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text,comment,fragment,quot_type,quot_uri,quot_title,quot_author,author_uri,quot_theme,quot_work_type PROVEDI,"'Considera con attenzione, esamina'. Frequenti in Dante da Maiano (cfr. Bettarini 1969a, glossario), <i>provedere</i> e <i>provedenza</i> sono termini caratteristici delle tenzoni, quando si tratta di chiedere al <i>partner</i> di pronunciarsi su una determinata questione o quando si fornisce il parere richiesto: cfr. Dante Alighieri, Se Lippo amico 2-3, e i sonetti, entrambi responsivi, di Dino Compagni, <i>Vostra quistione</i> 6 Lo mio proveder di tal loco saggio, e di ser Pace, <i>Ser Bello</i> 9-10 dirò, per vostro dubio diclarare, / sì come pare ala mia provedença",Vostra quistione 6 «Lo mio proveder di tal loco saggio»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Vostra_quistione,Vostra quistione,Dino Compagni,http://dbpedia.org/resource/Dino_Compagni,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK PROVEDI,"'Considera con attenzione, esamina'. Frequenti in Dante da Maiano (cfr. Bettarini 1969a, glossario), <i>provedere</i> e <i>provedenza</i> sono termini caratteristici delle tenzoni, quando si tratta di chiedere al <i>partner</i> di pronunciarsi su una determinata questione o quando si fornisce il parere richiesto: cfr. Dante Alighieri, Se Lippo amico 2-3, e i sonetti, entrambi responsivi, di Dino Compagni, <i>Vostra quistione</i> 6 Lo mio proveder di tal loco saggio, e di ser Pace, <i>Ser Bello</i> 9-10 dirò, per vostro dubio diclarare, / sì come pare ala mia provedença","Ser Bello 9-10 «dirò, per vostro dubio diclarare, / sì come pare ala mia provedença»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ser_Bello,Ser Bello,Ser Pace,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ser_Pace,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK VISÏONE,"senz'altro 'sogno', benché non si dica che ha avuto luogo durante il sonno e benché i trattati in materia distinguano le visioni in stato di veglia, o di <i>raptus</i>, dai veri e propri sogni (cfr. Peri 1996, p. 162). Come osserva Gregory 1985, p. 129, la distinzione [argomentata da Macrobio e da Alberto Magno] fra <i>somnium</i>, <i>visio</i> e prophetia ... trova il suo spartiacque nell'essere il primo sempre nel sonno mentre gli altri fenomeni divinatori si verificano <i>in vigilia</i>. Ma la distinzione – alla quale la tradizione antica e altomedievale aveva dato scarsissimo rilievo – sembra spesso sfumare; e di fatto, anche nelle lingue romanze il termine <i>visione</i> è adoperato regolarmente nel senso di 'sogno' – cfr. per esempio l'anonima <i>En seumeillant m</i>'<i>avint une vesion</i> (<i>vesion</i> che al v. 15 è chiamata appunto <i>songe</i>: pour douner au <i>songe</i> conclusion, ed. Apel 1970-72, n. 108).",,CONCORDANZA GENERICA,,,Macrobio,http://dbpedia.org/resource/Macrobius,http://purl.org/bncf/tid/25917,CONCEPT VISÏONE,"senz'altro 'sogno', benché non si dica che ha avuto luogo durante il sonno e benché i trattati in materia distinguano le visioni in stato di veglia, o di <i>raptus</i>, dai veri e propri sogni (cfr. Peri 1996, p. 162). Come osserva Gregory 1985, p. 129, la distinzione [argomentata da Macrobio e da Alberto Magno] fra <i>somnium</i>, <i>visio</i> e prophetia ... trova il suo spartiacque nell'essere il primo sempre nel sonno mentre gli altri fenomeni divinatori si verificano <i>in vigilia</i>. Ma la distinzione – alla quale la tradizione antica e altomedievale aveva dato scarsissimo rilievo – sembra spesso sfumare; e di fatto, anche nelle lingue romanze il termine <i>visione</i> è adoperato regolarmente nel senso di 'sogno' – cfr. per esempio l'anonima <i>En seumeillant m</i>'<i>avint une vesion</i> (<i>vesion</i> che al v. 15 è chiamata appunto <i>songe</i>: pour douner au <i>songe</i> conclusion, ed. Apel 1970-72, n. 108).",,CONCORDANZA GENERICA,,,Alberto Magno,http://dbpedia.org/resource/Albertus_Magnus,http://purl.org/bncf/tid/29623,CONCEPT VISÏONE,"senz'altro 'sogno', benché non si dica che ha avuto luogo durante il sonno e benché i trattati in materia distinguano le visioni in stato di veglia, o di <i>raptus</i>, dai veri e propri sogni (cfr. Peri 1996, p. 162). Come osserva Gregory 1985, p. 129, la distinzione [argomentata da Macrobio e da Alberto Magno] fra <i>somnium</i>, <i>visio</i> e prophetia ... trova il suo spartiacque nell'essere il primo sempre nel sonno mentre gli altri fenomeni divinatori si verificano <i>in vigilia</i>. Ma la distinzione – alla quale la tradizione antica e altomedievale aveva dato scarsissimo rilievo – sembra spesso sfumare; e di fatto, anche nelle lingue romanze il termine <i>visione</i> è adoperato regolarmente nel senso di 'sogno' – cfr. per esempio l'anonima <i>En seumeillant m</i>'<i>avint une vesion</i> (<i>vesion</i> che al v. 15 è chiamata appunto <i>songe</i>: pour douner au <i>songe</i> conclusion, ed. Apel 1970-72, n. 108).",vesion che al v. 15 è chiamata appunto songe: «pour douner au songe conclusion»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/En_seumeillant_m_avint_une_vesion,En seumeillant m'avint une vesion,,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK NE TRAI VERA SENTENZA,"'ricavane una giusta opinione, danne un'interpretazione veridica', col significato del lat. <i>sententia</i> (e <i>sententiam trahere</i> è in Seneca il Vecchio, <i>Controv</i>. VII VI 22); così, sempre in tenzone, Iacopo Mostacci scrive ai suoi corrispondenti: però ven faccio sentenzïatore (<i>Solicitando</i> 14). Diversamente, ma direi meno bene, <i>Contini</i>, Barbi – <i>Maggini</i> e De Robertis: 