono\ndi piombo all'interno e tanto grosse che il loro peso ci fa\npiangere, come il carico eccessivo fa cigolar le bilance. \nrance<\/b>: il rancio \u00e8 colore giallo aurato, come d'arancio; cfr.\nPurg.<\/i> II 9.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","FrammentoNota":"
rance<\/b>:  il rancio è colore giallo aurato, come d'arancio; cfr. Purg.<\/i> II 9.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. II, 7-9","NotaFonte":"","TestoFonte":"sì che le bianche e le vermiglie guance,
là dov'i' era, de la bella Aurora
per troppa etate divenivan rance.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=36&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100","from":22163.0,"to":22165.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"le disperate strida; in questo\ncerchio incominciano i tormenti positivi dell'inferno. —\nNote<\/b>: voci in tuono ritmico. Inf. VII, 125.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Note<\/b>: voci in tuono ritmico.  Inf. VII, 125.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII, 125","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quest'inno si gorgoglian ne la strozza","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=7&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25","from":4171.0,"to":4174.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"le facce — per dirmi, supini.<\/b>  Essendo\nque' ciechi lungo la ripa seduti [Cant. prec. v. 45], dovevano\nper parlare a chi stava in piedi alzare in su la faccia.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per dirmi, supini.<\/b>  Essendo que' ciechi lungo la ripa seduti [Cant. prec. v. 45], dovevano per parlare a chi stava in piedi alzare in su la faccia.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XIII 45","NotaFonte":"","TestoFonte":"e ciascuno è lungo la grotta assiso\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=47&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"9","from":13297.0,"to":13299.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"le orecchie.  Virg., Georg. IV: «Impulit\naures luctus.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
le orecchie.  Virg., Georg. IV: «Impulit aures luctus.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q674439","LuogoFonte":"Georgica IV, 349-350","NotaFonte":"","TestoFonte":"devolvunt, iterum maternas impulit aures<\/strong>
luctus<\/strong> Aristaei, vitreisque sedilibus omnes","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0059%3Abook%3D4%3Acard%3D333","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"27","from":4180.0,"to":4186.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Georgiche"}, {"Annotazione":"le prime parole per tutta l'antifona\nAsperges me, Domine hyssopo, et mundabor; lavabis me, et super\nnivem dealbabor<\/i>: parole del salmo cinquantesimo. E come\nquest'antifona cantasi nel coro delle chiese in tutte le\ndomeniche, mentre il sacerdote bagna d'acqua benedetta il popolo,\ncos\u00ec fa qu\u00ec Dante che la medesima cantasse il coro degli Angeli,\nmentre bagnava lui Matilde nel fiume Lete.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
le prime parole per tutta l'antifona Asperges me, Domine hyssopo, et mundabor; lavabis me, et super nivem dealbabor<\/i>: parole del salmo cinquantesimo.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"LI (L) 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"Asperges me hyssopo, et mundabor;
lavabis me, et super nivem dealbabor.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%2051","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"98","from":31591.0,"to":31593.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"}, {"Annotazione":"le quali amore\naveva dipartite di questa nostra mortal vita; volendo in sentenza\ninferire, che esse erano morte per amore. Vellutello. \nSermiramide, di fatto, cum concubitum filii petiisset, ab eodem\ninterfecta est<\/i>, narra Giustino [Lib. I cap. 2]. Cleopatra\ncondotta dall'amore verso Marc'Antonio ad esser divenuta\nprigioniera d'Ottaviano Augusto, per evitare lo scorno di essere\nda Ottaviano menata in trionfo, da se stessa si uccise [Svet. in\nAug.<\/i> cap. 17]. Elena, avendo col suo adulterio con Paride\ncagionata la guerra, in cui mor\u00ec Tlepolemo, fu perci\u00f2 da Polisso\nmoglie di Tlepolemo fatta strozzare [Pausania appo Natal Conti\nMytholog.<\/i> lib. 6 cap. 23]. Paride [il Troiano]\nmedesimamente, per essere colla sua libidine stato cagione del\ndistruggimento della sua patria e del regno, fin\u00ec i giorni suoi\ntrucidato [Lo stesso Natal Conti, ivi]. Di Tristano, e Didone \u00e8\ngi\u00e0 detto a suo luogo. Tutti adunque i nominati furono per\ncagion d'amore tolti di vita.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
le quali amore aveva dipartite di questa nostra mortal vita; volendo in sentenza inferire, che esse erano morte per amore.  Vellutello.  Sermiramide, di fatto, cum concubitum filii petiisset, ab eodem interfecta est<\/i>, narra Giustino [Lib. I cap. 2].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q210853","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/epitoma-historiarum-philippicarum-pompei-trogi","LuogoFonte":"I 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ad postremum cum concubitum filii petisset, ab eodem interfecta est, duos et XXX annos post Ninum regno petita.","UrlFonte":"https:\/\/www.thelatinlibrary.com\/justin\/1.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"69","from":4463.0,"to":4469.0,"NomeAutore":"Marco Giuniano Giustino","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"le sono proprio otto volte per chi\nha voglia di contarle, avendolo Virgilio liberato: 1o<\/sup> dalla lupa,\nInf. I, 49; 2o<\/sup> dai suoi dubbj, II, 130; 3o<\/sup> da Caronte, III, 94;\n4o<\/sup> da Minosse, V, 21; 5o<\/sup> da Cerbero, VI, 22; 6o<\/sup> da Pluto, VII, 8;\n7o<\/sup> da Flegi\u00e0s VIII, 19; 8o<\/sup> da Filippo Argenti, VIII, 41. \nSenonch\u00e8 la ci sembra ridicola che Dante in un momento di cos\u00ec\nterribile angoscia faccia i conti quante volte Virgilio gli abbia\nrenduto sicurt\u00e0.  Meglio adunque si prende sette<\/b> per numero\nindeterminato, come sovente nella sacra scrittura.  Il giusto\ncade sette volte e si rileva<\/i> Prov. XXIV, 16; Io ti lodo sette\nvolte il d\u00ec<\/i>; Sal. CXIX, 164.  Fanne parte a sette, anzi a\notto<\/i>; Eccl. XI, 2.  Per sette vie fuggiranno d'innanzi a te<\/i>;\nDeut. XXVIII, 7 ecc.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Meglio adunque si prende sette<\/b> per numero indeterminato, come sovente nella sacra scrittura. I<\/em>l giusto cade sette volte e si rileva<\/i> Prov. XXIV, 16 [...]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4579","LuogoFonte":"24, 16","NotaFonte":"","TestoFonte":"Septies enim cadet iustus et resurget; impii autem corruent in malum.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_proverbiorum_lt.html#24","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97-98","from":7417.0,"to":7420.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Proverbi"},
{"Annotazione":"le tre virt\u00f9 teologali~, e le\nquattro cardinali — con que' lumi in mano<\/i>: intendo che\nciascuna delle sette virt\u00f9 si tenesse in mano uno de' sette\ncandelabri detti nel canto XXIX. 43.  e segg. — che son sicuri\nd'aquilone e d'austro<\/i>, i due venti pi\u00f9 gagliardi~, per tutti i\nventi~: e significando que' sette candelabri~, com' \u00e8 detto\n[Purg. XXIX. 34.~], i sette doni dello Spirito santo~, egli \u00e8\ncerto che sono sicuri da ogni vento.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
con que' lumi in mano<\/i>: intendo che ciascuna delle sette virtù si tenesse in mano uno de' sette candelabri detti nel canto XXIX. 43.  e segg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIX 43-45","NotaFonte":"","TestoFonte":"Poco più oltre, sette alberi d'oro
falsava nel parere il lungo tratto
del mezzo ch'era ancor tra noi e loro;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=63&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"98-99","from":32598.0,"to":32601.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"le umane anime ree. Isaia,\n1, 4: «Vae semini nequam!»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
le umane anime ree.  Isaia, 1, 4: «Vae semini nequam!»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131458","LuogoFonte":"Isaia I, 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vae <\/strong>genti peccatrici,
populo gravi iniquitate,
semini nequam<\/strong>, filiis sceleratis!","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_isaiae_lt.html#1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115","from":2834.0,"to":2839.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro di Isaia"}, {"Annotazione":"legge la\nNidob. meglio dell'altre edizioni, che leggono Che fu da' pi\u00e8\ndi Caton gi\u00e0 soppressa.<\/i> Di piei<\/b> per piedi vedine altri esempi\nd'antichi autori nel Vocabol. della Cr. alla voce Piede<\/i><\/b>; ed in\nvece di premuta<\/i> tanto pu\u00f2 stare oppressa<\/i><\/b>, che soppressa.<\/i><\/b> \nLa rena da Catone calpestata fu quella della Libia, mentre per\nquella regione condusse gli avanzi dell'esercito del morto Pompeo\nper unirsi a Giuba Re di Numidia. Vadimus<\/i> [dice nella Libia\nentrando Catone stesso appo Lucano] in campos steriles exustaque\nmundi, Qu\u00e0 nimius Titan, et rarae in fontibus undae ....\nIngrediar, primusque gradus in pulvere ponam<\/i> [Phars.<\/i> lib. IX\nv. 382 e segg.].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La rena da Catone <\/strong>calpestata fu quella della Libia, mentre per quella regione condusse gli avanzi dell'esercito del morto Pompeo per unirsi a Giuba Re di Numidia.  Vadimus<\/i> [dice nella Libia entrando Catone stesso appo Lucano] in campos steriles exustaque mundi, Qua nimius Titan, et rarae in fontibus undae .... Ingrediar, primusque gradus in pulvere ponam<\/i> [Phars.<\/i> lib. IX v. 382 e segg.].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"IX, 382-383; 395.","NotaFonte":"","TestoFonte":"
Vadimus in campos steriles, exustaque mundi,
Qua nimius Titan, et rarae in fontibus undae [...].
Ingrediar, primusque gradus in pulvere ponam,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0917.phi001.perseus-lat1:9.319-9.409","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"15","from":12642.0,"to":12650.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, {"Annotazione":"legge la\nNidob. un po meglio che non leggano l'altre ediz. Che non \u00e8\nspirto che per l'aer vada.<\/i> Aere<\/b> di due sillabe adoperalo\nDante stesso, per testimonianza dell'edizioni tutte, se non\naltrove, certamente Purg. XXV, 91.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Aere<\/b> di due sillabe adoperalo Dante stesso, per testimonianza dell'edizioni tutte, se non altrove, certamente Purg. XXV, 91.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXV 91","NotaFonte":"","TestoFonte":"E come l'aere, quand'è ben pïorno,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=59&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":11131.0,"to":11140.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"legge la Nidob.\nmeglio che non leggono l'altre ediz. Qu\u00ec, e altrove tal.  Pi\u00f9\nriverso<\/i>, cio\u00e8 maggiore rovesciamento, \u00e8 certamente quello che si\ndescrive pur nel medesimo tempo avvenuto nella sesta bolgia\ndell'ottavo cerchio, ricettacolo degl'ipocriti; dove dicesi\nTutto spezzato a fondo l'arco sesta<\/i> [Inf. XXI, 108 e segg.],\ned in modo, che convenne ai due poeti, per proseguire il loro\nviaggio, che s'arrampicassero pe' mal sicuri rottami delle pietre\n[Inf. XXIV, 19 e segg.].\n\n\tTale maggior ruina in quel luogo de' violenti ipocriti\n[tra' quali trova Dante aspramente puniti Caifasso ed Anna]\ncorrisponde anche al motivo per cui pu\u00f2 presumersi che facesse il\nPoeta cagionare il tremuoto nella morte di Ges\u00f9 Cristo ruina\nsolamente nel luogo de' violenti: qual motivo non pare che possa\nesser altro che quel medesimo che saggiamente rileva il\nVellutello; per dinotare cio\u00e8, che allora fu usata la maggior\nviolenza, che mai fosse, e che mai possa essere, essendo seguita\nnella persona del figliuolo di Dio.<\/i>  Or come di cotal fatto\nl'unica cagione fu l'ipocrisia degli Ebrei sacerdoti, quadra\nmolto bene, che nella bolgia de' violenti ipocriti facesse quel\ntremuoto il maggiore rovesciamento.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Più riverso<\/i>, cioè maggiore rovesciamento, è certamente quello che si descrive pur nel medesimo tempo avvenuto nella sesta bolgia dell'ottavo cerchio, ricettacolo degl'ipocriti; dove dicesi Tutto spezzato a fondo l'arco sesta<\/i> [Inf. XXI, 108 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI 108-114","NotaFonte":"","TestoFonte":"tutto spezzato al fondo l'arco sesto.
E se l'andare avante pur vi piace,
andatevene su per questa grotta;
presso è un altro scoglio che via face.
Ier, più oltre cinqu'ore che quest'otta,
mille dugento con sessanta sei
anni compié che qui la via fu rotta.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"45","from":10753.0,"to":10759.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"legge la Nidob. meglio che ne\ncommise<\/i> l'altre edizioni; essendo la commissione stata data a\nVirgilio solo — uficio nuovo<\/b>: per essere cosa nuova<\/i><\/b>,\nchiosano il Landino e 'l Vellutello, che i vivi vadino\nall'Inferno.<\/i> Essendo per\u00f2, secondo le favole, e secondo\nVirgilio medesimo, andati all'Inferno altri vivi, rimane che\nappelli nuovo<\/i><\/b> cotale ofizio rispettivamente a se medesimo. \nImperocch\u00e8 sebbene sia egli disceso all'Inferno altra fiata<\/i><\/b>\n[Inf. IX, 24], non per\u00f2 per condurre colaggi\u00f9 alcun vivo, ma per\ntrarne di l\u00e0 uno morto.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
uficio nuovo<\/b>: per essere cosa nuova<\/i>, chiosano il Landino e 'l Vellutello, che i vivi vadino all'Inferno.<\/i>  Essendo però, secondo le favole, e secondo Virgilio medesimo, andati all'Inferno altri vivi, rimane che appelli nuovo<\/b> cotale ofizio rispettivamente a se medesimo.  Imperocchè sebbene sia egli disceso all'Inferno altra fiata <\/i>[Inf. IX, 24], non però per condurre colaggiù alcun vivo, ma per trarne di là uno morto.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IX 22","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Inf. IX 22, non 24.","TestoFonte":"Ver è ch'altra fïata qua giù fui","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=9","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"89","from":11077.0,"to":11080.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"legge la Nidob., ove l'altre ediz.\nben lo sa' — che la sai tutta quanta<\/i>, pe 'l lungo studio fatto\nsopra di essa.  Vedi il canto I v. 83.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
che la sai tutta quanta<\/i>, pe 'l lungo studio fatto sopra di essa.  Vedi il canto I v. 83.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 83","NotaFonte":"","TestoFonte":"vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"114","from":19223.0,"to":19226.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"legge la Nidobeatina e\nistessamente leggono i mss. che dice di aver veduti il Daniello:\ne dee valer quanto l'effigie e gli atteggiamenti.<\/i>  Sciendum<\/i>\n[attesta Servio] abuti poetas, et confuse vel simulacrum, vel\numbram dicere<\/i> [In VI Aeneid. 391]: ed ombra<\/b> per immagine<\/i><\/b> ad\nugual senso ripete il poeta nostro seg. canto v. 7\n\n     Ombra non gli \u00e8, n\u00e8 segno, che si paia.<\/i>\n\n\tLe altre edizioni leggono l'ombre e i tratti<\/i>, che\nvarrebbe quanto gli ombreggiamenti e i tratteggiamenti.<\/i>  Ma o\nqueste figure intagliate nel marmo [Vedi Purg. X, 32, 55 ec., ed\nin questo canto v. 16 e segg.] si hanno a intendere bassi rilevi,\ne non vi avrebbero a che fare ombre<\/i><\/b> n\u00e8 tratti<\/i><\/b>: o debbonsi\nintendere semplicemente segnate nella superficie del marmo con\nrighe, a quel modo che s'incidono in rame le figure per farne\nstampa; ed in tal caso sarebbero gli ombreggiamenti e i\ntratteggiamenti una stessa cosa.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
L'ombre e gli atti<\/strong> [...] dee valer quanto l'effigie e gli atteggiamenti.<\/i>  Sciendum <\/i>[attesta Servio] abuti poetas, et confuse vel simulacrum, vel umbram dicere<\/i> [In VI Aeneid. 391]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q355350","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Commentarii_in_Vergilii_Aeneidos_libros","LuogoFonte":"IV 654","NotaFonte":"La lezione messa a testo da Lombardi \u00e8 \"L'ombre e gli atti\", non \"l'ombre e ' tratti\".\r\nIl verso commentato da Servio \u00e8 Aen. IV 654, non VI 391.","TestoFonte":"sciendum tamen, abuti poetas et confuse vel simulacrum vel umbras dicere","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Serv.+A.+4.654&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0053","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"65","from":11595.0,"to":11604.0,"NomeAutore":"Servio Mario Onorato","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"legge la Nidobeatina e dov'ei<\/i> l'altre\nedizioni.  El<\/b> per egli<\/i><\/b>, esso<\/i> adopera Dante anche altrove\nspesso [Inf. XXVII, 12, Purg. II, 51], ed \u00e8 qu\u00ec pronome dei\nquattro versi sopra mentovato scoglio<\/i> {v.69} — vaneggia<\/i><\/b>, \u00e8\nvoto, fa arco e ponte.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
El<\/b> per egli<\/i>, esso<\/i> adopera Dante anche altrove spesso [Inf. XXVII, 12, Purg. II, 51]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVII 12","NotaFonte":"","TestoFonte":"pur el pareva dal dolor trafitto;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=27","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"73","from":16965.0,"to":16972.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"legge la Nidobeatina ed anch'ei<\/i> leggono\nl'altre edizioni.  Il senso \u00e8 uguale, perocch\u00e8 tanto i<\/b> quanto\nei<\/i><\/b> ottengono il significato, che qu\u00ec abbisogna, di a lui<\/i>\n[Della particella ei<\/i> vedi la nota al v. 78 del canto V\npassato; e della i<\/i><\/b> vedi il Vocab. della Crusca sotto di essa\nlettera {paragraph.} 6]; ma la grazia del verso diviene colla\nNidobeatina migliore.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
 tanto i<\/b> quanto ei<\/i> ottengono il significato, che quì abbisogna, di a lui <\/i>[Della particella ei<\/i> vedi la nota al v. 78 del canto V passato<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V 78","NotaFonte":"","TestoFonte":"per quello amor che i mena, ed ei verranno\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"73","from":20852.0,"to":20859.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"legge la Nidobeatina meglio\nche non l'altre edizioni S\u00ec che raffigurar<\/i> — pi\u00f9 latino<\/b>: pi\u00f9\nfacile ed agevole, vocabolo Lombardo, che quando vogliono\ndimostrar una cosa esser agevole e facile da maneggiare, dicono\n[la t<\/i><\/b> nella d<\/i> cangiata] \u00e8 ladina.  Daniello.  Avendo per\u00f2 noi\ndai Latini detto latin\u00e8 loqui<\/i>, per parlar chiaramente<\/i> [Vedi\n'l Card. Adriano De modis Latine loquendi<\/i>], ed avendo ad ugual\nsenso Dante stesso detto nel suo Convito A pi\u00f9 latinamente veder\nla sentenza<\/i> [Tratt. 2 cap. 3]; da Latini medesimi dee credersi\nche apprendesse anche il latino<\/i><\/b> per chiaro.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
avendo ad ugual senso Dante stesso detto nel suo Convito A più latinamente veder la sentenza<\/i> [Tratt. 2 cap. 3]; da Latini medesimi dee credersi che apprendesse anche il latino<\/b> per chiaro.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"II iii 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"A più latinamente vedere la sentenza litterale,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=19&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"63","from":2441.0,"to":2448.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"legge la Nidobeatina meglio\ndell'altre edizioni che leggono se' viv'anco<\/i>  — E perch\u00e8 sei\nancor vivo, e lo potrai sopra raccontare, sappi, che Vitaliano\ndel Dente, Padovano ancor esso, e vicino a me di casa, o pure\nsemplicemente concittadino [usando in tal significato tal voce\naltrove Dante, ed una volta il Petrarca] il quale pure ancor\nvive, essendo famoso usuraio, mi sar\u00e0 vicino ancor quaggi\u00f9. \nVenturi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
E perchè sei ancor vivo, e lo potrai sopra raccontare, sappi, che Vitaliano del Dente, Padovano ancor esso, e vicino a me di casa, o pure semplicemente concittadino <\/strong>[usando in tal significato tal voce altrove Dante, ed una volta il Petrarca] il quale pure ancor vive, essendo famoso usuraio, mi sarà vicino ancor quaggiù.  Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XI 140","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma poco tempo andrà, che ' tuoi vicini","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=45&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"67-68","from":15951.0,"to":15954.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"legge la Nidobeatina meglio che non\nleggono l'altre edizioni soccorren<\/i>; che dovrebbe valere quanto\nsoccorsero<\/i>, come trovasi adoperato correnno<\/i> per corsero<\/i>\n[Vedi 'l Prospetto di verbi Toscani<\/i> nel verbo correre<\/i>].  Per\nsoccorrevano<\/i> adunque, ch'\u00e8 ci\u00f2, che qu\u00ec abbisogna, meglio star\u00e0\nsoccorrien<\/b>; come trovasi scritto dal medesimo nostro Poeta\nmovieno<\/i><\/b> per moveano<\/i> [Purg. X, 81] e da altri credieno<\/i> per\ncredevano<\/i> [Vedi 'l Prospetto di verbi Toscani<\/i> nel verbo\ncredere<\/i>].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per soccorrevano<\/i> adunque, ch'è ciò, che quì abbisogna, meglio starà soccorrien<\/b>; come trovasi scritto dal medesimo nostro Poeta movieno<\/i> per moveano<\/i> [Purg. X, 81]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. X 81","NotaFonte":"","TestoFonte":"sovr'essi in vista al vento si movieno.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=44&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"47","from":15797.0,"to":15798.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"legge la Nidobeatina ove\nl'altre edizioni cose che torrien fede<\/i>; alla qual lezione\nbisognerebbe sottointendere se le dicessi<\/i>, e supporre che non\nle dicesse mai.  Avendo adunque Virgilio cotali mirabili\nstravaganze raccontate gi\u00e0 nella sua Eneide [Lib. III, 22 e\nsegg.], e supponendo essere Dante di cotal suo racconto\nnotizioso, ed incredulo, come pe'l verso 46 e segg. apparisce,\nresta che la Nidobeatina lezione sia la preferibile.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Avendo adunque Virgilio cotali mirabili stravaganze raccontate già nella sua Eneide [Lib. III, 22 e segg.], e supponendo essere Dante di cotal suo racconto notizioso, ed incredulo, come pe'l verso 46 e segg. apparisce, resta che la Nidobeatina lezione sia la preferibile.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"III 22-48","NotaFonte":"Lombardi legge \" Cose che daran fede \".","TestoFonte":"Forte fuit iuxta tumulus, quo cornea summo
virgulta et densis hastilibus horrida myrtus.
Accessi, viridemque ab humo convellere silvam
conatus, ramis tegerem ut frondentibus aras,
horrendum et dictu video mirabile monstrum.
Nam, quae prima solo ruptis radicibus arbos
vellitur, huic atro liquuntur sanguine guttae,
et terram tabo maculant. Mihi frigidus horror
membra quatit, gelidusque coit formidine sanguis.
Rursus et alterius lentum convellere vimen
insequor, et causas penitus temptare latentis:
ater et alterius sequitur de cortice sanguis.
Multa movens animo nymphas venerabar agrestis
Gradivumque patrem, Geticis qui praesidet arvis,
rite secundarent visus omenque levarent.
Tertia sed postquam maiore hastilia nisu
adgredior, genibusque adversae obluctor harenae—
eloquar, an sileam?—gemitus lacrimabilis imo
auditur tumulo, et vox reddita fertur ad auris:
“Quid miserum, Aenea, laceras? Iam parce sepulto;
parce pias scelerare manus. Non me tibi Troia
externum tulit, aut cruor hic de stipite manat.
Heu, fuge crudelis terras, fuge litus avarum:
nam Polydorus ego; hic confixum ferrea texit
telorum seges et iaculis increvit acutis.”
Tum vero ancipiti mentem formidine pressus
obstipui, steteruntque comae et vox faucibus haesit.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:3.19-3.48","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"21","from":11598.0,"to":11605.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"legge la Nidobeatina,\nove l'altre edizioni se fior la lingua<\/i> ec. Essendosi Dante\nmanifestato in questo poema non quale dicitore a' uditori, ma\nquale scrittore a' leggitori, detto avendo, per cagion d'esempio,\nnell'Inf. VIII Pensa, lettor, s'io mi disconfortai<\/i>, e in questo\ncanto stesso v. 46 Se tu se' or, lettore, a creder lento<\/i>, ho\nperci\u00f2 preferita la lezione Nidobeatina — Se fior la penna\nabborra.<\/b> Fior<\/b> e fiore<\/i><\/b> avverbio vale un tantino<\/i>; onde lo\nstesso Dante Inf. XXXIV, 26 Pensa oramai per te, s' hai fior\nd'ingegno<\/i>, e Purg. III, 135 Mentre che la speranza ha fior del\nverde.<\/i> Abborrare<\/i> e pe 'l contesto qu\u00ec, e per quell'altro\npasso Inf. XXXI, 24\n\n . . . . . Perocch\u00e8 tu trascorri<\/i>,\n Per le tenebre, troppo dalla lungi<\/i>\n Avvien che poi nel maginar abborri<\/i>;\n\ne per quello pure di Fazio degli Urbeti\n\n Maraviglia sar\u00e0 se riguardando<\/i>\n La mente in tante cose, non abborri<\/i> \n [Dittam.<\/i> 2, 31]\n\nscorgesi apertamente significare lo stesso che traviare, lo\nstesso che il Latino aberrare<\/i>, e dovere perci\u00f2 dal Latino\nmedesimo essere per antitesi fatto, mutata la e<\/i><\/b> in o.<\/i> \nAdunque se fior la penna abborra<\/i><\/b> val come se un tantino la\npenna travia<\/i><\/b>; esce cio\u00e8 [intend'io] col troppo minutamente a\nparte a parte descriverne queste trasformazioni, dall'usato\npreciso stile di descrivere. Il Landino e 'l Vellutello\nintendono in vece, che cerchi Dante scusa del cattivo ed\ninelegante stile. Sar\u00e0 forse difetto del corto mio vedere, ma\nall'occhio mio questa diversit\u00e0 ed ineleganza di stile non\napparisce.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Fior<\/b> e fiore<\/i> avverbio vale un tantino<\/i>; onde lo stesso Dante Inf. XXXIV, 26 Pensa oramai per te, s' hai fior d'ingegno<\/i>, e Purg. III, 135 Mentre che la speranza ha fior del verde. <\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIV 26","NotaFonte":"","TestoFonte":"pensa oggimai per te, s'hai fior d'ingegno,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=34","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"144","from":24671.0,"to":24676.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"legge la Nidobeatina; e' tornar<\/i>\nl'altre edizioni.  Ei<\/b> per eglino<\/i><\/b> adoperalo Dante spesso [Vedi\na cagion d'esempio Inf. IV, 34]  — tornar d'ogni parte<\/i><\/b>,\nintendi in quella citt\u00e0, onde furono cacciati.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ei<\/b> per eglino<\/i> adoperalo Dante spesso [Vedi a cagion d'esempio Inf. IV, 34]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV 34","NotaFonte":"","TestoFonte":" ch'ei non peccaro; e s'elli hanno mercedi,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"49","from":8980.0,"to":8982.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"leggono dieci mss. veduti\ndagli Accademici della Crusca, ed un altro veduto da me nella\nBiblioteca Corsini [Segnato 610]; e s'intende subito che parla\nGiustiniano della condizione<\/b>, della qualit\u00e0, di sua risposta<\/b>:\nove tutte l'edizioni leggendo ma la condizione<\/i>, lasciano in\ndubbio di che si abbia cotal condizione a intendere.  Quell'aver\npoi Giustiniano alla dichiarazione del suo personaggio premesso\nl'assecondare che il cielo fece la venuta dell'Aquila da Troia in\nItalia [ad effetto, come Dante intende, di qu\u00ec stabilire la\nmonarchia universale [Vedi 'l lib. 2 della Monarchia<\/i> di\nDante]], ci\u00f2 dee essere la condizione<\/i><\/b> che astringelo a\nseguitare alcuna giunta.<\/b>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Quell'aver poi Giustiniano alla dichiarazione del suo personaggio premesso l'assecondare che il cielo fece la venuta dell'Aquila da Troia in Italia [ad effetto, come Dante intende, di quì stabilire la monarchia universale [Vedi 'l lib. 2 della Monarchia<\/i> di Dante]], ciò dee essere la condizione<\/b> che astringelo a seguitare alcuna giunta.<\/b>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q134221","LuogoFonte":"II vi 10","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dispositionem vero loci subtiliter tangit in quarto, cum introducit Iovem ad Mercurium de Enea loquentem isto modo: Non illum nobis genitrix pulcerrima talem 
promisit, Graiumque ideo bis vindicat armis;
sed fore qui gravidam imperiis<\/strong> belloque frementem
Ytaliam <\/strong>regeret. ","UrlFonte":"https:\/\/dante.princeton.edu\/pdp\/monarchia.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"29-30","from":5148.0,"to":5151.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Monarchia"}, {"Annotazione":"leggono la\nNidob., e parecchi mss. delle biblioteche Corsini, e Chigi: ed\necco tolti cos\u00ec gli arzigogoli ne' quali forz'era che si\ncacciassero gl'interpreti leggendo colla comune dell'edizioni\ndurer\u00e0 quanto 'l moto lontana.<\/i> Al precedente Di cui la fama\nancor nel mondo dura<\/b>, qual miglior parlare poteva in seguito\nvenire che, E durer\u00e0 quanto 'l mondo lontana<\/b>, cio\u00e8 lunga? \nLontano<\/i><\/b> per lungo<\/i><\/b> adopera Dante pure nel Paradiso XV, 49,\nove lontan digiuno<\/i> dice invece di lungo digiuno<\/i>: ed anche\nFrancesco Barberino lontane oure<\/i> scrisse invece di lunghe\noure. Vediam lo lin per lontane oure in drappi<\/i> [Docum.\nd'Amore, sotto Industria<\/i>, Docum. 5 Regola 143].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
E durerà quanto 'l mondo lontana<\/b>, cioè lunga? Lontano<\/b> per lungo<\/i> adopera Dante pure nel Paradiso XV, 49, ove lontan digiuno<\/i> dice invece di lungo digiuno<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XV 49","NotaFonte":"","TestoFonte":"E seguì: \"Grato e lontano digiuno,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=82&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"59-60","from":1422.0,"to":1427.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"lo sconcio e lagrimevole\nstrazio, come talora significa l'inhonestus<\/i> Latino.  E forse il\nPoeta mir\u00f2 a quel di Virgilio truncas inhonesto vulnere nares.<\/i> \nVenturi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
lo sconcio e lagrimevole strazio, come talora significa l'inhonestus<\/i> <\/strong>Latino.  E forse il Poeta mirò a quel di Virgilio truncas inhonesto vulnere nares.<\/i> Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI 497","NotaFonte":"","TestoFonte":"truncas inhonesto <\/strong>vulnere nares","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:6.494-6.534","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"140","from":12462.0,"to":12464.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"lo stesso che da lungi<\/i> —\nmaginare<\/b> per immaginare<\/i><\/b>, aferesi adoprata da altri antichi\nItaliani scrittori [Vedi 'l Vocabol. della Cr.] — aborri<\/i><\/b> per\naberri<\/i>, erri<\/i>, antitesi usata altrove dal poeta nostro, e da\naltri [Vedi la nota al passato canto XXV, 144].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vedi la nota al passato canto XXV, 144<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXV 144","NotaFonte":"","TestoFonte":"la novità se fior la penna abborra.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=25&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"23-24","from":30018.0,"to":30031.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"lo stesso qu\u00ec che legollo<\/i>; e intendi\nnelle braccia<\/i>  — Ribadendo se stessa s\u00ec<\/b> ec.: colla coda e\ncol capo forando ed attraversando le reni [come ha detto nel\nprecedente canto v. 94 e segg.], e dall'opposta parte capo e\ncoda aggrappando e stringendo in modo che non poteva con esse<\/b>,\nbraccia, dare un crollo<\/b>, fare alcun movimento.  Ribadire\npropriamente dicesi del chiodo, quando nella parte opposta della\nda esso traforata tavola si ritorce nella punta, si riconficca, e\nribatte [Vedi 'l Vocabolario della Crusca.]\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ribadendo se stessa sì<\/b> ec.: colla coda e col capo forando ed attraversando le reni [come ha detto nel precedente canto v. 94 e segg.], e dall'opposta parte capo e coda aggrappando e stringendo in modo che non poteva con esse<\/b>, braccia, dare un crollo<\/b>, fare alcun movimento. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIV 94-96","NotaFonte":"","TestoFonte":"con serpi le man dietro avean legate;
quelle ficcavan per le ren la coda
e 'l capo, ed eran dinanzi aggroppate.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=24&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-9","from":23670.0,"to":23671.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"lodando, credo,\ncon canti che facevano il bene che a se<\/b>, ad unione, esse luci\ntira. Per questo bene<\/b> la comune degl'interpreti intende Iddio:\nio per\u00f2 pi\u00f9 volontieri intenderei il bene dell'unit\u00e0 dell'impero,\no sia dell'universale monarchia, che sostiene Dante da Dio\nordinata per la comune pace [Vedi la Monarchia<\/i> di Dante].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per questo bene<\/b> la comune degl'interpreti intende Iddio: io però più volontieri intenderei il bene dell'unità dell'impero, o sia dell'universale monarchia, che sostiene Dante da Dio  ordinata per la comune pace [Vedi la Monarchia<\/i> di Dante].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q134221","LuogoFonte":"I iv 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ex hiis ergo que declarata sunt patet per quod melius, ymo per quod optime genus humanum pertingit ad opus proprium. et per consequens visum est propinquissimum medium per quod itur in illud ad quod, velut in ultimum finem, omnia nostra opera ordinantur, quia est pax universalis, que pro principio rationum subsequentium supponatur. ","UrlFonte":"https:\/\/dante.princeton.edu\/pdp\/monarchia.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"99","from":17876.0,"to":17885.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Monarchia"},
{"Annotazione":"lungo il Danubio.  — Lurchi~,\nsozzamente voraci: dal lat. lurco<\/i>, -onis.<\/i>  L'Ottimo: «Lurco\nviene a dire divoratore immondo e non netto.»  Dediti cibo<\/i>\nerano gi\u00e0 fin da Tacito.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2161","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q428114","LuogoFonte":"Germania XV, 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quotiens bella non ineunt, non multum venatibus, plus per otium transigunt, dediti<\/strong> somno cibo<\/strong>que: fortissimus quisque ac bellicosissimus nihil agens, delegata domus et penatium et agrorum cura feminis senibusque et infirmissimo cuique ex familia, ipsi hebent, mira diversitate naturae, cum idem homines sic ament inertiam et oderint quietem.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A2007.01.0090%3Achapter%3D15%3Asection%3D1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"21","from":15614.0,"to":15617.0,"NomeAutore":"Publio Cornelio Tacito","TitoloFonte":"De origine et situ Germanorum"},
{"Annotazione":"luogo\nd'Inferno, dove punisce Dante i barattieri; e tale lo appella dal\nnome di Malebranche<\/b> che d\u00e0 ai demoni che a quello presieggono. \nVedi Inf. cant. XXI, 37, e XXII, 100.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Malebranche <\/strong>luogo d'Inferno, dove punisce Dante i barattieri; e tale lo appella dal nome di Malebranche<\/b> che dà ai demoni che a quello presieggono.  Vedi Inf. cant. XXI, 37, e XXII, 100.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI 37","NotaFonte":"","TestoFonte":"Del nostro ponte disse: \"O Malebranche","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=21&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"142-143","from":32984.0,"to":32997.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"luogo di dolore, come vedemmo\ncitt\u00e0 dolente<\/i> (Inf.<\/i>, III, 3); a s\u00ec fatta pena<\/b>, a tormento\ndi tal qualit\u00e0; il Cesari: «Vorrei notare questo se' messa in\nluogo<\/i><\/b>, e a s\u00ec fatta pena<\/i><\/b>; il primo \u00e8 allogare in un luogo<\/i>;\nl'altro, crociare in un tormento<\/i>; e questo ama la particella\na<\/i>; e cos\u00ec si dice: porre alla colla, mettere a morte, a\nsacco.<\/i><\/b>>  — Che s'altra \u00e8 maggio<\/b> ecc., che se n'ha di maggior\ngravit\u00e0, nessuna \u00e8 tanto fastidiosa, n\u00e8 tanto umilia e mortifica\nchi n'\u00e8 soggetto.  — Maggio<\/b>, maggiore; come peggio<\/i> per\npeggiore; nel Poema tre volte in fine di verso (Inf.<\/i>, XXXI, 84;\nPar.<\/i>, XXVI, 29; XXXIII, 55); nel luogo presente la Nidob. con\naltre antiche edizioni legge maggior<\/i>; per\u00f2 non c'\u00e8 dubbio che\npur nel mezzo del verso us\u00f2 Dante tal forma nel Par.<\/i>, XXVIII, \n77, ove a legger maggio<\/i><\/b> ci obbliga la stessa misura del verso:\nmaggi<\/i><\/b>, nel plur. e in rima, due volte (Par.<\/i>, VI, 120; XIV, \n97).  A questo luogo il Da Siena riferito dallo Scartazzini: «La\npena minore pu\u00f2 spiacer di pi\u00f9 che la maggiore, non quanto\nall'intensit\u00e0, ma al modo.  Tutto l'Inferno non ha pena pi\u00f9\nspiacente<\/b>, cio\u00e8 che pi\u00f9 mortifichi gli spiriti e gli faccia\ntenere a vile quanto quella che gli adegua alla terra e gli stiva\ne confonde nella brutta mistura di grossa grandine e di neve e\nd'acqua tinta.  Servi ubbidienti al ventre, loro dio, sono i\nlecconi, bestie e non uomini; poich\u00e8, inchinati alla terra e dati\nai sensi, ingrossano l'intendimento e non si levano pi\u00f9 su della\nloro testa; epper\u00f2 come cani che solo a divorare pugnano, e\nsimiglianti a Cerbero, il qual racquetasi come ha piene di fango\nle bramose canne, han degna pena giacer distesi e reietti su per\nla sozza terra, n\u00e8 mai rizzarsi in piedi sino al di del finale\nGiudizio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Dolente luogo<\/b>, luogo di dolore, come vedemmo città dolente<\/i> (Inf.<\/i>, III, 3)","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III, 1","NotaFonte":"Il rinvio di Poletto al v. 3 \u00e8 errato","TestoFonte":"Per me si va ne la città dolente","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46-48","from":5290.0,"to":5316.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"m'abbatt\u00e8, m'instupid\u00ec.  — E\ncaddi, come uom, cui sonno piglia<\/b>, ed a guisa di addormentato\ncascai per terra.\n\n\tMerita osservazione, che in ogni passaggio, tanto in\nquesto, come in quello al Purgatorio [Purg. IX, 11 e segg.], ed\nin quell'altro al Paradiso [Purg. XXXII v. 68 e segg.],\nsempre il Poeta s'addormenta.  Vorr\u00e0 egli forse signifcare, che\nnon si passi a questi luoghi n\u00e8 realmente, se non per divina\nforza, n\u00e8 mentalmente, per via di meditazione, se non con una\nmente sgombra d'ogn'altro pensiero, come d'ordinario suol\nrenderla il sonno.  Prova di ci\u00f2, almeno in parte, pare il v. 4\ndel seguente canto:\n\n     E l'occhio riposato intorno mossi.<\/i>\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Merita osservazione, che in ogni passaggio, tanto in questo, come in quello al Purgatorio [Purg. IX, 11 e segg.], ed in quell'altro al Paradiso [Purg. XXXII v. 68 e segg.], sempre il Poeta s'addormenta.  Vorrà egli forse signifcare, che non si passi a questi luoghi nè realmente, se non per divina forza, nè mentalmente, per via di meditazione, se non con una mente sgombra d'ogn'altro pensiero, come d'ordinario suol renderla il sonno.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IX 10-12","NotaFonte":"","TestoFonte":"quand'io, che meco avea di quel d'Adamo,
vinto dal sonno, in su l'erba inchinai
là 've già tutti e cinque sedavamo.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=43","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"135-136","from":2971.0,"to":2973.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"m'imped\u00ec l'andar\npi\u00f9 oltre, Ed ecco pi\u00f9 andar<\/i>, senza la particella il<\/b> leggono\nl'edizioni diverse dalla Nidobeatina, diformemente per\u00f2 da quegli\naltri versi del medesimo nostro Poeta\n\n Che del bel monte il corto andar ti tolse<\/i><\/b> \n [Inf. II, 120].\n E se l'andar pi\u00f9 oltre c'\u00e8 negato<\/i> \n [Inf. VIII, 101].\n\nUn rio, Che 'nver sinistra<\/i><\/b> ec. Essendo all'uomo giustificato\nrammaricante la memoria della commesse colpe, ed all'opposto\ngradevole essendo la rimembranza delle fatte opere buone; volendo\nperci\u00f2 Dante disporre l'anima a passare dal terrestre al celeste\nParadiso, ove tutto lieto esser conviene, fa che da essa tolgasi\nla memoria delle commesse colpe, e ravvivisi in vece nella\nmedesima la rimembranza delle fatte opere buone. Deputa egli a\nquesto effetto due rivi, che dalla medesima fonte in contrarie\ndirezioni si dipartano. Uno, ch'\u00e8 il presente, fa colle sue\nacque l'effetto di togliere la memoria de' peccati; e perci\u00f2\nLete<\/i><\/b> appella [Verso 130 del canto presente, e 96 del canto\nXXXIII] dal Greco vocabolo %lambda%eta%vartheta%eta\\, che\nobblivione significa: l'altro ravviva la memoria delle opere\nbuone, ed appella Eune\u00e8<\/i> [Verso 131], vocabolo [chiosa il Volpi]\ndi Greca derivazione, che pu\u00f2 significar buona mente.<\/i> E\nperocch\u00e8 il luogo del peccato sar\u00e0 nel finale giudizio alla\nsinistra ne' reprobi, e quello delle opere buone sar\u00e0 alla destra\nnegli eletti [Matth.<\/i> 25], perci\u00f2 il presente rivo, scorrente a\ntogliere memoria del peccato, fa scorrere inver sinistra<\/b>, ed in\ncontraria parte, o sia verso la destra, quell'altro [Versi 126 e\nsegg.] — che 'n sua ripa usc\u00eco<\/b> [usc\u00eco<\/i><\/b> per usc\u00eca<\/i><\/b>, enallage\nin grazia della rima], che spuntava dalla sua ripa e toccava\nl'acqua.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Deputa egli a questo effetto due rivi, che dalla medesima fonte in contrarie direzioni si dipartano.  Uno, ch'è il presente, fa colle sue acque l'effetto di togliere la memoria de' peccati; e perciò Lete<\/i> appella [Verso 130 del canto presente, e 96 del canto XXXIII]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXIII 96","NotaFonte":"","TestoFonte":"come bevesti di Letè ancoi;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=67&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25-27","from":27953.0,"to":27976.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"m'introdusse negl'infernali\nluoghi, impenetrabili ai viventi.  AEn., VI: «Res alta terra\net caligine mersas.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
m'introdusse negl'infernali luoghi, impenetrabili ai viventi.  AEn., VI: «Res alta terra et caligine mersas.»\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aen. VI, 267","NotaFonte":"","TestoFonte":"pandere res alta terra et caligine mersas","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D6%3Acard%3D264","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"21","from":2173.0,"to":2176.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"ma fassi una parte\ndella beatitudine nostra nel confrontar noi e vedere giustamente\nmisurati i nostri gaggi<\/b>, i premii nostri [Vedi 'l Vocab. della\nCrusca sotto alla voce gaggio<\/i> {paragraph.} 3] col nostro\nmerito, imperocch\u00e8 non li vediamo n\u00e8 minori n\u00e8 maggiori.  Ved\u00e8m<\/i><\/b>\nleggo col prelodato ms. dell'Eminentissimo Card. Garampi, e con\nalcune edizioni [Vedi tra le altre, le Venete 1568 e 1578], in\nluogo dello stravagante ved\u00e8n<\/i><\/b> che leggesi nella maggior parte\ndei testi mss. e stampati.  Maggi<\/b>, plurale di maggio<\/i>, apocope\ndi maggiore<\/i>, adoprata non solo dal poeta nostro [Inf. XXXI, 84\nPar. XIV, 97, XXVI, 29 ec.], ma da molti altri antichi [Vedi 'l\nVocab. della Crusca].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Maggi<\/b>, plurale di maggio<\/i>, apocope di maggiore<\/i>, adoprata non solo dal poeta nostro [Inf. XXXI, 84 Par. XIV, 97, XXVI, 29 ec.], ma da molti altri antichi<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXI 84","NotaFonte":"","TestoFonte":"trovammo l'altro assai più fero e maggio.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=31&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"118-120","from":5779.0,"to":5782.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"ma la di lui greggia\n\u00e8 divenuta avida di nuova vivanda<\/i>, cio\u00e8 di prelature e di\nonori~, chiosa il daniello~, ch'esser non puote che non si\nspanda per salti diversi<\/i>, che dee necessariamente uscir dai\ncampi~, dove il pastore vuole che si pascoli~, e spandersi in\ncampi d'altra pastura.  Nota lettore~, che giudiziosamente~,\nperocch\u00e8 nessun meglio del domestico conosce i costumi de'\ncondomestici~, fa Dante qu\u00ec da s.  Tommaso riprendersi i\nDomenicani~, e nel canto seguente [Vers. 112.  e segg.] da s.\nBonaventura i Francescani~: e che all'opposto~, perocch\u00e8 laus\nin ore proprio sordescit<\/i>, fa s.  Francesco lodarsi da s.\nTommaso qu\u00ec~, e s.  Domenico da s.  Bonaventura nel canto che\nsiegue.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
fa Dante quì da s. Tommaso riprendersi i Domenicani, e nel canto seguente [Vers. 112.  e segg.] da s. Bonaventura i Francescani<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XII 112-126","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma l'orbita che fé la parte somma
di sua circunferenza, è derelitta,
sì ch'è la muffa dov'era la gromma.
La sua famiglia, che si mosse dritta
coi piedi a le sue orme, è tanto volta,
che quel dinanzi a quel di retro gitta;
e tosto si vedrà de la ricolta
de la mala coltura, quando il loglio
si lagnerà che l'arca li sia tolta.
Ben dico, chi cercasse a foglio a foglio
nostro volume, ancor troveria carta
u' leggerebbe \"I' mi son quel ch'i' soglio\";
ma non fia da Casal né d'Acquasparta,
là onde vegnon tali a la scrittura,
ch'uno la fugge e altro la coarta.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=79&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"124-126","from":10970.0,"to":10992.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"ma prima i demonii\ns'appartino un poco, facciano in modo che non sien veduti da'\nbarattieri. — Le male branche.<\/b> La parte pel tutto: e da\nquesta parte appunto erano generalmente nominati i diavoli di\nquesta bolgia (C. XXI, 37). — In cesso<\/b>, in disparte. \nVit. Gio. Batt. 227: «Chiam\u00f2 Pietro e Andrea, e tutta l'altra\ngente fece istare di cesso.» Vedremo, infatti, i demonii\nacconsentire a trarsi da parte.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Le male branche.<\/b>  La parte pel tutto: e da questa parte appunto erano generalmente nominati i diavoli di questa bolgia (C. XXI, 37). <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI, 37","NotaFonte":"","TestoFonte":"Del nostro ponte disse: “O Malebranche","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100","from":21038.0,"to":21046.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"macchina: uso anticamente comune di questa\naferesi di edificio.<\/i>  Nel Purg., XXXII, 142, il carro di\nBeatrice \u00e8 detto il dificio santo.<\/i>  — Allotta<\/i>, allora.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Dificio<\/b>, macchina: uso anticamente comune di questa aferesi di edificio.<\/i> Nel Purg., XXXII, 142, il carro di Beatrice è detto il dificio santo.<\/i> – Allotta<\/i>, allora.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXII, 142","NotaFonte":"","TestoFonte":"Trasformato così 'l dificio santo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=66","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":33139.0,"to":33140.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"mal governo~, maniera cattiva di\nsignoreggiare — accuora<\/i> affligge~, mette in disperazione.  A\nquesto senso adopera il Poeta accorare<\/i> anche Inf. XIII. 84.\nn\u00e8 se non per voglia di ghiribizzare parmi che operino alcuni\nspositori~, che voglionlo trar qu\u00ec al senso di dar coraggio<\/i>:\ncoraggio ad intraprendimenti contra del Principato.  Troppe\nrivoluzioni avremmo se la mala signor\u00eca<\/i>, che sempre certamente\naccuora i popoli soggetti~, movesseli sempre a rivoltarsi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
accuora<\/i> affligge, mette in disperazione.  A questo senso adopera il Poeta accorare<\/i> anche Inf. XIII. 84. nè se non per voglia di ghiribizzare parmi che operino alcuni spositori, che voglionlo trar quì al senso di dar coraggio <\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIII 84","NotaFonte":"","TestoFonte":"ch'i' non potrei, tanta pietà m'accora\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=13","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': '', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"73","from":7475.0,"to":7481.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"malamente\nnella ediz.  degli Accad.  della Crusca~, e in tutte l'altre a\nnorma di quella fatte~, scrivesi con P<\/i> grande~; e malamente il\nVolpi la interpreta per una delle Dee<\/i>, che<\/i> filano il tempo\ndella vita umana.  Parca<\/i> dee qu\u00ec sicuramente intendersi per\nl'aggettivo significante il contrario di larga<\/i>, o sia\nliberale<\/i>: altrimenti non si capisce pi\u00f9 la ragione del dubbio\nche quindi nasce al Poeta~, e di cui ne dimanda lo scioglimento\ncon quella figurata frase Come uscir pu\u00f2 di dolce seme amaro<\/i>\n[Vers. 93.].  La sentenza adunque \u00e8~, che avendo Roberto~, nato\nda padre liberale~, qual fu Carlo II [Vedi Gio.  Villani lib. 7.\ncap. 94.~], sortita indole avara~, abbisognava per compenso tal\nmilizia<\/i> [tali ministri consiglieri ed esecutori~], che non\ncurasse di mettere in arca<\/i>, che affamata ed avara non fosse.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La sentenza adunque è, che avendo Roberto, nato da padre liberale, qual fu Carlo II [Vedi Gio.  Villani lib. 7. cap. 94.], sortita indole avara, abbisognava per compenso tal milizia<\/i> [tali ministri consiglieri ed esecutori], che non curasse di mettere in arca<\/i>, che affamata ed avara non fosse.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VIII 1","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 255 (VII 94).","TestoFonte":"Questo Carlo fu savio, di sano consiglio, e prode in arme, e aspro, e molto temuto e ridottato da tutti i re del mondo, magnanimo e d'alti intendimenti, in fare ogni grande impresa sicuro, in ogni aversità fermo, e veritiere d'ogni sua promessa, poco parlante, e molto adoperante, e quasi non ridea se non poco, onesto com'uno religioso, e cattolico; aspro in giustizia, e di feroce riguardo; grande di persona e nerboruto, di colore ulivigno, e con grande naso, e parea bene maestà reale più ch'altro signore. Molto vegghiava e poco dormiva, e usava di dire che dormendo tanto tempo si perdea. Largo fu a' cavalieri d'arme, ma covidoso d'aquistare terra, e signoria, e moneta, d'onde si venisse, per fornire le sue imprese e guerre. Di gente di corte, minestrieri o giucolari, non si dilettò mai.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"82-84","from":7530.0,"to":7550.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"malamente non vendicammo noi\nin Teseo colla di lui morte, come vendicammo nel di lui compagno\nPirotoo, l'assalto<\/b>, il tentativo di rapirci Proserpina:\nimperocch\u00e8 l'essere Teseo stato per opera di Ercole liberato da\nquella prigion\u00eca, colla quale ci accontentammo di punirlo, ha\ndato a costui il coraggio d'entrar quaggi\u00f9.\n\n\tPer l'arresto, che sofferse Teseo colaggi\u00f9, e per esservi\ndopo morte stato, secondo Virgilio, condannato eternamente\n[sedet, aeternumque sedebit infelix Theseus<\/i> [Aeneid.<\/i> VI,\n617]] \u00e8 entrato in capo al Venturi, contro la comune degli\nespositori, che il mal non vengiammo<\/i><\/b> fosse anzi un vanto delle\nFurie, come se detto avessero non mal ci vendicammo, n\u00e8\nleggiermente<\/i><\/b> ec.  Il fendersi per\u00f2, che facevano le Furie con\nl'unghie il petto, ed il percuotersi da se medesime, sono atti,\nche meglio si confanno col pentimento di non aver fatto con Teseo\nil medesimo che fatto avevamo con Pirotoo, che lo diedero a\ndivorare a Cerbero.  — Vengiare<\/i> per vendicare<\/i>, dal Francese\nvenger<\/i>, trovasi adoprato da molti buoni antichi scrittori. \nVedine gli esempi nel Vocab. della Cr.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per l'arresto, che sofferse Teseo colaggiù, e per esservi dopo morte stato, secondo Virgilio, condannato eternamente [sedet, aeternumque sedebit infelix Theseus<\/i> [Aeneid.<\/i> VI, 617]] è entrato in capo al Venturi, contro la comune degli espositori, che il mal non vengiammo<\/b> fosse anzi un vanto delle Furie, come se detto avessero non mal ci vendicammo, nè leggiermente<\/i> ec.  Il fendersi però, che facevano le Furie con l'unghie il petto, ed il percuotersi da se medesime, sono atti, che meglio si confanno col pentimento di non aver fatto con Teseo il medesimo che fatto avevamo con Pirotoo, che lo diedero a divorare a Cerbero.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI 617-618","NotaFonte":"","TestoFonte":"sedet, aeternumque sedebit,
infelix Theseus","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+6.617&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"54","from":8054.0,"to":8057.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"maledicevano. Iddio<\/b>:\nVedendo che Iddio fa loro giustizia condannandoli i dannati lo\nodiano. Tom. Acq. — Il luogo<\/b> ecc. Bestemmiavano il luogo\ndove furono seminati, ovvero generati, e similmente ove nacquero;\nbestemmiavano il tempo di lor generazione e nativit\u00e0;\nbestemmiavano il seme paterno del quale furono generati. Barg.<\/i>\nVedi su questo bestemmiare Giobbe III, 3 e seg. Geremia XX, 14 e\nseg.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
maledicevano.  Iddio<\/b>: Vedendo che Iddio fa loro giustizia condannandoli i dannati lo odiano.  Tom. Acq.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q653871","LuogoFonte":"II\u00aa-IIae q. 13 a. 4 ","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ad quartum sic proceditur. Videtur quod damnati non blasphement. Detinentur enim nunc aliqui mali a blasphemando propter timorem futurarum poenarum. Sed damnati has poenas experiuntur, unde magis eas abhorrent. Ergo multo magis a blasphemando compescuntur.
Praeterea, blasphemia, cum sit gravissimum peccatum, est maxime demeritorium. Sed in futura vita non est status merendi neque demerendi. Ergo nullus erit locus blasphemiae.
Praeterea, Eccle. XI dicitur quod in quocumque loco lignum ceciderit, ibi erit<\/em>, ex quo patet quod post hanc vitam homini non accrescit nec meritum nec peccatum quod non habuit in hac vita. Sed multi damnabuntur qui in hac vita non fuerunt blasphemi. Ergo nec in futura vita blasphemabunt.
Sed contra est quod dicitur Apoc. XVI, aestuaverunt homines aestu magno, et blasphemaverunt nomen domini habentis potestatem super has plagas<\/em>, ubi dicit Glossa quod in Inferno positi, quamvis sciant se pro merito puniri, dolebunt tamen quod Deus tantam potentiam habeat quod plagas eis inferat<\/em>. Hoc autem esset blasphemia in praesenti. Ergo et in futuro.
Respondeo dicendum quod, sicut dictum est, ad rationem blasphemiae pertinet detestatio divinae bonitatis. Illi autem qui sunt in Inferno retinebunt perversam voluntatem, aversam a Dei iustitia, in hoc quod diligunt ea pro quibus puniuntur, et vellent eis uti si possent, et odiunt poenas quae pro huiusmodi peccatis infliguntur; dolent tamen de peccatis quae commiserunt, non quia ipsa odiant, sed quia pro eis puniuntur. Sic ergo talis detestatio divinae iustitiae est in eis interior cordis blasphemia. Et credibile est quod post resurrectionem erit in eis etiam vocalis blasphemia, sicut in sanctis vocalis laus Dei.
Ad primum ergo dicendum quod homines deterrentur in praesenti a blasphemia propter timorem poenarum quas se putant evadere. Sed damnati in Inferno non sperant se posse poenas evadere. Et ideo, tanquam desperati, feruntur ad omne ad quod eis perversa voluntas suggerit.
Ad secundum dicendum quod mereri et demereri pertinent ad statum viae. Unde bona in viatoribus sunt meritoria, mala vero demeritoria. In beatis autem bona non sunt meritoria, sed pertinentia ad eorum beatitudinis praemium. Et similiter mala in damnatis non sunt demeritoria, sed pertinent ad damnationis poenam.
Ad tertium dicendum quod quilibet in peccato mortali decedens fert secum voluntatem detestantem divinam iustitiam quantum ad aliquid. Et secundum hoc poterit ei inesse blasphemia.","UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/sth3001.html#39350","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"103-106","from":2747.0,"to":2748.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":"Summa Theologiae"}, {"Annotazione":"maletolte, estorsioni, rapine. Altri,\ncollette<\/i>: ma non risponderebbe (come si vedr\u00e0 essere intenzion\ndel Poeta) a predoni<\/i> del v. 38.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Altri, collette<\/i>: ma non risponderebbe (come si vedrà essere intenzion del Poeta) a predoni<\/i> del v. 38.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XI, 38","NotaFonte":"","TestoFonte":"guastatori e predon, tutti tormenta","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=11","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"36","from":9872.0,"to":9873.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"manca la patticella\nche<\/i>, per ellissi coi verbi temere<\/i>, dubitare<\/i>, e simili,\nassai praticata [Vedi Inf. III, 80].  E adunque il senso:\ntemendo, che lo stare ivi di pi\u00f9 non apportasse afflizione a\nVirgilio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
manca la patticella che<\/i>, per ellissi coi verbi temere<\/i>, dubitare<\/i>, e simili, assai praticata [Vedi Inf. III, 80].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III 80","NotaFonte":"","TestoFonte":"temendo no 'l mio dir li fosse grave,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76-77","from":16007.0,"to":16012.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"mand\u00f2 tal voce, cos\u00ec parl\u00f2. \nVirgilio: «Vocem dedit.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Diè cotal fiato<\/b>, mandò tal voce, così parlò. Virgilio: «Vocem dedit.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis XI, 798","NotaFonte":"Vista la genericit\u00e0 del rinvio, non \u00e8 chiaro se Andreoli si riferisse effettivamente al passo qui schedato.","TestoFonte":"non dedit<\/strong>, inque Notos vocem<\/strong> vertere procellae.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D11%3Acard%3D794","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"60","from":26210.0,"to":26213.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"ma~, pur<\/i>, solo per se stessa<\/i>, per suo mal oprare~, fu\nsbandita dal Paradiso celeste e terrestre — perocch\u00e8 si torse\nDa via di verit\u00e0 e da sua vita<\/i>: si ribell\u00f2 da Dio~, del quale\n\u00e8 scritto Ego sum via<\/i>, veritas<\/i>, et vita<\/i> [Ioan.<\/i> 14.~],\nLandino.  Chi sa per\u00f2 che con maggior conformit\u00e0 alla riferita\nevangelica sentenza non scrivesse Dante Da via<\/i>, da verit\u00e0<\/i>,\ne da sua vita<\/i>?  L' enunciata lezione Ma per se stessa pur fu\nisbandita<\/i> \u00e8 di due mss.  della biblioteca Corsini [Segnati 608.\ne 1265.~]; ed \u00e8 affatto intollerabile l'altra a tutte~, quanto\nveggo~, l'edizioni comune~, Ma per se stessa pur fu ella\nsbandita.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
perocchè si torse Da via di verità e da sua vita<\/i>: si ribellò da Dio, del quale è scritto Ego sum via<\/i>, veritas<\/i>, et vita<\/i> [Ioan.<\/i> 14.], Landino.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"XIV 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dicit ei Iesus: “ Ego sum via et veritas et vita; nemo venit ad Patrem nisi per me. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#14","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"37-39","from":6183.0,"to":6205.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"medico Greco antichissimo ed\neccellente nato nell'isola di Coo, della razza d'Esculapio. \nVolpi.  — Avicenna<\/b>, Arabo, medico eccellente.  Fior\u00ec circa gli\nanni di nostra salute 1040.  Lo stesso — Galieno<\/b> appella\nGaleno, il famoso medico Pergameno, o per uso di parlare\n[appellandolo istessamente anche nel Convito [Tratt. I cap. 8]],\no per epentesi in grazia del metro.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Galieno<\/b> appella Galeno, il famoso medico Pergameno, o per uso di parlare [appellandolo istessamente anche nel Convito [Tratt. I cap. 8]], o per epentesi in grazia del metro.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"I viii 5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dare cose non utili al prenditore pure è bene, in quanto colui che dà mostra almeno sé essere amico; ma non è perfetto bene, e così non è pronto: come quando uno cavaliere donasse ad uno medico uno scudo, e quando uno medico donasse a uno cavaliere inscritti li Amphorismi d'Ipocràs o vero li Tegni di Galieno<\/strong>.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=9&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"143","from":3937.0,"to":3941.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"mentre che\nnell'occidente appar vestigio di Sole, mentre che non \u00e8 affatto\nnotte.  Fa loro cos\u00ec risovvenire la legge che v'era in\nPurgatorio, che non potessero di nottetempo muovere l'anime\nall'ins\u00f9 nemmeno un passo [Vedi Purg. VII, 49 e segg.].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Fa loro così risovvenire la legge che v'era in Purgatorio, che non potessero di nottetempo muovere l'anime all'insù nemmeno un passo [Vedi Purg. VII, 49 e segg.].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VII 49-60","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Com'è ciò?\", fu risposto. \"Chi volesse
salir di notte, fora elli impedito
d'altrui, o non sarria ché non potesse?\".
E 'l buon Sordello in terra fregò 'l dito,
dicendo: \"Vedi? sola questa riga
non varcheresti dopo 'l sol partito:
non però ch'altra cosa desse briga,
che la notturna tenebra, ad ir suso;
quella col nonpoder la voglia intriga.
Ben si poria con lei tornare in giuso
e passeggiar la costa intorno errando,
mentre che l'orizzonte il dì tien chiuso\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=41&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"63","from":27200.0,"to":27204.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"mentre cio\u00e8 che Virgilio cos\u00ec parlava\n(cf. Purg.<\/i>, III, 46; V, 22); voce<\/b>, la voce concorde dei\nquattro poeti (v. 92). — Onorate<\/b> ecc. Certo di qui trasse il\nTasso (Ger. Lib.<\/i><\/b>) quella sua iscrizione:\n\n Qui<\/i>, vi fu scritto poi, giace Dudone<\/i>;\n Onorate l'altissimo Campione.<\/i><\/b>\n\n— L'altissimo poeta<\/i><\/b>; anche nel Conv.<\/i>, IV, 26, Virgilio, \naltissimo poeta.<\/i> Facendo Dante che tutti i maggiori poeti\nfacciano tanto onore a Virgilio, viene in certo modo a fare il\nMontovano principe fra tutti, almeno tra' Latini; come principe\nde' Filosofi, quasi con scena eguale, pi\u00f9 innanzi vedremo\nAristotele (v. 133). — L'ombra.<\/b>.. ch'era dipartita<\/b>, per\nandare in soccorso a Dante (cf. Inf.<\/i><\/b>, II, 117-118).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
mentre cioè che Virgilio così parlava (cf. Purg.<\/i>, III, 46; V, 22)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. III, 46","NotaFonte":"","TestoFonte":"Noi divenimmo intanto a piè del monte","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=37","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"79-81","from":3522.0,"to":3523.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"meretrice di Gerico~, la quale per aver\nsalvate in sua casa alcune spie di Giosu\u00e8~, capitano del popolo\neletto~, fu da lui preservata ed accolta~, nel sacco di quella\ncitt\u00e0~; ond'essa poi pass\u00f2 al culto del vero Dio d'Israele.\nVolpi [Quantunque alcuni sacri interpreti delle divine scritture\npretendano~, che fosse Raab ostessa o locandiera piuttosto che\nmeretrice~, molto per\u00f2 plausibile \u00e8 la sentenza degli altri~,\nai quali si unisce il poeta nostro.  Vedi~, tra gli altri~,\nTirino Iosue<\/i> 2.].  Raab [riflette molto bene il Venturi] vien\nlodata da s.  Paolo Hebr<\/i> II.~, e perci\u00f2 forse il Poeta la\ncolloca in s\u00ec alto grado di gloria~, — a nostr' ordine ec.<\/i>:\nl' ordine<\/i>, il coro nostro a cui ella \u00e8 congiunta~, di lei si\nsigilla<\/i>, s'impronta e si fregia dello splendore di lei~, nel\nsommo grado<\/i>, nel suo pi\u00f9 eminente luogo.  Gli Accademici della\nCrusca hanno levato di lei<\/i>, che leggono tutte l'edizioni\nantiche~, e 'l maggior numero ancora de' mss.  da loro\nconfrontati~, e sostituito di lui<\/i>, non badando essi che~, come\npoco anzi disse folco imprentarsi il cielo di lui<\/i>, cos\u00ec pu\u00f2\nlo stesso dir qu\u00ec sigillarsi l'ordine suo di lei<\/i>, di Raab.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Raab [riflette molto bene il Venturi] vien lodata da s.  Paolo Hebr<\/i> II, e perciò forse il Poeta la colloca in sì alto grado di gloria<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128608","LuogoFonte":"XI 31","NotaFonte":"","TestoFonte":"Fide Rahab meretrix non periit cum incredulis, quia exceperat exploratores cum pace.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-hebraeos_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"116-117","from":8840.0,"to":8841.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera agli Ebrei"},
{"Annotazione":"metonomia, per pi\u00f9 fiori<\/i>; come\ndisse Virgilio, necte tribus nodis ternos Amarylli colores.<\/i> \nEgloga VIII, 77.  — Che l'alta<\/b> ec.: i quali colori<\/b> [i quai\nfiori] produce quell'elevato terreno di per se, senza bisogno che\nvi si seminino e coltivino.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Più color<\/strong> metonomia, per più fiori<\/i>; come disse Virgilio, necte tribus nodis ternos Amarylli colores.<\/i>  Egloga VIII, 77.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/eclogae","LuogoFonte":"VIII 77","NotaFonte":"","TestoFonte":"Necte tribus nodis ternos, Amarylli, colores,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi001.perseus-lat1:8","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"68-69","from":28250.0,"to":28252.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"mi accorsi di andare errando per una\nselva oscura<\/b>, simbolo frequente presso gli antichi dello stato\ndi rozzezza e ignoranza delle prime et\u00e0; ma qui pi\u00f9 propriamente\nfigura dell'antico errore<\/i> (Par.<\/i>, VIII, 6), in cui gli uomini\nsono ricaduti per aver di nuovo violato l'interdetto, ossia il\ncomando divino di non toccare la pianta che \u00e8 nel mezzo del\nparadiso terrestre (Purg.<\/i>, XXXIII, 57).  Facti sumus quasi in\nprincipio cum non dominareris nostri<\/i> (Id.<\/i>, LXIII, 19).  Anche\nallora, una catena tenebrarum omnes erant colligati<\/i> (Sap.,\nXVII, 17), e tutti erravano in caliginosis quasi mortui<\/i> (Id.<\/i>,\nLIX, 10).  Omnes<\/i>... erravimus, unusqisque in viam suam\ndeclinavit<\/i> (Id.<\/i>, LIII, 6).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Facti sumus quasi in\r\nprincipio cum non dominareris nostri<\/i> (Id.<\/i>, LXIII, 19).  Anche\r\nallora, una catena tenebrarum omnes erant colligati<\/i> (Sap.,\r\nXVII, 17), e tutti erravano in caliginosis quasi mortui<\/i> (Id.<\/i>,\r\nLIX, 10).  Omnes<\/i>... erravimus, unusqisque in viam suam\r\ndeclinavit<\/i> (Id.<\/i>, LIII, 6).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131458","LuogoFonte":"53, 6; 59, 10; 63, 19","NotaFonte":"","TestoFonte":"[53, 6]<\/strong> Omnes nos quasi oves erravimus, \/ unusquisque in viam suam declinavit: \/ et posuit Dominus in eo \/ iniquitatem omnium nostrum. 
[59, 10]<\/strong> Palpavimus sicut caeci parietem, \/ et quasi absque oculis attrectavimus: \/ impegimus meridie quasi in tenebris; \/ in caliginosis quasi mortui. 
[63, 19] <\/strong>Facti sumus quasi in principio, cum non dominareris nostri, \/ neque invocaretur nomen tuum super nos. 

Liber Sapientiae, 17<\/em>: [17] <\/strong>una enim catena tenebrarum omnes erant colligati. \/ Sive spiritus sibilans, \/ aut inter spissos arborum ramos avium sonus suavis, \/ aut vis aquae decurrentis nimium, \/ [18] <\/strong>aut sonus validus praecipitatarum petrarum, \/ aut ludentium animalium cursus invisus, \/ aut mugientium valida bestiarum vox, \/ aut resonans de altissimis montibus echo: \/ deficientes faciebant illos prae timore.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_isaiae_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"2","from":7.0,"to":9.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro di Isaia"}, {"Annotazione":"mi affisso. Simile a quel di Virgilio:\n«Obtutuque haeret defixus in uno.» — Mi dilacco.<\/b> Dilaccare<\/i>\n\u00e8 propriamente levar le lacche, le cosce: qui figuratamente,\nsquarciare, stracciare.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"M'attacco<\/b>, mi affisso. Simile a quel di Virgilio: «Obtutuque haeret defixus in uno.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis I, 495","NotaFonte":"","TestoFonte":"dum stupet, obtutuque haeret defixus in uno","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D1%3Acard%3D494","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"28","from":26952.0,"to":26954.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"mi avvidi, mi accorsi, riconobbi che\nio era. Selva<\/b>, Nel Conv. IV, 24. Dante chiama la vita umana\nuna selva erronea.<\/i> Da questa selva oscura egli venne liberato\nmediante la intervenzione di Virgilio. Quale siasi poi questa\nselva, dalla quale egli venne liberato per mezzo di Virgilio, il\npoeta ce lo dice nel Purg. XXIII, 115-119:\n\n Perch'io a lui<\/i> (a Forese Donati): <Se ti riduci a mente<\/i>\n Qual fosti meco e quale io teco fui<\/i>,\n Ancor fia grave il memorar presente.<\/i>\n Di quella vita<\/i><\/b> (— selva<\/i><\/b>) mi volse costui<\/i>\n Che mi va innanzi<\/i> (Virgilio), l'altr'ier, quando tonda<\/i>\n Vi si mostr\u00f2 la suora di colui<\/i>;>\n E il sol mostrai.<\/i> — — —\n\nLa selva \u00e8 dunque il simbolo della vita viziosa, alla quale il\npoeta si era dato, o nella quale egli era incorso dopo la morte\ndella sua Beatrice. Il miglior commento a questo passo sono i\nrimproveri che Dante negli ultimi canti del Purgatorio pone in\nbocca a Beatrice. Vedi specialmente Purg. XXX, 124-141.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Selva<\/b>, Nel Conv. IV, 24.  Dante chiama la vita umana\r\nuna selva erronea.<\/i>  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xxiv, 12","NotaFonte":"","TestoFonte":"È dunque da sapere che, sì come quello che mai non fosse stato in una cittade, non saprebbe tenere le vie sanza insegnamento di colui che l'hae usata; così l'adolescente che entra nella selva erronea di questa vita, non saprebbe tenere lo buono cammino, se dalli suoi maggiori non li fosse mostrato.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=74&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"2","from":7.0,"to":9.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"mi ricongiunsi con Virgilio, \nritornai a lui, il quale, mentre Dante torn\u00f2 indietro e parl\u00f2 con\nVenedico, era rimasto ad attendere nel luogo dove prima s'era\nfermato (v. 44).  — Divenimmo<\/b>, arrivammo (Inf.<\/i>, XIV, 76). \n— Uno scoglio.<\/i><\/b>.. uscia<\/b>, si movea, veniva fuori dalla ripa; \u00e8\nuno di quegli scogli<\/i><\/b> o ponti che, movendo<\/i> dalla roccia\nstagliata, rasente la quale i Poeti erano smontati di groppa a\nGerione, recidevano gli argini<\/i> {v.17} e i fossi<\/i> {v.17}, cio\u00e8\ntraversavano tutto Malebolge e andavano a metter capo al Pozzo\nde' Giganti.  — Ripa<\/i><\/b>, la roccia del burrato, che avevano a\nsinistra, e lungo la quale eran venuti sinora; adesso trovano un\nponte, lo montano, e cominciano il loro viaggio verso il centro\ndel Cerchio ottavo, di ponte in ponte<\/i><\/b> (Inf.<\/i>, XXI, 1), per\nquanto possono, visitando le dieci valli (v. 9).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Divenimmo<\/b>, arrivammo (Inf.<\/i>, XIV, 76).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIV, 76","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tacendo divenimmo là 've spiccia","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=14","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"67-69","from":16927.0,"to":16929.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"mi riesce penoso, specie per l'ultimo\nverso in cui \u00e8 scritto che dall'inferno non si pu\u00f2 uscire.  Ma lo\ndice con una parola pregnante, nella speranza che V. la prenda\nprincipalmente nel senso di difficile.<\/i>  «Avvegna che duro<\/b> mi\nfosse ne la prima entrare ne la loro sentenza» (Conv.<\/i><\/b>, II, xii,\n4).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
mi riesce penoso, specie per l'ultimo\r\nverso in cui è scritto che dall'inferno non si può uscire.  Ma lo\r\ndice con una parola pregnante, nella speranza che V. la prenda\r\nprincipalmente nel senso di difficile.<\/i>  «Avvegna che duro<\/b> mi\r\nfosse ne la prima entrare ne la loro sentenza» (Conv.<\/i>, II, xii,\r\n4).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"II, xii, 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"E udendo ancora che Tulio scritto avea un altro libro, nel quale, trattando dell'Amistade, avea toccate parole della consolazione di Lelio, uomo eccellentissimo, nella morte di Scipione amico suo, misimi a leggere quello. E avegna che duro mi fosse nella prima entrare nella loro sentenza, finalmente v'entrai tanto entro, quanto l'arte di gramatica ch'io avea e un poco di mio ingegno potea fare; per lo quale ingegno molte cose, quasi come sognando, già vedea, sì come nella Vita Nova si può vedere.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=28&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"12","from":2109.0,"to":2112.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"mi sarei — manifesto<\/b>, dee qu\u00ec\nriputarsi sincope di manifestato<\/i> — s'io non fossi atteso<\/i><\/b>,\nenallage, in vece di s'io non fossi stato atteso<\/i><\/b>: come, tra gli\naltri esempi, scrisse Orazio ferrem<\/i> in vece di tulissem<\/i> in\nque' versi\n\n     Non ego hoc ferrem calidus iuventa<\/i>,\n        . . . . . . . Consule Planco<\/i> \n        [Carm.<\/i> lib. 3 Ode<\/i> 14].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
S'io non fossi atteso<\/b>, enallage, in vece di s'io non fossi stato atteso<\/i>: come, tra glialtri esempi, scrisse Orazio errem<\/i> in vece di tulissem<\/i> in que' versi\r\n     Non ego hoc ferrem calidus iuventa<\/i>,\r\n        . . . . . . . Consule Planco<\/i> \r\n        [Carm.<\/i> lib. 3 Ode<\/i> 14].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q943884","LuogoFonte":"III xiv 27-28","NotaFonte":"","TestoFonte":"non ego hoc ferrem calidus iuventa
consule Planco.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0893.phi001.perseus-lat1:3.14","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25-26","from":25885.0,"to":25887.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Odi"}, {"Annotazione":"mi tornai cio\u00e8 senza stringer nulla. \n\u00c8 imitazione Virgiliana, dice il Landino,\n\n Ter conatus ibi collo dare brachia circum<\/i>,\n Ter frustra comprensa manus effugit imago<\/i> \n [Aeneid.<\/i> VI, 695].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
È imitazione Virgiliana, dice il Landino,         Ter conatus ibi collo dare brachia circum<\/i>,\r\n Ter frustra comprensa manus effugit imago<\/i> \r\n      [Aeneid.<\/i> VI, 695].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI 700-701","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Aen. VI 700-701, non 695.","TestoFonte":"Ter conatus ibi collo dare brachia circum,
ter frustra comprensa manus effugit imago,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:6.679-6.702","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"81","from":1533.0,"to":1535.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"mi vedeva\nfortemente astratto nella curiosit\u00e0 di sapere che si fossero quel\npunto e que' cerchi intorno — da quel punto Depende il cielo e\ntutta la natura.<\/b> Intendendo per cotale punto significarsi\nl'indivisibile divina essenza, fa da quella riconoscere l'origine\ndi tutte le altre cose; e valsi della formola stessa\nd'Aristotele, che d'Iddio come di necessario principio\nfavellando, dice Ex tali igitur principio dependet caelum et\nnatura<\/i> [Metaphys.<\/i> lib. 12]: dipende cio\u00e8 la costituzione de'\ncieli, e tutto il loro influsso nelle cose inferiori.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
valsi della formola stessa d'Aristotele, che d'Iddio come di necessario principio favellando, dice Ex tali igitur principio dependet caelum et natura<\/i> [Metaphys.<\/i> lib. 12]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q868","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q661655","LuogoFonte":"XII 1072b","NotaFonte":"","TestoFonte":"\u1f10κ τοια\u03cdτης \u1f04ρα \u1f00ρχ\u1fc6ς \u1f24ρτηται \u1f41 ο\u1f50ραν\u1f78ς κα\u1f76 \u1f21 φ\u03cdσις.
<\/i>Ex tali igitur principio dependet caelum et natura","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0086.tlg025.perseus-grc1:12.1072b","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"40-42","from":27667.0,"to":27688.0,"NomeAutore":"Aristotele","TitoloFonte":"Metafisica"}, {"Annotazione":"miglio. — Non ci ha.<\/b> Rima con\noncia<\/i>, come nel C. VII pur l\u00ec<\/i> con urli<\/i>, e nell'Ariosto\naver de'<\/i> con verde.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Non ci ha.<\/b>  Rima con oncia<\/i>, come nel C. VII pur lì<\/i> con urli<\/i>, e nell'Ariosto aver de'<\/i> con verde.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII, 26-28","NotaFonte":"","TestoFonte":"e d'una parte e d'altra, con grand' urli<\/strong>,
voltando pesi per forza di poppa.