'ricavane il senso'",Controv. VII VI 22 - sententiam trahere,CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/page/Controversiae,ontroversiae,Seneca il Vecchio,http://dbpedia.org/resource/Seneca_the_Elder,http://purl.org/bncf/tid/4567,WORK NE TRAI VERA SENTENZA,"'ricavane una giusta opinione, danne un'interpretazione veridica', col significato del lat. <i>sententia</i> (e <i>sententiam trahere</i> è in Seneca il Vecchio, <i>Controv</i>. VII VI 22); così, sempre in tenzone, Iacopo Mostacci scrive ai suoi corrispondenti: però ven faccio sentenzïatore (<i>Solicitando</i> 14). Diversamente, ma direi meno bene, <i>Contini</i>, Barbi – <i>Maggini</i> e De Robertis: 'ricavane il senso'",«però ven faccio sentenzïatore» (Solicitando 14),CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Soliccitando_un_poco_meo_savere,Soliccitando un poco meo savere,Iacopo Mostacci,http://it.dbpedia.org/page/Jacopo_Mostacci,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK BELLA FAZZONE,"'bell'aspetto'; non solo il sostantivo (prestito dal prov. <i>faison</i>, a. fr. <i>façon</i> [<i>DEI</i>], e cfr. Cella 2003, s.v.) ma l'intera formula s'ispira alla poesia dei trovatori: <i>bella faisso</i> (in Gaucelm Faidit, Berenguer de Palol, Pons de Capduoill e vari altri).",bella faisso,CONCORDANZA GENERICA,,,Gaucelm Faidit,http://dbpedia.org/resource/Gaucelm_Faidit,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT BELLA FAZZONE,"'bell'aspetto'; non solo il sostantivo (prestito dal prov. <i>faison</i>, a. fr. <i>façon</i> [<i>DEI</i>], e cfr. Cella 2003, s.v.) ma l'intera formula s'ispira alla poesia dei trovatori: <i>bella faisso</i> (in Gaucelm Faidit, Berenguer de Palol, Pons de Capduoill e vari altri).",bella faisso,CONCORDANZA GENERICA,,,Berenguer de Palol,http://dbpedia.org/resource/Berenguier_de_Palazol,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT BELLA FAZZONE,"'bell'aspetto'; non solo il sostantivo (prestito dal prov. <i>faison</i>, a. fr. <i>façon</i> [<i>DEI</i>], e cfr. Cella 2003, s.v.) ma l'intera formula s'ispira alla poesia dei trovatori: <i>bella faisso</i> (in Gaucelm Faidit, Berenguer de Palol, Pons de Capduoill e vari altri).",bella faisso,CONCORDANZA GENERICA,,,Pons de Capduoill,http://dbpedia.org/resource/Pons_de_Capduelh,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT DI CUI ... S'AGENZA,"non del tutto liquida la struttura sintattica, con <i>gradir</i> che regge <i>di cui</i>, laddove ci si aspetterebbe un complemento diretto o di termine (così anche <i>grazir</i> in provenzale: cfr. Jensen 1994, § 432). E verrebbe quasi da pensare a un errore per omoarchia, dato <i>Dico</i> all'inizio del verso precedente. Ma tutto dipende dal significato che decidiamo di dare a <i>gradire</i>: 'aver favorevole' (<i>Contini</i>)? O 'ottenere le grazie' (De Robertis)? Oppure 'contentare, far cosa gradita', cioè 'che mi compiaccio di servire', come nella dubbia <i>Io non domando</i> 1-2 <i>Io non domando</i>, Amore, / fuor che potere il tuo piacer <i>gradire</i>, e in Dante da Maiano, <i>Sì m</i>'<i>abbellio</i> 7-8 non considerai / mai che <i>gradir</i> la vostra benvoglienza? Si veda però Guinizelli, <i>Donna, l</i>'<i>amor mi sforza</i> 43-4 Donqua si dé <i>gradire</i> / di me, che voglio ben fare. Qui <i>gradire</i> significa 'apprezzare' e regge il complemento di specificazione. Sembra questa la spiegazione più probabile anche per il verso di Dante: 'la quale (<i>di cui</i>) il mio cuore si compiace, è lieto (s'<i>agenza</i>) di apprezzare, di amare (<i>gradir</i>)'","Donna, l'amor mi sforza 43-4 «Donqua si dé gradire / di me, che voglio ben fare»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Donna_l_amor_mi_sforza,"Donna, l'amor mi sforza",Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DI CUI ... S'AGENZA,"non del tutto liquida la struttura sintattica, con <i>gradir</i> che regge <i>di cui</i>, laddove ci si aspetterebbe un complemento diretto o di termine (così anche <i>grazir</i> in provenzale: cfr. Jensen 1994, § 432). E verrebbe quasi da pensare a un errore per omoarchia, dato <i>Dico</i> all'inizio del verso precedente. Ma tutto dipende dal significato che decidiamo di dare a <i>gradire</i>: 'aver favorevole' (<i>Contini</i>)? O 'ottenere le grazie' (De Robertis)? Oppure 'contentare, far cosa gradita', cioè 'che mi compiaccio di servire', come nella dubbia <i>Io non domando</i> 1-2 <i>Io non domando</i>, Amore, / fuor che potere il tuo piacer <i>gradire</i>, e in Dante da Maiano, <i>Sì m</i>'<i>abbellio</i> 7-8 non considerai / mai che <i>gradir</i> la vostra benvoglienza? Si veda però Guinizelli, <i>Donna, l</i>'<i>amor mi sforza</i> 43-4 Donqua si dé <i>gradire</i> / di me, che voglio ben fare. Qui <i>gradire</i> significa 'apprezzare' e regge il complemento di specificazione. Sembra questa la spiegazione più probabile anche per il verso di Dante: 'la quale (<i>di cui</i>) il mio cuore si compiace, è lieto (s'<i>agenza</i>) di apprezzare, di amare (<i>gradir</i>)'",grazir,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT MI FÉ ... DONAGIONE,"'mi donò una ghirlanda'. Il dono di una ghirlanda di fiori da parte della donna amata è segno di favore già nella tradizione popolare, come documentano per esempio Rajna 1901 e Toschi 1955, p. 393. Nella poesia italiana, tra i tanti esempi possibili, cfr. il sonetto <i>Dollioso mi partìo e for racordato</i> 12-3 Merçé kero ad ella ke m'à e[n] ballia / Ke la kirlanda me deia largire (ed. Mussafia 1874, p. 383). E sul dono della ghirlanda e il galateo connesso al dono si vedano soprattutto gli aneddoti riferiti da Francesco da Barberino nel <i>Reggimento</i>, pp. 22 e 74, dove il dono della ghirlanda è chiaro simbolo del gradimento da parte dell'amata: quando debo io venire – domanda l'amante – al punto di questa ghirlanda che tante fiate promesso m'avete?; e una ghirlanda è al centro anche del suddetto sonetto-<i>visione</i> di Francesco, I' <i>son sì fatto d</i>'una sisione (<i>Reggimento</i>, pp. 38-9): Po' con una ghirlanda ch'avea in testa / me fe' legare (12-3). Quanto ai precedenti romanzi, il motivo ricorre già nel teatro francese (cfr. Adam de la Halle, <i>Jeu de Robin</i> 175-6 Robin, veus tu que je le [la corona di fiori] meche / seur ton chief par amourete?) e nei cosiddetti generi lirici oggettivi; né si tratta soltanto di un <i>topos</i> romanzo, se lo s'incontra anche nelle liriche di Walther von der Vogelweide (cfr. Dronke 1996, pp. 201-2). E dal momento che incoronare l'amante significa accettarlo, dire di sì, non è fuori luogo immaginare, all'origine della metafora, un'allusione all'organo sessuale femminile, allusione trasparente per esempio nella pastorella L'<i>autre jour je chevachoie</i> 10-2 tres douce compaignete, / doneis moi vostre chaipelet, / donneiz moi vostre chaipelet ed. Bartsch 1870, p. 146. Testimonianze iconografiche (uno specchio d'avorio, circa 1320, in cui è raffigurata una donna che dona all'amante una ghirlanda) in Camille 1998, pp. 54-6. Infine, dal momento che il dono della ghirlanda ha luogo in sogno, merita osservare che anche nell'oniromantica esso è interpretato come segno di buon auspicio: Coronam accipere vel habere: gaudium (Libro dei sogni di Rasis, in Hoffmeister 1969, p. 154)",Dollioso mi partìo e for racordato 12-3 «Merçé kero ad ella ke m'à e[n] ballia / Ke la kirlanda me deia largire»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dollioso_mi_partio_e_for_racordato,Dollioso mi partìo e for racordato,,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK MI FÉ ... DONAGIONE,"'mi donò una ghirlanda'. Il dono di una ghirlanda di fiori da parte della donna amata è segno di favore già nella tradizione popolare, come documentano per esempio Rajna 1901 e Toschi 1955, p. 393. Nella poesia italiana, tra i tanti esempi possibili, cfr. il sonetto <i>Dollioso mi partìo e for racordato</i> 12-3 Merçé kero ad ella ke m'à e[n] ballia / Ke la kirlanda me deia largire (ed. Mussafia 1874, p. 383). E sul dono della ghirlanda e il galateo connesso al dono si vedano soprattutto gli aneddoti riferiti da Francesco da Barberino nel <i>Reggimento</i>, pp. 22 e 74, dove il dono della ghirlanda è chiaro simbolo del gradimento da parte dell'amata: quando debo io venire – domanda l'amante – al punto di questa ghirlanda che tante fiate promesso m'avete?; e una ghirlanda è al centro anche del suddetto sonetto-<i>visione</i> di Francesco, I' <i>son sì fatto d</i>'una sisione (<i>Reggimento</i>, pp. 38-9): Po' con una ghirlanda ch'avea in testa / me fe' legare (12-3). Quanto ai precedenti romanzi, il motivo ricorre già nel teatro francese (cfr. Adam de la Halle, <i>Jeu de Robin</i> 175-6 Robin, veus tu que je le [la corona di fiori] meche / seur ton chief par amourete?) e nei cosiddetti generi lirici oggettivi; né si tratta soltanto di un <i>topos</i> romanzo, se lo s'incontra anche nelle liriche di Walther von der Vogelweide (cfr. Dronke 1996, pp. 201-2). E dal momento che incoronare l'amante significa accettarlo, dire di sì, non è fuori luogo immaginare, all'origine della metafora, un'allusione all'organo sessuale femminile, allusione trasparente per esempio nella pastorella L'<i>autre jour je chevachoie</i> 10-2 tres douce compaignete, / doneis moi vostre chaipelet, / donneiz moi vostre chaipelet ed. Bartsch 1870, p. 146. Testimonianze iconografiche (uno specchio d'avorio, circa 1320, in cui è raffigurata una donna che dona all'amante una ghirlanda) in Camille 1998, pp. 54-6. Infine, dal momento che il dono della ghirlanda ha luogo in sogno, merita osservare che anche nell'oniromantica esso è interpretato come segno di buon auspicio: Coronam accipere vel habere: gaudium (Libro dei sogni di Rasis, in Hoffmeister 1969, p. 154)","Reggimento, pp. 22 e 74 «quando debo io venire – domanda l'amante – al punto di questa ghirlanda che tante fiate promesso m'avete?»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/page/Reggimento_e_costumi_di_donna,Reggimento e costumi di donna,Francesco da Barberino,http://it.dbpedia.org/resource/Francesco_da_Barberino,http://purl.org/bncf/tid/3066_o_meglio_trattatistica_(?),WORK MI FÉ ... DONAGIONE,"'mi donò una ghirlanda'. Il dono di una ghirlanda di fiori da parte della donna amata è segno di favore già nella tradizione popolare, come documentano per esempio Rajna 1901 e Toschi 1955, p. 393. Nella poesia italiana, tra i tanti esempi possibili, cfr. il sonetto <i>Dollioso mi partìo e for racordato</i> 12-3 Merçé kero ad ella ke m'à e[n] ballia / Ke la kirlanda me deia largire (ed. Mussafia 1874, p. 383). E sul dono della ghirlanda e il galateo connesso al dono si vedano soprattutto gli aneddoti riferiti da Francesco da Barberino nel <i>Reggimento</i>, pp. 22 e 74, dove il dono della ghirlanda è chiaro simbolo del gradimento da parte dell'amata: quando debo io venire – domanda l'amante – al punto di questa ghirlanda che tante fiate promesso m'avete?; e una ghirlanda è al centro anche del suddetto sonetto-<i>visione</i> di Francesco, I' <i>son sì fatto d</i>'una sisione (<i>Reggimento</i>, pp. 38-9): Po' con una ghirlanda ch'avea in testa / me fe' legare (12-3). Quanto ai precedenti romanzi, il motivo ricorre già nel teatro francese (cfr. Adam de la Halle, <i>Jeu de Robin</i> 175-6 Robin, veus