Percotëansi 'ncontro; e poscia pur lì<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"87","from":29401.0,"to":29404.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"miscuglio di stagno o zinco con argento,\ne qui vale metallo<\/i> in genere; ma tutta la terzina \u00e8 allegorica\ne vuol dire: il Veltro non bramer\u00e0 possessioni di terre, n\u00e9\nricchezze; non sar\u00e0 figlio dal serpente, condannato da Dio a\ncibarsi di terra, ma l'opposto; e quindi avr\u00e0 l'animo ai beni\nveri, che sono sapienza amore e potenza, attributi della Trinit\u00e0:\nsar\u00e0 cio\u00e8 uno di quegli uomini nobilissimi e divini, che sono\nquasi come Dei<\/i> (Convivio<\/i>, IV, xx, 4).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
 il Veltro non bramerà possessioni di terre, né\r\nricchezze; non sarà figlio dal serpente, condannato da Dio a\r\ncibarsi di terra, ma l'opposto; e quindi avrà l'animo ai beni\r\nveri, che sono sapienza amore e potenza, attributi della Trinità:\r\nsarà cioè uno di quegli uomini nobilissimi e divini, che sono\r\nquasi come Dei<\/i> (Convivio<\/i>, IV, xx, 4).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xx, 3-4","NotaFonte":"","TestoFonte":"E rende incontanente ragione dicendo che quelli che hanno questa «grazia», cioè questa divina cosa, sono «quasi» come «dèi», sanza macula di vizio; e ciò dare non può se non Iddio solo, appo cui non è scelta di persone, sì come le divine Scritture manifestano. E non paia troppo alto dire ad alcuno, quando si dice: ch'elli son quasi dèi; ché, sì come di sopra nel settimo capitolo del terzo trattato si ragiona, così come uomini sono vilissimi e bestiali, così uomini sono nobilissimi e divini; e ciò pruova Aristotile nel settimo dell'Etica per lo testo d'Omero poeta.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=70&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"103","from":755.0,"to":756.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"moglie di Atalante e madre di Dardano,\ncreduto progenitore de' Troiani.  Vedi Ric. Malisp. Ist. c. II,\nIII, IV, V.  — Molti compagni<\/b>: Troiani, discendenti di lei;\ntra' quali Ettore ed Enea, l'uno difensore di Troia, l'altro\nportator dell'impero in Italia.  Per\u00f2 da Enea salta a Cesare. \nTom.  — Electra<\/i> — — nata magni nominis regis Atlantis.<\/i> \nMon. 1, 2 c. 3.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
moglie di Atalante e madre di Dardano, creduto progenitore de' Troiani.  Vedi Ric. Malisp. Ist. c. II, III, IV, V.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3935110","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/storia-fiorentina","LuogoFonte":"capp. II-V","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ouesto Atalan si ebbe da Elettra sua moglie tre figliuoli, de' quali lo primo si ebbe nome Italio, del quale per lui è nominata tutta Italia, dove conversiamo. Lo secondo ebbe nome Dardano, lo quale fue lo primo Cavaliero del Mondo, e che in prima cavalcò cavallo, e che prima fece sella e freno, e che prima battè moneta, e diede corso di spenderla. Lo terzo figliuolo ebbe nome Sicano, lo quale ebbe una bella figliuola ch'ebbe nome Candazia, e degnamente fue chiamata. Sicano però, che fu lo sezzaio figliuolo, egli fue quello che in prima andò in Cicilia, e presala per suo abituro, e così chiamata. Gli altri due figliuoli, cioè Italio e Dardano si vennono in questa concordia, ch'eglino dovessono andare ad Alto Mars idolo, e sagrificare, e domandarlo quale dovesse andare di loro due ad acquistare gli altri paesi, e quale dovesse ritornare in Fiesole: lo quale idolo Alto Mars rispuose loro in questo modo, che Italio dopo la morte di Atalan dovesse rimanere in Fiesole per Signore, e Dardano dovesse andare a conquistare per lontano paese per lo Mondo.","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=iuHU0JtTZ7AC&printsec=frontcover&dq=Storia+fiorentina+di+Ricordano+Malispini&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&sa=X&ved=2ahUKEwiO25GVitHwAhVChv0HHWVMDJAQuwUwAXoECAAQBg#v=onepage&q=elettra&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"121-122","from":3805.0,"to":3806.0,"NomeAutore":"Ricordano Malispini","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"moglie di Giove — era crucciata per\nSemel\u00e8<\/b>, amata da Giove: e resa da lui gravida di Bacco [Ovid.\nMet.<\/i> lib. III, 260 e segg.] — contra 'l sangue Tebano<\/i><\/b>, per\nessere Semel\u00e8 figlia di Cadmo fondator di Tebe.  Segno su\nl'ultima e<\/i><\/b> di Semel\u00e8<\/b> l'accento acuto, perch\u00e8 richiede il\nverso che pronunzisi questo nome, come da' Greci, e Latini\npronunziavasi, colla sillaba di mezzo breve, e coll'ultima lunga.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
era crucciata per Semelè<\/b>, amata da Giove: e resa da lui gravida di Bacco [Ovid. Met.<\/i> lib. III, 260 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"III 254-259","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sola Iovis coniunx non tam culpetne probetne
eloquitur, quam clade domus ab Agenore ductae
gaudet et a Tyria conlectum paelice transfert
in generis socios odium. Subit ecce priori
causa recens, gravidamque dolet de semine magni
esse Iovis Semelen.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:3.251-3.313","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1-2","from":28781.0,"to":28793.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"mortificato, intendi,\ndall'interno rimorso della propria superbia [vedi che chiaro lo\nconfessa due canti sotto, cio\u00e8 nel XIII, v. 136 e segg.] e della\nnon per anche data a Dio soddisfazione.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
mortificato, intendi, dall'interno rimorso della propria superbia [vedi che chiaro lo confessa due canti sotto, cioè nel XIII, v. 136 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XIII 136-138","NotaFonte":"","TestoFonte":"Troppa è più la paura ond'è sospesa
l'anima mia del tormento di sotto,
che già lo 'ncarco di là giù mi pesa\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=47&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"73","from":10642.0,"to":10647.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"nacqui (lat. natus fui<\/i>) e fui\nallevato. Anche in prosa nel Convito: «Nel suo dolcissimo seno\n(di Firenze) nato e nutrito fui.» Non dice il suo nome, per la\nragione espressa nel XIV del Purg.: «Dirvi chi sia, saria parlare\nindarno; Ch\u00e8 'l nome mio ancor molto non suona.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"fui nato e cresciuto<\/strong>, nacqui (lat. natus fui<\/i>) e fui allevato. Anche in prosa nel Convito: «Nel suo dolcissimo seno (di Firenze) nato e nutrito fui.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio I, iii, 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Poi che fu piacere delli cittadini della bellissima e famosissima figlia di Roma, Fiorenza, di gittarmi fuori del suo dolce seno<\/strong> - nel quale nato e nutrito fui<\/strong> in fino al colmo della vita mia, e nel quale, con buona pace di quella, desidero con tutto lo core di riposare l'animo stancato e terminare lo tempo che m'è dato -, per le parti quasi tutte alle quali questa lingua si stende, peregrino, quasi mendicando, sono andato, mostrando contra mia voglia la piaga della fortuna, che suole ingiustamente al piagato molte volte essere imputata.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=4&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94","from":22109.0,"to":22113.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"}, {"Annotazione":"nacqui e crebbi (cf.\nInf.<\/i>, V, 97, nel commento). — Sovra il bel fiume d'Arno<\/b>\n(sovra<\/b>, cf. Inf.<\/i><\/b>, V, 98; XII, 120; Purg.<\/i>, XIV, 19; Par.<\/i>, \nXIX, 118). Nel Conv.<\/i>, I, 3: «Fu piacere de' cittadini della\nbellissima e famosissima figlia di Roma, Fiorenza, di gettarmi\nfuori del suo dolcissimo seno (nel quale nato e nudrito fui fino\nal colmo della mia vita ecc.).> Vulg. El.<\/i>, I, 6: <...\nFlorentia, unde sum oriundus et civis.» E si leggano le\naffettuose e franche parole dell'Epist.<\/i>, IX, {Paragraph.} 3 e\n4. — Bel fiume d'Arno<\/i><\/b>; la bellezza del luogo natale stava nel\ncuore del povero esule; e ricorda il suo bel San Giovanni<\/i><\/b>\n(Inf.<\/i>, XIX, 17), e il bello ovile, ove dorm\u00ec agnello<\/i> (Par.<\/i>, \nXXV, 5): e sono immagine del suo cuor combattuto e anelante alla\npatria queste espressioni della Vulg. El.<\/i>, I, 6: «Nos, cui\nmundus est patria, velut piscibus<\/i> aequor, quamquam Sarnum\nbiberimus ante dentes, et Florentiam adeo diligamus, ut, quia\ndileximus, exilium patiamur iniuste... Quamvis ad voluptatem\nnostram, sive nostrae sensualitatis quietem, in terris amoenior\nlocus, quam Florentia, non existat ecc.» — Alla gran villa<\/b>\n(villa<\/b> per citt\u00e0, cf. Purg.<\/i><\/b>, XV, 97; XVIII, 83; ma non gi\u00e0, \ncome intendono alcuni, Inf.<\/i>, I, 109), a Firenze, citt\u00e0 grande, \nla maggiore di quelle cui bagna l'Arno. — E son col corpo<\/i><\/b>\necc.; e sono ancor vivo (cf. Inf.<\/i><\/b>, XII, 85), in prima vita\n(Purg.<\/i>, VIII, 59). Ma \u00e8 notabile che richiesto chi egli fosse\n(v. 93), risponde invece dove ei nacque. Ad altr'anima, che il\nrichieder\u00e0 chi fosse e onde venisse, lo udremo modestamente\nrispondere (Purg.<\/i>, XIV, 16-21):\n\n Per mezza Toscana si spazia\n Un fiumicel, che nasce in Falterona...\n Di sovr'esso rech'io questa persona.\n Dirvi chi sia, saria parlare indarno, \n Ch\u00e8 il nome mio ancor molto non suona.\n\nCf. Purg.<\/i>, XXX, 61-63.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Fui nato e cresciuto<\/b>, nacqui e crebbi (cf. Inf.<\/i>, V, 97, nel commento).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V, 97","NotaFonte":"","TestoFonte":"Siede la terra dove nata fui","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=5","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-96","from":22109.0,"to":22113.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"ne fece vento: col qual vento intende\nDante, che gli si scancellasse il peccato che purgavasi nel\npassato balzo, cio\u00e8 dell'accidia: come con simil vento\nscancellato gli fu da quell'altro angelo il peccato dell'ira\nmentre partivasi dal balzo degl'iracondi [Purg. XVII, 68].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
con simil vento scancellato gli fu da quell'altro angelo il peccato dell'ira mentre partivasi dal balzo degl'iracondi [Purg. XVII, 68].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVII 68","NotaFonte":"","TestoFonte":"e ventarmi nel viso e dir: \"Beati","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=51&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"49","from":18846.0,"to":18847.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"nel\ncielo empireo, il quale, come sede creduto de' beati, pi\u00f9 di luce\ndella divina gloria partecipa che non gli altri cieli sotto di\nesso, od altra cosa  — Fu'<\/b> per fui<\/i> apocope — e vidi cose\nche ridire<\/i><\/b> ec. ad imitazione de quel riferire di s. Paolo,\nrapporto alle cose da lui in Paradiso vedute, audivit arcana\nverba, quae non licet homini loqui<\/i><\/b> [Cor.<\/i> 2 cap. 12] — qual<\/b>,\nper chi<\/i><\/b>, o qualunque<\/i> [Vedi Cinon. Partic.<\/i> 108, 9 e 10].  Il\nrapporto che ha questo terzetto col precedente ne obbliga a\nintendere come se incominciasse questo colla particella or<\/i>, o\nsomigliante, per ellissi taciuta.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
e vidi cose che ridire<\/b> ec. ad imitazione de quel riferire di s. Paolo, rapporto alle cose da lui in Paradiso vedute, audivit arcana verba, quae non licet homini loqui<\/i> [Cor.<\/i> 2 cap. 12]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q123808","LuogoFonte":"XII 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"raptus est in paradisum et audivit arcana verba, quae non licet homini loqui.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-ii-corinthios_lt.html#12","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"4-6","from":20.0,"to":45.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Seconda lettera ai Corinzi"},
{"Annotazione":"nel Purgatorio XXVIII v. 25 e segg.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
nel Purgatorio XXVIII v. 25 e segg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVIII 25-27","NotaFonte":"","TestoFonte":"ed ecco più andar mi tolse un rio,
che 'nver' sinistra con sue picciole onde
piegava l'erba che 'n sua ripa uscìo.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=62&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"137","from":13532.0,"to":13539.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"nel dipartirsi, nel separarsi da\nesso Elia. Reg., IV, II, 11, «Ecce currus igneus et equi ignei\ndiviserunt utrumque.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Al dipartire<\/b>, nel dipartirsi, nel separarsi da esso Elia. Reg., IV, II, 11, «Ecce currus igneus et equi ignei diviserunt utrumque.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4224666","LuogoFonte":"II Re II, 11","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cumque pergerent et incedentes sermocinarentur, ecce currus igneus et equi ignei diviserunt utrumque; et ascendit Elias per turbinem in caelum.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ii-regum_lt.html#2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"35","from":24993.0,"to":24995.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"libri dei Re"}, {"Annotazione":"nel loto. Orazio: «Amica luto sus.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
nel loto.  Orazio: «Amica luto sus.»\r\n\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/epistulae","LuogoFonte":"Epistulae I, ii, 26","NotaFonte":"","TestoFonte":"vixisset canis immundus vel amica luto sus","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0539%3Abook%3D1%3Apoem%3D2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"50","from":7099.0,"to":7101.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"nel mondo delle tenebre.  C.\nXXVII, 25: «In questo mondo cieco.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
nel mondo delle tenebre.  C. XXVII, 25: «In questo mondo cieco.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVII, 25","NotaFonte":"","TestoFonte":"Se tu pur mo in questo mondo cieco ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=27&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"13","from":3068.0,"to":3071.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"nel pi\u00f9 profondo e pi\u00f9\nristretto cerchio vedi la nota al v. 2 del v. passato canto —\nov'\u00e8 il punto dell'universo<\/b> in mezzo al quale sta il centro\nverso cui tendono tutti i gravi.  — In su che Dite siede.<\/b> \nDite appella Dante Lucifero [Vedi la nota al passato canto VIII,\n68]; e fa nell'ultimo di questa cantica posarsi di fatto\nLucifero su 'l centro della terra, colla met\u00e0 della vita sopra di\nesso e la met\u00e0 sotto.  Il Volpi per Dite<\/b> intende qu\u00ec l'Inferno. \nMa se Dite<\/b> appella Dante Lucifero, e lo fa realmente sedere su\n'l punto dell'universo<\/b>, a che cercar altro?  Tanto pi\u00f9, che nel\nsenso in cui pu\u00f2 dirsi sedere l'Inferno su 'l centro, pu\u00f2\nugualmente dirsi di tutta la terra.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
nel più profondo e più ristretto cerchio vedi la nota al v. 2 del v. passato canto<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. X 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"tra 'l muro de la terra e li martìri,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=10&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64-65","from":10055.0,"to":10058.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"nel quale aveva io sede. \nNotisi ch'\u00e8 la pura anima che favella cos\u00ec.  Dice il Venturi che\nfa Dante parlar quest'anima in cotal modo poeticamente<\/i>; ed\nesser falso, che la sede dell'anima sia il sangue.  Ma a buon\nconto io trovo che parlano di uno stesso linguaggio anche i\nmedesimi sacri interpreti delle divine scritture.  Anima carnis,\nseu animalis, in sanguine sedem habet, seu ubicumque sanguis est,\nibi est anima, et operatur<\/i>, scrive Bonfrerio al 9 della Gen. v.\n24.  Ed a quelle parole del Levitico cap. 17 anima omnis carnis\nin sanguine est<\/i>, chiosa il Tirino, tamquam in sede sua<\/i> .... et\nin quo tamquam in sede anima conquiescere solet.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
 Ed a quelle parole del Levitico cap. 17 anima omnis carnis in sanguine est<\/i>, chiosa il Tirino, tamquam in sede sua<\/i> .... et in quo tamquam in sede anima conquiescere solet.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41490","LuogoFonte":"XVII 14","NotaFonte":"","TestoFonte":"Anima enim omnis carnis, sanguis est anima eius, unde dixi filiis Israel: Sanguinem universae carnis non comedetis, quia anima omnis carnis sanguis eius est; et, quicumque comederit illum, interibit.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_leviticus_lt.html#17","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"74","from":4496.0,"to":4500.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Levitico"},
{"Annotazione":"nel secondo libro.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
nel secondo libro.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q868","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1051198","LuogoFonte":"II 2","NotaFonte":"Cfr. la nota successiva.","TestoFonte":"Si autem ars imitatur naturam<\/strong>, eiusdem autem scientie est cognoscere speciem et materiam usque ad hoc [...].","UrlFonte":"http:\/\/www.mlat.uzh.ch\/index.php?app=browser&text=14748:1.2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"102","from":10325.0,"to":10329.0,"NomeAutore":"Aristotele","TitoloFonte":"Fisica"},
{"Annotazione":"nel senso letterale la vergine\nMaria,\n\n     La<\/i> cui benignit\u00e0 non pur soccorre<\/i>\n        A chi domanda, ma molte fiate<\/i>\n        Liberamente al domandar precorre.<\/i>  Par. XXX, 16.\n\nIl nome della Vergine si tace qu\u00ec e per ogni dove nell'Inferno,\ncome pure il nome del divino di lei figlio; il motivo di questo\nsilenzio si \u00e8, che questi nomi son troppo sacri e sublimi, per\npronunziarli nel luogo del peccato, della depravazione e della\nbrutalit\u00e0.  Nel senso allegorico la donna gentile<\/b> \u00e8 il simbolo\ndella grazia divina, o dicasi della grazia in generale.  — Si\ncompiange<\/b>, si duole a Dio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
nel senso letterale la vergine Maria,\r\n\r\n     La<\/i> cui benignità non pur soccorre<\/i>\r\n        A chi domanda, ma molte fiate<\/i>\r\n        Liberamente al domandar precorre.<\/i>  Par. XXX, 16.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXXIII, 16-18","NotaFonte":"Il rif. corretto \u00e8 a Par. XXXIII e non, come indica Scartazzini, a Par. XXX","TestoFonte":"La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente al dimandar precorre. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=100&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94","from":1675.0,"to":1683.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"nel settimo cerchio. Foce<\/b>,\nnel linguaggio del Poeta, \u00e8 propriamente l'entrata o l'uscita\nde' cerchi (Inf. XXIII, 129; Purg., XII, 112): qui pone la\nparte pel tutto.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Foce<\/b>, nel linguaggio del Poeta, è propriamente l'entrata o l'uscita de' cerchi (Inf. XXIII, 129; Purg., XII, 112): qui pone la parte pel tutto.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIII, 129","NotaFonte":"","TestoFonte":"s'a la man destra giace alcuna foce","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=23&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":12147.0,"to":12154.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"nel tempo in cui si fa a\nnoi vedere il Sole pi\u00f9 lungamente, nell'estate.  Supponendo Dante\ncolla comune de' poeti, che il Sole sia Apolline [Vedi Purg. XX,\n134 e seg.], coll'accennar egli perci\u00f2 il Sole qui, e Parad. XX,\n1, col pronome colui<\/b>, non viene, come pare che il Cinonio\nintenda [Partic.<\/i> 53, 4], a dare eccezione alla regola, che\npronome cotale diasi a persona solamente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Supponendo Dante colla comune de' poeti, che il Sole sia Apolline [Vedi Purg. XX, 134 e seg.], coll'accennar egli perciò il Sole qui, e Parad. XX, 1, col pronome colui<\/b>, non viene, come pare che il Cinonio intenda [Partic.<\/i> 53, 4], a dare eccezione alla regola, che pronome cotale diasi a persona solamente.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XX 130-132","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Purg. XX 130, non 134.","TestoFonte":"Certo non si scoteo sì forte Delo,
pria che Latona in lei facesse 'l nido
a parturir li due occhi del cielo.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=54","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"26-27","from":24922.0,"to":24938.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"nel tuo libro cio\u00e8 nel VI dell'Eneide. \nDi Silvio lo parente<\/b>, Enea, il quale secondo Virgilio f\u00f9 padre\ndi Silvio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
nel tuo libro cioè nel VI dell'Eneide. Di Silvio lo parente<\/b>, Enea, il quale secondo Virgilio fù padre\r\ndi Silvio.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI, 236-901","NotaFonte":"","TestoFonte":"His actis, propere exsequitur praecepta Sibyllae.
Spelunca alta fuit vastoque immanis hiatu,
scrupea, tuta lacu nigro nemorumque tenebris,
quam super haud ullae poterant impune volantes
tendere iter pennis—talis sese halitus atris
faucibus effundens supera ad convexa ferebat:
unde locum Grai dixerunt nomine Aornon.
quattuor hic primum nigrantis terga iuvencos
constituit, frontique invergit vina sacerdos;
et summas carpens media inter cornua saetas
ignibus imponit sacris, libamina prima,
voce vocans Hecaten, Caeloque Ereboque potentem.
Supponunt alii cultros, tepidumque cruorem
suscipiunt pateris. Ipse atri velleris agnam
Aeneas matri Eumenidum magnaeque sorori
ense ferit, sterilemque tibi. Proserpina, vaccam.
Tum Stygio regi nocturnas inchoat aras,
et solida imponit taurorum viscera flammis,
pingue superque oleum infundens ardentibus extis.
Ecce autem, primi sub lumina solis et ortus,
sub pedibus mugire solum, et iuga coepta moveri
silvarum, visaeque canes ululare per umbram,
adventante dea. “Procul O procul este, profani,”
conclamat vates, “totoque absistite luco;
tuque invade viam, vaginaque eripe ferrum:
nunc animis opus, Aenea, nunc pectore firmo.”
Tantum effata, furens antro se immisit aperto;
ille ducem haud timidis vadentem passibus aequat.
[...]","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+6.236&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"13","from":1083.0,"to":1085.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"nell'Eneide. Di Silvio lo parente<\/b>, il\ngenitore, nel senso del lat. parens<\/i>, \u00e8 Enea, perch\u00e8, secondo\nVirgilio, Silvio nasce figlio ad Enea da Lavinia; ma Livio lo fa\nfiglio d'Ascanio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Brunone Bianchi 1868","FrammentoNota":"
Di Silvio lo parente<\/b>, il genitore, nel senso del lat. parens<\/i>, è Enea, perchè, secondo Virgilio, Silvio nasce figlio ad Enea da Lavinia<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI, 760-766","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ille, vides, pura iuvenis qui nititur hasta,
proxuma sorte tenet lucis loca, primus ad auras
aetherias Italo commixtus sanguine surget,
silvius, Albanum nomen, tua postuma proles,
quem tibi longaevo serum Lavinia coniunx
educet silvis regem regumque parentem,
unde genus Longa nostrum dominabitur Alba.","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+6.760&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"13","from":1083.0,"to":1085.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"nell'atto dell'andare (cf.\nInf.<\/i>, XXIII, 75: cf. Purg.<\/i>, III, 104). — S\u00ec smarrito<\/b>, nel\nsembiante, sbigottito, ripensando alla infausta profezia di\nFarinata. — Gli satisfeci<\/b> ecc. (cf. v. 6), gli espressi\nquello che io pensavo, che era cagione del mio smarrimento.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Così andando<\/b>, nell'atto dell'andare (cf. Inf.<\/i>, XXIII, 75: cf. Purg.<\/i>, III, 104).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIII, 75","NotaFonte":"","TestoFonte":"e li occhi, sì andando, intorno movi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=23","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"124-126","from":9520.0,"to":9522.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"nella piaggia diserta del v. 29. \nIn essa Dante non vede anima viva; gli uomini son tutti, o quasi,\nnella selva. Terra vestra deserta<\/i> (Is., I, 7). Vastitas et\ncontritio in viis eorum<\/i> (LIX, 7).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
nella piaggia diserta del v. 29. \r\nIn essa Dante non vede anima viva; gli uomini son tutti, o quasi,\r\nnella selva. Terra vestra deserta<\/i> (Is., I, 7).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131458","LuogoFonte":"1, 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"[7]<\/strong> Terra vestra deserta, | civitates vestrae succensae igni; | regionem vestram coram vobis alieni devorant, | et desolabitur sicut in vastitate hostili.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_isaiae_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"64","from":470.0,"to":473.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro di Isaia"},
{"Annotazione":"nella selva oscura.  C. V, 27:\n«In luogo d'ogni luce muto.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
nella selva oscura.  C. V, 27: «In luogo d'ogni luce muto.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V, 28","NotaFonte":"Riferimento bibliografico scorretto: Inf. V, 28 e non V, 27.","TestoFonte":"Io venni in loco d’ogne luce muto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=5&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"60","from":442.0,"to":446.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"nella selvosa oscura valle delle ree\npassioni e de' vizi, detta ne' primi versi del poema.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
nella selvosa oscura valle delle ree passioni e de' vizi, detta ne' primi versi del poema.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 1-12","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Tant'è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,
dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.
Io non so ben ridir com'i' v'intrai,
tant'era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"50","from":13931.0,"to":13934.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"nello splendore\nseguente degli altri pi\u00f9 picciolo — ride<\/i>, si beatifica —\nquell'avvocato de' templi Cristiani<\/i>, quel difenditore della\nCristiana religione~, cio\u00e8 [secondo la pi\u00f9 comune degli\nespositori] Paolo Orosio~, il quale scrisse sette libri di storie\ncontra i gentili calunniatori della Cristiana religione da lui\ndedicati a santo Agostino. Di costui [chiosa il Daniello] fa\nesso Agostino menzione nel libro De ratione animae<\/i>, ove\nscrivendo a s. Girolamo dice~, Ecce venit ad me religiosus\niuvenis~, catholica pace frater<\/i>, aetate filius<\/i>, honore\ncompresbyter noster<\/i>, Orosius<\/i>, vigil ingenio<\/i>, paratus\neloquio<\/i>, flagrans studio<\/i>, utile vas in domo Domini esse\ndesiderans ad refellendas falsas perniciosasque doctrinas<\/i>, quae\nanimas Hispanorum<\/i>, multo infelicius quam corpora barbaricus\ngladius<\/i>, trucidarunt.<\/i> Fa il Poeta essere la luce di Paolo\nOrosio pi\u00f9 piccioletta<\/i> delle altre~, per essere scrittore di\nminor grido. Alcuni altri spositori [dice il Landino] in luogo di\nPaolo Orosio intendono sant' Ambrogio~: e di costoro seguace\ndichiarasi 'l Vellutello. Ma~, come ben riflette il Venturi~,\nnon avrebbe Dante a s. Ambrogio data una luce piccioletta.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Di costui [chiosa il Daniello] fa esso Agostino menzione nel libro De ratione animae<\/i>, ove scrivendo a s.  Girolamo dice, Ecce venit ad me religiosus iuvenis, catholica pace frater<\/i>, aetate filius<\/i>, honore compresbyter noster<\/i>, Orosius<\/i>, vigil ingenio<\/i>, paratus eloquio<\/i>, flagrans studio<\/i>, utile vas in domo Domini esse desiderans ad refellendas falsas perniciosasque doctrinas<\/i>, quae animas Hispanorum<\/i>, multo infelicius quam corpora barbaricus gladius<\/i>, trucidarunt.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/epistolae-di-agostino","LuogoFonte":"CLXVI i 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ecce venit ad me religiosus iuvenis, catholica pace frater, aetate filius, honore compresbyter noster Orosius, vigil ingenio, promptus eloquio, flagrans studio, utile vas in domo Domini esse desiderans, ad refellendas falsas perniciosasque doctrinas, quae animas Hispanorum multo infelicius, quam corpora barbaricus gladius, trucidarunt.","UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/lettere\/index2.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"118-119","from":9906.0,"to":9917.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"neppur quello del fulminato Capaneo\n(c. XIV).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Non quel <\/strong>ec., neppur quello del fulminato Capaneo (c. XIV).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIV, 43-72","NotaFonte":"","TestoFonte":"I' cominciai: “Maestro, tu che vinci
tutte le cose, fuor che ' demon duri
ch'a l'intrar de la porta incontra uscinci,
chi è quel grande che non par che curi
lo 'ncendio e giace dispettoso e torto,
sì che la pioggia non par che 'l marturi?”.
E quel medesmo, che si fu accorto
ch'io domandava il mio duca di lui,
gridò: “Qual io fui vivo, tal son morto.
Se Giove stanchi 'l suo fabbro da cui
crucciato prese la folgore aguta
onde l'ultimo dì percosso fui;
o s'elli stanchi li altri a muta a muta
in Mongibello a la focina negra,
chiamando \"Buon Vulcano, aiuta, aiuta!\",
sì com'el fece a la pugna di Flegra,
e me saetti con tutta sua forza:
non ne potrebbe aver vendetta allegra”.
Allora il duca mio parlò di forza
tanto, ch'i' non l'avea sì forte udito:
“O Capaneo, in ciò che non s'ammorza
la tua superbia, se' tu più punito;
nullo martiro, fuor che la tua rabbia,
sarebbe al tuo furor dolor compito”.
Poi si rivolse a me con miglior labbia,
dicendo: “Quei fu l'un d'i sette regi
ch'assiser Tebe; ed ebbe e par ch'elli abbia
Dio in disdegno, e poco par che 'l pregi;
ma, com'io dissi lui, li suoi dispetti
sono al suo petto assai debiti fregi.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=14","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"15","from":23721.0,"to":23723.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"neutro passivo~, per farsi<\/i>:\ncos\u00ec anche nel v. 46. del presente canto~: e cos\u00ec scrive il\nLasca pure~, quando sono in casa non la lascio mai fare n\u00e8 a\nuscio n\u00e8 a finestre [Sibill. I. 3.]. Del farsi Beatrice<\/i>, di\ncielo in cielo salendo~, pi\u00f9 bella vedine la cagione detta Par.\nv. 94.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Del farsi Beatrice<\/i>, di cielo in cielo salendo, più bella vedine la cagione detta Par. v. 94.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. V 94","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quivi la donna mia vid'io sì lieta,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=72","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"15","from":7064.0,"to":7067.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"nome di colore; adopralo qu\u00ec a cagion della\nrima in vece di nero<\/i> o di oscuro.<\/i><\/b>  Perso<\/b> [ne spiega Dante\nmedesimo nel Convito] \u00e8 un colore misto di purpureo e di nero,\nma vince il nero, e da lui si denomina<\/i> [Tratt. 4 cap. 20].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Perso<\/strong>, nome di colore; adopralo quì a cagion della rima in vece di nero<\/i> o di oscuro.<\/i>  Perso<\/b> <\/em>[ne spiega Dante medesimo nel Convito<\/em>] è un colore misto di purpureo e di nero, ma vince il nero, e da lui si denomina<\/i> [Tratt. 4 cap. 20].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV xx 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Lo perso è uno colore misto di purpureo e di nero, ma vince lo nero, e da lui si dinomina.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=70&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"89","from":4610.0,"to":4611.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"nome verbale per corruscazione<\/i>,\nlampeggiamento<\/i>, — figlia di Taumente<\/b> ec., Iride; che secondo\nOvidio nel primo [delle Metamorfosi] perch\u00e8 facea sacrifici molto\naccetti a Giunone, volendo Giove mandar il diluvio sopra della\nterra, Giunone per camparla, la tir\u00f2 a se nella sua regione, la\nquale \u00e8 l'aria, e convertilla nell'arco celeste: che di qua\nnell'emisferio nostro lo veggiamo sovente cangiar contrade,\nperch\u00e8 non si mostra sempre in un medesimo luogo, ma in diversi,\nsecondo che lo guarda il Sole, al qual \u00e8 sempre in opposizione: e\ndi l\u00e0<\/b> dice, perch\u00e8 nell'altro emisferio, dove egli era allora,\nnon si vede, fingendolo inabitato.  Vellutello.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Figlia di Taumente<\/b> ec., Iride; che secondo Ovidio nel primo [delle Metamorfosi] perchè facea sacrifici molto accetti a Giunone, volendo Giove mandar il diluvio sopra della terra, Giunone per camparla, la tirò a se nella sua regione, la quale è l'aria, e convertilla nell'arco celeste: che di qua nell'emisferio nostro lo veggiamo sovente cangiar contrade,  perchè non si mostra sempre in un medesimo luogo, ma in diversi, secondo che lo guarda il Sole, al qual è sempre in opposizione: e di là<\/b> dice, perchè nell'altro emisferio, dove egli era allora, non si vede, fingendolo inabitato.  Vellutello.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"I 270-271","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nuntia Iunonis varios induta colores
concipit Iris aquas alimentaque nubibus adfert.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:1.253-1.347","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"50-51","from":20948.0,"to":20960.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"non\nesce da cotal sotterraneo canale, in cui vengavi rimessa dai\nvapori, che il freddo dell'aria converte in pioggia; come\nristoransi in quell'altro emisferio i fiumi vostri, che perci\u00f2\nora abbondano d'acqua, ora scarseggiano. Allude alle parole\ndella Genesi Non pluerat Dominus Deus super terram<\/i> .... sed\nfons ascendebat e terra, irrigans universam superficiem terrae<\/i>\n[Cap. 2].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Allude alle parole della Genesi Non pluerat Dominus Deus super terram<\/i> .... sed fons ascendebat e terra, irrigans universam superficiem terrae <\/i>[Cap. 2]. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"II 5-6","NotaFonte":"","TestoFonte":"Non enim pluerat Dominus Deus super terram, et homo non erat, qui operaretur humum,
sed fons ascendebat e terra irrigans universam superficiem terrae ­","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"121-123","from":28637.0,"to":28644.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"}, {"Annotazione":"non\niscorgeva in essa altro che le bolle, che il caldo faceva alzare\nalla superficie. E vuole intendersi, che non vi scorgeva gente\nimmersa; imperocch\u00e8, come in progresso dir\u00e0 [Vers. 51], era cura\ndi que' demoni assistenti di non lasciare che alcuno degl'ivi\nattuffati galleggiasse. Ma che<\/b> nel senso del Latino magis\nquam<\/i>, e dello Spagnuolo mas qu\u00e8<\/i> vedilo nell'Inf. IV ed\naltrove.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ma che<\/b> nel senso del Latino magis quam<\/i>, e dello Spagnuolo mas què<\/i> vedilo nell'Inf. IV ed altrove.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV 26","NotaFonte":"Lombardi legge \"ma che le bolle\", non \"mai che le bolle\".","TestoFonte":"non avea pianto mai che di sospiri","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"19-20","from":19463.0,"to":19479.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"non di l\u00e0 dall'acque, nell'atrio\ndel Purgatorio<\/i>, come spiega il Venturi seguendo il Daniello; ma\nintorno al monte medesimo, su di cui erano, laggi\u00f9 sotto della\nporta guardata dall'angelo; dove per simile indugio a pentirsi\naspettano, tra gli altri, Manfredi e Belacqua [Purgat. III, 138 e\nsegg., IV, 139 e segg.].  Vedi la lunga nota al canto II di\nquesta cantica v. 93.\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Quei confini<\/strong> non di là dall'acque, nell'atrio del Purgatorio<\/i>, come spiega il Venturi seguendo il Daniello; ma intorno al monte medesimo, su di cui erano, laggiù sotto della porta guardata dall'angelo; dove per simile indugio a pentirsi aspettano, tra gli altri, Manfredi e Belacqua [Purgat. III, 138 e segg., IV, 139 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. III 138","NotaFonte":"","TestoFonte":"star li convien da questa ripa in fore","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=37","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"142","from":11158.0,"to":11160.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"non adoprai tanto colla\nforza, quanto coll'astuzia e frode.  Forse allude [dice bene il\nVenturi] a quel detto di Cicerone de Off: Vis leonis videtur,\nfraus quasi vulpeculae.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Forse allude [dice bene il Venturi] a quel detto di Cicerone de Off: Vis leonis videtur, fraus quasi vulpeculae.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1180721","LuogoFonte":"I 41","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cum autem duobus modis, id est aut vi aut fraude, fiat iniuria, fraus quasi vulpeculae, vis leonis videtur; utrumque homine alienissimum, sed fraus odio digna maiore.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0474.phi055.perseus-lat1:1.41","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"75","from":26320.0,"to":26323.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":"De officiis"},
{"Annotazione":"non apparisce, non ha\norigine cotal circolar lume se non per raggio<\/b>, per luce,\nvegnente da Dio, ed alla sommit\u00e0, alla convessa superficie del\nprimo mobile ciel cristallino [Cos\u00ec il primo mibile da molti\nessere chiamato afferma Dante stesso nel suo Convito<\/i> tratt. 2\ncap. 4] riflessa; il qual cielo da essa divina luce prende\nvivere<\/i><\/b>, movimento, e potenza<\/b> d'influire ne' sottoposti cieli\n[Vedi, tra gli altri luoghi, Par. II, 123].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
primo mobile ciel cristallino [Così il primo mibile da molti essere chiamato afferma Dante stesso nel suo Convito<\/i> tratt. 2 cap. 4]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"II iii 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"lo nono è quello che non è sensibile se non per questo movimento che è detto di sopra, lo quale chiamano molti Cristallino, cioè diafano o vero tutto trasparente.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_CV&pb=19","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"106-108","from":30081.0,"to":30084.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"non che Virgilio allora lo dicesse; ma\ndicelo nella sua Eneida.  Daniello  — di Silvio lo parente.<\/b> \nParente<\/b> qu\u00ec pure per genitore<\/i>, come nel preced. canto v. 68,\ne intendesi Enea.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
non che Virgilio allora lo dicesse; ma dicelo nella sua Eneida<\/em>.  Daniello<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI 236-900","NotaFonte":"","TestoFonte":"His actis, propere exsequitur praecepta Sibyllae.
Spelunca alta fuit vastoque immanis hiatu,
scrupea, tuta lacu nigro nemorumque tenebris,
quam super haud ullae poterant impune volantes
tendere iter pennis—talis sese halitus atris
[...]","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+6.236&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"13","from":1083.0,"to":1085.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"non ci scappi, non se la svigni: voce\nallora comune. Fra Jacopone: «Venitel a pigliare, Che non ne\npu\u00f2 mucciare.» Cavalca: «Il guardavano, che non mucciasse.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"non mucci<\/strong>, non ci scappi, non se la svigni: voce allora comune. Fra Jacopone: «Venitel a pigliare, Che non ne può mucciare.» Cavalca: «Il guardavano, che non mucciasse.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q317267","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3827677","LuogoFonte":"Laude 32, 43-44","NotaFonte":"","TestoFonte":"Venetal a ppigliare,
co' non ne po' mucciare","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_1\/t20.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"127","from":23437.0,"to":23439.0,"NomeAutore":"Jacopone da Todi","TitoloFonte":"Laude"}, {"Annotazione":"non come un uomo\nsobranza<\/b>, prevale, ad un altro, essendo costui ripugnante. —\nperch\u00e8 vuol esser vinta<\/b>, dando essa a noi onde vincerla. \nSovranza<\/i> in vece di sobranza<\/i><\/b> leggono qu\u00ec diversamente dalla\nNidobeatina e da molti mss. gli Accademici della Crusca; ma poi\nnel canto XXIII di questa cantica v. 35 mutano essi pure\nsovranza<\/i><\/b> in sobranza.<\/b>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
canto XXIII di questa cantica v. 35<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXIII 35","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ella mi disse: \"Quel che ti sobranza","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=90&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97-98","from":19851.0,"to":19855.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"non da chiedere<\/i>, ma da chedere<\/i>, verbo\nadoprato da altri antichi scrittori [Vedi la nota Inferno XV,\n120] — a lui, che tutto giuggia<\/b>, al supremo ed universal\ngiudice, Iddio.  Giuggiare<\/i><\/b> per giudicare<\/i> crede il Bembo che\nprendesse Dante dal Provenzale idioma [Pros. I, 21].  Del\ngiudizio del Bembo in materia di Provenzale poco fidasi 'l\nVenturi; e ne allega per testimonio il Castelvetro.  Ma se non\ntolse Dante giuggiare<\/i> dai Provenzali, dee certamente averlo\ntolto dai Francesi, che per giudicare<\/i> dicono iuger<\/i>, e\npronunziano la j<\/i> consonante con molta somiglianza alla g<\/i>\nnostra.  O per\u00f2 da' Francesi, o da' Provenzali si togliesse Dante\nquesto verbo, se 'l pot\u00e8, per arricchire la nascente Italiana\nfavella, lodevolmente togliere: n\u00e8 si pu\u00f2 senz'ira udire dal\nVenturi, che fossevi Dante preso per il collo dalla rima.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Cheggio <\/strong>non da chiedere<\/i>, ma da chedere<\/i>, verbo adoprato da altri antichi scrittori [Vedi la nota Inferno XV, 120]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XV 120","NotaFonte":"","TestoFonte":"nel qual io vivo ancora, e più non cheggio<\/strong>\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=15","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"48","from":19857.0,"to":19858.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"non erano stati salvati. \n«Avvegna che la veritade a l'ultimo sia trovata» (Conv.<\/i>, II,\niii, 3).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
non erano stati salvati. \r\n«Avvegna che la veritade a l'ultimo sia trovata» (Conv.<\/i>, II,\r\niii, 3).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"II, iii, 3","NotaFonte":"La forma verbale italiana che appare come presente \u00e8 in realt\u00e0 un calco dal perfetto passivo latino.","TestoFonte":"Dico adunque che del numero delli cieli e del sito diversamente è sentito da molti, avegna che la veritade all'ultimo sia trovata.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=19&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"63","from":3410.0,"to":3415.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"non fe mai alle sue acque si grossa\ncoperta, crosta di ghiaccio.  Ovidio, Trist., III, 10: «Ister\nCongelat, et tectis in mare serpit aquis.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Non fece<\/b> ec., non fe mai alle sue acque si grossa coperta, crosta di ghiaccio. Ovidio, Trist., III, 10: «Ister Congelat, et tectis in mare serpit aquis.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q287323","LuogoFonte":"Tristia III, x, 29-30","NotaFonte":"","TestoFonte":"caeruleos ventis latices durantibus, Hister
congelat et tectis in mare serpit aquis","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A2008.01.0492%3Abook%3D3%3Apoem%3D10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25","from":31091.0,"to":31093.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Tristia"}, {"Annotazione":"non furono mai d'uomo\nforte, ma sempre di fraudolento. Cicerone, De off., I, 15:\n«Fraus vulpeculae, vis leonis videtur.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Non furon leonine<\/b> ec., non furono mai d'uomo forte, ma sempre di fraudolento. Cicerone, De off., I, 15: «Fraus vulpeculae, vis leonis videtur.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1180721","LuogoFonte":"De officiis I, xiii, 34","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cum autem duobus modis, id est aut vi aut fraude, fiat iniuria, fraus<\/strong> quasi vulpeculae, vis leonis videtur<\/strong>; utrumque homine alienissimum, sed fraus odio digna maiore.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A2007.01.0047%3Abook%3D1%3Asection%3D41","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"75","from":26320.0,"to":26323.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":"De officiis"}, {"Annotazione":"non gl'insegnai a fare ci\u00f2 che\nDedalo fece, cio\u00e8 a volare. Dedalo per fuggirsene dal labirinto\ndi Creta dove trovavasi rinchiuso, formossi ale di penne e cera,\ne se ne vol\u00f2. Cos\u00ec le favole.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dedalo per fuggirsene dal labirinto di Creta dove trovavasi rinchiuso, formossi ale di penne e cera, e se ne volò.  Così le favole.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"VIII 183-235","NotaFonte":"","TestoFonte":"Daedalus interea Creten longumque perosus
exsilium tactusque loci natalis amore
clausus erat pelago. “Terras licet” inquit “et undas
obstruat: at caelum certe patet; ibimus illac.
Omnia possideat, non possidet aera Minos.”
Dixit et ignotas animum dimittit in artes
naturamque novat. Nam ponit in ordine pennas,
a minima coeptas, longam breviore sequenti,
ut clivo crevisse putes. Sic rustica quondam
fistula disparibus paulatim surgit avenis.
Tum lino medias et ceris adligat imas,
atque ita compositas parvo curvamine flectit,
ut veras imitetur aves. Puer Icarus una
stabat et, ignarus sua se tractare pericla,
ore renidenti modo, quas vaga moverat aura,
captabat plumas, flavam modo pollice ceram
mollibat lusuque suo mirabile patris
impediebat opus. Postquam manus ultima coepto
imposita est, geminas opifex libravit in alas
ipse suum corpus motaque pependit in aura.
Instruit et natum “medio” que “ut limite curras,
Icare,” ait “moneo, ne, si demissior ibis,
unda gravet pennas, si celsior, ignis adurat.
Inter utrumque vola. Nec te spectare Booten
aut Helicen iubeo strictumque Orionis ensem:
me duce carpe viam.” Pariter praecepta volandi
tradit et ignotas umeris accommodat alas.
Inter opus monitusque genae maduere seniles,
et patriae tremuere manus. Dedit oscula nato
non iterum repetenda suo, pennisque levatus
ante volat comitique timet, velut ales, ab alto
quae teneram prolem produxit in aera nido,
hortaturque sequi damnosasque erudit artes
et movet ipse suas et nati respicit alas.
Hos aliquis tremula dum captat harundine pisces,
aut pastor baculo stivave innixus arator
vidit et obstipuit, quique aethera carpere possent
credidit esse deos. Et iam Iunonia laeva
parte Samos (fuerant Delosque Parosque relictae),
dextra Lebinthos erat fecundaque melle Calymne,
cum puer audaci coepit gaudere volatu
deseruitque ducem caelique cupidine tractus
altius egit iter. Rapidi vicinia solis
mollit odoratas, pennarum vincula, ceras.
Tabuerant cerae: nudos quatit ille lacertos,
remigioque carens non ullas percipit auras,
oraque caerulea patrium clamantia nomen
excipiuntur aqua: quae nomen traxit ab illo.
At pater infelix, nec iam pater, “Icare,” dixit,
“Icare,” dixit “ubi es? qua te regione requiram?”
“Icare” dicebat: pennas adspexit in undis
devovitque suas artes corpusque sepulcro
condidit, et tellus a nomine dicta sepulti.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:8.183-8.259","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"116","from":28610.0,"to":28613.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"non il\ngustar il pomo dell'arbore della scienza, essendo per se stessa\ncosa innocente, e sol mala perch\u00e8 proibita, e non proibita perch\u00e8\nmala. Venturi. Gustar del legno<\/b>, per gustar del frutto del\nlegno<\/i>, o sia dell'arbore<\/i>, \u00e8 la frase stessa ch'adopera la\nGenesi, De ligno autem scientiae boni et mali ne comedas<\/i> [Nel\nmedesimo cap. 2].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Gustar del legno<\/b>, per gustar del frutto del legno<\/i>, o sia dell'arbore<\/i>, è la frase stessa ch'adopera la Genesi, De ligno autem scientiae boni et mali ne comedas<\/i> [Nel medesimo cap. 2].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"II 17","NotaFonte":"","TestoFonte":"de ligno autem scientiae boni et mali ne comedas","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"115-116","from":26174.0,"to":26190.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"non lasciando per\u00f2 di\nfissamente guardarsi l'un l'altre, come avean fatto finora (v.\n91).  — Lucerne<\/b>, Matth., VI, 22: «Lucerna corporis tui est\noculus tuus.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Lucerne<\/b>, Matth., VI, 22: «Lucerna corporis tui est oculus tuus.»\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q31966","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q107388","LuogoFonte":"Matteo VI, 22","NotaFonte":"","TestoFonte":"Lucerna corporis est oculus<\/strong>. Si ergo fuerit oculus tuus simplex, totum corpus tuum lucidum erit;","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#6","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"122","from":24508.0,"to":24510.0,"NomeAutore":"Marco","TitoloFonte":"Vangelo secondo Marco"},
{"Annotazione":"non pensar pi\u00f9 a i torti, che\nriceverai.  Venturi.  — presso a colui<\/b> ec., vicino a Dio, che\ndisgrava<\/b> [ch'alleggerisce] ogni torto ed aggravio, vendicandolo\nnell'offensore, e premiandolo nell'offeso, se lo soffre come si\ndeve: allude al mihi vindicta; ego retribuam<\/i> [Ad Rom.<\/i> 12]. \nLo stesso.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
presso a colui<\/b> ec., vicino a Dio, che disgrava<\/b> [ch'alleggerisce] ogni torto ed aggravio, vendicandolo nell'offensore, e premiandolo nell'offeso, se lo soffre come si deve: allude al mihi vindicta; ego retribuam<\/i> [Ad Rom.<\/i> 12]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q48203","LuogoFonte":"XII 19","NotaFonte":"","TestoFonte":"scriptum est enim: “ Mihi vindicta, ego retribuam ”, dicit Dominus. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-romanos_lt.html#12","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"5-6","from":17228.0,"to":17230.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera ai Romani"},
{"Annotazione":"non per\nscelleragini commesse, ma [giusta il di lui detto dieci versi\nsotto] per non essermi vestito delle tre sante virt\u00f9<\/i>\n{vv.34-35}, cio\u00e8 fede, speranza, e carit\u00e0 — l'alto Sol<\/b>, Iddio,\ns\u00ec perch\u00e8 illumina il Paradiso, s\u00ec perch\u00e8 intende il Poeta che il\nbasso nostro Sole sia come uno specchio riverberante la divina\nluce, che per mezzo delle celesti intelligenze a lui deriva [Vedi\nquanto \u00e8 detto Purg. IV, 62], — tardi per me conosciuto<\/b> la\nNidob., tardi da<\/i><\/b> ec. l'altre edizioni; tardi<\/i><\/b> cio\u00e8 dopo morte\nsolamente.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
l'alto Sol<\/b>, Iddio, sì perchè illumina il Paradiso, sì perchè intende il Poeta che il basso nostro Sole sia come uno specchio riverberante la divina luce, che per mezzo delle celesti intelligenze a lui deriva [Vedi quanto è detto Purg. IV, 62]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IV 62","NotaFonte":"","TestoFonte":"fossero in compagnia di quello specchio","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=38","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"25-27","from":6237.0,"to":6261.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"non per forza di fuoco\nmateriale, ma per virt\u00f9 divina.  — Pegola spessa<\/b>, pece densa. \n— Bollia<\/b> (cf. v. 8), a somiglianza di quella che bolle nelle\ngrandi caldaje nell'arsenale di Venezia.  — Laggiuso<\/b> (v. 22), \nin quella bolgia.  — Inviscava<\/i><\/b> (cf. Inf.<\/i>, XXII, 144), \nimpaniava, tenace come il vischio (cf. v. 8).  Le Chiose<\/i>: «La\npegola chi la tocca lo 'mbratta, e si se gli appicca.  Simile\navviene di questi barattieri; imperocch\u00e8 qualunque sta o usa\nnelle corti di gran signori, s'egli fosse santo, diventa\nbarattiere.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Inviscava<\/b> (cf. Inf.<\/i>, XXII, 144), impaniava, tenace come il vischio (cf. v. 8).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXII, 144","NotaFonte":"","TestoFonte":"sì avieno inviscate l'ali sue","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=22&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16-18","from":19442.0,"to":19463.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"non per via di parole ambigue\ned enigmatiche quali erano gli antichi oracoli co' quai il\ndemonio deludeva, e intrigava, come in pania uccello, i miseri\nIdolatri.  Allude a quel di Virgilio Cumaea Sibylla Horrendas\ncanit ambages, antroque remugit, Obscuris vera involvens<\/i>\n[Aeneid.<\/i> VI, 98 e segg.].  Venturi.  — pria che fosse anciso<\/b>\nec. prima che fosse morto in croce Ges\u00f9 Cristo, cui la Chiesa\npregando dice Agnus Dei qui tollis peccata mundi<\/i><\/b> ec. e la\ncircostanza dell'anteriorit\u00e0 a cotal preziosa morte ha rapporto a\nquelle parole che Ges\u00f9 Cristo medesimo dell'infernal nemico\nparlando disse poco innanzi al morire, nunc princeps huius mundi\neiicietur foras<\/i> [Ioan.<\/i> 12].  Della voce peccata<\/i> per\npeccati<\/i>, vedi cio\u00e8 ch'\u00e8 detto Inf. V, 9 e del verbo tollere<\/i>\nper togliere<\/i> vedi Par. VI, 57 ed altrove.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Allude a quel di Virgilio Cumaea Sibylla Horrendas canit ambages, antroque remugit, Obscuris vera involvens <\/i>[Aeneid.<\/i> VI, 98 e segg.].  Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI 98-100","NotaFonte":"","TestoFonte":"Talibus ex adyto dictis Cumaea Sibylla
horrendas canit ambages <\/strong>antroque remugit,
obscuris vera involvens:","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:6.98-6.123","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"31-33","from":16403.0,"to":16406.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"non pose maggior\ndiscordia tra Assalonne e suo padre, che io tra que' due. \nAchitofel confort\u00f2 il giovane a violar le donne del padre, e a\ncombatterlo: poi, vedutolo vinto, s'impicc\u00f2. Reg. II, 16. —\nCo' malvagi pungelli<\/b>, co' pungoli delle sue malvage\ninstigazioni.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Non fe più d'Absalone<\/b> ec., non pose maggior discordia tra Assalonne e suo padre, che io tra que' due. Achitofel confortò il giovane a violar le donne del padre, e a combatterlo: poi, vedutolo vinto, s'impiccò. Reg. II, 16. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q181620","LuogoFonte":"II Samuele, XVI","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cumque David transisset paululum montis verticem, apparuit Siba puer Meribbaal in occursum eius cum duobus asinis stratis, qui onerati erant ducentis panibus et centum alligaturis uvae passae et centum fasciculis fructuum aestivorum et utre vini. Et dixit rex Sibae: “ Quid sibi volunt haec? ”. Responditque Siba: “ Asini domesticis regis ad sedendum; et panes et fructus aestivi ad vescendum pueris tuis; vinum autem, ut bibat, si quis defecerit in deserto ”. Et ait rex: “ Ubi est filius domini tui? ”. Responditque Siba regi: “ Remansit in Ierusalem dicens: “Hodie restituet mihi domus Israel regnum patris mei” ”.Et ait rex Sibae: “ Ecce, tua sint omnia, quae fuerunt Meribbaal ”. Dixitque Siba: “ Adoro; inveniam gratiam coram te, domine mi rex ”. Venit ergo rex David usque Bahurim, et ecce egrediebatur inde vir de cognatione domus Saul nomine Semei filius Gera; procedebat egrediens et maledicens mittebatque lapides contra David et contra universos servos regis David. Omnis autem populus et universi viri fortissimi a dextro et sinistro latere regis incedebant. Ita autem loquebatur Semei, cum malediceret regi: “ Egredere, egredere, vir sanguinum et vir Belial! Reddidit tibi Dominus universum sanguinem domus Saul, quoniam invasisti regnum eius; et dedit Dominus regnum in manu Absalom filii tui; et ecce premunt te mala tua, quoniam vir sanguinum es ”. Dixit autem Abisai filius Sarviae regi: “ Quare maledicit canis hic mortuus domino meo regi? Vadam et amputabo caput eius ”. Et ait rex: “Quid mihi et vobis filii Sarviae? Si maledicit, et si Dominus praecepit ei, ut malediceret David, quis est qui audeat dicere: “Quare sic fecisti?” ”Et ait rex Abisai et universis servis suis: “ Ecce filius meus, qui egressus est de visceribus meis, quaerit animam meam; quanto magis nunc iste filius Beniaminita. Dimittite eum, ut maledicat iuxta praeceptum Domini. Fortasse respiciet Dominus afflictionem meam et reddet mihi bonum pro maledictione hac hodierna ”. Ambulabat itaque David et socii eius per viam; Semei autem per iugum montis ex latere gradiebatur maledicens et mittens lapides adversum eum terramque spargens. Venit itaque rex et universus populus cum eo lassus usque ad aquas, et refocillati sunt ibi. Absalom autem et omnis populus eius, viri Israel, ingressi sunt Ierusalem, sed et Achitophel cum eo. Cum autem venisset Chusai Arachites amicus David ad Absalom, locutus est ad eum: “ Vivat rex! Vivat rex! ”. Ad quem Absalom: “Haec est, inquit, gratia tua ad amicum tuum? Quare non isti cum amico tuo? ”. Responditque Chusai ad Absalom: “ Nequaquam; quia, quem elegit Dominus, et hic populus et omnis Israel, illius ero et cum eo manebo. Sed, ut et hoc inferam, cui ego serviturus sum? Nonne filio regis? Sicut parui patri tuo, sic parebo et tibi ”. Dixit autem Absalom ad Achitophel: “ Inite consilium quid agere debeamus ”. Et ait Achitophel ad Absalom: “ Ingredere ad concubinas patris tui, quas dimisit ad custodiendam domum; ut, cum audierit omnis Israel quod foedaveris patrem tuum, roborentur manus omnium, qui tecum sunt ”. Tetenderunt igitur Absalom tabernaculum in solario; ingressusque est ad concubinas patris sui coram universo Israel. Consilium autem Achitophel, quod dabat in diebus illis, quasi si quis consuleret Deum; sic erat omne consilium Achitophel, et cum esset cum David et cum esset cum Absalom.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ii-samuelis_lt.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"137-138","from":27729.0,"to":27741.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libri di Samuele"}, {"Annotazione":"non si uguaglia [intendi nel\nsignificato<\/i>] mo ed issa<\/b>; significando entrambi queste due\nparticelle lo stesso che ora.<\/i><\/b> Mo<\/i><\/b>, voce sincopata del Latino\nmodo<\/i>, trovasi usata non solo dal poeta nostro, ma da molti\naltri buoni scrittori. Vedi il Vocabol. della Cr. Issa<\/b> [forse\ndal Tedesco itz<\/i><\/b>] dicela il Buti [Citato nel Vocab della Cr.\nalla v. Issa<\/i>] voce Lucchese: e se non fu Lucchese, Toscana\ncertamente la dee essere stata; che troppe volte adoprala Dante,\ne qu\u00ec in rima, ed altrove [Inf. XXVII, 23, Purg. XXIV, 55] fuor\ndi rima; ci\u00f2 che delle voci veramente forestrieri non suol fare,\ncome non fa n\u00e8 di a pruovo<\/i>, n\u00e8 di borni<\/i>, n\u00e8 di giuggiare<\/i>,\nn\u00e8 di roffia<\/i>, n\u00e8 di tant'altre.\n\n\tIl Venturi al canto XXIV. del Purg. v. 55 ci assicura\nch'\u00e8 isa<\/i> voce usata da' marinari e da altri faticanti attorno\na un gran peso, per animarsi l'un l'altro a far forza unitamente;\nnel qual senso<\/i> [aggiunge] \u00e8 usata in molte parti ancora di\nToscana.<\/i> Ci\u00f2 essendo avremmo una riprova che issa<\/i><\/b> pareggisi\nin tutto al mo<\/b>, che in vece d'issa<\/b>, o d'isa<\/i><\/b>, adoperano i\nfaticanti di conserto in altre parti d'Italia; quasi dir volendo,\nmo tiriamo, mo alziamo<\/i> ec.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Issa<\/b> [forse dal Tedesco itz<\/i>] dicela il Buti [Citato nel Vocab della Cr. alla v. Issa<\/i>] voce Lucchese: e se non fu Lucchese, Toscana certamente la dee essere stata; che troppe volte adoprala Dante, e quì in rima, ed altrove [Inf. XXVII, 23, Purg. XXIV, 55] fuor di rima; ciò che delle voci veramente forestrieri non suol fare, come non fa nè di a pruovo<\/i>, nè di borni<\/i>, nè di giuggiare<\/i>, nè di roffia<\/i>, nè di tant'altre. \r\nIl Venturi al canto XXIV. del Purg. v. 55 ci assicura ch'è isa<\/i> voce usata da' marinari e da altri faticanti attorno a un gran peso, per animarsi l'un l'altro a far forza unitamente; nel qual senso<\/i> [aggiunge] è usata in molte parti ancora di Toscana.<\/i>  Ciò essendo avremmo una riprova che issa<\/b> pareggisi in tutto al mo<\/b>, che in vece d'issa<\/b>, o d'isa<\/i>, adoperano i faticanti di conserto in altre parti d'Italia; quasi dir volendo, mo tiriamo, mo alziamo<\/i> ec.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVII 21","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Inf. XXVII 21, non 23.","TestoFonte":" dicendo \"Istra ten va, più non t'adizzo\",","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=27","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":21454.0,"to":21458.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"non si usa pi\u00f9 un\nlinguaggio solamente (pur<\/b>), come si usava ne' primi tempi del\nmondo.  «Erat terra labii unius,» dice la Genesi; e poi per la\nmatta impresa, «confusum est labium universae terrae.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Pur un linguaggio<\/b> ec., non si usa più un linguaggio solamente (pur<\/b>), come si usava ne' primi tempi del mondo. «Erat terra labii unius,» dice la Genesi; e poi per la matta impresa, «confusum est labium universae terrae.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"Genesi XI, 1-9","NotaFonte":"","TestoFonte":"Erat autem universa terra labii unius <\/strong>et sermonum eorundem. Cumque proficiscerentur de oriente, invenerunt campum in terra Sennaar et habitaverunt in eo. Dixitque alter ad proximum suum: “Venite, faciamus lateres et coquamus eos igni”. Habueruntque lateres pro saxis et bitumen pro caemento. Et dixerunt: “Venite, faciamus nobis civitatem et turrim, cuius culmen pertingat ad caelum, et faciamus nobis nomen, ne dividamur super faciem universae terrae”. Descendit autem Dominus, ut videret civitatem et turrim, quam aedificaverunt filii hominum, et dixit Dominus: “Ecce unus est populus et unum labium omnibus; et hoc est initium operationis eorum, nec eis erit deinceps difficile, quidquid cogitaverint facere. Venite igitur, descendamus et confundamus ibi linguam eorum, ut non intellegat unusquisque vocem proximi sui”. Atque ita divisit eos Dominus ex illo loco super faciem universae terrae, et cessaverunt aedificare civitatem. Et idcirco vocatum est nomen eius Babel, quia ibi confusum est labium universae terrae<\/strong>, et inde dispersit eos Dominus super faciem universae terrae","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"78","from":30413.0,"to":30416.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"non solamente ora.  La disposizione a\ndicer poco<\/i> era in Dante fin da quando gli sembr\u00f2 che Virgilio\nindirettamente ne lo ammonisse (c. III, 79-81).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
non solamente ora.  La disposizione a dicer poco<\/i> era in Dante fin da quando gli sembrò che Virgilio indirettamente ne lo ammonisse (c. III, 79-81).\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III, 79-81","NotaFonte":"","TestoFonte":"Allor con li occhi vergognosi e bassi,
temendo no 'l mio dir li fosse grave,
infino al fiume del parlar mi trassi. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"21","from":8777.0,"to":8780.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"non sonavano solo, ma risonavano. \u00c8 un\npienissimo di orchestre infernali. — sanza stelle<\/b>: Anche V.\nparla di notti senza stelle (En.<\/i>, III, 204) e di case senza\nsole (En.<\/i>, VI, 534); ma l'immagine bella per s\u00e9, D. la rinnova\ncol suo sentimento. Per lui l'esilio non era poi tanto duro,\nperch\u00e8 non gli poteva impedire di contemplare le stelle: Nonne\nsolis astrorumque specula ubique conspiciam<\/i>? (Ep.<\/i>, XII, 9), e\nl'uscire dall'inferno sar\u00e0 un uscire a riveder le stelle.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
sanza stelle<\/b>: Anche V.\r\nparla di notti senza stelle (En.<\/i>, III, 204) e di case senza\r\nsole (En.<\/i>, VI, 534); ma l'immagine bella per sé, D. la rinnova\r\ncol suo sentimento.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"III, 204","NotaFonte":"L'altro riferimento virgiliano che, secondo Pietrobono, influenzerebbe l'immagine dantesca proviene dal VI libro dell'Eneide: \u00aban quae te fortuna fatigat, \/ Vt tristis sine sole domos, loca turbida, adires?\"\u00bb (vv. 533-534); ancora una volta, \u00e8 la comune ambientazione nel regno dell'Oltretomba a legittimare un collegamento tra i passi poetici. Pare per\u00f2 difficile negare una pi\u00f9 stretta correlazione con quello proposto nella schedatura, dove sono le stelle (esatta traduzione delle \u00absidera\u00bb del testo latino) a non comparire, e non il sole.","TestoFonte":"Ipse diem noctemque negat discernere caelo
Nec meminisse uiae media Palinurus in unda
Tris adeo incertos caeca caligine soles
Erramus pelago, totidem sine sidere noctes.<\/em>","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=VERG%7Caene%7C003","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"23","from":2186.0,"to":2187.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"non ti doveva dal\nlevar suso<\/i> {v.56} rispingere abbasso, ad essere bersaglio\nd'altri strali<\/i> {v.55}, — o pargoletta, o altra<\/b> ec. o\ngiovinetta donna, o altro vano obbietto. Il Daniello, e 'l\nVenturi dicono per tal pargoletta<\/b> alludersi alla Lucchese\nGentucca, di cui nel canto XXIV, 37 e segg. di questa medesima\ncantica. Mancarono essi per\u00f2 d'avvertire che Buonagiunta\nnell'indicato canto ne fa chiaramente capire, che Dante al tempo\ndi questo suo viaggio non sapeva tampoco se Gentucca fosse al\nmondo; e che qu\u00ec Beatrice riprende Dante dei peccati gi\u00e0\ncommessi, e non dei futuri. — con s\u00ec breve uso<\/b>, di cos\u00ec curta\ndurata.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il Daniello, e 'l Venturi dicono per tal pargoletta<\/b> alludersi alla Lucchese Gentucca, di cui nel canto XXIV, 37 e segg. di questa medesima cantica.  Mancarono essi però d'avvertire che Buonagiunta nell'indicato canto ne fa chiaramente capire, che Dante al tempo di questo suo viaggio non sapeva tampoco se Gentucca fosse al mondo; e che quì Beatrice riprende Dante dei peccati già commessi, e non dei futuri.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIV 37","NotaFonte":"","TestoFonte":"El mormorava; e non so che \"Gentucca\"","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=58&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"58-60","from":31311.0,"to":31315.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"non vi dico bug\u00eca [chiosa il\nVenturi] da bugiare<\/i>, da cui vien bug\u00eca, bugiardo come da\nbeffare<\/i> beffe, beffardo: solo la mancanza dell'accento su l'i<\/i>\npotr\u00e0 parere un po strana, essendo pi\u00f9 propria del bugiare<\/i> in\nsignificato di forare.<\/i>\n\n\tBugiare<\/i> in significato di dir bugia<\/i> trovasi adoprato\nda altri antichi Toscani scrittori [Vedi'l Vocab. della Crusca]:\ne dal bugiardo<\/i>, che pronunziam noi senz'accento su l'i<\/i> puossi\nconghietturare, che si pronunziasse istessamente il verbo suo\noriginario bugiare<\/i>; come, per cagion d'esempio, pronunziossi\nl'i<\/i> senz'accento in ammalia<\/i> verbo: La cieca cupidigia, che\nv'ammalia<\/i> [Parad. XXX, 139]: quantunque sempre si pronunzi l'i<\/i>\naccentato in mal\u00eca.<\/i>  Bugiare<\/i> per bucare<\/i> credo che il primo\ndicesselo l'Ariosto [Fur.<\/i> II st. 24].  Certo \u00e8 almeno che nel\nVocab. della Crusca non ha altro esempio.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
dal bugiardo<\/i>, che pronunziam noi senz'accento su l'i<\/i> puossi conghietturare, che si pronunziasse istessamente il verbo suo originario bugiare<\/i>; come, per cagion d'esempio, pronunziossi l'i<\/i> senz'accento in ammalia<\/i> verbo: La cieca cupidigia, che v'ammalia<\/i> [Parad. XXX, 139]: quantunque sempre si pronunzi l'i <\/i>accentato in malìa.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXX 139","NotaFonte":"","TestoFonte":"La cieca cupidigia che v'ammalia","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=97&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"109","from":18226.0,"to":18229.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"non vi nuoceranno.  Promessa\nper\u00f2 di demonio bugiardo, com'\u00e8 detto al vers. 111 e vedrassi in\neffetto nel canto XXIII, 35 e segg.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Promessa però di demonio bugiardo, com'è detto al vers. 111 e vedrassi in effetto nel canto XXIII, 35 e segg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIII 34-36","NotaFonte":"","TestoFonte":"Già non compié di tal consiglio rendere,
ch'io li vidi venir con l'ali tese
non molto lungi, per volerne prendere.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=23","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"117","from":20188.0,"to":20191.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"non vi \u00e8, non \u00e8\nivi, immagine, n\u00e8 scultura esposta all'occhio de' risguardanti. \nDella particella gli<\/b> per vi<\/i> od ivi<\/i> vedi 'l Vocab. della\nCr.; e della voce ombra<\/i><\/b> per immagine<\/i><\/b>, vedi ci\u00f2 ch'\u00e8 detto nel\ncanto precedente v. 65. La particella si<\/b> aggiungesi a paia<\/b>\nper semplice ornamento.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Della voce ombra<\/b> per immagine<\/i>, vedi ciò ch'è detto nel canto precedente v. 65<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XII 65","NotaFonte":"","TestoFonte":"che ritraesse l'ombre e ' tratti ch'ivi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=46","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":12140.0,"to":12149.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"n\u00e8 giov\u00f2 a far che gli\nuomini l' abbracciassero~, udire che la povert\u00e0 rendesse sicuro\nAmiclate~, il povero pescatore~, talmente che in mezzo alle\nscorrerie degli eserciti di Cesare e di Pompeo se nel dormisse\negli tranquillamente nella sua capanna~, n\u00e8 punto sbigottisse\nsentendo al mal sicuro uscio battere e chiamarsi da colui<\/i>, da\nGiulio Cesare~, che fe' paura a tutto 'l mondo.<\/i> Vedi Lucano nel\nquinto libro della Farsaglia verso 528.  e segg.~, ove fa che in\nlode della povert\u00e0 esclami Cesare~: o vitae tuta facultas\nPauperis angustique lares<\/i>!  o munera nondum Intellecta Deum\nec.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vedi Lucano nel quinto libro della Farsaglia verso 528.  e segg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"V 515-531","NotaFonte":"","TestoFonte":"Rectorem dominumque ratis secura tenebat
Haud procul inde domus, non ullo robore fulta,
Sed sterili iunco cannaque intexta palustri,
Et latus inversa nudum munita phaselo.