tu que je le [la corona di fiori] meche / seur ton chief par amourete?) e nei cosiddetti generi lirici oggettivi; né si tratta soltanto di un <i>topos</i> romanzo, se lo s'incontra anche nelle liriche di Walther von der Vogelweide (cfr. Dronke 1996, pp. 201-2). E dal momento che incoronare l'amante significa accettarlo, dire di sì, non è fuori luogo immaginare, all'origine della metafora, un'allusione all'organo sessuale femminile, allusione trasparente per esempio nella pastorella L'<i>autre jour je chevachoie</i> 10-2 tres douce compaignete, / doneis moi vostre chaipelet, / donneiz moi vostre chaipelet ed. Bartsch 1870, p. 146. Testimonianze iconografiche (uno specchio d'avorio, circa 1320, in cui è raffigurata una donna che dona all'amante una ghirlanda) in Camille 1998, pp. 54-6. Infine, dal momento che il dono della ghirlanda ha luogo in sogno, merita osservare che anche nell'oniromantica esso è interpretato come segno di buon auspicio: Coronam accipere vel habere: gaudium (Libro dei sogni di Rasis, in Hoffmeister 1969, p. 154)","(Reggimento, pp. 38-9): «Po' con una ghirlanda ch'avea in testa / me fe' legare» (12-3)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/I_son_si_fatto_d_una_visione,I' son sì fatto d'una visione,Francesco da Barberino,http://it.dbpedia.org/resource/Francesco_da_Barberino,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK MI FÉ ... DONAGIONE,"'mi donò una ghirlanda'. Il dono di una ghirlanda di fiori da parte della donna amata è segno di favore già nella tradizione popolare, come documentano per esempio Rajna 1901 e Toschi 1955, p. 393. Nella poesia italiana, tra i tanti esempi possibili, cfr. il sonetto <i>Dollioso mi partìo e for racordato</i> 12-3 Merçé kero ad ella ke m'à e[n] ballia / Ke la kirlanda me deia largire (ed. Mussafia 1874, p. 383). E sul dono della ghirlanda e il galateo connesso al dono si vedano soprattutto gli aneddoti riferiti da Francesco da Barberino nel <i>Reggimento</i>, pp. 22 e 74, dove il dono della ghirlanda è chiaro simbolo del gradimento da parte dell'amata: quando debo io venire – domanda l'amante – al punto di questa ghirlanda che tante fiate promesso m'avete?; e una ghirlanda è al centro anche del suddetto sonetto-<i>visione</i> di Francesco, I' <i>son sì fatto d</i>'una sisione (<i>Reggimento</i>, pp. 38-9): Po' con una ghirlanda ch'avea in testa / me fe' legare (12-3). Quanto ai precedenti romanzi, il motivo ricorre già nel teatro francese (cfr. Adam de la Halle, <i>Jeu de Robin</i> 175-6 Robin, veus tu que je le [la corona di fiori] meche / seur ton chief par amourete?) e nei cosiddetti generi lirici oggettivi; né si tratta soltanto di un <i>topos</i> romanzo, se lo s'incontra anche nelle liriche di Walther von der Vogelweide (cfr. Dronke 1996, pp. 201-2). E dal momento che incoronare l'amante significa accettarlo, dire di sì, non è fuori luogo immaginare, all'origine della metafora, un'allusione all'organo sessuale femminile, allusione trasparente per esempio nella pastorella L'<i>autre jour je chevachoie</i> 10-2 tres douce compaignete, / doneis moi vostre chaipelet, / donneiz moi vostre chaipelet ed. Bartsch 1870, p. 146. Testimonianze iconografiche (uno specchio d'avorio, circa 1320, in cui è raffigurata una donna che dona all'amante una ghirlanda) in Camille 1998, pp. 54-6. Infine, dal momento che il dono della ghirlanda ha luogo in sogno, merita osservare che anche nell'oniromantica esso è interpretato come segno di buon auspicio: Coronam accipere vel habere: gaudium (Libro dei sogni di Rasis, in Hoffmeister 1969, p. 154)","Jeu de Robin 175-6 «Robin, veus tu que je le [la corona di fiori] meche / seur ton chief par amourete?»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Jeu_de_Robin_et_Marion,Jeu de Robin et Marion,Adam de la Halle,http://dbpedia.org/resource/Adam_de_la_Halle,http://purl.org/bncf/tid/27616,WORK MI FÉ ... DONAGIONE,"'mi donò una ghirlanda'. Il dono di una ghirlanda di fiori da parte della donna amata è segno di favore già nella tradizione popolare, come documentano per esempio Rajna 1901 e Toschi 1955, p. 393. Nella poesia italiana, tra i tanti esempi possibili, cfr. il sonetto <i>Dollioso mi partìo e for racordato</i> 12-3 Merçé kero ad ella ke m'à e[n] ballia / Ke la kirlanda me deia largire (ed. Mussafia 1874, p. 383). E sul dono della ghirlanda e il galateo connesso al dono si vedano soprattutto gli aneddoti riferiti da Francesco da Barberino nel <i>Reggimento</i>, pp. 22 e 74, dove il dono della ghirlanda è chiaro simbolo del gradimento da parte dell'amata: quando debo io venire – domanda l'amante – al punto di questa ghirlanda che tante fiate promesso m'avete?; e una ghirlanda è al centro anche del suddetto sonetto-<i>visione</i> di Francesco, I' <i>son sì fatto d</i>'una sisione (<i>Reggimento</i>, pp. 38-9): Po' con una ghirlanda ch'avea in testa / me fe' legare (12-3). Quanto ai precedenti romanzi, il motivo ricorre già nel teatro francese (cfr. Adam de la Halle, <i>Jeu de Robin</i> 175-6 Robin, veus tu que je le [la corona di fiori] meche / seur ton chief par amourete?) e nei cosiddetti generi lirici oggettivi; né si tratta soltanto di un <i>topos</i> romanzo, se lo s'incontra anche nelle liriche di Walther von der Vogelweide (cfr. Dronke 1996, pp. 201-2). E dal momento che incoronare l'amante significa accettarlo, dire di sì, non è fuori luogo immaginare, all'origine della metafora, un'allusione all'organo sessuale femminile, allusione trasparente per esempio nella pastorella L'<i>autre jour je chevachoie</i> 10-2 tres douce compaignete, / doneis moi vostre chaipelet, / donneiz moi vostre chaipelet