Haec Caesar bis terque manu quassantia tectum
Limina commovit. Molli consurgit Amyclas,
Quem dabat alga, toro. Quisnam mea nafragus, inquit,
Tecta petit? aut quem nostrae Fortuna coegit
Auxilium sperare casae? Sic fatus, ab alto
Aggere iam tepidae sublato fune favillae,
Scintillam tenuem commotos pavit in ignes;
Securus belli: praedam civilibus armis
Scit non esse casas. O vitae tuta facultas
Pauperis, angustique lares! o munera nondum
Intellecta deum! quibus hoc contingere templis
Aut potuit muris, nullo trepidare tumultu,
Caesarea pulsante manu? Tum poste recluso,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0917.phi001.perseus-lat1:5.476-5.592","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"67-69","from":10585.0,"to":10608.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, {"Annotazione":"n\u00e8 io intesi ci\u00f2 che si\ndicessero, tanto mi stord\u00ec e vinse quel rimbombo. Fecero queste\ndimostrazioni straordinarie per la vendetta, che in Dio vedevano\ndover presto seguire, come Beatrice dir\u00e0 nel seguente canto. Lo\nstesso.\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Fecero queste dimostrazioni straordinarie per la vendetta, che in Dio vedevano dover presto seguire, come Beatrice dirà nel seguente canto.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXII 13-15","NotaFonte":"","TestoFonte":"nel qual, se 'nteso avessi i prieghi suoi,
già ti sarebbe nota la vendetta
che tu vedrai innanzi che tu muoi.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=89&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"142","from":21222.0,"to":21226.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"n\u00e8 questi \u00e8 violento rapitor\ndell'altrui, mandato quaggi\u00f9 per veder quali pene lo aspettino,\nn\u00e8 io sono anima ladra. — Fuia, fura, femm. di furo<\/i> (c.\nXXI, 45; XXVII, 127), ch'\u00e8 il fur<\/i> de' latini. Il v. 75 del\nc. IX del Par. non lascia alcun dubbio su tale spiegazione\ndella voce fuia<\/b>, della quale lo stesso Borghini ebbe a dire:\n«Di questa voce io non so in verit\u00e0 pi\u00f9 che tanto.» Eppure\negli medesimo aveva altrove notato: «Ov'\u00e8 nel fine la r<\/i><\/b>,\nvolentieri talvolta levandola vi mettiamo l'i<\/i>: usuraro<\/i>,\nusuraio.<\/i> E da buro<\/i>, voce antica che pure oscuro<\/i> significa,\ncredo che sia formata la voce buio<\/i>, con la medesima regola o\nusanza che dir si debba.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Fuia, fura, femm. di furo<\/i> (c. XXI, 45; XXVII, 127), ch'è il fur<\/i> de' latini.  Il v. 75 del c. IX del Par. non lascia alcun dubbio su tale spiegazione della voce fuia<\/b><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI, 45","NotaFonte":"","TestoFonte":"con tanta fretta a seguitar lo furo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"90","from":11083.0,"to":11086.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"o\nvedere<\/b> sta per conoscere<\/i> semplicemente, ovvero il vedere<\/i><\/b> ha\nrapporto a Dio, e l'acquistare<\/b> rapporto alla virt\u00f9.  — questa\ncornice<\/b>, questo girone [Vedi la nota al Purg. X, 27] — dopo\ngiusto pent\u00e8r<\/b>, dopo il debito pentimento avutone in vita — ve\nne mart\u00ecra<\/b>, ve ne gastiga ed affatto purga da ogni macchia\nrimasta.  Del verbo pent\u00e8re<\/i><\/b> vedi la nota Inf. XXVII, 118.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Questa cornice<\/b>, questo girone [Vedi la nota al Purg. X, 27]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. X 27","NotaFonte":"","TestoFonte":"questa cornice mi parea cotale.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=44&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"130-132","from":17367.0,"to":17387.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"o anima [Vita<\/b> adopra per\nanima<\/i> anche altrove, Par. IX, 8, XII, 127 ec.] illustre [cos\u00ec\nBeatrice a s. Giacomo] — per cui l'allegrezza Della nostra<\/i>\nec., quantunque questa lezione dell'Aldina, e d'altre antiche\nedizioni [Vedi, tra l'altre, quelle di Venezia 1568 e 1578]\nriscontrassero gli Accademici della Cr. nella maggior parte de'\nloro mss., come la riscontro io pure in tre della Biblioteca\nCorsini [Segnati 608, 610, 1265], nientedimeno \u00e8 loro piaciuto\npi\u00f9 di leggere per cui l'allegrezza<\/i> ec.  Eccone la ragione\nch'eglino con postilla in margine lasciaronci scritta: Bench\u00e8\ncrediamo che dalla pistola di s. Iacopo si possa trar l'uno e\nl'altro senso, non per tanto<\/i> allegrezza c'\u00e8 paruta pi\u00f9 acconcia\nal cominciamento di essa, e al pensier del Poeta; e par che 'l\nverso n'acquisti.<\/i>  Mancarono essi per\u00f2 d'avviso, che 'l\ncominciamento della pistola Omne gaudium existimate fratres mei,\ncum in tentationes varias incideritis<\/i>, non \u00e8 dal sacro scrittore\ndiretto ai beati in cielo, ma agli uomini in terra; e che bens\u00ec\nquello che siegue a dire Si quis autem vestrum indiget\nsapientia, postulet a Deo, qui dat omnibus affluenter, et non\nimproperat<\/i>, solo appartiene a commendare la larghezza<\/i><\/b>,\nlargit\u00e0, liberalit\u00e0, della divina basilica<\/b>, o sia regia [Vedi\n'l Thesaur. ling. Lat.<\/i><\/b> di Rob. Stefano art. basilica<\/i><\/b>], del\nParadiso.  Perch\u00e8 poi al pensier del Poeta sia pi\u00f9 acconcia\nallegrezza<\/i>, che larghezza<\/b> gli Accademici no 'l dicono, ed io\nper me no 'l veggo: siccome n\u00e8 anche veggo essere il\nmiglioramento del verso, che per allegrezza<\/i><\/b> ottiensi, tale che\npossa qu\u00ec ragionevolmente mettersi 'n conto.\n\n\tL'epistola, detta cattolica<\/i> in cui si leggono le\nriferite parole, secondo il sentimento<\/i> [dice il Venturi] assai\npi\u00f9 comune degli scrittori ecclesiastici, non \u00e8 di san Iacopo di\nGalizia, o vogliam dire del maggiore, ma di s. Iacopo il minore. \nLo scambio \u00e8 condonabile nel Poeta, non cos\u00ec nei comentatori il\nnon averlo avvertito, o avvisato.<\/i>\n\n\tAffinch\u00e8 per\u00f2 vie pi\u00f9 condonabile<\/i> riesca lo scambio,\ngiover\u00e0 di riferire quanto circa lo scrittore di essa cattolica\nepistola avvisa il Tirino.  Utrius Iacobi sit an filii zebedaei,\nan filii Alphaei, dubitatur a non paucis.  Versio Syriaca\nWidmanstadii, versio Arabica, et Liturgia Mozarabum, et horum\npatriarcha s. Isidorus, itemque Lucius Dexter, et quidam alii\nHispani volunt esse Iacobi zebedaei<\/i> [questo a cui l'ascrive\nDante, detto il maggiore<\/i>].  Sed s. Hieronymus, Eusebius,\nAmbrosius, Augustinus, et alii passim veteres ac recentiores\nillam adscribunt Iacobo Alphaei, seu Cleophae filio fratri\nDomini: id est cognato Christi: qui, quod vocatione posterior\nesset Iacobo zebedaei, dictus est minor<\/i> [Praefat. in epist.\ncathol. beati Iacobi apost.<\/i>].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vita<\/b> adopra per anima<\/i> anche altrove, Par. IX, 8, XII, 127 ec.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. IX 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"E già la vita di quel lume santo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=76&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"29-30","from":24565.0,"to":24567.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"o dal Latino solvere<\/i> per soddisfare<\/i>\n[Vedi Rob. Stef. Thesaurus ling. Lat.<\/i><\/b>] o solva<\/b> dice in luogo\ndi assolva<\/i> a senso di compia<\/i>, come assolto<\/i> in vece di\ncompito<\/i> dice Par. XXV, v. 25.\n\n     Ma poich\u00e8 il gratular si fu assolto.<\/i><\/b>\n\nanzi ch'io muova<\/i><\/b> [muovere<\/i> \u00e8 detto qu\u00ec, come altrove\n[Esempigrazia Inf. II, 67], a modo del Latino movere pro\ndiscedere<\/i> [Vedi Rob. Stef. Thesaur. ling. Lat.<\/i>], avanti ch'io\nmi parta.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
solva<\/b> dice in luogo di assolva<\/i> a senso di compia<\/i>, come assolto<\/i> in vece di compito<\/i> dice Par. XXV, v. 25.\r\n     Ma poichè il gratular si fu assolto.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXV 25","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma poi che 'l gratular si fu assolto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=92&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"92","from":9779.0,"to":9780.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"o emula di Tebe nelle atrocit\u00e0,\nla poca et\u00e0 non ammetteva colpa alcuna in Uguccione, nel\nBrigata, e ne' due sopra nominati Gaddo ed Anselmuccio.  Gio.\nVillani: «Di questa crudelt\u00e0 furono i Pisani per lo universo\nmondo, ove si seppe, fortemente ripresi e biasimati; non tanto\nper lo Conte, che per li suoi difetti e tradimenti era per\navventura degno di s\u00ec fatta morte, ma per li figliuoli e nepoti,\nch'erano piccoli garzoni e innocenti.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Innocenti<\/b> ec., o emula di Tebe nelle atrocità, la poca età non ammetteva colpa alcuna in Uguccione, nel Brigata, e ne' due sopra nominati Gaddo ed Anselmuccio. Gio. Villani: «Di questa crudeltà furono i Pisani per lo universo mondo, ove si seppe, fortemente ripresi e biasimati; non tanto per lo Conte, che per li suoi difetti e tradimenti era per avventura degno di sì fatta morte, ma per li figliuoli e nepoti, ch'erano piccoli garzoni e innocenti.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica VIII, 128","NotaFonte":"","TestoFonte":"Di questa crudeltà furono i Pisani per l’universo mondo, ove si seppe, forte biasimati, non tanto per lo conte, che per gli suoi difetti e tradimenti era per aventura degno di sì fatta morte, ma per gli figliuoli e nipoti, ch’erano giovani garzoni e innocenti","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"88-90","from":32585.0,"to":32586.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"o quanto abbondevole raccolta\ndi premio si soffolce<\/b>, si sostiene [Della derivazione del verbo\nsoffolcere<\/i> dal Latino suffulcire<\/i> \u00e8 detto Inferno XXIX, 5] si\ncontiene, in quell'arche ricchissime<\/i><\/b>, in que' doviziosissimi\nricettacoli, tornata loro dallo sparso in terra seme delle virt\u00f9. \nCos\u00ec, credo, esprimesi avuto qualche riguardo alla sentenza di s.\nPaolo: Quae seminaverit homo haec et metet<\/i><\/b> [Galat.<\/i> 6].  —\nche f\u00f2ro<\/b> [detto per antitesi, in vece di furo<\/i><\/b>, sincope di\nfurono<\/i>] A seminar quaggi\u00f9<\/i><\/b>, in terra, bone bobolce.<\/b> \nBobolce<\/b> [il plurale di bobolca<\/i><\/b>, femminile di bobolco<\/i>, dal\nLatino bubulcus<\/i>] vale aratrici e seminatrici della terra.<\/i> \nContro di questa voce adirato il Venturi giudicala da riporsi in\nqualche bolgia dell'Inferno piuttosto che da collocarsi in s\u00ec\nalto posto del Paradiso.<\/i>  Buon per\u00f2 per la meschina, che pu\u00f2 da\ns\u00ec crudele sentenza appellare al giudizio pi\u00f9 autorevole del\nPoliziano, il quale [lode all'opportuno suggerimento del fu\neruditissimo Ab. Pierantonio Serassi] degnolla anch'esso di darle\nposto nell'elegantissime sue stanze\n\n     Le tre Ore, che 'n cima son bobolce<\/i>, \n     Pascon d'ambrosia i fior sacri e divini<\/i>  \n\n[Lib. I st. 93 e veggasi ci\u00f2 che delle mutazioni ivi ed altrove\ndal Dolce fatte avverte Gio. Volpi nel Catalogo di alcune delle\nprincipali edizioni delle Stanze<\/i> medesime sotto l'edizione\nVeneta 1570]. \n\nIl Muratori [Vita di Alessandro Tassoni] riferisce ed approva il\npensier del Tassoni, che bobolca nell'esempio di Dante \u00e8 una\nmisura di terra alla Lombarda: ed in Modena<\/i>, v'aggiunge egli,\nsi dice biolca; e questa voce in Latino dai Notai si chiama\nbobolca.<\/i>\n\n\tBifolca<\/i>, bifolcata<\/i>, e bubulca<\/i> per misure di terra\ntrovansi adoperate anche nel volgarizzamento dell'Agricoltura<\/i>\ndi Pier Crescenzio<\/i> [Vedi 'l Vocabolario della Crusca alle\nriferite voci].  Ma conciossiach\u00e8 i santi con la voce e con gli\nesempi seminassero quaggi\u00f9 non solo le buone<\/i>, ma anche le rie\nterre, predicassero cio\u00e8 ai docili ed agli ostinati, torna assai\nmeglio di lasciare che bobolca<\/i> nell'esempio di Dante significhi\nlo stesso che in quello del Poliziano.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Della derivazione del verbo soffolcere<\/i> dal Latino suffulcire<\/i> è detto Inferno XXIX, 5<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIX 5","NotaFonte":"","TestoFonte":" perché la vista tua pur si soffolge","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=29&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"130-132","from":23220.0,"to":23222.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"o vero splendore dello\nSpirito santo~, come repentinamente si fece avanti~, e come\nbiancheggiante a i miei occhi~!  spiro<\/i> \u00e8 accorciamento di\nspirito.<\/i>  Venturi.  Che poi riconosca Dante tutto lo splendore\ne degli angeli e de' cieli come un riverbero del lume d'Iddio~,\nlo accenna qu\u00ec nel vers. 96.  ed espressamente n\u00e8 lo insegna\nnel Convito [Tratt. 3.  cap. 14.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Che poi riconosca Dante tutto lo splendore e degli angeli e de' cieli come un riverbero del lume d'Iddio, lo accenna quì nel vers. 96.  ed espressamente nè lo insegna nel Convito [Tratt. 3.  cap. 14.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"III xii 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nullo sensibile in tutto lo mondo è più degno di farsi essemplo di Dio che 'l sole. Lo quale di sensibile luce sé prima e poi tutte le corpora celestiali e le elementali allumina: così Dio prima sé con luce intellettuale allumina, e poi le creature celestiali e l'altre intelligibili.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_CV&pb=45","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"76-78","from":13629.0,"to":13649.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"occupa undici miglia di\ncircuito.  La gente<\/i> per la bolgia<\/i> da essa abitata; simile\nall'ardet Ucalegon<\/i> di Virgilio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Volge undici miglia<\/b>, occupa undici miglia di circuito. La gente<\/i> per la bolgia<\/i> da essa abitata; simile all'ardet Ucalegon<\/i> di Virgilio.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis II, 311-312","NotaFonte":"","TestoFonte":"Volcano superante domus; iam proxumus ardet
Ucalegon; Sigea igni freta lata relucent.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D2%3Acard%3D298","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"86","from":29396.0,"to":29399.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"offende l'ingiuriato. Anche\nCicerone, De Offic., II: «Duobus modis fit iniuria; aut vi, aut\nfraude.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
offende l'ingiuriato. Anche Cicerone, De Offic., II: «Duobus modis fit iniuria; aut vi, aut fraude.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1180721","LuogoFonte":"De officiis I, xiii, 41","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cum autem duobus modis, id est aut vi aut fraude, fiat iniuria","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A2007.01.0047%3Abook%3D1%3Asection%3D41","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"24","from":9784.0,"to":9786.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":"De officiis"},
{"Annotazione":"oltre della Nidob. e\nd'altre antiche edizioni, leggono moltissimi mss. veduti dagli\nAccademici della Crusca, ed \u00e8 necessario che in luogo di belle\ncreature<\/i>, che hanno l'edizione della Cr. e tutte le moderne, si\nriceva.  Imperocch\u00e8 tra le belle creature<\/i> comprenderebbesi\nanche Beatrice, e qu\u00ec non si vogliono posati che i soli angeli,\nai quali unicamente conviene l'appellazione di prime creature<\/b>,\nperch\u00e8 creati da Dio prima degli uomini — posarsi da loro\naspersion.<\/b>  Aspersion<\/b> [termine convenientissimo ad esprimere\nl'atto gi\u00e0 dal Poeta indicato [Canto prec. v. 20] d'essi angeli\ndi sparger fiori sopra ed intorno<\/i><\/b> a Beatrice, ed a cui\nottimamente si conf\u00e0 il verbo posare<\/i>] leggono la Nidob. e due\nmss. della biblioteca Corsini segnati 609 e 610: ed \u00e8 il\nsentimento, che volendo Beatrice rendere Dante, gi\u00e0 per udir\ndolente<\/i> {v.68}, vie pi\u00f9 dolente col manifestargli agli occhi la\nbellezza di sua persona, fece cessare quella nuvola di fiori,\nche dalle mani angeliche saliva e cadeva<\/i> [Ivi v. 28 e segg.]\nintorno a se stessa.  Apparsion<\/i>, che leggono in vece l'altre\nedizioni, \u00e8 un termine che non rinviene altrove esempio, e che\ndee in luogo di aspersion<\/i><\/b> essere stato scritto da chi del detto\nangelico offizio intorno a Beatrice non si ricord\u00f2; cagionando\naltrui la briga di arzigogolare, che scomparvero gli angeli per\nnon veder Dante in tanto compassionevole aspetto per il rabbuffo\ndi Beatrice; o pure, che per orrore si ascosero, macchiato ancor\nravvisandolo di quelle colpe rimproverate lui da Beatrice [Cos\u00ec\n'l Venturi; che in sequela di tal sua interpretazione passa a\npettinare il Landino e 'l Vellutello]: come se colei ch'era\nservita dagli angeli fosse di un occhio men puro e dilicato,\ntalch\u00e8 reggesse ella a mirar Dante, mentre quelli per orrore si\nascosero.<\/i><\/b>\n\n\tNella menzionata biblioteca Corsini oltre i due divisati\nmss. che concordemente alla Nidobeatina leggono aspersion<\/b>,\ntutti gli altri che nella medesima esistono, al numero di cinque,\ne l'edizione del Numeister 1472 leggono per errore apersion.<\/i> \nErrore per\u00f2 che, come ognun vede, ricerca minor emenda a formar\naspersion<\/i><\/b>, che apparsion.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Aspersion<\/b> [termine convenientissimo ad esprimere l'atto già dal Poeta indicato [Canto prec. v. 20] d'essi angeli di sparger fiori sopra ed intorno<\/i> a Beatrice [...]: è il sentimento, che volendo Beatrice rendere Dante, già per udir dolente<\/i> {v.68}, vie più dolente col manifestargli agli occhi la bellezza di sua persona, fece cessare quella nuvola di fiori, che dalle mani angeliche saliva e cadeva<\/i> [Ivi v. 28 e segg.] intorno a se stessa.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXX 20-33","NotaFonte":"","TestoFonte":"Io vidi già nel cominciar del giorno
la parte orïental tutta rosata,
e l'altro ciel di bel sereno addorno;
e la faccia del sol nascere ombrata,
sì che per temperanza di vapori
l'occhio la sostenea lunga fïata:
così dentro una nuvola di fiori
che da le mani angeliche saliva
e ricadeva in giù dentro e di fori,
sovra candido vel cinta d'uliva
donna m'apparve, sotto verde manto
vestita di color di fiamma viva.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=64&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"77-78","from":31442.0,"to":31445.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"ombre vane, cfr. Purg. II, 79. — Par\npersona<\/b>: ha sembianza di corpo umano.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
ombre vane, cfr. Purg. II, 79<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. II, 79","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ohi ombre vane, fuor che ne l'aspetto!  ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=36&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"36","from":5219.0,"to":5220.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"omette l'articolo la<\/i>;\ndell'uso della quale omissione vedi Benedetto Menzini [Costruz.\nirregolare della lingua Tosc.<\/i> cap. 22].  — con tal voglia<\/b>\n[cio\u00e8 con volere inefficace, reso tale dal contrario talento]\nlegge la Nidob. meglio, mi pare, che non leggano tutte l'altre\nediz. contra voglia.<\/i><\/b>  Imperocch\u00e8 altro \u00e8 il dire, che col\nvolere l'uomo inefficacemente l'astinenza dal peccato congiunga\nil volere efficacemente il peccato; ed altro \u00e8 il dire che pecchi\nl'uomo contra voglia<\/i>, e che perci\u00f2 contra voglia<\/i> sia posto al\ntormento.  Non est peccatum nisi voluntarium<\/i>, \u00e8 il comune\nparlare de' teologi.  Con quella adunque, direi io, inefficace\nvoglia, con la quale fu l'uomo contrario al peccato, mentre a\npeccare si determin\u00f2, con la medesima vorrebbe nel Purgatorio\nsurgere dal tormento, mentre per inclinazione a soddisfare alla\ndivina giustizia si determina ad ivi rimanere.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Non est peccatum nisi voluntarium<\/i>, è il comune parlare de' teologi. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q653871","LuogoFonte":" I\u00aa-IIae q. 75 a. 1 arg. 2 ","NotaFonte":"","TestoFonte":"Praeterea, causa est ad quam de necessitate sequitur aliud. Sed quod est ex necessitate, non videtur esse peccatum, eo quod omne peccatum est voluntarium<\/strong>. Ergo peccatum non habet causam.","UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/sth2075.html#36783","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"65-66","from":21055.0,"to":21058.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":"Summa Theologiae"},
{"Annotazione":"or pu\u00f2 egli essere che\ntanto vil genia m'abbia negato l'ingresso di Dite?  — Le dolenti\ncase.  AEn., VI: «Tristes sine sole domos.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Le dolenti case. Aen., VI: «Tristes sine sole domos.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis VI, 533","NotaFonte":"","TestoFonte":"ut tristes sine sole domos, loca turbida, adires","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D6%3Acard%3D494","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"120","from":7588.0,"to":7592.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"palude; la dice morta<\/b> per distinguerla da\nquella, la cui superficie pullulava<\/i>, cfr. VII, 119.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
la dice morta<\/b> per distinguerla da quella, la cui superficie pullulava<\/i>, cfr. VII, 119.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII, 118-119","NotaFonte":"","TestoFonte":"sotto l'acqua è gente che sospira,
e fanno pullular quest'acqua al summo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=7&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31","from":6958.0,"to":6959.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"paragona il presto\nsvanimento, che nella di lui memoria succedeva, delle specie\ndelle vedute cose, al presto disigillarsi<\/i>, disciogliersi, della\nneve al Sole, ed al presto disperdersi degli oracoli della\nSibilla Cumea; la quale, come narra Virgilio [Aeneid.<\/i> III,\n445], scrivendo i suoi vaticini, non su d'intiero e largo papiro,\nma in frondi d'alberi che nel suolo della propria caverna\nstendeva ed appressava, avveniva quindi che all'aprir della\ncaverna dissipasse il vento que' vaticini.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sibilla Cumea; la quale, come narra Virgilio [Aeneid.<\/i> III, 445], scrivendo i suoi vaticini, non su d'intiero e largo papiro, ma in frondi d'alberi che nel suolo della propria caverna stendeva ed appressava, avveniva quindi che all'aprir della caverna dissipasse il vento que' vaticini.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"III 445-451","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quaecumque in foliis descripsit carmina virgo,
digerit in numerum, atque antro seclusa relinquit.
Illa manent immota locis, neque ab ordine cedunt;
verum eadem, verso tenuis cum cardine ventus
impulit et teneras turbavit ianua frondes,
numquam deinde cavo volitantia prendere saxo,
nec revocare situs aut iungere carmina curat:","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:3.441-3.462","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"64-66","from":32805.0,"to":32810.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"parla giusta la frase\ndell'Ecclesiaste Spiritus redeat ad Deum<\/i>, qui dedit illum<\/i>\n[Cap. 12.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
parla giusta la frase dell'Ecclesiaste Spiritus redeat ad Deum<\/i>, qui dedit illum <\/i>[Cap. 12.].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131072","LuogoFonte":"XII 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"et spiritus redeat ad Deum, qui dedit illum.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiastes_lt.html#12","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"116","from":10917.0,"to":10921.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Qoelet"},
{"Annotazione":"parla lagrimando.  Similmente\nUgolino, Inf. XXXIII, 9:\n\n     Parlare e lagrimar vedrai insieme.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Similmente Ugolino, Inf. XXXIII, 9:\r\n\r\n     Parlare e lagrimar vedrai insieme.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIII, 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"parlar e lagrimar vedrai insieme","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=33&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"126","from":4863.0,"to":4866.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"parole del salmo 31\nconvenienti alla materia; perciocch\u00e8 gi\u00e0 dovea Dante bere\ndell'acqua di Lete, per la quale avea a dimenticar i peccati. \nLandino.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
parole del salmo 31 convenienti alla materia; perciocchè già dovea Dante bere dell'acqua di Lete, per la quale avea a dimenticar i peccati.  Landino. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"XXXII (XXXI) 1","NotaFonte":"La versione della Vulgata clementina di Salmi, XXXI 1, \u00e8 \"Beati quorum remiss\u00e6 sunt iniquitates, \/ et quorum tecta sunt peccata\".","TestoFonte":"Beatus, cui remissa est iniquitas,
et obtectum est peccatum.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%2032","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"3","from":28839.0,"to":28842.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"}, {"Annotazione":"parole. Con simigliante ironia, nel c.\nVII, 125, le parole degli accidiosi son dette inno.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Salmi,<\/b> parole. Con simigliante ironia, nel c. VII, 125, le parole degli accidiosi son dette inno.<\/i>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII, 125","NotaFonte":"","TestoFonte":"Quest'inno si gorgoglian ne la strozza","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"69","from":30350.0,"to":30351.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"pe 'l rotare<\/i>, girare<\/i>, intendi,\nde' cieli<\/i><\/b> — che tu sempiterni desiderato<\/b>, che tu coll'essere\ndesiderato rendi sempiterno, fai essere perpetuo. Tra gli\nespositori il solo Daniello toccando giustamente nel segno,\nriferisce la sentenza di Platone che i cieli si muovon sempre\ncercando l'anima del mondo, che essi tanto di ritrovare disiano,\nperch\u00e8 non \u00e8 in luogo determinato, ma sparsa per tutto: la quale\nanima del mondo non \u00e8 altro che Iddio.<\/i> Senza per\u00f2 dilungarsi\ndagli scritti del medesimo nostro poeta, egli nel suo Convito\ndice essere sentenza de' cattolici, che sopra tutti i cieli sia\nl'empireo, cielo immobile, e luogo di quella somma Deit\u00e0; che se\nsola compiutamente vede<\/i>; ed essere il medesimo cagione al cielo,\nch'\u00e8 sotto di esso, appellato il primo mobile<\/i>, che muovasi\nvelocissimamente, per lo ferventissimo appetito<\/i>, che ha\nciascuna parte di questo di unirsi a ciascuna parte di quello\n[Vedi 'l tratt. 2 cap. 4]. — a se mi fece atteso<\/i><\/b>, fece che\ntogliendo lo sguardo mio da Beatrice lo affissassi alla detta\nruota<\/b>, al cielo — con l'armonia, che<\/b> ec. Risultando\nl'armonia dalla variet\u00e0 e giusta proporzione de' tuoni, abbisogna\nperci\u00f2<\/b>, che si discernano<\/i>, si scompartano, e si temperino<\/i>,\nsi accomodino alla giusta proporzione i tuoni: e per metonimia\ndice il Poeta cotal discernimento, e temperamento dell'armonia in\nvece di asserirlo de' tuoni. Produrre i cieli ne' loro movimenti\nun dolce ed armonico suono la fu sentenza di Platone, ammessa\nanche da Cicerone [Vedi 'l Somnium Scipionis<\/i>, e la chiosa che\nvi fa Macrobio, ne' primi capi del libro 2].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Tra gli espositori il solo Daniello toccando giustamente nel segno, riferisce la sentenza di Platone che i cieli si muovon sempre cercando l'anima del mondo, che essi tanto di ritrovare disiano, perchè non è in luogo determinato, ma sparsa per tutto: la quale anima del mondo non è altro che Iddio.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q859","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q371884","LuogoFonte":"X 36d-37b","NotaFonte":"","TestoFonte":"τα\u1f50το\u1fe6 κα\u1f76 \u1f41μο\u03afου περιφορ\u1fb7: μ\u03afαν γ\u1f70ρ α\u1f50τ\u1f74ν \u1f04σχιστον ε\u1f34ασεν, τ\u1f74ν δ\u1fbd \u1f10ντ\u1f78ς σχ\u03afσας \u1f11ξαχ\u1fc7 \u1f11πτ\u1f70 κ\u03cdκλους \u1f00ν\u03afσους κατ\u1f70 τ\u1f74ν το\u1fe6 διπλασ\u03afου κα\u1f76 τριπλασ\u03afου δι\u03acστασιν \u1f11κ\u03acστην, ο\u1f50σ\u1ff6ν \u1f11κατ\u03adρων τρι\u1ff6ν, κατ\u1f70 τ\u1f00ναντ\u03afα μ\u1f72ν \u1f00λλ\u03aeλοις προσ\u03adταξεν \u1f30\u03adναι το\u1f7aς κ\u03cdκλους, τ\u03acχει δ\u1f72 τρε\u1fd6ς μ\u1f72ν \u1f41μο\u03afως, το\u1f7aς δ\u1f72 τ\u03adτταρας \u1f00λλ\u03aeλοις κα\u1f76 το\u1fd6ς τρισ\u1f76ν \u1f00νομο\u03afως, \u1f10ν λ\u03ccγ\u1ff3 δ\u1f72 φερομ\u03adνους.\u1f10πε\u1f76 δ\u1f72 κατ\u1f70 νο\u1fe6ν τ\u1ff7 συνιστ\u03acντι π\u1fb6σα \u1f21 τ\u1fc6ς ψυχ\u1fc6ς σ\u03cdστασις \u1f10γεγ\u03adνητο, μετ\u1f70 το\u1fe6το π\u1fb6ν τ\u1f78 σωματοειδ\u1f72ς \u1f10ντ\u1f78ς 
 α\u1f50τ\u1fc6ς \u1f10τεκτα\u03afνετο κα\u1f76 μ\u03adσον μ\u03adσ\u1fc3 συναγαγ\u1f7cν προσ\u03aeρμοττεν: \u1f21 δ\u1fbd \u1f10κ μ\u03adσου πρ\u1f78ς τ\u1f78ν \u1f14σχατον ο\u1f50ραν\u1f78ν π\u03acντ\u1fc3 διαπλακε\u1fd6σα κ\u03cdκλ\u1ff3 τε α\u1f50τ\u1f78ν \u1f14ξωθεν περικαλ\u03cdψασα, α\u1f50τ\u1f74 \u1f10ν α\u1f51τ\u1fc7 στρεφομ\u03adνη, θε\u03afαν \u1f00ρχ\u1f74ν \u1f24ρξατο \u1f00πα\u03cdστου κα\u1f76 \u1f14μφρονος β\u03afου πρ\u1f78ς τ\u1f78ν σ\u03cdμπαντα χρ\u03ccνον. κα\u1f76 τ\u1f78 μ\u1f72ν δ\u1f74 σ\u1ff6μα \u1f41ρατ\u1f78ν ο\u1f50ρανο\u1fe6 γ\u03adγονεν, α\u1f50τ\u1f74 δ\u1f72 \u1f00\u03ccρατος μ\u03adν, λογισμο\u1fe6 δ\u1f72 μετ\u03adχουσα κα\u1f76
 \u1f01ρμον\u03afας ψυχ\u03ae, τ\u1ff6ν νοητ\u1ff6ν \u1f00ε\u03af τε \u1f44ντων \u1f51π\u1f78 το\u1fe6 \u1f00ρ\u03afστου \u1f00ρ\u03afστη γενομ\u03adνη τ\u1ff6ν γεννηθ\u03adντων. \u1f05τε ο\u1f56ν \u1f10κ τ\u1fc6ς τα\u1f50το\u1fe6 κα\u1f76 τ\u1fc6ς θατ\u03adρου φ\u03cdσεως \u1f14κ τε ο\u1f50σ\u03afας τρι\u1ff6ν το\u03cdτων συγκραθε\u1fd6σα μοιρ\u1ff6ν, κα\u1f76 \u1f00ν\u1f70 λ\u03ccγον μερισθε\u1fd6σα κα\u1f76 συνδεθε\u1fd6σα, α\u1f50τ\u03ae τε \u1f00νακυκλουμ\u03adνη πρ\u1f78ς α\u1f51τ\u03aeν, \u1f45ταν ο\u1f50σ\u03afαν σκεδαστ\u1f74ν \u1f14χοντ\u03ccς τινος \u1f10φ\u03acπτηται κα\u1f76 \u1f45ταν \u1f00μ\u03adριστον, λ\u03adγει κινουμ\u03adνη δι\u1f70 π\u03acσης \u1f11αυτ\u1fc6ς \u1f45τ\u1ff3 τ\u1fbd \u1f04ν τι τα\u1f50τ\u1f78ν \u1f96 κα\u1f76 \u1f45του \u1f02ν
 \u1f15τερον, πρ\u1f78ς \u1f45τι τε μ\u03acλιστα κα\u1f76 \u1f45π\u1fc3 κα\u1f76 \u1f45πως κα\u1f76 \u1f41π\u03ccτε συμβα\u03afνει κατ\u1f70 τ\u1f70 γιγν\u03ccμεν\u03ac τε πρ\u1f78ς \u1f15καστον \u1f15καστα ε\u1f36ναι κα\u1f76 π\u03acσχειν κα\u1f76 πρ\u1f78ς τ\u1f70 κατ\u1f70 τα\u1f50τ\u1f70 \u1f14χοντα \u1f00ε\u03af. λ\u03ccγος δ\u1f72 \u1f41 κατ\u1f70 τα\u1f50τ\u1f78ν \u1f00ληθ\u1f74ς γιγν\u03ccμενος περ\u03af τε θ\u03acτερον \u1f42ν κα\u1f76 περ\u1f76 τ\u1f78 τα\u1f50τ\u03ccν, \u1f10ν τ\u1ff7 κινουμ\u03adν\u1ff3 \u1f51φ\u1fbd α\u1f51το\u1fe6 φερ\u03ccμενος \u1f04νευ φθ\u03ccγγου κα\u1f76 \u1f20χ\u1fc6ς, \u1f45ταν μ\u1f72ν περ\u1f76 τ\u1f78 α\u1f30σθητ\u1f78ν γ\u03afγνηται κα\u1f76 \u1f41 το\u1fe6 θατ\u03adρου κ\u03cdκλος \u1f40ρθ\u1f78ς \u1f30\u1f7cν ε\u1f30ς π\u1fb6σαν α\u1f50το\u1fe6 τ\u1f74ν ψυχ\u1f74ν διαγγε\u03afλ\u1fc3, δ\u03ccξαι κα\u1f76 π\u03afστεις γ\u03afγνονται β\u03adβαιοι κα\u1f76 \u1f00ληθε\u1fd6ς,","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0059.tlg031.perseus-grc1:36d","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"76-78","from":522.0,"to":541.0,"NomeAutore":"Platone","TitoloFonte":"Timeo"}, {"Annotazione":"pe 'l ricoprimento delle\naquiline piume — Mise fuor teste ec.<\/i> Non si pu\u00f2\nassolutamente~, n\u00e8 si dee a queste sette teste e dieci corna\naltro significato attribuire se non si il medesimo~, che venne\nloro attribuito nel canto XIX. dell'Infer. vers. 109. e segg.\ncio\u00e8 dei sette sacramenti~, e dieci comandamenti divin. Solo che\nqu\u00ec si fanno questi disporre come a guardia e difesa della\nacquistate piume~: inerentemente a quanto con espressione pi\u00f9\nchiara rimbrotta altrove Dante stesso\n\n Gi\u00e0 si solea con le spade far guerra<\/i>:\n Ma or si fa togliendo or qui<\/i>, or quivi\n Lo pan<\/i>, che 'l pio padre a nessun serra\n [Parad. XVIII. 127. e segg.]\n\n\tN\u00e8 si dee cercar altronde la cagione perch\u00e8 ponga Dante\nsu 'l timone tre teste e bicornute<\/i>, e disponga le altre quattro\nteste con un sol corno sopra ciascuna ai quattro canti<\/i>, o sia\nangoli della quadrata arca del carro~, se non dall'essere questa\nla simmetriza megliore~, che con un tal numero di teste e di\ncorna potesse ottenersi.\n\n\tLa maggior parte degli espositori ne trae qu\u00ec senso\nmolto peggiore~, chiosando che per le sette test significhinsi i\nsette peccati capitali~: e buon per Dante che non si rinviene un\nvulgato decennario numero d' obbrobiose cose~, come rinviensi 'l\nsettenario de' peccati capitali~, che~, credo~, avrebbero queste\nancora intruse in luogo delle dieci corna. Senza ragione per\u00f2\nfanno esser Dante in questo discorde da quell'altro accennato\nluogo~, dove le sette teste<\/i> e dieci corna<\/i> non possono~, anche\nper parere de' medesimi qu\u00ec contrari espositori~, essere prese\nche in senso buono~: e discorde eziandio da quelli altri passi~,\ndove e la Chiesa santa<\/i> sempre appella [Purgat. XXIV. 22. Par.\nVI. 95.~], e la Papale dignit\u00e0~, quantunque ne riprenda qualche\nindividuo occupatore~, professa di rispettare altamente [Inferno\nXIX. 101.].\n\n\tOh~, dice 'l Venturi~, qu\u00ec si parla della Chiesa\ndifformata e divenuta mostruosa.<\/i>\n\n\tMostruosa s\u00ec [rispondo io] o la Chiesa o la Pontificia\ncattedra~, ma non al preteso segno di portarne in trionfo i sette\npeccati capitali~; che Dante [ripeto il gi\u00e0 altrove detto e\nprovato [Vedi la nota al cant. III. dell' Inf. v. 59. e 60.]]\nera ghibellino bens\u00ec~, ma cattolico.\n\n\tIl Daniello vuole per le sette teste intesi i sette\nCardinali elettori del Papa~: tre Vescovi su 'l timone\nbicornuti~, in significato della mitra~, e quattro non Vescovi\nagli angoli~, e questi con un sol corno. Ma quando i Cardinali\nerano in questo solo numero~, erano tutti diaconi~, ne' ad essi\napparteneva la elezione del Papa. Vedi Ciaconio~, e quanti mai\nprima e dopo di lui hanno scritto della dignit\u00e0 cardinalizia.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Mise fuor teste ec.<\/i>  Non si può assolutamente, nè si dee a queste sette teste e dieci corna altro significato attribuire se non si il medesimo, che venne loro attribuito nel canto XIX.  dell'Infer.  vers. 109.  e segg. cioè dei sette sacramenti, e dieci comandamenti divin.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIX 106-111","NotaFonte":"","TestoFonte":"Di voi pastor s'accorse il Vangelista,
quando colei che siede sopra l'acque
puttaneggiar coi regi a lui fu vista;
quella che con le sette teste nacque,
e da le diece corna ebbe argomento,
fin che virtute al suo marito piacque.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=19","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"142-147","from":32923.0,"to":32925.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"pe' rami~; che come la chioma~, o\nsia i capelli sopra l'umano capo s'innalzano e spargono~, cos\u00ec i\nrami sopra il tronco dell'albero — che tanto si dilata pi\u00f9\nec.<\/i> Nel canto seguente~, vers. 60. e segg. dopo di aver detta\ncreata da Dio questa pianta all'uso suo<\/i>, soggiunge\n\n Dorme lo 'ngegno tuo<\/i>, se non istima<\/i>,\n Per singolar cagione essere eccelsa<\/i>\n Lei tanto<\/i>, e s\u00ec travolta nella cima.<\/i>\n\npare adunque che cotal innalzarsi e dilatarsi verso il cielo\nappartenga ad accennarla creata pe 'l solo cielo — fora<\/i>,\nsarebbe~, dagl'Indi ne' boschi lor ec.<\/i> Testimonio Virgilio ne'\nboschi Indiani sono alberi tanto alti~, che non giunge pi\u00f9 alto\nsaetta dall'arco scagliata.\n\n ........gerit India lucos<\/i>,\n Extremi sinus orbis<\/i>? ubi aera vincere summum<\/i>\n Arboris haud ullae<\/i>, iactu potuere sagittae<\/i>\n [Georg.<\/i> II. 122. e segg.].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Nel canto seguente, vers. 60.  e segg.  dopo di aver detta creata da Dio questa pianta all'uso suo<\/i>, soggiunge\r\n     Dorme lo 'ngegno tuo<\/i>, se non istima<\/i>,\r\n        Per singolar cagione essere eccelsa<\/i>\r\n        Lei tanto<\/i>, e sì travolta nella cima.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXIII 64-66","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dorme lo 'ngegno tuo, se non estima
per singular cagione esser eccelsa
lei tanto e sì travolta ne la cima.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=67&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40-42","from":32188.0,"to":32210.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"pel cui mal pensiero\nd'innalzare una torre fino al cielo. — Coto.<\/b> Da coitare<\/i>,\ncorruzione del cogitare<\/i> latino, gli antichi fecero coto.<\/i> \nAnche nel Par., III, 26: «Il tuo pueril coto.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Coto.<\/b>  Da coitare<\/i>, corruzione del cogitare<\/i> latino, gli antichi fecero coto.<\/i> Anche nel Par., III, 26: «Il tuo pueril coto.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. III, 26","NotaFonte":"","TestoFonte":"mi disse, “appresso il tuo püeril coto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=70","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"77","from":30408.0,"to":30413.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"pel naturale difetto\ndell'umano linguaggio.  Perch\u00e8 «molte cose (scriveva il Poeta a\nCan Grande) vediamo mediante l'intelletto, alle quali mancano i\nsegni vocali.»  — E per la mente<\/b>, e pel naturale difetto\ndell'umana memoria.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Per lo nostro sermone<\/b>, pel naturale difetto dell'umano linguaggio. Perchè «molte cose (scriveva il Poeta a Can Grande) vediamo mediante l'intelletto, alle quali mancano i segni vocali.» ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3730666","LuogoFonte":"Epistole XIII, 29, 84","NotaFonte":"","TestoFonte":"Multa namque per intellectum videmus quibus signa vocalia desunt<\/strong>: quod satis Plato insinuat in suis libris per assumptionem metaphorismorum; multa enim per lumen intellectuale vidit que sermone proprio nequivit exprimere.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Epistole&pb=13&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"5","from":26784.0,"to":26788.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Epistole"},
{"Annotazione":"pendono a capo in gi\u00f9. \n— Bruto<\/b> che pone nella sinistra bocca di Lucifero, e Cassio<\/b>,\nche nella destra, furono i due principali de' congiurati alla\nmorte di Giulio Cesare.  Quanta fosse la costoro slealt\u00e0 ed\ningratitudine in cotal fatto, apparisce dallo scrivere di Lucio\nFloro che, dopo ucciso Giulio Cesare, ne publici doloris oculos\nferrent, in provincias ab illo ipso quem occiderant Caesare datas\nSyriam, et Macedoniam, concesserunt<\/i> [Rer. Rom.<\/i> lib. 4 c. 7]. \nAveva in oltre Bruto particolarmente ricevuto da Cesare il gran\nfavore d'essere dal medesimo adottato per figliuolo [Svet. Iul.\nCaes.<\/i>].  — Par<\/i><\/b> vale qu\u00ec vedesi<\/i><\/b> — s\u00ec membruto<\/b>, perch\u00e8\ndicono essere stato molto complesso e grande di statura. \nVellutello.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Quanta fosse la costoro slealtà ed ingratitudine in cotal fatto, apparisce dallo scrivere di Lucio Floro che, dopo ucciso Giulio Cesare, ne publici doloris oculos ferrent, in provincias ab illo ipso quem occiderant Caesare datas Syriam, et Macedoniam, concesserunt<\/i> [Rer. Rom.<\/i> lib. 4 c. 7]. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q316483","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q87743334","LuogoFonte":"II xvii 7","NotaFonte":"Alcune edizioni moderne leggono \"ferirent\" invece di \"ferrent\".","TestoFonte":"Igitur cum appareret, quae strages rei publicae inmineret, displicuit ultio, cum caedes inprobaretur. Igitur Ciceronis consiliis abolitione decreta, ne tamen publici doloris oculos ferirent, in provincias ab illo ipso quem occiderant Caesare datas, Syriam et Macedoniam concesserant.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1242.phi001.perseus-lat1:2.17.7","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"64-67","from":33556.0,"to":33561.0,"NomeAutore":"Floro","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"pensa ci\u00f2 che al mart\u00ecre\ndee succedere, cio\u00e8 la celeste gloria — a peggio<\/b> vale quanto\nal peggio de' peggi<\/i>, al peggio che possa succedere<\/i>, e l'ho\nperci\u00f2 collocato tra due virgole — oltre la gran sentenzia<\/i><\/b> ec. \nLa gran sentenza finale Venite benedicti<\/i><\/b> ec. Ite maledicti<\/i>\nec. pone invece del d\u00ec finale del mondo, dopo del quale non vi\nsar\u00e0 pi\u00f9 Purgatorio; e per\u00f2 dice che, al peggio che possa\nsuccedere, pu\u00f2 quel mart\u00ecre durare fino alla gran sentenzia<\/b>, e\nnon pi\u00f9 oltre.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La gran sentenza finale Venite benedicti<\/i> ec. Ite maledicti <\/i>ec. pone invece del dì finale del mondo, dopo del quale non vi sarà più Purgatorio oltre la gran sentenzia<\/b> ec. La gran sentenza finale Venite benedicti<\/i> ec. Ite maledicti.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XXV 34, 41","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tunc dicet Rex his, qui a dextris eius erunt: “Venite, benedicti Patris mei; possidete paratum vobis regnum a constitutione mundi [...].
Tunc dicet et his, qui a sinistris erunt: “Discedite a me, maledicti, in ignem aeternum, qui praeparatus est Diabolo et angelis eius [...]\".","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#25","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"110-111","from":9899.0,"to":9902.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"}, {"Annotazione":"per arrendevole<\/i>, pieghevole.<\/i> Vedi la\nnota al canto XVI dell'Inf. v. 28.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Solla <\/strong>per arrendevole<\/i>, pieghevole.<\/i>  Vedi la nota al canto XVI dell'Inf. v. 28.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVI 28","NotaFonte":"","TestoFonte":"E \"Se miseria d'esto loco sollo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=16","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40","from":27047.0,"to":27048.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per comitiva<\/i> semplicemente, come Purg.\nII, 130.  Vedi anche il Vocabolario della Crusca.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Masnada <\/strong>per comitiva<\/i> semplicemente, come Purg. II, 130. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. II 130","NotaFonte":"","TestoFonte":"così vid'io quella masnada fresca","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=36","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"41","from":13866.0,"to":13867.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per compagnia<\/i> semplicemente, come Inf.\nXV, 41.  — fresca<\/b>, di fresco giunta a quel luogo.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
per compagnia<\/i> semplicemente, come Inf. XV, 41.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XV 41","NotaFonte":"","TestoFonte":"e poi rigiugnerò la mia masnada,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=15&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"130","from":1876.0,"to":1877.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per di botto<\/i>, in un'attimo<\/i>, dice qu\u00ec\ne Purg. XVII, 40 per antitesi niente pi\u00f9 licenziosa di quella\nche adoprarono i Latini dicendo faciundum<\/i> per faciendum<\/i>, olli<\/i>\nper illi<\/i> ec.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Di butto<\/strong> per di botto<\/i>, in un'attimo<\/i>, dice quì e Purg. XVII, 40 per antitesi niente più licenziosa di quella che adoprarono i Latini dicendo faciundum<\/i> per faciendum<\/i>, olli <\/i>per illi<\/i> ec.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVII 40","NotaFonte":"","TestoFonte":"Come si frange il sonno ove di butto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=51&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":23273.0,"to":23275.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per eglino<\/i> [Vedi Inf. IV, 34,\nVI, 104] l'antico verso<\/b>, il pianto cio\u00e8, che prima facevano\n[XIV, 30], e che solo per pregar Dante ad arrestarsi intermesso\navevano; e per\u00f2 vedendo fermato il Poeta, n\u00e8 avendo pi\u00f9 bisogno\ndi parlare, ritornarono al pianto.  In luogo d'\u00e8i<\/b> altri leggono\nchi ehi<\/i><\/b>, e chi hei<\/i> [Vedi 'l Buti, Landino, Vellutello, e\nDaniello], e chiosano che cotal interiezione di dolore fosse\nl'antico verso ricominciato da quelle anime.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ei <\/strong>per eglino<\/i> [Vedi Inf. IV, 34, VI, 104]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV 34","NotaFonte":"","TestoFonte":"ch'ei<\/strong> non peccaro; e s'elli hanno mercedi,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=4&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"19-20","from":14613.0,"to":14627.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per fallo<\/i>, colpa<\/i>, adoprato anche da\naltri vedilo nel Vocabol. della Cr.  — qu\u00ec dimor\u00f2 poco<\/b>,\nperciocch\u00e8 non vi stette pi\u00f9 che da prima insino a nona; cio\u00e8\ndall'alba infino a mezzo giorno, come nel XXVI canto della terza\ncantica ne dimostra [Verso 140 e segg.].  Daniello.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
quì dimorò poco<\/b>, perciocchè non vi stette più che da prima insino a nona; cioè dall'alba infino a mezzo giorno, come nel XXVI canto della terza cantica ne dimostra [Verso 140 e segg.].  Daniello.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXVI 140-142","NotaFonte":"","TestoFonte":"fu' io, con vita pura e disonesta,
da la prim'ora a quella che seconda,
come 'l sol muta quadra, l'ora sesta\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=93&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94","from":28435.0,"to":28441.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"per falsificazione.<\/i> Si comprendono\nsotto questo nome tutti i falsificatori, de' quali vedi nel canto\nXXX. — Ladroneccio<\/b>, furto, qu\u00ec pure tra le frodi; imperocch\u00e8\nfurto<\/i><\/b> propriamente appellasi quello che si fa con occulta\nfrode; come all'opposto rapina<\/i> quella dicesi, che si fa con\naperta violenza, e che perci\u00f2 va intesa sotto il nome\ndell'anzidette collette dannose<\/i> {v.36} — Simonia<\/i><\/b>, cio\u00e8\nregali, ossequi, servizi ec. apparentemente fatti per tutt'altro\nfine, ma in realt\u00e0 a solo fine di sedurre l'animo di chi pu\u00f2 dare\nbenefizi o dignit\u00e0 spirituali.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Falsità <\/strong>per falsificazione.<\/i>  Si comprendono sotto questo nome tutti i falsificatori, de' quali vedi nel canto XXX.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIX 55-57","NotaFonte":"L'episodio dei falsari (decima bolgia) copre i canti XXIX-XXX.","TestoFonte":"giù ver' lo fondo, la 've la ministra
de l'alto Sire infallibil giustizia
punisce i falsador <\/strong>che qui registra.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=29","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"59","from":10021.0,"to":10022.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"per fanne<\/i>, o facci<\/i> [Vedi Cinon.\nPartic.<\/i> 182, 2] — che disvele a lui la bocca tua<\/b> [la bocca<\/b>\ndeesi qu\u00ec intendere per tutta la faccia, o per sineddoche, o per\nconformazione al Latino uso, che os<\/i><\/b> appella tanto la bocca, che\ntutta la faccia] che levi 'l velo, che non lascia lui vedere la\ntua faccia [il velo detto nel canto precedente v. 31 e 67, ed in\nquesto, v. 82] — La seconda bellezza<\/i><\/b>, la bellezza che\nposteriormente t'\u00e8 cresciuta<\/i> [Canto prec. v. 128] salendo da\ncarne a spirto<\/i> — che tu cele.<\/b> Bisogna per\u00f2 intendere, che\nnon la celasse del tutto; imperocch\u00e8, quantunque velata, vedevala\nDante pi\u00f9 bella che quand'era viva [Vers. 83 e seg.]. Disvele<\/b>,\ne cele<\/b>, antitesi in grazia della rima per disveli<\/i><\/b>, e celi.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
che disvele a lui la bocca tua<\/b> [...] che levi 'l velo, che non lascia lui vedere la tua faccia [il velo detto nel canto precedente v. 31 e 67, ed in questo, v. 82] <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXX 31","NotaFonte":"","TestoFonte":"sovra candido vel cinta d'uliva","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=64&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"136-138","from":31855.0,"to":31857.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per fare originato<\/i>, come ben\ndiremmo, per cagion d'esempio, Eusebio fonda Mantova 430 anni\nprima di Roma<\/i>, in vece di dire fa, dice, fondata Mantova<\/i><\/b> —\naltrimenti.<\/b>  Fa qu\u00ec Dante accennarsi da Virgilio l'origine di\nMantova ch'altri, non da Manto, ma da Tarcone ripetono.  Alii<\/i>\n[scrive Servio al riferito passo dell'Eneide] a Tarchone\nTyrrheni fratre conditam dicunt.  Mantuam autem ideo nominatam\nquod Etrusca lingua Mantum Ditem patrem appellant.<\/i>\n\n\tDegli espositori da me veduti non v'\u00e8 alcuno che ricerchi\nla cagione per cui faccia Dante aggiungersi da Virgilio questo\navvertimento.  Il solo Venturi ne dice alcuna cosa, e pare che\npretenda essere intenzione di Dante, che prestisi fede piuttosto\na quanto gli fa esso dire qu\u00ec, che a quello scrive egli medesimo\nne' riferiti versi della sua Eneide: Esso medesimo<\/i> [chiosa]\nd\u00e0 origine in parte diversa nel libro pur or citato<\/i>, cio\u00e8 nel\ndecimo dell'Eneide.\n\n\tQuanto per\u00f2 fa qu\u00ec Dante dire a Virgilio di vario, cio\u00e8\ndell'abitazione e sepoltura di Manto nel luogo ov'\u00e8 Mantova, e\ndell'adunamento in esso luogo degli uomini, che 'ntorno erano\nsparti<\/i>, si compone benissimo con ci\u00f2 che scrive Virgilio stesso:\nn\u00e8 \u00e8 credibile, che volesse Dante per nissun conto, e molto meno\nper questo, tacciar di menzogna<\/i><\/b> colui, che tanto da per tutto,\ned in questo medesimo luogo professa di venerare  — La verit\u00e0\nnulla menzogna frodi.<\/b>  Nullo<\/i><\/b> per niuno<\/i>, molto presso gli\nantichi buoni autori frequente.  Vedi il Vocab. della Cr. \nFrodare la verit\u00e0<\/i> vale tradire, nascondere la verit\u00e0.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Fa quì Dante accennarsi da Virgilio l'origine di Mantova ch'altri, non da Manto, ma da Tarcone ripetono.  Alii <\/i>[scrive Servio al riferito passo dell'Eneide] a Tarchone Tyrrheni fratre conditam dicunt.  Mantuam autem ideo nominatam quod Etrusca lingua Mantum Ditem patrem appellant.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q355350","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Commentarii_in_Vergilii_Aeneidos_libros","LuogoFonte":"ad Aen. X 198","NotaFonte":"","TestoFonte":"Alii a Tarchone Tyrrheni fratre conditam dicunt: Mantuam autem ideo nominatam, quod Etrusca lingua Mantum Ditem patrem appellant.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Serv.+A.+10.198&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0053","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"98-99","from":19109.0,"to":19119.0,"NomeAutore":"Servio Mario Onorato","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"per illumina<\/i>, o per colorisce<\/i>; come\nelegantemente Prudenzo:\n\n     Rebusque iam color redit<\/i>,\n       Vultu nitentis sideris<\/i> \n       [Hymn. Matut.<\/i>].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Imbianca <\/strong>per illumina<\/i>, o per colorisce<\/i>; come elegantemente Prudenzo:\r\nRebusque iam color redit<\/i>,\r\nVultu nitentis sideris<\/i> \r\n [Hymn. Matut.<\/i>].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q347250","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q105715976","LuogoFonte":"II 7-8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Rebusque iam color redit, 
Vultu nitentis sideris","UrlFonte":"http:\/\/www.mqdq.it\/texts\/PRVD|cath|002","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"128","from":1918.0,"to":1927.0,"NomeAutore":"Prudenzio","TitoloFonte":"Cathemerinon"}, {"Annotazione":"per impone<\/i> glielo fa dire la rima, chiosa il\nVenturi.\n\n\tDelle due dizioni [risponde 'l Rosa Morando] impon<\/i> e\nne<\/i> fece qu\u00ec il Poeta imponne<\/b>, come da son<\/i><\/b> e da ne<\/i> fece\nsonne<\/i> il Boccaccio nella novella di Andreuccio; e sonne qual\ntu mi vedi.<\/i><\/b> Imponne<\/i><\/b> val quanto impone a noi<\/i>, e non per\ncagion della rima<\/i>, ma regolarmente \u00e8 detto. Si pu\u00f2 bene\napplicare al comentator nostro ci\u00f2 che del troppo Platonico\nOrigene lasci\u00f2 scritto Cassiodoro, ubi bene nemo melius, ubi\nmale nemo peius.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Imponne <\/strong>per impone<\/i> glielo fa dire la rima, chiosa il Venturi.\r\nDelle due dizioni [risponde 'l Rosa Morando] impon<\/i> e ne<\/i> fece quì il Poeta imponne<\/b>, come da son<\/i> e da ne<\/i> fece sonne<\/i> il Boccaccio nella novella di Andreuccio; e sonne qual tu mi vedi.<\/i>  Imponne<\/b> val quanto impone a noi<\/i>, e non per cagion della rima<\/i>, ma regolarmente è detto.  Si può bene applicare al comentator nostro ciò che del troppo Platonico Origene lasciò scritto Cassiodoro, ubi bene nemo melius, ubi male nemo peius.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q192365","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/de-institutione-divinarum-litterarum","LuogoFonte":"I 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"De quo conclusive dictum est: Ubi bene, nemo melius: ubi male, nemo pejus.","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=\/1027\/2922\/7920&text=7920:2","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"133-135","from":25667.0,"to":25668.0,"NomeAutore":"Cassiodoro","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"per mi feci scorgere\nmaravigliato.<\/i>\n\n\tNon veggo<\/i>, dice qu\u00ec 'l Castelvetro, perch\u00e8 Dante si\ndovesse dipingere di maraviglia perch\u00e8 non potesse abbracciar\nl'anima d'un morto.  Rispondi; in Inferno aveva veduto e provato\nil contrario, prendendo i capelli di Bocca Abati, ed essendo\nstato posto nel pozzo da Anteo, e portato in groppa da Gerione, e\nda Nesso Centauro; in guisa che si doveva poter maravigliare di\nci\u00f2, come di cosa nuova.  Ma \u00e8 contrario questo a quello ch'ei\ndice<\/i> [Inf. canto VI v. 35 e seg.] e ponevam le piante sopra lor\nvanit\u00e0, che par persona.  E nel Purgatorio stesso<\/i> [canto VI, v.\n75] parlando di Sordello e di Virgilio dir\u00e0<\/i>: e l'un l'altro\nabbracciava.  E perch\u00e8 altri potrebbe dire, che questo pu\u00f2 aver\nluogo tra anime di abbracciarsi, vedi che parimente non ha luogo\ntra anime Purg. canto XXI v. 130 e segg. cio\u00e8 tra Virgilio e\nStazio<\/i> [Opere varie critiche<\/i> pag. 161].\n\n\tNon \u00e8 da dire<\/i>, risponde il Mazzoni, ch'egli<\/i> [Dante]\nsi sia contrario: perciocch\u00e8 quando ha tribuite le qualit\u00e0\ncorporee agli apiriti, ha parlato figuratamente, secondo\nl'equivoco dell'usanza degli uomini: e quando le ha in tutto\nlevate via dagli spiriti medesimi, ha propriamente favellato.  E\ncos\u00ec devonsi ancora solvere alcune contradizioni simili, che si\ntrovano in Omero, in Virgilio, e negli altri buoni poeti<\/i>\n[Difesa di Dante<\/i> lib. I cap. 27].\n\n\tOsservando io per\u00f2, che non rende mai Dante impalpabile\nveruno dannato; ma che i soli salvi fa essere ora palpabili, ora\nno; entrami dubbio, ch'egli, non per errore, o per imitazione\nd'altrui, ma per proprio sistema, allusivo alle massime della\nCristiana nostra religione, ponga tale divario.\n\n\tNoi sappiam dal Vangelo che 'l sacratissimo Corpo del\nnostro Signor Ges\u00f9 Cristo dopo la gloriosa risurrezione [modello\nde' corpi, che si riuniranno agli eletti] ora si rendeva\nimpalpabile, e penetrante le pareti del cenacolo [Ioan.<\/i> 20], ed\nora palpabile a' discepoli [Luc.<\/i> 24].\n\n\tChi sa, che 'l misteriosissimo nostro autore non voglia\nnell'ombratile corpo, che attribuisce agli spiriti, anticipata\nnegli eletti quella libert\u00e0, ch'avranno, di rendere i suoi corpi,\ncome loro sar\u00e0 a grado palpabili, ed impalpabili, e ne' dannati\nal contrario la necessaria palpabilit\u00e0, che soffriranno?\n\n\tComunque per\u00f2 siasi la cosa, malamente apprende il\nCastelvetro, che quanto dice Dante nell'indicato luogo, e\nponevam le piante sopra lor vanit\u00e0 che par persona<\/i>, sia\ncontrario ai fatti che narra essergli occorsi con Bocca Abati, e\ncon quegli altri dannati.  Imperocch\u00e8 appunto, acci\u00f2 la vanit\u00e0 di\nquegli spiriti paresse persona<\/i>, cio\u00e8 corpo, doveva non solo\nsostenere le piante di chi sopra vi camminava, ma in oltre fare e\npatire tutto ci\u00f2, che fa e patisce un vero corpo.\n\n\tMa neppure al fatto, d'essersi Virgilio e Sordello\nabbracciati, pu\u00f2 certamente pronunziarsi contraddittorio il\nparlar di Virgilio a Stazio, Frate non far, che tu se' ombra, e\nombra vedi<\/i>; e quel rispondere di Stazio, Or puoi la quantitate\ncomprender dell'amor che a te mi scalda, quando dismento nostra\nvanitate, trattando l'ombre come terra salda.<\/i>  Imperocch\u00e8 da\nquesto parlare e rispondere non si pu\u00f2 discernere se giudicassero\nimpossibile l'abbracciarsi tra di loro, o se riputassero\ninconveniente al loro alto sapere [essendo ambidue uomini dotti,\nqual non era Sordello] l'essere mossi da ombratili apparenze.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Non veggo<\/i>, dice quì 'l Castelvetro, perchè Dante si dovesse dipingere di maraviglia perchè non potesse abbracciar l'anima d'un morto.  Rispondi; in Inferno aveva veduto e provato il contrario, prendendo i capelli di Bocca Abati<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXII 103-104","NotaFonte":"","TestoFonte":"Io avea già i capelli in mano avvolti,
e tratto glien'avea più d'una ciocca,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=32","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15705', 'Autore':'Lodovico Castelvetro, 1570','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"82","from":1541.0,"to":1546.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"per non aver fama<\/i>: il perch\u00e8\nanche de' poltroni disse questi sciaurati che mai non fur vivi<\/i>\n[Inf. III, 64] in vece di dire che mai non ebber fama.<\/i><\/b> — tra\ncoloro, Che<\/b> ec. appresso a coloro, che verranno molto tempo dopo\ndi me.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
il perchè anche de' poltroni disse questi sciaurati che mai non fur vivi <\/i>[Inf. III, 64] in vece di dire che mai non ebber fama.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III 64","NotaFonte":"","TestoFonte":"Questi sciaurati, che mai non fur vivi,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=3&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"119-120","from":17038.0,"to":17049.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per pi\u00f9 entri in lei.<\/i>  Di questo e\nd'altri cotali verbi dal poeta nostro formati vedi ci\u00f2 ch'\u00e8 detto\nPar. IX, 73.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Di questo e d'altri cotali verbi dal poeta nostro formati vedi ciò ch'è detto Par. IX, 73.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. IX 73","NotaFonte":"","TestoFonte":" \"Dio vede tutto, e tuo veder s'inluia\",<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=76&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"127","from":22139.0,"to":22142.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per primiere.<\/i>  Antiquum<\/i> per\nprimiero<\/i> adopera anche Terenzio in quel verso Eamdem illam\nrationem antiquam obtine<\/i> [Adelph.<\/i> 5, 3].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Antiche <\/strong>per primiere.<\/i>  Antiquum<\/i> per primiero<\/i> adopera anche Terenzio in quel verso Eamdem illam rationem antiquam obtine<\/i> [Adelph.<\/i> 5, 3].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q172048","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q355342","LuogoFonte":"V iii 26","NotaFonte":"","TestoFonte":"Eamdem illam rationem antiquam obtine","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0134.phi006.perseus-lat1:5.3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"62","from":28215.0,"to":28217.0,"NomeAutore":"Publio Terenzio Afro","TitoloFonte":"Adelphoe"},
{"Annotazione":"per ribattuta.<\/i>  Non senza cagione\ndice, che i raggi della luce che lo fer\u00ecano, erano per\nriflessione: perciocch\u00e8 vuol dimostrare, che la luce, la qual\nveniva dall'angelo in lui, era raggio della divina luce che\npercotea l'angelo, e quivi riflesso percotea Dante.  Landino.  E\ncos\u00ec ne insinua Dante stesso nel Parad. XXIX, 136, ove\ndell'angelica famiglia parlando dice, La prima luce<\/i> [Dio], che\ntutta la raia.<\/i>  Vedi ci\u00f2 che al medesimo proposito \u00e8 detto Purg.\nIV, 62.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
così ne insinua Dante stesso nel Parad. XXIX, 136, ove dell'angelica famiglia parlando dice, La prima luce<\/i> [Dio], che tutta la raia.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXIX 136","NotaFonte":"","TestoFonte":"La prima luce, che tutta la raia","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=96","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"22-23","from":14484.0,"to":14485.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per salir\u00eca<\/i>, come sarr\u00e0 in cielo<\/i> per\nsalir\u00e0 in cielo<\/i> disse il Cavalca [Pung.<\/i> 8], e vi sarrei su<\/i>\nper salirei su<\/i> disse il Boccaccio [Giorn. 7 nov. 9].  La sia\npur dunque licenza<\/i> o figura<\/i>, come il Venturi vuole\nappellarla, non fu Dante solo che l'adoprasse.  — Che non\npotesse<\/b>: la particella che<\/b> ha qu\u00ec senso di perch\u00e8.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sarria<\/strong> per salirìa<\/i>, come sarrà in cielo<\/i> per salirà in cielo<\/i> disse il Cavalca [Pung.<\/i> 8]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3712952","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/pungilingua","LuogoFonte":"VIII","NotaFonte":"La citazione di Lombardi \u00e8 mediata dal Prospetto di verbi toscani tanto regolari che irregolari, Roma, Pagliarini, 1761, p. 258. Nel testo citato, invece, si legge \"sar\u00e0\" in luogo di \"salir\u00e0\".","TestoFonte":"Per la quale parola si conchiude lo contrario, cioè, che quello che falso giura, non sarà in cielo, ma discenderà in abisso: in abisso d’inferno, come pessimo nimico della giustizia.","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/bub_gb_q8QDbqG7LLUC\/page\/n93\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"51","from":6427.0,"to":6435.0,"NomeAutore":"Domenico Cavalca","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"per scala<\/i>, qu\u00ec, e Parad. XXI, 29 forse\ndall'escalier<\/i>, che di genere del maschio i Francesi dicono —\nvie men<\/b> ec., appartiene ci\u00f2 a dinotare che si andava agevolando\nla via del cielo.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Scaleo <\/strong>per scala<\/i>, quì, e Parad. XXI, 29 forse dall'escalier<\/i>, che di genere del maschio i Francesi dicono<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXI 29","NotaFonte":"","TestoFonte":"vid'io uno scaleo eretto in suso","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=88&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"36","from":14582.0,"to":14583.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per se ne parla<\/i> — onde<\/b>,\nval della quale<\/i><\/b> [Vedi Cinon. Part.<\/i> 192, 7]  — era sire.<\/i><\/b> \nEra bens\u00ec general d'armi, e valorosissimo cavaliere, e\namantissimo cittadino; e non gi\u00e0 signore e tiranno, com'intendono\ni comentatori ingannati dalla maldicenza di Dante.  Vedi\nl'istoria di Siena del Malavolti, e del Tommasi.  Cos\u00ec il\nVenturi.  Anche per\u00f2 i non maldicenti storici Ricordano Malespini\ne Giovan Villani pi\u00f9 antichi ambedue del Malavolti e del Tommasi,\ned il primo pi\u00f9 antico dello stesso Dante, confermano, come a'\nSanesi, spiaceva la signor\u00eca di Messer Provenzano Salvani<\/i><\/b>\n[Malesp. Stor. Fior.<\/i> cap. 166, Gio. Villani Cron.<\/i> lib. 6 cap.\n79], e che fu Provenzano signore e guidatore dell'oste<\/i> [Gio.\nVillani lib. 7 cap. 31]: e se questi termini del Malespini e del\nVillani non richieggono in Provenzano un dichiarato tiranno pi\u00f9\nche un degno maneggiatore, non lo richieggono neppur quelli di\nDante.  — quando fu distrutta la rabbia Fiorentina<\/b>: quando in\nMontaperto rimasero gli arrabbiati Fiorentini da' Sanesi\nsconfitti [Lo stesso lib. 6 cap. 80], — che superba fu<\/b> ec.,\nche tanto era allora altera e superba, quant'\u00e8 di presente vile e\nvenale, a guisa di donna vendereccia.\n\n\tQuesto tratto nobilissimo [aggiunge qu\u00ec 'l Venturi] di\nsalda dottrina, arricchito di sentenze magnifiche, e ornato di\nsplendide comparazioni, sembra a taluno eccedere di gran lunga i\ndebiti termini, e non convenire al carattere d'un semplice\nminiatore, a cui viene appropriato, eziandio che si consideri\ncome un'anima separata dal corpo, e di sublimi notizie\ndoviziosamente dotata, prescrivendo l'arte, che ancor tra queste\nuna giusta proporzione si serbi intatta.\n\n\tNon \u00e8 per\u00f2 questo tratto, per quanto nobilissimo sia, un\npezzo del Platonico Timeo; n\u00e8 dee il semplice miniatore<\/i><\/b>, o sia\nil pittore, ugguagliarsi al ciabattino.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Anche però i non maldicenti storici Ricordano Malespini e Giovan Villani più antichi ambedue del Malavolti e del Tommasi, ed il primo più antico dello stesso Dante, confermano, come a' Sanesi, spiaceva la signorìa di Messer Provenzano Salvani <\/i>[Malesp. Stor. Fior.<\/i> cap. 166, Gio. Villani Cron.<\/i> lib. 6 cap. 79], e che fu Provenzano signore e guidatore dell'oste<\/i> [Gio. Villani lib. 7 cap. 31]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3935110","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/storia-fiorentina","LuogoFonte":"CLXX","NotaFonte":"","TestoFonte":"feciono  veduta  a’ detti  Frati come  spiacea  a  loro  la signoria  di  Messer  Previzano  Salvani","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/storiafiorentina00male\/page\/135\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"111-114","from":10941.0,"to":10943.0,"NomeAutore":"Ricordano Malispini","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"per sermone.<\/i>  Apocope ad imitazion del\nLatino adoprata in grazia della rima qu\u00ec e Par. XXI, 112 Soffi\nsermo<\/i>, espressione allusiva alla precedente\n\n     Allor soffi\u00f2 lo tronco forte, e poi<\/i>\n        Si convert\u00ec quel vento in cotal voce.<\/i>\n         [Vers. 91, 92]\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sermo <\/strong>per sermone.<\/i>  Apocope ad imitazion del Latino adoprata in grazia della rima quì e Par. XXI, 112<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXI 112","NotaFonte":"","TestoFonte":"Così ricominciommi il terzo sermo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=88&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"138","from":12449.0,"to":12450.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per tana<\/i>, covile<\/i>, non, come dice il\nVenturi, dalla voce Latina<\/i> lustrum un po' stravolta<\/i>, ma dalla\ntotalmente uguale lustra, lustrae<\/i>, ch'adopera Plauto [In\nlustra iacuisti? 5 ego me in lustra<\/i>?  Casin. act. 2 sc. 3 v.\n28].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"<\/strong>\r\n
Lustra <\/strong>per tana<\/i>, covile<\/i> [...] dalla totalmente uguale lustra, lustrae<\/i>, ch'adopera Plauto [In lustra iacuisti? 5 ego me in lustra<\/i>?  Casin. act. 2 sc. 3 v. 28].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q47160","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1216194","LuogoFonte":"II iii 28-29","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cleost.<\/b>
Vbi in lustrá iacuisti?
Lys.<\/b>
Égone in lustra?","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0119.phi006.perseus-lat1:2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"127","from":3827.0,"to":3828.0,"NomeAutore":"Tito Maccio Plauto","TitoloFonte":"Casina"}, {"Annotazione":"per assistere a Dante [Inf. II, 52 e\nsegg.].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
per assistere a Dante [Inf. II, 52 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II 52-54","NotaFonte":"","TestoFonte":"Io era tra color che son sospesi,
e donna mi chiamò beata e bella,
tal che di comandare io la richiesi.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=2&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"81","from":3538.0,"to":3539.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"per bocca; nella Vit. N.<\/i>, XIX (nella\ncanz.):\n\n Voi le vedete Amor pinto nel riso, \n\nove spiegano bocca.<\/b> E nella Canzone <Amor, che nella mente mi\nragiona<\/i><\/b>> (st. 4), si legge:\n\n Cose appariscon nello suo aspetto, \n Che mostran de' piacer di Paradiso;\n Dico negli occhi e nel suo dolce riso, \n Che le vi reca Amor com'a suo loco;\n\ne Dante spiegando questo tratto (Conv.<\/i>, III, 8), Scrive:\n«Perocch\u00e8 nella faccia, massimamente in due luoghi adopera\nl'Anima, cio\u00e8 negli occhi<\/i> {v.130} e nella bocca<\/i><\/b> (per\u00f2 che in\nquelli due luoghi quasi tutte e tre le nature dell'Anima hanno\ngiurisdizione), quelli massimamente adorna, e quivi pone\nl'intento tutto a far bello se puote. E in questi due luoghi\ndico io, che appariscono questi piaceri, dicendo: Negli occhi e\nnel suo dolce riso.<\/i><\/b> Li quali due luoghi per bella similitudine\nsi possono appellar balconi della Donna che nello edificio del\ncorpo abita, ch'\u00e8 l'Anima<\/i>, perocch\u00e8 quivi, avvegnach\u00e8 quasi\nvelata, spesse volte si dimostra.» Dopo ci\u00f2 mi sembrano non\nvere, per quanto colorite come sempre, le parole del De Sanctis, \nche qui non si tratta materialmente della bocca<\/b>, s\u00ec bene del\nriso<\/b> (bench\u00e8 due versi dopo il Poeta usi bocca<\/b> nel medesimo\nsenso), che \u00e8 l'espressione, la poesia, il sentimento della\nbocca, qualche cosa d'incorporale che si vede errar fra le labbra\ne come staccato da esse, e che tu puoi vedere, ma non puoi\ntoccare.<\/i><\/b> — Esser baciato<\/i><\/b> ecc.; e questo, se non il primo di\nfatto, fu il primo fallo scritto<\/i> di questa regina (Par.<\/i>, XVI, \n15). Il libro qui accennato \u00e8 uno de' pi\u00f9 antichi che la Chiesa\nabbia proibito; fu proibito con Bolla di Innocenzo III (ma\nappunto per ci\u00f2 non gi\u00e0 nel 1313 come a torto dice il Perticari:\ncf. Foscolo, Disc.<\/i>, sez. 104). E non occorre scendere, come si\ndice, in sagristia per ravvisare dal fatto di Francesca quanto\nprovvida la legge della Chiesa; se que' meschini cognati le\navessero prestato ossequio, forse non sarebbe loro accaduto\nquello che accadde. — Questi, che mai<\/b> ecc. La misera donna, \npur nella apparente letizia delle felici memorie, ha l'inferno\ndavanti, lo sente nell'anima, e lo deve di necessit\u00e0 rammentare. \nIl De Sanctis: «Quando Francesca \u00e8 vinta, quando il peccato\nch'era gi\u00e0 nell'anima si rivela, nel punto stesso del bacio, anzi\nprima ancora che il peccato le esca di bocca, ... tra l'amante e\nil peccato si gitta in mezzo l'inferno, e il tempo felice si\ncongiunge con la miseria, e quel momento d'oblio, il peccato, non\nsi cancella pi\u00f9, diventa l'eternit\u00e0.» — La bocca<\/b>, \u00e8 il\ndisiato riso<\/b> (v. 133); — tutto tremante<\/b>, il che rivela e\ntutta la passione, e lo spasimo non senza pudore.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Riso<\/b> per bocca; nella Vit. N.<\/i>, XIX (nella canz.): Voi le vedete Amor pinto nel riso, ove spiegano bocca.<\/b> E nella Canzone «Amor, che nella mente mi ragiona<\/i>» (st. 4), si legge: Cose appariscon nello suo aspetto, Che mostran de' piacer di Paradiso; Dico negli occhi e nel suo dolce riso, Che le vi reca Amor com'a suo loco; e Dante spiegando questo tratto (Conv.<\/i>, III, 8), Scrive: «Perocchè nella faccia, massimamente in due luoghi adopera l'Anima, cioè negli occhi<\/i> e nella bocca<\/b> (però che in quelli due luoghi quasi tutte e tre le nature dell'Anima hanno giurisdizione), quelli massimamente adorna, e quivi pone l'intento tutto a far bello se puote. E in questi due luoghi dico io, che appariscono questi piaceri, dicendo: Negli occhi e nel suo dolce riso.<\/i> Li quali due luoghi per bella similitudine si possono appellar balconi della Donna che nello edificio del corpo abita, ch'è l'Anima<\/i>, perocchè quivi, avvegnachè quasi velata, spesse volte si dimostra.» Dopo ciò mi sembrano non vere, per quanto colorite come sempre, le parole del De Sanctis, che qui non si tratta materialmente della bocca<\/b>, sì bene del riso<\/b> (benchè due versi dopo il Poeta usi bocca<\/b> nel medesimo senso), che è l'espressione, la poesia, il sentimento della bocca, qualche cosa d'incorporale che si vede errar fra le labbra e come staccato da esse, e che tu puoi vedere, ma non puoi toccare.<\/i>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18084","LuogoFonte":"Vita Nova XIX, 12, v. 55 (Gorni, 10, 23, vv. 55)","NotaFonte":"Il testo secondo l'edizione Barbi e secondo quella di Petrocchi prevede la lezione \"viso\" e non \"riso\", come sostenuto qui da Poletto.","TestoFonte":"Voi le vedete Amor pinto nel viso","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Vita_Nova&pb=10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"133-136","from":4910.0,"to":4911.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Vita Nuova"}, {"Annotazione":"per esser picciolo, ed\nesservi dentro poca acqua. Daniello. Ma io crederei pi\u00f9\nvolontieri essere intenzione di Dante di accennarne con tale\nasciutto passaggio che l'eloquenza appo i sapienti ha poco o\nnissun luogo: Neque indisertum academicum<\/i> [fa Cicerone che\nVelleio dica] pertimuissem, nec rhetorem, quamvis eloquentem;\nneque enim flumine conturbor inanium verborum<\/i> [De nat. Deor.<\/i>\nlib. 2 n. II]. E Quintiliano insegna che si sapientes iudices\ndentur, perquam sit exiguus eloquentiae locus<\/i> [Instit. orat.<\/i>\nlib 2 cap. 17].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
per esser picciolo, ed esservi dentro poca acqua.  Daniello.  Ma io crederei più volontieri essere intenzione di Dante di accennarne con tale asciutto passaggio che l'eloquenza appo i sapienti ha poco o nissun luogo: Neque indisertum academicum<\/i> [fa Cicerone che Velleio dica] pertimuissem, nec rhetorem, quamvis eloquentem; neque enim flumine conturbor inanium verborum<\/i> [De nat. Deor. <\/i>lib. 2 n. II].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q370414","LuogoFonte":"II 1","NotaFonte":"Il riferimento corretto, in base all'ed. Leipzig, Teubner, 1917, \u00e8 Cicerone, De Natura Deorum II 1, non II 2.","TestoFonte":"nam neque indisertum Academicum pertimuissem nec sine ista philosophia rhetorem quamvis eloquentem; neque enim flumine conturbor inanium verborum nec subtilitate sententiarum si orationis est siccitas.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0474.phi050.perseus-lat1:2.1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"109","from":3727.0,"to":3731.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":"De natura deorum"},
{"Annotazione":"per essere solamente,\ncome nel bel principio del poema dice, Nel mezzo del cammin di\nnostra vita.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
per essere solamente, come nel bel principio del poema dice, Nel mezzo del cammin di nostra vita.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 1","NotaFonte":"","TestoFonte":" Nel mezzo del cammin di nostra vita","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"128","from":30785.0,"to":30790.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per essere stato dal\nBarbarossa distrutto, come tutti gl'istorici narrano — Melano<\/i>,\ne Melanesi<\/i>, come gi\u00e0 altrove fu avvertito, in vece di Milano<\/i>,\ne Milanesi<\/i> scrive anche Gio. Villani, e tutti gli antichi, in\nmaniera pi\u00f9 conforme al Latino Mediolanum<\/i>, Mediolanenses.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Melano<\/i>, e Melanesi<\/i>, come già altrove fu avvertito, in vece di Milano<\/i>, e Milanesi<\/i> scrive anche Gio. Villani, e tutti gli antichi, in maniera più conforme al Latino Mediolanum<\/i>, Mediolanenses.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"X 9","NotaFonte":"Lombardi legge \"Melan\" sia nel testo dantesco, sia nella Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 384 (IX 9).","TestoFonte":"E dimorando in Milano, pacificò tutti i Milanesi","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"120","from":18300.0,"to":18303.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"per essersi\nveramente pentito delle offese a Dio fatte tard\u00f2 a morire. \nIntendesi per costui il santo Re di Giuda Ezechia, il quale\nall'annunzio fatto lui fare da Dio, per mezzo del profeta Isaia,\ndella certa vicina morte, postosi a piangere dirottamente fece\ns\u00ec, che Iddio gli rimand\u00f2 il profeta ad assicurarlo di altri\nquindici anni di vita [Reg.<\/i> 4, 20 Isai.<\/i> 38].  Quantunque il\ncarattere di questo Re sia d'un uomo sempre virtuoso, pot\u00e8\nnondimeno il Poeta appoggiare l'aggiunto per vera penitenza<\/b> a\nquella espressione, che il medesimo Re cant\u00f2 al Signore dopo\nricevuta tal grazia.  Recogitabo tibi omnes annos meos in\namaritudine animae meae<\/i><\/b>.....  Tu autem eruisti animam meam ut\nnon periret, proiecisti post tergum tuum omnia peccata mea.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Intendesi per costui il santo Re di Giuda Ezechia, il quale all'annunzio fatto lui fare da Dio, per mezzo del profeta Isaia, della certa vicina morte, postosi a piangere dirottamente fece sì, che Iddio gli rimandò il profeta ad assicurarlo di altri quindici anni di vita [Reg.<\/i> 4, 20 Isai.<\/i> 38].  Quantunque il carattere di questo Re sia d'un uomo sempre virtuoso, potè nondimeno il Poeta appoggiare l'aggiunto per vera penitenza<\/b> a quella espressione, che il medesimo Re cantò al Signore dopo ricevuta tal grazia.  Recogitabo tibi omnes annos meos in amaritudine animae meae<\/i>.....  Tu autem eruisti animam meam ut non periret, proiecisti post tergum tuum omnia peccata mea.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/secondo-libro-dei-re","LuogoFonte":"XX 1-21","NotaFonte":"","TestoFonte":"1 In diebus illis aegrotavit Ezechias usque ad mortem. Et venit ad eum Isaias filius Amos prophetes dixitque ei: “ Haec dicit Dominus: Dispone domui tuae, morieris enim et non vives ”.
2 Qui convertit faciem suam ad parietem et oravit Dominum dicens:
3 “ Obsecro, Domine, memento quomodo ambulaverim coram te in veritate et in corde perfecto et, quod placitum est coram te, fecerim ”. Flevit itaque Ezechias fletu magno.
4 Et antequam egrederetur Isaias mediam partem atrii, factus est sermo Domini ad eum dicens:
5 “ Revertere et dic Ezechiae duci populi mei: Haec dicit Dominus, Deus David patris tui: Audivi orationem tuam, vidi lacrimam tuam, et ecce sano te; die tertio ascendes templum Domini.
6 Et addam diebus tuis quindecim annos; sed et de manu regis Assyriorum liberabo te et civitatem hanc et protegam urbem istam propter me et propter David servum meum ”.
7 Dixitque Isaias: “ Afferte massam ficorum ”. Quam cum attulissent et posuissent super ulcus eius, curatus est.
8 Dixit autem Ezechias ad Isaiam: “ Quod erit signum quia Dominus me sanabit et quia ascensurus sum die tertio templum Domini? ”.
9 Cui ait Isaias: “ Hoc erit tibi signum a Domino quod facturus sit Dominus sermonem, quem locutus est: Vis ut accedat umbra decem gradibus, an ut revertatur totidem gradibus? ”.
10 Et ait Ezechias: “ Facile est umbram descendere decem gradibus, nec hoc volo ut fiat, sed ut revertatur retrorsum decem gradibus ”.
11 Invocavit itaque Isaias propheta Dominum; et reduxit umbram per gradus, quibus iam descenderat in gradibus Achaz, retrorsum decem gradibus.
12 In tempore illo misit Merodachbaladan filius Baladan rex Babyloniorum litteras et munera ad Ezechiam; audierat enim quod aegrotasset Ezechias.
13 Laetatus est autem in adventu eorum Ezechias et ostendit eis totam domum thesauri sui, argentum et aurum et aromata et oleum optimum et domum vasorum suorum et omnia, quae inventa sunt in thesauris suis: non fuit, quod non monstraret eis Ezechias in domo sua et in omni potestate sua.
14 Venit autem Isaias propheta ad regem Ezechiam dixitque ei: “ Quid dixerunt viri isti et unde venerunt ad te? ”. Cui ait Ezechias: “ De terra longinqua venerunt, de Babylone ”.
15 At ille respondit: “ Quid viderunt in domo tua? ”. Ait Ezechias: “ Omnia, quae sunt in domo mea viderunt; nihil est, quod non monstraverim eis in thesauris meis ”.
16 Dixit itaque Isaias Ezechiae: “ Audi sermonem Domini:
17 Ecce dies venient, et auferentur omnia, quae sunt in domo tua, et quae condiderunt patres tui usque in diem hanc, in Babylone; non remanebit quidquam, ait Dominus.
18 Sed et de filiis tuis, qui egredientur ex te, quos generabis, tollentur et erunt eunuchi in palatio regis Babylonis ”.
19 Dixit Ezechias ad Isaiam: “ Bonus sermo Domini, quem locutus es ”. Et ait: “ Nonne erit pax et securitas in diebus meis? ”.
20 Reliqua autem gestorum Ezechiae et omnis fortitudo eius, et quomodo fecerit piscinam et aquae ductum et introduxerit aquas in civitatem, nonne haec scripta sunt in libro annalium regum Iudae?
21 Dormivitque Ezechias cum patribus suis; et regnavit Manasses filius eius pro eo.
12 In tempore illo misit Berodach Baladan, filius Baladan, rex Babyloniorum, litteras et munera ad Ezechiam : audierat enim quod ægrotasset Ezechias. 13 Lætatus est autem in adventu eorum Ezechias, et ostendit eis domum aromatum, et aurum et argentum, et pigmenta varia, unguenta quoque, et domum vasorum suorum, et omnia quæ habere poterat in thesauris suis. Non fuit quod non monstraret eis Ezechias in domo sua, et in omni potestate sua. 14 Venit autem Isaias propheta ad regem Ezechiam, dixitque ei : Quid dixerunt viri isti ? aut unde venerunt ad te ? Cui ait Ezechias : De terra longinqua venerunt ad me, de Babylone. 15 At ille respondit : Quid viderunt in domo tua ? Ait Ezechias : Omnia quæcumque sunt in domo mea, viderunt : nihil est quod non monstraverim eis in thesauris meis. 16 Dixit itaque Isaias Ezechiæ : Audi sermonem Domini : 17 Ecce dies venient, et auferentur omnia quæ sunt in domo tua, et quæ condiderunt patres tui usque in diem hanc, in Babylonem : non remanebit quidquam, ait Dominus. 18 Sed et de filiis tuis qui egredientur ex te, quos generabis, tollentur, et erunt eunuchi in palatio regis Babylonis. 19 Dixit Ezechias ad Isaiam : Bonus sermo Domini quem locutus es : sit pax et veritas in diebus meis.
20 Reliqua autem sermonum Ezechiæ, et omnis fortitudo ejus, et quomodo fecerit piscinam et aquæductum, et introduxerit aquas in civitatem, nonne hæc scripta sunt in libro sermonum dierum regum Juda ? 21 Dormivitque Ezechias cum patribus suis, et regnavit Manasses filius ejus pro eo.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ii-regum_lt.html#20","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"51","from":19536.0,"to":19541.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"per fama — cheggio<\/b> per\nchieggo<\/i>, non per\u00f2 da chiedere<\/i>, che vorrebbe chieggio<\/i>, ma da\nchedere<\/i> verbo usato dal Barberino in pi\u00f9 luogi de' suoi\nDocumenti d'amore<\/i>, e da F. Guittone ancora [Vedi la tavola\ndelle voci posta in fine del Barberini].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Cheggio<\/b> per chieggo<\/i>, non però da chiedere<\/i>, che vorrebbe chieggio<\/i>, ma da chedere<\/i> verbo usato dal Barberino in più luogi de' suoi Documenti d'amore<\/i>.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3750843","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Documenti_d_Amore","LuogoFonte":"II p. 100","NotaFonte":"Il luogo della fonte \u00e8 indicato secondo la seguente edizione: Documenti d\u2019amore di M. FRANCESCO BARBERINO, Roma, Mascardi, 1640.","TestoFonte":"A buona siam condotti, se verranno
Cosa d'amor chedendo","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=IvHNGcbbVHUC&printsec=frontcover&dq=documenti+d%27amore&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&sa=X&redir_esc=y#v=onepage&q=chedendo&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"120","from":14443.0,"to":14445.0,"NomeAutore":"Francesco da Barberino","TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"per farmelo spiegare\ninsieme con la predizione fattami da Farinata (c. X, 79 e segg.).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"A chiosar con altro testo<\/strong>, per farmelo spiegare insieme con la predizione fattami da Farinata (c. X, 79 e segg.).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. X, 79-81","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma non cinquanta volte fia raccesa
la faccia de la donna che qui regge,
che tu saprai quanto quell'arte pesa.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"89","from":14216.0,"to":14221.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"per febbre quartana, una per tutte le\nfebbri intermittenti, nell'accesso delle quali suole sempre cotal\nribrezzo e scolorimento delle unghie intervenire [Vedi tra gli\naltri Allen Synopsis medic.<\/i> art. 34]. Unghie smorte<\/b> legge\nla Nidobeatina ed unghia smorte<\/i><\/b> l'altre edizioni: ma tutte poi\nd'accordo nel canto IX v. 49 della presente cantica leggono:\ncon l'unghie si fendea ciascuna il petto.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
tutte poi d'accordo nel canto IX v. 49 della presente cantica leggono: con l'unghie si fendea ciascuna il petto.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IX 49","NotaFonte":"","TestoFonte":"Con l'unghie si fendea ciascuna il petto;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=9","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"86","from":16084.0,"to":16085.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per gli allessati, bolliti\nnella pece, non per noi.  — Altri per li lesi<\/i>: ma \u00e8 lezione\nper ogni rispetto pi\u00f9 debole.  N\u00e8 osta alla nostra il comico\nsapore, perciocch\u00e8 sparso per tutto l'Inferno, e peculiare a\nquesto Canto.  Anche nel C. XII: per li lesi<\/i>: ma è lezione per ogni rispetto più debole. Nè osta alla nostra il comico sapore, perciocchè sparso per tutto l'Inferno, e peculiare a questo Canto. Anche nel C. XII: «I bolliti facean alte strida;» e nel XXXII, delle anime punite nel ghiaccio dirà che sono «fitte in gelatina.» Forse pure Virgilio voleva, barzellettando, far del sicuro.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII, 102","NotaFonte":"","TestoFonte":"dove i bolliti facieno alte strida","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=12","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"135","from":20310.0,"to":20314.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per gli occhi, l'adoperano anche\naltri Italiani scrittori [vedi 'l Vocabolario della Crusca]; ed\nabbiamo scritto nel vangelo lucerna corporis tui est oculus\ntuus.<\/i>  — empie<\/b>, maligne, fraudolenti — sotto le quai<\/b>, vale\nquanto sotto la guardatura delle quali<\/i><\/b> — muso<\/i><\/b> per faccia.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Lucerne <\/strong>per gli occhi [...]; ed abbiamo scritto nel vangelo lucerna corporis tui est oculus tuus.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"VI 22","NotaFonte":"","TestoFonte":"Lucerna corporis est oculus.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#6","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"122-123","from":24512.0,"to":24513.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"per il che, un popolo \u00e8 dominatore ed\naltro langue<\/b>, \u00e8 oppresso, dominato; e ci\u00f2 pu\u00f2 accadere, come\naccade, per molte ragioni, che possono comprendersi nel versetto\ndell'Ecclesiastico<\/i> (X, 8): Regnum a gente in gentem\ntransfertur propter injustitias<\/i> (s\u00ec del vincitore che del\nvinto), et injurias, et contumelias, et diversos dolos<\/i>; ma non\npotrassi mai attribuire alla Provvidenza il volere che certi\npopoli sieno schiavi per far commodo alla prepotenza d'altri; n\u00e8\nsi potr\u00e0 a chiusi occhi accettare questa gravissima dottrina\npolitica dell'Allighieri, per quanto suffragata dall'autorit\u00e0\nd'Aristotele: <Videmus quod quidam non solum singulares homines, \nquin etiam populi, apti nati sunt ad principari, quidam ad\nsubjici atque, ministrare; ut Philosophus adstruit in iis, quae\nde Politicis; et talibus, ut ipse dicit, non solum regi est\nexpediens, sed et justum, etiamsi ad hoc cogantur<\/i>> (Mon.<\/i>, II, \n7): perch\u00e8 a queste parole mirando, non ebbe tutto il torto il\nTommaseo, nel discorso Gueifi e Ghibellini<\/i> (pag. LXXII\ndell'ediz. della D. Commedia<\/i>, Mil., Pagnoni, 1869) di dire che\nn\u00e8 la rettitudine dell'animo, n\u00e8 le memorie guelfe salvarono\nDante da certe opinioni crudeli, che appena a' politicanti\npagani si possono perdonare.<\/i><\/b>  — Lo giudicio di costei<\/i><\/b>, nel\nfare le sue permutazioni<\/i> (v. 88), \u00e8 occulto<\/b>, sfugge al nostro\nocchio, perch\u00e8 questa celeste Intelligenza, ministra di Dio, \nadempie a tempo e a luogo l'ordinamento divino, e Dio ai senni\numani<\/i><\/b> s\u00ec nasconde\n\n     Lo suo primo perch\u00e8, che non gli \u00e8 guado\n\n(Purg.<\/i>, VIII, 69); onde tali permutazioni quanto improvvise, \naltrettanto arrivano meno prevedute: nell'Aen.<\/i>, X, 501:\n\n     Nescia mens hominum fati sortisque futurae:\n\n— come in erba l'angue<\/i><\/b>, che \u00e8 il latet anguis in herba<\/i><\/b> di\nVirgilio (Buc.<\/i>, III, 93).  Il Da Siena, cit. dallo Scart.;\n«Quando talora pare che la fortuna ci assecondi, il suo riso \u00e8\ncome di fiori, tra cui la serpe velenosa s'asconde.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
per il che, un popolo è dominatore ed altro langue<\/b>, è oppresso, dominato; e ciò può accadere, come accade, per molte ragioni, che possono comprendersi nel versetto dell'Ecclesiastico<\/i> (X, 8): Regnum a gente in gentem transfertur propter injustitias<\/i> (sì del vincitore che del vinto), et injurias, et contumelias, et diversos dolos<\/i>; ma non potrassi mai attribuire alla Provvidenza il volere che certi popoli sieno schiavi per far commodo alla prepotenza d'altri; nè si potrà a chiusi occhi accettare questa gravissima dottrina politica dell'Allighieri, per quanto suffragata dall'autorità d'Aristotele: «Videmus quod quidam non solum singulares homines, quin etiam populi, apti nati sunt ad principari, quidam ad subjici atque, ministrare; ut Philosophus adstruit in iis, quae de Politicis; et talibus, ut ipse dicit, non solum regi est expediens, sed et justum, etiamsi ad hoc cogantur<\/i>» (Mon.<\/i>, II, 7)<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q155980","LuogoFonte":"Siracide X, 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Regnum a gente in gentem transfertur propter iniustitias et contumelias et divitias dolosas","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiasticus_lt.html#10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"82-84","from":6367.0,"to":6389.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Siracide"},
{"Annotazione":"per ispirazione dello\nSpirito santo, che primo amore<\/b> appella anche Inf. III, 6  —\nch'io sento<\/b>, vale ch'io ora attualmente gusto.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
per ispirazione dello Spirito santo, che primo amore<\/b> appella anche Inf. III, 6<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"la somma sapïenza e 'l primo amore.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"11","from":5008.0,"to":5013.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per l'ira che fu costretto a\nringoiare.  — In Fleg\u00ef\u00e0s si manifestano subito i due estremi\ndell'ira, che presto si accende e presto cade: ira subita o ira\nrepressa, principio dell'accidia.  «In ira nasce e posa —\naccidia neghittosa» (B. Latini, Tes.<\/i>, v. 2679).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
In Flegïàs si manifestano subito i due estremi\r\ndell'ira, che presto si accende e presto cade: ira subita o ira\r\nrepressa, principio dell'accidia.  «In ira nasce e posa —\r\naccidia neghittosa» (B. Latini, Tes.<\/i>, v. 2679).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q366328","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3792977","LuogoFonte":"2683-2690","NotaFonte":"","TestoFonte":"In ira nasce e posa
Accidia nighittosa:
ché, chi non puote in fretta
fornir la sua vendetta
néd afender cui vole,
l'odio fa come suole,
che sempre monta e cresce
né di mente non li esce;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=20&workSign=Latini_Tesoretto&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"24","from":6902.0,"to":6906.0,"NomeAutore":"Brunetto Latini","TitoloFonte":"Il Tesoretto"}, {"Annotazione":"per la sorte che\navessi avuta di convivere con Virgilio — assentirei al mio\nuscir di bando un Sole pi\u00f9 che non deggio<\/b>, m'accontenterei che\nsi prolungasse il bando mio dalla celeste patria un anno di pi\u00f9\ndi quel che dee durare. Soli<\/i> per anni<\/i> anche Inf. VI, 68.\n\n\tCriticando il Venturi 'l taci<\/i> {v.104} che nel terzetto seguente\nriferisce Dante esser lui stato detto co' gesti da Virgilio per\ncagione di questo parlare di Stazio, Questo<\/i> taci [dic'egli]\nlo poteva dire a Stazio con avvisarlo a non dire quei\nspropositi; che non \u00e8 poca sciocchezza di un'anima, che per\n500 anni<\/i> [anzi pi\u00f9 di mille. Vedi al v. 67] s\u00ec \u00e8\npurgata, voler patteggiare un anno di dilazione di Paradiso, e di\npermanenza in quelle pene, per il vano contento di ersersi\ntrovata a convivere con Virgilio, come bene osserva il P.\nd'Aquino. N\u00e8 \u00e8 sufficiente ammenda quel sorriso di Dante, che\nnon ha niente che fare colla disapprovazione di un tal detto poco\nconsiderato; e mi stupisco, che come ammenda l'osservi il P.\nd'Aquino. Ma il pi\u00f9 bello \u00e8, che il Landino si mette a\ndifendere seriamente il Poeta da alcuni, che l'incolpano d'aver\nfatto Stazio tiepido d'affetto verso Virgilio, mentre fa che\npatteggi un anno solo di Purgatorio per il suddetto vanissimo\npiacere.<\/i>\n\n\tDante non \u00e8 da riprendere<\/i> [risponde al Venturi il Rosa\nMorando] perch\u00e8 questo si debbe prendere per un'iperbole. \nPasso tutto a proposito per la difesa di questi versi si ha ne'<\/i>\nBenefici di Seneca<\/i> [lib. 7 cap. 23] In hoc omnis hyperbole\nextenditur, ut ad verum mendacio veniat. Itaque qui dixit, qui\ncandore nives anteiret, cursibus auras<\/i>, quod non poterat fieri\ndixit, ut crederetur quantum plurimum posset. Numquam\n[osservasi bene<\/i>] tantum sperat hyperbole, quantum audet; sed\nincredibilia affirmat, ut ad credibilia perveniat. Dante fa\nqu\u00ec affermare a Stazio una cosa<\/i> incredibile, com'\u00e8 questa\ndilazione del Paradiso, acci\u00f2 si venga alla<\/i> credibile, ch'\u00e8\nla somma venerazione ed amore che Stazio porta a Virgilio. Per\nquesta ragione Catullo<\/i> [carm.<\/i> 102] parlando della sua Lesbia<\/i>,\n\n Ambobus mihi quae carior est oculis<\/i>;\n\ne il Naugero<\/i>\n\n Dispeream nisi tu vita mihi carior ipsa<\/i>,\n Atque anima, atque oculis es, mea Hyella meis.<\/i>\n\nBello esempio se ne ha pure in Orazio, l\u00e0 dove per mostrare un\ncredibile, ch'\u00e8 l'amar Lalage ovunque si fosse, dice un\nincredibile, ch'\u00e8 l'abitare amandola in que' paesi, che per\nsoverchia arsura, e per freddo furon tenuti inabitabili al tempo\nsuo<\/i>\n\n Pone me pigris ubi nulla campis<\/i>\n Arbor aestiva recreatur aura<\/i>,\n Quod latus mundi nebulae malusque<\/i>\n Iuppiter urget.<\/i>\n Pone sub curru nimium propinqui<\/i>\n Solis, in terra domibus negata<\/i>;\n Dulce ridentem Lalagen amabo<\/i>,\n Dulce loquentem<\/i> \n [Carm.<\/i> lib. 1 ode 22].\n\nChe in quel noto sonetto<\/i> Pommi ov'il Sol ec. [Son 112] fu dal\nPetraca imitato.<\/i> Fin qu\u00ec 'l Rosa.\n\n\tA me per\u00f2 sembrerebbe la pi\u00f9 spedita di rispondere, che\nsuppone Dante essere quest'anime ancor soggette a passioni ed\nerrori, e tal perdurare fin che non sieno eccitate al pentimento,\ne lavate nel fiume Lete, Purg. XXXI, 55 e segg. Cotale\nassoggettamento a passione ed errore fa Dante qu\u00ec tacitamente\nconfessarsi da Stazio medesimo, facendogli nel fine del presente\ncanto dire a Virgilio\n\n . . . . . . . Or puoi la quantitate<\/i>\n Comprender dell'amor ch'a te mi scalda<\/i>,\n Quando dismento nostra vanitate<\/i>,\n Trattando l'ombre come terra salda.<\/i>\n\nE se l'amor troppo grande a Virgilio fece Stazio dimentico della\npropria attual vanit\u00e0<\/i> in cui si trovava; molta pi\u00f9 poteva farlo\ndimentico delle pene in Purgatorio patite, e del bene che sperava\nin Paradiso.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Soli<\/i> per anni<\/i> anche Inf. VI, 68.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VI 68","NotaFonte":"","TestoFonte":"infra tre soli<\/strong>, e che l'altra sormonti","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=6&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100-102","from":21303.0,"to":21307.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per la strada follemente da\nlui percorsa.  E cos\u00ec era a primo aspetto sembrata anche a\nDante: «Temo che la venuta non sia folle» (c. II, 35).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
per la strada follemente da lui percorsa.  E così era a primo aspetto sembrata anche a Dante: «Temo che la venuta non sia folle» (c. II, 35). <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II, 35","NotaFonte":"","TestoFonte":"temo che la venuta non sia folle","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"91","from":7377.0,"to":7381.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per la sua depravata vita —\nle fu s\u00ec presso<\/b>: accenna l'avviso dell'Apostolo stimulus\nmortis peccatum<\/i> [I. ad Cor. 15]: al che mancando di avvertire\ntutti, quanto veggo, i comentatori hanno inteso che il senso\nletterale sia l'allegorico; e che l'essere stato Dante vicino\nall'ultima sera<\/i> {v.58} non voglia dir altro se non, che stato\nsia vicino a contrarre abito nel vizio.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
le fu sì presso<\/b>: accenna l'avviso dell'Apostolo stimulus mortis peccatum<\/i> [I. ad Cor. 15]: al che mancando di avvertire tutti, quanto veggo, i comentatori hanno inteso che il senso letterale sia l'allegorico; e che l'essere stato Dante vicino all'ultima sera<\/i> {v.58} non voglia dir altro se non, che stato sia vicino a contrarre abito nel vizio. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80355","LuogoFonte":"XV 56","NotaFonte":"","TestoFonte":"Stimulus autem mortis peccatum est","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-i-corinthios_lt.html#15","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"59","from":411.0,"to":420.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Prima lettera ai Corinzi"},
{"Annotazione":"per la virt\u00f9 visiva,\nche si commove e rivolge allo splendore — che va di gonna in\ngonna<\/b>, che attraversa le membrane dell'occhio.  Come gli\nscrittori, in vece di appellare cotali membrane col nome generico\ndi vesti dell'occhio<\/i>, le hanno appellate toniche<\/i>, tunicae\noculorum<\/i> [Vedi, tra gli altri, Plinio Hist. nat. lib. II cap.\n37], cos\u00ec arbitra Dante giudiziosamente, in grazia della rima, di\nappellarle gonne<\/i><\/b>, altra spezie di veste.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
gli scrittori, in vece di appellare cotali membrane col nome generico di vesti dell'occhio<\/i>, le hanno appellate toniche<\/i>, tunicae oculorum<\/i> [Vedi, tra gli altri, Plinio Hist. nat. lib. II cap. 37]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q82778","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q442","LuogoFonte":"XI 58","NotaFonte":"","TestoFonte":"tenuibus multisque membranis eos natura composuit, callosis contra frigora caloresque in extumo tunicis,<\/strong> quas subinde purificat lacrimationum salivis, lubricos propter incursantia et mobiles.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0978.phi001.perseus-lat1:11.58","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"71-72","from":25871.0,"to":25875.0,"NomeAutore":"Plinio il Vecchio","TitoloFonte":"Naturalis historia"},
{"Annotazione":"per le parole, o canti, di\nquesta commedia, lettor,<\/i> ec.; come se dicesse, per la vita di\nquesta mia figliuola ti giuro ch'io vidi ec.: giuramento gentile,\ndesiderando naturalmente sopra d'ogn'altra umana cosa qualunque\nscrittore immortal vita e gloriosa a' suoi scritti.  Venturi. \nCommed\u00eca<\/b> coll'accento sull'i<\/i><\/b> alla Greca maniera [avviso del\nprelodato sig. Ennio Visconti [Vedi Inf. XII, 9]] esigge il\nmetro che scrivasi, e pronunzisi; facendosi per\u00f2 nondimeno delle\ndue vocali i<\/i> ed a<\/i> una sillaba sola, come nel verso E non mi\nsi part\u00eca dinanzi al volto<\/i> [Inf. I, 34].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Commedìa<\/b> coll'accento sull'i<\/i> alla Greca maniera [...] esigge il metro che scrivasi, e pronunzisi; facendosi però nondimeno delle due vocali i<\/i> ed a<\/i> una sillaba sola, come nel verso E non mi si partìa dinanzi al volto<\/i> [Inf. I, 34].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 34","NotaFonte":"","TestoFonte":"e non mi si partia dinanzi al volto,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"127-128","from":15391.0,"to":15394.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per misterioso eccellente\nmotivo [affine cio\u00e8 che si conoscesse creata da Dio solo all'uso\nsuo<\/i>] esser lei<\/b>, quella, tanto alta, e s\u00ec nella cima dilatata\n[Canto precedente v. 40 e segg.], al contrario dell'altre piante\nad uso degli uomini.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
per singular cagione<\/strong> per misterioso eccellente motivo [affine cioè che si conoscesse creata da Dio solo all'uso suo<\/i>] esser lei<\/b>, quella, tanto alta, e sì nella cima dilatata [Canto precedente v. 40 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXII 40-42","NotaFonte":"","TestoFonte":"La coma sua, che tanto si dilata
più quanto più è sù, fora da l'Indi
ne' boschi lor per altezza ammirata.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=66&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"65-66","from":33500.0,"to":33503.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"per non rientra<\/i> — nel\nletto<\/b> [coerentemete al si ricorca<\/b>] nella porzione, nel tratto\ndi cielo — il Montone<\/b>, l'Ariete, segno celeste, nel quale era\nil Sole in tempo di questo poetico viaggio [Vedi Inf. I, 38] —\ncuopre<\/b> si riferisce a tutto il corpo del montone, inforca<\/b>\nriferiscesi ai piedi contenenti tra se il detto celeste tratto,\ncome, la forca tra rebbi, o denti, contiene paglia, fieno ec. e\nvuole in sentenza dire non passeranno anni sette.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
il Montone<\/b>, l'Ariete, segno celeste, nel quale era il Sole in tempo di questo poetico viaggio [Vedi Inf. I, 38]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 38","NotaFonte":"","TestoFonte":"e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"133-135","from":8020.0,"to":8023.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per non abbruciarsi i piedi\nnell'infuocata rena, come n'era stato da Virgilio avvertito\n[Cant. prec. v. 73 e segg.].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
per non abbruciarsi i piedi nell'infuocata rena, come n'era stato da Virgilio avvertito [Cant. prec. v. 73 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIV 73-75","NotaFonte":"","TestoFonte":"Or mi vien dietro, e guarda che non metti,
ancor, li piedi ne la rena arsiccia;
ma sempre al bosco tien li piedi stretti\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=14&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"43","from":13874.0,"to":13877.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"per non esser egli\ninformato di questi fatti siccome persona del paganesimo; o forse\nperch\u00e8 rifletteva aver ancor egli pronunziata una sentenza poco\ndissomigliante nel lib. 2 dell'Eneide: Unum pro cunctis dabitur\ncaput.<\/i> Venturi. Ma potrebbe ben anche essersi cagionata la\nmaraviglia dallo stesso nuovo genere di supplizio e di\navvilimento, non veduto da lui l'altra fiata che fu all'Inferno\nper trarne uno spirto dal cerchio di Giuda<\/i> [Inf. IX, 27], che\nfu prima della morte del Redentore non che di Caifas, come\napparisce e da quelle parole, che premette alle ora citate, Di\npoco era di me la carne nuda<\/i> [Vedi la nota al riferito verso\nch'\u00e8 il 28 del IX dell'Inf.], e dal riuscirgli nuova la rottura\navvenuta in questa bolgia sesta pe 'l terremoto successo nella\nmorte di Cristo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
per non esser egli informato di questi fatti siccome persona del paganesimo; o forse perchè rifletteva aver ancor egli pronunziata una sentenza poco dissomigliante nel lib. 2 dell'Eneide: Unum pro cunctis dabitur caput.<\/i>  Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"V 815","NotaFonte":"Il verso di Virgilio si trova nel quinto libro, non nel secondo.","TestoFonte":"unum pro multis dabitur caput","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:5.799-5.826","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"124","from":22329.0,"to":22331.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"per ogni villa, le dar\u00e0 la caccia\nper ogni citt\u00e0 dov'ella si ricoveri.  Villa<\/b> per Citt\u00e0 fu\ncomune agli Italiani antichi, come tuttora \u00e8 a' Francesi; e gli\nuni e gli altri la tolsero dal basso latino.  Numaziano: «Nunc\nvillae ingentes, oppida parva prius.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Villa<\/b> per Città fu comune agli Italiani antichi, come tuttora è a' Francesi; e gli uni e gli altri la tolsero dal basso latino.  Numaziano: «Nunc villae ingentes, oppida parva prius.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q705919","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1114951","LuogoFonte":"De reditu suo I, 224","NotaFonte":"","TestoFonte":"nunc villae grandes, oppida parva prius","UrlFonte":"https:\/\/www.thelatinlibrary.com\/rutilius.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"109","from":789.0,"to":791.0,"NomeAutore":"Claudio Rutilio Namaziano","TitoloFonte":"De reditu suo"},
{"Annotazione":"per quanto spingessi la mia vista\n(lat. visus<\/i>) al fondo.  Anche in prosa, nel Convito: «Non si\nlasciano vedere senza fatica del viso.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
per quanto spingessi la mia vista (lat. visus<\/i>) al fondo.  Anche in prosa, nel Convito: «Non si lasciano vedere senza fatica del viso.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio III, vii, 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Certi sono che, per essere del tutto diafani, non solamente ricevono la luce ma quella non impediscono, anzi rendono lei del loro colore colorata<\/i> nell'altre cose. E certi sono tanto vincenti nella purità del diafano, che divegnono sì raggianti, che vincono l'armonia dell'occhio e non si lasciano vedere sanza fatica del viso<\/strong>, sì come sono li specchi. Certi altri sono tanto sanza diafano, che quasi poco della luce ricevono, com'è la terra.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=40&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"11","from":3052.0,"to":3054.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"per quello cio\u00e8 che dalla\nsacra Genesi sapeva, che da un solo fiume irrigante il terrestre\nParadiso partonsi Eufrate e Tigri, vedendo da una fontana\npartirsi que' due rivi, si argomentava ch'essere quelli dovessero\nEufrate e Tigri.  Veramente dice la Genesi, che cotal fiume\nirrigante il terrestre Paradiso inde dividitur in quatuor\ncapita: nomen uni Phison<\/i>.... et nomen fluvii secundi Gehon<\/i>....\nnomen vero fluminis tertii Tygris<\/i>.... fluvius autem quartus\nipse est Euphrates<\/i> [Gen.<\/i> 2].  Ma ben pot\u00e8 il poeta nostro\nessere del medesimo intendimento di que' sacri interpreti, che\naffermano essere il Phison, e 'l Gehon una soddivisione\ndell'Eufrate e del Tigri [Pererius in Gen.<\/i> lib. 3 de Parad.\ncap. 2 De tertio et quarto flumine Tygri et Euphrate<\/i>].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Veramente dice la Genesi, che cotal fiume irrigante il terrestre Paradiso inde dividitur in quatuor capita: nomen uni Phison<\/i>.... et nomen fluvii secundi Gehon<\/i>.... nomen vero fluminis tertii Tygris<\/i>.... fluvius autem quartus ipse est Euphrates<\/i> [Gen.<\/i> 2].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"II 10-14","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et fluvius egrediebatur ex Eden ad irrigandum paradisum, qui inde dividitur in quattuor capita. 
Nomen uni Phison: ipse est, qui circuit omnem terram Hevila, ubi est aurum;
et aurum terrae illius optimum est; ibi invenitur bdellium et lapis onychinus.
Et nomen fluvio secundo Geon: ipse est, qui circuit omnem terram Aethiopiae.
Nomen vero fluminis tertii Tigris: ipse vadit ad orientem Assyriae. Fluvius autem quartus ipse est Euphrates.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"113","from":33824.0,"to":33827.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"}, {"Annotazione":"per ridurmi a memoria chi egli\nfosse — I piedi affissi<\/b>, cos\u00ec la Nidobeatina ove le altre\nedizioni leggono gli occhi affissi.<\/i> Il seguente verso per\u00f2, E\n'l dolce duca meco s\u00ec ristette<\/i><\/b>, richiede che i piedi non gli\nocchi affiggesse<\/i><\/b>, cio\u00e8 fermasse, Dante: imperocch\u00e8 tener fissi\ngli occhi in quell'ombra poteva anche andando. Affiggere<\/i> per\nfermare<\/i> adopera Dante anche nel Purg. XXII, 77.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Affiggere<\/i> per fermare<\/i> adopera Dante anche nel Purg. XXII, 77.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVII 77","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Purg. XVII 77, non XXII 77.","TestoFonte":"la scala sù, ed eravamo affissi,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=51&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"43-44","from":16760.0,"to":16762.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per traslazione, perch\u00e8 solo\nnell'acqua si nuota: ma \u00e8 lecito a Dante imitare il suo maestro,\nche disse di Dedalo: Insuetum per iter gelidas enavit ad\narctos<\/i>, e poco pi\u00f9 sotto: Remigio alarum<\/i> ec.  Cos\u00ec 'l Daniello\nappresso al Landino ed al Vellutello.  Con pi\u00f9 di ragione per\u00f2\nsembra che potesse Dante dire, che nuotasse questa fiera; perch\u00e8\nnon avea ali, e movea l'aria colle branche; come dir\u00e0 nel canto\nseguente v. 105.  — Nel medesimo seguente canto v. 97 appalesa\nDante il nome di questa fiera Gerione<\/i>, nome di un antichissimo\nRe di Spagna, il quale finsero i poeti che avesse tre corpi, per\nla padronanza che aveva delle tre isole Maiorica, Minorica, ed\nEbuso, o sia Ivica.  E ponlo il Poeta [aggiunge ivi 'l Daniello]\nper la fraude, per essere stato esso astutissimo, e pieno d'ogni\nmagagna.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
è lecito a Dante imitare il suo maestro, che disse di Dedalo: Insuetum per iter gelidas enavit ad arctos<\/i>, e poco più sotto: Remigio alarum<\/i> ec.  Così 'l Daniello appresso al Landino ed al Vellutello.  Con più di ragione però sembra che potesse Dante dire, che nuotasse questa fiera; perchè non avea ali, e movea l'aria colle branche. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI 16 e 19","NotaFonte":"","TestoFonte":"insuetum per iter gelidas enavit ad Arctos [...],
remigium alarum.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:6.14-6.41","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"131","from":15417.0,"to":15419.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"per via di patria. Vedi 'l\nCinonio Partic.<\/i> 195, 18. Virgilio, come attestano\nconcordemente gli scrittori della di lui vita, nacque in Andes\n[che Petula hodie dicitur<\/i>, scrive Ferrario [Lexic. Geogr. art.\nAndes<\/i>], e Pietola<\/i> appella Dante, Purg. XVIII, 83] villa\ndiscosta da Mantova due o tre miglia. Ma, o perch\u00e8 solo per\naccidente nascesse ivi Virgilio, ed avessero i di lui genitori\nfissa abitazione in Mantova [Tra i vari pareri che Rueo [Virg.\nHist.<\/i>] riferisce circa la condizione del padre di Virgilio,\nPater<\/i> [dice], ex Servio, civis Mantuanus fuit.<\/i>], o perch\u00e8\nfosse quella villa nell'agro Mantovano, come Mantovano fu sempre\nda tutti appellato Virgilio, cos\u00ec Mantovani<\/b> appella Dante i di\nlui parenti<\/i><\/b> {v.68}, i di lui genitori.\n\n\tPer questo far dire a Virgilio i parenti suoi Mantovani\nper patria amendui<\/i><\/b> viene Dante dal Casa nel Galateo ripreso di\nsuperfluit\u00e0: percioch\u00e8<\/i> [dice] niente rilevava se la madre di\nlui fosse stata da Gazuolo, o anco da Cremona.<\/i>\n\n\tNeppur gran cosa [dich'io] avrebbe importato se di\nGazuolo o di Cremona stato fosse anche il padre di Virgilio: onde\ngiacch\u00e8 la dilicatezza di Monsignore di buon grado soffriva che\ndichiarasse Virgilio Mantovano il padre, poteva pur soffrire che\ncon un semplice amendui<\/b> dichiarasse Mantovana eziandio la\nmadre.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Virgilio, come attestano concordemente gli scrittori della di lui vita, nacque in Andes [che (...)<\/i> Pietola<\/i> appella Dante, Purg. XVIII, 83] villa discosta da Mantova due o tre miglia. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVIII 83","NotaFonte":"","TestoFonte":"Pietola più che villa mantoana","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=52&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"69","from":500.0,"to":504.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per virt\u00f9 della qual fede\ncamminavi sicuro sulle acque del mare di Tiberiade.  Miracolo\nnoto [Nel Vangelo di s. Matteo cap. 14].  Venturi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
per virtù della qual fede camminavi sicuro sulle acque del mare di Tiberiade.  Miracolo noto [Nel Vangelo di s. Matteo cap. 14].  Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XIV 25-29","NotaFonte":"","TestoFonte":"25 Quarta autem vigilia noctis venit ad eos ambulans supra mare.
26 Discipuli autem, videntes eum supra mare ambulantem, turbati sunt dicentes: “ Phantasma est ”, et prae timore clamaverunt.
27 Statimque Iesus locutus est eis dicens: “ Habete fiduciam, ego sum; nolite timere! ”.
28 Respondens autem ei Petrus dixit: “ Domine, si tu es, iube me venire ad te super aquas ”.
29 At ipse ait: “ Veni! ”. Et descendens Petrus de navicula ambulavit super aquas et venit ad Iesum. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#14","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"39","from":23553.0,"to":23557.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"}, {"Annotazione":"per voto mancante, non adempiuto;\nn\u00e8 veggo perch\u00e8 il Venturi pretenda essere qu\u00ec pure manco<\/b> non\naddiettivo, ma sustantivo, come lo fu in quell'altro verso\n\n Qu\u00ec rilegate per manco di voto<\/i> \n [Purg. II, 30].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per manco voto<\/strong> per voto mancante, non adempiuto; nè veggo perchè il Venturi pretenda essere quì pure manco<\/b> non addiettivo, ma sustantivo, come lo fu in quell'altro verso \r\n     Quì rilegate per manco di voto<\/i> \r\n     [Purg. II, 30].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. III 30","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Par. III 30, non Purg. II 30.","TestoFonte":"qui rilegate per manco di voto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=70&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"14","from":4029.0,"to":4032.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"perch\u00e8 nere e fangose<\/i> (Inf.<\/i>, \nVII, 124 e 129).  — Quello che s'aspetta<\/b>, da chi fece il primo\nsegno; aspettavasi Flegias colla barca; da chi poi fosse mandato\nFlegias, cf. la nota ai vv. 82-85.  — Se il fumo<\/b>, cio\u00e8 la\nnebbia folta<\/i><\/b> (Inf.<\/i>, IX, 6) formata dalle esalazioni vaporanti\nda esso pantano.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Sucide onde<\/b>, perchè nere e fangose<\/i> (Inf.<\/i>, VII, 124 e 129).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII, 124","NotaFonte":"","TestoFonte":"or ci attristiam ne la belletta negra","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"10-12","from":6802.0,"to":6804.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"perch\u00e8 bollente \u00e8 l'acqua\nche in esso scorre, essendo la medesima che nel primo di questi\ntre gironi castiga i violenti contro il prossimo, e che\nattraversando il secondo e terzo girone, cio\u00e8 la selva dei pruni\nanimati, e 'l presente sabbione, va a cadere ne' cerchi inferiori\n— aduggia s\u00ec, che dal fuoco salva<\/b> ec. aduggiare<\/i>, far ombra<\/i>\nqu\u00ec per soprastare<\/i>: ed essendo il fumo della bollente acqua una\nesalazione umida tanto, che, come ne ammae tra l'esperienza,\nspegne la fiamma d'una candela, ragionevolmente gli appropria\nDante la virt\u00f9 di estinguere le pioventi fiammelle prima che\ngiungano alla superficie della stessa bollente acqua, e degli\nargini intorno.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
perchè bollente è l'acqua che in esso scorre, essendo la medesima che nel primo di questi tre gironi castiga i violenti contro il prossimo, e che attraversando il secondo e terzo girone, cioè la selva dei pruni animati, e 'l presente sabbione, va a cadere ne' cerchi inferiori<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII 46-48","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma ficca li occhi a valle, ché s'approccia
la riviera del sangue in la qual bolle
qual che per vïolenza in altrui noccia\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=12&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"2-3","from":13584.0,"to":13589.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"perch\u00e8 conservassimo\nla pace di Firenze. Questa doveva esser la prima, ed era pur\ntroppo la pi\u00f9 difficile cura del Podest\u00e0; il quale perci\u00f2\nintitolavasi pure Conservator pacis.<\/i> — E fummo tali<\/b> ec., ma\ntali conservatori di pace noi fummo, quali ancora ci attestano le\nrovine del Gardingo. I due frati «sotto coverta di falsa\nipocrisia (dice il Villani) furono in concordia, per\u00f2 pi\u00f9 al\nguadagno lor proprio, che al bene del comune:> perciocch\u00e8\ncorrotti da' Guelfi si accordarono insieme a perseguitare i\nGhibellini, cacciandoli di citt\u00e0 ed ardendo le loro case,\nsegnatamente quelle degli Uberti ch'erano nella contrada allor\ndetta del Gardingo, dove oggi \u00e8 San Firenze. — Si pare<\/b>,\napparisce.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
E fummo tali<\/b> ec., ma tali conservatori di pace noi fummo, quali ancora ci attestano le rovine del Gardingo.  I due frati «sotto coverta di falsa ipocrisia (dice il Villani) furono in concordia, però più al guadagno lor proprio, che al bene del comune» perciocchè corrotti da' Guelfi si accordarono insieme a perseguitare i Ghibellini, cacciandoli di città ed ardendo le loro case, segnatamente quelle degli Uberti ch'erano nella contrada allor detta del Gardingo, dove oggi è San Firenze.  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica VIII, 13","NotaFonte":"","TestoFonte":"Questi due frati per lo popolo di Firenze furono fatti venire, e misongli nel palagio del popolo d’incontro a la Badia, credendo che per l’onestà dell’abito fossono comuni, e guardassono il Comune di soperchie spese; i quali, tutto che d’animo di parte fossono divisi, sotto coverta di falsa ipocresia furono in concordia più al guadagno loro propio ch’al bene comune","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"107-108","from":22204.0,"to":22208.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"perch\u00e8 del tutto corrispondenti al\nfatto riguardo a Dante, e perch\u00e8\n\n     Alma beata non porria mentire<\/i>\n     Perocch\u00e8 sempre al primo vero \u00e8 presso.<\/i>  Parad. IV, 95.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
perchè del tutto corrispondenti al fatto riguardo a Dante, e perchè\r\n\r\n     Alma beata non porria mentire<\/i>\r\n     Perocchè sempre al primo vero è presso.<\/i>  Parad. IV, 95.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. IV, 95-96","NotaFonte":"","TestoFonte":"alma beata non poria mentire,
però ch'è sempre al primo vero appresso","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=71&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"135","from":1970.0,"to":1972.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"perch\u00e8 in Palermo ebbe\nprincipio il famoso Vespro Siciliano~, per cui furono morti tutti\ni Francesi che trovavansi nella Sicilia~: conseguentemente al\nqual fatto s'insignor\u00ec di quell'isola Pietro d'Aragona~,\nrimanendone esclusa la casa d'Angi\u00f2 [Vedi tra gli altri Gio\nVill. Cron.<\/i> I. 7. cap. 59. e segg.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
perchè in Palermo ebbe principio il famoso Vespro Siciliano, per cui furono morti tutti i Francesi che trovavansi nella Sicilia: conseguentemente al qual fatto s'insignorì di quell'isola Pietro d'Aragona, rimanendone esclusa la casa d'Angiò [Vedi tra gli altri Gio Vill.  Cron.<\/i> I. 7.  cap. 59.  e segg.]. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VIII 61","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, pp. 232-233 (VII 61).","TestoFonte":"Come e per che modo si rubellò l'isola di Cicilia al re Carlo.<\/strong>
Negli anni di Cristo MCCLXXXII, i·llunedì di Pasqua di Risoresso, che fu a dì XXX di marzo, sì come per messer Gianni di Procita era ordinato, tutti i baroni e' caporali che teneano mano al tradimento furono nella città di Palermo a pasquare. E andandosi per gli Palermitani, uomini e femmine, per comune a cavallo e a piè alla festa di Monreale fuori della città per tre miglia (e come v'andavano quelli di Palermo, così v'andavano i Franceschi, e il capitano del re Carlo a diletto), avenne, come s'adoperò per lo nimico di Dio, ch'uno Francesco per suo orgoglio prese una donna di Palermo per farle villania: ella cominciando a gridare, e la gente era tenera, e già tutto il popolo commosso contra i Franceschi, per famigliari de' baroni dell'isola si cominciò a difendere la donna, onde nacque grande battaglia tra' Franceschi e' Ciciliani, e furonne morti e fediti assai d'una parte e d'altra; ma il peggiore n'ebbono quegli di Palermo. Incontanente tutta la gente si ritrassono fuggendo alla città, e gli uomini ad armarsi, gridando: «Muoiano i Franceschi!». Si raunavano in su la piazza, com'era ordinato per gli caporali del tradimento, e combattendo al castello il giustiziere che v'era per lo re, e lui preso e ucciso, e quanti Franceschi furono trovati nella città furono morti per le case e nelle chiese, sanza misericordia niuna. E ciò fatto, i detti baroni si partirono di Palermo, e ciascuno in sua terra e contrada feciono il somigliante, d'uccidere tutti i Franceschi ch'erano nell'isola, salvo che in Messina s'indugiarono alquanti dì a ribellarsi; ma per mandato di quegli di Palermo, contando le loro miserie per una bella pistola, e ch'egli doveano amare libertà e franchigia e fraternità co·lloro, sì·ssi mossono i Missinesi a ribellazione, e poi feciono quello e peggio che' Palermitani contra' Franceschi. E trovarsene morti in Cicilia più di IIIIM, e nullo non potea nullo scampare, tanto gli fosse amico, come amasse di perdere sua vita; e se l'avesse nascoso, convenia che 'l rassegnasse o uccidesse. Questa pestilenzia andò per tutta l'isola, onde lo re Carlo e sua gente ricevettono grande dammaggio di persone e d'avere. Queste contrarie e ree novelle l'arcivescovo di Monreale incontanente le fece assapere al papa e al re Carlo per suoi messi.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"75","from":7486.0,"to":7492.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"perch\u00e8 io lo conosco per uomo\nsanguinario e rissoso non anche per ladro. — Di sangue.<\/b> \nEcclesiastico, XXXV, 25: «Homo sanguinis est.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Di sangue.<\/b>  Ecclesiastico, XXXV, 25: «Homo sanguinis est.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q155980","LuogoFonte":"Siracide XXXIV, 25","NotaFonte":"","TestoFonte":"Panis egentium vita pauperum est; qui defraudat illum, homo sanguinis est<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ecclesiasticus_lt.html#34","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"129","from":23447.0,"to":23451.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Siracide"},
{"Annotazione":"perch\u00e8 la gloria delle sue militari\nimprese gli acquist\u00f2 il merito di essere annoverato fra questi\neroi.  — Grifagni<\/b>: «grifagni sono quelli uccelli — — che\nhanno gli occhi rossi come fuoco».  Brun. Lat. Tes.<\/i> l. 5 c. 11. \nAl dire di Svetonio Giulio Cesare fu nigris vegetisque oculis.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Grifagni<\/b>: «grifagni sono quelli uccelli — — che hanno gli occhi rossi come fuoco».  Brun. Lat. Tes.<\/i> l. 5 c. 11<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q366328","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3792977","LuogoFonte":"lib. V, cap. 11","NotaFonte":"\"Tresor\", lib. I, parte V, cap. 149 (De tous Espreviers). Ma Scartazzini cita dal volgarizzamento (lib. V, cap. 11); cfr. \"Il tesoro\", 1528,","TestoFonte":"Grifagni son quelli, che son presi all'entrada di verno, che sono mudati, et che hanno li occhi rossi come fuoco.","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=1GS6Tuni1-AC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q=grifagni&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"123","from":3817.0,"to":3818.0,"NomeAutore":"Brunetto Latini","TitoloFonte":"Il Tesoretto"},
{"Annotazione":"perch\u00e8 nel canto VII dell'Inferno\nha detto, che gli avari risusciteranno co i pugni stretti, e i\nprodighi co i capelli tosati.  Venturi.  Anzi ha ci\u00f2 detto lo\nstesso Virgilio, il quale ha pure insegnato, che in quel quarto\ninfernale cerchio sono insieme puniti gli avari e i prodighi.  Ma\nnon vedendo esso Virgilio qu\u00ec la pena stessa di laggi\u00f9, credette\nandar qu\u00ec la faccenda diversamente; ed ha perci\u00f2 con quella sua\ninterrogazione come poteo<\/i> ec. [Vers. 22 e segg.] fatto\nsorridere Stazio.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
perchè nel canto VII dell'Inferno ha detto, che gli avari risusciteranno co i pugni stretti, e i prodighi co i capelli tosati.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII 55-57","NotaFonte":"","TestoFonte":"In etterno verranno a li due cozzi:
questi resurgeranno del sepulcro
col pugno chiuso, e questi coi crin mozzi.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=7&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46","from":21887.0,"to":21890.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"perch\u00e8, come\nnel principio del seguente canto dir\u00e0, Il fumo del ruscel di\nsopra aduggia S\u00ec che dal fuoco salva l'acqua, e gli argini.<\/i>\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
perchè, come nel principio del seguente canto dirà, Il fumo del ruscel di sopra aduggia Sì che dal fuoco salva l'acqua, e gli argini.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XV 2-3","NotaFonte":"","TestoFonte":"'l fummo del ruscel di sopra aduggia,
sì che dal foco salva l'acqua e li argini.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=15","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"142","from":13569.0,"to":13576.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"perciocch\u00e8 poco destre lusinghe\nusi con noi, essendo la fama, che i traditori hanno nel mondo,\ntanto orribile, che punto non ci adesca. Lama<\/b>, del cui proprio\nsignificato si \u00e8 veduto nella nota 79 al C. XX, qui sta\nfiguratamente per palude congelata.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Lama<\/b>, del cui proprio significato si è veduto nella nota 79 al C. XX, qui sta figuratamente per palude congelata.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XX, 79","NotaFonte":"","TestoFonte":"Non molto ha corso, ch'el trova una lama","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=20","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":31608.0,"to":31615.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"perocch\u00e8 d'allora\ninnanzi<\/i> [lo conferma Gio. Villani pure] fu la detta torre\nchiamata la torre della fame<\/i> [Cap. 126 del cit. lib.].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
perocchè d'allora innanzi<\/i> [lo conferma Gio. Villani pure] fu la detta torre chiamata la torre della fame<\/i> [Cap. 126 del cit. lib.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VIII 128","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 273 (VII 126)","TestoFonte":"E tratti tutti e cinque insieme morti della detta torre, vilmente furono sotterrati; e d'allora innanzi la detta carcere fu chiamata la torre della fame, e sarà sempre.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"23","from":32096.0,"to":32106.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"perocch\u00e8 amica\nde' soli mansueti; giusta quel detto di Salomone mansuetis\nDominus davit gratiam<\/i> [Proverb.<\/i> 3, 34].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
perocchè amica de' soli mansueti; giusta quel detto di Salomone mansuetis Dominus davit gratiam<\/i> [Proverb.<\/i> 3, 34].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4579","LuogoFonte":"III 34","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ipse deludet illusores
et mansuetis dabit gratiam","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_proverbiorum_lt.html#3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100","from":1719.0,"to":1724.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Proverbi"}, {"Annotazione":"perocch\u00e8 avvertito di non guardare\nindietro: vedi i versi 131, 132 del precedente canto.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
perocchè avvertito di non guardare indietro: vedi i versi 131, 132 del precedente canto.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IX 131-132","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Intrate; ma facciovi accorti
che di fuor torna chi 'n dietro si guata\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=43","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"5-6","from":9159.0,"to":9161.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"perocch\u00e8 consegnate da Ges\u00f9\nCristo a s. Pietro, Tibi dabo claves regni caelorum<\/i> ec.\n[Matth.<\/i> 16 v. 19], — ch'io erri anzi<\/b>, piuttosto, ad aprir\nche<\/b> ec. Come Iddio adopera con noi pi\u00f9 la misericordia che la\ngiustizia, cos\u00ec vuole Dante saviamente, che dovendo il sacerdote\nerrare, erri piuttosto in essere troppo misericordioso, che in\ntroppa severit\u00e0, — ch'a tenerla serrata<\/b>, accorda con calla<\/i><\/b>\nsei versi sopra. — Pur che la gente a' piedi<\/i><\/b> ec. dee valer\nquesto: Pur che diano i peccatori veri segni di ravvedimento e\ndi umiliazione, abbondi pure in misericordia il sacerdote.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
perocchè consegnate da Gesù Cristo a s. Pietro, Tibi dabo claves regni caelorum<\/i> ec. [Matth.<\/i> 16 v. 19],<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XVI 19","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tibi dabo claves regni caelorum; et quodcumque ligaveris super terram, erit ligatum in caelis, et quodcumque solveris super terram, erit solutum in caelis.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#16","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"127-129","from":8985.0,"to":9010.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"perocch\u00e8 dicesti Ben so il cammin\nec.<\/i> [Inf. IX, 30] — cheggio<\/b> da chedere<\/i><\/b> significante il\nmedesimo che chiedere.<\/i>  Vedi la nota al vers. 120 del passato\ncanto XV.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Se tu sa' ir<\/strong> perocchè dicesti Ben so il cammin ec.<\/i> [Inf. IX, 30]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf.. IX 30","NotaFonte":"","TestoFonte":"ben so 'l cammin; però ti fa sicuro.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=9","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"129","from":20258.0,"to":20262.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"perocch\u00e8 non restava loro\naltro tempo, che da quel punto fino all'imbrunire del medesimo\ngiorno; su l'imbrunire del quale pe 'l centro della terra\npassando se n'escono i poeti d'Inferno.  Vedi 'l canto XXXIV v.\n68.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
perocchè non restava loro altro tempo, che da quel punto fino all'imbrunire del medesimo giorno; su l'imbrunire del quale pe 'l centro della terra passando se n'escono i poeti d'Inferno.  Vedi 'l canto XXXIV v. 68.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIV 68","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ma la notte risurge, e oramai","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=34&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"11","from":27840.0,"to":27845.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"per\u00f2 appella Dante la materia della\npresente cantica non perch\u00e8 la giudichi pi\u00f9 agevole da\ncomprendersi in versi, ma perch\u00e8 o niente, o meno spaventosa di\nquella dell'Inferno, che nel pensier rinnuova la paura<\/i> [Inf. I,\n6].  Sembra ci\u00f2 chiaro per l'epiteto di crudele<\/b>, che Dante\nstesso all'Inferno attribuisce; in contrapposto del quale non\npare che migliore<\/b> possa avere altro senso che di meno\ncrudele<\/i><\/b>, o men orrido<\/i>: e non mai di pi\u00f9 agevole da mettere in\nversi.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Miglior acqua<\/strong> però appella Dante la materia della presente cantica non perchè la giudichi più agevole da comprendersi in versi, ma perchè o niente, o meno spaventosa di quella dell'Inferno, che nel pensier rinnuova la paura<\/i> [Inf. I, 6].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"che nel pensier rinova la paura!","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-3","from":0.0,"to":21.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"pianger\u00e0 altres\u00ec\nFeltro~, citt\u00e0 della Marca Trivigiana~, che Feltre<\/i> e Feltri<\/i>\noggi vien detto~, — la diffalta<\/i>, il mancamento di fede data —\npastore<\/i>, Vescovo.  Narrasi~, che essendo rifuggiti molti\nFerraresi per la guerra ch'essi avevano col Papa~, credendo in\nFeltre esser sicuri~, furono dal Vescovo di Feltre~, allora cos\u00ec\ndel temporale come dello spirituale Signore~, sotto fede fatti\nprigioni~, e dati nelle forze del Governator di Ferrara~; per la\nqual cosa furono fatti tutti crudelmente morire.  Daniello.\nAltri espositori dichiarano~, e conferma l'Ughelli [Feltrenses\nEpiscopi<\/i> tom.  v.~], che fosse questo Vescovo un Alessandro\nPiacentino.<\/i>  Che poi~, allor quando scriveva Dante queste cose~,\nstato fosse gi\u00e0~, o attualmente trovassesi~, Feltre in guai ed\nin pianto~, pu\u00f2 conghietturarsi e dal tempo in cui dante\nscriveva~, in vicinanza cio\u00e8 dell'anno 1318.[Vedi la nota Inf.\nI. 191.~], e da quello che dello stesso Vescovo riferisce il\ncitato Ughelli~, che exsul tandem decessit in Portu Gravino<\/i>,\nanno<\/i> 1320.  Imperocch\u00e8 essendo costui non solamente Vescovo~,\nma anche Signore di Feltre~, non pare che si potesse la di lui\ncacciata effettuare senza che vi precedessero de' grandi torbidi\n— sar\u00e0 sconcia<\/i>, vituperevole~, s\u00ec che per simil non\ns'entr\u00f2 in Malta<\/i>: s\u00ec che nella torre~, nell'ergastolo~, di\nMalta [Quanto osservo in tutti i descrittori d'Italia~, non\ntrovasi intorno al lago di Bolsena altro che Marta<\/i>, e sbaglia\nil Venturi a dir certo che in quella riva v' \u00e8 un castello<\/i>,\nche ora si chiama Malta.<\/i>  Ma ben~, siccome ai tempi di Dante\nappellavasi Monte Malo<\/i> [Par. XV. 109.] il monte vicino a Roma\ndetto oggi Monte Mario<\/i>, dovette ne' medesimi tempi del Poeta\nappellarsi Malta<\/i> il luogo dett' oggi Marta<\/i>: e ne d\u00e0 di cotal\nmutazione indizio il Cluerio Ital.  antiq.<\/i>  lib 2.  ove del\nfiume Marta~, che sbocca dal Iago di Bolsena~, parlando dice~,\nad huius ostium puto fuisse vicum quendam<\/i>, seu insigne\naedificium nomine Martanum<\/i>, quod in Itinerario maritimo\ncorruptum est in Maltanum.<\/i>] in riva al Iago di Bolsena~, in cui\nfacevano i Papi rinserrare i pessimi chierici~, non v' entr\u00f2 mai\nalcuno per cos\u00ec enorme delitto.  Cos\u00ec~, le tracce seguendo d'\npi\u00f9 antichi comentatori~, parmi di spiegar meglio~, che seguendo\nil Daniello~, il quale per Malta<\/i> intende un orrida prigione\nfatta dal tiranno Ezzelino suddetto costruire nel Padovano~:\nimperocch\u00e8 a questo modo la nota innocenza di quelli~, contra\nde' quali incrudeliva il tiranno~, farebbe anzi~, contrariamente\nallo scopo del Poeta~, che la grandezza del delitto del Vescovo\nvenisse piuttosto ad impicciolire che ad aggrandirsi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Che poi, allor quando scriveva Dante queste cose, stato fosse già, o attualmente trovassesi, Feltre in guai ed in pianto, può conghietturarsi e dal tempo in cui dante scriveva, in vicinanza cioè dell'anno 1318. [Vedi la nota Inf. I 101.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 101","NotaFonte":"Si veda la nota di Lombardi a Inf. I 101.","TestoFonte":"e più saranno ancora, infin che 'l veltro","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"52-54","from":8383.0,"to":8386.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"pianura [vedi Inf. XIV, 8], qu\u00ec per\nprato.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Landa <\/strong>pianura [vedi Inf. XIV, 8], qui per prato.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIV 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"dico che arrivammo ad una landa","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=14","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"98","from":27462.0,"to":27463.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"pianura.  Si usa pi\u00f9 spesso in mal senso,\ncome qui; ma in buono la us\u00f2 Dante medesimo nel XXVII del\nPurg.: «Andar per una landa Cogliendo fiori.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"landa<\/strong>, pianura. Si usa più spesso in mal senso, come qui; ma in buono la usò Dante medesimo nel XXVII del Purg.: «Andar per una landa Cogliendo fiori.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVII, 98","NotaFonte":"","TestoFonte":"donna vedere andar per una landa","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=61","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"8","from":12598.0,"to":12599.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"piegavano verso me li raffi<\/b>, i\nloro roncigli, quasi mettendoli in resta; e si dicevano l'un\nl'altro: vuoi che il tocchi<\/i>, che lo percuota, ovvero, che gli\npianti il raffio in sulla groppa, e gli rompa le reni?  —\nGroppone<\/i><\/b>; la parte del corpo, che sta fra le natiche e le reni. \n— Gliele accocchi<\/b>: gliele<\/b>, pu\u00f2 essere per glielo<\/i><\/b>, riferito\na raffio<\/i>; ma forse meglio intendere nel modo famigliare e\nassoluto, onde diciamo: dagliele pure<\/i>, sottintendendo\nbastonate, percosse<\/i>, e simili; cos\u00ec pi\u00f9 innanzi troveremo\n(Inf.<\/i>, XXV, 33):\n\n     Gliene di\u00e8 cento, e non sent\u00ec le diece.\n\n— Accocchi<\/i><\/b>: accoccare \u00e8 propriamente attaccare la corda\ndell'arco alla cocca della saetta; e per similitudine assestare\nun colpo, attaccare, appiccare; e cos\u00ec mentre i Toscani dicono\naccoccarla ad uno<\/i><\/b>, per fargli beffa, ingannarlo, i Veneti\ndicono: el ghe le ga taccae<\/i>, cio\u00e8 lo baston\u00f2.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Gliele accocchi<\/b>: gliele<\/b>, può essere per glielo<\/i>, riferito a raffio<\/i>; ma forse meglio intendere nel modo famigliare e assoluto, onde diciamo: dagliele pure<\/i>, sottintendendo bastonate, percosse<\/i>, e simili; così più innanzi troveremo (Inf.<\/i>, XXV, 33): Gliene diè cento, e non sentì le diece.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXV, 33","NotaFonte":"","TestoFonte":"gliene diè cento, e non sentì le diece","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=25","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100-102","from":20063.0,"to":20064.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"piena d'amore verso di santa chiesa,\nsecondo ch'\u00e8 detto nel precedente canto v. 40.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
piena d'amore verso di santa chiesa, secondo ch'è detto nel precedente canto v. 40.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVIII 40","NotaFonte":"Si veda la chiosa di Lombardi a Purg. XXVIII 40.","TestoFonte":"una donna soletta che si gia","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=62&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1","from":28832.0,"to":28833.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"piena delle lagrime de' dannati.  —\nDiede vento.<\/b>  Gli Stoici, riferisce Cicerone nel II De\nDivinit. 19, dicevano i venti anhelitus terrae.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Diede vento.<\/b>  Gli Stoici, riferisce Cicerone nel II De Divinit. 19, dicevano i venti anhelitus terrae.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2416205","LuogoFonte":"De divinatione II, 44","NotaFonte":"La citazione del passo risale a Lombardi, da cui sarebbe passato in Portirelli, Rossetti e Tommaseo. Da quest'ultimo Andreoli ricava il riferimento bibliografico (II, 19 invece che II, 44) e, confuso dalla sua abbreviazione \"De div.\", associa il passo a \"De divinit.\", invece che a \"De divinatione\".","TestoFonte":"Placet enim Stoicis eos anhelitus terrae<\/strong>, qui frigidi sint, cum fluere coeperint, ventos esse","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A2007.01.0034%3Abook%3D2%3Asection%3D44","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"133","from":2961.0,"to":2962.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":"De divinatione"},
{"Annotazione":"pieno di fori contenenti\npeccatori.  — arto<\/b> per istretto, dal Latino arctus<\/i>,\nl'adopera Dante anche nel Purg. [Canto XXVII, 132].  Dalla\nstrettezza essersi queste cavit\u00e0 appellate bolge<\/i> \u00e8 detto al\nverso 1 del canto precedente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
arto<\/b> per istretto, dal Latino arctus<\/i>, l'adopera Dante anche nel Purg. [Canto XXVII, 132].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVII 132","NotaFonte":"","TestoFonte":"Fuor se' de l'erte vie, fuor se' de l'arte.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=61&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"42","from":17748.0,"to":17750.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"pieno di scogli aguzzi.  — stretto\ne malagevole<\/b>: e perci\u00f2 anche pericoloso.  — ed erto<\/b>:\nPresentava dunque tante difficolt\u00e0 che il Poeta, cosa che gli\naccade assai di rado, ci spende, per descriverlo, quattro\naggettivi.  — che quel di pria<\/b>: del ponte cio\u00e8 della quinta\nbolgia.  In una situazione molto simile si ritrover\u00e0 al principio\ndell'erta del purgatorio (Purg.<\/i>, IV, 31-51).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
che quel di pria<\/b>: del ponte cioè della quinta\r\nbolgia.  In una situazione molto simile si ritroverà al principio\r\ndell'erta del purgatorio (Purg.<\/i>, IV, 31-51).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purgatorio IV, 31-51","NotaFonte":"","TestoFonte":"Noi salavam per entro 'l sasso rotto,
e d'ogne lato ne stringea lo stremo,
e piedi e man volea il suol di sotto.
Poi che noi fummo in su l'orlo suppremo
de l'alta ripa, a la scoperta piaggia,
\"Maestro mio\", diss'io, \"che via faremo?\".
Ed elli a me: \"Nessun tuo passo caggia;
pur su al monte dietro a me acquista,
fin che n'appaia alcuna scorta saggia\".
Lo sommo er'alto che vincea la vista,
e la costa superba più assai
che da mezzo quadrante a centro lista.
Io era lasso, quando cominciai:
\"O dolce padre, volgiti, e rimira
com'io rimango sol, se non restai\".
\"Figliuol mio\", disse, \"infin quivi ti tira\",
additandomi un balzo poco in sùe
che da quel lato il poggio tutto gira.
Sì mi spronaron le parole sue,
ch'i' mi sforzai carpando appresso lui,
tanto che 'l cinghio sotto i piè mi fue.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=38","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"62-63","from":22964.0,"to":22965.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"pi\u00f9 attiva, pi\u00f9 chiara, per la\nmaggior vicinanza. C. XXIV, 70: «Gli occhi vivi Non potean ire\nal fondo.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Più viva<\/b>, più attiva, più chiara, per la maggior vicinanza. C. XXIV, 70: «Gli occhi vivi Non potean ire al fondo.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIV, 70-71","NotaFonte":"","TestoFonte":"Io era vòlto in giù, ma li occhi vivi
non poteano ire al fondo per lo scuro","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=24","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"54","from":28159.0,"to":28161.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"poco dopo queste parole; —\nstrazio<\/b>, non pare che fosse di percosse, ma sol di parole, di\ngrida insultanti: — far di costui<\/b>, esser fatto, come l'altro\ndell'Inf.<\/i>, XXVIII, 87; XXX, 129; Purg.<\/i>, VI, 135. — Alle\nfangose genti<\/i><\/b>; alle<\/b> per dalle<\/i><\/b>, \u00e8 propriet\u00e0 di nostra lingua:\n— che Dio<\/i><\/b> ecc.: alcuni spiegano quello<\/b>, del v. 58, per\ntale<\/i>, e cos\u00ec fan da esso dipendere questo che<\/i><\/b>; altri\ntacciono, e fa pi\u00f9 comodo; a me pare questo che<\/b> star qui in\nsenso di del quale<\/i><\/b>, com'\u00e8 precisamente dell'altro dell'Inf.<\/i>, \nXXVI, 48; Purg.<\/i>, III, 30; Par.<\/i>, I, 27; XIV, 136. «Dal\nconfronto de' luoghi, saviamente nota il Lombardi, ove Dante\ncompassiona i dannati, ed ove compiacesi del loro castigo, sembra\nche possa stabilirsi, che compiacciasi egli del castigo di quelli\nche se la sono presa immediatamente contro Dio o contro il\nprossimo, e che tutti gli altri compassioni.» In queste parole\nc'\u00e8 molto di vero; infatti Dante compassiona vivamente Paolo e\nFrancesca, e Ciacco, e Brunetto, Guido Guerra, il Tegghiaio, il\nRusticucci, gli storpiati della quarta bolgia, ed altri; ma gode\ndello strazio di Filippo Argenti, di Capaneo, di papa Nicol\u00f2 III, \ndel Mosca, di Bocca degli Abati, perversi d'iniquit\u00e0 cupa e di\ntradimenti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
far di costui<\/b>, esser fatto, come l'altro dell'Inf.<\/i>, XXVIII, 87; XXX, 129; Purg.<\/i>, VI, 135. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVIII, 87","NotaFonte":"","TestoFonte":"vorrebbe di vedere esser digiuno","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=28","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"58-60","from":7146.0,"to":7149.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"poco fa, test\u00e8;— alla risposta\nmuto<\/b>, fui muto alla risposta, tacqui alla sua domanda: fat'ei<\/b>\n(ei<\/i><\/b> per gli<\/i>, a lui, cf. Inf.<\/i>, II, 13 e Purg.<\/i>, XII, 83), \nfategli sapere, ditegli che ci\u00f2 provenne perch\u00e8 l'animo mio in\nquel momento era tutto inteso a pensare come voi, conoscendo il\nfuturo, non conoscete il presente (cf. Inf.<\/i>, VI, 6), cosa che\nvoi mi avete oramai sciolto (cf. v. 95).  Ma per\u00f2 resta sempre\nche Ciacco e Brunetto sanno il presente, e gli epicurei lo\nignorano come lo ignora il traditor Alberigo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
alla risposta muto<\/b>, fui muto alla risposta, tacqui alla sua domanda: fat'ei <\/b>(ei<\/b> per gli<\/i>, a lui, cf. Inf.<\/i>, II, 13 e Purg.<\/i>, XII, 83), <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II, 13","NotaFonte":"Il rinvio di Poletto \u00e8 errato, perch\u00e9 nel verso in questione non si impiega il fenomeno descritto. Impossibile individuare il punto dell'opera cui effettivamente pens\u00f2 di rimandare.","TestoFonte":"Tu dici che di Silvïo il parente","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"112-114","from":9430.0,"to":9431.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"poeta satirico — con quel Greco<\/b>,\ncon Omero — lattar<\/b> per nutrirono<\/i> — nel primo cinghio<\/i><\/b> ec.\nnel primo infernal cerchio.  Vedi Inf. IV, 88.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
con quel Greco<\/b>, con Omero [...]. Vedi Inf. IV, 88.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV 88","NotaFonte":"","TestoFonte":"quelli è Omero poeta sovrano;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100-103","from":22248.0,"to":22249.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"poi non dee intendersi 'l plurale di\npatrizio<\/i>, volta per cagion della rima, o per altr'uso, la z<\/i>\nin c<\/i>, ma bens\u00ec, come supponelo il Vocabolario della Crusca, il\nplurale di patrice<\/i>, che Gio. Villani nel libro 2 della sua\nstoria cap. 6 per ben due fiate adopera a senso di capitano,\nsenatore<\/i>, o simile.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Patrici <\/strong>poi non dee intendersi 'l plurale di patrizio<\/i>, volta per cagion della rima, o per altr'uso, la z <\/i>in c<\/i>, ma bensì, come supponelo il Vocabolario della Crusca, il plurale di patrice<\/i>, che Gio. Villani nel libro 2 della sua storia cap. 6 per ben due fiate adopera a senso di capitano, senatore<\/i>, o simile.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"III 7","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, pp. 48-49.","TestoFonte":"Essendo Narses patrice di Roma, e signoreggiava lo 'mperio di ponente per Iustino imperadore, sì venne in disgrazia della imperadrice Sofia, moglie di Iustino, e minacciollo di morte [...]. E dalla loro venuta innanzi fu asciolto il regno d'Italia dal giogo di quegli di Gostantinopoli; e da quello tempo innanzi gli Romani si cominciaro a reggere per patrici, e durò grande tempo","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115-116","from":32135.0,"to":32136.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"poich\u00e8 «la sapienza \u00e8 nel\ncospetto del savio, ma gli occhi dello stolto vanno alle\nestremit\u00e0 della terra.»  Prov. XVII, 24.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
poichè «la sapienza è nel cospetto del savio, ma gli occhi dello stolto vanno alle estremità della terra.»  Prov. XVII, 24.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4579","LuogoFonte":"17, 24","NotaFonte":"","TestoFonte":"In facie prudentis lucet sapientia,
oculi stultorum in finibus terrae.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_proverbiorum_lt.html#17","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"112","from":3748.0,"to":3752.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Proverbi"}, {"Annotazione":"portate dall'impeto\ndell'affetto, pi\u00f9 che dall'ali. AEn. V: «Columba.... Radit\niter liquidum, celeres neque commovet alas.» Ma c'\u00e8 chi\nsostiene che questo emistichio appartiene alla seconda parte\ndella similitudine, leggendo e punteggiando cos\u00ec: Vola per\nl'aere; dal voler portate Cotali<\/i> ec. E di questo avviso il\nDupr\u00e8, nei suoi Ricordi autobiografici<\/i>, attesta ch'era anche\nil Giusti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
portate dall'impeto dell'affetto, più che dall'ali.  Aen. V: «Columba.... Radit iter liquidum, celeres neque commovet alas.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis V, 213-217","NotaFonte":"","TestoFonte":"Qualis spelunca subito commota columba,
cui domus et dulces latebroso in pumice nidi,
fertur in ana volans, plausumque exterrita pennis
dat tecto ingentem, mox aere lapsa quieto
radit iter liquidum, celeres neque commovet alas:","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D5%3Acard%3D183","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"84","from":4575.0,"to":4578.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"possiede. Tra' modi antichi del\nprender possesso di mobili era quello di segnarli del proprio\nsuggello. Digesto, XVIII, 6, 14. — Soddoma e Caorsa<\/b>, i\nsoddomiti, cos\u00ec detti da Soddoma; e gli usurai, detti allora\nCaorsini da Cahors citt\u00e0 di Guienna, ove abbondavano. Si\npossono veder nel Ducange i decreti di Filippo l'Ardito «contra\nusurarios qui vulgariter Caorcini dicuntur.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Tra' modi antichi del prender possesso di mobili era quello di segnarli del proprio suggello. Digesto, XVIII, 6, 14. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q310076","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q838526","LuogoFonte":"Digesta XVIII, 6, 14","NotaFonte":"","TestoFonte":"Eumque cum aedili, si id non iure fecisset, habiturum actionem legis aquiliae: aut certe cum venditore ex empto agendum esse, ut is actiones suas, quas cum aedile habuisset, ei praestaret.","UrlFonte":"http:\/\/www.thelatinlibrary.com\/justinian\/digest18.shtml","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"49-50","from":9956.0,"to":9957.0,"NomeAutore":"Ulpiano","TitoloFonte":"Digesto"},
{"Annotazione":"poste su telaio da Aragne,\ncelebre tessitrice di Lidia, da Minerva trasformata in ragno. \nOvid., Met. VI.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"17","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"per Aragne imposte<\/strong>, poste su telaio da Aragne, celebre tessitrice di Lidia, da Minerva trasformata in ragno. Ovid., Met. VI.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"Metamorphoseon libri VI, 1-145","NotaFonte":"","TestoFonte":"Praebuerat dictis Tritonia talibus aures
carminaque Aonidum iustamque probaverat iram.
Tum secum “laudare parum est; laudemur et ipsae
numina nec sperni sine poena nostra sinamus”
Maeoniaeque animum fatis intendit Arachnes,
quam sibi lanificae non cedere laudibus artis
audierat. Non illa loco neque origine gentis
clara, sed arte fuit. Pater huic Colophonius Idmon
Phocaico bibulas tingebat murice lanas.
Occiderat mater; sed et haec de plebe suoque
aequa viro fuerat. Lydas tamen illa per urbes
quaesierat studio nomen memorabile, quamvis
orta domo parva parvis habitabat Hypaepis.
Huius ut adspicerent opus admirabile, saepe
deseruere sui nymphae vineta Timoli,
deseruere suas nymphae Pactolides undas.
Nec factas solum vestes spectare iuvabat;
tum quoque, cum fierent: tantus decor adfuit arti.
Sive rudem primos lanam glomerabat in orbes,
seu digitis subigebat opus repetitaque longo
vellera mollibat nebulas aequantia tractu,
sive levi teretem versabat pollice fusum,
seu pingebat acu, scires a Pallade doctam.
Quod tamen ipsa negat, tantaque offensa magistra
“certet” ait “mecum: nihil est, quod victa recusem.”
Pallas anum simulat falsosque in tempora canos
addit et infirmos, baculo quos sustinet, artus.
Tum sic orsa loqui: “Non omnia grandior aetas,
quae fugiamus, habet: seris venit usus ab annis.
Consilium ne sperne meum. Tibi fama petatur
inter mortales faciendae maxima lanae:
cede deae veniamque tuis, temeraria, dictis
supplice voce roga: veniam dabit illa roganti.”
Adspicit hanc torvis inceptaque fila relinquit,
vixque manum retinens confessaque vultibus iram
talibus obscuram resecuta est Pallada dictis:
“Mentis inops longaque venis confecta senecta.
Et nimium vixisse diu nocet. Audiat istas,
siqua tibi nurus est, siqua est tibi filia, voces.
Consilii satis est in me mihi. Neve monendo
profecisse putes, eadem est sententia nobis.
Cur non ipsa venit? cur haec certamina vitat?”
Tum dea “venit” ait, formamque removit anilem
Palladaque exhibuit. Venerantur numina nymphae
Mygdonidesque nurus: sola est non territa virgo.
Sed tamen erubuit, subitusque invita notavit
ora rubor rursusque evanuit, ut solet aer
purpureus fieri, cum primum aurora movetur,
et breve post tempus candescere solis ab ortu.
Perstat in incepto stolidaeque cupidine palmae
in sua fata ruit: neque enim Iove nata recusat,
nec monet ulterius, nec iam certamina differt.
Haud mora, constituunt diversis partibus ambae
et gracili geminas intendunt stamine telas
(tela iugo iuncta est, stamen secernit harundo);
inseritur medium radiis subtemen acutis,
quod digiti expediunt, atque inter stamina ductum
percusso paviunt insecti pectine dentes.
Utraque festinant cinctaeque ad pectora vestes
bracchia docta movent, studio fallente laborem.
Illic et Tyrium quae purpura sensit aenum
texitur et tenues parvi discriminis umbrae,
qualis ab imbre solet percussis solibus arcus
inficere ingenti longum curvamine caelum:
in quo diversi niteant cum mille colores,
transitus ipse tamen spectantia lumina fallit;
usque adeo quod tangit idem est, tamen ultima distant.
Illic et lentum filis inmittitur aurum
et vetus in tela deducitur argumentum.
Cecropia Pallas scopulum Mavortis in arce
pingit et antiquam de terrae nomine litem.
Bis sex caelestes medio Iove sedibus altis
augusta gravitate sedent. Sua quemque deorum
inscribit facies: Iovis est regalis imago.
Stare deum pelagi longoque ferire tridente
aspera saxa facit, medioque e vulnere saxi
exsiluisse fretum, quo pignore vindicet urbem;
at sibi dat clipeum, dat acutae cuspidis hastam,
dat galeam capiti, defenditur aegide pectus,
percussamque sua simulat de cuspide terram
edere cum bacis fetum canentis olivae
mirarique deos: operis Victoria finis.
Ut tamen exemplis intellegat aemula laudis,
quod pretium speret pro tam furialibus ausis,
quattuor in partes certamina quattuor addit,
clara colore suo, brevibus distincta sigillis.
Threiciam Rhodopen habet angulus unus et Haemum
(nunc gelidi montes, mortalia corpora quondam !),
nomina summorum sibi qui tribuere deorum.
Altera Pygmaeae fatum miserabile matris
pars habet: hanc Iuno victam certamine iussit
esse gruem populisque suis indicere bella.
Pinxit et Antigonen ausam contendere quondam
cum magni consorte Iovis, quam regia Iuno
in volucrem vertit; nec profuit Ilion illi
Laomedonve pater, sumptis quin candida pennis
ipsa sibi plaudat crepitante ciconia rostro.
Qui superest solus, Cinyran habet angulus orbum;
isque gradus templi, natarum membra suarum,
amplectens saxoque iacens lacrimare videtur.
Circuit extremas oleis pacalibus oras:
is modus est, operisque sua facit arbore finem.
Maeonis elusam designat imagine tauri
Europam: verum taurum, freta vera putares.
Ipsa videbatur terras spectare relictas
et comites clamare suas tactumque vereri
adsilientis aquae timidasque reducere plantas.
Fecit et Asterien aquila luctante teneri,
fecit olorinis Ledam recubare sub alis;
addidit, ut satyri celatus imagine pulchram
Iuppiter implerit gemino Nycteida fetu,
Amphitryon fuerit, cum te, Tirynthia, cepit,
aureus ut Danaen, Asopida luserit ignis,
Mnemosynen pastor, varius Deoida serpens.
Te quoque mutatum torvo, Neptune, iuvenco
virgine in Aeolia posuit. Tu visus Enipeus
gignis Aloidas, aries Bisaltida fallis;
et te flava comas frugum mitissima mater
sensit equum, sensit volucrem crinita colubris
mater equi volucris, sensit delphina Melantho.
Omnibus his faciemque suam faciemque locorum
reddidit. Est illic agrestis imagine Phoebus,
utque modo accipitris pennas, modo terga leonis
gesserit, ut pastor Macareida luserit Issen;
Liber ut Erigonen falsa deceperit uva,
ut Saturnus equo geminum Chirona crearit.
Ultima pars telae, tenui circumdata limbo,
nexilibus flores hederis habet intertextos.
Non illud Pallas, non illud carpere Livor
possit opus. Doluit successu flava virago
et rupit pictas, caelestia crimina, vestes.
Utque Cytoriaco radium de monte tenebat,
ter quater Idmoniae frontem percussit Arachnes.
Non tulit infelix laqueoque animosa ligavit
guttura. Pendentem Pallas miserata levavit
atque ita “vive quidem, pende tamen, improba” dixit:
“lexque eadem poenae, ne sis secura futuri,
dicta tuo generi serisque nepotibus esto.”