ed. Bartsch 1870, p. 146. Testimonianze iconografiche (uno specchio d'avorio, circa 1320, in cui è raffigurata una donna che dona all'amante una ghirlanda) in Camille 1998, pp. 54-6. Infine, dal momento che il dono della ghirlanda ha luogo in sogno, merita osservare che anche nell'oniromantica esso è interpretato come segno di buon auspicio: Coronam accipere vel habere: gaudium (Libro dei sogni di Rasis, in Hoffmeister 1969, p. 154)",,CONCORDANZA GENERICA,,,Walther von der Vogelweide,http://live.dbpedia.org/page/Walther_von_der_Vogelweide,http://purl.org/bncf/tid/3066,CONCEPT MI FÉ ... DONAGIONE,"'mi donò una ghirlanda'. Il dono di una ghirlanda di fiori da parte della donna amata è segno di favore già nella tradizione popolare, come documentano per esempio Rajna 1901 e Toschi 1955, p. 393. Nella poesia italiana, tra i tanti esempi possibili, cfr. il sonetto <i>Dollioso mi partìo e for racordato</i> 12-3 Merçé kero ad ella ke m'à e[n] ballia / Ke la kirlanda me deia largire (ed. Mussafia 1874, p. 383). E sul dono della ghirlanda e il galateo connesso al dono si vedano soprattutto gli aneddoti riferiti da Francesco da Barberino nel <i>Reggimento</i>, pp. 22 e 74, dove il dono della ghirlanda è chiaro simbolo del gradimento da parte dell'amata: quando debo io venire – domanda l'amante – al punto di questa ghirlanda che tante fiate promesso m'avete?; e una ghirlanda è al centro anche del suddetto sonetto-<i>visione</i> di Francesco, I' <i>son sì fatto d</i>'una sisione (<i>Reggimento</i>, pp. 38-9): Po' con una ghirlanda ch'avea in testa / me fe' legare (12-3). Quanto ai precedenti romanzi, il motivo ricorre già nel teatro francese (cfr. Adam de la Halle, <i>Jeu de Robin</i> 175-6 Robin, veus tu que je le [la corona di fiori] meche / seur ton chief par amourete?) e nei cosiddetti generi lirici oggettivi; né si tratta soltanto di un <i>topos</i> romanzo, se lo s'incontra anche nelle liriche di Walther von der Vogelweide (cfr. Dronke 1996, pp. 201-2). E dal momento che incoronare l'amante significa accettarlo, dire di sì, non è fuori luogo immaginare, all'origine della metafora, un'allusione all'organo sessuale femminile, allusione trasparente per esempio nella pastorella L'<i>autre jour je chevachoie</i> 10-2 tres douce compaignete, / doneis moi vostre chaipelet, / donneiz moi vostre chaipelet ed. Bartsch 1870, p. 146. Testimonianze iconografiche (uno specchio d'avorio, circa 1320, in cui è raffigurata una donna che dona all'amante una ghirlanda) in Camille 1998, pp. 54-6. Infine, dal momento che il dono della ghirlanda ha luogo in sogno, merita osservare che anche nell'oniromantica esso è interpretato come segno di buon auspicio: Coronam accipere vel habere: gaudium (Libro dei sogni di Rasis, in Hoffmeister 1969, p. 154)","L'autre jour je chevachoie 10-2 «tres douce compaignete, / doneis moi vostre chaipelet, / donneiz moi vostre chaipelet»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Jeu_de_Robin_et_Marion,Jeu de Robin et Marion,Adam de la Halle,http://dbpedia.org/resource/Adam_de_la_Halle,http://purl.org/bncf/tid/27616,WORK MI FÉ ... DONAGIONE,"'mi donò una ghirlanda'. Il dono di una ghirlanda di fiori da parte della donna amata è segno di favore già nella tradizione popolare, come documentano per esempio Rajna 1901 e Toschi 1955, p. 393. Nella poesia italiana, tra i tanti esempi possibili, cfr. il sonetto <i>Dollioso mi partìo e for racordato</i> 12-3 Merçé kero ad ella ke m'à e[n] ballia / Ke la kirlanda me deia largire (ed. Mussafia 1874, p. 383). E sul dono della ghirlanda e il galateo connesso al dono si vedano soprattutto gli aneddoti riferiti da Francesco da Barberino nel <i>Reggimento</i>, pp. 22 e 74, dove il dono della ghirlanda è chiaro simbolo del gradimento da parte dell'amata: quando debo io venire – domanda l'amante – al punto di questa ghirlanda che tante fiate promesso m'avete?; e una ghirlanda è al centro anche del suddetto sonetto-<i>visione</i> di Francesco, I' <i>son sì fatto d</i>'una sisione (<i>Reggimento</i>, pp. 38-9): Po' con una ghirlanda ch'avea in testa / me fe' legare (12-3). Quanto ai precedenti romanzi, il motivo ricorre già nel teatro francese (cfr. Adam de la Halle, <i>Jeu de Robin</i> 175-6 Robin, veus tu que je le [la corona di fiori] meche / seur ton chief par amourete?) e nei cosiddetti generi lirici oggettivi; né si tratta soltanto di un <i>topos</i> romanzo, se lo s'incontra anche nelle liriche di Walther von der Vogelweide (cfr. Dronke 1996, pp. 201-2). E dal momento che incoronare l'amante significa accettarlo, dire di sì, non è fuori luogo immaginare, all'origine della metafora, un'allusione all'organo sessuale femminile, allusione trasparente per esempio nella pastorella L'<i>autre jour je chevachoie</i> 10-2 tres douce compaignete, / doneis moi vostre chaipelet, / donneiz moi vostre chaipelet ed. Bartsch 1870, p. 146. Testimonianze iconografiche (uno specchio d'avorio, circa 1320, in cui è raffigurata una donna che dona all'amante una ghirlanda) in Camille 1998, pp. 54-6. Infine, dal momento che il dono della ghirlanda ha luogo in sogno, merita osservare che anche nell'oniromantica esso è interpretato come segno di buon auspicio: Coronam accipere vel habere: gaudium (Libro dei sogni di Rasis, in Hoffmeister 1969, p. 154)",«Coronam accipere vel habere: gaudium» (Libro dei sogni di Rasis),CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Libro_dei_sogni,Libro dei sogni,Rasis,http://live.dbpedia.org/page/Muhammad_ibn_Zakariya_al-Razi,http://purl.org/bncf/tid/770,WORK CON BELLA ACCOGLIENZA,"(l'ed. De Robertis legge, con la Giuntina, <i>accollienza</i>, ma che si