Post ea discedens sucis Hecateidos herbae
sparsit; et extemplo tristi medicamine tactae
defluxere comae, cum quis et naris et aures,
fitque caput minimum, toto quoque corpore parva est:
in latere exiles digiti pro cruribus haerent,
cetera venter habet: de quo tamen illa remittit
stamen et antiquas exercet aranea telas.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D6%3Acard%3D1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"18","from":15592.0,"to":15595.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"predicendo a' Troiani da\nun'alta rupe un'arpia\n\n Ibitis Italiam, portusque intrare licebit<\/i>;\n Sed non ante datam cingetis moenibus urbem<\/i>,\n Quam vos dira fames, nostraeque iniuria caedis<\/i>\n Ambesas subigat malis absumere mensas.<\/i>\n [Aeneid.<\/i> III, 254 et segg.]\n\nPredizione che forte li sbigott\u00ec; ma che poscia l'evento dimostr\u00f2\nenigmatica; e che per le mense<\/i> intendevansi le stiacciate di\npane, che una fiata mangiando su 'l prato fecero servire di\nmense, mettendole su l'erba e soprapponendo alle medesime le\nfrutte per cibo destinate [Aeneid.<\/i> VII, 109 et segg.].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
predicendo a' Troiani da un'alta rupe un'arpia\r\n     Ibitis Italiam, portusque intrare licebit<\/i>;\r\n     Sed non ante datam cingetis moenibus urbem<\/i>,\r\n     Quam vos dira fames, nostraeque iniuria caedis<\/i>\r\n     Ambesas subigat malis absumere mensas.<\/i>\r\n      [Aeneid.<\/i> III, 254 et segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"III 254-257","NotaFonte":"","TestoFonte":"ibitis Italiam, portusque intrare licebit;
sed non ante datam cingetis moenibus urbem,
quam vos dira fames nostraeque iniuria caedis
ambesas subigat malis absumere mensas.”","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:3.192-3.257","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"12","from":11536.0,"to":11539.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"prepose a ciascun cielo un\ncoro di intelligenze motrici. Li movitori<\/i> de' cieli sono\nsubstanze separate da materia, cio\u00e8 intelligenze, le quali la\nvolgare gente chiama angeli.<\/i> Conv. II, 5. Vedi pure Conv. II,\n6, Parad. VIII, 34 e seg. XXVIII, 75 e seg.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
prepose a ciascun cielo un coro di intelligenze motrici. Li movitori<\/i> de' cieli sono substanze separate da materia, cioè intelligenze, le quali la volgare gente chiama angeli.<\/i> Conv. II, 5<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"II, iv, 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"È adunque da sapere primamente che li movitori di quelli cieli sono sustanze separate da materia, cioè Intelligenze, le quali la volgare gente chiamano Angeli.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=20&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"74","from":6318.0,"to":6322.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"prese figura di bestia, di vacca —\nnell'imbestiate schegge<\/b>, ne' pezzi di legno composti in forma\ndi una vacca, com'\u00e8 detto Inf. XII, 12.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
nell'imbestiate schegge<\/b>, ne' pezzi di legno composti in forma di una vacca, com'è detto Inf. XII, 12.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII 13","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Inf. XII 13, non 12.","TestoFonte":"che fu concetta ne la falsa vacca","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=12","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"87","from":26304.0,"to":26306.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"presta cotanto; imperocch\u00e8 senza\nveruna esitazione si esib\u00ec a seguitar Virgilio, e lo seguiva di\nfatto, come nel fine del precedente canto ha detto.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
senza veruna esitazione si esibì a seguitar Virgilio, e lo seguiva di fatto, come nel fine del precedente canto ha detto.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 137","NotaFonte":"","TestoFonte":"Allor si mosse, e io li tenni dietro.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"42","from":1299.0,"to":1301.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"presto o tardi.  Alle beate\ngenti<\/b>, nel paradiso.  Ma egli diverr\u00e0 beato, di modo per\u00f2, che\nsar\u00e0 come per lo fuoco.<\/i>  I Cor. III, 15.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Alle beate genti<\/b>, nel paradiso. Ma egli diverrà beato, di modo però, che sarà come per lo fuoco.<\/i>  I Cor. III, 15.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80355","LuogoFonte":"3, 15","NotaFonte":"","TestoFonte":"si cuius opus arserit, detrimentum patietur, ipse autem salvus erit, sic tamen quasi per ignem.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-i-corinthios_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"120","from":861.0,"to":864.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Prima lettera ai Corinzi"},
{"Annotazione":"prima che Papa Clemente\nV di Guascogna inganni l'Imperadore Arrigo VII perch\u00e8 dopo averlo\nper i suoi fini promosso all'Imperio, si oppose poi sotto mano\nalla sua andata in Italia e favor\u00ec li suoi nemici.  Venturi. \nAlto<\/b> per grande.<\/i>  — Parran faville della<\/i><\/b> ec.  La mossa\nd'Arrigo VII verso Italia fu nel anno 1310 [Gio. Villani\nCronic.<\/i><\/b> lib. 9 cap. 7]: e bene perci\u00f2, dovendo ad un tal tempo\nessere Can Grande stato nell'et\u00e0 d'anni 19, pot\u00e8 anche\nanteriormente dare al mondo a conoscere il virtuoso suo animo. \nParran<\/b> per appariranno<\/i>, si faran vedere.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La mossa d'Arrigo VII verso Italia fu nel anno 1310 [Gio. Villani Cronic.<\/i> lib. 9 cap. 7] <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"X 7","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 383 (IX 7).","TestoFonte":"Nel detto anno MCCCX lo 'mperadore venne a Losanna del mese di [...] con poca gente, attendendo il suo isforzo e l'ambascerie de le città d'Italia, e ivi dimorò più mesi.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"82-83","from":16768.0,"to":16772.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"prima che gli si termini\nla vita mortale, ch'\u00e8 una continua milizia: allude a quel\nmilitia est vita hominis super terram<\/i> [Iob.<\/i> 7] Venturi.  Del\nverbo prescrivere<\/i> al senso di limitare<\/i> e terminare<\/i>, o sia\ndi porre limiti e termini<\/i>, vedi 'l Vocabolario della Crusca [Ai\nverbi prescrivere<\/i> e terminare<\/i>].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
prima che gli si termini la vita mortale, ch'è una continua milizia: allude a quel militia est vita hominis super terram<\/i> [Iob.<\/i> 7] Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4577","LuogoFonte":"VII 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nonne militia est vita hominis super terram,
et sicut dies mercennarii dies eius? ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_iob_lt.html#7","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"57","from":24767.0,"to":24771.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro di Giobbe"}, {"Annotazione":"priva di conoscenza, dissennata. \nQuesti cotali non riconobbero n\u00e8 il vero fine della vita\nterrestre, n\u00e8 il vero uso dei beni del mondo. — I<\/b>: li, come\nInf. V, 78 ed altrove. — Sozzi<\/b>: lordati del vizio di avarizia\no di prodigalit\u00e0. Il vizio \u00e8 la conseguenza della loro cecit\u00e0.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
I<\/b>: li, come Inf. V, 78 ed altrove.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. V, 78","NotaFonte":"","TestoFonte":"per quello amor che i mena","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=5&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"53","from":6161.0,"to":6162.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"priva di gagliardia.  Ovidio, Heroid.,\nXIV: «Vires subtrahit ipse timor.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"sgagliarda<\/strong>, priva di gagliardia. Ovidio, Heroid., XIV: «Vires subtrahit ipse timor.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1236672","LuogoFonte":"Heroides XIV, 132","NotaFonte":"","TestoFonte":"Est manus, et vires subtrahit ipse timor","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0068%3Atext%3DEp.%3Apoem%3D14","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"27","from":19525.0,"to":19526.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Eroidi"},
{"Annotazione":"privandoti di tutti i tuoi\naveri, ed esiliandoti dalla patria, tu obbligheranno a condurti\na tremar tu pure per ogni vena<\/i> per accattarti del pane, onde\ndall'esperienza ammaestrato capirai che significhino questi\ntermini.  Gi\u00e0 a tale era Dante ridotto mentre queste cose\nscriveva: ma coll'affissare questo suo viaggio all'anno 1300\n[Vedi Inf. XXI, 112, Purg. II, 97 ec.] viene a render futuro il\npresente ed il passato.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Già a tale era Dante ridotto mentre queste cose scriveva: ma coll'affissare questo suo viaggio all'anno 1300 [Vedi Inf. XXI, 112, Purg. II, 97 ec.] viene a render futuro il presente ed il passato. \r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI 112","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ier, più oltre cinqu'ore che quest'otta","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"141","from":11148.0,"to":11151.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"privo affatto di luce.  C. II, 60:\n«L\u00e0 dove il Sol tace.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
privo affatto di luce.  C. I, 60: «Là dove il Sol tace.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I, 60","NotaFonte":"","TestoFonte":"mi ripigneva là dove 'l sol tace","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"28","from":4186.0,"to":4194.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"proposito di seguirti; C. I v.\n130-134.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
proposito di seguirti; C. I v. 130-134.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I, 130-135","NotaFonte":"","TestoFonte":"E io a lui: \"Poeta, io ti richeggio
per quello Dio che tu non conoscesti,
acciò ch'io fugga questo male e peggio,
che tu mi meni là dov'or dicesti,
sì ch'io veggia la porta di san Pietro
e color cui tu fai cotanto mesti\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"138","from":1995.0,"to":1997.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"propriamente significa la picciola\npannocchia dove stanno racchiuse le granella del grano, dell'orzo\ne di simili biade: Dante per\u00f2 pone qu\u00ec la spiga pel seme stesso,\no sia pe 'l frutto, con allusione, probabilmente, al detto di\nGes\u00f9 Cristo ex fructibus eorum cognoscetis eos<\/i> [Matth.<\/i> 7 v.\n20]: e per\u00f2 in vece di aggiungere che dalla spiga o sia dal\nfrutto si conosce l'erba, dice che si conosce per lo seme.<\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dante però pone quì la spiga pel seme stesso, o sia pe 'l frutto, con allusione, probabilmente, al detto di Gesù Cristo ex fructibus eorum cognoscetis eos<\/i> [Matth.<\/i> 7 v. 20]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"VII 20","NotaFonte":"","TestoFonte":"Igitur ex fructibus eorum cognoscetis eos.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#7","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"113-114","from":16203.0,"to":16204.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"propriamente vuol dir caparra<\/i>, o sia parte\ndel pagamento, che si d\u00e0 innanzi, per sicurt\u00e0 del contratto\nstabilito: qu\u00ec per\u00f2 si trasferisce a significar predizione<\/i>, o\nsia assicurazione delle cose avvenire: e come il predettogli da\nser Brunetto accenna il medesimo esilio prenunziato gi\u00e0 lui in\nqualche modo e da Ciacco nel VI dell'Inferno e da Farinata nel\nX, perci\u00f2 dice, che non \u00e8 nuova agli orecchi suoi tale arra.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Arra <\/strong>propriamente vuol dir caparra<\/i>, o sia parte del pagamento, che si dà innanzi, per sicurtà del contratto stabilito: quì però si trasferisce a significar predizione<\/i>, o sia assicurazione delle cose avvenire: e come il predettogli da ser Brunetto accenna il medesimo esilio prenunziato già lui in qualche modo e da Ciacco nel VI dell'Inferno e da Farinata nel X, perciò dice, che non è nuova agli orecchi suoi tale arra.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VI 64-75","NotaFonte":"","TestoFonte":"E quelli a me: \"Dopo lunga tencione
verranno al sangue, e la parte selvaggia
caccerà l'altra con molta offensione.
Poi appresso convien che questa caggia
infra tre soli, e che l'altra sormonti
con la forza di tal che testé piaggia.
Alte terrà lungo tempo le fronti,
tenendo l'altra sotto gravi pesi,
come che di ciò pianga o che n'aonti.
Giusti son due, e non vi sono intesi;
superbia, invidia e avarizia sono
le tre faville c'hanno i cuori accesi\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=6","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94","from":14259.0,"to":14260.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"pure essa Libia,\naggiuntavi ancora tutta l'Etiopia e tutto il paese posto tra la\nLibia e 'l mar Rosso, cio\u00e8 l'Egitto, non produsse giammai tanti\nn\u00e8 cos\u00ec crudeli serpenti, quanti e quali mostrava quella\nbolgia. — Pestilenzie<\/b>, pestiferi, velenosi animali. — Ee<\/b>,\n\u00e8: ved. nota 141. al C. II.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Ee<\/b>, è: ved. nota 141. al C. II.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II, 141","NotaFonte":"","TestoFonte":"Così li dissi; e poi che mosso fue","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"88-90","from":23146.0,"to":23149.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"qualche atto ingiusto, ne \u00e8\nlo scopo — ed ogni fin cotale<\/b> ec. vuol dire che ogni ingiuria\nsempre va a contristare alcuno, o con aperta violenza, o con\nocculta frode.  Tale divisione della ingiuria [avverte molto bene\nil Daniello] fa eziandio M. Tullio nel primo libro degli Offici\ndicendo: Cum autem duobus modis, idest aut vi aut fraude fiat\niniuria: fraus quasi vulpeculae, vis leonis videtur: utrumque\nalienissimum ab homine est, sed fraus odio digna maiore<\/i> ec.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Tale divisione della ingiuria [avverte molto bene il Daniello] fa eziandio M. Tullio nel primo libro degli Offici dicendo: Cum autem duobus modis, idest aut vi aut fraude fiat iniuria: fraus quasi vulpeculae, vis leonis videtur: utrumque alienissimum ab homine est, sed fraus odio digna maiore<\/i> ec.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1180721","LuogoFonte":"I 41","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cum autem duobus modis, id est aut vi aut fraude, fiat iniuria, fraus quasi vulpeculae, vis leonis videtur; utrumque homine alienissimum, sed fraus odio digna maiore.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0474.phi055.perseus-lat1:1.41","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"23-24","from":9770.0,"to":9786.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":"De officiis"},
{"Annotazione":"quale e quanto sarebbe il\nlamento, se tutti gl'infermi nel forte della state raccettati\nnegli spedali di Valdichiana, di Maremma e della Sardegna,\nfossero posti insieme in una sola fossa; tale ec.  — Dolor.<\/b> \nDuolo<\/i> per lamento<\/i>, la causa per l'effetto, us\u00f2 anche nel C.\nVIII, 65.  — Valdichiana.<\/i><\/b>  Paese di Toscana immalsanito allora\ndall'acque della Chiana; oggi bonificato.  — Maremma.<\/b>  Tratto\ndi paese tuttora insalubre tra Pisa e Siena.  — Sardigna.<\/b> \nCos\u00ec famosa per mal'aria, che 'l pi\u00f9 tristo luogo dello spedale\ndi Santa Maria Nuova di Firenze fu detto la Sardigna.<\/i><\/b>  —\nInsembre<\/i><\/b> per insieme<\/i> usarono gli antichi anche in prosa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Dolor.<\/b> Duolo<\/i> per lamento<\/i>, la causa per l'effetto, usò anche nel C. VIII, 65.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VIII, 65","NotaFonte":"","TestoFonte":"ma ne l'orecchie mi percosse un duolo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=8","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46-49","from":28095.0,"to":28098.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"quando and\u00f2 al soccorso di Dante, Inf.\nII, 52 e seg.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
quando andò al soccorso di Dante, Inf. II, 52 e seg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II, 52-69","NotaFonte":"","TestoFonte":"Io era tra color che son sospesi,
e donna mi chiamò beata e bella,
tal che di comandare io la richiesi.
Lucevan li occhi suoi più che la stella;
e cominciommi a dir soave e piana,
con angelica voce, in sua favella:
\"O anima cortese mantoana,
di cui la fama ancor nel mondo dura,
e durerà quanto 'l mondo lontana,
l'amico mio, e non de la ventura,
ne la diserta piaggia è impedito
sì nel cammin, che vòlt'è per paura;
e temo che non sia già sì smarrito,
ch'io mi sia tardi al soccorso levata,
per quel ch'i' ho di lui nel cielo udito.
Or movi, e con la tua parola ornata
e con ciò c'ha mestieri al suo campare,
l'aiuta sì ch'i' ne sia consolata.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=2&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"81","from":3538.0,"to":3539.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"quando fu tratto a sorte\nper prender tra gli Apostoli il luogo perduto dal perfido Giuda. \nAct. Ap., I, 26: «Cecidit sors super Mathiam.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Quando fu sortito<\/strong> ec., quando fu tratto a sorte per prender tra gli Apostoli il luogo perduto dal perfido Giuda. Act. Ap., I, 26: «Cecidit sors super Mathiam.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40309","LuogoFonte":"Atti degli Apostoli I, 26","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et dederunt sortes eis, et cecidit sors super Matthiam, et annumeratus est cum undecim apostolis.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_actus-apostolorum_lt.html#1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"95-96","from":18151.0,"to":18154.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Atti degli Apostoli"}, {"Annotazione":"quando godrai nel riandar\nle maraviglie da te viste ed udite. AEn., I: «Et haec olim\nmeminisse juvabit.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Quando ti gioverà<\/strong>, ec., quando godrai nel riandar le maraviglie da te viste ed udite. Aen., I: «Et haec olim meminisse juvabit.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis I, 203","NotaFonte":"","TestoFonte":"mittite: forsan et haec olim meminisse iuvabit.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D1%3Acard%3D198","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"84","from":15077.0,"to":15080.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"quando l'aria fu cos\u00ec piena di\ngermi maligni. Nel Conv.<\/i>, parlando della stessa peste,\nl'attribuisce a «corrompimento d'aere». — Per la colpa\noriginale la malizia<\/b> invece entr\u00f2 negli animi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
quando l'aria fu così piena di germi maligni.  Nel Conv.<\/i>, parlando della stessa peste,\r\nl'attribuisce a «corrompimento d'aere».  — Per la colpa originale la malizia<\/b> invece entrò negli animi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, xxvii, 17","NotaFonte":"","TestoFonte":"E che tutte e quattro queste cose convegnano a questa etade, n'amaestra Ovidio nel settimo di Metamorfoseos, in quella favola dove scrive come Cefalo d'Atene venne ad Eaco re per soccorso, nella guerra che Atene ebbe con Creti. Mostra che Eaco vecchio fosse prudente, quando, avendo per pestilenza di corrompimento d'aere quasi tutto lo popolo perduto, esso saviamente ricorse a Dio e a lui domandò lo ristoro della morta gente; e per lo suo senno, che a pazienza lo tenne e a Dio tornare lo fece, lo suo popolo ristorato li fu maggiore che prima.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=77&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"60","from":28199.0,"to":28203.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"quando le due\nbrigate nelle quali nel finale giudicio divider\u00e0 Cristo l'uman\ngenere [Matth.<\/i> 25], si partiranno, una alle ricchezze eterne\ndel Paradiso l'altra all'eterne miserie dell'Inferno.  Inope<\/b>\nper povero Latinismo Dantesco<\/i><\/b> dicelo il Venturi.  In realt\u00e0\nper\u00f2 \u00e8 niente dissimile dall'inopia<\/i>, che dicono tutti per\npovert\u00e0.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
quando le due brigate nelle quali nel finale giudicio dividerà Cristo l'uman genere [Matth.<\/i> 25], si partiranno, una alle ricchezze eterne del Paradiso l'altra all'eterne miserie dell'Inferno.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XXV 32-33","NotaFonte":"","TestoFonte":"32 Et congregabuntur ante eum omnes gentes; et separabit eos ab invicem, sicut pastor segregat oves ab haedis,
33 et statuet oves quidem a dextris suis, haedos autem a sinistris. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#25","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"110-111","from":18917.0,"to":18920.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"}, {"Annotazione":"quando non tira vento che la\nsminuzzi. Petrarca: «Neve, Che senza vento in un bel colle\nfiocchi.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
quando non tira vento che la sminuzzi.  Petrarca: «Neve, Che senza vento in un bel colle fiocchi.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1401","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1094908","LuogoFonte":"Tr. mortis I 166-167","NotaFonte":"","TestoFonte":"Pallida no, ma più che neve bianca
che senza venti in un bel colle fiocchi","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t44.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"30","from":12738.0,"to":12745.0,"NomeAutore":"Francesco Petrarca","TitoloFonte":"Trionfi"}, {"Annotazione":"quanto mener\u00f2<\/i>, condurr\u00f2.<\/i> Merralle<\/i> per\nmeneralle<\/i> anche il Passavanti [Della scienza diabolica<\/i> pag.\n329].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
quanto menerò<\/i>, condurrò.<\/i>  Merralle<\/i> per meneralle<\/i> anche il Passavanti [Della scienza diabolica<\/i> pag. 329].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3805918","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q19141302","LuogoFonte":"240","NotaFonte":"Forse Lombardi cita di seconda mano, dalle Osservazioni della lingua italiana raccolte dal CINONIO accademico filergita, in Ferrara, per Bernardino Pomatelli impress. vescovale, 1711, p. 113.","TestoFonte":"torrà loro l'anime, e merralle alle pene eterne","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=I9FbAAAAQAAJ&pg=PA270&lpg=PA270&dq=torr%C3%A0+loro+l%27anime,+e+merralle+alle+pene+eterne&source=bl&ots=8qbc7zroZ0&sig=ACfU3U26iyR9mmjLrdrlXFR3_gNf17vi7w&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiWm4_rnZb2AhX-gf0HHUAEB4EQ6AF6BAgKEAM#v=onepage&q=torr%C3%A0%20loro%20l'anime%2C%20e%20merralle%20alle%20pene%20eterne&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"47","from":6404.0,"to":6405.0,"NomeAutore":"Jacopo Passavanti","TitoloFonte":"Specchio di vera penitenza"},
{"Annotazione":"quanto malamente, quanto\ndannosamente fuggisti le nozze sue<\/b>, della casa<\/i> detta — per\ngli altrui conforti<\/i><\/b>: accenna gl'impulsi che a tal mancamento di\nparola ebbe Buondelmonte dalla madre della zittella Donati [Lo\nstesso Villani ivi].  — Molti sarebber lieti che son tristi<\/b>;\ntutti cio\u00e8 quelli che risentono danno per la divisione dal tuo\nfatal matrimonio cagionata — Se Dio t'avesse conceduto ad Ema\nLa prima volta che<\/b> ec.  Ema<\/b> \u00e8 un fiume che si passa venendosi\na Firenze da Montebuono [Cos\u00ec 'l Landino Fiorentino, e tutti gli\nespositori]; ed \u00e8 Montebuono un castello onde discese in Firenze\nil casato de' Buondelmonti [Vedi Gio. Vill. lib. 4 cap. 35]. \nEssendo per\u00f2 quel casato disceso in Firenze nel 1135 [Lo stesso\nVill. ivi], che vale a dire ottant'anni prima del fatale\nmatrimonio di Buondelmonte colla Donati, che fu del 1215 [Lo\nstesso Vill. lib. 5 cap. 38], intendono gli espositori,\nsegnatamente Landino e Vellutello, che in Firenze, e non in\nMontebuono, dovesse nascere il Buondelmonte che quel matrimonio\ncontrasse; e che perci\u00f2 al medesimo non possa convenire la\nimprecazione, che fa qu\u00ec Dante, che il fiume Ema assorbisselo ed\naffogasselo la prima volta che da Montebuono pass\u00f2 a Firenze:\nparla<\/i><\/b> [chiosa concordemente al Landino il Vellutello] non di\ncostui, che era nato in Firenze, ma di quel primo dei\nBuondelmonti che venne ad abitare quella citt\u00e0.<\/i>\n\n\tNon avendo per\u00f2 i Buondelmonti con domiciliarsi in\nFirenze lasciate le possessioni che avevano in Montebuono, e per\nconseguenza ogni domenicale abitazione [Vedi lo stesso Vill. lib.\n4 cap. 35], chi sa che non sia accaduto che nascesse il\nBuondelmonte nostro in Montebuono?\n\n\tIo per me la intenderei volentieri cos\u00ec; e v'aggiungerei\nche, scherzando il Poeta sulla somiglianza del nome Ema<\/i><\/b> a\ndonnesco nome, ed ellissi adoprando, dica Se Dio t'avesse\nconceduto ad Ema<\/b>, in vece d'intieramente dire se Dio, in cambio\ndi concederti marito alla Donati, avesseti conceduto preda al\nfiume Ema.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
per gli altrui conforti<\/b>: accenna gl'impulsi che a tal mancamento di parola ebbe Buondelmonte dalla madre della zittella Donati [Lo stesso Villani ivi].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VI 38","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 120 (V 38).","TestoFonte":"una donna di casa i Donati il chiamò, biasimandolo della donna ch'egli avea promessa, come nonn era bella né sofficiente a·llui, e dicendo: «Io v'avea guardata questa mia figliuola»; la quale gli mostrò, e era bellissima; incontanente per subsidio diaboli preso di lei, la promise e isposò a moglie.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"140-144","from":16094.0,"to":16096.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"quasi rocchione, rocchio grande<\/i>,\nspiega il Vocabolario della Cr.: e per\u00f2, giusta la spiegazione\nch'esso Vocabolario d\u00e0 alla voce rocchio<\/i>, viene a significare\nlo stesso che pezzo grande di pietra<\/i>; che qu\u00ec, per bisogno di\nfar che Dante vi si appoggiasse, intenderemo attaccato allo\nscoglio, e da esso prominente.\n\n\tLa Nidob. legge qu\u00ec rocchione<\/i>; ma altrove ronchione<\/b>\n[Inf. XXVI, 44], e ronchioso<\/i><\/b> [Inf. XXIV, 62].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
La Nidob. legge quì rocchione<\/i>; ma altrove ronchione <\/b>[Inf. XXVI, 44], e ronchioso<\/i> [Inf. XXIV, 62].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVI 44","NotaFonte":"","TestoFonte":"sì che s'io non avessi un ronchion preso,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=26","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"28","from":22707.0,"to":22708.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"quattromila trecento e due rivolgimenti periodici del Sole,\nquattromila trecento e due anni.  Un tal numero d'anni dalla\nmorte di Adamo alla risurrezione di Ges\u00f9 Cristo [quando furono i\nsanti Padri dal Limbo tratti] risulta dal computarsi anni 5232\nscorsi tra la creazione del mondo e la morte di Ges\u00f9 Cristo, ch'\u00e8\nsecondo il calcolo d'Eusebio, seguito, come il Baronio attesta\n[Nota al Martirologio 25 dicembre] dalla Chiesa orientale ed\noccidentale: imperocch\u00e8 da 5232 tolti 930 anni che visse Adamo,\nrestano appunto anni 4302 — volume<\/b> per rivoluzione<\/i>,\nrivolgimento<\/i>, dice ad imitazione de' Latini [Assidua rapitur\nvertigine caelum, Sideraque alta trabit, celerique volumine\ntorquet<\/i> Ovid. Met.<\/i> lib. 2 v. 70 e seg.] — questo concilio<\/i><\/b>,\nquesta beata societ\u00e0.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Un tal numero d'anni dalla morte di Adamo alla risurrezione di Gesù Cristo [quando furono i santi Padri dal Limbo tratti] risulta dal computarsi anni 5232 scorsi tra la creazione del mondo e la morte di Gesù Cristo, ch'è secondo il calcolo d'Eusebio<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q142999","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1208101","LuogoFonte":"II","NotaFonte":"Cfr. PG 19, col. 530","TestoFonte":"Colliguntur omnes ab Abraham , usque ad nativitatem Christi, anni duo milia quindecim . Ab Adam usque ad Christum<\/em> , quinque milia ducenti duo minus<\/em><\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=WAwRAAAAYAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=true","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"119-120","from":26202.0,"to":26212.0,"NomeAutore":"Eusebio di Cesarea","TitoloFonte":"Chronicon"},
{"Annotazione":"que' Fiorentini, che\ntengono ancor del monte e del macigno<\/i> dell'originaria Fiesole\n— facciano strame<\/b>: strame dicesi ogni erba che si d\u00e0 in cibo\ne serve di letto alle bestie<\/i><\/b> [Vocab. della Crusca]: facciano<\/i><\/b>\nadunque strame di lor medesime<\/b> vale quanto s'addentino e si\ncalpestino tra di loro<\/i> — e non tocchino<\/i><\/b> e non molestino, se\nnel lor lettame<\/b>, nel putridume de' loro costumi, surge<\/b>, nasce\nper avventura alcuna pianta<\/b>, alcun cittadino, in cui riviva la\nsementa santa<\/b>, civile ed onorata, di quei Romani, che quando fu\nfatto il nidio di tanta malizia<\/b>, Firenze, vi rimasero<\/b>, vi\nconcorsero a fabbricarla e ad abitarla [Vedi, tra gli altri, Gio.\nVill. Cron. lib. I cap. 38].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
quei Romani, che quando fu fatto il nidio di tanta malizia<\/b>, Firenze, vi rimasero<\/b>, vi concorsero a fabbricarla e ad abitarla [Vedi, tra gli altri, Gio. Vill. Cron. lib. I cap. 38].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"II 1","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, pp. 26-27 (I 38)","TestoFonte":"Distrutta la città di Fiesole, Cesere con sua oste discese al piano presso alla riva del fiume d'Arno, là dove Fiorino con sua gente era stato morto da' Fiesolani, e in quello luogo fece cominciare ad edificare una città, acciò che Fiesole mai non si rifacesse, e rimandò i cavalieri latini, i quali seco avea, arricchiti delle ricchezze de' Fiesolani; i quali Latini Tudertini erano appellati. Cesere adunque, compreso l'edificio della città, e messovi dentro due ville dette Camarti e villa Arnina, voleva quella appellare per suo nome Cesaria. Il sanato di Roma sentendolo, non sofferse che per suo nome Cesere la nominasse; ma feciono dicreto e ordinaro che quegli maggiori signori ch'erano stati a la guerra di Fiesole e all'asedio dovessono andare a fare edificare con Cesere insieme, e popolare la detta cittade, e qualunque di loro soprastesse a·lavorio, cioè facesse più tosto il suo edificio, appellasse la cittade di suo nome, o come a·llui piacesse. Allora Macrino, Albino, Igneo Pompeo, Marzio apparecchiati di fornimenti e di maestri, vennero da Roma alla cittade che Cesere edificava, e inviandosi con Cesere si divisono l'edificare in questo modo: che Albino prese a smaltare tutta la cittade, che fue uno nobile lavoro e bellezza e nettezza della cittade, e ancora oggi del detto ismalto si truova cavando, massimamente nel sesto di San Piero Scheraggio, e in porte San Piero, e in porte del Duomo, ove mostra fosse l'antica città. Macrino fece fare il condotto dell'acqua in docce e in arcora, faccendola venire di lungi a la città per VII miglia, acciò che·lla città avesse abondanza di buona acqua da bere, e per lavare la cittade; e questo condotto si mosse infino dal fiume detto la Marina a piè di monte Morello, ricogliendo in se tutte quelle fontane sopra Sesto, e Quinto, e Colonnata. E in Firenze faceano capo le dette fontane a uno grande palagio che si chiamava termine, capud aque, ma poi in nostro volgare si chiamò Capaccia, e ancora oggi in Terma si vede dell'anticaglia. E nota che gli antichi per santade usavano di bere acque di fontane menate per condotti, perché erano più sottili e più sane che quelle de' pozzi, però che pochi, o quasi pochissimi, beveano vino, ma i più acqua di condotto, ma non di pozzo; e pochissime vigne erano allora. Igneo Pompeo fece fare le mura della cittade di mattoni cotti, e sopra i muri della città edificò torri ritonde molto spesse, per ispazio dall'una torre a l'altra di XX cubiti, sicché le torri erano di grande bellezza e fortezza. Del compreso e giro della città non troviano cronica che ne faccia menzione; se non che quando Totile Flagellum Dei la distrusse, fanno le storie menzione ch'ell'era grandissima. Marzio l'altro signore romano fece fare il Campidoglio al modo di Roma, cioè palagio, overo la mastra fortezza della cittade, e quello fu di maravigliosa bellezza; nel quale l'acqua del fiume d'Arno per gora con cavate fogne venia e sotto volte, e in Arno sotterra si ritornava; e la cittade per ciascuna festa dello sgorgamento di quella gora era lavata. Questo Campidoglio fu ov'è oggi la piazza di Mercato Vecchio, di sopra a la chiesa di Santa Maria in Campidoglio: e questo pare più certo. Alcuni dicono che fu ove oggi si chiama il Guardingo, di costa a la piazza ch'è oggi del popolo dal palazzo de' priori, la quale era un'altra fortezza. Guardingo fu poi nomato l'anticaglia de' muri e volte che rimasono disfatte dopo la distruzione di Totile, e stavanvi poi le meretrici. I detti signori, per avanzare l'uno l'edificio dell'altro, con molta sollecitudine si studiavano, ma in uno medesimo tempo per ciascuno fu compiuto; sicché nullo di loro ebbe aquistata la grazia di nominare la città a sua volontà, sì che per molti fu al cominciamento chiamata la piccola Roma. Altri l'appellavano Floria, perché Fiorino fu ivi morto, che fu il primo edificatore di quello luogo, e fu in opera d'arme e in cavalleria fiore, e in quello luogo e campi intorno ove fu la città edificata sempre nasceano fiori e gigli. Poi la maggiore parte degli abitanti furono consenzienti di chiamarla Floria, sì come fosse in fiori edificata, cioè con molte delizie. E di certo così fu, però ch'ella fu popolata della migliore gente di Roma, e de' più sofficienti, mandati per gli sanatori di ciascuno rione di Roma per rata, come toccò per sorte che l'abitassono; e accolsono co·lloro quelli Fiesolani che vi vollono dimorare e abitare. Ma poi per lungo uso del volgare fu nominata Fiorenza: ciò s'interpetra spada fiorita. E troviamo ch'ella fu edificata anni VIcLXXXII dopo l'edificazione di Roma, e anni LXX anzi la Nativitade del nostro signore Iesù Cristo. E nota, perché i Fiorentini sono sempre in guerra e in disensione tra loro, che nonn–è da maravigliare, essendo stratti e nati di due popoli così contrari e nemici e diversi di costumi, come furono gli nobili Romani virtudiosi, e' Fiesolani ruddi e aspri di guerra.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"73-78","from":14096.0,"to":14099.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"quei che menan guasto con le anzidette\nruine ed incendi.  — Predon<\/b>, i rei delle tollette<\/i> (v. 36). \nTra ladro e predone \u00e8 questa differenza, che il predone ruba\nanch'egli come il ladro, ma di pi\u00f9 violenta: «Qui enim (dice\nGiustiniano nell'Instit.<\/i>) magis alienam rem invito domino\ncontrectat, quam qui vi rapit?  Ideoque recte dictum est, eum\nimprobum furem esse.»  Ma Dante mette i ladri molto pi\u00f9 gi\u00f9,\nperch\u00e8 a' suoi tempi il prender per forza aveva del grande.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Predon<\/b>, i rei delle tollette<\/i> (v. 36).  Tra ladro e predone è questa differenza, che il predone ruba anch'egli come il ladro, ma di più violenta: «Qui enim (dice Giustiniano nell'Instit.<\/i>) magis alienam rem invito domino contrectat, quam qui vi rapit?  Ideoque recte dictum est, eum improbum furem esse.» <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1055599","LuogoFonte":"Institutiones IV, ii","NotaFonte":"","TestoFonte":"Qui res alienas rapit, tenetur quidem etiam furti (quis enim magis alienam rem invito domino contrectat quam qui vi rapit? ideoque recte dictum est, eum improbum furem esse<\/strong>): sed tamen propriam actionem eius delicti nomine praetor introduxit, quae appellatur vi bonorum raptorum et est intra annum quadrupli, post annum simpli. quae actio utilis est, etiamsi quis unam rem, licet minimam, rapuerit. quadruplum autem non totum poena est et extra poenam rei persecutio, sicut in actione furti manifesti diximus: sed in quadruplo inest et rei persecutio, ut poena tripli sit, sive comprehendatur raptor in ipso delicto sive non. ridiculum est enim levioris esse condicionis eum qui vi rapit quam qui clam amovet. Quia tamen ita competit haec actio, si dolo malo quisque rapuerit: qui aliquo errore inductus, suam rem esse, et imprudens iuris eo animo rapuit quasi domino liceat rem suam etiam per vim auferre possessoribus, absolvi debet. cui scilicet conveniens est nec furti teneri eum qui eodem hoc animo rapuit. sed ne, dum talia excogitentur, inveniatur via per quam raptores impune suam exerceant avaritiam: melius divalibus constitutionibus pro hac parte prospectum est, ut nemini liceat vi rapere rem mobilem vel se moventem, licet suam eandem rem existimet: sed si quis contra statuta fecerit, rei quidem suae dominio cadere, sin autem aliena sit, post rei restitutionem etiam aestimationem eiusdem rei praestare. quod non solum in mobilibus rebus, quae rapi possunt, constitutiones optinere censuerunt, sed etiam in invasionibus quae circa res soli fiunt, ut ex hac omni rapina homines abstineant. In hac actione non utique spectatur, rem in bonis actoris esse: nam sive in bonis sit sive non sit, si tamen ex bonis sit, locum haec actio habebit. quare sive commodata sive locata sive etiam pignerata sive deposita sit apud Titium, sic ut intersit eius non auferri, veluti si in re deposita culpam quoque promisit, sive bona fide possideat, sive usumfructum in ea quis habeat, vel quod aliud ius ut intersit eius non rapi: dicendum est, competere ei hanc actionem, ut non dominium accipiat, sed illud solum quod ex bonis eius qui rapinam passus est, id est quod ex substantia eius, ablatum esse proponatur. et generaliter dicendum est, ex quibus causis furti actio competit in re clam facta, ex iisdem causis omnes habere hanc actionem.","UrlFonte":"https:\/\/www.thelatinlibrary.com\/justinian\/institutes4.shtml","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"38","from":9881.0,"to":9882.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Istituzioni di Giustiniano"},
{"Annotazione":"quei del Limbo.  A veder\nquanto errino coloro che 1) sospesi<\/b> qui intendono n\u00e8 beati n\u00e8\ndannati<\/i>; e quelli ancora che 2) ammettono in costoro un futuro\nmiglioramento di sorte, si noti: 1) il Limbo fa parte integrale\ndel cieco mondo<\/i>, e ne forma anzi il primo Cerchio (Inf.<\/i>, IV, \n13-24); ond'\u00e8 detto l'ampia gola<\/i> (Purg.<\/i>, XXI, 31) o il\nLimbo<\/i> dell'Inferno<\/i> (Purg.<\/i>, XXII, 14).  Virgilio dice aperto\nlo Ciel perdei<\/i> (Purg.<\/i>, VII, 8), e siam perduti<\/i> (Inf.<\/i>, IV, \n41): vero \u00e8 che quivi non v'ha la pena del senso, cio\u00e8 mart\u00ecri<\/i>\n(Inf.<\/i>, IV, 28), ma sol per pena hanno la speranza cionca<\/i>, \ncio\u00e8 nessuna speranza di giungere quandochesia al possedimento di\nDio (Inf.<\/i> IX, 18); e in ci\u00f2 sta per loro l'infernale ambascia<\/i>\n(Par.<\/i> XXVI, 133).  2) Soprach\u00e8, non \u00e8 sperabile nessun\nmutamento di sorte, se \u00e8 vero che ogni speranza<\/i> \u00e8 vana dentro\ndalla porta, sulla quale sta scritto (Inf.<\/i>, III, 9):\n\n     Lasciate ogni speranza voi ch'entrate.\n\nCi\u00f2 \u00e8 raffermato da Virgilio (Inf.<\/i>, IV, 42); il quale inoltre\nne accerta che quel cocente desiderio che a quei del Limbo \u00e8 dato\nper pena, durer\u00e0 eternamente<\/i><\/b> (Purg.<\/i>, III, 40-42).  —\nDonna<\/i><\/b>; Beatrice, come udiremo al v. 70.  In questa narrazione\nbadino i giovani la nuova delicatezza di stile, la soave\ntrascelta delle immagini e l'appropriata armonia delle parole, \narte potente.  — Beata<\/b>, perch\u00e8 viveva in cielo cogli Angeli<\/i><\/b>\n(Conv.<\/i>, II, 1), chiamata da Dio dieci anni prima a gloriare<\/i>\n(Vit. N.<\/i>, 35; cf. ivi, 29)\n\n     Nel Ciel dell'umilt\u00e0 dov'\u00e8 Maria.\n\n— Bella<\/i><\/b>: chi non \u00e8 affatto digiuno delle opere di Dante, deve\nsapere come Beatrice non pareva figliuola d'uomo mortale, ma di\nDio<\/i><\/b> (Vit. N.<\/i>, II); sicch\u00e8 dicevano molti, al vederla per via:\nquesta non \u00e8 femmina anzi \u00e8 uno de' bellissimi Angeli del Cielo<\/i>\n(ivi, XXVI); e qui pi\u00f9 che fisica, \u00e8 bellezza altamente morale, \nbellezza che d'una in altra ascensione nella mente innamorata del\nPoeta giunge a tal punto, da trasmodarsi non solo di l\u00e0 da noi, \nma anche oltre al comprendimento angelico, e siffatta che solo\nDio, che la cre\u00f2 la pu\u00f2 tutta comprendere (Par.<\/i>, XXX, 19-21).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
A veder quanto errino coloro che 1) sospesi<\/b> qui intendono nè beati nè dannati<\/i>; e quelli ancora che 2) ammettono in costoro un futuro miglioramento di sorte, si noti: 1) il Limbo fa parte integrale del cieco mondo<\/i>, e ne forma anzi il primo Cerchio (Inf.<\/i>, IV, 13-24); ond'è detto l'ampia gola<\/i> (Purg.<\/i>, XXI, 31) o il Limbo<\/i> dell'Inferno<\/i> (Purg.<\/i>, XXII, 14).  Virgilio dice aperto lo Ciel perdei<\/i> (Purg.<\/i>, VII, 8), e siam perduti<\/i> (Inf.<\/i>, IV, 41): vero è che quivi non v'ha la pena del senso, cioè martìri <\/i>(Inf.<\/i>, IV, 28), ma sol per pena hanno la speranza cionca<\/i>, cioè nessuna speranza di giungere quandochesia al possedimento di Dio (Inf.<\/i> IX, 18); e in ciò sta per loro l'infernale ambascia <\/i>(Par.<\/i> XXVI, 133).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV, 13-24","NotaFonte":"","TestoFonte":"“Or discendiam qua giù nel cieco mondo”, 
cominciò il poeta tutto smorto.
“Io sarò primo, e tu sarai secondo”.
E io, che del color mi fui accorto,
dissi: “Come verrò, se tu paventi
che suoli al mio dubbiare esser conforto?”.
Ed elli a me: “L'angoscia de le genti
che son qua giù, nel viso mi dipigne
quella pietà che tu per tema senti.
Andiam, ché la via lunga ne sospigne”.
Così si mise e così mi fé intrare
nel primo cerchio che l'abisso cigne.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"52-54","from":1370.0,"to":1374.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"quel cordone\nfrancescano, il qual soleva altra volta con le mortificazioni,\nond'\u00e8 simbolo, dimagrar coloro che se ne cingevano. —\nCapestro.<\/b> Non in mala parte: come si pu\u00f2 anche meglio vedere\nnel v. 87 del C. XI del Paradiso.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Capestro.<\/b>  Non in mala parte: come si può anche meglio vedere nel v. 87 del C. XI del Paradiso.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XI, 87","NotaFonte":"","TestoFonte":"che già legava l'umile capestro","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=78&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"92-93","from":26437.0,"to":26440.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"quel pallido colore che la paura\nmi spinse sul volto allorch\u00e8 vidi tornare indietro Virgilio, fu\ncagione che, avendo esso Virgilio conosciuto da quello il mio\nscoraggiamento, pi\u00f9 presto ristringesse dentro<\/i>, reprimesse il\nsuo nuovo<\/i> colore, il rossore test\u00e8 cagionatogli dallo sdegno\n(C. VIII, 121) di vedersi cos\u00ec maltrattato da' demonii.  In\nsomma, il pallore di Dante fece pi\u00f9 presto ricomporre a\nserenit\u00e0 il volto di Virgilio.  — Comunemente pinse<\/b> \u00e8 inteso\nper dipinse<\/i><\/b>; ma la corrispondenza tra di fuor mi pinse<\/i><\/b> e il\ndentro ristrinse<\/b> del v. 3, mi fa preferir l'interpetrazione di\nspinse.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
quel pallido colore che la paura mi spinse sul volto allorchè vidi tornare indietro Virgilio, fu cagione che, avendo esso Virgilio conosciuto da quello il mio scoraggiamento, più presto ristringesse dentro<\/i>, reprimesse il suo nuovo<\/i> colore, il rossore testè cagionatogli dallo sdegno (C. VIII, 121) di vedersi così maltrattato da' demonii. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VIII, 121","NotaFonte":"","TestoFonte":"E a me disse: “Tu, perch'io m'adiri","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=8","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"1-3","from":7670.0,"to":7672.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"quella\ncredenza che poco anzi prestai a Stazio, quando mi disse, che\ndalla porta del Purgatorio in su non v'eran pi\u00f9 n\u00e8 venti, n\u00e8\npiogge, n\u00e8 brine ec. [Purg. XXI, 46 e segg.]; insegnamento\ncontrario al fatto che qu\u00ec trovo, dell'acqua che scorre in questo\nrivo, e del vento che fa risuonar la foresta.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"28","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
quella credenza che poco anzi prestai a Stazio, quando mi disse, che dalla porta del Purgatorio in su non v'eran più nè venti, nè piogge, nè brine ec. [Purg. XXI, 46 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXI 46-48","NotaFonte":"","TestoFonte":"nuvole spesse non paion né rade,
né coruscar, né figlia di Taumante,
che di là cangia sovente contrade","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=55&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"86-87","from":28377.0,"to":28383.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"quella Filli abitante presso\nal monte Rodope nella Tracia [Rhodopeia Phyllis<\/i> l'appella\nperci\u00f2 anche Ovidio [Epist. Heroid. 2.]] — che delusa fu da\nDemofoonte<\/i>, non essendo costui ritornato a Filli~, come aveva\npromesso [Vedi la precitata epistola d' Ovidio.~], mancanza per\ncui la innamorata femmina si di\u00e8 morte~, — Alcide<\/i>, cio\u00e8\nErcole~, cos\u00ec denomi nato perch\u00e8 alce<\/i> in Greco significa\ngagliard\u00eca<\/i>: o veramete fu nominato Alcide<\/i> da Alceo avolo\nmaterno. Landino. — Quando Iole nel core ec.<\/i>, quando fu\ninnamorato di Iole figlia d'Eruito Re d'Etolia~, a segno di\nfare~, per compiacerla~, delle pazzie.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Rhodopeia Phyllis<\/i> l'appella perciò anche Ovidio [Epist.  Heroid. 2.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1236672","LuogoFonte":"II 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Hospita, Demophoon, tua te Rhodopeia Phyllis","UrlFonte":"http:\/\/www.mqdq.it\/texts\/OV|epis|002","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"100-102","from":8729.0,"to":8731.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Eroidi"},
{"Annotazione":"quella buona compagna\nche, forte della propria innocenza, rende l'uom franco.  Orazio,\nEpist. I: «Hic murus aheneus esto, Nil conscire sibi.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"La buona compagnia<\/b> ec., quella buona compagna che, forte della propria innocenza, rende l'uom franco. Orazio, Epist. I: «Hic murus aheneus esto, Nil conscire sibi.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q6197","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1226213","LuogoFonte":"Epistulae I, 1, 60-61","NotaFonte":"","TestoFonte":"‘si recte facies.’ hic murus aeneus esto,
nil conscire sibi, nulla pallescere culpa.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3atext%3a2008.01.0539","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"116-117","from":27571.0,"to":27574.0,"NomeAutore":"Quinto Orazio Flacco","TitoloFonte":"Epistulae"}, {"Annotazione":"quella d'oro; e\nletteralmente per esser l'oro pi\u00f9 prezioso dell'argento; ed\nallegoricamente, perocch\u00e8 frutto della passione e morte del\nRedentore — ma l'altra<\/b>, la scienza nel sacerdote — troppa di\narte<\/b> per di arte troppa<\/i> — che 'l nodo disgroppa<\/i><\/b>, che la\ninviluppata conscienza del penitente schiarisce e riordina, e\nprescrive gli opportuni mezzi per ischivare il peccato\nnell'avvenire. Qui confiteri vult peccata<\/i><\/b> [parole di s.\nAgostino recate qu\u00ec dal Daniello] ut inveniat gratiam, quaerat\nsacerdotem scientiem ligare et solvere; ne cum negligens circa se\naxstiterit, negligatur ab illo, qui eum misericorditer monet, et\npetit; ne ambo in foveam cadant, quam stultus evitare noluit.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
che 'l nodo disgroppa<\/b>, che la inviluppata conscienza del penitente schiarisce e riordina, e prescrive gli opportuni mezzi per ischivare il peccato nell'avvenire.  Qui confiteri vult peccata<\/i> [parole di s. Agostino recate quì dal Daniello] ut inveniat gratiam, quaerat sacerdotem scientiem ligare et solvere; ne cum negligens circa se axstiterit, negligatur ab illo, qui eum misericorditer monet, et petit; ne ambo in foveam cadant, quam stultus evitare noluit. <\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7254397","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/de-vera-et-falsa-poenitentia","LuogoFonte":"X 25","NotaFonte":"Cfr. PL XL, col. 1122","TestoFonte":"Quare qui confiteri vult peccata, ut inveniat gratiam, quaerat sacerdotem scientem ligare et solvere: ne cum negligens circa se exstiterit, negligatur ab illo qui eum misericorditer monet et petit, ne ambo in foveam cadant, quam stultus evitare noluit.","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=7359&text=7359:10.1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"124-126","from":8959.0,"to":8964.0,"NomeAutore":"Pseudo-Agostino","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"quella gente Troiana, che\noccupata dal tedio del lungo viaggio, volle piuttosto senza\nalcuna gloria rimanere in Sicilia con Aceste, che seguire in\nItalia navigando il figliuol d'Anchise<\/b> Enea; come narra\nVirgilio nel V dell'Eneide.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"18","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
quella gente Troiana, che occupata dal tedio del lungo viaggio, volle piuttosto senza alcuna gloria rimanere in Sicilia con Aceste, che seguire in Italia navigando il figliuol d'Anchise<\/b> Enea; come narra Virgilio nel V dell'Eneide.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"V 750-751","NotaFonte":"","TestoFonte":"Transcribunt urbi matres, populumque volentem
deponunt, animos nil magnae laudis egentes.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:5.746-5.761","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"136-138","from":18421.0,"to":18424.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"quello\nvincendo Annibale, e sottomettendo all'Impero Romano l'Affrica,\nonde riport\u00f2 il glorioso titolo d'Affricano<\/i>, e questo varie\nvittorie anch'esso riportando — ed a quel colle<\/b> ec. e il\ntrionfar di Pompeo parve amaro a quel colle, Sotto il qual tu\nnascesti<\/b>, dispiacque a Fiesole posta su 'l colle sopra Firenze\ntua patria; imperocch\u00e8 fu Pompeo uno dei distruttori di Fiesole e\ndegli edificatori di Firenze [Vedi Gio. Villani Cronic.<\/i><\/b> lib. I\ncap. 36 e segg.]. Il Venturi intende, che il medesimo Imperial\nsegno parve<\/i><\/b> a Fiesole amaro<\/b>: ed altri capiscono parve amaro<\/b>\ncome assolutamente detto, in vece ebbe rammarico.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Pompeo uno dei distruttori di Fiesole e degli edificatori di Firenze [Vedi Gio. Villani Cronic.<\/i> lib. I cap. 36 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"I 36 - II 1","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, pp. 24-26.","TestoFonte":"Come la novella fu saputa a Roma, gli consoli e' sanatori e tutto il Comune dolutosi della disaventura avenuta al buono duca Fiorino, incontanente ordinaro che di ciò fosse vendetta, e che oste grandissima un'altra volta tornassero a distruggere la città di Fiesole, intra' quali furono eletti questi duchi: Rainaldo conte, Cecerone, Teberino, Macrino, Albino, Igneo Pompeo, Cesere, Camertino, Sezzio conte tudertino, cioè di Todi, il quale era con Iulio Cesere e di sua milizia [...]. Allora Macrino, Albino, Igneo Pompeo, Marzio apparecchiati di fornimenti e di maestri, vennero da Roma alla cittade che Cesere edificava, e inviandosi con Cesere si divisono l'edificare in questo modo: che Albino prese a smaltare tutta la cittade, che fue uno nobile lavoro e bellezza e nettezza della cittade, e ancora oggi del detto ismalto si truova cavando, massimamente nel sesto di San Piero Scheraggio, e in porte San Piero, e in porte del Duomo, ove mostra fosse l'antica città. Macrino fece fare il condotto dell'acqua in docce e in arcora, faccendola venire di lungi a la città per VII miglia, acciò che·lla città avesse abondanza di buona acqua da bere, e per lavare la cittade; e questo condotto si mosse infino dal fiume detto la Marina a piè di monte Morello, ricogliendo in se tutte quelle fontane sopra Sesto, e Quinto, e Colonnata. E in Firenze faceano capo le dette fontane a uno grande palagio che si chiamava termine, capud aque, ma poi in nostro volgare si chiamò Capaccia, e ancora oggi in Terma si vede dell'anticaglia. E nota che gli antichi per santade usavano di bere acque di fontane menate per condotti, perché erano più sottili e più sane che quelle de' pozzi, però che pochi, o quasi pochissimi, beveano vino, ma i più acqua di condotto, ma non di pozzo; e pochissime vigne erano allora. Igneo Pompeo fece fare le mura della cittade di mattoni cotti, e sopra i muri della città edificò torri ritonde molto spesse, per ispazio dall'una torre a l'altra di XX cubiti, sicché le torri erano di grande bellezza e fortezza.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"52-54","from":5313.0,"to":5331.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"quello altissimo\nche ricopriva la caverna di Caco, e che Ercole schiant\u00f2 e gett\u00f2\nnel sottoposto Tevere.  Vedi Virg. nel citato luogo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sasso di monte Aventino<\/strong> quello altissimo che ricopriva la caverna di Caco, e che Ercole schiantò e gettò nel sottoposto Tevere.  Vedi Virg. nel citato luogo. \r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VIII 230-234","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ter totum fervidus ira
lustrat Aventini montem, ter saxea temptat
limina nequiquam, ter fessus valle resedit.
Stabat acuta silex, praecisis undique saxis
speluncae dorso insurgens, altissima visu,","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+8.230&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"26","from":23803.0,"to":23810.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"questa massima Platonica —\nmale inteso<\/b>, intesa in diversa maniera da quella nella quale or\nha detto potersi intendere — torse gi\u00e0 tutto il mondo quasi<\/b>,\ndisviollo dal retto, all'Idolatria facendolo rivoltare<\/i>,\nv'aggiunge il Venturi, i vecchi comentatori seguendo che spiegano\nmosse da ci\u00f2 le genti ad adorare i pianeti come Dei. Ma ben\ndiverso essendo credere i pianeti sedi delle anime, e il crederli\nDei: ed essendosi in oltre adorati essi pianeti come Dei da quasi\ntutto il mondo prima di Platone, com'egli medesimo, tra gli\naltri, nel suo Cratilo ne fa fede, verr\u00e0 perci\u00f2 meglio lo\nspiegare, che dietro al mal inteso Platone si celebrassero i nomi\nde' pianeti come uniche sedi delle beate anime.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
questa massima Platonica<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q859","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q371884","LuogoFonte":"41d-42b","NotaFonte":"","TestoFonte":"τα\u1fe6τ\u1fbd ε\u1f36πε, κα\u1f76 π\u03acλιν \u1f10π\u1f76 τ\u1f78ν πρ\u03ccτερον κρατ\u1fc6ρα, \u1f10ν \u1fa7 τ\u1f74ν το\u1fe6 παντ\u1f78ς ψυχ\u1f74ν κερανν\u1f7aς \u1f14μισγεν, τ\u1f70 τ\u1ff6ν πρ\u03ccσθεν \u1f51π\u03ccλοιπα κατεχε\u1fd6το μ\u03afσγων τρ\u03ccπον μ\u03adν τινα τ\u1f78ν α\u1f50τ\u03ccν, \u1f00κ\u03aeρατα δ\u1f72 ο\u1f50κ\u03adτι κατ\u1f70 τα\u1f50τ\u1f70 \u1f61σα\u03cdτως, \u1f00λλ\u1f70 δε\u03cdτερα κα\u1f76 τρ\u03afτα. συστ\u03aeσας δ\u1f72 τ\u1f78 π\u1fb6ν διε\u1fd6λεν ψυχ\u1f70ς \u1f30σαρ\u03afθμους το\u1fd6ς \u1f04στροις, 
[41ε] \u1f14νειμ\u03adν θ\u1fbd \u1f11κ\u03acστην πρ\u1f78ς \u1f15καστον, κα\u1f76 \u1f10μβιβ\u03acσας \u1f61ς \u1f10ς \u1f44χημα τ\u1f74ν το\u1fe6 παντ\u1f78ς φ\u03cdσιν \u1f14δειξεν, ν\u03ccμους τε το\u1f7aς ε\u1f31μαρμ\u03adνους ε\u1f36πεν α\u1f50τα\u1fd6ς, \u1f45τι γ\u03adνεσις πρ\u03ceτη μ\u1f72ν \u1f14σοιτο τεταγμ\u03adνη μ\u03afα π\u1fb6σιν, \u1f35να μ\u03aeτις \u1f10λαττο\u1fd6το \u1f51π\u1fbd α\u1f50το\u1fe6, δ\u03adοι δ\u1f72 σπαρε\u03afσας α\u1f50τ\u1f70ς ε\u1f30ς τ\u1f70 προσ\u03aeκοντα \u1f11κ\u03acσταις \u1f15καστα \u1f44ργανα χρ\u03ccνων
[42α] φ\u1fe6ναι ζ\u1ff4ων τ\u1f78 θεοσεβ\u03adστατον, διπλ\u1fc6ς δ\u1f72 ο\u1f54σης τ\u1fc6ς \u1f00νθρωπ\u03afνης φ\u03cdσεως, τ\u1f78 κρε\u1fd6ττον τοιο\u1fe6τον ε\u1f34η γ\u03adνος \u1f43 κα\u1f76 \u1f14πειτα κεκλ\u03aeσοιτο \u1f00ν\u03aeρ. \u1f41π\u03ccτε δ\u1f74 σ\u03ceμασιν \u1f10μφυτευθε\u1fd6εν \u1f10ξ \u1f00ν\u03acγκης, κα\u1f76 τ\u1f78 μ\u1f72ν προσ\u03afοι, τ\u1f78 δ\u1fbd \u1f00π\u03afοι το\u1fe6 σ\u03ceματος α\u1f50τ\u1ff6ν, πρ\u1ff6τον μ\u1f72ν α\u1f34σθησιν \u1f00ναγκα\u1fd6ον ε\u1f34η μ\u03afαν π\u1fb6σιν \u1f10κ βια\u03afων παθημ\u03acτων σ\u03cdμφυτον γ\u03afγνεσθαι, δε\u03cdτερον δ\u1f72 \u1f21δον\u1fc7 κα\u1f76 λ\u03cdπ\u1fc3 μεμειγμ\u03adνον \u1f14ρωτα, πρ\u1f78ς δ\u1f72 το\u03cdτοις φ\u03ccβον κα\u1f76 θυμ\u1f78ν \u1f45σα
[42β] τε \u1f11π\u03ccμενα α\u1f50το\u1fd6ς κα\u1f76 \u1f41π\u03ccσα \u1f10ναντ\u03afως π\u03adφυκε διεστηκ\u03ccτα: \u1f67ν ε\u1f30 μ\u1f72ν κρατ\u03aeσοιεν, δ\u03afκ\u1fc3 βι\u03ceσοιντο, κρατηθ\u03adντες δ\u1f72 \u1f00δικ\u03af\u1fb3. κα\u1f76 \u1f41 μ\u1f72ν ε\u1f56 τ\u1f78ν προσ\u03aeκοντα χρ\u03ccνον βιο\u03cdς, π\u03acλιν ε\u1f30ς τ\u1f74ν το\u1fe6 συνν\u03ccμου πορευθε\u1f76ς ο\u1f34κησιν \u1f04στρου, β\u03afον ε\u1f50δα\u03afμονα κα\u1f76 συν\u03aeθη \u1f15ξοι, σφαλε\u1f76ς δ\u1f72 το\u03cdτων ε\u1f30ς γυναικ\u1f78ς φ\u03cdσιν \u1f10ν τ\u1fc7","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:greekLit:tlg0059.tlg031.perseus-grc1:41d","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"61-63","from":3358.0,"to":3360.0,"NomeAutore":"Platone","TitoloFonte":"Timeo"}, {"Annotazione":"questo guardare in alto<\/i>\n(che altrove Virgilio gliel dir\u00e0 come modo sicuro a sfuggire e a\nfar sacrificio delle cose caduche per le eterne, Purg.<\/i>, XIV, \n148-151; XIX, 62-63), significa, not\u00f2 il Gioberti, il primo\npensiero che l'animo stanco dell'errore e de' vizi fa di\nconvertirsi alla verit\u00e0 e alla virt\u00f9. L'analogia tra Dante e\nSant'Agostino, in molte parti della loro conversione \u00e8 chiara (e\nil nostro Autore con fine manifesto parla delle Confessioni<\/i> del\nSanto, Conv.<\/i>, I, 2). Quella di Dante ebbe principio dallo\nstudio della filosofia (Conv.<\/i>, II, 13), e quella dell'Ipponese\ndalla lettura dei libri di Cicerone sulla Sapienza (e si noti\nquanto Dante discorre del suo consolarsi per la morte di Beatrice\ncoi libri di Cicerone e di Boezio, nel test\u00e8 allegato luogo del\nConvito<\/i>). Ne' Salmi (CXX, 1-2): Levavi oculos meos in montes, \nunde veniet auxilium mihi. A uxilium meum a Domino<\/i> (cf. Par.<\/i><\/b>, \nXXV, 38). — Guardai.<\/b>.. e vidi<\/b>: cf. Vit. N.<\/i>, XXXVI;\nInf.<\/i>, III, 52, 59, 70-71: Purg.<\/i>, I, 22, posi mente, e vidi.<\/i> \nSi avverta che quest'atto di guardare in alto<\/i> presuppone\nl'altro che il Poeta sia andato prima a testa china, come suole\nchi l'ha carica di pensieri<\/i> affannosi e gravi (Purg.<\/i>, XIX, \n41); il nuovo atto manifesta che Dante o prese o stava per\nprendere una risoluzione per trarsi di quell'impaccio. —\nSpalle<\/i><\/b>: la parte d'un monte poco sotto al vertice (cf. Diz.\nDant.<\/i><\/b>, artic. Lacca, n. II: veggasi Inf.<\/i>, VII, 16).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
questo guardare in alto <\/i>(che altrove Virgilio gliel dirà come modo sicuro a sfuggire e a far sacrificio delle cose caduche per le eterne, Purg.<\/i>, XIV, 148-151; XIX, 62-63), significa, notò il Gioberti, il primo pensiero che l'animo stanco dell'errore e de' vizi fa di convertirsi alla verità e alla virtù.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XIV, 148-151","NotaFonte":"Pur nominato in nota, Gioberti non \u00e8 la fonte del riferimento, che costituisce un'aggiunta rispetto al commento del predecessore (\"La \u2018Divina Commedia\u2019 ridotta a miglior lezione dagli Accademici della Crusca con le chiose di Vincenzo Gioberti\", per cura di B. Fabricatore, Napoli, Morano, 1866).","TestoFonte":"Chiamavi 'l cielo e 'ntorno vi si gira,
mostrandovi le sue bellezze etterne,
e l'occhio vostro pur a terra mira;
onde vi batte chi tutto discerne\"","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=48","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16","from":114.0,"to":117.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"qui ha senso di numero grande, se\nl'avarizia<\/i> (che nel linguaggio di Dante vale cupidigia<\/i>, e\nperci\u00f2 comprende anche la prodigalit\u00e0) era una delle tre piaghe\ndi Firenze: anche nel linguaggio comune, per via di risposta\ndiamo ad alcuni<\/b> un tal significato. — Immondi<\/b>, macchiati, \ncolpevoli d'avarizia o di prodigalit\u00e0. — Mali<\/b>, colpe; mali<\/i><\/b>\nper colpe<\/i><\/b> anche in Virgilio (Aen.<\/i>, VI): opes irritamenta\nmalorum.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Mali<\/b>, colpe; mali <\/b>per colpe<\/i> anche in Virgilio (Aen.<\/i>, VI): opes irritamenta malorum.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"Metamorphoseon libri XIV, I 140","NotaFonte":"La scorretta attribuzione del passo all'\"Eneide\" di Virgilio \u00e8 dovuta a una cattiva lettura del commento di Tommaseo, in cui si trova: \"Mali: Per colpe \u00e8 in Virgilio (Aen. VI). Ov. Met. I: Opes irritamenta malorum\".","TestoFonte":"effodiuntur opes, inritamenta malorum","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D1%3Acard%3D89","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"49-51","from":6146.0,"to":6147.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
{"Annotazione":"quindi dimenando la cima come\nse questa fosse la lingua stessa dello spirito che parlasse.  Ed\n\u00e8 appunto la lingua che di dentro comunica alla fiamma quel moto\n(C. seg. 17-18).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Indi la cima<\/b> ec., quindi dimenando la cima come se questa fosse la lingua stessa dello spirito che parlasse. Ed è appunto la lingua che di dentro comunica alla fiamma quel moto (C. seg. 17-18).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVII, 17-18","NotaFonte":"","TestoFonte":"su per la punta, dandole quel guizzo
che dato avea la lingua in lor passaggio","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=27&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"88-89","from":25380.0,"to":25383.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"qu\u00ec pure, come Inf. XXV, 31 per bieche<\/i>,\nantitesi in grazia della rima, ed a senso di storte<\/i> ed\ninique.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Biece <\/strong>quì pure, come Inf. XXV, 31 per bieche<\/i>, antitesi in grazia della rima, ed a senso di storte<\/i> ed inique.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXV 31","NotaFonte":"","TestoFonte":"onde cessar le sue opere biece","UrlFonte":"    https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=25","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"136","from":5902.0,"to":5903.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"rammenta il virgiliano cavae\ncavernae<\/i>; perci\u00f2 non coltivata (Purg.<\/i>, XXX, 118): non da\nuomini, ma abitata da fiere selvagge; aspra<\/b>, intricata, non\nsegnata d'alcun sentiero<\/i><\/b> (Inf.<\/i>, XIII, 3); forte<\/i><\/b>, difficile\na percorrersi (cf. Conv.<\/i><\/b>, II, 12).  Livio (Dec.<\/i>, III, lib.<\/i>\nI, cap. 25): Ut ex saltu invio atque impedito evasere<\/i>; e il\nNardi tradusse: «Come uscirono de' luoghi aspri<\/i> e senza via.» \nNell'Inf.<\/i>, XIII, 7: sterpi aspri e folti<\/i>: nel Purg.<\/i><\/b>, II, \n66: «via aspra<\/b> e forte<\/b>> il viaggio per l'Inferno.  In Isaia\n(XL, 4): «erunt prava<\/i> in directa<\/i>, et aspera<\/i> in vias\nplanas.<\/i>>  E giova attendere a questo tratto dello stesso\nprofeta (II, 3): «Venite, et ascendamus ad montem Domini, et ad\ndomum Dei Jacob; et docebit nos vias suas, et ambulabimus in\nsemitis<\/i> ejus.»  Ci\u00f2 che fece deviare Dante dalla via dritta<\/i><\/b>\nfu l'abbandono della divina legge; solo col ritorno a questa\ntrover\u00e0 il mezzo per ascendere al Monte santo<\/i><\/b>, come vedremo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
rammenta il virgiliano cavae cavernae<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis II, 53","NotaFonte":"","TestoFonte":"insonuere cavae<\/strong> gemitumque dedere cavernae<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D2%3Acard%3D40","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"5","from":29.0,"to":31.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"regina d'Egitto, si diede prima a\nGiulio Cesare, poi ad Antonio; divenuta prigioniera di Ottaviano\nper evitare lo scorno del trionfo si uccise.  Cfr. Svet. Aug. 17.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
regina d'Egitto, si diede prima a Giulio Cesare, poi ad Antonio; divenuta prigioniera di Ottaviano per evitare lo scorno del trionfo si uccise. Cfr. Svet. Aug. 17.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q10133","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/vitae-caesarum","LuogoFonte":"Divus Augustus, 17","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cleopatrae, quam seruatam triumpho magno opere cupiebat, etiam psyllos admouit, qui uenenum ac uirus exugerent, quod perisse morsu aspidis putabatur.","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0061%3Alife%3Daug.%3Achapter%3D17","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"63","from":4428.0,"to":4429.0,"NomeAutore":"Gaio Svetonio Tranquillo","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"respirando: epper\u00f2, essendo ancor\nvivo.  Vedi nota 88 al C. XXII.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Spirando<\/b>, respirando: epperò, essendo ancor vivo. Vedi nota 88 al C. XXIII.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIII, 88","NotaFonte":"","TestoFonte":"Costui par vivo a l'atto de la gola","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=23","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"131","from":27684.0,"to":27685.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"ricoperta dal candido velo,\ndetto nel canto precedente v. 31 — ed oltre la riviera verde<\/b>,\ndi l\u00e0 della verde ripa del fiumicello.  Verde<\/b>, perch\u00e8 ricoperta\nd'erba; la qual erba ha detto nel XXVIII, 26 e 27 di questa\ncantica che il fiumicello con sue picciol onde piegava.<\/i>  Il\nsentimento \u00e8, che quantunque Dante non discernesse perfettamente\nBeatrice, e pe 'l velo che la ricopriva, e per la distanza in cui\nsi trovava, gli pareva nondimeno, che pi\u00f9 allora in bellezza\nsuperasse se stessa antica<\/i><\/b> [dal Latino ant\u00eccus<\/i><\/b>, anteriore],\nquando cio\u00e8 anteriormente tra i mortali viveva, che non superasse\nella, mentre viveva, l'altre viventi donne.  Il Daniello per\nBeatrice antica<\/b>, chiosa, quella Beatrice, ch'era stata\nanticamente, quando era in questa mortal vita.<\/i>  Essendo per\u00f2\nmorta Beatrice nel giugno del 1290 [Memorie per la vita di\nDante<\/i> {paragraph.} VII], cio\u00e8 soli dieci anni prima del 1300\n[anno di questo poetico viaggio], come accenna Dante stesso nel\nv. 2 del canto seguente, non pare che potesse un tale intervallo\nbastare per giudiziosamente riporsi la vita di Beatrice tra le\nantiche cose.  Assai per\u00f2 peggio del Daniello chiosano il Landino\ne 'l Vellutello, che antica<\/i><\/b> s'intenda detta Beatrice in quella\nseconda et\u00e0<\/i><\/b>, e mentr'era di l\u00e0 in spirito.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
ricoperta dal candido velo, detto nel canto precedente v. 31<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXX 31","NotaFonte":"","TestoFonte":"sovra candido vel cinta d'uliva","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=64&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"82-84","from":31473.0,"to":31496.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"ricordandosi di que' guai,\npe' quali fu di donna trasformata in uccello.  Progne la\nconvertita in rondine credesi dalla pi\u00f9 comune: Dante per\u00f2\nmostrasi del sentimento di que' pochi che dicono in vece Filomela\n[Vedi il canto XVII di questa cantica v. 19 e quella nota].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Progne la convertita in rondine credesi dalla più comune: Dante però mostrasi del sentimento di que' pochi che dicono in vece Filomela [Vedi il canto XVII di questa cantica v. 19 e quella nota].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XVII 19-20","NotaFonte":"","TestoFonte":"De l'empiezza di lei che mutò forma
ne l'uccel ch'a cantar più si diletta,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=51&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"15","from":8167.0,"to":8170.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"riguardate alla immensa ed\ninfinita affezione, ch'egli ha d'intendere pi\u00f9 addentro del\nvostro esser beato; roratelo alquanto<\/b>, inaffiatelo, bagnatelo\nun poco, cio\u00e8 illuminate alquanto l'intelletto suo, con l'acqua\ndelle vostre sante parole, e compartite alquanto della vostra\ngrazia con lui, il che potete voi leggiermente fare, bevendo\nsempre del fonte, ove questa divina grazia risurge, onde<\/b>, dal\nqual fonte, ci\u00f2 che esso pensa<\/b>, quello, onde egli ha cotanta\nsete di sapere e conoscere, viene e deriva. Daniello. O\nsodalizio ponete, rorate<\/i> ec. sintesi, come quel Virgiliano pars\ngladios stringunt<\/i> [Aeneid.<\/i> XII, 278].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
O sodalizio ponete, rorate<\/i> ec. sintesi, come quel Virgiliano pars gladios stringunt<\/i> [Aeneid.<\/i> XII, 278].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"XII 278","NotaFonte":"","TestoFonte":"pars, gladios stringunt manibus, pars missile ferrum","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:12.257-12.286","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-9","from":23334.0,"to":23354.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"ripa dirotta.  Della voce\nroccia<\/b> vedi Inf. VII, 6.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Della voce roccia<\/b> vedi Inf. VII, 6.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"non ci torrà lo scender questa roccia\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=7&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"8","from":10486.0,"to":10488.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"risonava~, udivasi cantare~,\nOsanna<\/i>, voce Ebrea~, che~, com' \u00e8 detto al primo verso del\ncanto precedente~, dee valer quanto l'Italiano viva.<\/i> — s\u00ec<\/i>,\ncos\u00ec [intendi] dolcemente.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Osanna<\/i>, voce Ebrea, che, com' è detto al primo verso del canto precedente, dee valer quanto l'Italiano viva.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. VII 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Osanna, sanctus Deus sabaòth,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=74&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"29","from":7156.0,"to":7158.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"rispose: Quand'io precipitai\nquaggi\u00f9, li trovai appunto ove sono, n\u00e8 mai d'allora si mutaron\ndi qui.  — Dierno<\/b>, diedero.  — Greppo<\/b>, balzo. C. XXIX, 94:\n«Discendo... gi\u00f9 di balzo in balzo.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
 Greppo<\/b>, balzo. C. XXIX, 94: «Discendo... giù di balzo in balzo.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIX, 94-95","NotaFonte":"","TestoFonte":"E 'l duca disse: “I' son un che discendo
con questo vivo giù di balzo in balzo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=29","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-95","from":29452.0,"to":29455.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"ritirati al tuo posto. —\nUccello.<\/b> Perch\u00e8 alato, come tutti gli altri demonii (C.\nXXI, 33).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Uccello.<\/b>  Perchè alato, come tutti gli altri demonii (C. XXI, 33).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI, 33","NotaFonte":"","TestoFonte":"con l'ali aperte e sovra i piè leggero!","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":21015.0,"to":21021.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"rossa infocata; la stessa che nel X\ncanto v. 22 appella citt\u00e0 del fuoco<\/i>, e nell'VIII canto v. 68\ncitt\u00e0, ch'ha nome Dite<\/i>; ed in cui trovansi attualmente i due\npoeti.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"11","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
rossa infocata; la stessa che nel X canto v. 22 appella città del fuoco<\/i>, e nell'VIII canto v. 68 città, ch'ha nome Dite<\/i>; ed in cui trovansi attualmente i due poeti.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. X 22","NotaFonte":"","TestoFonte":"Città del foco","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=10&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"73","from":10126.0,"to":10128.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"s. Iacopo apostolo, per\ncui divozione si visita dai pellegrini il di lui sepolcro in\nCompostella nella Galizia, provincia della Spagna.  — Galizia<\/b>\ncon una l scrive pur Gio. Villani [Cron.<\/i> lib. I cap. I].  Del\ntitolo poi di barone<\/i><\/b> dato ai santi, vedi l'avvertimento nel\nprecedente canto v. 115.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Galizia <\/b>con una l scrive pur Gio. Villani [Cron.<\/i> lib. I cap. I]. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"I 5","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 4.","TestoFonte":"circundando la Spagna, Castello, Portogallo e Galizia <\/strong>verso tramontana","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"17-18","from":24489.0,"to":24493.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"s. Pier Celestino — non ebbe\ncare<\/b>, perciocch\u00e8 rinunziolle [Vedi ci\u00f2 ch'\u00e8 detto canto III,\n59].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Antecessor <\/strong>s. Pier Celestino — non ebbe care<\/b>, perciocchè rinunziolle [Vedi ciò ch'è detto canto III, 59].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III 59-60","NotaFonte":"","TestoFonte":"vidi e conobbi l'ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":26522.0,"to":26524.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"salita, o erta del monte, cio\u00e8 la\nvia che conduce alla vita virtuosa. Questa piaggia \u00e8 diserta<\/b>,\ndacch\u00e8 tutti son diviati, tutti quanti son divenuti da nulla;\nnon vi \u00e8 alcuno che faccia bene, neppur uno.<\/i> Rom. III, 12.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Questa piaggia è diserta<\/b>, dacchè tutti son diviati, tutti quanti son divenuti da nulla;\r\nnon vi è alcuno che faccia bene, neppur uno.<\/i>  Rom. III, 12.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q48203","LuogoFonte":"3, 12","NotaFonte":"","TestoFonte":"Omnes declinaverunt, simul inutiles facti sunt; non est qui faciat bonum, non est usque ad unum.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-romanos_lt.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"29","from":215.0,"to":217.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera ai Romani"},
{"Annotazione":"salvoch\u00e8 il sasso \u00e8 rotto\nsopra questo vallone degl'ipocriti, e per conseguenza non lo\naccavalcia, non gli fa da ponte.  Del tempo e della cagione di\ntal rottura, si \u00e8 detto nella nota 112 al c. XXI.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Salvo ch'a questo<\/strong> ec., salvochè il sasso è rotto sopra questo vallone degl'ipocriti, e per conseguenza non lo accavalcia, non gli fa da ponte. Del tempo e della cagione di tal rottura, si è detto nella nota 112 al c. XXI.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI, 112-114","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ier, più oltre cinqu'ore che quest'otta,
mille dugento con sessanta sei
anni compié che qui la via fu rotta.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"136","from":22407.0,"to":22416.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"scendemmo pi\u00f9 a dentro —\ndiversa<\/b>, qu\u00ec pure, come Inf. VI, 13 per orrida.<\/i> Il\nVellutello spiega diversa<\/i><\/b> per altra da quella che facevan\nl'onde dell'acqua, avvegnach\u00e8 andassero in compagnia di quelle.<\/i><\/b>\nMa viene con questa spiegazione a freddamente supporre, che senza\ntale aggiunto temesse Dante d'essere inteso, ch'egli, e Virgilio\ncalassero, non in compagnia dell'onde<\/i> {v.104}, ma dentro delle\nonde medesime, senza cavarsi prima scarpe e calzette.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
diversa<\/b>, quì pure, come Inf. VI, 13 per orrida.<\/i>  Il Vellutello spiega diversa<\/b> per altra da quella che facevan l'onde dell'acqua, avvegnachè andassero in compagnia di quelle. <\/i>Ma viene con questa spiegazione a freddamente supporre, che senza tale aggiunto temesse Dante d'essere inteso, ch'egli, e Virgilio calassero, non in compagnia dell'onde<\/i> {v.104}, ma dentro delle onde medesime, senza cavarsi prima scarpe e calzette.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VI 13","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cerbero, fiera crudele e diversa","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=6&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"105","from":6532.0,"to":6538.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"scendendo\ncolaggi\u00f9 a muovere in aiuto mio Virgilio.  Vedi 'l canto II del\nInf.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
scendendo colaggiù a muovere in aiuto mio Virgilio.  Vedi 'l canto II del Inf.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II 51-120","NotaFonte":"","TestoFonte":"Io era tra color che son sospesi,
e donna mi chiamò beata e bella,
tal che di comandare io la richiesi.
Lucevan li occhi suoi più che la stella;
e cominciommi a dir soave e piana,
con angelica voce, in sua favella:
\"O anima cortese mantoana,
di cui la fama ancor nel mondo dura,
e durerà quanto 'l mondo lontana,
l'amico mio, e non de la ventura,
ne la diserta piaggia è impedito
sì nel cammin, che vòlt'è per paura;
e temo che non sia già sì smarrito,
ch'io mi sia tardi al soccorso levata,
per quel ch'i' ho di lui nel cielo udito.
Or movi, e con la tua parola ornata
e con ciò c'ha mestieri al suo campare,
l'aiuta sì ch'i' ne sia consolata.
I' son Beatrice che ti faccio andare;
vegno del loco ove tornar disio;
amor mi mosse, che mi fa parlare.
Quando sarò dinanzi al segnor mio,
di te mi loderò sovente a lui\".
Tacette allora, e poi comincia' io:
\"O donna di virtù, sola per cui
l'umana spezie eccede ogne contento
di quel ciel c'ha minor li cerchi sui,
tanto m'aggrada il tuo comandamento,
che l'ubidir, se già fosse, m'è tardi;
più non t'è uo' ch'aprirmi il tuo talento.
Ma dimmi la cagion che non ti guardi
de lo scender qua giuso in questo centro
de l'ampio loco ove tornar tu ardi\".
\"Da che tu vuo' saver cotanto a dentro,
dirotti brievemente\", mi rispuose,
\"perch'i' non temo di venir qua entro.
Temer si dee di sole quelle cose
c'hanno potenza di fare altrui male;
de l'altre no, ché non son paurose.
I' son fatta da Dio, sua mercé, tale,
che la vostra miseria non mi tange,
né fiamma d'esto 'ncendio non m'assale.
Donna è gentil nel ciel che si compiange
di questo 'mpedimento ov'io ti mando,
sì che duro giudicio là sù frange.
Questa chiese Lucia in suo dimando
e disse: - Or ha bisogno il tuo fedele
di te, e io a te lo raccomando -.
Lucia, nimica di ciascun crudele,
si mosse, e venne al loco dov'i' era,
che mi sedea con l'antica Rachele.
Disse: - Beatrice, loda di Dio vera,
ché non soccorri quei che t'amò tanto,
ch'uscì per te de la volgare schiera?
Non odi tu la pieta del suo pianto,
non vedi tu la morte che 'l combatte
su la fiumana ove 'l mar non ha vanto? -
Al mondo non fur mai persone ratte
a far lor pro o a fuggir lor danno,
com'io, dopo cotai parole fatte,
venni qua giù del mio beato scanno,
fidandomi del tuo parlare onesto,
ch'onora te e quei ch'udito l'hanno\".
Poscia che m'ebbe ragionato questo,
li occhi lucenti lagrimando volse,
per che mi fece del venir più presto.
E venni a te così com'ella volse:
d'inanzi a quella fiera ti levai
che del bel monte il corto andar ti tolse.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=2&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"81","from":30924.0,"to":30930.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"scendendo cio\u00e8\ndalla creduta sfera del fuoco [Vedi la nota al canto XXXII del\nPurg. v. 109], luogo proprio del fuoco e del fulmine.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
scendendo cioè dalla creduta sfera del fuoco [Vedi la nota al canto XXXII del Purg. v. 109], luogo proprio del fuoco e del fulmine.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXII 109-111","NotaFonte":"","TestoFonte":"Non scese mai con sì veloce moto
foco di spessa nube, quando piove
da quel confine che più va remoto,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=66&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"92","from":635.0,"to":640.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"schermirsi gittando le mani di qua e\ndi l\u00e0 (c. XIV, 40-42; XVII, 47-51): significato comune agli\nantichi. Oggi a Firenze si dice per arrabattarsi, affannarsi. \n— Il feggia<\/b>, lo ferisca; dall'antiq. feggere.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"arrostarsi<\/strong>, schermirsi gittando le mani di qua e di là (c. XIV, 40-42; XVII, 47-51): significato comune agli antichi.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XV, 40-42","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sanza riposo mai era la tresca
de le misere mani, or quindi or quinci
escotendo da sé l'arsura fresca.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=15","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"39","from":13847.0,"to":13848.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"scherzo di parole simile a quell'altro, Io credo ch'ei credette\nch'io credesse<\/i> [Inf. XIII, 25], del quale vedi ivi la critica, e\nl'apologia. Ten priego<\/b> la Nidob. pi\u00f9 coerentemente dell'altre\nedizioni che qu\u00ec scrivono prego<\/i><\/b>, ed in seguito ripriego che 'l\npriego<\/i><\/b> — che 'l priego<\/b>, che la preghiera, vaglia mille<\/b>,\nvaglia quanto pu\u00f2 valere, abbia tutta la forza d'impetrare.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
scherzo di parole simile a quell'altro, Io credo ch'ei credette ch'io credesse<\/i> [Inf. XIII, 25], del quale vedi ivi la critica, e l'apologia.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIII 25","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cred'ïo ch'ei credette ch'io credesse","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=13","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"65-66","from":25212.0,"to":25219.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"sciaurata e che per\u00f2 meglio sarebbe stato\nper lei il non nascere.  Venturi.  Cos\u00ec di fatto disse Ges\u00f9\nCristo del suo traditore, bonum erat ei, si natus non fuisset<\/i>\n[Matt.<\/i> 26 v. 26].  Potrebbe per\u00f2 anche cotal aggettivo avere\nil pi\u00f9 comun senso d'ignobile<\/i> e di vile<\/i>, sfornita d'ogni\nvirt\u00f9.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
sciaurata e che però meglio sarebbe stato per lei il non nascere.  Venturi.  Così di fatto disse Gesù Cristo del suo traditore, bonum erat ei, si natus non fuisset <\/i>[Matt.<\/i> 26 v. 26].  Potrebbe però anche cotal aggettivo avere il più comun senso d'ignobile<\/i> e di vile<\/i>, sfornita d'ogni virtù.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XXVI 24","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Matteo XXVI 24, non 26.","TestoFonte":"Bonum erat ei, si natus non fuisset homo ille.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#26","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"7","from":4047.0,"to":4049.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"sconcio.  AEn., VI: «Truncas\ninhonesto vulnere nares.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"13","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"disonesto<\/strong>, sconcio. Aen., VI: «Truncas inhonesto vulnere nares.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis VI, 497","NotaFonte":"","TestoFonte":"auribus, et truncas inhonesto volnere nares","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D6%3Acard%3D494","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"140","from":12463.0,"to":12464.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"scongiurato.  — Eriton.<\/b>  Di\nEritone, famosa maga di Tessaglia, narra Lucano (Phars., VI)\nessersi valuto Sesto Pompeo per intendere il fine delle guerre\ntra suo padre e Cesare.  — Cruda.<\/b>  «Viveva in caverne; usava\ntra le sepolture.  Lucano la chiama fera<\/i>, effera<\/i>, tristis<\/i>>\nTommas\u00e8o.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Eritone, famosa maga di Tessaglia, narra Lucano (Phars., VI) essersi valuto Sesto Pompeo per intendere il fine delle guerre tra suo padre e Cesare.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"Pharsalia VI, 507-830","NotaFonte":"","TestoFonte":"hos scelerum ritus, haec dirae crimina gentis
effera damnarat nimiae pietatis Erictho
inque nouos ritus pollutam duxerat artem.
illi namque nefas urbis summittere tecto                 
aut laribus ferale caput, desertaque busta
incolit et tumulos expulsis obtinet umbris
grata deis Erebi. coetus audire silentum,
nosse domos Stygias arcanaque Ditis operti
non superi, non uita uetat. tenet ora profanae                 
foeda situ macies, caeloque ignota sereno
terribilis Stygio facies pallore grauatur
inpexis onerata comis: si nimbus et atrae
sidera subducunt nubes, tunc Thessala nudis
egreditur bustis nocturnaque fulmina captat.                 
semina fecundae segetis calcata perussit
et non letiferas spirando perdidit auras.
nec superos orat nec cantu supplice numen
auxiliare uocat nec fibras illa litantis
nouit: funereas aris inponere flammas                 
gaudet et accenso rapuit quae tura sepulchro.
omne nefas superi prima iam uoce precantis
concedunt carmenque timent audire secundum.
uiuentis animas et adhuc sua membra regentis
infodit busto, fatis debentibus annos                 
mors inuita subit; peruersa funera pompa
rettulit a tumulis, fugere cadauera letum.
fumantis iuuenum cineres ardentiaque ossa
e mediis rapit illa rogis ipsamque parentes
quam tenuere facem, nigroque uolantia fumo                 
feralis fragmenta tori uestesque fluentis
colligit in cineres et olentis membra fauillas.
ast, ubi seruantur saxis, quibus intimus umor
ducitur, et tracta durescunt tabe medullae
corpora, tunc omnis auide desaeuit in artus                  
inmergitque manus oculis gaudetque gelatos
effodisse orbes et siccae pallida rodit
excrementa manus. laqueum nodosque nocentis
ore suo rupit, pendentia corpora carpsit
abrasitque cruces percussaque uiscera nimbis                 
uolsit et incoctas admisso sole medullas.
insertum manibus chalybem nigramque per artus
stintis tabi saniem uirusque coactum
sustulit et neruo morsus retinente pependit.
et, quodcumque iacet nuda tellure cadauer,                 
ante feras uolucresque sedet; nec carpere membra
uolt ferro manibusque suis, morsusque luporum
expectat siccis raptura e faucibus artus.
nec cessant a caede manus, si sanguine uiuo
est opus, erumpat iugulo qui primus aperto,                 
[nec refugit caedes, uiuum si sacra cruorem]
extaque funereae poscunt trepidantia mensae.
uolnere sic uentris, non qua natura uocabat,
extrahitur partus calidis ponendus in aris;
et quotiens saeuis opus est ac fortibus umbris             
ipsa facit manes. hominum mors omnis in usu est.
illa genae florem primaeuo corpore uolsit,
illa comam laeua morienti abscidit ephebo.
saepe etiam caris cognato in funere dira
Thessalis incubuit membris atque oscula figens          
truncauitque caput conpressaque dentibus ora
laxauit siccoque haerentem gutture linguam
praemordens gelidis infudit murmura labris
arcanumque nefas Stygias mandauit ad umbras.
     hanc ut fama loci Pompeio prodidit, alta                 
nocte poli, Titan medium quo tempore ducit
sub nostra tellure diem, deserta per arua
carpit iter. fidi scelerum suetique ministri
effractos circum tumulos ac busta uagati
conspexere procul praerupta in caute sedentem,      
qua iuga deuexus Pharsalica porrigit Haemus.
illa magis magicisque deis incognita uerba
temptabat carmenque nouos fingebat in usus.
namque timens, ne Mars alium uagus iret in orbem
Emathis et tellus tam multa caede careret,                 
pollutos cantu dirisque uenefica sucis
conspersos uetuit transmittere bella Philippos,
tot mortes habitura suas usuraque mundi
sanguine: caesorum truncare cadauera regum
sperat et Hesperiae cineres auertere gentis                 
ossaque nobilium tantosque adquirere manes.
hic ardor solusque labor, quid corpore Magni
proiecto rapiat, quos Caesaris inuolet artus.
quam prior adfatur Pompei ignaua propago.
'o decus Haemonidum, populis quae pandere fata                 
quaeque suo uentura potes deuertere cursu,
te precor ut certum liceat mihi noscere finem
quem belli fortuna paret. non ultima turbae
pars ego Romanae, Magni clarissima proles,
uel dominus rerum uel tanti funeris heres.                 
mens dubiis perculsa pauet rursusque parata est
certos ferre metus: hoc casibus eripe iuris,
ne subiti caecique ruant. uel numina torque
uel tu parce deis et manibus exprime uerum.
Elysias resera sedes ipsamque uocatam,                 
quos petat e nobis, Mortem mihi coge fateri.
non humilis labor est: dignum, quod quaerere cures
uel tibi, quo tanti praeponderet alea fati.'
inpia laetatur uulgato nomine famae
Thessalis, et contra 'si fata minora moueres,                 
pronum erat, o iuuenis, quos uelles' inquit 'in actus
inuitos praebere deos. conceditur arti,
unam cum radiis presserunt sidera mortem,
inseruisse moras; et, quamuis fecerit omnis
stella senem, medios herbis abrumpimus annos.        
at, simul a prima descendit origine mundi
causarum series, atque omnia fata laborant
si quicquam mutare uelis, unoque sub ictu
stat genus humanum, tum, Thessala turba fatemur,
plus Fortuna potest. sed, si praenoscere casus            
contentus, facilesque aditus multique patebunt
ad uerum: tellus nobis aetherque chaosque
aequoraque et campi Rhodopaeaque saxa loquentur.
sed pronum, cum tanta nouae sit copia mortis,
Emathiis unum campis attollere corpus,                 
ut modo defuncti tepidique cadaueris ora
plena uoce sonent, nec membris sole perustis
auribus incertum feralis strideat umbra.'
     dixerat, et noctis geminatis arte tenebris
maestum tecta caput squalenti nube pererrat      
corpora caesorum tumulis proiecta negatis.
continuo fugere lupi, fugere reuolsis
unguibus inpastae uolucres, dum Thessala uatem
eligit et gelidas leto scrutata medullas
pulmonis rigidi stantis sine uolnere fibras               
inuenit et uocem defuncto in corpore quaerit.
fata peremptorum pendent iam multa uirorum,
quem superis reuocasse uelit. si tollere totas
temptasset campis acies et reddere bello,
cessissent leges Erebi, monstroque potenti           
extractus Stygio populus pugnasset Auerno.
electum tandem traiecto gutture corpus
ducit, et inserto laqueis feralibus unco
per scopulos miserum trahitur per saxa cadauer
uicturum, montisque caui, quem tristis Erictho                 
damnarat sacris, alta sub rupe locatur.
     haud procul a Ditis caecis depressa cauernis
in praeceps subsedit humus, quam pallida pronis
urguet silua comis et nullo uertice caelum
suspiciens Phoebo non peruia taxus opacat.                 
marcentes intus tenebrae pallensque sub antris
longa nocte situs numquam nisi carmine factum
lumen habet. non Taenariis sic faucibus aer
sedit iners, maestum mundi confine latentis
ac nostri, quo non metuant admittere manes                 
Tartarei reges. nam, quamuis Thessala uates
uim faciat fatis, dubium est, quod traxerit illuc
aspiciat Stygias an quod descenderit umbras.
discolor et uario furialis cultus amictu
induitur, uoltusque aperitur crine remoto,                 
et coma uipereis substringitur horrida sertis.
ut pauidos iuuenis comites ipsumque trementem
conspicit exanimi defixum lumina uoltu,
'ponite' ait 'trepida conceptos mente timores:
iam noua, iam uera reddetur uita figura,                 
ut quamuis pauidi possint audire loquentem.
si uero Stygiosque lacus ripamque sonantem
ignibus ostendam, si me praebente uideri
Eumenides possint uillosaque colla colubris
Cerberus excutiens et uincti terga gigantes,                 
quis timor, ignaui, metuentis cernere manes?'
pectora tum primum feruenti sanguine supplet
uolneribus laxata nouis taboque medullas
abluit et uirus large lunare ministrat.
huc quidquid fetu genuit natura sinistro                 
miscetur: non spuma canum quibus unda timori est,
uiscera non lyncis, non durae nodus hyaenae
defuit et cerui pastae serpente medullae,
non puppem retinens Euro tendente rudentis
in mediis echenais aquis oculique draconum                 
quaeque sonant feta tepefacta sub alite saxa,
non Arabum uolucer serpens innataque rubris
aequoribus custos pretiosae uipera conchae
aut uiuentis adhuc Libyci membrana cerastae
aut cinis Eoa positi phoenicis in ara.                 
quo postquam uiles et habentis nomina pestis
contulit, infando saturatas carmine frondis
et, quibus os dirum nascentibus inspuit, herbas
addidit et quidquid mundo dedit ipsa ueneni.
tum uox Lethaeos cunctis pollentior herbis                 
excantare deos confundit murmura primum
dissona et humanae multum discordia linguae.
latratus habet illa canum gemitusque luporum,
quod trepidus bubo, quod strix nocturna queruntur,
quod strident ululantque ferae, quod sibilat anguis;                
exprimit et planctus inlisae cautibus undae
siluarumque sonum fractaeque tonitrua nubis:
tot rerum uox una fuit. mox cetera cantu
explicat Haemonio penetratque in Tartara lingua.
'Eumenides Stygiumque nefas Poenaeque nocentum                 
et Chaos innumeros auidum confundere mundos
et rector terrae, quem longa in saecula torquet
mors dilata deum; Styx et quos nulla meretur
Thessalis Elysios; caelum matremque perosa
Persephone, nostraeque Hecates pars ultima, per quam                 
manibus et mihi sunt tacitae commercia linguae,
ianitor et sedis laxae, qui uiscera saeuo
spargis nostra cani, repetitaque fila sorores
tracturae, tuque o flagrantis portitor undae,
iam lassate senex ad me redeuntibus umbris,                 
exaudite preces. si uos satis ore nefando
pollutoque uoco, si numquam haec carmina fibris
humanis ieiuna cano, si pectora plena
saepe deo laui calido prosecta cerebro,
si quisquis uestris caput extaque lancibus infans                 
inposuit uicturus erat, parete precanti.
non in Tartareo latitantem poscimus antro
adsuetamque diu tenebris, modo luce fugata
descendentem animam; primo pallentis hiatu
haeret adhuc Orci, licet has exaudiat herbas,                 
ad manes uentura semel. ducis omnia nato
Pompeiana canat nostri modo militis umbra,
si bene de uobis ciuilia bella merentur.'
haec ubi fata caput spumantiaque ora leuauit,
aspicit astantem proiecti corporis umbram,                 
exanimis artus inuisaque claustra timentem
carceris antiqui. pauet ire in pectus apertum
uisceraque et ruptas letali uolnere fibras.
a miser, extremum cui mortis munus inique
eripitur, non posse mori. miratur Erictho                  
has fatis licuisse moras, irataque morti
uerberat inmotum uiuo serpente cadauer,
perque cauas terrae, quas egit carmine, rimas
manibus inlatrat regnique silentia rumpit.
'Tisiphone uocisque meae secura Megaera,                 
non agitis saeuis Erebi per inane flagellis
infelicem animam? iam uos ego nomine uero
eliciam Stygiasque canes in luce superna
destituam; per busta sequar per funera custos,
expellam tumulis, abigam uos omnibus urnis.                 
teque deis, ad quos alio procedere uoltu
ficta soles, Hecate pallenti tabida forma,
ostendam faciemque Erebi mutare uetabo.
eloquar inmenso terrae sub pondere quae te
contineant, Hennaea, dapes, quo foedere maestum                 
regem noctis ames, quae te contagia passam
noluerit reuocare Ceres. tibi, pessime mundi
arbiter, inmittam ruptis Titana cauernis,
et subito feriere die. paretis, an ille
conpellandus erit, quo numquam terra uocato                 
non concussa tremit, qui Gorgona cernit apertam
uerberibusque suis trepidam castigat Erinyn,
indespecta tenet uobis qui Tartara, cuius
uos estis superi, Stygias qui perierat undas?'
protinus astrictus caluit cruor atraque fouit                 
uolnera et in uenas extremaque membra cucurrit.
percussae gelido trepidant sub pectore fibrae,
et noua desuetis subrepens uita medullis
miscetur morti. tunc omnis palpitat artus,
tenduntur nerui; nec se tellure cadauer                 
paulatim per membra leuat, terraque repulsum est
erectumque semel. distento lumina rictu
nudantur. nondum facies uiuentis in illo,
iam morientis erat: remanet pallorque rigorque,
et stupet inlatus mundo. set murmure nullo                 
ora astricta sonant: uox illi linguaque tantum
responsura datur. 'dic' inquit Thessala 'magna,
quod iubeo, mercede mihi; nam uera locutum
inmunem toto mundi praestabimus aeuo
artibus Haemoniis: tali tua membra sepulchro,                 
talibus exuram Stygio cum carmine siluis,
ut nullos cantata magos exaudiat umbra.
sit tanti uixisse iterum: nec uerba nec herbae
audebunt longae somnum tibi soluere Lethes
a me morte data. tripodas uatesque deorum                 
sors obscura decet: certus discedat, ab umbris
quisquis uera petit duraeque oracula mortis
fortis adit. ne parce, precor: da nomina rebus,
da loca; da uocem qua mecum fata loquantur.'
addidit et carmen, quo, quidquid consulit, umbram                 
scire dedit. maestum fletu manante cadauer
'tristia non equidem Parcarum stamina' dixit
'aspexi tacitae reuocatus ab aggere ripae;
quod tamen e cunctis mihi noscere contigit umbris
effera Romanos agitat discordia manes                 
inpiaque infernam ruperunt arma quietem;
Elysias Latii sedes ac Tartara maesta
diuersi liquere duces. quid fata pararent
hi fecere palam. tristis felicibus umbris
uoltus erat: uidi Decios natumque patremque,                 
lustrales bellis animas, flentemque Camillum
et Curios, Sullam de te, Fortuna, querentem;
deplorat Libycis perituram Scipio terris
infaustam subolem; maior Carthaginis hostis
non seruituri maeret Cato fata nepotis:                 
solum te, consul depulsis prime tyrannis
Brute, pias inter gaudentem uidimus umbras.
abruptis Catilina minax fractisque catenis
exultat Mariique truces nudique Cethegi;
uidi ego laetantis, popularia nomina, Drusos                 
legibus inmodicos ausosque ingentia Gracchos;
aeternis chalybis nodis et carcere Ditis
constrictae plausere manus, camposque piorum
poscit turba nocens. regni possessor inertis
pallentis aperit sedes, abruptaque saxa                 
asperat et durum uinclis adamanta, paratque
poenam uictori. refer haec solacia tecum,
o iuuenis, placido manes patremque domumque
expectare sinu regnique in parte serena
Pompeis seruare locum. nec gloria paruae                 
sollicitet uitae: ueniet quae misceat omnis
hora duces. properate mori, magnoque superbi
quamuis e paruis animo descendite bustis
et Romanorum manes calcate deorum.
quem tumulum Nili, quem Thybridis adluat unda                 
quaeritur, et ducibus tantum de funere pugna est.
tu fatum ne quaere tuum: cognoscere Parcae
me reticente dabunt; tibi certior omnia uates
ipse canet Siculis genitor Pompeius in aruis,
ille quoque incertus quo te uocet, unde repellat,                 
quas iubeat uitare plagas, quae sidera mundi.
Europam, miseri, Libyamque Asiamque timete:
distribuit tumulos uestris fortuna triumphis.
o miseranda domus, toto nil orbe uidebis
tutius Emathia.' sic postquam fata peregit,                 
stat uoltu maestus tacito mortemque reposcit.
carminibus magicis opus est herbisque, cadauer
ut cadat, et nequeunt animam sibi reddere fata
consumpto iam iure semel. tunc robore multo
extruit illa rogum; uenit defunctus ad ignes.                 
accensa iuuenem positum strue liquit Erictho
tandem passa mori, Sextoque ad castra parentis
it comes; et caelo lucis ducente colorem,
dum ferrent tutos intra tentoria gressus,
iussa tenere diem densas nox praestitit umbras.                ","UrlFonte":"http:\/\/www.thelatinlibrary.com\/lucan\/lucan6.shtml","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"23","from":7833.0,"to":7834.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, {"Annotazione":"scongiurato. — Eriton<\/b>: Eritone,\nfamosa maga di Tessaglia, la quale secondo narra Lucano, Phars.<\/i>\nVI, 508, fece rivivere un morto onde predire a Sesto Pompeo il\nfine della battaglia di Farsalo. Ci\u00f2 avvenne 30 anni avanti la\nmorte di Virgilio. S'intende che Virgilio non parla qu\u00ec di\nquesto fatto ma di un'altro avvenimento successo poco dopo la sua\nmorte. La maga poteva naturalmente sopravviverlo e qui almeno\nsi finge che lo sopravvivesse davvero. — Cruda<\/i><\/b>: «Viveva in\ncaverne, usava tra le sepolture. Lucano la chiama fera<\/i><\/b>,\neffera<\/i>, tristis.<\/i>> Tom.<\/i> — Questi versi non ci rammentano\ntanto il poeta<\/i> quanto il mago<\/i> Virgilio dei bassi tempi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Eriton<\/b>: Eritone, famosa maga di Tessaglia, la quale secondo narra Lucano, Phars. <\/i>VI, 508, fece rivivere un morto onde predire a Sesto Pompeo il fine della battaglia di Farsalo [...]. Cruda:<\/strong> «Viveva in caverne, usava tra le sepolture. Lucano la chiama fera,effera, tristis.>  Tom. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"VI, 507-830","NotaFonte":"","TestoFonte":"
Hos scelerum ritus, haec dirae carmina gentis
Effera damnarat nimiae pietatis Erichtho,
Inque novos ritus pollutam duxerat artem.
Illi namque nefas urbis submittere tecto
Aut laribus ferale caput: desertaque busta
Incolit, et tumulos expulsis obtinet umbris,
Grata deis erebi. Coetus audire silentum,
Nosse domos Stygias arcanaque Ditis operti,
Non superi, non vita vetat. Tenet ora profanae
Foeda situ macies, coeloque ignota sereno
Terribilis Stygio facies pallore gravatur,
Impexis onerata comis. Si nimbus et atrae
Sidera subducunt nubes, tunc Thessala nudis
Egreditur bustis, nocturnaque fulgura captat.
Semina foecundae segetis calcata perussit,
Et non letiferas spirando perdidit auras.
Nec superos orat, nec cantu supplice numen
Auxiliare vocat, nec fibras illa litantes
Novit: funereas aris imponere flammas
Gaudet, et accenso rapuit quae tura sepulcro.
Omne nefas superi prima iam voce precantis
Concedunt, carmenque timent audire secundum.
Viventes animas, et adhuc sua membra regentes,
Infodit busto: fatis debentibus annos
Mors invita subit: perversa funera pompa
Retulit a tumulis: fugere cadavera letum.
Fumantes iuvenum cineres, ardentiaque ossa
E mediis rapit illa rogis, ipsamque, parentes
Quam tenuere, facem: nigroque volantia fumo
Feralis fragmenta tori, vestesque fluentes
Colligit in cineres et olentes membra favillas.
Ast ubi servantur saxis, quibus intimus humor
Ducitur, et tracta durescunt tabe medullae
Corpora; tunc omnes avide desaevit in artus,
Immersitque manus oculis, gaudetque gelatos
Effodisse orbes, et siccae pallida rodit
Excrementa manus: laqueum nodosque nocentes
Ore suo rupit: pendentia corpora carpsit,
Abrasitque cruces: percussaque viscera nimbis
Vulsit, et incoctas admisso sole medullas.
Insertum manibus chalybem, nigramque per artus
Stillantis tabi saniem, virusque coactum
Sustulit, et nervo morsus retinente pependit.
Et quodcumque iacet nuda tellure cadaver,
Ante feras volucresque sedet: nec carpere membra
Vult ferro manibusque suis, morsusque luporum
Exspectat, siccis raptura a faucibus artus.
Nec cessant a caede manus, si sanguine vivo
Est opus, erumpat iugulo qui primus aperto.
Nec refugit caedes, vivum si sacra cruorem,
Extaque funereae poscunt trepidantia mensae.
Vulnere sic ventris, non, qua natura vocabat,
Extrahitur partus, calidis ponendus in aris.
Et quoties saevis opus est ac fortibus umbris,
Ipsa facit manes: hominum mors omnis in usu est.
Illa genae florem primaevo corpore vulsit,
Illa comam laeva morienti abscidit ephebo.
Saepe etiam caris cognato in funere dira
Thessalis incubuit membris: atque oscula figens,
Truncavitque caput, compressaque dentibus ora
Laxavit: siccoque haerentem gutture linguam
Praemordens, gelidis infudit murmura labris,
Arcanumque nefas Stygias mandavit ad umbras.
Hanc ut fama loci Pompeio prodidit: alta
Nocte poli, Titan medium quo tempore ducit
Sub nostra tellure diem, deserta per arva
Carpit iter. Fidi scelerum suetique ministri,
Effractos circum tumulos ac busta vagati,
Conspexere procul praerupta in caute sedentem,
Qua iuga devexus Pharsalica porrigit Aemus.
Ilia magis magicisque deis incognita verba
Tentabat, carmenque novos fingebat in usus.
Namque, timens, ne Mars alium vagus iret in orbem,
Emathis et tellus tam multa caede careret,
Pollutos cantu dirisque venefica succis
Conspersos vetuit transmittere bella Philippos,
Tot mortes habitura suas, usuraque mundi
Sanguine: caesorum truncare cadavera regum
Sperat, et Hesperiae cineres avertere gentis,
Ossaque nobilium, tantosque adquirere manes.
Hic ardor, solusque labor, quid corpore Magni
Proiecto rapiat, quos Caesaris involet artus.
Quam prior adfatur Pompeii ignava propago:
O decus Haemonidum, populis quae pandere fata,
Quaeque suo ventura potes divertere cursu,
Te precor, ut certum liceat mihi noscere finem,
Quem belli Fortuna paret. Non ultima turbae
Pars ego Romanae: Magni clarissima proles,
Vel dominus rerum, vel tanti funeris heres.
Mens dubiis percussa pavet, rursusque parata est
Certos ferre metus. Hoc casibus eripe iuris,
Ne subiti caecique ruant: vel numina torque,
Vel tu parce deis, et Manibus exprime verum
Elysias resera sedes, ipsamque vocatam,
Quos petat e nobis, Mortem tibi coge fateri.
Non humilis labor est: dignum, quod quaerere cures,
Vel tibi, quo tanti praeponderet alea fati.
Impia vulgatae laetatur nomine famae
Thessalis, et contra: Si fata minora moveres,
Pronum erat, o iuvenis, quos velles, inquit, in actus
Invitos praebere deos. Conceditur arti,
Unam cum radiis presserunt sidera mortem,
Inseruisse moras: et, quamvis fecerit omnis
Stella senem, medios herbis abrumpimus annos.
At simul a prima descendit origine mundi
Caussarum series, atque omnia fata laborant,
Si quidquam mutare velis, unoque sub ictu
Stat genus humanum tunc, Thessala turba fatemur,
Plus fortuna potest. Sed si praenoscere casus
Contentus, facilesque aditus multique patebunt
Ad verum: tellus nobis, aetherque, chaosque,
Aequoraque, et campi, Rhodopaeaque saxa loquentur.
Sed pronum, cum tanta novae sit copia mortis,
Emathiis unum campis adtollere corpus,
Ut modo defuncti tepidique cadaveris ora
Plena voce sonent nec, membris sole perustis,
Auribus incertum feralis strideat umbra.
Dixerat: et noctis geminatis arte tenebris,
Moestum tecta caput squalenti nube, pererrat
Corpora caesorum, tumuli proiecta negatis.
Continuo fugere lupi, fugere revulsis
Unguibus impastae volucres, dum Thessala vatem
Eligilt et gelidas leto scrutata medullas
Pulmonis rigidi stantes sine vulnere fibras
Invenit, et vocem defuncto in corpore quaerit.
Fata peremptorum pendent iam multa virorum,
Quem superis revocasse velit. Si tollere totas
Tentasset campis acies, et reddere bello,
Cessissent leges Erebis monstroque potenti
Extrartus Stygio populus pugnasset Averno.
Electum tandem traiecto gutture corpus
Ducit, et inserto laqueis feralibus unco,
Per scopolus miserum trahitur per saxa cadaver
Victurum: montisque cavi, quem tristis Erichtho
Damnarat sacris, alta sub rupe locatur.
Haud procul a Ditis caecis depressa cavernis
In praeceps subsedit humus: quam pallida pronis
Urget silva comis, et nullo vertice coelum
Suspiciens, Phoebo non pervia taxus opacat.
Marcentes intus tenebrae, pallensque sub antris
Longa nocte situs; numquam, nisi carmine factum,
Lumen habet. Non Taenareis sic faucibus aer
Sedit iners, moestum mundi confine latentis,
Ac nostri: quo non metuant emittere manes
Tartarei reges, Nam quamvis Thessala vates
Vim faciat fatis, dubium est, quod traxerit illuc
Adspiciat Stygias, an quod descenderit, umbras.
Discolor et vario furialis cultus amictu
Induitur, vultusque aperitur, crine remoto,
Et coma vipereis substringitur horrida sertis.
Ut pavidos iuvenis comites, ipsumque trememtem
Conspicit, exanimi defixum lumina vultu:
Ponite, ait, trepida conceptos mente timores:
Iam nova, iam vera reddetur vita figura,
Ut quamvis pavidi possint audire loquentem.
Si vero Stygiosque lacus, ripamque sonantem
Ignibus ostendam, si me praesente videri
Eumenides possent, villosaque colla colubris
Cerberus excutiens, et vincti terga Gigantes,
Quis timor, ignavi, metuentes cernere manes?
Pectora tunc primum ferventi sanguine supplet
Vulneribus laxata Iovis: taboque medullas
Abluit: et virus large lunare ministrat,
Huc quidquid fetu genuit natura sinistro
Miscetur. Non spuma canum, quibus unda timori est,
Viscera non lyncis, non dirae nodus hyaenae
Defuit, et cervi pasti serpente medulla:
Non puppim retinens, Euro tendente rudentes,
In mediis echeneis aquis, oculique draconum,
Quaeque sonant feta tepefacta sub alite saxa:
Non Arabum volucer serpens, innataque rubris
Aequoribus custos pretiosae vipera conchae:
Aut viventis adhuc Libyci membrana cerastae,
Aut cinis Eoa positi Phoenicia in ara.
Quo postquam viles, nec habentes nomina pestes
Contulit: infando saturatas carmine frandes,
Et, quibus os dirum nascentibus inspuit, herbas
Addidit, et quidquid mundo dedit ipsa veneni:
Tunc vox, Lethaeos cunctis pollentior herbis
Excantare deos, confudit murmura primum
Dissona, et humanae multum discordia linguae.
Latratus habet illa canum, gemitumque luporum:
Quod trepidus bubo, quod strix nocturna queruntur,
Quod stridunt ululantque ferae, quod sibilat anguis,
Exprimit, et planctus illisae cautibus undae;
Silvarumque sonum, fractaeque tonitrua nubis.
Tot rerum vox una fuit. Mox cetera cantu
Explicat Haemonio, penetratque in Tartara lingua:
Eumenides, Stygiumque nefas, poenaeque nocentum:
Et Chaos innumeros avidum confundere mundos:
Et rector terrae, quem longa in saecula torquet
Mors dilata deum: Styx, et, quos nulla meretur
Thessalis Elysios: coelum matremque perosa
Persephone, nostraeque Hecates pars ultima, per quam
Manibus et mihi sunt tacitae commercia linguae:
Ianitor et sedis laxae, qui viscera saevo
Spargis nostra cani: repetitaque fila sorores
Tracturae: tuque o flagrantis portitor undae,
Iam lassate senex ad me redeuntibus umbris:
Exaudite preces, si vos satis ore nefando
Pollutoque voco, si numquam haec carmina fibris
Humanis ieiuna cano, si pectora plena
Saepe dedi, et lavi calido prosecta cerebro;
Si quis, cum vestris caput extaque lancibus, infans,
Imposui, victurus erat: parete precanti.
Non in Tartareo latitantem poscimus antro,
Adsuetamque dia tenebris, modo luce fugata
Descendentem animam: primo pallentis hiatu
Haeret adhuc Orci. Licet has exaudiat herbas
Ad manes ventura semel. Ducis omina nato
Pompeiana canat nostri modo militis umbra,
Si bene de vobis civilia bella merentur.
Haec ubi fata caput spumantiaque ora levavit,
Adspicit adstantem proiecti corporis umbram,
Exanimes artus invisaque claustra timentem
Carceris antiqui. Pavet ire in pectus apertum
Visceraque, et ruptas letali volnere fibras.
Ah miser, extremum cui mortis munus inique
Eripitur, non posse mori. Miratur Erichtho
Has fatis licuisse moras, irataque morti
Verberat immotum vivo serpente cadaver:
Perque cavas terrae, quas egit carmine, rimas
Manibus illatrat, regnique silentia rupit:
Tisiphone, vocisque meae secura Megaera,
Non agitis saevis Erebi per inane flagellis
Infelicem animam? Iam vos ego nomine vero
Eliciam, Stygiasque canes in luce superna
Destituam: per busta sequar, per funera custos;
Expellam tumulis, abigam vos omnibus urnis.
Teque deis, ad quos alio procedure vultu
Ficta soles, Hecate, pallenti tabida forma
Ostendam, faciemque Erebi mutare vetabo.
Eloquar, immenso terrae sub pondere quae te
Contineant, Ennaea, dapes, qua foedere moestum
Regem noctis ames, quae te contagia passam
Noluerit revocare parens. Tibi, pessime mundi
Arbiter, immittam ruptis Titana cavernis,
Et subito feriere die. Paretis? an ille
Compellandus erit, quo numquam terra vocato
Non concussa tremit, qui Gorgona cernit apertam,
Verberibusque suis trepidam castigat Erinnyn,
Indespecta tenet vobis qui Tartara; cuius
Vos estis, superi; Stygias qui peierat undas?Protinus adstrictus caluit cruor, atraque fovit
Vulnera, et in venas extremaque membra cucurrit.
Percussae gelido trepidant sub pectore fibrae:
Et nova desuetis subrepens vita medullis
Miscetur morti. Tunc omnis palpitat artus:
Tenduntur nervi: nec se tellure cadaver
Paulatim per membra levat, terraque repulsum est,
Erectumque simul. Distento lumina rictu
Nudantur. Nondum facies viventis in illo,
Iam morientis erat. Remanent pallorque rigorque;
Et stupet illatus mundo. Sed murmure nullo
Ora adstricta sonant. Vox illi linguaque tantum
Responsura datur. Dic, inquit Thessala, magna,
Quod iubeo, mercede mihi: nam vera locutum
Immunem toto mundi praestabimus aevo
Artibus Haemoniis: tali tua membra sepulcro,
Talibus exuram Stygio cum carmine silvis,
Ut nullos cantata magos exaudiat umbra.
Sit tanti, vixisse iterum: nec verba, nec herbae
Audebunt longae somnum tibi solvere Lethes,
A me morte data. Tripodas vatesque deorum
Sors obscura decet; certus discedat, ab umbris
Quisquis vera petit duraeque oracula mortis
Fortis adit. Ne parce, precor. Da nomina rebus,
Da loca, da vocem, qua mecum fata loquantur.
Addidit et carmen, quo, quidquid consulit, umbram
Scire dedit. Moestum, fletu manante, cadaver,
Tristia non equidem Parcarum stamina, dixit,
Respexi, tacitae revocatus ab aggere ripae:
Quod tamen e cunctis mihi noscere contigit umbris,
Effera Romanos agitat discordia manes,
Impiaque infernam ruperunt arma quietem.
Elysias alii sedes, ac Tartara moesta
Diversi liquere duces: quid fata pararent,
Hi fecere palam. Tristis felicibus umbris
Vultus erat. Vidi Decios, natumque patremque,
Lustrales bellis animas, flentemque Camillum,
Et Curios; Sullam de te, Fortuna, querentem.
Deplorat Libycis perituram Scipio terris
Infaustam sobolem. Maior, Carthaginis hostis,
Non servituri moeret Cato fata nepotis.
Solum te Consul depulsis prime tyrannis
Brute pias inter gaudentem vidimus umbras.
Abruptis Catilina minax fractisque catenis
Exsulat, Mariique truces, nudique Cethegi.
Vidi ego laetantes, popularia nomina, Drusos;
Legibus immodicos, ausosque ingentia Gracchos.
Aeternis chalybum nodis, et carcere Ditis
Constrictae plausere manus, camposque piorum
Poscit turba nocens. Regni possessor inertia
Pallentes aperit sedes, abruptaque saxa
Asperat, et durum vinclis adamanta, paratque
Poenam victori. Refer haec solatia tecum,
O iuvenis, placido Manes patremque domumque
Exspectare sinu, regnique in parte serena
Pompeio servare locum. Nec gloria parvae
Sollicitet vitae: veniet, quae misceat omnes
Hora duces. Properate mori, magnoque superbi
Quamvis e parvis animo descendite bustis,
Et Romanorum manes calcate deorum.
Quem tumulum Nili, quem Tybridis adluat unda,
Quaeritur, et ducibus tantum de funere pugna est.
Tu fatur ne quaere tuum cognoscere: Parcae,
Me reticente, dabunt: tibi certior omnia vates
Ipse canet Siculis genitor Pompeius in arvis:
Ille quoque incertus, quo te vocet, unde repellat,
Quas iubeat vitare plagas, quae sidera mundi.
Europam miseri, Libyamque Asiamque timete:
Distribuit tumulos vestris Fortuna triumphis.
O miseranda domus, toto nihil orbe videbis
Tutius Emathia. Sic postquam fata peregit,
Stat vultu moestus tacito, mortemque reposcit.
Carminibus magicis opus est, herbisque, cadaver
Ut cadat, et nequeunt animam sibi reddere fata,
Consumto iam iure semel. Tum robore multo
Exstruit illa rogum: venit defunctus ad ignes;
Accensa iuvenem positum strue liquit Erichtho,
Tandem passa mori: Sextoque ad castra parentis
It comes: et coelo lucis ducente colorem,
Dum ferrent tutos intra tentoria gressus,
Iussa tenere diem densas nox praestitit umbras.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Luc.+6.507&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0133","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=18375', 'Autore':'Niccol\u00f2 Tommaseo, 1837 [ed. of 1865]','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"23","from":7833.0,"to":7834.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, {"Annotazione":"scostatici dal lato, presso del quale\nristretti<\/i> camminavamo — sola<\/b> per solitaria<\/i><\/b>, come pe 'l\nmedesimo significato adoprarono i Latini l'aggettivo solus, a,\num.<\/i> Quum in locis solis maestus errares<\/i> [Cic. de Divinat.<\/i>\nI].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Sola<\/b> per solitaria<\/i>, come pe 'l medesimo significato adoprarono i Latini l'aggettivo solus, a, um.<\/i>  Quum in locis solis maestus errares<\/i> [Cic. de Divinat. <\/i>I].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2416205","LuogoFonte":"I 59","NotaFonte":"","TestoFonte":"cum in locis solis maestus errares","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0474.phi053.perseus-lat1:1.59","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"130","from":24532.0,"to":24533.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":"De divinatione"},
{"Annotazione":"se la parola di Dio non\npu\u00f2 mentire — A veder tanto.<\/i>  E per la sintassi qu\u00ec~, e per\nquello~, che del medesimo soggetto riparlando dir\u00e0 Par. XIII.\n104.  Regal prudenza \u00e8 quel vedere impari<\/i>, Che ec.<\/i>  scorgesi\nadoprarsi vedere<\/i> per nome~, cio\u00e8 per veduta<\/i>, prudenza<\/i>,\nprudenza di governo e~, come nel medesimo XIII.  canto spiegher\u00e0\nDante stesso — non surse 'l secondo<\/i>, l'uguale mai non fu~:\nimperocch\u00e8 disse Dio a Salomone Dedi tibi cor sapiens et\nintelligens in tantum<\/i>, ut nullus ante te similis tui fuerit<\/i>,\nnec post te surrecturus sit [Reg.  lib. 3.  cap. 3.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
A veder tanto.<\/i>  E per la sintassi quì, e per quello, che del medesimo soggetto riparlando dirà Par. XIII. 104.  Regal prudenza è quel vedere impari<\/i>, Che ec.<\/i>  scorgesi adoprarsi vedere<\/i> per nome, cioè per veduta<\/i>, prudenza<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XIII 104","NotaFonte":"","TestoFonte":"regal prudenza è quel vedere impari","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=80","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"113-114","from":9873.0,"to":9878.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"se pretendi di potere adoprare\ncome tua, ed impiegare in altro bene quella libert\u00e0, della quale\ncon l'offerta fatta a Dio te ne sei privato, egli \u00e8 questo un\npretendere di far buon lavoro<\/b>, buon'opera, di cosa mal tolta,\ndi far meritevole limosina con roba rubata, di fondare spedali,\ndice a proposito il Venturi, da starci bene quell'iscrizione\n\n     Fond\u00f2 questo spedal persona pia<\/i>;\n     Ma i poveri da starci fece pria.<\/i><\/b>\n\nTolletto<\/i><\/b> da tollere<\/i>; che per togliere<\/i> non solo adopera il\npoeta nostro in rima [Inf. II, 30, XXIII, 57 ed altrove], ma\nusarono altri antichi buoni scrittori anche in prosa [Vedine gli\nesempi nel Vocab. della Cr., e nel Prospetto di verbi Tosc.<\/i>\nsotto il verbo togliere<\/i>]: ed \u00e8 molto verisimile che il\ncomunemente oggi usato tolto<\/i> sia una sincope di tolletto<\/b>,\ncome lo sono assolto<\/i><\/b>, rivolto<\/i> ec. di assoluto<\/i>, rivoltato<\/i>\nec.\n\n\tTrovando io per\u00f2 presso il Muratori [Dissert. 67 sulle\nantichit\u00e0 Italiane {paragraph.} 14] che maltoletum<\/i>, o\nmalatolta<\/i> appellavasi anticamente l'aggravio fatto al prossimo\nne' contratti, o in altra occasione, piego a credere che\nmaltolletto<\/i>, in una sola parola, scrivesse anche Dante.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Tolletto<\/b> da tollere<\/i>; che per togliere<\/i> [...] adopera il poeta nostro in rima [Inf. II, 30, XXIII, 57 ed altrove]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II 39","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Inf. II 39, non 30.","TestoFonte":"sì che dal cominciar tutto si tolle,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"32-33","from":4155.0,"to":4157.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"se quel ch'io prevedo non\n\u00e8 sogno vano, ma di quelle visioni che si hanno all'alba, quando\n«la mente nostra pellegrina Pi\u00f9 dalla carne e men da' pensier\npresa, Alle sue vision quasi \u00e8 divina.» (Purg., IX). \nSuperstizione ereditata dagli antichi.  Ovidio, Heroid. 19: «Sub\nauroram, iam dormitante lucerna, Tempore quo cerni somnia vera\nsolent.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"se presso al mattin<\/strong> ec., se quel ch'io prevedo non è sogno vano, ma di quelle visioni che si hanno all'alba, quando «la mente nostra pellegrina Più dalla carne e men da' pensier presa, Alle sue vision quasi è divina.» (Purg., IX). Superstizione ereditata dagli antichi. Ovidio, Heroid. 19: «Sub auroram, iam dormitante lucerna, Tempore quo cerni somnia vera solent.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IX, 16-18","NotaFonte":"","TestoFonte":"e che la mente nostra, peregrina
più da la carne e men da' pensier presa,
a le sue visïon quasi è divina","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=43&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7","from":24769.0,"to":24773.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"se si d\u00e0 — destra costa<\/b>, destra falda\ndell'argine, su del quale camminavano; quella cio\u00e8 che calava\nnella sesta bolgia degl'ipocriti. E di fatto essendosi i poeti\ndal ponte sopra li barattieri mossi su di quell'argine a mano\nsinistra [Inf. XXI, 137], venivano nel loro cammino ad avere\nalla sinistra medesima la bolgia de' barattieri, ed alla destra\nquella degl'ipocriti — giaccia<\/b>, sia inclinata: il contrario di\nritta.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
destra costa<\/b>, destra falda dell'argine, su del quale camminavano; quella cioè che calava nella sesta bolgia degl'ipocriti.  E di fatto essendosi i poeti dal ponte sopra li barattieri mossi su di quell'argine a mano sinistra [Inf. XXI, 137], venivano nel loro cammino ad avere alla sinistra medesima la bolgia de' barattieri, ed alla destra quella degl'ipocriti<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI 136","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 al v. 136, non 137.","TestoFonte":"Per l'argine sinistro volta dienno;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=21&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31","from":21638.0,"to":21647.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"se tu secondi gl'influssi\ndella costellazione de' Gemini, sotto la quale nascesti.  Dante\nnacque nel maggio del 1265, quando il sole era in Gemini,\ncostellazione significatrice, secondo le dottrine astrologiche\nd'allora, «di scrittura e di scienza e di cognoscibilitade,» dice\nl'Anonimo.  Veggasi, infatti, l'apostrofe di Dante a' Gemini, nel\nPar., XXII, 112-123.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Se tu segui tua stella<\/strong>, se tu secondi gl'influssi della costellazione de' Gemini, sotto la quale nascesti. Dante nacque nel maggio del 1265, quando il sole era in Gemini, costellazione significatrice, secondo le dottrine astrologiche d'allora, «di scrittura e di scienza e di cognoscibilitade,» dice l'Anonimo. Veggasi, infatti, l'apostrofe di Dante a' Gemini, nel Par., XXII, 112-123.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXII, 112-123","NotaFonte":"","TestoFonte":"O glorïose stelle, o lume pregno
di gran virtù, dal quale io riconosco
tutto, qual che si sia, il mio ingegno,
con voi nasceva e s'ascondeva vosco
quelli ch'è padre d'ogne mortal vita,
quand'io senti' di prima l'aere tosco;
e poi, quando mi fu grazia largita
d'entrar ne l'alta rota che vi gira,
la vostra regïon mi fu sortita.
A voi divotamente ora sospira
l'anima mia, per acquistar virtute
al passo forte che a sé la tira.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=89","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"55","from":13966.0,"to":13971.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"se tu, come pi\u00f9 volte mi hai\ndetto, conosci il cammino. Ma Virgilio sapeva che, dopo del\nviaggio impostogli dalla maga Eritone, il tremuoto successo alla\nmorte di Cristo aveva innovato molto nella sesta bolgia (C.\nXII, 45); n\u00e8 conoscendo quali appunto fossero le novit\u00e0\n(altrimenti non avrebbe creduto alle bugie di Malacoda), aveva\nbisogno di guida. E sebbene s'accorgesse anch'egli del mal\nvolere de' diavoli, vedeva che il meglio era aver sicura fronte<\/i>\n(v. 65) e del resto riposarsi nel solito aiuto celeste.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"se tu sa' ir<\/strong>, se tu, come più volte mi hai detto, conosci il cammino. Ma Virgilio sapeva che, dopo del viaggio impostogli dalla maga Eritone, il tremuoto successo alla morte di Cristo aveva innovato molto nella sesta bolgia (C. XII, 45); nè conoscendo quali appunto fossero le novità (altrimenti non avrebbe creduto alle bugie di Malacoda), aveva bisogno di guida. ","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII, 45","NotaFonte":"","TestoFonte":"qui e altrove, tal fece riverso","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=12","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"129","from":20258.0,"to":20262.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"se \u00e8 Virgilio che a Dante fa da\nadditatore (cf. v. 52 e segg.), vedi<\/b> e non vidi<\/i> \u00e8 la vera\nlezione. Coloro che fanno terminare il discorso di Virgilio col\nv. 63, e persistono a tener la lezione vidi<\/i>, come fanno a\nspiegare i versi 68 e 70, dove il Poeta ridice che fu appunto\nVirgilio a fargli la recensione di quelle anime? Soprach\u00e8, lo\nstesso modo occorre altrove, Inf.<\/i>, XX, 118-123, per somigliante\nrassegna di dannati. — Elena<\/i><\/b>, moglie di Menelao, il cui ratto\nda parte di Paride figliuolo di Priamo fu cagione della guerra\ntroiana: fu poi uccisa da una donna greca per vendetta del marito\nmortole sotto Troia. Tutti i qui nominati morirono di morte\nviolenta. — Reo tempo<\/b>, di guerra, con tutte le conseguenti\ndisgrazie. — Il grande Achille<\/b>: figliuolo di Peleo (Inf.<\/i><\/b>, \nXXXI, 5) e di Teti, da Dante collocata nel Limbo (Purg.<\/i>, XXII, \n113). Achille fu dato a educare al centauro Chirone (Inf.<\/i>, \nXII, 71): scoppiata la guerra de' Greci contra i Troiani, la\nmadre per iscongiurare il destino che a Troia il chiamava, lo\ntolse da Chirone e portollo alla corte di Licomede nell'isola di\nSciro (Purg.<\/i>, IX, 34-40), dove si innamor\u00f2 di Deidamia\nfigliuola del re. Se non che l'astuto Ulisse lo scoperse\n(Inf.<\/i>, XXVI, 61), e lo trasse seco a Troia, dove, dopo l'amore\nper Briseide, egli, invitto nell'armi, fu vinto al fine<\/i><\/b>\ndall'amor di Polissena figliuola di Priamo (Inf.<\/i><\/b>, XXX, 17); ma\nnel momento che stava inginocchiato dinanzi all'ara per\nisposarla, Paride, fratello di lei, lo fer\u00ec con una freccia nel\ntallone, unica parte vulnerabile in lui, e l'uccise. Dice la\nfavola, che Peleo ed Achille avevano una lancia, le cui ferite\nnon si guarivano se non con la ruggine raschiata dalla lancia\nmedesima (Inf.<\/i>, XXXI, 4-6). Delle geste di Achille, Stazio\naveva posto mano a scrivere un poema epico, che, prevenuto dalla\nmorte, lasci\u00f2 incompiuto (Purg.<\/i>, XXI, 91). — Il grande\nAchille<\/b>: altrove il gran Chirone<\/i><\/b> (Inf.<\/i>, XII, 71).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
se è Virgilio che a Dante fa da additatore (cf. v. 52 e segg.), vedi<\/b> e non vidi<\/i> è la vera lezione.  Coloro che fanno terminare il discorso di Virgilio col v. 63, e persistono a tener la lezione vidi<\/i>, come fanno a spiegare i versi 68 e 70, dove il Poeta ridice che fu appunto Virgilio a fargli la recensione di quelle anime?  Soprachè, lo stesso modo occorre altrove, Inf.<\/i>, XX, 118-123, per somigliante rassegna di dannati<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XX, 118-123","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vedi <\/strong>Guido Bonatti; vedi <\/strong>Asdente, 
ch'avere inteso al cuoio e a lo spago
ora vorrebbe, ma tardi si pente.
Vedi <\/strong>le triste che lasciaron l'ago,
la spuola e 'l fuso, e fecersi 'ndivine;
fecer malie con erbe e con imago. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=20","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"64-66","from":4430.0,"to":4432.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"se \u00e8 vero, se s'avverer\u00e0 il fatto\n(s'il se trouve<\/i>, spiega il Lamennais), che la destra costa\ndella seguente bolgia sia inclinata come all'altre bolge cos\u00ec, \nche la possiam discendere (cf. Inf.<\/i>, VII, 6), noi scanseremo\nl'inseguimento de' diavoli, immaginato e temuto da ambedue. —\nDestra costa<\/b>; vedemmo i Poeti, insieme ai dieci diavoli\n(Inf.<\/i><\/b>, XXI, 136) incamminarsi per l'argine sinistro<\/i> (per la\nparte cio\u00e8 dell'argine, la quale, varcando il ponte della quinta\nbolgia verso il centro, stava alla mano sinistra); dunque avevano\nalla lor sinistra la bolgia dei barattieri. Dopo la fuga di\nCiampolo, e l'incidente che ne consegu\u00ec, i Poeti proseguono la\nlor via nella stessa direzione (Inf.<\/i>, XXII, 151); dal che\navveniva che stava alla lor destra<\/i><\/b> la costa della bolgia\nseguente. — Giaccia<\/b>, sia pendente (v. 44), sia inclinata\ncos\u00ec, che ecc. (cf. Inf.<\/i><\/b>, XIX, 35; Purg.<\/i>, III, 76, dove il\ngiacere<\/i> \u00e8 per indicare l'inclinazione d'una costa in modo da\npotervi camminare). Il Cesari: <Usticae cubantis<\/i>, disse\nOrazio; e Lucrezio tectai cubantia<\/i> (IV, 518), i tetti che\npendono da un lato; ed ecco il giaccia<\/i><\/b> per penda.<\/i><\/b>> —\nNell'altra bolgia<\/b>, nella sesta, che contiene gli ipocriti. —\nFuggirem<\/b>: nel Conv.<\/i>, II, 8: «Dico fuggire<\/i>, per mostrare\nquello (pensiero<\/i>) essere contrario, ch\u00e8 naturalmente l'uno\ncontrario fugge l'altro; e quello che fugge, mostra per difetto\ndi virt\u00f9 fuggire.» — L'immaginata caccia<\/i><\/b>, l'inseguimento\nimmaginato e temuto (cf. vv. 16 e 23).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"S'egli è<\/b>, se è vero, se s'avvererà il fatto (s'il se trouve<\/i>, spiega il Lamennais), che la destra costa della seguente bolgia sia inclinata come all'altre bolge così, che la possiam discendere (cf. Inf.<\/i>, VII, 6), noi scanseremo l'inseguimento de' diavoli, immaginato e temuto da ambedue.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII, 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"non ci torrà lo scender questa roccia","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=7&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31-33","from":21638.0,"to":21660.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"secondo quel trito verso\n\n Crescit amor nummi quantum ipsa pecunia crescit.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"<\/em><\/strong><\/strong>\r\n
Dopo 'l pasto<\/strong>, ecc.: secondo quel trito verso Crescit amor nummi quantum ipsa pecunia crescit.<\/i>\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q193800","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q2707099","LuogoFonte":"XIV 139","NotaFonte":"","TestoFonte":"Crescit amor nummi quantum ipsa pecunia crescit. <\/em>","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A2007.01.0093%3Abook%3D5%3Apoem%3D14","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"99","from":719.0,"to":722.0,"NomeAutore":"Decimo Giunio Giovenale","TitoloFonte":"Satire"},
{"Annotazione":"segno di avarizia.  Diod. Sic.\nSinistra compressis digitis tenacitatem atque avaritiam\nsignificat.<\/i>  — E questi<\/b>: i prodighi.  — Co' crin mozzi<\/b>:\navendo essi, come si dice in proverbio, speso fino i capelli. \nAvari e prodighi risurgeranno dal sepolcro appunto come vi\ndiscesero. Vedi Purg. XXII, 46.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
segno di avarizia. Diod. Sic. Sinistra compressis digitis tenacitatem atque avaritiam significat.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q171241","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q672803","LuogoFonte":"libro III, cap. 3 ","NotaFonte":"Il link rimanda al volgarizzamento della \"Biblioteca storica\" di Diodoro Siculo ad opera di Compagnoni (vol. II, Milano, Sonzogno, 1820, p. 12).","TestoFonte":"Sinistra compressis digitis tenacitatem atque avaritiam significat.<\/i>","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=bocPAAAAQAAJ&printsec=frontcover&source=gbs_book_other_versions_r&cad=2_2#v=onepage&q=averi&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"57","from":6186.0,"to":6188.0,"NomeAutore":"Diodoro Siculo","TitoloFonte":"Bibliotheca historica"},
{"Annotazione":"segno di saviezza.  Vedi Conv. IV,\n2.  — «Hai tu mai veduto un uomo precipitoso nel suo parlare?\nv'\u00e8 maggiore speranza d'uno stolto che di lui.»  Prov. XXIX, 20. \n— Con voci soavi<\/b>: le parole della bocca del savio sono grazia. \nEccl. X, 12.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
segno di saviezza.  Vedi Conv. IV, 2.  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"IV, ii, 8","NotaFonte":"","TestoFonte":"Per che le parole, che sono quasi seme d'operazione, si deono molto discretamente sostenere e lasciare, sì perché bene siano ricevute e fruttifere vegnano, sì perché dalla loro parte non sia difetto di sterilitade.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=52&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"114","from":3758.0,"to":3760.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"seguitava a fuggire, ma solo col\ndesiderio.  Sulla piaggia del Purg.<\/i> dir\u00e0, in corrispondenza,\nche va col cuore e col corpo dimora<\/i> (II, 12).  Spiritus quidem\npromptus est, caro autem infirma<\/i> (Matt., XXVI, 41).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Spiritus quidem\r\npromptus est, caro autem infirma<\/i> (Matt., XXVI, 41).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"26, 41","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vigilate et orate, ut non intretis in tentationem; spiritus quidem promptus est, caro autem infirma ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#26","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"25","from":184.0,"to":187.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"sembrando da que' cerchi angelici\ncontenuto quello che continet omnia<\/i> [Sap.<\/i> I], contien'esso\ntutte le create cose.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"30","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
sembrando da que' cerchi angelici contenuto quello che continet omnia<\/i> [Sap.<\/i> I], contien'esso tutte le create cose.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q202135","LuogoFonte":"I 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"quoniam spiritus Domini replevit orbem terrarum,
et ipse, qui continet omnia, scientiam habet vocis","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_sapientiae_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"12","from":29418.0,"to":29419.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro della Sapienza"}, {"Annotazione":"sembrava. Il pi\u00f9 bel commento a questa\nterzina sono le parole di S. Paolo, I Tim. VI, 8, 9: Coloro che\nvogliono arricchire caggiono in tentazione, ed in laccio, ed in\nmolte concupiscenze insensate e nocive, le quali affondano gli\nuomini in distruzione e perdizione. Perciocch\u00e8 la radice di\ntutti i mali \u00e8 l'avarizia; alla quale alcuni datisi, si sono\nsmarriti dalla fede, e si son fitti in molte doglie.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Il più bel commento a questa terzina sono le parole di S. Paolo, I Tim. VI, 8, 9: Coloro che vogliono arricchire caggiono in tentazione, ed in laccio, ed in molte concupiscenze insensate e nocive, le quali affondano gli uomini in distruzione e perdizione.  Perciocchè la radice di tutti i mali è l'avarizia; alla quale alcuni datisi, si sono smarriti dalla fede, e si son fitti in molte doglie.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131180","LuogoFonte":"I 6, 8-10","NotaFonte":"","TestoFonte":"habentes autem alimenta et quibus tegamur, his contenti erimus. Nam qui volunt divites fieri, incidunt in tentationem et laqueum et desideria multa stulta et nociva, quae mergunt homines in interitum et perditionem; radix enim omnium malorum est cupiditas, quam quidam appetentes erraverunt a fide et inseruerunt se doloribus multis.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-i-timotheum_lt.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"50","from":366.0,"to":367.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Prima lettera a Timoteo"},
{"Annotazione":"senza alcuna semenza; onde\ndir\u00e0 nel seguente canto [Vers. 68 e segg.]\n\n     Traendo pi\u00f9 color con le sue mani<\/i>,\n     Che l'alta terra senza seme gitta.<\/i>\n\nDaniello.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
senza alcuna semenza; onde dirà nel seguente canto [Vers. 68 e segg.]\r\n     Traendo più color con le sue mani<\/i>,\r\n     Che l'alta terra senza seme gitta.<\/i>\r\nDaniello.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXVIII 68-69","NotaFonte":"","TestoFonte":"trattando più color con le sue mani,
che l'alta terra sanza seme gitta.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=62&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"135","from":27727.0,"to":27735.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"senza farci rilevare\npercossa — che divora Lucifero con Giuda<\/b>, desume il termine\ndivora<\/b> dall'azione che fa Lucifero di divorarsi Giuda [Vedi\nInf. XXXIV, 55 e segg.]; quasi dica che come Lucifero si divora\nGiuda, cos\u00ec esso fondo si divora, s'ingoia, l'uno e l'altro.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
che divora Lucifero con Giuda<\/b>, desume il termine divora<\/b> dall'azione che fa Lucifero di divorarsi Giuda [Vedi Inf. XXXIV, 55 e segg.]; quasi dica che come Lucifero si divora Giuda, così esso fondo si divora, s'ingoia, l'uno e l'altro.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXIV 55-57","NotaFonte":"","TestoFonte":"Da ogne bocca dirompea co' denti
un peccatore, a guisa di maciulla,
sì che tre ne facea così dolenti.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=34","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"142-143","from":30889.0,"to":30900.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"senza fatica, facilmente. \nIl Landino: «Quanto alla lettera dimostra il cammino non essere\nfaticoso. Et allegorigamente significa, che havendo havuto la\ncognitione della fraude in genere, facil cosa era conoscere\nquesta in spetie.» Nella Vit. N.<\/i>, XIII: «La donna, per cui\nAmore ti stringe cos\u00ec, non \u00e8 come l'altre donne, che\nleggieramente si muova del suo cuore.» E, nel senso morale, nel\nConv.<\/i>, II, 9: Salimmo<\/b>, montammo verso il colmo del suo arco. \n— V\u00f4lti a destra<\/b>; ci\u00f2 di necessit\u00e0, perch\u00e8 essendosi volti, \nappena discesi da Gerione, alla loro sinistra (v. 21), avevano le\nbolge alla destra (v. 22): ora volendo traversare la prima su per\nquello scoglio<\/i><\/b> {v.69}, dovevano alla destra rivolgersi\nsenz'altro. — Scheggio<\/i><\/b>, scoglio scheggiato, che quasi come\nscheggia di corpo maggiore, movendo dalla ripa, si prolungava\nsulle bolge. Il Tommaseo; «Bastava una striscia del masso a far\nda ponte.» Il Buti: <su per la scheggia<\/i>, su per l'ascensione\ndello scoglio, che scheggiava dalla ripa, o vero dalla banda\nritta del ponte, e quest'era necessario, volendo vedere\nquell'altra turba che era venuta con loro.» — Cerchie eterne<\/b>;\nquali sono queste cerchie eterne<\/b>? \u00e8 difficile rispondere; non\nle bolge<\/i><\/b>, che ancora son da percorrere; pel Daniello eterne<\/i><\/b>\nsignifica continue<\/i>, non interrotte; e cerchie<\/b>, quel sasso o\nparte del burrato, che divide il settimo dall'Ottavo Cerchio; il\nVellutello per cerchie<\/b> intende i Cerchi finora percorsi, dal\nprimo al settimo; il Castelvetro: «ci scostammo da quelle;\nintendi altre eterne cerchie<\/i><\/b> vedute da noi; perciocch\u00e8 gi\u00e0 se\nn'erano essi partiti quando montarono in su la schiena di\nGerione:> ma codesto \u00e8 un dire tanto per dire. Il Lombardi\ninvece, e non si pu\u00f2 non consentirgli, per cerchie<\/i><\/b> intende «il\ncircolare alto muro, ond'erano i Poeti da Gerione stati deposti, \ned a cui erano vicini, ed il circolar argine appi\u00e8 di esso muro, \nsopra del quale stavano.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"18","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
Nella Vit. N.<\/i>, XIII: «La donna, per cui Amore ti stringe così, non è come l'altre donne, che leggieramente si muova del suo cuore.»  E, nel senso morale, nel Conv.<\/i>, II, 9: Salimmo, montammo verso il colmo del suo arco. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18084","LuogoFonte":"Vita Nova XIII, 5 (Gorni, 6, 5)","NotaFonte":"","TestoFonte":"Lo quarto era questo: la donna per cui Amore ti stringe così, non è come l'altre donne, che leggeramente si muova del suo cuore. ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Vita_Nova&pb=6&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"70-72","from":16946.0,"to":16965.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Vita Nuova"},
{"Annotazione":"serpenti cornuti: dal gr.\n%chi%varepsilon%rho%\u00e1lpha%sigma%tau%eta%varsigma\\.  — «Ceraste \u00e8\nun serpentello che ha alla testa due cornicelle nere, e in\nEtiopia in quelli paesi caldi entra sotto quella tana col corpo e\ncon tutta la persona.»  Franc. Sacch. Op. div.<\/i> 132.  —\n<Serpentelli e ceraste<\/b> dee valere quanto serpenti piccioli e\ngrossi<\/i><\/b>; i piccioli per crine sciolto, e i grossi avvolti in\ntrecce.»  L.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
«Ceraste è un serpentello che ha alla testa due cornicelle nere, e in Etiopia in quelli paesi caldi entra sotto quella tana col corpo e con tutta la persona». Franc. Sacch. Op. div.<\/i> 132<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1029676","Fonte":"","LuogoFonte":"","NotaFonte":"","TestoFonte":"","UrlFonte":"","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"41","from":7968.0,"to":7969.0,"NomeAutore":"Franco Sacchetti","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"servi schiavi.  Vedi meschine<\/i> Inf.\nIX, 43.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Meschini <\/strong>servi schiavi.  Vedi meschine<\/i> Inf. IX, 43.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IX 43","NotaFonte":"","TestoFonte":"E quei, che ben conobbe le meschine","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=9&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115","from":26601.0,"to":26602.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"servi: ved. nota 43 a C. IX.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Meschini<\/b>, servi: ved. nota 43 a C. IX.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IX, 43","NotaFonte":"","TestoFonte":"E quei, che ben conobbe le meschine","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=9","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115","from":26601.0,"to":26602.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"si adatt\u00f2 con tutta la deretana\nparte del corpo, alla pendente roccia<\/b>, rupe [Vedi Inf. VII,\n6], per a quel modo sdrucciolando scendere al fondo, portando me\nsopra il suo petto.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
pendente roccia<\/b>, rupe [Vedi Inf. VII, 6]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"non ci torrà lo scender questa roccia<\/strong>\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"44","from":21737.0,"to":21740.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"si dice.  Purg., XXV, 17: «Scocca L'arco\ndel dir.»  E l'Ariosto, XXX, 66: «Quel che fuor la lingua\nscocca.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"si scocca<\/strong>, si dice. Purg., XXV, 17: «Scocca L'arco del dir.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXV, 17-18","NotaFonte":"","TestoFonte":"lo dolce padre mio, ma disse: “Scocca
l'arco del dir, che 'nfino al ferro hai tratto”","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=59","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":24315.0,"to":24317.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"si doleva (franc., se\nplaignait<\/i>), esprimeva il suo cruccioso dolore, col guizzar della\ngamba; ch'\u00e8 appunto il crucciarsi guizzando<\/i> di poco innanzi. \nE di quest'uso del verbo piangersi<\/i> abbiamo gi\u00e0 visto esempio\nin Dante (C. XVI, 75), e pi\u00f9 altri ne vedremo. — Altri\nleggono s\u00ec<\/i> accentato, e intendono piangere<\/i> detto\nfiguratamente per esprimer dolore; che in sostanza torna il\nmedesimo, ma rispetto al proprio valore delle parole \u00e8 meno\naccettabile.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"piangeva con la zanca<\/strong>, si doleva (franc., se <\/i>plaignait<\/i>), esprimeva il suo cruccioso dolore, col guizzar della gamba; ch'è appunto il crucciarsi guizzando<\/i> di poco innanzi. E di quest'uso del verbo piangersi<\/i> abbiamo già visto esempio in Dante (C. XVI, 75), e più altri ne vedremo.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVI, 75 ","NotaFonte":"","TestoFonte":"Fiorenza, in te, sì che tu già ten piagni","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=16","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"45","from":17771.0,"to":17776.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"si ferma un istante. — giace\npoi<\/b>...: vien posto per cento anni alla pena pi\u00f9 grave che abbia\nil girone, a quella dei bestemmiatori e negatori della divinit\u00e0\nche giacciono supini. Nel precetto divino: crescite et\nmultiplicamini<\/i>, era la legge della continuit\u00e0 della vita: essi\nla negarono, e son condannati ad andare continuamente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
giace poi<\/b>...: vien posto per cento anni alla pena più grave che abbia\r\nil girone, a quella dei bestemmiatori e negatori della divinità\r\nche giacciono supini.  Nel precetto divino: crescite et\r\nmultiplicamini<\/i>, era la legge della continuità della vita: essi\r\nla negarono, e son condannati ad andare continuamente.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"1, 22","NotaFonte":"","TestoFonte":"[22]<\/strong> benedixitque eis Deus dicens: “Crescite et multiplicamini et replete aquas maris, avesque multiplicentur super terram ”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#1","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"38","from":13839.0,"to":13842.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"si staccano dal ramo.  Similitudine\nimitata da Virgilio: «Quam multa in sylvis autumni frigore primo\nLapsa cadunt folia:> ma come imitano i grandi, cio\u00e8 migliorando.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Similitudine imitata da Virgilio: «Quam multa in sylvis autumni frigore primo Lapsa cadunt folia» ma come imitano i grandi, cioè migliorando.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis VI, 309-310","NotaFonte":"","TestoFonte":"quam multa in silvis autumni frigore primo
lapsa cadunt folia, aut ad terram gurgite ab alto","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D6%3Acard%3D295","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"112","from":2811.0,"to":2813.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"simile a quello Dell'alto\nscende virt\u00f9, che mi aiuta Conducerlo a vederti e ad udirti<\/i> [Ivi\n68 e segg.]. Daniello.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
simile a quello Dell'alto scende virtù, che mi aiuta Conducerlo a vederti e ad udirti<\/i> [Ivi 68 e segg.].  Daniello.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. I 68-69","NotaFonte":"","TestoFonte":"de l'alto scende virtù che m'aiuta
conducerlo a vederti e a udirti.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=35","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"24","from":6228.0,"to":6231.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"similitudine che ricorda la\nVirgiliana, En.<\/i> V 740, dell'ombra d'Anchise: «Tenues fugit,\nceu fumus, in auras», e risale forse a consimili imagini bibliche\n(Salmi<\/i> XXXVI 20, LXVII 3, Sap.<\/i> V 15).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"24","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","FrammentoNota":"
similitudine che ricorda la Virgiliana, En.<\/i> V 740, dell'ombra d'Anchise: «Tenues fugit, ceu fumus, in auras»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"V, 740","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dixerat, et tenuis fugit, ceu fumus, in auras.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus:text:1999.02.0055:book=5:card=719&highlight=fugit%2Cfumus%2Cceu","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"51","from":22879.0,"to":22881.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"sinalefa, invece di due angeli<\/i> —\nle due spade<\/b> [chiosa il Landino, e vi si uniforma anche il\nVellutello] sono la giustizia: le quali sono spuntate, perch\u00e8 tal\ngiustizia \u00e8 mescolata con la misericordia.  Puossi per\u00f2 anche\nragionevolmente pensare che, intendendo Dante questi due\ncherubini i medesimi, che dice il sacro testo [Gen. 3] messi da\nDio alla guardia del terrestre Paradiso, dopo la cacciata de'\nprimi parenti, acci\u00f2 niuno passasse per col\u00e0, spuntassero perci\u00f2\nle spade quando per la morte del Redentore incominciossi quel\npassaggio a riaprire [Vedi ci\u00f2 ch'\u00e8 stabilito nel canto preced.\nv. 4].  Il Venturi, forse non piacendogli quanto trov\u00f2 scritto su\n'l significare di queste spuntate spade se la passa con dire, che\nnon \u00e8 cosa n\u00e8 facile, n\u00e8 molto giovevole il rinvenirlo.<\/i><\/b>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Puossi però anche ragionevolmente pensare che, intendendo Dante questi due cherubini i medesimi, che dice il sacro testo [Gen. 3] messi da Dio alla guardia del terrestre Paradiso, dopo la cacciata de' primi parenti, acciò niuno passasse per colà, spuntassero perciò le spade quando per la morte del Redentore incominciossi quel passaggio a riaprire [Vedi ciò ch'è stabilito nel canto preced. v. 4].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"III 24","NotaFonte":"","TestoFonte":"Eiecitque hominem et collocavit ad orientem paradisi Eden cherubim et flammeum gladium atque versatilem ad custodiendam viam ligni vitae.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"26-27","from":7220.0,"to":7233.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"},
{"Annotazione":"sinc. vedesti tu; anche nella Vit.\nN.<\/i>, XXII (nel Son.<\/i> II): vedest\u00f9 pianger lei<\/i>?  E ivi, XXIII\n(nella canz. st. 2):\n\n     Che vedest\u00f9, che tu non hai valore?\n\n— Scritta morta<\/b> chiama l'iscrizione veduta sulla porta\ndell'Atrio infernale (Inf.<\/i><\/b>, III, 1-9): morta<\/i><\/b>, perch\u00e8 parla\ndella citt\u00e0 de' veri morti<\/i>, oscura di colore, grave all'animo\npel suo significato (cf. Inf.<\/i>, III, 10).  — E gi\u00e0 di qua da\nlei<\/b>, varcata omai quella porta; e se cos\u00ec s'ha da intendere\nquesta espressione del Poeta, cade di per s\u00e8 l'affermazione del\nCaetani che questo Messo fosse Enea che vedemmo nel Limbo\n(Inf.<\/i><\/b>, IV, 122).  — Erta<\/i><\/b>, rispetto ai poeti (cf. Inf.<\/i>, I, \n31), scesa<\/i> o china<\/i> rispetto al Messo (cf. Inf.<\/i>, XII, 10;\nXVI, 101).  — Passando per li cerchi<\/b> ecc.  Cerchi<\/b>, come\naltrove giri<\/i><\/b> (cf. Inf.<\/i>, X, 4), usa il Poeta per le divisioni\ndell'Inferno (Inf.<\/i>, IV, 24; V, 7; VII, 44; VIII, 129; XI, 28, \n57 e 64; XII, 39; XVII, 44; XXV, 12; Purg.<\/i>, I, 78; VII, 22);\nper le cornici o ripiani del Purgatorio (Purg.<\/i>, XVII, 137;\nXXII, 92), e per le orbite de' Cieli (Inf.<\/i>, II, 78; Purg.<\/i>, \nXI, 108; Par.<\/i>, XXVII, 112 e 144).  — Tal<\/i><\/b>, tal personaggio, \n(cf. Inf.<\/i><\/b>, IX, 80).  — Terra<\/b>, citt\u00e0, luogo murato (cf.\nInf.<\/i>, XXX, 21); qui per la Citt\u00e0 di Dite come al v. 77, IX, \n104; X, 2; Dante tal voce nel detto senso usa di frequente; onde\nInf.<\/i>, V, 97 \u00e8 Ravenna; XVI, 9 e 58, e XXIII, 105 \u00e8 Firenze; XX, \n98, e Purg.<\/i>, VI, 75 e 80 \u00e8 Mantova; Lucca, XXI, 40; Forl\u00ec, \nXXVII, 43; Rimini, XXVIII, 86; Marsiglia, Par.<\/i>, IX, 92.\n\n\tNota le terzine 2, 5, 8, 9, 11, 12, 14, 16, 17, 21, 22, \n24, 26, 27, 28, 37, 38, 40, 43.\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Vedestù<\/b>, sinc. vedesti tu; anche nella Vit. N.<\/i>, XXII (nel Son.<\/i> II): vedestù pianger lei<\/i>? E ivi, XXIII (nella canz. st. 2): Che vedestù, che tu non hai valore?","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18084","LuogoFonte":"Vita Nova XXII, 14, v. 7 (Gorni, 13, 13, v. 7)","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vedestù pianger lei, che tu non puoi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Vita_Nova&pb=13&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"127-130","from":7642.0,"to":7643.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Vita Nuova"},
{"Annotazione":"sinchisi, di cui la\ncostruzione: Questi<\/b>, costui ch'io rodo, maestro<\/i><\/b> [mio<\/i>\nintendi] e donno<\/b>, signore [allusivamente, crederei, al\ndoctores<\/i><\/b> che appella i Vescovi s. Paolo [Ephes.<\/i> 4 v. 11], ed\nal titolo di monsignore<\/i>, che vale mio signore<\/i>, attribuito\ncomunemente ai Vescovi] pareva a me<\/i><\/b>, apparivami, mi si faceva\nin sogno vedere.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Questi<\/b>, costui ch'io rodo, maestro<\/b> [mio <\/i>intendi] e donno<\/b>, signore [allusivamente, crederei, al doctores<\/i> che appella i Vescovi s. Paolo [Ephes.<\/i> 4 v. 11], ed al titolo di monsignore<\/i>, che vale mio signore<\/i>, attribuito comunemente ai Vescovi] pareva a me<\/b>, apparivami, mi si faceva in sogno vedere.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q408673","LuogoFonte":"IV 11","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et ipse dedit quosdam quidem apostolos, quosdam autem prophetas, alios vero evangelistas, alios autem pastores et doctores","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-ephesios_lt.html#4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"28","from":32137.0,"to":32139.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera agli Efesini"},
{"Annotazione":"sincope di scarico<\/i>, scaricamento. \nCos\u00ec appella il rovesciamento di quelle pietre, perocch\u00e8 cadendo\navevano discaricata del proprio peso quella ripa, su della quale\nerano prima collocate.  — moviensi<\/b> per movevansi<\/i><\/b> spiega il\nVolpi detto in rima qu\u00ec, e nel XVIII, 79 del Parad.  Ma anche\nfuor di rima il ripete Purg. III, 59, XXIX, 59: e venieno<\/i> per\nvenivano<\/i> pur fuor di rima scrisse eziandio il Petrarca [Son.\n220]: e per questi ed altri simili esempi conclude il Cinonio\nessere generalmente stati soliti gli antichi di fare in simili\ndesinenze cotal cambio [Tratt. de' Verbi c. VI].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
moviensi<\/b> per movevansi<\/i> spiega il Volpi detto in rima quì, e nel XVIII, 79 del Parad. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XVIII 79","NotaFonte":"","TestoFonte":"Prima, cantando, a sua nota moviensi;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=85&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"28-29","from":10636.0,"to":10637.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"sincope di soccorrer\u00e0<\/i> — concipio<\/b>,\nimmagino, concepisco; voce Latina, in grazia della rima. \n\n\tQu\u00ec pure la comune degli espositori intende accennato il\nsoccorso aspettato dall'Imperatore Arrigo VIII, ma io dico da Can\ngrande.  Vedi la nota al canto XXXIII del Purg. v. 43.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Quì pure la comune degli espositori intende accennato il soccorso aspettato dall'Imperatore Arrigo VIII, ma io dico da Can grande.  Vedi la nota al canto XXXIII del Purg. v. 43. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXIII 43","NotaFonte":"","TestoFonte":"nel quale un cinquecento diece e cinque,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=67&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': '', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"63","from":26782.0,"to":26783.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"sincope di vedesti tu.<\/i>  Occorre non di\nrado negli scrittori antichi.  — La scritta<\/b>: l'iscrizione Inf.\nIII, 1 e seg.  — Morta<\/b>: perciocch\u00e8 ha a significare a quelli\nche per essa entrano eterna morte.  Cos\u00ec il Bocc.<\/i><\/b>  Altri:\nmorta<\/i><\/b> — di color morto, oscuro.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
La scritta<\/b>: l'iscrizione Inf. III, 1 e seg. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III, 1-9","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Per per si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina podestate,
la somma sapïenza e 'l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=3&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"127","from":7642.0,"to":7643.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"sincope di vedesti tu<\/i> — la scritta<\/b>,\nla iscrizione, quella che incomincia Per me si va<\/i><\/b> ec. —\nmorta<\/i><\/b>, di colore smorto, oscuro.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
la scritta<\/b>, la iscrizione, quella che incomincia Per me si va<\/i> ec.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III 1-9","NotaFonte":"","TestoFonte":"
\"Per per si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina podestate,
la somma sapïenza e 'l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=3&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"127","from":7642.0,"to":7643.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"smorto come un cadavere, che si\nsepellisce, chiosano tutti gli espositori; mal applicando il\npronome di persona ad un cadavere. Pi\u00f9 volontieri per\u00f2 mi\nsottoscrivo al suggerimento del dottissimo altrove gi\u00e0 da me\nlodato sig. Ennio Visconti, che per colui<\/b> intenda il Poeta non\nun cadavere, ma un uomo vivo condannato ad essere propagginato:\nad essere cio\u00e8 impiantato a capo in gi\u00f9 in una buca scavata nel\nterreno, ed indi con gettar terra nella buca soffocato: supplizio\ndel quale, come di cosa a' tempi suoi praticata, se ne vale Dante\nper formarne anche un altro paragone. Inf. XIX, 49 e segg.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Mi sottoscrivo al suggerimento del dottissimo [...] sig. Ennio Visconti, che per colui<\/b> intenda il Poeta non un cadavere, ma un uomo vivo condannato ad essere propagginato: ad essere cioè impiantato a capo in giù in una buca scavata nel terreno, ed indi con gettar terra nella buca soffocato: supplizio del quale, come di cosa a' tempi suoi praticata, se ne vale Dante per formarne anche un altro paragone.  Inf. XIX, 49 e segg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIX 49-51","NotaFonte":"","TestoFonte":"Io stava come 'l frate che confessa
lo perfido assessin, che, poi ch'è fitto,
richiama lui per che la morte cessa.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=19","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"15","from":26866.0,"to":26875.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"soave e piena di benigna dolcezza,\ncome al tempo che andava benignamente d'umilt\u00e0 vestuta<\/i> (V.\nN.<\/i>, son. XV).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
soave e piena di benigna dolcezza,\r\ncome al tempo che andava benignamente d'umiltà vestuta<\/i> (V.\r\nN.<\/i>, son. XV).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18084","LuogoFonte":"XVII","NotaFonte":"","TestoFonte":"Questa gentilissima donna, di cui ragionato è nelle precedenti parole, venne in tanta gratia delle genti, che quando passava per via, le persone correvano per vedere lei, onde mirabile letitia me ne giugnea nel cuore. E quando ella fosse presso d'alcuno, tanta onestà giugnea nel cuore di quello, che non ardia di levare gli occhi, né di rispondere al suo saluto. E di questo molti, sì come esperti, mi potrebbono testimoniare a chi no·llo credesse. Ella coronata e vestita d'umiltà s'andava, nulla gloria mostrando di ciò ch'ella vedea e udia. Diceano molti, poi che passata era: «Questa non è femina, anzi è de' bellissimi angeli del cielo». E altri diceano: «Questa è una maraviglia; che benedecto sia lo Signore, che sì mirabilemente sa operare!». Io dico che ella si mostrava sì gentile e sì piena di tutti li piaceri, che quelli che la miravano comprendeano in loro una dolcezza onesta e soave tanto, che ridire no·llo sapeano; né alcuno era lo quale potesse mirare lei, che nel principio nol convenisse sospirare. Queste e più mirabili cose da·llei procedeano virtuosamente. Onde io pensando a·cciò, volendo ripigliare lo stilo della sua loda, propuosi di dicere parole nelle quali io dessi ad intendere delle sue mirabili ed excellenti operationi, acciò che non pur coloro che la poteano sensibilemente vedere, ma gli altri sappiano di lei quello che le parole ne possono fare intendere. Allora dissi questo sonnet Tanto gentile.Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand'ella altrui saluta,
ch'ogne lingua deven tremando muta
e gli occhi no l'ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d'umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per gli occhi una dolcezza al core,
che 'ntender no·lla può chi no·lla prova;
e par che della sua labbia si mova
un spirito soave pien d'amore,
che va dicendo all'anima: Sospira.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Vita_Nova&pb=17&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"56","from":1400.0,"to":1403.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Vita Nuova"}, {"Annotazione":"solamente al proprio uso, cio\u00e8 a\npro della sua Chiesa [Vedi la nota ai versi 38 e 39 del canto\nprecedente] — santa<\/b> dee valere quanto sacrosanta<\/i>, cio\u00e8 da\nnon toccarsi, da non guastarsi da veruno mai.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
solamente al proprio uso, cioè a pro della sua Chiesa [Vedi la nota ai versi 38 e 39 del canto precedente]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXII 38-39","NotaFonte":"","TestoFonte":"poi cerchiaro una pianta dispogliata
di foglie e d'altra fronda in ciascun ramo.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=66&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"60","from":33461.0,"to":33470.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"solamente ieri mattina: non\navendo di fatto impiegata nell'Inferno che la notte sopravvenuta\nal giorno in cui trovossi smarrito nella valle [Dal principio del\ncanto II Lo giorno se n'andava<\/i> ec. non ha fin qu\u00ec contato, che\nla mezza notte nel canto VII Gi\u00e0 ogni stella cade<\/i> {v.98} ec.,\n\u00e8 l'avvicinarsi dell'aurora nel canto XI I pesci guizzan su per\nl'orizzonta<\/i> {v.113}: e non fa tramontar la Luna, che [per\nessere, come supponela, piena] val quanto far nascere il giorno,\nse non nella quarta bolgia dell'ottavo cerchio nel fine del canto\nXX Ma vienne omai, che gi\u00e0 tiene il confine<\/i> {v.124} ec.].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Pur ier mattina<\/strong> solamente ieri mattina: non avendo di fatto impiegata nell'Inferno che la notte sopravvenuta al giorno in cui trovossi smarrito nella valle [Dal principio del canto II Lo giorno se n'andava<\/i> ec.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II 1-5","NotaFonte":"","TestoFonte":"Lo giorno se n'andava, e l'aere bruno
toglieva li animai che sono in terra
da le fatiche loro; e io sol uno
m'apparecchiava a sostener la guerra
sì del cammino e sì de la pietate","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"52","from":13941.0,"to":13944.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"soldati di Catone, i quali,\nsecondo Lucano nel IX della Phars., ne' deserti della Libia\nfurono morsi da serpi. Sabello dal veleno fu in breve spazio\nridotto in cenere; Nassidio enfiato per modo, che ne scoppi\u00f2 la\nstessa corazza.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Del misero Sabello <\/strong>ec. soldati di Catone, i quali, secondo Lucano nel IX della Phars., ne' deserti della Libia furono morsi da serpi. Sabello dal veleno fu in breve spazio ridotto in cenere; Nassidio enfiato per modo, che ne scoppiò la stessa corazza.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"Pharsalia IX, 761-788","NotaFonte":"","TestoFonte":"Iussit signa rapi propere Cato: discere nulli
Permissum est, hoc posse sitim. Sed tristior illa
Mors erat ante oculos: miserique in crure Sabelli
Seps stetit exiguus, quem flexo dente tenacem
Avulsitque manu, piloque adfixit arenis:
Parva modo serpens; sed qua non ulla cruentae
Tantum mortis habet. Nam plagae proxima circum
Fugit rapta cutis, pallentiaque ossa retexit.