tratti di una mera grafia lo assicura tra l'altro, nella stessa Giuntina, <i>vallia</i> in rima con <i>battaglia</i> in <i>Savere e cortesia</i> 9): 'con fare amichevole' (riferito ovviamente alla donna soggetto dell'azione, non alla ghirlanda). Traduce una formula di lode consueta nei trovatori: la donna è de belh aculhimen (Berenguer de Palol, Dona, la genser qu'<i>om veya</i> 2; Arnaut Catalan, <i>Amors, rics fora s</i>'<i>ieu vis</i> 43); e del resto Bel acueil è uno dei personaggi del <i>Roman de la Rose</i>, uno degli alleati del protagonista nella conquista della rosa (nel <i>Fiore</i>, adattamento italiano del poema francese, Bellacoglienza). Per quanto riguarda l'italiano antico, il <i>GDLI</i>, s.v. <i>accoglienza</i>, registra le locuzioni <i>essere di bella accoglienza</i> in Dino Compagni e farsi avanti con bella <i>accoglienza</i> in Pulci.","Dona, la genser qu'om veya 2 «de belh aculhimen»",CONCORDANZA STRINGENTE,"Dona, la genser qu'om veya",http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dona_la_genser_qu_om_veya,Berenguer de Palol,http://dbpedia.org/resource/Berenguier_de_Palazol,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK CON BELLA ACCOGLIENZA,"(l'ed. De Robertis legge, con la Giuntina, <i>accollienza</i>, ma che si tratti di una mera grafia lo assicura tra l'altro, nella stessa Giuntina, <i>vallia</i> in rima con <i>battaglia</i> in <i>Savere e cortesia</i> 9): 'con fare amichevole' (riferito ovviamente alla donna soggetto dell'azione, non alla ghirlanda). Traduce una formula di lode consueta nei trovatori: la donna è de belh aculhimen (Berenguer de Palol, Dona, la genser qu'<i>om veya</i> 2; Arnaut Catalan, <i>Amors, rics fora s</i>'<i>ieu vis</i> 43); e del resto Bel acueil è uno dei personaggi del <i>Roman de la Rose</i>, uno degli alleati del protagonista nella conquista della rosa (nel <i>Fiore</i>, adattamento italiano del poema francese, Bellacoglienza). Per quanto riguarda l'italiano antico, il <i>GDLI</i>, s.v. <i>accoglienza</i>, registra le locuzioni <i>essere di bella accoglienza</i> in Dino Compagni e farsi avanti con bella <i>accoglienza</i> in Pulci.","Amors, rics fora s'ieu vis 43 «de belh aculhimen»",CONCORDANZA STRINGENTE,"Amors, rics fora s'ieu vis",http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Amors_rics_fora_s_ieu_vis,Arnaut Catalan,http://dbpedia.org/resource/Arnaut_Catalan,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK CON BELLA ACCOGLIENZA,"(l'ed. De Robertis legge, con la Giuntina, <i>accollienza</i>, ma che si tratti di una mera grafia lo assicura tra l'altro, nella stessa Giuntina, <i>vallia</i> in rima con <i>battaglia</i> in <i>Savere e cortesia</i> 9): 'con fare amichevole' (riferito ovviamente alla donna soggetto dell'azione, non alla ghirlanda). Traduce una formula di lode consueta nei trovatori: la donna è de belh aculhimen (Berenguer de Palol, Dona, la genser qu'<i>om veya</i> 2; Arnaut Catalan, <i>Amors, rics fora s</i>'<i>ieu vis</i> 43); e del resto Bel acueil è uno dei personaggi del <i>Roman de la Rose</i>, uno degli alleati del protagonista nella conquista della rosa (nel <i>Fiore</i>, adattamento italiano del poema francese, Bellacoglienza). Per quanto riguarda l'italiano antico, il <i>GDLI</i>, s.v. <i>accoglienza</i>, registra le locuzioni <i>essere di bella accoglienza</i> in Dino Compagni e farsi avanti con bella <i>accoglienza</i> in Pulci.",Bel acueil è uno dei personaggi del Roman de la Rose,CONCORDANZA STRINGENTE,Roman de la Rose,http://dbpedia.org/resource/Roman_de_la_Rose,Jean de Meung,http://dbpedia.org/resource/Jean_de_Meun,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/poesia_allegorica,WORK CAMISCIA,"col normale esito palatale di <i>sj</i> latino tra vocali: e la grafia della stampa riflette la pronuncia – una fricativa scempia – ancor oggi caratteristica del fiorentino; così il successivo 12 <i>basciai</i>): non è, naturalmente, la camicia nel senso corrente del termine, né l'indumento prezioso di lana, lino, canapa e seta, finemente pieghettato e ricamato talvolta in oro, che solevano portare gli uomini (Parducci 1928, p. 260), ma il capo di biancheria, maschile e femminile, che portava questo nome: Spesso per camicia si intendeva una tunica lunga per le donne e più corta per gli uomini, provvista di maniche e fatta di cotone o di lino, cioè un indumento intimo che si portava a stretto contatto del corpo (Muzzarelli 1999, pp. 42 e 114); tant'è vero che <i>essere in camicia</i> significava 'essere quasi nudi', e la camicia non si toglieva neppure per andare a letto: cfr. <i>Flamenca</i> 6128-30 Bel sengner, / veus m'aici ben a vostra guisa / tota nudeta en camisa; Iacopo da Varazze, <i>Legenda aurea</i>, p. 662: Cum super terram petrosam in sola camisia diutius tractus fuisset","Flamenca 6128-30 «Bel sengner, / veus m'aici ben a vostra guisa / tota nudeta en camisa»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Romance_of_Flamenca,Roman de Flamenca,,,http://purl.org/bncf/tid/3572,WORK CAMISCIA,"col normale esito palatale di <i>sj</i> latino tra vocali: e la grafia della stampa riflette la pronuncia – una fricativa scempia – ancor oggi caratteristica del fiorentino; così il successivo 12 <i>basciai</i>): non è, naturalmente, la camicia nel senso corrente del termine, né l'indumento prezioso di lana, lino, canapa e seta, finemente pieghettato e ricamato talvolta in oro, che solevano portare gli uomini (Parducci 1928, p. 260), ma il capo di biancheria, maschile e femminile, che portava questo nome: Spesso per camicia si intendeva una tunica lunga per le donne e più corta per gli uomini, provvista di maniche e fatta di cotone o di lino, cioè un indumento intimo che si portava a stretto contatto del corpo (Muzzarelli 1999, pp. 42 e 114); tant'è vero che <i>essere in camicia</i> significava 'essere quasi nudi', e la camicia non si toglieva neppure per andare a letto: cfr. <i>Flamenca</i> 6128-30 Bel sengner, / veus m'aici ben a vostra guisa / tota nudeta en camisa; Iacopo da Varazze, <i>Legenda aurea</i>, p. 662: Cum super terram petrosam in sola camisia diutius tractus fuisset","Legenda aurea, p. 662: «Cum super terram petrosam in sola camisia diutius tractus fuisset»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Golden_Legend,Legenda aurea,Jacopo da Varazze,http://dbpedia.org/resource/Jacobus_de_Voragine,http://purl.org/bncf/tid/24527,WORK DI TANTO ... MI FRANCAI,"'presi <i>tanto</i> coraggio'. <i>Di tanto</i> (a. fr. <i>de tant</i>) in luogo del semplice <i>tanto</i> è usato in antico soprattutto nelle consecutive: S'io fossi pur di <i>tanto</i> ancor leggero / ch'i' potessi in cent'anni andare un'oncia (<i>If</i> XXX 82-3: con una sfumatura limitativa, 'anche solo'); ma qui ha forza soprattutto il paragone con la sintassi francese, dato che l'identico sintagma si trova in <i>Erec</i> 4040-1 Mais <i>Erec</i> <i>de tant se franchist</i>, / por ce que cil desarmez iere ('Ma <i>Erec</i> si comportò generosamente / perché quello era disarmato')","Erec 4040-1 «Mais Erec de tant se franchist, / por ce que cil desar- mez iere» ('Ma Erec si comportò generosamente / perché quello era disarmato')",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Erec_and_Enide,Erec et Enide,Chrétien de Troyes,http://dbpedia.org/resource/Chrétien_de_Troyes,http://purl.org/bncf/tid/3572,WORK PRESILA ABBRACCIARE,"uso fraseologico di <i>prendere</i> ('cominciare a') ampiamente attestato nell'italiano antico e moderno, ma sempre con la preposizione a espressa (cfr. <i>GDLI</i>, s.v.67). La stampa Giuntina legge presila ' abbracciare, e a quella lezione si può senz'altro tornare (o a equivalenti: presil'[a] abbracciare, presila âbbracciare), salvo pensare a un calco sul francese, in cui <i>prendre</i> può reggere un infinito apreposizionale; tra i vari esempi possibili ne cito uno molto pertinente qui perché contiene la stessa espressione usata da Dante da Maiano: <i>Oriolanz, en haut solier</i> 45 baisier et acoler l'a pris (ed. Bartsch 1870, p. 15).","Oriolanz, en haut solier 45 «baisier et acoler l'a pris»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Oriolanz_en_haut_solier,"Oriolanz, en haut solier",,,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK NON SI CONTESE,"'non si rifiutò, non si sottrasse', ma il verbo non è privo di una sfumatura maliziosa (come dire: non che le dispiacesse, anzi...), come in questo passo della novella CI di Sacchetti citato da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: ritornò alla bella romita ... la quale non si contendea troppo (dunque 'schermirsi da carezze', come parafrasa <i>Contini</i>); per l'associazione con la ghirlanda cfr. inoltre <i>Fiore</i> CXLIII 9-11 Allor la Vecchia la ghirlanda prese, / e 'n su le treccie bionde a la pulcella / la puose, e quella guar' non si contese (Bettarini)",,CONCORDANZA STRINGENTE,,,,,,WORK LA BELLA,"costrutti simili, con il soggetto posposto al verbo e usato quasi come epiteto, sono tipici dei trovatori: Guiraut Riquier, L'<i>autrier trobey la bergeira d</i>'<i>antan</i> 2; Johan Esteve, Ogan, ab freg que fazia 19-20 Saludei la, e respos mi la bella); Saludiey·l, ez elha mi, / la genta.","L'autrier trobey la bergeira d'antan 2 «Saludei la, e respos mi la bella»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/L_autrier_trobey,L'autrier trobey la bergeira d'antan,Guiraut Riquier,http://dbpedia.org/resource/Guiraut_Riquier,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK LA BELLA,"costrutti simili, con il soggetto posposto al verbo e usato quasi come epiteto, sono tipici dei trovatori: Guiraut Riquier, L'<i>autrier trobey la bergeira d</i>'<i>antan</i> 2; Johan Esteve, Ogan, ab freg que fazia 19-20 Saludei la, e respos mi la bella); Saludiey·l, ez elha mi, / la genta.","Ogan, ab freg que fazia 19-20 «Saludiey·l, ez elha mi, / la genta».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ogan_ab_freg_que_fazia,"Ogan, ab freg que fazia",Johan Esteve,http://dbpedia.org/resource/Johan_Esteve_de_Bezers,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK DEL PIÙ ... GIURARE,"'di ciò che ho fatto (oltre ai baci) non dirò nulla perché mi ha fatto giurare (che avrei taciuto)'. Tipica la preterizione con la quale si lascia intendere che cos'è accaduto, dopo i preliminari, tra gli amanti: cfr. Chrétien de Troyes, <i>Cligès</i> 6260-2 Ne ja plus ne m'en demandez, / mais n'est chose que li uns voille / que li autres ne s'i acuille; e <i>Le chevalier de la charrete</i> 4690 Mez tot jorz iert par moi teüe (resterà taciuta, appunto, la consumazione dell'atto sessuale). In particolare, nella commedia mediolatina <i>De tribus puellis</i> (vv. 297-8) il riserbo è dovuto, proprio come nel nostro sonetto, a un'interdizione da parte della donna: Quid faciam? Referam que fecimus? Hic pudor obstat, / ipsaque ne referam nostra puella vetat (ed. Pittaluga 1976)","Chrétien de Troyes, Cligès 6260-2 «Ne ja plus ne m'en demandez, / mais n'est chose que li uns voille / que li autres ne s'i acuille»; e Le chevalier de la charrete 4690 «Mez tot jorz iert par moi teüe»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Cligès,Cligès,Chrétien de Troyes,http://dbpedia.org/resource/Chrétien_de_Troyes,http://purl.org/bncf/tid/3572,WORK DEL PIÙ ... GIURARE,"'di