Iamque sinu laxo nudum est sine corpore vulnus;
Membra natant sanie: surae fluxere: sine ullo
Tegmine poples erat: femorum quoque musculus omni
Liquitur, et nigra distillant inguina tabe.
Dissiluit stringens uterum membrana, fluuntque
Viscera: nec, quantum toto de corpore debet,
Effluit in terras: saevum sed membra venenum
Decoquit; in minimum mox contrahit omnia virus
Vincula nervorum, et laterum contexta, cavumque
Pectus, et abstrusum fibris vitalibus, omne
Quidquid homo est, aperit pestis. Natura profana
Morte patet: manant humeri fortesque lacerti:
Colla caputque fluunt. Calido non ocius Austro
Nix resoluta cadit, nec solem cera sequetur.
Parva loquor, corpus sanie stillasse perustum:
Hoc et flamma potet. Sed quis rogus abstulit ossa
Haec quoque discedunt, putresque secuta medullas
Nulla manere sinunt rapidi vestigia fati.
Cyniphias inter pestes tibi palma nocendi est;
Eripiunt omnes animam, tu sola cadaver.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0133%3Abook%3D9%3Acard%3D734","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"95","from":24302.0,"to":24305.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, {"Annotazione":"soldato dell'esercito di\nCatone, che, morso dal serpente seps<\/i>, si ridusse in breve in un\npugno di cenere (Phars.<\/i>, IX, 761-788); e di Nassidio<\/b>: che,\nmorso invece dal serpente prester<\/i><\/b>, si gonfi\u00f2 fino a far\nscoppiare la lorica, convertendosi in un informe ammasso di carne\n(Phars.<\/i>, IX, 789-804).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
soldato dell'esercito di Catone, che, morso dal serpente seps<\/i>, si ridusse in breve in un\r\npugno di cenere (Phars.<\/i>, IX, 761-788); <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q188646","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q678375","LuogoFonte":"IX, 761-788","NotaFonte":"","TestoFonte":"Iussit signa rapi propere Cato; discere nulli
Permissum est hoc posse sitim. Sed tristior illo
Mors erat ante oculos, miserique in crure Sabelli
Seps stetit exiguus, quem flexo dente tenacem
Auulsitque manu piloque affixit harenis.
Parua modo serpens, sed qua non ulla cruentae
Tantum mortis habet. Nam plagae proxima circum
Fugit rupta cutis pallentiaque ossa retexit;
Iamque sinu laxo nudum sine corpore uulnus.
Membra natant sanie, surae fluxere, sine ullo
Tegmine poples erat, femorum quoque musculus omnis
Liquitur, et nigra destillant inguina tabe.
Dissiluit stringens uterum membrana, fluuntque
Viscera; nec, quantus toto de corpore debet,
Effluit in terras, saeuum sed membra uenenum
Decoquit, in minimum mox contrahit omnia uirus.
Vincula neruorum et laterum textura cauumque
Pectus et abstrusum fibris uitalibus: omne
Quidquid homo est aperit pestis. Natura profana
Morte patet: manant umeri fortesque lacerti,
Colla caputque fluunt. Calido non ocius austro
Nix resoluta cadit nec solem cera sequetur.
Parua loquor, corpus sanie stillasse perustum:
Hoc et flamma potest; sed qui rogus abstulit ossa?
Haec quoque discedunt, putrisque secuta medullas
Nulla manere sinunt rapidi uestigia fati.
Cinyphias inter pestes tibi palma nocendi est:
Eripiunt omnes animam, tu sola cadauer.","UrlFonte":"http:\/\/mizar.unive.it\/mqdq\/public\/testo\/testo?codice=LVCAN%7Cphar%7C009","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"95","from":24302.0,"to":24305.0,"NomeAutore":"Marco Anneo Lucano","TitoloFonte":"Pharsalia"}, {"Annotazione":"solitario. Dal v. 73 e segg. si\ndichiara essere costui Catone il minore, detto Uticense<\/i>, il\nquale sostenendo coll'armi alla mano la libert\u00e0 della Romana\nrepubblica contro di Cesare, vedendosi al fine nell'impotenza di\nresistergli si diede da se medesimo la morte.\n\n\tLa supposizione, che non possa qu\u00ec dal poeta nostro\ncollocarsi Catone, se non per farlo un d\u00ec passare al Paradiso, ha\nrecato non leggiero imbarazzo alla mente di tutti quanti hanno\nfin ora scritto sopra questo passo: altri condannando Dante di\nperversa teologia, per ammetter salvo un idolatra e un suicida;\naltri, per liberar Dante da simile taccia, chiosando che per\nCatone non l'anima di Catone intenda, ma la libert\u00e0. Spiacemi\nsoprattutto di udire tra i condannatori uscirsene il Venturi con\nquell'aspro epifonema Per verit\u00e0 \u00e8 un gran capriccio; ma in ci\u00f2\nsegue Dante suo stile.<\/i>\n\n\tSe lo stile di Dante avesse il Venturi diligentemente\nconsiderato, avrebbe forse parlato con maggior riserba. Avrebbe\nscorto che, ovunque introduce Dante anime di gentili a\nsalvazione, sempre si fa il doveroso carico di giustificarne la\nloro salvezza a tenore di una sana teologia. Cos\u00ec di uno Stazio\n[Purg. XXII e segg.], cos\u00ec di un Rif\u00e8o [Parad. XX, 118 e segg.],\ncos\u00ec di un Traiano [Purg. X, 73 e Parad. XX, 103 e segg.]: ma non\ncos\u00ec di un Catone, di cui massime, perocch\u00e8 sarebbe il primo di\ntutti, maggior bisogno sarebbevi stato.\n\n\tAl Purgatorio per\u00f2, mi si dir\u00e0, non vanno che le anime\ndestinate al Paradiso: e quel ch'\u00e8 pi\u00f9, predice Virgilio a Catone\nmedesimo che la corporale di lui veste al gran d\u00ec<\/i>\n[dell'universale giudizio] sar\u00e0 s\u00ec chiara<\/i> [Vers. 75 del canto\npresente].\n\n\tTutto vero, rispondo. Ma il Purgatorio non \u00e8 qu\u00ec dov'\u00e8\nCatone, ma molto pi\u00f9 in alto, su la falda del monte, in serrato\nluogo [Vedi il principio del canto X], al quale Catone, che vi\nsollecita gli altri, non s'\u00e8 mosso mai per mille trecento e pi\u00f9\nanni scorsi tra la di lui morte e questo viaggio di Dante, in\ntempo che gli altri gentili spiriti, che Dante pone salvi, gi\u00e0\ntutti [quantunque alcuni di loro fossero di Catone assai pi\u00f9\nrecenti] vi sono passati non solo, ma vi hanno terminate le\nlunghe carovane. Ma avvisando in seguito [v. 97, 98] Catone\nstesso, che mal sarebbe Dante qual'era, tinto d'infernale\nfuliggine, ricevuto dal primo ministro, ch'\u00e8, di quei di\nParadiso<\/i>, accenna se essere di quei dell'Inferno. Chiara<\/i>\nanche sar\u00e0 al gran d\u00ec la veste<\/i> di Catone: ma di qual lume\nchiara? E non si pu\u00f2 egli presumere del lume stesso delle\nquattro stelle che fregian ora la di lui ombra? ovvero col fregio\nmedesimo della naturale beatitudine, che, com'\u00e8 detto [Inf. II,\n52] pare che Dante supponga a tutti quei del Limbo destinata,\ndopo l'universale giudizio, su questa terra?\n\n\tPe 'l grande amore, e fedelt\u00e0 alla patria, e per\nl'integrit\u00e0 de' costumi da tutti in Catone sommamente commendata,\nha bens\u00ec Dante voluto questo gentile eroe distinto ed onorato\nsopra d'ogn'altro: ma che poi voglialo anche in Paradiso, ci\u00f2 n\u00e8\n'l ci dice espressamente, n\u00e8 tampoco ci somministra ragionevole\nfondamento di crederlo.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ovunque introduce Dante anime di gentili a salvazione, sempre si fa il doveroso carico di giustificarne la loro salvezza a tenore di una sana teologia.  Così di uno Stazio [Purg. XXII e segg.] [...] ma non così di un Catone, di cui massime, perocchè sarebbe il primo di tutti, maggior bisogno sarebbevi stato.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXII 64-73","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ed elli a lui: \"Tu prima m'invïasti
verso Parnaso a ber ne le sue grotte,
e prima appresso Dio m'alluminasti.
Facesti come quei che va di notte,
che porta il lume dietro e sé non giova,
ma dopo sé fa le persone dotte,
quando dicesti: \"Secol si rinova;
torna giustizia e primo tempo umano,
e progenïe scende da ciel nova\".
Per te poeta fui, per te cristiano","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=56&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONTRADDICE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31","from":209.0,"to":212.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"solo Dante, perocch\u00e8 solo esso aveva\nseco di quel d'Adamo<\/i> [Cant. preced. v. 10].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
solo Dante, perocchè solo esso aveva seco di quel d'Adamo<\/i> [Cant. preced. v. 10].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. IX 10","NotaFonte":"","TestoFonte":"quand'io, che meco avea di quel d'Adamo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=43&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"19","from":9256.0,"to":9258.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"son certi che il loro misero e\nvile stato non avr\u00e0 mai fine.  Gli uomini cercheranno la morte e\nnon la troveranno; e desidereranno di morire e la morte fuggir\u00e0\nda loro.<\/i>  Apocal. IX, 6.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
son certi che il loro misero e vile stato non avrà mai fine. Gli uomini cercheranno la morte e non la troveranno; e desidereranno di morire e la morte fuggirà da loro.<\/i>  Apocal. IX, 6.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","LuogoFonte":"9, 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et in diebus illis quaerent homines mortem et non invenient eam; et desiderabunt mori, et fugit mors ab ipsis.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#9","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46","from":2352.0,"to":2355.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"},
{"Annotazione":"son serpenti d'acqua, secondo Plinio,\nvelenosi quanto i pi\u00f9 velenosi di terra.  — cinte<\/b>: attorno\nalla vita.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
son serpenti d'acqua, secondo Plinio,\r\nvelenosi quanto i più velenosi di terra.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q82778","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q442","LuogoFonte":"XXIX, 23","NotaFonte":"Il rimando a Plinio, unitamente al chiarimento sulla maggiore velenosit\u00e0 di questo tipo di serpenti rispetto a quelli terrestri, si contrappone a quanto scriveva un commentatore pur spesso citato da Pietrobono: Boccaccio, infatti, scriveva che \u00ab\"Idra\" \u00e8 una spezie di serpenti li quali usano nell'acqua, e per\u00f2 sono chiamate \"idre\", per ci\u00f2 che l'acqua in greco \u00e8 chiamata \"ydros\"; e queste non sogliono essere velenose serpi\u00bb.","TestoFonte":"Pulcherrimum anguium genus est quod et in aqua vivit; hydri vocantur, nullo serpentium inferiores veneno. Horum iecur servatum adversus percusso ab iis auxilium est. ","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0138%3Abook%3D29%3Achapter%3D23","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"40","from":7962.0,"to":7963.0,"NomeAutore":"Plinio il Vecchio","TitoloFonte":"Naturalis historia"},
{"Annotazione":"sono secondo la favola i due\nfratelli gemelli figliuoli di Giove e di Leda, che formano in\ncielo la costellazione appellata perci\u00f2 dai Latini Gemini<\/i>; e\nper cotali intende qu\u00ec Dante la costellazione stessa —\nspecchio<\/b> poi appella il Sole su 'l fondamento medesimo su del\nquale nel Paradiso IX, 61 appella specchi<\/i><\/b> gli Angeli; perocch\u00e8\nil primo agente cio\u00e8 Dio<\/i> [insegna esso Dante nel suo Convito<\/i>]\npinge la sua virt\u00f9 in cose per modo di diritto raggio, e in cose\nper modo di splendore rinverberato: onde nell'intelligenze raggia\nla divina luce senza mezzo: nell'altre si ripercuote da queste\nintelligenze prima illuminate<\/i> [Tratt. 3 cap. 14]: per la qual\ndottrina viene il Sole ad essere come uno specchio riverberante a\nnoi mortali la luce che dalle intelligenze riceve.  — Che s\u00f9 e\ngi\u00f9<\/i><\/b> ec. or alzandosi ad illuminare un emisfero, or abbassandosi\nad illuminare l'altro opposto.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
specchio<\/b> poi appella il Sole su 'l fondamento medesimo su del quale nel Paradiso IX, 61 appella specchi<\/i> gli Angeli.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. IX 61","NotaFonte":"Si veda, in questa stessa nota, il successivo luogo parallelo.","TestoFonte":"Sù sono specchi, voi dicete Troni","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=76&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61-63","from":3369.0,"to":3391.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"sopra quel\nBeltramo gi\u00e0 detto [Cant. preced. v. 134], il quale ebbe in\nguardia Altaforte, rocca d'Inghilterra, la qual tenne per\nGiovanni.  Landino.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
sopra quel Beltramo già detto [Cant. preced. v. 134], il quale ebbe in guardia Altaforte, rocca d'Inghilterra, la qual tenne per Giovanni.  Landino. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVIII 134","NotaFonte":"","TestoFonte":"sappi ch'i' son Bertram dal Bornio, quelli","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=28","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"29","from":27974.0,"to":27980.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"sorge la seconda volta dacch\u00e8 facciamo\nquesto viaggio.  La prima volta fu quando entrarono nell'Inferno:\n«Lo giorno se n'andava ec.»  C. II, 1.  — Da questi due passi\nadunque, e da questi altri intermedii, VII 98, XI 113, XX 124,\nXXI 112, XXIX 10, e XXXI 10, si rilevano impiegate dal Poeta\nnella visita dell'Inferno ore ventiquattro, cio\u00e8 tutto il sabato\nsanto del 1300.  Il venerd\u00ec lo aveva egli gi\u00e0 speso tutto tra\nle noie della selva ed i ragionamenti con Virgilio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Risurge<\/b>, sorge la seconda volta dacchè facciamo questo viaggio. La prima volta fu quando entrarono nell'Inferno: «Lo giorno se n'andava ec.» C. II, 1. – Da questi due passi adunque, e da questi altri intermedii, VII 98, XI 113, XX 124, XXI 112, XXIX 10, e XXXI 10, si rilevano impiegate dal Poeta nella visita dell'Inferno ore ventiquattro, cioè tutto il sabato santo del 1300. Il venerdì lo aveva egli già speso tutto tra le noie della selva ed i ragionamenti con Virgilio.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II, 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Lo giorno se n'andava, e l'aere bruno","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"68","from":33589.0,"to":33590.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"sotto Giulio Cesare, principe gi\u00e0, se\nnon di nome, di fatto.  Narra Svetonio che Cesare, fin dal suo\nconsolato con Bibulo, «Esso solo govern\u00f2 la repubblica come a\nlui parve, tantoch\u00e8 alcune persone facete, quando si\nsottoscrivevano per testimoni a qualche scritta o contratto,\ndicevano tal cosa esser fatta non al tempo di Cesare e di Bibulo,\nma di Giulio e di Cesare.»  L'uso poi di frammetter voci o frasi\nlatine fu comune agli italiani scrittori, fino a che non\nsottentr\u00f2 la smania per le straniere: e molti esempi ne avremo\nnel nostro.  — Ancorch\u00e8 fosse tardi.<\/b>  Virgilio contava soli\n25 anni, quando Cesare fu ammazzato.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Narra Svetonio che Cesare, fin dal suo consolato con Bibulo, «Esso solo governò la repubblica come a lui parve, tantochè alcune persone facete, quando si sottoscrivevano per testimoni a qualche scritta o contratto, dicevano tal cosa esser fatta non al tempo di Cesare e di Bibulo, ma di Giulio e di Cesare.» <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q10133","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/caesar","LuogoFonte":"Caesar XX, 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Vnus ex eo tempore omnia in re publica et ad arbitrium administrauit, ut nonnulli urbanorum, cum quid per iocum testandi gratia signarent, non Caesare et Bibulo, sed Iulio et Caesare consulibus actum scriberent bis eundem praeponentes nomine atque cognomine","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0061%3Alife%3Djul.%3Achapter%3D20%3Asection%3D2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"70","from":504.0,"to":511.0,"NomeAutore":"Gaio Svetonio Tranquillo","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"spiega il Venturi ch'erano quel\ndrappo, che scendendo dal capo copriva gli occhi e il volto alle\nvedove.<\/i>  Per molti riscontri per\u00f2 [e per quello del Petrarca\nDeh che sia maladetto chi t'attende, e spera in trecce e 'n\nbende<\/i> [Nella Frottola<\/i>], e per quello dello stesso nostro poeta\nnel XXIV della presente cantica Femmina \u00e8 nata, e non porta\nancor benda<\/i> [Vers. 43], e per quello stesso che dice qu\u00ec, che\nBeatrice trasmut\u00f2<\/b>, non depose<\/i><\/b> le bianche bende] sembra\ndivenir chiaro, che fossero cotali bende, quanto alla sostanza,\nornamento comune di tutte le donne adulte, variante solo nel\ncolore nelle vedove e nelle altre.\n\n\tQualunque si fosse l'origine delle bianche bende in segno\ndi vedovanza, o dal bianco vestire usato una volta nel lutto da'\nSiracusani, da quelli d'Argo, e dalle donne Romane, come pensa il\nRosa Morando [Annotaz.<\/i> a questo verso], ovvero d'altronde; egli\npare certo, che anche ai tempi di Dante portassero le donne in\nsegno di loro vedovile stato, oltre le bianche bende, negre le\nvestimenta, come oggid\u00ec si usa.  Vedova sconsolata in vesta\nnegra<\/i> troviamo scritto dal Petrarca [Canz. 40], che nacque\ndiciassette anni prima che Dante morisse: Deh guarda come a\ncotal donna stanno bene le bende bianche, e i panni neri<\/i>,\nscrisse pur in quel medesimo torno il Boccaccio [Laberinto\nd'Amore<\/i>].\n\n\tPer non aver poi i vecchi commentatori fatto alcun punto\nsopra cotal foggia di bende, Nota<\/i>, dice il Venturi, il bruno,\no vedovile co' veli bianchi: tal convien dire, che fosse l'usanza\ndi quei tempi: ma pure dalle gran guardarobe di questi pienissimi\ncomentatori non se ne pu\u00f2 cavare un pezzolino di opportuna\nnotizia.<\/i>\n\n\tEssendo per\u00f2 dei secoli pi\u00f9 d'uno scorsi tra lo scrivere\ndi essi pienissimi comentatori, e lo scrivere del Venturi\n[L'ultimo de' pienissimi commentatori<\/i> fu Bernardino Daniello, o\n[come vuole Diomede Borghesi nelle sue lettere p. 3 car. 16]\nTrifone Gabriello, morti amendue circa il mezzo del secolo\ndecimosesto], pu\u00f2 ragionevolmente dubitarsi, anzi lo stesso\ncomune silenzio pare lo dinoti, che fosse a' tempi loro la\ncostumanza delle bianche vedovili bende ancora in uso, e che\nappunto per essere cosa troppo nota se la passassero sotto\nsilenzio, senza imbarazzar davvantaggio le loro gran guardarobe\ndi pezze d'osservazioni affatto superflue.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Per molti riscontri però [...<\/i>], e per quello dello stesso nostro poeta nel XXIV della presente cantica Femmina è nata, e non porta ancor benda<\/i> [Vers. 43], e per quello stesso che dice quì, che Beatrice trasmutò<\/b>, non depose<\/i> le bianche bende] sembra divenir chiaro, che fossero cotali bende, quanto alla sostanza, ornamento comune di tutte le donne adulte, variante solo nel colore nelle vedove e nelle altre.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIV 43","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Femmina è nata, e non porta ancor benda\",","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=58&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"74","from":7578.0,"to":7581.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"statua di Pallade, che credevasi da\nTroiani scesa dal cielo nel tempio a quella Dea fabbricato nel\npi\u00f9 alto della loro fortezza; con l'oracolo d'Apolline, che\navrebbe Troia sofferto rovina ogni qual volta fossesi quella\nstatua portata fuor delle mura della citt\u00e0.  Ulisse per\u00f2 e\nDiomede con frode offensiva alla elezione fattasi di quel luogo\ndalla Dea stessa, penetrati col\u00e0 per vie secrete, ed uccisi i\ncustodi, se la portarono; onde Virgilio\n\n     . . . . . . . . . . impius ex quo<\/i>\n     Tydides sed enim, scelerumque inventor Ulixes<\/i>,\n     Fatale aggressi sacrato avellere templo<\/i>\n     Palladium, caesis summae custodibus arcis<\/i>,\n     Corripuere sacram effigiem, manibusque cruentis<\/i>\n     Virgineas ausi divae contingere vittas<\/i>\n     [Aeneid.<\/i> II, 163 e segg.].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Palladio <\/strong>statua di Pallade, che credevasi da Troiani scesa dal cielo nel tempio a quella Dea fabbricato nel più alto della loro fortezza; con l'oracolo d'Apolline, che avrebbe Troia sofferto rovina ogni qual volta fossesi quella statua portata fuor delle mura della città.  Ulisse però e Diomede con frode offensiva alla elezione fattasi di quel luogo dalla Dea stessa, penetrati colà per vie secrete, ed uccisi i custodi, se la portarono; onde Virgilio \r\n     . . . . . . . . . . impius ex quo<\/i>\r\n     Tydides sed enim, scelerumque inventor Ulixes<\/i>,\r\n     Fatale aggressi sacrato avellere templo<\/i>\r\n     Palladium, caesis summae custodibus arcis<\/i>,\r\n     Corripuere sacram effigiem, manibusque cruentis<\/i>\r\n     Virgineas ausi divae contingere vittas<\/i>\r\n     [Aeneid.<\/i> II, 163 e segg.].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"II 163-168","NotaFonte":"","TestoFonte":"Impius ex quo
Tydides sed enim scelerumque inventor Ulixes,
fatale adgressi sacrato avellere templo
Palladium, caesis summae custodibus arcis,
corripuere sacram effigiem, manibusque cruentis
virgineas ausi divae contingere vittas;","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+2.163&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"63","from":25195.0,"to":25196.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"stava sdraiato il\nMinotauro, che le favole dissero generato da un toro, al quale\nPasifae, moglie del re di Creta, soggiacque chiusa in una vacca\ndi legno. Questo mostro, mezz'uomo e mezzo bue, si pasceva di\ncarne umana: onde molto acconciamente \u00e8 qui posto come simbolo\ndella bestial violenza punita nel settimo cerchio. — Creti.<\/b>\nCos\u00ec la disse anche Gio. Villani, I, 6: e qui fa suono\nmigliore di Creta.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Creti. <\/b>Così la disse anche Gio. Villani, I, 6: e qui fa suono migliore di Creta.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica I, vi","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nembrot ingenerò Cres, che fu il primo re e abitatore dell'isola di Creti","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf ","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"12-13","from":10512.0,"to":10516.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"sul destro lato.  C. XVII,\n31: «Per\u00f2 scendemmo alla destra mammella.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
sul destro lato.  C. XVII, 31: «Però scendemmo alla destra mammella.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVII, 31","NotaFonte":"","TestoFonte":"Però scendemmo a la destra mammella","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=17","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"97","from":11140.0,"to":11148.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"sulla sommit\u00e0 della scoscesa\nripa.  Di lacca<\/b>, ved. nota 16 al c. VII.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Di lacca<\/b>, ved. nota 16 al c. VII.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII, 16","NotaFonte":"","TestoFonte":"Così scendemmo ne la quarta lacca","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=7","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"11","from":22808.0,"to":22812.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"sulle labbra.  Ovidio, Met.,\nIX: «Digitoque silentia suadet.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"su dal mento al naso<\/strong>, sulle labbra. Ovidio, Met., IX: «Digitoque silentia suadet.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"Metamorphoseon libri IX, 692","NotaFonte":"","TestoFonte":"quique premit vocem digitoque silentia suadet","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0029%3Abook%3D9%3Acard%3D666","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"45","from":23939.0,"to":23944.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
{"Annotazione":"suppone questo\nparlare, che rimanesse quell'uscio sempre, almen di giorno,\naperto; ed accenna avvenuto in quel punto ci\u00f2 che gli storici\nraccontano, che facessero cio\u00e8 i Pisani chiavar la porta della\ntorre, e la chiave gittar in Arno<\/i> [Gio. Villani lib. 7 cap. 127].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
accenna avvenuto in quel punto ciò che gli storici raccontano, che facessero cioè i Pisani chiavar la porta della torre, e la chiave gittar in Arno<\/i> [Gio. Villani lib. 7 cap. 127].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VIII 128","NotaFonte":"Cfr. la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 273  (VII 127).","TestoFonte":"E giunto il detto conte in Pisa del detto mese di marzo, i Pisani, i quali aveano messo in pregione il conte Ugolino e due suoi figliuoli, e due figliuoli del conte Guelfo suo figliuolo, siccome addietro facemmo menzione, in una torre in su la piazza degli anziani, feciono chiavare la porta della detta torre, e le chiavi gittare in Arno<\/strong>, e vietare a' detti pregioni ogni vivanda, gli quali in pochi giorni vi morirono di fame.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"46","from":32272.0,"to":32278.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"supponendo Dante~, che al\nsopravvenire delle tre virt\u00f9 teologali~, si ritirassero le\nquattro cardinali [che al petto del grifone [Cato prec.  v.\n113.~], in fronte al carro menato lo avevano] al primiero loro\nposto~, alla sinistra ruota del carro [Purg. XXIX. 130.  e\nsegg.~], aggiunge~, che per mirar egli troppo fisamente in\nBeatrice si sentisse dalla sinistra parte~, dove le quattro\ncardinali virt\u00f9 eransi rimesse~, gridare un troppo fiso<\/i>\n[troppo fisamente guardi~], che fece lui per forza<\/i>, cio\u00e8\ncontrariamente alla inclinazione sua~, volgere la faccia verso\nquella parte.  Dee questo intendersi un giusto rimprovero della\ntemperanza~, la quarta cardinale virt\u00f9~, ad insinuare quella\nmoderazione che dee l'uomo avere siccome in ogni affare~, cos\u00ec\nanche nello studio della teologia~, intesa per Beatrice~:\nImperocch\u00e8~, come bene il Vellutello avvisa~, l'intelletto si\nprofonda alcuna volta tanto nella divina luce delle sacre\nlettere<\/i>, che vi rimane abbagliato<\/i>, e vien ad essere men\ncapace<\/i>, che se con misura cercasse di volerle intendere.<\/i>  Ond'\n\u00e8~, conchiude il Landino~, proverbio dei dotti~, Ne quid\nnimis.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
le quattro cardinali [che al petto del grifone [Canto prec.  v. 113], in fronte al carro menato lo avevano<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXXI 113","NotaFonte":"","TestoFonte":"al petto del grifon seco menarmi,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=65&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"7-9","from":31965.0,"to":31988.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"svillaneggiata, bestemmiata. \nPlinio: «Sola cum conviciis colitur.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
svillaneggiata, bestemmiata. Plinio: «Sola cum conviciis colitur.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q82778","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q442","LuogoFonte":"Naturalis historia II, 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"toto quippe mundo et omnibus locis omnibusque horis omnium vocibus fortuna sola invocatur ac nominatur, una accusatur, rea una agitur, una cogitatur, sola laudatur, sola <\/strong>arguitur et cum conviciis colitur<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0138%3Abook%3D2%3Achapter%3D6","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"91","from":6432.0,"to":6435.0,"NomeAutore":"Plinio il Vecchio","TitoloFonte":"Naturalis historia"},
{"Annotazione":"t'abbassa e nascondi.  Dopo<\/b> per\ndietro, adoprato anche da altri buoni scrittori: vedi il\nVocabolario della Crusca — che<\/b> qu\u00ec per talmente che<\/i> [Vedi 'l\nCinonio Partic.<\/i> 44, 24] — alcun schermo<\/i>, alcun riparo, —\nt'haia<\/i><\/b>, ti abbia, abbia tu a te stesso.  Haia<\/b> per abbia<\/i><\/b>\nripete Dante anche nel Paradiso XVII, 140 ma ivi pure in rima, e\nper\u00f2, credo, per sincope di abbia<\/i>; o come allora scrivevasi,\nhabbia.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Haia<\/b> per abbia <\/i>ripete Dante anche nel Paradiso XVII, 140 ma ivi pure in rima, e però, credo, per sincope di abbia<\/i>; o come allora scrivevasi, habbia.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XVII 140","NotaFonte":"","TestoFonte":"né ferma fede per essempro ch'aia","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=84&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"59-60","from":19765.0,"to":19767.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"tagliammo il cerchio\n(trapassammo<\/i>, Inf.<\/i>, VI, 100) infino alla riva che chiude il\ncerchio seguente.  — Sovra<\/b> (perch\u00e8 appunto la fonte<\/b> era\nsottostante al piano del presente Cerchio) una fonte<\/b> che\nscaturisce da quella riva, e riversa<\/b> le sue acque per entro un\ncanale, un fossato<\/b>, che si fa (Inf.<\/i><\/b>, XIV, 116) di quella\nfonte, ovvero esce<\/i> di lei (Purg.<\/i>, XXVIII, 124; XXXIII, 113). \n— Bolle<\/i><\/b>, de' liquidi, cf. Inf.<\/i><\/b>, XXI, 17 (ivi, v. 20);\nPurg.<\/i>, XXVII, 49.  — Riversa<\/b>, versa, Purg.<\/i><\/b>, XXVIII, 126.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"
tagliammo il cerchio (trapassammo<\/i>, Inf.<\/i>, VI, 100) infino alla riva che chiude il cerchio seguente.  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VI, 100","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sì trapassammo per sozza mistura ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=6","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"100-102","from":6495.0,"to":6496.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"talmente che\nper ogni dove che si mirasse vedevasi cresciuta l'allegrezza. \nVista<\/b> per veduta<\/i>, o prospetto<\/i>, adopera Dante ancora nel\nseguente canto v. 136.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vista<\/b> per veduta<\/i>, o prospetto<\/i>, adopera Dante ancora nel seguente canto v. 136.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXXIII 136","NotaFonte":"","TestoFonte":"tal era io a quella vista<\/strong> nova:","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=100&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"99","from":32005.0,"to":32013.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"tanto dilett\u00f2 la\nmia voce, il mio cantare.  Allude [chiosano tutti gli espositori]\nall'encomio, che al medesimo Stazio fa Giuvenale nella settima\nsatira\n\n     Curritur ad vocem iucundam, et carmen amicae<\/i>\n     Thebaidos, laetam fecit cum Statius urbem<\/i>,\n     Promisitque diem: tanta dulcedine captos<\/i>\n     Afficit ille animos<\/i> ec.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Tanto dilettò la mia voce, il mio cantare.  Allude [chiosano tutti gli espositori] all'encomio, che al medesimo Stazio fa Giuvenale nella settima satira \r\n     Curritur ad vocem iucundam, et carmen amicae<\/i>\r\n     Thebaidos, laetam fecit cum Statius urbem<\/i>,\r\n     Promisitque diem: tanta dulcedine captos<\/i>\r\n     Afficit ille animos<\/i> ec.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q193800","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/saturae","LuogoFonte":"VII 82-85","NotaFonte":"","TestoFonte":"curritur ad vocem iucundam et carmen amicae 
Thebaidos, laetam cum fecit Statius urbem
promisitque diem: tanta dulcedine captos
adficit ille animos","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1276.phi001.perseus-lat1:3.7","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': '', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"88","from":21220.0,"to":21226.0,"NomeAutore":"Decimo Giunio Giovenale","TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"te ne duoli, te ne lagni (franc. t'en\nplains<\/i>). E cos\u00ec pure nel v. 136 del c. XXXII.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"16","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"ten piagni  <\/strong>te ne duoli, te ne lagni (franc. t'en plains<\/i>). E così pure nel v. 136 del c. XXXII.<\/strong>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXXII, 136","NotaFonte":"","TestoFonte":"che se tu a ragion di lui ti piangi","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=32","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"75","from":15016.0,"to":15018.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"tenuta fissamente di mira\ndall'eterno consiglio di Dio, e come la pi\u00f9 degna da lui\ndisegnata e prescelta per madre del suo medesimo Figliuolo; e ci\u00f2\navanti la costituzione del mondo. Pare che alluda a quei sacri\ntesti dalla Chiesa accomodati a Maria: Ab aeterno ordinata sum:\nDominus possedit me in initio viarum suarum.<\/i> Venturi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Pare che alluda a quei sacri testi dalla Chiesa accomodati a Maria: Ab aeterno ordinata sum: Dominus possedit me in initio viarum suarum.<\/i>  Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4579","LuogoFonte":"VIII 22-23","NotaFonte":"","TestoFonte":"22 Dominus possedit me in initio viarum suarum,
antequam quidquam faceret a principio;
23 ab aeterno ordinata sum
et ex antiquis, antequam terra fieret.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_proverbiorum_lt.html#8","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"3","from":32387.0,"to":32389.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Proverbi"}, {"Annotazione":"ti ho per\ncerta cosa insinuato, Ch'alma beata non por\u00eca mentire, Per\u00f2 ch'\u00e8\nsempre al primo vero appresso.<\/b> Accenna Beatrice ci\u00f2 che nel\nprecedente canto disse a Dante\n\n . . . . . parla con esse, et odi, e credi<\/i>,\n Che la verace luce che le appaga<\/i>,\n Da se non lascia lor torcer li piedi<\/i> \n [Vers. 31].\n\nl'edizioni diverse dalla Nidobeatina leggono Perocch\u00e8 sempre al\nprimo vero \u00e8 presso.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Accenna Beatrice ciò che nel precedente canto disse a Dante\r\n     . . . . . parla con esse, et odi, e credi<\/i>,\r\n     Che la verace luce che le appaga<\/i>,\r\n     Da se non lascia lor torcer li piedi<\/i> \r\n     [Vers. 31].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. III 31-33","NotaFonte":"","TestoFonte":"Però parla con esse e odi e credi;
ché la verace luce che le appaga
da sé non lascia lor torcer li piedi\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=70&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"94-96","from":3578.0,"to":3601.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"ti lagni, ti chiami offeso (franc. te\nplains<\/i>): come nel v. 75 del C. XVI, e altrove.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Ti piangi<\/b>, ti lagni, ti chiami offeso (franc. te plains<\/i>): come nel v. 75 del C. XVI, e altrove.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVI, 75","NotaFonte":"","TestoFonte":"Fiorenza, in te, sì che tu già ten piagni","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=16","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"136","from":31913.0,"to":31915.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"ti sciolga, ti liberi: terminazione e\nparola antiquate. Virgilio, Egl. IV: «Solvent formidine\nterras.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
ti sciolga, ti liberi: terminazione e parola antiquate.  Virgilio, Egl. IV: «Solvent formidine terras.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q546203","LuogoFonte":"Eglogae IV, 14","NotaFonte":"","TestoFonte":"inrita perpetua solvent formidine terras","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0056%3Apoem%3D4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"49","from":1348.0,"to":1350.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Bucoliche"},
{"Annotazione":"ti sciolga; antica terminazione del\npresente del soggiuntivo.  \u00c8 il solvite corde metum<\/i> di\nVirgilio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"Brunone Bianchi 1868","FrammentoNota":"ti sciolga; antica terminazione del presente del soggiuntivo. È il solvite corde metum<\/i> di Virgilio.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"I, 561.562","NotaFonte":"","TestoFonte":"Tum breviter Dido, voltum demissa, profatur:
“Solvite corde metum, Teucri, secludite curas\".","UrlFonte":"https:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+1.561&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"49","from":1348.0,"to":1350.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"toglie loro il potere di\noltrepassare i confini di quella bolgia. «Il diavolo (scrive\nsant'Agostino) molte volte vuol nuocere e non pu\u00f2, perch\u00e8 sua\npotestade \u00e8 sotto potest\u00e0.» — Ipocriti. —\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Poter di partirsi<\/strong> ec., toglie loro il potere di oltrepassare i confini di quella bolgia. «Il diavolo (scrive sant'Agostino) molte volte vuol nuocere e non può, perchè sua potestade è sotto potestà.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Enarrationes_in_psalmos","LuogoFonte":"Enarrationes in Psalmos, in Psalmum 61, 20 (PL 36, 743)","NotaFonte":"La fonte della traduzione italiana non \u00e8 chiara. Non si pu\u00f2 escludere che sia dello stesso Andreoli, che poteva leggere questo passo, in latino, nel commento di Rossetti al medesimo passo dantesco.","TestoFonte":"Diabolus potestas quaedam est; plerumque tamen vult nocere, et non potest, quia potestas ista sub potestate est","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=52_YAAAAMAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"57","from":21832.0,"to":21839.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":null}, {"Annotazione":"torna col suo quotidiano\nviaggio a toccare la met\u00e0 della terza; ha fatto un'ora e mezzo\ndi cammino. Il sole era sorto in questo emisfero, quando la\nnotte nell'altro (v. 68). — Mezza terza.<\/b> Oltre alla comun\ndivisione del giorno in 24 ore sempre lo stesse, e che per\u00f2\ndicevansi equali<\/i>, se ne usava allora un'altra, ricevuta da'\nRomani, e conservata anche oggi dalla Chiesa. «Fanno (dice Dante\nmedesimo, Conv. II, 6) dodici ore del d\u00ec e dodici della notte,\nquanto che 'l d\u00ec sia grande o piccolo. E queste ore si fanno\npicciole e grandi nel d\u00ec e nella notte, secondo che 'l d\u00ec e la\nnotte cresce e scema. E queste ore usa la Chiesa, quando dice\nprima<\/i>, terza<\/i>, sesta<\/i> e nona.<\/i> E chiamansi cos\u00ec, ore\ntemporali.<\/i>> La terza adunque delle dodici ore temporali<\/i>\nterminava il primo quarto del d\u00ec; e questo abbracciava pi\u00f9 o\nmeno ore equali<\/i>, secondo il tempo dell'anno. «Ma nello\nequinozio (soggiunge Dante) sempre le ore eguali e quelle che\ntemporali si chiamano, sono una cosa; perocch\u00e8 essendo il d\u00ec\neguale della notte, conviene cos\u00ec avvenire.» E per non dovere\naltra volta fermarci intorno a questo particolare, notiamo che\ndi dette dodici ore temporali del d\u00ec facevansi quattro parti: la\nprima chiamata Terza, la seconda Sesta, la terza Nona, l'ultima\nVespro. In tutto dunque il poema, il quale si svolge durante\nl'equinozio, la terza<\/i><\/b> s'intender\u00e0 da 12 a 15 ore italiane, la\nsesta<\/i><\/b> da 13 a 18, la nona<\/i> da 18 a 21, il vespro<\/i> da 21 a 24.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"34","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Mezza terza.<\/b>  Oltre alla comun divisione del giorno in 24 ore sempre lo stesse, e che però dicevansi equali<\/i>, se ne usava allora un'altra, ricevuta da' Romani, e conservata anche oggi dalla Chiesa.  «Fanno (dice Dante medesimo, Conv. II, 6) dodici ore del dì e dodici della notte, quanto che 'l dì sia grande o piccolo.  E queste ore si fanno picciole e grandi nel dì e nella notte, secondo che 'l dì e la notte cresce e scema.  E queste ore usa la Chiesa, quando dice prima<\/i>, terza<\/i>, sesta<\/i> e nona.<\/i>  E chiamansi così, ore temporali.<\/i>» La terza adunque delle dodici ore temporali <\/i>terminava il primo quarto del dì; e questo abbracciava più o meno ore equali<\/i>, secondo il tempo dell'anno.  «Ma nello equinozio (soggiunge Dante) sempre le ore eguali e quelle che temporali si chiamano, sono una cosa; perocchè essendo il dì eguale della notte, conviene così avvenire.»  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"Convivio III, vi, 2-3","NotaFonte":"","TestoFonte":"E dice: «in quell'ora»: onde è da sapere che 'ora' per due modi si prende dalli astrologi. L'uno si è che del die e della notte fanno ventiquattr'ore, cioè dodici del die e dodici della notte<\/strong>, quanto che 'l die sia grande o picciolo; e queste ore si fanno picciole e grandi nel dì e nella notte, secondo che 'l dì e la notte cresce e menoma. E queste ore usa la Chiesa, quando dice Prima, Terza, Sesta e Nona,<\/strong> e chiamansi ore temporali<\/strong>. L'altro modo si è che, faccendo del dì e della notte ventiquattr'ore, tal volta ha lo die le quindici ore e la notte le nove; tal volta ha la notte le sedici e lo die le otto, secondo che cresce e menoma lo die e la notte: e chiamansi ore equali. E nello equinozio sempre queste e quelle che temporali si chiamano sono una cosa: però che, essendo lo dì equale della notte, conviene così avenire<\/strong>.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=39&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":33796.0,"to":33800.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"trasformato in serpente [Ovid. Met.<\/i> lib.\n3], Aretusa<\/b> convertita in fonte [Met.<\/i><\/b> lib. 5].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Cadmo <\/strong>trasformato in serpente [Ovid. Met.<\/i> lib. 3]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"IV 563-603","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nescit Agenorides natam parvumque nepotem
aequoris esse deos: luctu serieque malorum
victus et ostentis, quae plurima viderat, exit
conditor urbe sua, tamquam fortuna locorum,
non sua se premeret; longisque erroribus actus
contigit Illyricos profuga cum coniuge fines.
Iamque malis annisque graves, dum prima retractant
fata domus releguntque suos sermone labores,
“num sacer ille mea traiectus cuspide serpens”
Cadmus ait “fuerat, tum, cum Sidone profectus
vipereos sparsi per humum, nova semina, dentes?
Quem si cura deum tam certa vindicat ira,
ipse precor serpens in longam porrigar alvum.”
Dixit, et ut serpens in longam tenditur alvum
durataeque cuti squamas increscere sentit
nigraque caeruleis variari corpora guttis.
In pectusque cadit pronus. Commissaque in unum
paulatim tereti tenuantur acumine crura.
Bracchia iam restant: quae restant bracchia tendit
et lacrimis per adhuc humana fluentibus ora
“accede, o coniunx, accede, miserrima,” dixit
“dumque aliquid superest de me, me tange manumque
accipe, dum manus est, dum non totum occupat anguis!”
Ille quidem vult plura loqui, sed lingua repente
in partes est fissa duas: nec verba volenti
sufficiunt, quotiensque aliquos parat edere questus,
sibilat: hanc illi vocem natura reliquit.
Nuda manu feriens exclamat pectora coniunx
“Cadme, mane, teque, infelix, his exue monstris!
Cadme, quid hoc? ubi pes, ubi sunt umerique manusque
et color et facies et, dum loquor, omnia? cur non
me quoque, caelestes, in eandem vertitis anguem?”
Dixerat: ille suae lambebat coniugis ora
inque sinus caros, veluti cognosceret, ibat
et dabat amplexus adsuetaque colla petebat.
Quisquis adest (aderant comites), terretur: at illa
lubrica permulcet cristati colla draconis.
Et subito duo sunt iunctoque volumine serpunt,
donec in adpositi nemoris subiere latebras.
Nunc quoque nec fugiunt hominem nec vulnere laedunt
quidque prius fuerint, placidi meminere dracones.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:4.563-4.603","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"97","from":24319.0,"to":24320.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"}, {"Annotazione":"traspone cos\u00ec l'articolo\nin vece di dire che buono il mondo feo<\/i>, che sparse cio\u00e8 nel\nmondo la cristiana fede. Feo<\/b> per fece.<\/i><\/b> Vedi Inf. IV, 144.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"16","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Feo<\/b> per fece.<\/i>  Vedi Inf. IV, 144<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV 144","NotaFonte":"","TestoFonte":"Averoìs, che 'l gran comento feo.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"106","from":16136.0,"to":16141.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"tratanto: vocabolo Fiorentino, come\nesso Dante dice nel primo libro della sua volgare eloquenza [cap.\n13]: l'us\u00f2 nel primo verso delle sue terzine intitolate\nPataffio<\/i> ser Brunetto Latini [ed anche l'antico volgarizzator\ndi Livio [Vedi 'l Vocabol. della Cr.]]: si forma dal Latino\ninter hoc.<\/i>  Vedi l'Ercolano del Varchi cart. 332, e la seconda\ncenturia del Salvini cart. 71.  Venturi; che inutilmente poscia\nperde tempo dietro al Ruscelli, che pretende introcque<\/b>\nsignificar addentro.<\/i><\/b>\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Introcque <\/strong>tratanto: vocabolo Fiorentino, come esso Dante dice nel primo libro della sua Volgare eloquenza<\/em> [cap. 13] [...]. Venturi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18081","LuogoFonte":"XIII 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Locuntur Florentini et dicunt [...] introcque","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_VE&pb=13&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"130","from":19342.0,"to":19343.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"De vulgari eloquentia"},
{"Annotazione":"tu forse pensi (Inf.<\/i>, XXVII, \n122).  — Il Duca d'Atene<\/b>; Teseo (cf. Inf.<\/i><\/b>, IX, 54), re\nd'Atene, guidando in Creta i sette giovani e le sette fanciulle\ndel suo regno, estratti in sorte per esser pasto del Minotauro, \ns'innamor\u00f2 d'Arianna, sorella del Minotauro, la quale lo\nammaestr\u00f2 come entrare, e gli di\u00e8 il famoso filo per uscire\nsicuro del labirinto, e cos\u00ec Teseo pot\u00e8 uccidere il mostro e\nliberare i suoi sudditi da s\u00ec disonesto tributo.  Duca d'Atene<\/i><\/b>\nchiama Teseo per uno di quegli anacronismi, che pi\u00f9 volte\ns'incontrano nel sacro Poema; Atene, ai tempi del Poeta, era\nDucato (cf. Diz. Dant.<\/i>, artic. Anacronismi).  — Ma vassi<\/b>\necc.; accenna al supremo scopo del viaggiatore, che non era di\nrecar danno ad alcuno, sibbene di render migliore s\u00e8 stesso (cf.\nv. 85 e segg.; Inf.<\/i><\/b>, XVI, 61 e segg.).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"12","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Forse tu credi<\/b>, tu forse pensi (Inf.<\/i>, XXVII, 122).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVII, 122-123","NotaFonte":"","TestoFonte":"quando mi prese dicendomi: \"Forse
tu non pensavi ch'io löico fossi!\". ","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=27","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"16-21","from":10546.0,"to":10549.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"tutto! fino a infrangere, per\nesempio, i giuramenti fatti agli Dei, e a rapire Elena. Brunetto\nLatini fra le azioni pi\u00f9 superbe registra la guerra di Troia:\n«Per orgogliamento — fallio l'angel matto, — et Eva ruppe 'l\npatto, — e la morte d'Abel, — e la torre Babel — e la guerra\ndi Troia». Cfr. Inf.<\/i>, I, 75; Purg.<\/i>, XII, 61.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"30","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
tutto! fino a infrangere, per esempio, i giuramenti fatti agli Dei, e a rapire Elena. Brunetto Latini fra le azioni più superbe registra la guerra di Troia:\r\n«Per orgogliamento — fallio l'angel matto, — et Eva ruppe 'l\r\npatto, — e la morte d'Abel, — e la torre Babel — e la guerra di Troia».<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q366328","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3792977","LuogoFonte":"2616-2626","NotaFonte":"","TestoFonte":"E 'l frate m'ha contato,
sed io ben mi ramento,
che per orgogliamento
fallio l'angel matto
ed Eva ruppe 'l patto,
e la morte d'Abèl
e la torre Babel
e la guerra di Troia:
così convien che muoia
superbia per soperchio
che spezza ogne coperchio.","UrlFonte":"","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"14","from":28869.0,"to":28872.0,"NomeAutore":"Brunetto Latini","TitoloFonte":"Il Tesoretto"}, {"Annotazione":"uccisore della madre Erifile a\npreghiera del padre Anfiarao: vedine la cagione riferita al v. 50\ndel canto XII del Purg. — Per non perder piet\u00e0<\/b>, riverenza al\npadre, si f\u00e8 spietato<\/b>, contro la madre: espressione pi\u00f9\nenergica di quella che al fatto medesimo adopera Ovidio, facto\npius et sceleratus eodem<\/i> [Metamorph.<\/i> IX, 409].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Almeone <\/strong>uccisore della madre Erifile a preghiera del padre Anfiarao: vedine la cagione riferita al v. 50 del canto XII del Purg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XII 50","NotaFonte":"","TestoFonte":"come Almeon a sua madre fé caro","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=46&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"103-105","from":3641.0,"to":3643.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"udii (lat. audivi<\/i>).  Purg., XII, 69:\n«Quant'io chinato givi.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"26","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Audivi<\/b>, udii (lat. audivi<\/i>). Purg., XII, 69: «Quant'io chinato givi.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XII, 69","NotaFonte":"","TestoFonte":"quant'io calcai, fin che chinato givi<\/strong>.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=46&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"78","from":25313.0,"to":25314.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"ugualmente\ndall'uomo discosti, ed ugualmente incitanti il di lui appetito —\nprima si morr\u00eca<\/b> ec.  Costruzione.  Uomo libero si morr\u00eca di\nfame prima che l'un<\/b> [uno di essi] recasse a' denti<\/b>, si\nmangiasse.  La \u00e8 questa una conseguenza del modo di operar\nnostro, che non scegliamo di pi\u00f9 cose una se non o perch\u00e8 piace\ndi pi\u00f9, o perch\u00e8 \u00e8 pi\u00f9 comoda a pigliarsi.  E per\u00f2 sopra\ndell'ipotesi medesima discorrendo anche s. Tommaso, non trova\naltra via di far uscire quell'uomo d'imbroglio, se non di fargli\nconsiderare in uno de' due cibi qualche condizione, per cui\nrendasi pi\u00f9 eleggibile; tal che pieghi ad esso la volont\u00e0 [Prima\nsecundae<\/i> q. 13 art. 6]: ch'\u00e8 poi come a dire, che non v'\u00e8 altro\nscampo, che di rendere que' due cibi di moventi d'un modo<\/i><\/b>,\nmoventi diversamente; e che restando di un modo moventi<\/b>, l'uomo\nrealmente si morr\u00eca di fame.\n\n\tNon capendo il Venturi la forza dell'ipotesi, e ad uso\nde' volgari uomini la sola pratica risguardando, passa a\ncaratterizzare questa similitudine di molta vaghezza poetica, ma\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
sopra dell'ipotesi medesima discorrendo anche s. Tommaso, non trova altra via di far uscire quell'uomo d'imbroglio, se non di fargli considerare in uno de' due cibi qualche condizione, per cui rendasi più eleggibile; tal che pieghi ad esso la volontà [Prima secundae<\/i> q. 13 art. 6]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9438","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q653871","LuogoFonte":"I\u00aa-IIae q. 13 a. 6 arg. 3 ","NotaFonte":"","TestoFonte":"Praeterea, si aliqua duo sunt penitus aequalia, non magis movetur homo ad unum quam ad aliud, sicut famelicus, si habet cibum aequaliter appetibilem in diversis partibus, et secundum aequalem distantiam, non magis movetur ad unum quam ad alterum, ut Plato dixit, assignans rationem quietis terrae in medio, sicut dicitur in II de caelo. Sed multo minus potest eligi quod accipitur ut minus, quam quod accipitur ut aequale. Ergo si proponantur duo vel plura, inter quae unum maius appareat, impossibile est aliquod aliorum eligere. Ergo ex necessitate eligitur illud quod eminentius apparet. Sed omnis electio est de omni eo quod videtur aliquo modo melius. Ergo omnis electio est ex necessitate.","UrlFonte":"https:\/\/www.corpusthomisticum.org\/sth2006.html","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"1-3","from":2946.0,"to":2952.0,"NomeAutore":"Tommaso d'Aquino","TitoloFonte":"Summa Theologiae"},
{"Annotazione":"ugualmente er'io ansioso, e per\ntale, senza ch'io parlassi, era conosciuto da Beatrice, e da quel\nsanto lume di Cacciaguida, che dal corno destro<\/i> della\nsplendente croce portossi, per avvicinarmisi, a pi\u00e8 di essa [Vedi\ncant. XV, 19 e segg.].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
quel santo lume di Cacciaguida, che dal corno destro<\/i> della splendente croce portossi, per avvicinarmisi, a piè di essa [Vedi cant. XV, 19 e segg.]\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XV 19-21","NotaFonte":"","TestoFonte":"tale dal corno che 'n destro si stende
a piè di quella croce corse un astro
de la costellazion che lì resplende;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=82&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"4-6","from":16215.0,"to":16237.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"un altro degli scogli che\nricidean gli argini e i fossi<\/i> [Inf. XVIII v. 16 e seg.] —\ngran cerchia<\/b>, che circonda tutto Malebolge [Ivi verso 3].\n\n\tIl pi\u00f9 volte lodato autor degli Aneddoti<\/i><\/b> Verona 1790\nforma del presente passo una ragione per confermare il parere,\nch'egli ha col Daniello comune, che non attraversi le bolge e\nfaccia arco sopra di ciascuna che un solo scoglio e non pi\u00f9, e\nvenga perci\u00f2 a formare come un ponte solo di parecchi archi:\ndiversamente da quanto ho io inteso e spiegato nel principio del\ncanto XVIII [Vedi 'l capo X di quegli Aneddoti<\/i>].\n\n\tQuale contrariet\u00e0 per\u00f2 di qu\u00ec si ritragga io non veggo. \nL\u00e0 il Poeta ne descrive tutta la struttura di Malebolge; e per\u00f2 a\nfarne capire ch'erano molti gli scogli che le bolge\nattraversavano, ed al pozzo di mezzo, quai raggi di ruota alla\ntesta della medesima, si concentravano dice\n\n Cos\u00ec da imo della roccia scogli<\/i> [non scoglio]\n Movien, che ricidean gli argini e i fossi<\/i>\n Infino al pozzo, ch'ei tronca e raccogli<\/i>\n [Inf. XVIII, 16 e segg.],\n\ne qui Fra Catalano altro non fa che al bisogno e petizione dei\ndue poeti indicar loro vicino uno de' medesimi scogli. Che v'\u00e8\ndomin di contrasto?\n\n\tAnzi per questo dire Fra Catalano a Virgilio che un\nsasso, varcante tutte le bolge, fosse a lui pi\u00f9 vicino di quello\nche si credesse, parmi di poter presumere che non fosse quello la\nrimanente porzione dello scoglio su del quale si erano i poeti\nfin l\u00ec condotti, ma di un altro.\n\n\tPongasi mente. Appena passato avendo i poeti il ponte\nsopra la quinta bolgia, vengono dal demonio Malacoda avvertiti,\nche il l\u00ec vicino ponte della seguente bolgia era rovinato, e con\nbugiardamente far loro credere che poco discosto eravi in essere\nun altro ponte, ne vengono con la scorta ad essi data d'alcuni\ndemoni, fatti scostar di l\u00ec, e camminare a sinistra su 'l dorso\ndel rotondo argine [Inf. XXI, 106 e segg.].\n\n\tDopo di essersi cos\u00ec camminando allontanati, succedendo\ntra i demoni che li scortavano baruffa, fuggono soli per paura i\ndue poeti, e da que' demoni dilungandosi, vie pi\u00f9\nconseguentemente dal primiero luogo si discostano [Inf. XXII,\n151].\n\n\tCalatisi i poeti, per sottrarsi alla temuta ira de'\nprefati demoni, in fondo della sesta bolgia, ivi continuano a\ncamminare pure a man manca<\/i> [Verso 68 del presente canto], che\nvale a dire a scostarsi sempre pi\u00f9 dal luogo primo.\n\n\tOr come mai, dopo d'essersi i poeti cos\u00ec allontanati\ndallo scoglio su del quale avevano le prime cinque bolge\nattraversato, pot\u00e8 Catalano del medesimo scoglio parlando con\nverit\u00e0 dire, ch'era ad essi vicino pi\u00f9 di quello che non\ncredessero?\n\n\tPiuttosto moverebbemi l'altra ragione che il medesimo\nautore aggiunge d'essere all'Inferno un solo ingresso, una sola\nporta, e anche una via<\/i> ec., quando cio\u00e8 fossimo certi che quelli\nscogli ed archi ad altro non servissero che per far via al pozzo\ndi mezzo, e non ancora o per puntelli e sostegni degli argini, o\nper salirvi i demoni a meglio vedere ci\u00f2 che in fondo delle bolge\nfacciano i dannati.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
un altro degli scogli che ricidean gli argini e i fossi<\/i> [Inf. XVIII v. 16 e seg.] [...] Là il Poeta ne descrive tutta la struttura di Malebolge; e però a farne capire ch'erano molti gli scogli che le bolge attraversavano, ed al pozzo di mezzo, quai raggi di ruota alla testa della medesima, si concentravano dice\r\n     Così da imo della roccia scogli<\/i> [non scoglio]\r\n        Movien, che ricidean gli argini e i fossi<\/i>\r\n        Infino al pozzo, ch'ei tronca e raccogli<\/i>\r\n          [Inf. XVIII, 16 e segg.],\r\ne qui Fra Catalano altro non fa che al bisogno e petizione dei due poeti indicar loro vicino uno de' medesimi scogli.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XVIII 16-18","NotaFonte":"","TestoFonte":"così da imo de la roccia scogli
movien che ricidien li argini e ' fossi
infino al pozzo che i tronca e raccogli.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=18&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"134-135","from":22392.0,"to":22395.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"un colosso rappresentante un\nvecchio. In questa finzione \u00e8 chiaro che il Poeta imita il\nfamoso sogno di Nabuccodonosor, quando questo re vide una grande\nstatua col capo d'oro, il petto e le braccia d'argento, il ventre\ne le cosce di rame, le gambe di ferro, i piedi parte di ferro e\nparte di creta; e Daniele interpret\u00f2: «La testa d'ero, o gran\nre, sei tu stesso: dopo di te verr\u00e0 un regno minore del tuo, e\nsar\u00e0 come argento: poi un terzo, come rame: e un quarto, come\nferro: da ultimo il reame sar\u00e0 diviso in una parte salda come\nferro e in altra fragile qual creta.» Come dunque in tale sogno\nerano significate le vicende dell'Impero assirio, cos\u00ec Dante\nnella presente imitazione significa le vicende di quel romano\nImpero, dalla cui decadenza ripeteva egli tutti i mali del mondo,\ne dal cui risorgimento aspettava ogni bene.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"14","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"un gran veglio<\/strong>,  un colosso rappresentante un vecchio. In questa finzione è chiaro che il Poeta imita il famoso sogno di Nabuccodonosor, quando questo re vide una grande statua col capo d'oro, il petto e le braccia d'argento, il ventre e le cosce di rame, le gambe di ferro, i piedi parte di ferro e parte di creta; e Daniele interpretò: «La testa d'oro, o gran re, sei tu stesso: dopo di te verrà un regno minore del tuo, e sarà come argento: poi un terzo, come rame: e un quarto, come ferro: da ultimo il reame sarà diviso in una parte salda come ferro e in altra fragile qual creta.» Come dunque in tale sogno erano significate le vicende dell'Impero assirio, così Dante nella presente imitazione significa le vicende di quel romano Impero, dalla cui decadenza ripeteva egli tutti i mali del mondo, e dal cui risorgimento aspettava ogni bene.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80115","LuogoFonte":"Daniele II, 37-42","NotaFonte":"Libera traduzione del passo biblico.","TestoFonte":"Tu rex regum es, et Deus caeli regnum et fortitudinem et imperium et gloriam dedit tibi; et omnia, in quibus habitant filii hominum et bestiae agri volucresque caeli, dedit in manu tua et te dominum universorum constituit: tu es caput aureum.
Et post te consurget regnum aliud minus te et regnum tertium aliud aereum, quod imperabit universae terrae. Et regnum quartum erit robustum velut ferrum; quomodo ferrum comminuit et domat omnia, et sicut ferrum comminuens conteret et comminuet omnia haec. Porro quia vidisti pedum et digitorum partem testae figuli et partem ferream, regnum divisum erit; et robur ferri erit ei, secundum quod vidisti ferrum mixtum testae ex luto. Et digitos pedum ex parte ferreos et ex parte fictiles, ex parte regnum erit solidum et ex parte contritum.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_danielis_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"103","from":13278.0,"to":13281.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro di Daniele"}, {"Annotazione":"un corno di alto, di forte suono. \u00c8\nsonato da Nembrotte, cacciatore famoso, secondo la Scrittura\n(Gen., X).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Un alto corno<\/b>, un corno di alto, di forte suono. È sonato da Nembrotte, cacciatore famoso, secondo la Scrittura (Gen., X).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9184","LuogoFonte":"Genesi X, 8-9","NotaFonte":"","TestoFonte":"Porro Chus genuit Nemrod: ipse coepit esse potens in terra et erat robustus venator coram Domino. Ob hoc exivit proverbium: “Quasi Nemrod robustus venator coram Domino”.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_genesis_lt.html#10","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"12","from":29947.0,"to":29950.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Genesi"}, {"Annotazione":"un'altra intelligenza, da\nnoi appellata fortuna.<\/i> Scrive s. Agostino nel quinto della\ncitt\u00e0 di Dio, Nos eas caussas, quae dicuntur fortuitae [unde\netiam fortuna nomen accepit] non dicimus nullas, sed latentes,\neasque tribuimus, vel veri Dei, vel quorumlibet spirituum<\/i> [ecco\nl'opinione del nostro poeta] voluntati.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
General ministra e duce <\/strong>un'altra intelligenza, da noi appellata fortuna.<\/i>  Scrive s. Agostino nel quinto della città di Dio, Nos eas caussas, quae dicuntur fortuitae [unde etiam fortuna nomen accepit] non dicimus nullas, sed latentes, easque tribuimus, vel veri Dei, vel quorumlibet spirituum<\/i> [ecco l'opinione del nostro poeta] voluntati.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q212318","LuogoFonte":"V ix 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nos enim eas causas, quae dicuntur fortuitae, unde etiam fortuna nomen accepit, non esse dicimus nullas, sed latentes, easque tribuimus vel Dei veri vel quorumlibet spirituum voluntati.","UrlFonte":"http:\/\/www.augustinus.it\/latino\/cdd\/index2.htm","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"78","from":6340.0,"to":6344.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":"La citt\u00e0 di Dio"},
{"Annotazione":"un'altra via da quella che impresa\nhai per lo monte.  La via che mena alla salute non \u00e8 n\u00e8 cos\u00ec\nbreve n\u00e8 cos\u00ec facile come l'uomo si immagina allorquando egli ha\npreso la risoluzione di abbandonare il vizio.  Se alcuno non \u00e8\nnato di nuovo, non pu\u00f2 vedere il regno di Dio<\/i>, S. Giov. III, 3.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
La via che mena alla salute non è nè così breve nè così facile come l'uomo si immagina allorquando egli ha preso la risoluzione di abbandonare il vizio. Se alcuno non è\r\nnato di nuovo, non può vedere il regno di Dio<\/i>, S. Giov. III, 3<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"3, 3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nisi quis natus fuerit desuper, non potest videre regnum Dei","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"91","from":666.0,"to":668.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"una fiaccola, la quale\nin giro volgeasi tanto velocemente che formava all'occhio una\ncorona, un cerchio di fuoco [come avviene quando un acceso tizzo\nvolgiam noi velocemente in giro]; e scese cotal facella a cingere\ncol giro suo Maria Vergine.  Meritevolmente dagli espositori\nintendesi accennato in quel lume l'arcangelo Gabriele, siccome\nquello che fu da Dio mandato ad annunziare a Maria Vergine stessa\nl'incarnazione del divin Verbo.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Meritevolmente dagli espositori intendesi accennato in quel lume l'arcangelo Gabriele, siccome quello che fu da Dio mandato ad annunziare a Maria Vergine stessa l'incarnazione del divin Verbo.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q128538","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q39939","LuogoFonte":"I 26-38","NotaFonte":"","TestoFonte":"26 In mense autem sexto missus est angelus Gabriel a Deo in civitatem Galilaeae, cui nomen Nazareth,
27 ad virginem desponsatam viro, cui nomen erat Ioseph de domo David, et nomen virginis Maria.
28 Et ingressus ad eam dixit: “ Ave, gratia plena, Dominus tecum ”.
29 Ipsa autem turbata est in sermone eius et cogitabat qualis esset ista salutatio.
30 Et ait angelus ei: “ Ne timeas, Maria; invenisti enim gratiam apud Deum.
31 Et ecce concipies in utero et paries filium et vocabis nomen eius Iesum.
32 Hic erit magnus et Filius Altissimi vocabitur, et dabit illi Dominus Deus sedem David patris eius,
33 et regnabit super domum Iacob in aeternum, et regni eius non erit finis ”.
34 Dixit autem Maria ad angelum: “ Quomodo fiet istud, quoniam virum non cognosco? ”.
35 Et respondens angelus dixit ei: “ Spiritus Sanctus superveniet in te, et virtus Altissimi obumbrabit tibi: ideoque et quod nascetur sanctum, vocabitur Filius Dei.
36 Et ecce Elisabeth cognata tua et ipsa concepit filium in senecta sua, et hic mensis est sextus illi, quae vocatur sterilis,
37 quia non erit impossibile apud Deum omne verbum ”.
38 Dixit autem Maria: “ Ecce ancilla Domini; fiat mihi secundum verbum tuum ”. Et discessit ab illa angelus.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-lucam_lt.html#1","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': '', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"94-96","from":22977.0,"to":22980.0,"NomeAutore":"Luca","TitoloFonte":"Vangelo secondo Luca"}, {"Annotazione":"unendosi ai Ghibellini\ndi Siena e di altre citt\u00e0 a danno dei propri concittadini Guelfi\n[Vedi la Cron. di Gio. Villani lib. 6 cap. 75]. Ma disse\nforse<\/b> [nota il Landino] per non si privare al tutto di scusa;\nquasi dica, se io fui empio, i miei avversari me ne dieron\ncagione.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
unendosi ai Ghibellini di Siena e di altre città a danno dei propri concittadini Guelfi [Vedi la Cron. di Gio. Villani lib. 6 cap. 75]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VII 74","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 168 (VI 76) ","TestoFonte":"In questi tempi i Ghibellini scacciati di Firenze (ed erano nella città di  Siena , e da' Sanesi erano male aiutati contra i Fiorentini, imperciò che non aveano podere contra la loro potenzia) sì ordinarono tra·lloro di mandare loro ambasciadori in Puglia al re Manfredi per soccorso","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"27","from":8817.0,"to":8821.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"unitamente luce ed amore\nd'ogni intorno lo circondano, siccom'esso gli altri inferiori\ncieli circonda.  Comprende<\/b>, in vece di comprendono<\/i>, dice per\nzeuma in grazia della rima — e quel precinto<\/i><\/b>, e cotale\nprecinto, cotale cerchio di luce ed amore [Precinto<\/b> per\ncerchio<\/i><\/b> adopera Dante anche Inf. XXIV, 34], solamente intende\ncolui che 'l cinge<\/i><\/b>, solamente quel Dio, che al primo mobile lo\ncinge, lo circonda, intende<\/b>, governa [Supponendo Dante che le\npotenze motrici e governatrici delle celesti sfere operino non\nper via di moto, ma di solo intendimento, come chiaramente ne d\u00e0\nesso a capire colla prima canzone del suo Convito Voi, che\nintendendo il terzo ciel movete<\/i>; perci\u00f2 qu\u00ec, a favor della rima,\nla cagione per l'effetto adoprando, dice intende<\/i><\/b> in vece di\ngoverna<\/i><\/b>]: a differenza cio\u00e8 degli altri cieli, che Iddio fa\nintendersi<\/i>, governarsi, dagli angeli, detti perci\u00f2\nIntelligenze.<\/i>  Il Landino, Daniello, e Venturi chiosano essere\nqu\u00ec precinto<\/b> aggettivo.  Ma con quale sustantivo congiungerem\nnoi questo aggettivo?  Col primo mobile?  No certamente:\nch'essendo il primo mobile appena accennato col pronome questo<\/b>\n[S\u00ec come questo gli altri<\/b>], malamente accennerebbesi con\nquello.<\/i><\/b>  Col cielo Empireo adunque?  Cos\u00ec i tre prefati\nespositori l'intendono; i quali perci\u00f2 dicono, che quel\nprecinto<\/i><\/b> vaglia come quell'Empireo compreso e contenuto<\/i> [Cosi\n'l Venturi concordemente al Landino e Daniello].  A questo\nintento per\u00f2 non solamente sarebbe necessario che avesse di gi\u00e0\nil Poeta del cielo Empireo parlato, e detto da che sia esso\nprecinto<\/b>, ma bisognerebbe inoltre, che solo esso Empireo, a\ndifferenza di tutti gli altri cieli, fosse il precinto<\/b>, tal che\nnon se ne potesse intender altro.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Precinto<\/b> per cerchio<\/i> adopera Dante anche Inf. XXIV, 34<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIV 34","NotaFonte":"","TestoFonte":"E se non fosse che da quel precinto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=24&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"112-114","from":27139.0,"to":27161.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"uno de' due figli d'Ugolino [Lo stesso\nFrammento<\/i> cit.]  — disteso a' piedi<\/b>, svenuto, intendesi,\ndalla fame.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Gaddo <\/strong>uno de' due figli d'Ugolino [Lo stesso Frammento<\/i> cit.]<\/pre>","AutoreCit":"","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/fragmenta-historiae-pisanae","LuogoFonte":"col. 655D","NotaFonte":"Lombardi rimanda all'edizione di Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo XXIV.","TestoFonte":"Quando lo dicto conte Guido giunse in Pisa, lo conte Ugolino, e il conte Gaddo<\/strong>, e Uguccione suoi figliuoli, e Nino dicto Brigata figliuolo del conte Guelfo, e Anselmuccio figliuolo del conte Lotto suoi nipoti, ch'erano in pregione in della torre de' Gualandi...","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/RerumItalicarumScriptores24\/page\/n374\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"68","from":32428.0,"to":32429.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"uno de' due nipoti [Frammento\nd'istoria Pisana<\/i>, tra gli scrittori Ital. del Muratori tom. 24\ncol. 655].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"33","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Anselmuccio <\/strong>uno de' due nipoti [Frammento d'istoria Pisana<\/i>, tra gli scrittori Ital. del Muratori tom. 24 col. 655].<\/pre>","AutoreCit":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/author\/missing","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/fragmenta-historiae-pisanae","LuogoFonte":"col. 655D","NotaFonte":"Lombardi rimanda all'edizione di Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo XXIV.","TestoFonte":"Quando lo dicto conte Guido giunse in Pisa, lo conte Ugolino, e il conte Gaddo, e Uguccione suoi figliuoli, e Nino dicto Brigata figliuolo del conte Guelfo, e Anselmuccio <\/strong>figliuolo del conte Lotto suoi nipoti, ch'erano in pregione in della torre de' Gualandi...","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/RerumItalicarumScriptores24\/page\/n374\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"50","from":32302.0,"to":32303.0,"NomeAutore":null,"TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"utilmente ascolta colui,\nche imprime nella sua mente la cosa ascoltata.  E si tiene\ngeneralmente che Virgilio lodi Dante di aver bene ascoltata,\nperciocch\u00e8 notata a suo profitto, quella sentenza dell'Eneide,\nV, 710: «Superanda omnis fortuna ferendo est.»  — La<\/b>, la\ncosa: ellissi frequente nel parlar famigliare.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"15","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Bene ascolta chi la nota<\/strong>, utilmente ascolta colui, che imprime nella sua mente la cosa ascoltata. E si tiene generalmente che Virgilio lodi Dante di aver bene ascoltata, perciocchè notata a suo profitto, quella sentenza dell'Eneide, V, 710: «Superanda omnis fortuna ferendo est.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aeneis V, 710","NotaFonte":"","TestoFonte":"quidquid erit, superanda omnis fortuna ferendo est.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055%3Abook%3D5%3Acard%3D700","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"99","from":14292.0,"to":14297.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"v. 142, e segg.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
v. 142, e segg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXX 142-144","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Maggior difetto men vergogna lava\",
disse 'l maestro, \"che 'l tuo non è stato;
però d'ogne trestizia ti disgrava.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=30&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"3","from":29879.0,"to":29883.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"val quanto cinge<\/i>, circonda.<\/i> \nNell'esempio dell'anfiteatro, recato nel precedente canto v. 24\nsi capir\u00e0 facilmente come di mano in mano debbano i pi\u00f9 bassi\ninfernali cerchi cinger men luogo<\/i>, fare un pi\u00f9 ristretto giro.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Nell'esempio dell'anfiteatro, recato nel precedente canto v. 24 si capirà facilmente come di mano in mano debbano i più bassi infernali cerchi cinger men luogo<\/i>, fare un più ristretto giro<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IV 24","NotaFonte":"","TestoFonte":"nel primo cerchio che l'abisso cigne.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=4","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"2","from":4016.0,"to":4017.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"val quanto dinanzi<\/i>, prima<\/i> — suon\ndell'angelica tromba<\/b>: l'antecedente pe 'l conseguente, la\nchiamata all'universale giudizio [che giusta la frase del Vangelo\n[Matth.<\/i><\/b> 24 v. 31] farassi dagli Angeli a suon di tromba] per\nl'universale giudizio medesimo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Suon dell'angelica tromba<\/b>: l'antecedente pe 'l conseguente, la chiamata all'universale giudizio, che, giusta la frase del Vangelo, farassi dagli Angeli a suon di tromba] per l'universale giudizio medesimo.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"XXIV 31","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et mittet angelos suos cum tuba <\/strong>magna, et congregabunt electos eius a quattuor ventis, a summis caelorum usque ad terminos eorum.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#24","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"95","from":5666.0,"to":5674.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"val quanto,\nmentre ti starai appresso al tuo divino Figliuolo, ch'\u00e8 come a\ndire eternamente<\/i> — e farai dia Pi\u00f9 la spera suprema, perch\u00e8\ngli entre<\/b>, e renderai pi\u00f9 risplendente il cielo empireo col tuo\nentrarvi, coll'abitare tu in esso.  Dell'aggettivo dio<\/i><\/b> per\nchiaro<\/i> e risplendente<\/i>, vedi ci\u00f2 ch'\u00e8 detto Parad. XIV, 34, e\nnon ivi solamente, ma qu\u00ec pure sta meglio interpretato cos\u00ec, che\nper divino<\/i>, com'altri voglionlo inteso.  Entre<\/i><\/b> per entri<\/i><\/b> \u00e8\nantitesi in grazia della rima.  In vece di perch\u00e8 gli entre<\/b>,\nche legge la Nidob., perch'egli entre<\/i> legge l'Aldina, e perch\u00e8\nl\u00ec entre<\/i> l'edizione della Cr., e tutte le moderne seguaci. \nAdoprando per\u00f2 Dante spesse volte la particella gli<\/i><\/b> per vi<\/i><\/b>\n[Vedi per cagion d'esempio Inf. XXIII, 54 e Purg. XIII, 5], n\u00e8\naltro abbisognando per rettificazione del sentimento se non\nd'intendere, che perch\u00e8 gli entre<\/b> vaglia quanto perch\u00e8 vi\nentre<\/i>, pe 'l tuo entrarvi<\/i>, non mi paiono quest'altre lezioni\nda seguirsi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dell'aggettivo dio<\/i> per chiaro<\/i> e risplendente<\/i>, vedi ciò ch'è detto Parad. XIV, 34<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XIV 34","NotaFonte":"","TestoFonte":"E io udi' ne la luce più dia","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=81&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"106-108","from":23057.0,"to":23062.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"val, come in appresso\ndir\u00e0, da ogni mano<\/i>, cio\u00e8 da destra in sinistra, e da sinistra\nin destra — poppa<\/b>, mammella, pe 'l petto<\/i><\/b>, la parte pe 'l\ntutto — pur li<\/i><\/b> ec. [li<\/b> avverbio di luogo, privato d'accento\nin grazia della rima] nel sito medesimo del percuotimento ciascun\nsi rivolgeva, e tornava in dietro — gridando perch\u00e8<\/b> ec. perch\u00e8\ntrattieni tu il mio peso, gridando uno; e perch\u00e8 burli<\/b>, rotoli,\ntu il tuo, rispondendo l'altro.  Burlare<\/i> [con l'u<\/i> pronunziato\na modo d'o<\/i> chiuso] per rotolare<\/i> dicesi in Lombardia, dalla\nquale ha preso Dante di certo altri termini [Vedi per cagion\nd'esempio Inf. XII, 93]; e si differenzia da burlare<\/i> per\nbeffare<\/i>, che pronunziasi questo con u<\/i> Francese.  Burlare<\/i> per\ntermine Lombardo significante voltare<\/i> e muovere<\/i> conobbelo\nanche il Vellutello; al quale se avessero i compilatori del\nVocab. della Crusca posto mente, non avrebbero per quest'unico\nesempio insegnato che burlare<\/i> significhi anche gittar via<\/i><\/b>,\nusar prodigalit\u00e0.<\/i>  Burli<\/i><\/b>, cio\u00e8 bui<\/i><\/b> [chiosa il Landino]:\nbuiare in lingua Aretina significa gettare.<\/i>  Troppo per\u00f2 \u00e8\ndiversa la formazione dell'uno e dell'altro vocabolo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
gridando perchè<\/b> ec. perchè trattieni tu il mio peso, gridando uno; e perchè burli<\/b>, rotoli, tu il tuo, rispondendo l'altro.  Burlare<\/i> [con l'u<\/i> pronunziato a modo d'o<\/i> chiuso] per rotolare<\/i> dicesi in Lombardia, dalla quale ha preso Dante di certo altri termini [Vedi per cagion d'esempio Inf. XII, 93]; e si differenzia da burlare<\/i> per beffare<\/i>, che pronunziasi questo con u<\/i> Francese.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"XII 93","NotaFonte":"","TestoFonte":"danne un de' tuoi, a cui noi siamo a provo","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=12","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15445', 'Autore':'Alessandro Vellutello, 1544','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"26-30","from":5977.0,"to":5984.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"vale\nimpiegando i denti nel far la musica della cicogna<\/i>, nel far,\ncio\u00e8, quel suono, che la cicogna fa battendo fortemente una parte\ndel becco coll'altra: onde Ovidio [Metam.<\/i> VI, 91]\n\n     Ipsa sibi plaudat crepitante ciconia rostro.<\/i>\n\nEssendo questi dannati i traditori, quelli ne' quali, dice Dante,\n\n     . . . . . . . . . . quell'amor s'obblia<\/i>\n        Che fa natura, e quel ch'\u00e8 poi aggiunto<\/i>,\n        Di che la fede spezial si cria<\/i> \n        [Inf. XI, 61 e segg.]:\n\nbene perci\u00f2, in pena di cotal durezza di cuore, e mancanza d'ogni\ncaldezza di amore, raffreddali qu\u00ec ed indurali nel ghiaccio.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
vale impiegando i denti nel far la musica della cicogna<\/strong><\/i>, nel far, cioè, quel suono, che la cicogna fa battendo fortemente una parte del becco coll'altra: onde Ovidio [Metam.<\/i> VI, 91]      Ipsa sibi plaudat crepitante ciconia rostro.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q7198","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q184742","LuogoFonte":"VI 97","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 VI 97, non VI 91.","TestoFonte":"ipsa sibi plaudat crepitante ciconia rostro","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0959.phi006.perseus-lat1:6.87-6.145","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"36","from":31166.0,"to":31173.0,"NomeAutore":"Publio Ovidio Nasone","TitoloFonte":"Le metamorfosi"},
{"Annotazione":"vale\nquanto; mentre che<\/b> la morte non disecchi del tutto la speranza;\nma ne lasci verde un sol filo, un tantino; ch'\u00e8 ci\u00f2 che qu\u00ec pure\nsignifica fiore<\/b> avverbio.  Vedi Inf. XXV, 114, e XXXIV, 26.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
vale quanto; mentre che<\/b> la morte non disecchi del tutto la speranza; ma ne lasci verde un sol filo, un tantino; ch'è ciò che quì pure significa fiore<\/b> avverbio.  Vedi Inf. XXV, 114, e XXXIV, 26.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXV 144","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Inf. XXV 144, non 114.","TestoFonte":"la novità se fior la penna abborra","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=25","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"135","from":2851.0,"to":2859.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"vale in su<\/b> quanto\nsopra, come in quell'altro verso\n\n     Un carro in su due ruote trionfale<\/i> \n      [Purg. XXIX, 107],\n\ned essendo Beatrice situata su 'l carro in alto, bastava che si\nvolgesse verso la fiera<\/i><\/b> che tirava il carro, per potersi\nconvenientemente dire volta in su<\/b>, sopra, la fiera.<\/b>  — Ch'\u00e8\nsola una persona<\/b>, forse con trasposizione, in vece di Ch'\u00e8 una\npersona sola<\/i><\/b> — in duo<\/i><\/b> [Che la Nidobeatina il pi\u00f9 delle volte\ne non sempre legga due<\/i>, ove l'altre edizioni leggono duo<\/b>,\npuossi ci\u00f2 ascrivere al Poeta medesimo, che volesse ritenuta,\nqual era, in uso e l'una e l'altra maniera di scrivere] nature<\/b>,\ndivina ed umana.  Fiera<\/b> appella il grifone, di cui ha parlato\nnel canto XXIX, 108 della presente cantica, perch\u00e8 animale\ncomposto di leone, ch'\u00e8 fiera, e di aquila, ch'\u00e8 pur uccello\nfiero.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
vale in su<\/b> quanto sopra, come in quell'altro verso\r\n     Un carro in su due ruote trionfale<\/i> \r\n      [Purg. XXIX, 107]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIX 107","NotaFonte":"","TestoFonte":" un carro, in su due rote, trïunfale,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=63","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"80-81","from":31460.0,"to":31465.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"vale in vece di mensola<\/i>; che\nappellasi dagli architetti quel pezzo, che sostiene cosa\nprominente dal muro, trave esempigrazia di solaio o di tetto —\nuna figura<\/b> intendi umana.<\/i><\/b>  Dell'introduzione di umane figure\nin luogo di mensole vedi Vitruvio lib. 1 cap. 1 e nell'edizione\ndi questo autore fatta, non si dice dove, del 1523 vedrai esempi\ndello scherzo appunto che dice qu\u00ec Dante.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dell'introduzione di umane figure in luogo di mensole vedi Vitruvio lib. 1 cap. 1<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q47163","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1232238","LuogoFonte":"I 1","NotaFonte":"","TestoFonte":"Historias autem plures novisse oportet, quod multa ornamenta saepe in operibus architecti designant, de quibus argumenti rationem, cur fecerint, quaerentibus reddere debent. quemadmodum si quis statuas marmoreas muliebres stolatas, quae caryatides dicuntur, pro columnis in opere statuerit et insuper mutulos et coronas conlocaverit, percontantibus ita reddet rationem. Carya, civitas Peloponnensis, cum Persis hostibus contra Graeciam consensit. postea Graeci per victoriam gloriose bello liberati communi consilio Caryatibus bellum indixerunt. itaque oppido capto, viris interfectis, civitate deflagrata matronas eorum in servitutem abduxerunt, nec sunt passi stolas neque ornatus matronales deponere, non uti una triumpho ducerentur, sed aeterna, servitutis exemplo gravi contumelia pressae poenas pendere viderentur pro civitate. ideo qui tunc architecti fuerunt aedificiis publicis designaverunt earum imagines oneri ferendo conlocatas, ut etiam posteris nota poena peccati Caryatium memoriae traderetur. ","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi1056.phi001.perseus-lat1:1.1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"131-132","from":10046.0,"to":10048.0,"NomeAutore":"Marco Vitruvio Pollione","TitoloFonte":"De architectura"},
{"Annotazione":"vale l\u00e0 ove s'appunta<\/i> [Vedi\nCinonio Partic.<\/i> 193, 10], e significa, in Dio, in cui si\nsegna, rendesi presente<\/i><\/b> — ogni ubi<\/b>, ogni luogo [Della voce\nLatina ubi<\/b> sustantivamente presa per luogo<\/i> vedi ci\u00f2 ch'\u00e8\ndetto nel canto preced. v. 94] — ogni quando<\/i><\/b>, ogni tempo.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"29","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
ogni ubi<\/b>, ogni luogo [Della voce Latina ubi<\/b> sustantivamente presa per luogo<\/i> vedi ciò ch'è detto nel canto preced. v. 94] <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXVIII 95","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Par. XXVIII 95, non 94.","TestoFonte":"al punto fisso che li tiene a li ubi,<\/strong>","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=95&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"12","from":25417.0,"to":25420.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"vale opere buone<\/i>: e per\u00f2 disse anche\nCino da Pistoia\n\n     Che ben faria merc\u00e8 chi m'uccidesse<\/i> \n     [Rim. ant.<\/i> Firenze 1527 lib. 5].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
vale opere buone<\/i>: e però disse anche Cino da Pistoia\r\n     Che ben faria mercè chi m'uccidesse<\/i> \r\n     [Rim. ant.<\/i> Firenze 1527 lib. 5].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q736348","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/rime","LuogoFonte":"CX 28","NotaFonte":"Il riferimento a Cino \u00e8 mediato dal Vocabolario della Crusca: cfr. http:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=MERCE_e_MERCEDE&rewrite=1\r\n","TestoFonte":"Ben faria — e mercé chi m'ancidesse.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit001110","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"34","from":3222.0,"to":3223.0,"NomeAutore":"Cino da Pistoia","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"vale ora<\/i>, adesso.<\/i>  Vedi ci\u00f2 che di\nquesta voce \u00e8 detto Inf. XXIII, 7 — vegg'io, diss'egli, il\nnodo, che<\/b> ec.  Angelo di Costanzo in una sua lettera stampata\ndice a Bernardino [meglio Berardino<\/i><\/b> [Vedi Rosa Morando a questo\npasso di Dante]] Rota su tal proposito [e sono ambedue ben degni\nd'esser citati dove si tratti di poesia] amore \u00e8 quegli, che fa\nvolare non che correre: e senz'esso \u00e8 il voler empire i fogli un\nempirli di stoppa.<\/i>  Dice adunque Buonagiunta, che per difetto\nd'amore egli, e quei due, che nomina [cio\u00e8 il Notaio, e Guittone]\nnon arrivarono a quell'eccellenza di stil poetico, dove arriv\u00f2\nDante, perch\u00e8 era innamorato.  Nodo<\/i><\/b> val qu\u00ec legamento che\nstringe, e ferma, posto per ci\u00f2, che fa incagliare a i poeti lo\nstile; sicch\u00e8 non potendosi muovere andando avanti, non giungono\nall'eccellenza.  Venturi — il notaio<\/b>, intende un Iacopo da\nLentino rimator di que' tempi, detto il notaio<\/b> dall'arte che\nprofessava — Guittone<\/b>, fra Guitton d'Arezzo altro rimatore de'\nmedesimi tempi.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Issa <\/strong>vale ora<\/i>, adesso.<\/i>  Vedi ciò che di questa voce è detto Inf. XXIII, 7<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXIII 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"ché più non si pareggia \"mo\" e \"issa\"","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=23&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"55-57","from":23979.0,"to":23980.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"vale ti smarrischi<\/i>, ti perdi<\/i>,\nti tolghi.<\/i>  Vedi la nota Inf. XXV, 146 ed agli altri passi ivi\nallegati.  — Di buon proponimento, per<\/b> ec.  Suppone Dante che\nintendendo chi legge le pene dell'Inferno faccia proponimento di\noperar bene per ischivar quelle, e meritarsi il Paradiso: ora\nper\u00f2 teme che in vista delle gravi pene che soffrono l'anime al\nParadiso destinate, non venga a perdersi di coraggio, e ad\nabbandonare i buoni proponimenti  — Non si confacendo a\nlettore<\/b> il verbo udire<\/i><\/b> preso nel comun senso di ascoltare<\/i>,\nconviene credere che lo adoperi qu\u00ec Dante al modo che adoperano i\nLatini talvolta il verbo audire<\/i>, per intendere<\/i> [Vedi Roberto\nStefano Thesaurus linguae Latinae<\/i>].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"10","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ti smaghi<\/strong> vale ti smarrischi<\/i>, ti perdi<\/i>, ti tolghi.<\/i>  Vedi la nota Inf. XXV, 146 ed agli altri passi ivi allegati.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXV 146","NotaFonte":"Si veda non solo il passo parallelo, ma tutta la nota di Lombardi a Inf. XXV 146.","TestoFonte":"fossero alquanto e l'animo smagato,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=25&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"106-108","from":9878.0,"to":9880.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"vale trema qu\u00ec<\/i> [Della particella\nci<\/b> per qu\u00ec<\/i><\/b> vedi Cinonio Partic.<\/i> 58, 4], — s\u00ec che surga, o\nche si muova per salir su<\/i><\/b>: surga<\/b>, quando trovisi in luogo\nvicino alle scale: si muova per salir su<\/b>, quando sentasi monda,\ne trovisi in parte che dalle scale sia lontana, tal che prima di\nsalire convengale girare del piano su del quale sta; nel qual\natto non sale, ma movesi per salire.  Questo pare a me il senso. \nDagli altri comentatori chi dice niente, e chi dice cosa che non\nmi soddisfa.  Il Landino chiosa, che surga al cielo, o si muova\nda un girone dove ha purgato un peccato, all'altro, dove abbia a\npurgare un altro peccato.<\/i><\/b>  Il Vellutello spone, Che surga,\ncio\u00e8, che si levi in pi\u00e8: e questo rispetto a l'anime di quel\ngirone, le quali giaceno volte in gi\u00f9: perch\u00e8 il primo lor\nmovimento, quando si sentono purgate, si \u00e8 di levarsi su dal\ngiacere.  O che si muova per salir su: e questo rispetto a\nl'anime de gli altri gironi, che non giaceno quando similmente si\nsentono purgate.<\/i>  Al modo del Vellutello spiega anche il\nDaniello.  Malamente per\u00f2 suppone il Landino, che tremi 'l monte,\ne cantisi 'l detto inno ad ogni muover d'anima, anche da un\ngirone all'altro.  Dicendo Dante ci\u00f2 farsi quando alcun'anima si\nsente monda<\/i><\/b> assolutamente, e non quando sentasi monda anche in\nparte<\/i><\/b>; n\u00e8, di fatto, facendo Stazio in altro girone fermarsi, ma\npassar drittamente al cielo, come in progresso si pu\u00f2 vedere,\nbisogna intendere, che non tremi il monte, n\u00e8 quell'inno\ns'intuoni, se non quando passa un'anima dal Purgatorio al\nParadiso.  Il Vellutello poi, e 'l Daniello non si sono avveduti,\nche il muoversi per salir su<\/i> pu\u00f2 dirsi ugualmente tanto di chi\nin piedi essendo muovesi per salire, come di chi giacendo s'alza\nper salire — e tal grido seconda<\/b>, vale quanto, e il detto\ngridare<\/i><\/b> Gloria in excelsis Deo accompagna il tremare, che fa il\nmonte allora.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"21","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
e tal grido seconda<\/b>, vale quanto, e il detto gridare<\/i> Gloria in excelsis Deo accompagna il tremare, che fa il monte allora.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XX 136","NotaFonte":"","TestoFonte":" \"Glorïa in excelsis\" tutti \"Deo\"","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=54","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"58-60","from":21006.0,"to":21007.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"vale come, Io m'era gi\u00e0 posto con tutta quanta l'attenzione a\nrisguardare — scoverto<\/b>, patente all'occhio mio, in quel colmo\ndell'arco<\/i>, dov'era [Canto preced. v. 128], in tutta\nl'estensione da un lato all'altro [Inf. XVIII v. 109 e segg.].\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
scoverto<\/b>, patente all'occhio mio, in quel colmo dell'arco<\/i>, dov'era [Canto preced. v. 128]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIX 128","NotaFonte":"","TestoFonte":"sì men portò sovra 'l colmo de l'arco","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=19","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"4-5","from":18453.0,"to":18461.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"vale il suo concetto<\/i> il suo\nintendimento<\/i>, come al vers. 1 del precedente canto si \u00e8 dal\nLirano spiegato: solo che in Dio [siegue nell'ivi citato luogo a\ndire esso Lirano con tutti i teologi] non \u00e8 il verbo, siccom'\u00e8\nnell'uomo, cosa accidentale, ma consustanziale, ma la persona\nstessa del divin Figlio — non rimanesse in infinito eccesso<\/b>,\nnon rimanesse infinitamente al di sopra d'ogni creato\nintendimento.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Il suo verbo<\/strong> vale il suo concetto<\/i> il suo intendimento<\/i>, come al vers. 1 del precedente canto si è dal Lirano spiegato: solo che in Dio [siegue nell'ivi citato luogo a dire esso Lirano con tutti i teologi] non è il verbo, siccom'è nell'uomo, cosa accidentale, ma consustanziale, ma la persona stessa del divin Figlio<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1969164","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/biblia-cum-postillis-nicolai-de-lyra","LuogoFonte":"IV 242","NotaFonte":"Si rilegga la nota di Lombardi a Par. XVIII 1-3.","TestoFonte":"Item verbum in nobis est accidens et quid transiens; quia non semper actu intelligimus; sed in Deo idem est in substantia divina.","UrlFonte":"http:\/\/digital.ub.uni-duesseldorf.de\/ink\/content\/pageview\/2303112","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"44-45","from":18450.0,"to":18463.0,"NomeAutore":"Niccol\u00f2 di Lira","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"vale lo stesso che\nall'usato pianto<\/i>, al pianto detto nel canto precedente v. 71 e\nnel presente v. 18.  Della preposizione in su<\/b> per al<\/i><\/b> vedi\nCinonio [Partic.<\/i> 139, 2 e 3].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"20","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
al pianto detto nel canto precedente v. 71<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XIX 71","NotaFonte":"","TestoFonte":"vidi gente per esso che piangea,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=53&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"144","from":20537.0,"to":20542.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"vale malamente\nc'insegnava — colui che<\/b> ec. il demonio Malacoda, che aveva\ndetto ai poeti:\n\n     E se l'andare avanti pur vi piace<\/i>,\n        Andatevene su per questa grotta<\/i>:\n        Presso \u00e8 un altro scoglio, che via face<\/i>\n          [Inf. XXI, 109 e segg.];\n\nuncina<\/i><\/b>, attrappa coll'uncino.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
colui che<\/b> ec. il demonio Malacoda, che aveva detto ai poeti:\r\n     E se l'andare avanti pur vi piace<\/i>,\r\n       Andatevene su per questa grotta<\/i>:\r\n        Presso è un altro scoglio, che via face<\/i>\r\n          [Inf. XXI, 109 e segg.];<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI 109-111","NotaFonte":"","TestoFonte":"E se l'andare avante pur vi piace,
andatevene su per questa grotta;
presso è un altro scoglio che via face.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=21&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"140-141","from":22440.0,"to":22444.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"vale quanto ancor paventava.<\/i> \nCorrisponde al detto Allor fu la paura un poco<\/i> {v.19} [non del\ntutto] queta<\/i> {v.19}; ed alla Ciceroniana frase Refugit animus,\neaque reformidat dicere, quae<\/i> ec. [Philipp.<\/i> XIV, 9]\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Corrisponde alla ciceroniana frase Refugit animus [...], eaque reformidat dicere, quae<\/i>, ecc.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1541","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/philippicae","LuogoFonte":"XIV 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"Refugit animus, patres conscripti, eaque dicere reformidat quae L. Antonius in Parmensium liberis et coniugibus effecerit.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0474.phi035.perseus-lat1:14.9","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"25","from":185.0,"to":187.0,"NomeAutore":"Marco Tullio Cicerone","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"vale quanto era nissun' modo<\/i>: com'\u00e8\ndetto Inf. 9, 57.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
vale quanto era nissun' modo<\/i>: com'è detto Inf. IX 57.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. IX 57","NotaFonte":"","TestoFonte":"nulla sarebbe di tornar mai suso","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=9","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"143","from":21349.0,"to":21355.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"vale quanto sposarti con\ninganno<\/i>, fatto, intendi, a s. Pier Celestino.  Vedi la nota al\ncanto III di questa cantica v. 59.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
vale quanto sposarti con inganno<\/i>, fatto, intendi, a s. Pier Celestino.  Vedi la nota al canto III di questa cantica v. 59.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III 59-60","NotaFonte":"","TestoFonte":"vidi e conobbi l'ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"56","from":17851.0,"to":17859.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"vale quanto viva<\/i> — ancoi<\/b> qu\u00ec,\ne in due altri luoghi [Purg. XX, 7, e XXXIII, 96] dice Dante in\nvece d'oggi.<\/i><\/b> Riferisce il Rosa Morando, che 'l Marchese Maffei\ncrede cotal voce presa dai Veronesi. Ma<\/i> anc\u00f2 [soggiunge egli]\nnon<\/i> ancoi dicono i Veronesi<\/i> [e poco diverso i Lombardi tutti\ne i Romagnuoli], e<\/i> ancoi \u00e8 voce del Tirolo<\/i> [Osservaz. sopra\nil Purg. canto XXIX, 147. Dal Latino barbaro hanc hodie<\/i>\nriferisce il medesimo Rosa che ripeta il Marchese Maffei\nl'origine della voce ancoi<\/i>: e certamente o hanc hodie<\/i>, o hac\nhodie<\/i> corrisponde al quest'oggi<\/i> comune al resto d'Italia].\n\n\tParla qu\u00ec 'l Venturi in modo che sembra di riprovare il\nconsiglio di Dante d'aggrandire ed impinguare la in allora\nnascente Italiana favella con voci d'altri dialetti. Ma\nrisponder\u00e0 lui per Dante Orazio licuit, semperque licebit<\/i> [De\narte poet.<\/i> v. 58].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
ancoi<\/b> quì, e in due altri luoghi [Purg. XX, 7, e XXXIII, 96] dice Dante in vece d'oggi.<\/i> <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XX 70","NotaFonte":"Il riferimento corretto \u00e8 Purg. XX 70, non 7.","TestoFonte":"Tempo vegg'io, non molto dopo ancoi,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=54","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"52","from":12462.0,"to":12465.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"vale quanto,\ncommina qu\u00ec egli separatamente dagli altri Centauri<\/i> messi dal\nPoeta nel settimo cerchio, cant. XII, 56 coi violenti contra il\nprossimo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
vale quanto, cammina quì egli separatamente dagli altri Centauri<\/i> messi dal Poeta nel settimo cerchio, cant. XII, 56 coi violenti contra il prossimo.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XII 56","NotaFonte":"","TestoFonte":"corrien centauri, armati di saette,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=12&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"28","from":23816.0,"to":23824.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"vale quanto, quello spirito\nRomagnuolo<\/i>; e intende M. Guido del Duca da Brettinoro,\nmanifestatosi nel passato canto v. 81.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"15","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
vale quanto, quello spirito Romagnuolo<\/i>; e intende M. Guido del Duca da Brettinoro, manifestatosi nel passato canto v. 81<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XIV 81","NotaFonte":"","TestoFonte":"però sappi ch'io fui Guido del Duca.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=48&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"44","from":14635.0,"to":14639.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"vale qu\u00ec scorta<\/b>\nquanto agile<\/i> e pronta.<\/i>  Cos\u00ec Matteo Villani lib. 8 cap. 28\nElessono cento cavalieri<\/i> ec. con alquanti masnadieri scorti e\ndestri<\/i><\/b> — tutta la dirizzava<\/i><\/b>: drizzavale la vita che avea\nprima sovra i pi\u00e8 distorta<\/i> {v.8} — e lo smarrito volto come\namor vuol<\/b>; come richiede amore [intendi per far innamorare i\nrisguardanti] cos\u00ec le colorava<\/b> ec., cos\u00ec lo sguardo mio a\nquella femmina dipingeva.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
vale quì scorta <\/b>quanto agile<\/i> e pronta.<\/i>  Così Matteo Villani lib. 8 cap. 28 Elessono cento cavalieri<\/i> ec. con alquanti masnadieri scorti e destri<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q213277","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/cronica","LuogoFonte":"VIII 27","NotaFonte":"La citazione \u00e8 mediata dal Vocabolario della Crusca: cfr. http:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=SCORTO_ed4_o2","TestoFonte":"Elessono cento cavalieri ben montati e cinquanta Ungheri con alquanti masnadieri scorti, e destri ","UrlFonte":"https:\/\/archive.org\/details\/bub_gb_3E8JiaoWJxIC\/page\/n478\/mode\/1up","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"12-15","from":18577.0,"to":18582.0,"NomeAutore":"Matteo Villani","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"vale qu\u00ec combattimento, come in quel passo\ndi Gio. Villani, Avendo perduta Creusa sua moglie allo stormo\nde' Greci.<\/i> [Cron. lib. I, 21]  Vedi il Vocabolario della Crusca \n— Mostra<\/b>, altra funzione, in cui si muovono truppe con tamburi\ned altri instrumenti, detta altrimenti ordinanza<\/i><\/b> o rassegna.<\/i> \nVedi lo stesso Vocabolario.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Stormo <\/strong>vale quì combattimento, come in quel passo di Gio. Villani, Avendo perduta Creusa sua moglie allo stormo de' Greci.<\/i> [Cron. lib. I, 21]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"I 21","NotaFonte":"La citazione \u00e8 mediata dal Vocabolario della Crusca: cfr.\r\nhttp:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=STORMO. Cfr la Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 6.","TestoFonte":"Quando si partì di Troia co' suoi, con grande pianto, avendo perduta Creusa sua moglie a lo stormo  de' Greci, sì n'andò prima all'isola","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"2","from":20349.0,"to":20350.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"vale, secondo me, quanto per\nci\u00f2<\/i>, per tal motivo.<\/i>  Altri spiegano da quel desio, e\ncuriosit\u00e0 di sapere — a guisa di rampollo<\/b> ec. vuol dire, che\ncome appena si \u00e8 l'albero innalzato, gli nascono a' piedi dei\nrampolli, cos\u00ec appena ci siam noi innalzati al conoscimento di\nuna verit\u00e0, ci nasce dappiede un altro dubbio — ed \u00e8 natura<\/b>\nec. ed \u00e8 questo un saggio provvedimento della natura per cos\u00ec di\nvero in vero spignerci al sommo, ch'\u00e8 Iddio.  Di collo in collo<\/b>\nspiegando alcuni detto in grazia della rima per di colle in\ncolle<\/i><\/b>, dirittamente si oppone loro il Venturi, atteso che<\/i>,\n[scrive] dicendo<\/i> di collo in collo, col primo<\/i> collo la rima\ncertamente nulla ha che partire.<\/i>  Il sig. Rosa Morando pretende\nche collo<\/i><\/b> in questi luoghi sia figuratamente detto dal collo\nnostro, a significazione d'altezza, tal che di collo in collo<\/b>\nvaglia d'altezza in altezza.<\/i><\/b>  D'ovunque per\u00f2 derivisi, o dal\ncollo nostro, o d'altronde, collo<\/i><\/b> per cima<\/i> o altezza<\/i>\nadopralo certamente, e fuor di rima, il poeta nostro medesimo, e\nnel canto XXII dell'Inferno v. 116\n\n     Lascisi il collo, e sia la ripa scudo<\/i>\n     A veder se tu sol pi\u00f9 di noi vali<\/i>\n\ne nel XXIII, 43 della medesima cantica\n\n     E gi\u00e0 dal collo della ripa dura.<\/i>\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Collo<\/b> per cima<\/i> o altezza <\/i>adopralo certamente, e fuor di rima, il poeta nostro medesimo, e nel canto XXII dell'Inferno v. 116\r\n     Lascisi il collo, e sia la ripa scudo<\/i>\r\n     A veder se tu sol più di noi vali<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXII 116","NotaFonte":"","TestoFonte":"Lascisi 'l collo, e sia la ripa scudo,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=22&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"130-132","from":3843.0,"to":3845.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"valle presso Gerusalemme, dove nei libri\nsacri \u00e8 detto che Dio terr\u00e0 il giudizio universale (Io\u00ebl, III, 2\ne 12).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"10","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
valle presso Gerusalemme, dove nei libri\r\nsacri è detto che Dio terrà il giudizio universale (Ioël, III, 2\r\ne 12).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q45053","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q131643","LuogoFonte":"4, 2-12","NotaFonte":"","TestoFonte":"[2]<\/strong> congregabo omnes gentes | et deducam eas in vallem Iosaphat | et disceptabo cum eis ibi | super populo meo et hereditate mea Israel, | quos disperserunt in nationibus, | et terram meam diviserunt. [...] [12]<\/strong> Consurgant et ascendant gentes | in vallem Iosaphat, | quia ibi sedebo, ut iudicem | omnes gentes in circuitu.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_ioel_lt.html#4","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"11","from":8709.0,"to":8710.0,"NomeAutore":"Gioele","TitoloFonte":"Libro di Gioele"},
{"Annotazione":"vario, ineguale.  Varo<\/b> per vario<\/i>, come\navversaro<\/i> per avversario<\/i>, Purg. VIII, 93.  — «La cagione\nperch\u00e8 ad Arl\u00ec siano tanti sepolcri, si dice che avendo Carlo\nMagno combattuto quivi con infedeli, et essendo morta grande\nquantit\u00e0 di Cristiani, fece priego a Dio che si potessino\nconoscere dall'infedeli, per poterli sotterrare; e fatto lo\nprego, l'altra mattina si trov\u00f2 grande moltitudine d'avelli et a\ntutti li morti una scritta in su la fronte, che dicea lo nome et\nil soprannome; e cos\u00ec conosciuti, li seppellirono in quelli\navelli.»  Buti.<\/i>  — «Anche presso Pola veggonsi molte arche,\nquasi 700 e di molte forme.  Si dice che contenessero i corpi de'\nschiavoni ed istrioti, che avevano per legge doversi seppellire\nin vicinanza al mare appresso del Quarnaro.»  Benv. Ramb.<\/i>  —\nBene il Barg<\/i>: «La qual cosa, donde sia proceduta, non lo so per\nalcuna autentica istoria, e per\u00f2 non mi curo recitar\nfanfalucche.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"Varo per vario, come avversaro per avversario, Purg. VIII, 93.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. VIII, 95","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Vedi là 'l nostro avversaro\"","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=42&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"115","from":8503.0,"to":8504.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"vedi Canto I, 114 e seg.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
vedi Canto I, 114 e seg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I, 114-117","NotaFonte":"","TestoFonte":"e trarrotti di qui per loco etterno;
ove udirai le disperate strida,
vedrai li antichi spiriti dolenti,
ch'a la seconda morte ciascun grida","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"16","from":2139.0,"to":2142.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"vedi il passo di S. Giovanni\ncitato nella nota antecedente.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
vedi il passo di S. Giovanni citato nella nota antecedente<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"7, 12","NotaFonte":"","TestoFonte":"Iterum ergo locutus est eis Iesus dicens: “ Ego sum lux mundi; qui sequitur me, non ambulabit in tenebris, sed habebit lucem vitae ”.","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"18","from":128.0,"to":131.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"},
{"Annotazione":"vedi la nota sopra Inf. II, 2.  —\nGrazioso<\/b>: cortese.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. XXIX, 137-138","NotaFonte":"","TestoFonte":"quel sommo Ipocràte che natura
a li animali fé ch'ell'ha più cari","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=63&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"88","from":4600.0,"to":4601.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"vedisti tu. — La scritta morta<\/b>,\nl'inscrizione di morte eterna: «Per me si va ec.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"08","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
La scritta morta<\/b>, l'inscrizione di morte eterna: «Per me si va ec.»<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III, 1-3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=3","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"127","from":7642.0,"to":7643.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"veggendo l'anime ch'erono in inferno\ngiugnere altre anime, si contristorono della loro venuta, et\nancora rimorse della loro coscienza. Et di questo contristare\nnacque uno romore tra loro, dolendosi, et battendosi, et movendo\nalte le voci; il quale romore mosse l'aria et cre\u00f2 vento, come\ndetto \u00e8: et questo movimento d'aria, questo vento percosse ne'\nfuochi, che si debbe immaginare essere in quello luogo, il quale\nvento movendogli gli rischiar\u00f2; et quello chiarore percosse\nnell'aria, et a modo d'uno baleno f\u00e8 divenire quella aria\nvermiglia. Anon. Fior.\n\n\tIn qual modo Dante dopo il rifiuto di Caronte passasse\nall'altra riva dell'Acheronte egli non ce lo dice. Il suo\npassaggio ebbe luogo durante il suo sonno. La opinione pi\u00f9\nverisimile si \u00e8 che egli sia stato portato all'altra riva da\nun'angelo mentre dormiva. Questa opinione, osserva il Blanc, \u00e8\nconfermata primieramente dal passo al tutto simile Inf. IX, 64 e\nseg. E gi\u00e0 ven\u00eca su per le torbide onde<\/i>, dove altres\u00ec un'angelo\nleva gli ostacoli frapposti dagli spiriti infernali, e v'\u00e8 pure\ncome qu\u00ec un greve tuono, un suon di spavento<\/i>, un terremoto,\nper cui tremavan ambedue le sponde, un vento impetuoso.<\/i> E si\nriscontra con quel che riferisce S. Matteo XXVIII, 2: Ed ecco, si\nfece un gran tremoto, perciocch\u00e8 un'angelo del Signore scese dal\ncielo.<\/i> In secondo luogo Dante nel Purg. IX, 52 si fa portare da\nLucia appunto nella guisa medesima alla porta del Purgatorio.\nFinalmente convien pure osservare che l'apparizione dell'angelo \u00e8\nin qualche modo l'adempimento delle parole di Virgilio a Caronte,\nv. 94-96. — In quanto al senso allegorico di questo passo,\nbasti ricordare che secondo le dottrine scolastiche le prime\noperazioni della grazia divina sono misteriose. Vedi pure S.\nGiovanni III, 8: Il vento soffia ove egli vuole, e tu odi il suo\nsuono, ma non sai onde egli viene, n\u00e8 ove egli va; cos\u00ec \u00e8\nchiunque \u00e8 nato dello Spirito.<\/i>\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
La opinione più verisimile si è che egli sia stato portato all'altra riva da un'angelo mentre dormiva.  Questa opinione, osserva il Blanc, è confermata primieramente dal passo al tutto simile Inf. IX, 64 e seg. E già venìa su per le torbide onde<\/i>, dove altresì un'angelo leva gli ostacoli frapposti dagli spiriti infernali, e v'è pure come quì un greve tuono, un suon di spavento<\/i>, un terremoto, per cui tremavan ambedue le sponde, un vento impetuoso.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"IX, 64-81","NotaFonte":"Scartazzini fa riferimento al commento di Ludwig Gottfried Blanc (Berlino, 1781 \u2013 Halle, 1866)","TestoFonte":"E già venìa su per le torbide onde
un fracasso d'un suon, pien di spavento,
per cui tremavano amendue le sponde,
non altrimenti fatto che d'un vento
impetüoso per li avversi ardori,
che fier la selva e sanz'alcun rattento
li rami schianta, abbatte e porta fori;
dinanzi polveroso va superbo,
e fa fuggir le fiere e li pastori.
Li occhi mi sciolse e disse: \"Or drizza il nerbo
del viso su per quella schiuma antica
per indi ove quel fummo è più acerbo\".
Come le rane innanzi a la nimica
biscia per l'acqua si dileguan tutte,
fin ch'a la terra ciascuna s'abbica,
vid'io più di mille anime distrutte
fuggir così dinanzi ad un ch'al passo
passava Stige con le piante asciutte.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=9&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': '', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"134","from":2965.0,"to":2966.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"vero principio, perch\u00e8 non erano\nancor giunti dove si purgavano i vizi, ma si trattenevano come\nnell'atrio del Purgatorio con le anime o negligenti, o\nscomunicate, che non erano ancora ammesse a purgarsi. Venturi. \nDritta madre<\/i> per vera madre<\/i> scrisse nel suo Tesoro<\/i> anche\nSer Brunetto Latini [Lib. 5 c. 31]. Vedine altri esempi nel\nVocab. della Cr.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"07","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Dritta madre<\/i> per vera madre<\/i> scrisse nel suo Tesoro<\/i> anche Ser Brunetto Latini [Lib. 5 c. 31].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/Tesoro_volgarizzato","LuogoFonte":"V 31","NotaFonte":"Il riferimento \u00e8 mediato dal Vocabolario della Crusca: http:\/\/www.lessicografia.it\/Controller?lemma=DIRITTO.+e+DRITTO\r\nIl testo si legge in  Il tesoro di m. Brunetto Latino firentino [!], precettore del diuino poeta Dante, nel qual si tratta di tutte le cose che a mortali se appartengono,  Vinegia, per Marchio Sessa, 1533, c. 81r.","TestoFonte":"Udendo la boce della dritta madre, sì si partono da quella, che l'ha covate, e vannosene con lei.","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=IxElcgUf_UUC&printsec=frontcover&dq=Il+tesoro+di+m.+Brunetto+Latino+firentino+%5B!%5D,+precettore+del+diuino+poeta+Dante,+nelqual+si+tratta+di+tutte+le+cose+che+%C3%A0+mortali+se+appartengono&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&sa=X&redir_esc=y#v=onepage&q=boce&f=false","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"39","from":6346.0,"to":6348.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"verranno alle mani, e si\nsparger\u00e0 molto sangue.  Lo stesso — la parte selvaggia<\/b>, la\nparte Bianca, che alcuni intendono cos\u00ec denominata dall'avere i\nCerchi, capi di essa, avuto origine dalla selvosa Valdisieve;\naltri dall'essersi la medesima parte trovata a quel tempo\ncacciata dagli avversari fuori di Firenze — Caccer\u00e0 l'altra<\/b>,\nla parte Nera.\n\n\tQueste, che Ciacco predice, eran cose gi\u00e0 accadute quando\nDante scriveva: ma col fingere fatto il suo viaggio all'altro\nmondo nell'anno 1300 [Vedi Inf. XXI, 112, e Purg. II, 98],\nprima che le cose accadessero, viene con tal mezzo a far profez\u00eca\ndella storia.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"06","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Queste, che Ciacco predice, eran cose già accadute quando Dante scriveva: ma col fingere fatto il suo viaggio all'altro mondo nell'anno 1300 [Vedi Inf. XXI, 112, e Purg. II, 98], prima che le cose accadessero, viene con tal mezzo a far profezìa della storia.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXI 112-114","NotaFonte":"","TestoFonte":"Ier, più oltre cinqu'ore che quest'otta, 
mille dugento con sessanta sei
anni compié che qui la via fu rotta.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=21&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"65-66","from":5435.0,"to":5438.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"verso la sottostante bolgia. Dante stava\nsporto d'in sul ponte a guardar gi\u00f9 (C. XXVI, 43).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Ingiuso<\/b>, verso la sottostante bolgia. Dante stava sporto d'in sul ponte a guardar giù (C. XXVI, 43).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XXVI, 43","NotaFonte":"","TestoFonte":"Io stava sovra 'l ponte a veder surto","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=26&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"31","from":25993.0,"to":26001.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"vi seggono i morti bambini, che si sono salvati non per i meriti\npropri ma dei loro genitori; avendo in quelli la sufficienza\ndella grazia e l'influsso della Redenzione, secondo la sentenza\ndi s. Prospero abbracciata da gravissimi teologi. Venturi. \nSalvarsi per\u00f2 bambini pe' meriti dei loro genitori niega s.\nProspero espressamente, e ne rende incontrastabile ragione\n\n Nec meritis istud poteris aptare parentum.<\/i>\n . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . \n Cum videas multos sanctis genitoribus ortos<\/i>\n Nullo salvari studio potuisse suorum<\/i> \n [Carmen de Ingratis<\/i> vers. 629 e segg.]. \n\nPer adunque il merito altrui<\/b> intenderem noi piuttosto i soli\ninfiniti meriti di Ges\u00f9 Cristo; e per le certe condizioni<\/b>\nprenderem quelle che il Poeta stesso nei versi 75 e segg.\nrammentaci da Dio secondo la variet\u00e0 de' tempi volute, la fede\ncio\u00e8 de' parenti in Cristo venturo, la circoncisione, ed il\nbattesimo.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"32","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Salvarsi però bambini pe' meriti dei loro genitori niega s. Prospero espressamente, e ne rende incontrastabile ragione\r\n     Nec meritis istud poteris aptare parentum.<\/i>\r\n     . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . \r\n     Cum videas multos sanctis genitoribus ortos<\/i>\r\n     Nullo salvari studio potuisse suorum<\/i> \r\n     [Carmen de Ingratis<\/i> vers. 629 e segg.].  <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q454652","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q105623896","LuogoFonte":"III 629-633","NotaFonte":"PL 51, 0127C - 0128A","TestoFonte":"NEC meritis istud poteris aptare parentum: 
Ceu pia profuerit redimendis cura honorum,
Abstuleritque aliis aliena ignavia vitam;
Cum videas multos sanctis genitoribus ortos,
Nullo salvari studio potuisse suorum:","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=\/&text=7572","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"42-43","from":31641.0,"to":31649.0,"NomeAutore":"Prospero d'Aquitania","TitoloFonte":"Prospero d'Aquitania"}, {"Annotazione":"vi si fa s\u00ec<\/b> (lat. ita~); cio\u00e8, i\ncorrotti magistrati fanno risultar per vero ci\u00f2 che non \u00e8. Fra\nJacopone: «Gu\u00e0rdati da barattiere, Che 'l ner bianco fa\nvedere.»\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"21","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"vi si fa ita<\/strong>, vi si fa sì<\/b> (lat. ita); cioè, i corrotti magistrati fanno risultar per vero ciò che non è. Fra Jacopone: «Guàrdati da barattiere, Che 'l ner bianco fa vedere.»","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q317267","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3827677","LuogoFonte":"Laude 74, 55-56","NotaFonte":"","TestoFonte":"Guàrdati da baratteri,
Che 'l ner per bianco 'l fo vedere","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_1\/t20.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"42","from":19637.0,"to":19641.0,"NomeAutore":"Jacopone da Todi","TitoloFonte":"Laude"}, {"Annotazione":"vientene speditamente, o\n[fors'anche] scuoti da tuoi piedi la polvere in segno di scordati\naffatto di lei: come per tale significazione venne ingiunto agli\napostoli che facessero con chi stato fosse loro inospitale\n[Matth.<\/i> 10 v. 14].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"19","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
scuoti da tuoi piedi la polvere in segno di scordati affatto di lei: come per tale significazione venne ingiunto agli apostoli che facessero con chi stato fosse loro inospitale [Matth.<\/i> 10 v. 14].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"X 14","NotaFonte":"","TestoFonte":"Et quicumque non receperit vos neque audierit sermones vestros, exeuntes foras de domo vel de civitate illa, excutite pulverem de pedibus vestris. ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#10","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"61","from":18924.0,"to":18927.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"vile schiera.  Nell'Apocalisse<\/i>\n(cap. III) si parla di angeli<\/b> n\u00e9 caldi n\u00e9 freddi.  \u00c8 vero che\nsi allude ai capi di alcune chiese; ma D. intende alla lettera e\nritiene, d'accordo con alcuni Vangeli apocrifi, che una parte\ndegli angeli, nella lotta fra Dio e Lucifero, non si seppe\nrisolvere per nessuno de' due, e cos\u00ec non fece atto di libero\narbitrio, rimanendo schiava, captiva<\/i><\/b>, della sua vilt\u00e0.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
Nell'Apocalisse<\/i>\r\n(cap. III) si parla di angeli<\/b> né caldi né freddi.  È vero che\r\nsi allude ai capi di alcune chiese; ma D. intende alla lettera e\r\nritiene, d'accordo con alcuni Vangeli apocrifi, che una parte\r\ndegli angeli, nella lotta fra Dio e Lucifero, non si seppe\r\nrisolvere per nessuno de' due, e così non fece atto di libero\r\narbitrio, rimanendo schiava, captiva<\/i>, della sua viltà.\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","LuogoFonte":"3, 14-16","NotaFonte":"Pietrobono ha ragione: nell'\"Apocalisse\", i messaggi sono rivolti ai rappresentanti di diverse chiese cristiane, che vengono per\u00f2 chiamati \"angeli\".","TestoFonte":"[14]<\/strong> Et angelo ecclesiae, quae est Laodiciae, scribe: | Haec dicit Amen, testis fidelis et verus, principium creaturae Dei: | [15]<\/strong> Scio opera tua, quia neque frigidus es neque calidus. Utinam frigidus esses aut calidus! [16]<\/strong> Sic quia tepidus es et nec calidus nec frigidus, incipiam te evomere ex ore meo.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#3","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"37-38","from":2290.0,"to":2292.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"},
{"Annotazione":"vivo.  Il corruttibile non pu\u00f2\neredare l'incorruttibilit\u00e0<\/i>, I Cor. XV, 35; immortale secolo<\/b>,\nl'Eliso; sensibilmente<\/b> in corpo.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"02","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
vivo.  Il corruttibile non può eredare l'incorruttibilità<\/i>, I Cor. XV, 35<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q80355","LuogoFonte":"15, 35-36","NotaFonte":"","TestoFonte":"Sed dicet aliquis: “ Quomodo resurgunt mortui? Quali autem corpore veniunt? ”. Insipiens! Tu, quod seminas, non vivificatur, nisi prius moriatur","UrlFonte":"http:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-i-corinthios_lt.html","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"14-15","from":1090.0,"to":1091.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Prima lettera ai Corinzi"},
{"Annotazione":"voce Latina, che significa perch\u00e8<\/i>, e ch'\u00e8\ntutt'ora tra i Toscani in uso.  Venturi.  Vedi per\u00f2 anche la nota\ndel Volpi al canto I, 85 della presente cantica.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"27","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vedi però anche la nota del Volpi al canto I, 85 della presente cantica.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 65","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Inf. I 65 (non 85).","TestoFonte":"\"miserere di me\", gridai a lui,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=1&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"72","from":26297.0,"to":26298.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"voce adoprata anche da altri antichi\nbuoni scrittori [Vedi 'l Vocab. della Cr.], vale quanto la voce\nLatina amasia<\/i>, cio\u00e8, donna amata<\/i> — primo amante<\/b>, Dio, o\nper ispezialt\u00e0 lo Spirito santo, che primo amore<\/i><\/b> appella [Inf.\nIII, 6] — diva<\/i><\/b>, divina, epiteto solito attribuirsi alla sacra\nteologia, appellata perci\u00f2 anche divinit\u00e0<\/i> [Vedi Vocab. della\nCrusca sotto la voce divinit\u00e0<\/i> {paragraph.} 1].\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"04","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
primo amante<\/b>, Dio, o per ispezialtà lo Spirito santo, che primo amore<\/i> appella [Inf. III, 6]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III 6","NotaFonte":"","TestoFonte":"la somma sapïenza e 'l primo amore.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=3&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"118","from":3749.0,"to":3750.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"voci Latine, alla presenza mia.  Volpi:\nl'avvertimento del quale intorno all'uso de' Toscani poeti, ed\nanche prosatori, di spargere ne' loro componimenti voci Latine,\nvedilo riferito Inf. I, 65  — s'affisse<\/i>, fermossi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
voci Latine, alla presenza mia.  Volpi: l'avvertimento del quale intorno all'uso de' Toscani poeti, ed anche prosatori, di spargere ne' loro componimenti voci Latine, vedilo riferito Inf. I, 65<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. I 65","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"miserere di me\", gridai a lui,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=1","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/giovanni-antonio-volpi-1726-27', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"26","from":24549.0,"to":24551.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"vola e grida nel tempo stesso:\n— Sei preso!  — per tentar di riacciuffar la preda,\nimpaurendola.  Cfr. VIII, 18.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
vola e grida nel tempo stesso:\r\n— Sei preso!  — per tentar di riacciuffar la preda,\r\nimpaurendola.  Cfr. VIII, 18.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno VIII, 13-18","NotaFonte":"","TestoFonte":"Corda non pinse mai da sé saetta
che sì corresse via per l'aere snella,
com'io vidi una nave piccioletta

venir per l'acqua verso noi in quella,
sotto 'l governo d'un sol galeoto,
che gridava: \"Or se' giunta, anima fella!\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=8&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"126","from":21237.0,"to":21241.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"volendosi Cerbero opporre all'entrata di\nErcole in Inferno, Ercole gli gett\u00f2 una catena al collo e lo\ntrascin\u00f2 fin fuori della porta. Cfr. Virg. En. VI, 391 e seg.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"09","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
volendosi Cerbero opporre all'entrata di Ercole in Inferno, Ercole gli gettò una catena al collo e lo trascinò fin fuori della porta. Cfr. Virg. En. VI, 391 e seg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI, 392-397","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nec vero Alciden me sum laetatus euntem
accepisse lacu, nec Thesea Pirithoumque,
dis quamquam geniti atque invicti viribus essent.
Tartareum ille manu custodem in vincla petivit,
ipsius a solio regis, traxitque trementem;
hi dominam Ditis thalamo deducere adorti.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+6.390&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA GENERICA","Verso":"99","from":8384.0,"to":8385.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"volge la sfera a lei commessa de'\nbeni mondani. — Questa teorica della Fortuna, in cui\ncomunemente si vede non pi\u00f9 che un ghiribizzo poetico, \u00e8 parte\nintegrante del poema, e frutto di convincimento profondo. \nL'universo, per Dante come per tutti i dottori cattolici del suo\ntempo, \u00e8 da Dio governato parte immediatamente, parte per mezzo\nde' suoi celesti ministri. Immediatamente Egli governa il solo\nEmpireo, gli altri nove cieli col ministero dei nove cori degli\nAngeli: e di questi e di quello il Poeta tratta ampiamente nella\nterza sua Cantica. Poteva egli tacer della terra, per la quale\nscriveva? Ma la terra, per esser manco nobile, non potrebbe in\ncosiffatto sistema supporsi governata direttamente da Dio, anzi\nneppure da tutto un coro di Angeli. Baster\u00e0 dunque una sola\nceleste Intelligenza a girar questa, che alle nostre povere menti\npar tanto difficile, ruota delle terrene vicende: e sar\u00e0 quella\nstessa che i Gentili un tempo e i volgari tuttod\u00ec chiamano\nFortuna. E che potesse bastare, lo aveva gi\u00e0, tutt'altro che\npoetando, detto Sant'Agostino, De civ. Dei, V: «Quelle cause\nche si dicon fortuite, onde altresi la Fortuna ebbesi il nome,\nnoi le diciamo latenti, e le rechiamo alla volont\u00e0 o dello\nstesso Iddio o di qualsivoglia altro Spirito.<\/i>\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"07","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"
Basterà dunque una sola celeste Intelligenza a girar questa, che alle nostre povere menti par tanto difficile, ruota delle terrene vicende: e sarà quella stessa che i Gentili un tempo e i volgari tuttodì chiamano Fortuna.  E che potesse bastare, lo aveva già, tutt'altro che poetando, detto Sant'Agostino, De civ. Dei, V: «Quelle cause che si dicon fortuite, onde altresi la Fortuna ebbesi il nome, noi le diciamo latenti, e le rechiamo alla volontà o dellostesso Iddio o di qualsivoglia altro Spirito<\/i>» <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q8018","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q212318","LuogoFonte":"De civitate Dei V, ix, 4","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nos enim eas causas, quae dicuntur fortuitae, unde etiam fortuna nomen accepit, non esse dicimus nullas, sed latentes, easque tribuimus vel Dei veri vel quorumlibet spirituum<\/strong> voluntati, ipsasque naturales nequaquam ab illius voluntate seiungimus, qui est auctor omnis conditorque naturae.","UrlFonte":"https:\/\/books.google.it\/books?id=BnLYAAAAMAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false","NaturaRiferimento":"SUPPORTO ESTERNO","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"SUPPORTO ESTERNO","TipoDiCitazione":"no","Verso":"96","from":6465.0,"to":6468.0,"NomeAutore":"Agostino d'Ippona","TitoloFonte":"La citt\u00e0 di Dio"},
{"Annotazione":"volgendo il viso (Purg.<\/i>, \nIII, 104).  — Se pu\u00f2 disii<\/b> ecc.; altrove (Par.<\/i><\/b>, V, 119):\n\n                           Per\u00f2 se pi\u00f9 disii\n     Di noi chiarirti, a tuo piacer ti sazia.\n\n— Altri<\/i><\/b>, qualcuno di questi miei compagni.  — Disfaccia<\/b>, il\nfaccia a brani, lo strugga.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"22","Commentario":"Giacomo Poletto 1894","FrammentoNota":"Volse la faccia<\/b>, volgendo il viso (Purg.<\/i>, III, 104).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Purg. III, 104","NotaFonte":"","TestoFonte":"tu se', così andando, volgi 'l viso","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=37","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"61-63","from":20770.0,"to":20773.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"voluto dal fato di Dio; cfr. Inf. VII, 8\nssg.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
voluto dal fato di Dio; cfr. Inf. VII, 8 ssg.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. VII, 8-12","NotaFonte":"","TestoFonte":"\"Taci, maladetto lupo!
consuma dentro te con la tua rabbia.
Non è sanza cagion l'andare al cupo:
vuolsi ne l'alto, là dove Michele
fé la vendetta del superbo strupo\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=7&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"22","from":4153.0,"to":4154.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"vuol dire, verso la parte del ciel media<\/i>: imperocch\u00e8\ndi fatto, quando il Sole \u00e8 in mezzo al cielo, essendo l'ombra del\ngnomone, e di qualsivoglia terrestre corpo, pi\u00f9 corta, e\npercorrendo conseguentemente la di lei punta in ugual tempo\nminore tratto, di quando \u00e8 il Sole in parte pi\u00f9 all'oriente od\noccidente vicino, fa all'indotto volgo parere che muovasi il Sole\npi\u00f9 lentamente.\n\n\tAccennandoci poi Dante, che l'emisfero celeste, di cui\nBeatrice guardava il mezzo, fosse il corrispondente all'emisfero\nnostro terrestre [Vedi 'l canto precedente v. 151 e segg.]; ed in\nmezzo al terrestre emisfero nostro collocando egli Gerusalemme\n[Vedi la nota ai primi versi del canto XXVII del Purg.] Vergine,\ne della trionfante Chiesa, cotal media parte del cielo, per\nessere la medesima perpendicolarmente soprapposta a Gerusalemme;\nacci\u00f2 la Gerusalemme celeste sovrasti appuntino alla terrestre.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Accennandoci poi Dante, che l'emisfero celeste, di cui Beatrice guardava il mezzo, fosse il corrispondente all'emisfero nostro terrestre [Vedi 'l canto precedente v. 151 e segg.]<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXII 151-153","NotaFonte":"","TestoFonte":"L'aiuola che ci fa tanto feroci,
volgendom'io con li etterni Gemelli,
tutta m'apparve da' colli a le foci;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=89&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"11-12","from":22404.0,"to":22418.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"vuole intimidire il viaggiatore. \nConoscendo il fine del viaggio di Dante essere la di lui salute i\ndemoni cercano di farlo retrocedere, cfr. Inf. III, 88 ssg. VIII, \n82 ssg. ecc. Tali «demoni» non mancano mai, dovunque l'uomo\ncomincia ad avviarsi sulla via della virt\u00f9. — Di cui<\/b>: di chi;\n— Fide<\/b>: fidi; sovente appo gli antichi, talvolta anche in\nprosa.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"05","Commentario":"G.A. Scartazzini 1872-82 [2nd ed. 1900]","FrammentoNota":"
Conoscendo il fine del viaggio di Dante essere la di lui salute i demoni cercano di farlo retrocedere, cfr. Inf. III, 88 ssg. VIII, 82 ssg. ecc.  Tali «demoni» non mancano mai, dovunque l'uomo comincia ad avviarsi sulla via della virtù. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. III, 88-93","NotaFonte":"","TestoFonte":"E tu che se' costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti\".
Ma poi che vide ch'io non mi partiva,
disse: \"Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti\".","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=3&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"19","from":4123.0,"to":4126.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"\u00c8 Caifas il sommo sacerdote,\nche nel concilio dei Sacerdoti e dei Farisei consigli\u00f2 che Cristo\nfosse messo a morte, dicendo (Giovanni, XI 47-53): «Voi non avete\nalcun conoscimento e non considerate ch'egli ci giova che un uomo\nmuoia per lo popolo».\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Tommaso Casini and S.A. Barbi 1921","FrammentoNota":"
È Caifas il sommo sacerdote, che nel concilio dei Sacerdoti e dei Farisei consigliò che Cristo fosse messo a morte, dicendo (Giovanni, XI 47-53): «Voi non avete alcun conoscimento e non considerate ch'egli ci giova che un uomo muoia per lo popolo».<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q328804","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q36766","LuogoFonte":"11, 47-53","NotaFonte":"","TestoFonte":"Collegerunt ergo pontifices et pharisaei concilium et dicebant: “ Quid facimus, quia hic homo multa signa facit?
Si dimittimus eum sic, omnes credent in eum, et venient Romani et tollent nostrum et locum et gentem! ”.
Unus autem ex ipsis, Caiphas, cum esset pontifex anni illius, dixit eis: “ Vos nescitis quidquam
nec cogitatis quia expedit vobis, ut unus moriatur homo pro populo, et non tota gens pereat! ”.
Hoc autem a semetipso non dixit; sed, cum esset pontifex anni illius, prophetavit quia Iesus moriturus erat pro gente
et non tantum pro gente, sed et ut filios Dei, qui erant dispersi, congregaret in unum.
Ab illo ergo die cogitaverunt, ut interficerent eum.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-ioannem_lt.html#11","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"115","from":22265.0,"to":22267.0,"NomeAutore":"Giovanni evangelista","TitoloFonte":"Vangelo secondo Giovanni"}, {"Annotazione":"\u00c8 Maometto che parla a pro\ndi un seminatore di scisma, par suo. Fra Dolcino, eremita\nnovarese predicava, «s\u00e8 esser vero apostolo di Cristo, e che\nogni cosa dovea essere in carit\u00e0 e commune, e simile le femine.»\nGio. Villani, VIII, 84. Banditagli da papa Bonifazio la croce\naddosso, ei si ridusse con circa 3000 de' suoi seguaci ne' monti\ndel Novarese, dove sostenne l'assedio de' crociati un anno e\npi\u00f9; ma finalmente, stretto dalla fame e dalle nevi, fu preso\nnel 1306, e insieme con Margherita sua compagna attanagliato per\ntutto Vercelli, e poi arsi ambedue vivi, e poi gettate le loro\nceneri al vento.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"28","Commentario":"Raffaello Andreoli 1856","FrammentoNota":"Or di' a Fra Dolcin<\/b> ec. È Maometto che parla a pro di un seminatore di scisma, par suo. Fra Dolcino, eremita novarese predicava, «sè esser vero apostolo di Cristo, e che ogni cosa dovea essere in carità e commune, e simile le femine.» Gio. Villani, VIII, 84.","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"Nova Cronica IX, 84","NotaFonte":"","TestoFonte":"Nel detto anno MCCCV nel contado di Noara in Lombardia uno frate Dolcino, il quale non era frate di regola ordinata, ma fraticello sanza ordine, con errore si levò con grande compagnia d’eretici, uomini e femmine di contado e di montagne di piccolo affare, proponendo e predicando il detto frate Dolcino sé essere vero appostolo di Cristo, e che ogni cosa dovea essere in carità comune, e simile le femmine esser comuni<\/strong>, e usandole non era peccato.","UrlFonte":"http:\/\/www.letteraturaitaliana.net\/pdf\/Volume_2\/t48.pdf","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"55","from":27139.0,"to":27148.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"\u00c8 imitazione di Virgilio, il\nqual dimostra, che subito che Enea spicc\u00f2 il ramo d'oro nella\nselva, ve ne nacque un altro. Onde dice primo avulso, non\ndeficit alter<\/i> ec. [Aeneid. VI, 143]. Landino. La ragione di\ntale riproducimento dovrebb'essere la gi\u00e0 detta del durare della\nrugiada. Il Landino e 'l Vellutello chiosano voler Dante con\nquesto esempio far capire, essere propriet\u00e0 delle virt\u00f9, che\nquanti pi\u00f9 son quelli che di loro si vestono, tanto pi\u00f9 si\nvengono ad augumentare e crescere.<\/i> Oltre per\u00f2 che per questo\nfine avrebbe Dante dovuto in luogo del colto giunco farne nascer\npi\u00f9 d'uno; puossi poi anche lo stesso dire dei vizi, ai quali\nperci\u00f2 comunmente si applica quell'abyssus abyssum invocat.<\/i>\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
È imitazione di Virgilio, il qual dimostra, che subito che Enea spiccò il ramo d'oro nella selva, ve ne nacque un altro.  Onde dice primo avulso, non deficit alter<\/i> ec. [Aeneid. VI, 143].  Landino.  La ragione di tale riproducimento dovrebb'essere la già detta del durare della rugiada.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"VI 143-144","NotaFonte":"","TestoFonte":"Primo avulso non deficit alter
aureus, et simili frondescit virga metallo.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:6.124-6.155","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"135","from":970.0,"to":973.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"}, {"Annotazione":"\u00c8 la terza volta che li paragona ai\ncani (XXI, 44, 67); dai cani deriva due de' loro nomi: Cagnazzo e\nGraffiacane; e di cani \u00e8 similmente ripieno il pantano dello\nStige. Non a caso, forse; ch\u00e9 molto probabilmente dentro di s\u00e9\ncani, fiorentini e diavoli li aveva associati da un pezzo. —\nacceffa<\/b>: Ha ancora davanti gli occhi le zanne dei diavoli e\nperci\u00f2 vede il cane nel punto che mette i denti, piglia col ceffo\nla povera lepre. Come nel verso precedente campeggia una parola\nsola: crudeli<\/i> {v.17}; cos\u00ec l'acceffa<\/i><\/b> qui, a concludere un\nmotivo ascendente tessuto quasi tutto sopra sillabe chiare.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"23","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
È la terza volta che li paragona ai\r\ncani (XXI, 44, 67); dai cani deriva due de' loro nomi: Cagnazzo e\r\nGraffiacane; e di cani è similmente ripieno il pantano dello\r\nStige.  Non a caso, forse; ché molto probabilmente dentro di sé\r\ncani, fiorentini e diavoli li aveva associati da un pezzo.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inferno XXI, 43-45, 67-71","NotaFonte":"","TestoFonte":"Là giù 'l buttò, e per lo scoglio duro
si volse; e mai non fu mastino sciolto
con tanta fretta a seguitar lo furo.
[...] Con quel furore e con quella tempesta
ch'escono i cani a dosso al poverello
che di sùbito chiede ove s'arresta,
usciron quei di sotto al ponticello,
e volser contra lui tutt'i runcigli;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=21","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"18","from":21538.0,"to":21541.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}, {"Annotazione":"\u00c8 nel profetico salmo Domine\nlabia mea aperies, et os meum annunciabit laudem tuam<\/i> [Psal.<\/i>\n50 v. 17]: la qual orazione \u00e8 conveniente a' golosi: acciocch\u00e8 la\nbocca, la quale hanno pe 'l passato aperta alle superflue\nvivande, per l'avvenire s'apra a cantare le divine laudi. Lo\nstesso. — Pospone la parola Domine<\/b> al labia mea<\/b> per\naggiustamento del verso.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"23","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
È nel profetico salmo Domine labia mea aperies, et os meum annunciabit laudem tuam<\/i> [Psal. <\/i>50 v. 17]: la qual orazione è conveniente a' golosi: acciocchè la bocca, la quale hanno pe 'l passato aperta alle superflue vivande, per l'avvenire s'apra a cantare le divine laudi.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q41064","LuogoFonte":"LI (L) 17","NotaFonte":"","TestoFonte":"Domine, labia mea aperies,
et os meum annuntiabit laudem tuam.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_vt_psalmorum_lt.html#PSALMUS%2051","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=14815', 'Autore':'Cristoforo Landino, 1481','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"11","from":22691.0,"to":22694.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Libro dei Salmi"}, {"Annotazione":"\u00c8 quel che disse\nOvidio: Nam praevisa minus laedere tela solent<\/i>: e poi il\nPetrarca: Che piaga antiveduta assai men duole<\/i>: ma non\nSalomone, a cui dal Daniello [e dal Vellutello] s'affibbia il\ndetto di san Gregorio con un poco d'alterazione cos\u00ec: iaculum\npraevisum minus laedit.<\/i> Venturi.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"17","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
È quel che disse Ovidio: Nam praevisa minus laedere tela solent<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q3778129","Fonte":"https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/source\/aesopus","LuogoFonte":"XX 10","NotaFonte":"Cfr. l'ed. del commento di Venturi (qui fonte di Lombardi), a cura di A. Marzo, II, p. 1016, nota 6.","TestoFonte":"Nam preuisa minus ledere tela solent.","UrlFonte":"https:\/\/www.mlat.uzh.ch\/browser?path=\/14009\/16179\/15694\/15349\/&text=15349:21","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"27","from":16377.0,"to":16382.0,"NomeAutore":"Gualtiero Anglico","TitoloFonte":null},
{"Annotazione":"\u00c8 questo come a\ndire: tu parli con noi come parleresti con uomini ancor peregrini\nsopra la terra: noi non contiamo pi\u00f9 altra, che la vera citt\u00e0, la\nvera nostra patria, ch'\u00e8 il cielo, gi\u00e0 a noi destinato; dovevi\nadunque, per soddisfare il tuo desiderio, chiedere in vece, qual\ndi noi vivesse una volta peregrina in Italia.  Allude\nprobabilmente a quello di s. Paolo Iam non estis hospites, et\nadvenae, sed estis cives sanctorum<\/i> ec. [Ad Ephes.<\/i> 2 v.<\/i> 19].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"13","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Allude probabilmente a quello di s. Paolo Iam non estis hospites, et advenae, sed estis cives sanctorum<\/i> ec. [Ad Ephes.<\/i> 2 v.<\/i> 19].<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q9200","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q408673","LuogoFonte":"II 19","NotaFonte":"Lombardi cita secondo la Vulgata Clementina: \"Ergo jam non estis hospites, et adven\u00e6 : sed estis cives sanctorum, et domestici Dei\".","TestoFonte":"Ergo iam non estis extranei et advenae, sed estis concives sanctorum et domestici Dei, ","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_epist-ephesios_lt.html#2","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"94-96","from":12775.0,"to":12778.0,"NomeAutore":"Paolo di Tarso","TitoloFonte":"Lettera agli Efesini"},
{"Annotazione":"\u00c8 questo il primo verso di una\nsublime canzone composta dal poeta nostro in lode della sua\nBeatrice, ed inserita nella Vita nuova.<\/i>\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"24","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
È questo il primo verso di una sublime canzone composta dal poeta nostro in lode della sua Beatrice, ed inserita nella Vita nuova.<\/i><\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q18084","LuogoFonte":"XIX 2-3","NotaFonte":"","TestoFonte":"Allora dico che la mia lingua parlò quasi come per sé stessa mossa e disse: «Donne ch'avete intellecto d'amore». Queste parole io ripuosi nella mente con grande letitia, pensando di prenderle per mio cominciamento. Onde poi, ritornato alla sopradecta cittade, pensando alquanti die cominciai una canzone con questo cominciamento, ordinata nel modo che si vedrà di sotto nella sua divisione. La canzone comincia Donne ch'avete.
Donne ch'avete intellecto d'amore,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Vita_Nova&pb=10","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"51","from":23947.0,"to":23950.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Vita Nuova"}, {"Annotazione":"\u00c8 s. Giacomo che parla, come\napparisce dal verso 48 Cos\u00ec segu\u00eco<\/i> ec. ed \u00e8 la costruzione. \nPoich\u00e8 lo nostro imperadore per grazia<\/b>, per sua misericordia,\nvuole che tu anzi la morte<\/b>, prima di morire, t'affronti<\/b>, ti\ntrovi insieme, t'abbocchi, co' suoi Conti<\/b>, co' primari\npersonaggi di sua corte [Vedi ci\u00f2 che di simili onorifici titoli\n\u00e8 detto nel canto precedente v. 115] nell'aula pi\u00f9 secreta<\/b>\nnella pi\u00f9 distinta celestiale magione.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Vedi ciò che di simili onorifici titoli è detto nel canto precedente v. 115<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Par. XXIV 115","NotaFonte":"","TestoFonte":"E quel baron che sì di ramo in ramo,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=91&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"40-42","from":24643.0,"to":24666.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"\u00c8 saggia riflessione del\nCionacci [Stor. della B. Umiliana<\/i> part. 4 cap. 4] che alluda,\ncos\u00ec de' Donati parlando, la motto di Malefammi<\/i>, col quale\n[testimonio Giovan Villani [Croniche<\/i> lib. 8 cap. 38]] erano\nessi Donati comunemente appellati.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"03","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
È saggia riflessione del Cionacci [Stor. della B. Umiliana<\/i> part. 4 cap. 4] che alluda, così de' Donati parlando, la motto di Malefammi<\/i>, col quale [testimonio Giovan Villani [Croniche<\/i> lib. 8 cap. 38]] erano essi Donati comunemente appellati.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"IX 39","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p.  313 (VIII 38) ","TestoFonte":"Della casa de' Donati era capo messer Corso Donati, e egli e quelli di sua casa erano gentili uomini e guerrieri, e di non soperchia ricchezza, ma per motto erano chiamati Malefami<\/strong>.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"106","from":2760.0,"to":2764.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"},
{"Annotazione":"\u00e8 detto non altrimenti che si\ndicesse Virg. nel 2 dell'Eneide, cavae cavernae: Insonuere\ncavae, gemitumque dedere cavernae.<\/i>  Daniello.  Anzi pi\u00f9\npropriamente; imperocch\u00e8 tutte le caverne sono cave, e non tutte\nle selve sono selvagge, essendovene delle artefatte pe 'l\ndiporto.  — Aspra<\/b> e forte<\/b>: forte<\/b> aggiunge non poco\nall'aspra<\/b>; e quindi \u00e8, che per il forte del bosco intendiamo il\npi\u00f9 folto ed intralciato di quello: siccome l'aspra<\/b>, che vale\ninviluppata assai da tronchi e pruni, al selvaggia<\/b>, che vuol\nprecisamente significare abbandonata senza alcuna coltura.\nVenturi.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Selva selvaggia<\/strong> è detto non altrimenti che si dicesse Virg. nel II dell'Eneide<\/em>, cavae cavernae: Insonuere cavae, gemitumque dedere cavernae.<\/i>  Daniello. <\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"II 53","NotaFonte":"","TestoFonte":"Insonuere cavae, gemitumque dedere cavernae<\/i>.","UrlFonte":"http:\/\/www.perseus.tufts.edu\/hopper\/text?doc=Verg.+A.+2.53&fromdoc=Perseus%3Atext%3A1999.02.0055","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=15475', 'Autore':'Bernardino Daniello, 1547-68','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"5","from":29.0,"to":31.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"\u00e8 il sole, di cui nullo sensibile in\ntutto lo mondo \u00e8 pi\u00f9 degno di farsi esemplo di Dio<\/i> (Conv.<\/i>,\nIII, xii, 7).  Anche la Chiesa invoca Cristo Redentore come sol\niustitiae, sol salutis<\/i>, e simili.\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"01","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"
è il sole, di cui nullo sensibile in\r\ntutto lo mondo è più degno di farsi esemplo di Dio<\/i> (Conv.<\/i>,\r\nIII, xii, 7).<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"III, xii, 7","NotaFonte":"","TestoFonte":"E però, sì come nella litterale si parlava cominciando dal sole corporale e sensibile, così ora è da ragionarne per lo sole spirituale e intelligibile, che è Iddio. Nullo sensibile in tutto lo mondo è più degno di farsi essemplo di Dio che 'l sole. Lo quale di sensibile luce sé prima e poi tutte le corpora celestiali e le elementali allumina: così Dio prima sé con luce intellettuale allumina, e poi le creature celestiali e l'altre intelligibili. Lo sole tutte le cose col suo calore vivifica, e se alcuna se ne corrompe, non è della 'ntenzione della cagione, ma è accidentale effetto: così Iddio tutte le cose vivifica in bontade, e se alcuna n'è rea, non è della divina intenzione, ma conviene quello per accidente essere nello processo dello inteso effetto.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=45&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"ESTENDE","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"17","from":127.0,"to":128.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"\u00e8 il tuo fratello s.\nGiovanni assai meglio digerita e schiarita ce la propone nella\nsua Apocalisse al cap. 7 dicendo Stantes ante thronum in\nconspectu Agni amicti stolis albis.<\/i>  Lo stesso.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"25","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
è il tuo fratello s. Giovanni assai meglio digerita e schiarita ce la propone nella sua Apocalisse al cap. 7 dicendo Stantes ante thronum in conspectu Agni amicti stolis albis.<\/i>  Lo stesso. \r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q4233718","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q42040","LuogoFonte":"VII 9","NotaFonte":"","TestoFonte":"Post haec vidi: et ecce turba magna, quam dinumerare nemo poterat, ex omnibus gentibus et tribubus et populis et linguis stantes ante thronum et in conspectu Agni, amicti stolis albis, et palmae in manibus eorum;","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_apocalypsis-ioannis_lt.html#7","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/dante.dartmouth.edu\/biblio.php?comm_id=17325', 'Autore':'P. Pompeo Venturi, 1732','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CITAZIONE ESPLICITA","Verso":"94-96","from":25041.0,"to":25045.0,"NomeAutore":"anonimo","TitoloFonte":"Apocalisse di Giovanni"},
{"Annotazione":"\u00e8 il vero, ma non ogni\nvero, s\u00ec quello la cui visione ci appaga, rende felici, Dio.  «Le\nintelligenze che sono in esilio de la superna patria...\nfilosofare non possono, per\u00f2 che amore in loro \u00e8 del tutto\nspento, e a filosofare... \u00e8 necessario amore.  Per che si vede\nche le infernali intelligenze da lo aspetto di questa bellissima\n(filosofia) sono private.  E per\u00f2 che essa \u00e8 beatitudine de lo\n'ntelletto, la sua privazione \u00e8 amarissima e piena d'ogni\ntristizia» (Conv.<\/i>, III, xiii, 2).\n\n","Cantica":"Inferno","Canto":"03","Commentario":"Luigi Pietrobono 1949 [1924-30]","FrammentoNota":"è il vero, ma non ogni vero, sì quello la cui visione ci appaga, rende felici, Dio. «Le intelligenze che sono in esilio de la superna patria... filosofare non possono, però che amore in loro è del tutto spento, e a filosofare... è necessario amore. Per che si vede che le infernali intelligenze da lo aspetto di questa bellissima (filosofia) sono private. E però che essa è beatitudine de lo 'ntelletto, la sua privazione è amarissima e piena d'ogni tristizia» (Conv.<\/i>, III, xiii, 2).","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q666014","LuogoFonte":"III, xiii, 2","NotaFonte":"","TestoFonte":"Dico adunque: Ogni Intelletto di là su la mira: dove è da sapere che di là su dico, faccendo relazione a Dio che dinanzi è menzionato; e per questo escludo le Intelligenze che sono in essilio della superna patria, le quali filosofare non possono, però che amore in loro è del tutto spento, e a filosofare, come già detto è, è necessario amore. Per che si vede che le infernali Intelligenze dallo aspetto di questa bellissima sono private. E però che essa è beatitudine dello 'ntelletto, la sua privazione è amarissima e piena d'ogni tristizia.","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_CV&pb=46&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"18","from":2151.0,"to":2156.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Convivio"},
{"Annotazione":"\u00e8 l'evangelico (Matteo, VI 16):\n«non siate mesti di aspetto, come gli ipocriti (vulgata:\nhypocritae tristes<\/i>)>.  Della Giovanna, Lect. D.<\/i>, p. 20:\nè l'evangelico (Matteo, VI 16): «non siate mesti di aspetto, come gli ipocriti (vulgata: hypocritae tristes<\/i>)>.  Della Giovanna, Lect. D.<\/i>, p. 20:\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q43600","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q392302","LuogoFonte":"6, 16","NotaFonte":"","TestoFonte":"Cum autem ieiunatis, nolite fieri sicut hypocritae tristes.","UrlFonte":"https:\/\/www.vatican.va\/archive\/bible\/nova_vulgata\/documents\/nova-vulgata_nt_evang-matthaeum_lt.html#6","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"{'Commento': 'https:\/\/hdn.dantenetwork.it\/resource\/commentary\/ildebrando-della-giovanna-1900', 'Autore':'Riferimento','Rapporto': 'CONFERMA'}","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"92","from":22092.0,"to":22094.0,"NomeAutore":"Matteo","TitoloFonte":"Vangelo secondo Matteo"},
{"Annotazione":"\u00e8 nome d'un piano in Casentino appi\u00e8\ndel monte di Poppi, dove segu\u00ec l'accennata battaglia il d\u00ec 11\ngiugno 1289 [Gio. Villani Cron.<\/i> lib. 7 cap. 130].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"05","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
è nome d'un piano in Casentino appiè del monte di Poppi, dove seguì l'accennata battaglia il dì 11 giugno 1289 [Gio. Villani Cron.<\/i> lib. 7 cap. 130].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q704179","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q739036","LuogoFonte":"VIII 131","NotaFonte":"Lombardi cita dalla Storia di GIOVANNI VILLANI cittadino fiorentino, Fiorenza, Giunti, 1587, p. 275 (VII 130).","TestoFonte":"E ricevuto per gli Fiorentini allegramente il gaggio della battaglia, di concordia si schierarono e affrontarono le due osti più ordinatamente per l'una parte e per l'altra, che mai
s'affrontasse battaglia in Italia, nel piano a piè di Poppio nella contrada detta Certomondo, che così si chiama il luogo, e una chiesa de' frati minori che v'è presso, e in uno piano che·ssi chiama Campaldino<\/strong>; e ciò fu un sabato mattina, a dì XI del mese di giugno, il dì di santo Barnaba appostolo.","UrlFonte":"http:\/\/www.bibliotecaitaliana.it\/testo\/bibit000293","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"92","from":4641.0,"to":4642.0,"NomeAutore":"Giovanni Villani","TitoloFonte":"Nova Cronica"}, {"Annotazione":"\u00e8 quel vox faucibus haesit<\/i> di Virgilio [Aeneid.<\/i>\nII, 754, ed altrove.]; e per gli organi<\/b> intende le fauci.\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"31","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
è quel vox faucibus haesit<\/i> di Virgilio [Aeneid. <\/i>II, 754, ed altrove.]; e per gli organi<\/b> intende le fauci.<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1398","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q60220","LuogoFonte":"Aen. II 774","NotaFonte":"Il rimando corretto \u00e8 Aen. II 774, non 754.","TestoFonte":"Obstipui, steteruntque comae et vox faucibus haesit.","UrlFonte":"http:\/\/data.perseus.org\/citations\/urn:cts:latinLit:phi0690.phi003.perseus-lat1:2.752-2.794","NaturaRiferimento":"CITAZIONE","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"CITAZIONE","TipoDiCitazione":"CONCORDANZA STRINGENTE","Verso":"7-9","from":30955.0,"to":30977.0,"NomeAutore":"Publio Virgilio Marone","TitoloFonte":"Eneide"},
{"Annotazione":"\u00e8 qu\u00ec pure il se<\/b> come\nil deprecatorio de' Latini sic<\/i>: cos\u00ec mi riesca di salir sopra a\nquesto monte — vi giuro che vostra<\/i><\/b> ec. v'assicuro con\ngiuramento, che l'onorata vostra famiglia non vien punto perdendo\ndella lode di liberalit\u00e0, e di valore in armi.  Venturi. \nOnrata<\/b> per onorata<\/i><\/b> sincope adoprata dal Poeta anche altrove\n[Vedi tra gli altri luoghi Inf. II, 47].\n\n","Cantica":"Purgatorio","Canto":"08","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Onrata<\/b> per onorata<\/i> sincope adoprata dal Poeta anche altrove [Vedi tra gli altri luoghi Inf. II, 47].\r\n<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. II 47","NotaFonte":"","TestoFonte":"sì che d'onrata<\/strong> impresa lo rivolve,","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&L=0&workSign=Dante_Commedia&pb=2","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"127-129","from":7970.0,"to":7975.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"},
{"Annotazione":"\u00e8 stat piantata~,\nfondata~, da colui~, che pria volse le spalle al suo fattore<\/i>,\nche prima di tutti~, che il primo~, apostat\u00f2 dal Creatore\n[accenna Satanasso~], e di cui \u00e8 la 'nvidia tanto pianta<\/i>,\nperciocch\u00e8 per invidia di Satanasso \u00e8 intrato il peccato nel\nmondo~, e pe 'l peccato la morte con tutta l'altra comitiva di\nmali.  Ad accennare la malvagit\u00e0 de' Fiorentini fa il Poeta che\nricordisi qu\u00ec nuovamente per Folco ci\u00f2 che per altri fece gi\u00e0\nricordarsi [Inf.  XIII. 143.  e segg.] fondata Firenze sotto gli\nauspicii di Marte~, pe 'l quale~, giusta il detto del salmo 95.\nDii gentium daemonia<\/i>, intende Satanasso.\n\n","Cantica":"Paradiso","Canto":"09","Commentario":"Baldassare Lombardi 1791-92","FrammentoNota":"
Ad accennare la malvagità de' Fiorentini fa il Poeta che ricordisi quì nuovamente per Folco ciò che per altri fece già ricordarsi [Inf.  XIII. 143.  e segg.] fondata Firenze sotto gli auspicii di Marte<\/pre>","AutoreCit":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q1067","Fonte":"http:\/\/www.wikidata.org\/entity\/Q40185","LuogoFonte":"Inf. XIII 143-145","NotaFonte":"","TestoFonte":"I' fui de la città che nel Batista
mutò il primo padrone; ond'ei per questo
sempre con l'arte sua la farà trista;","UrlFonte":"https:\/\/dama.dantenetwork.it\/index.php?id=19&workSign=Dante_Commedia&pb=13&start=1&L=0","NaturaRiferimento":"LOCI PARALLELI","RCC":"nan","RSO":"CONFERMA","Rif":"LOCI PARALLELI","TipoDiCitazione":"no","Verso":"127-129","from":8925.0,"to":8929.0,"NomeAutore":"Dante Alighieri","TitoloFonte":"Divina Commedia"}]