ciò che ho fatto (oltre ai baci) non dirò nulla perché mi ha fatto giurare (che avrei taciuto)'. Tipica la preterizione con la quale si lascia intendere che cos'è accaduto, dopo i preliminari, tra gli amanti: cfr. Chrétien de Troyes, <i>Cligès</i> 6260-2 Ne ja plus ne m'en demandez, / mais n'est chose que li uns voille / que li autres ne s'i acuille; e <i>Le chevalier de la charrete</i> 4690 Mez tot jorz iert par moi teüe (resterà taciuta, appunto, la consumazione dell'atto sessuale). In particolare, nella commedia mediolatina <i>De tribus puellis</i> (vv. 297-8) il riserbo è dovuto, proprio come nel nostro sonetto, a un'interdizione da parte della donna: Quid faciam? Referam que fecimus? Hic pudor obstat, / ipsaque ne referam nostra puella vetat (ed. Pittaluga 1976)","«Quid faciam? Referam que fecimus? Hic pudor obstat, / ipsaque ne referam nostra puella vetat»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/De_tribus_puellis,De tribus puellis,,,http://purl.org/bncf/tid/26583,WORK PIÙ,"è appunto ciò che viene dopo le schermaglie amorose, cioè l'atto sessuale, come provano vari luoghi della lirica antico-francese e provenzale. Quanto alla prima, cfr. per esempio L'<i>autre jour en un jardin</i> 44-5 et me foula et ledi / plus que je ne di (Bartsch 1870, p. 202); (<i>Je sui jonete et jolie</i> 16 Del plus mon pleisir feré (ed. Raynaud 1881-83); in Chrétien de Troyes, <i>Le Conte du Graal</i>, 511-2, il <i>sovrappiù</i> è appunto ciò che tien dietro al bacio: Se lo baisier vos en consent, / lo soreplus vos en desfant. Quanto alla seconda, i casi sono almeno una decina: cfr. tra gli altri Raimon de Miraval, <i>Cel que no vol auzir chanssos</i> 10-4 Desir lo tener e·l baisar, / e·l jazer e-l plus conquistar, / et apres, mangas e cordos, / e del plus qe-il clames merces; Bernart de Ventadorn, <i>Be·m cuidei de chantar sofrir</i> 18 del plus ... prendetz esgardamen! (altri esempi cita Fratta 1996, pp. 163-4).",L'autre jour en un jardin 44-5 «et me foula et ledi / plus que je ne di»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/L_autre_jour_en_un_jardin,L'autre jour en un jardin,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PIÙ,"è appunto ciò che viene dopo le schermaglie amorose, cioè l'atto sessuale, come provano vari luoghi della lirica antico-francese e provenzale. Quanto alla prima, cfr. per esempio L'<i>autre jour en un jardin</i> 44-5 et me foula et ledi / plus que je ne di (Bartsch 1870, p. 202); (<i>Je sui jonete et jolie</i> 16 Del plus mon pleisir feré (ed. Raynaud 1881-83); in Chrétien de Troyes, <i>Le Conte du Graal</i>, 511-2, il <i>sovrappiù</i> è appunto ciò che tien dietro al bacio: Se lo baisier vos en consent, / lo soreplus vos en desfant. Quanto alla seconda, i casi sono almeno una decina: cfr. tra gli altri Raimon de Miraval, <i>Cel que no vol auzir chanssos</i> 10-4 Desir lo tener e·l baisar, / e·l jazer e-l plus conquistar, / et apres, mangas e cordos, / e del plus qe-il clames merces; Bernart de Ventadorn, <i>Be·m cuidei de chantar sofrir</i> 18 del plus ... prendetz esgardamen! (altri esempi cita Fratta 1996, pp. 163-4).",Je sui jonete et jolie 16 «Del plus mon pleisir feré»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Je_sui_jonete_et_jolie,Je sui jonete et jolie,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PIÙ,"è appunto ciò che viene dopo le schermaglie amorose, cioè l'atto sessuale, come provano vari luoghi della lirica antico-francese e provenzale. Quanto alla prima, cfr. per esempio L'<i>autre jour en un jardin</i> 44-5 et me foula et ledi / plus que je ne di (Bartsch 1870, p. 202); (<i>Je sui jonete et jolie</i> 16 Del plus mon pleisir feré (ed. Raynaud 1881-83); in Chrétien de Troyes, <i>Le Conte du Graal</i>, 511-2, il <i>sovrappiù</i> è appunto ciò che tien dietro al bacio: Se lo baisier vos en consent, / lo soreplus vos en desfant. Quanto alla seconda, i casi sono almeno una decina: cfr. tra gli altri Raimon de Miraval, <i>Cel que no vol auzir chanssos</i> 10-4 Desir lo tener e·l baisar, / e·l jazer e-l plus conquistar, / et apres, mangas e cordos, / e del plus qe-il clames merces; Bernart de Ventadorn, <i>Be·m cuidei de chantar sofrir</i> 18 del plus ... prendetz esgardamen! (altri esempi cita Fratta 1996, pp. 163-4).","Chrétien de Troyes, Le Conte du Graal, 511-2, il sovrappiù è appunto ciò che tien dietro al bacio: «Se lo baisier vos en consent, / lo so- replus vos en desfant»",CONCORDANZA STRINGENTE,"http://dbpedia.org/resource/Perceval,_the_Story_of_the_Grail",Le Conte du Graal,Chrétien de Troyes,http://dbpedia.org/resource/Chrétien_de_Troyes,http://purl.org/bncf/tid/3572,WORK PIÙ,"è appunto ciò che viene dopo le schermaglie amorose, cioè l'atto sessuale, come provano vari luoghi della lirica antico-francese e provenzale. Quanto alla prima, cfr. per esempio L'<i>autre jour en un jardin</i> 44-5 et me foula et ledi / plus que je ne di (Bartsch 1870, p. 202); (<i>Je sui jonete et jolie</i> 16 Del plus mon pleisir feré (ed. Raynaud 1881-83); in Chrétien de Troyes, <i>Le Conte du Graal</i>, 511-2, il <i>sovrappiù</i> è appunto ciò che tien dietro al bacio: Se lo baisier vos en consent, / lo soreplus vos en desfant. Quanto alla seconda, i casi sono almeno una decina: cfr. tra gli altri Raimon de Miraval, <i>Cel que no vol auzir chanssos</i> 10-4 Desir lo tener e·l baisar, / e·l jazer e-l plus conquistar, / et apres, mangas e cordos, / e del plus qe-il clames merces; Bernart de Ventadorn, <i>Be·m cuidei de chantar sofrir</i> 18 del plus ... prendetz esgardamen! (altri esempi cita Fratta 1996, pp. 163-4).","Raimon de Miraval, Cel que no vol auzir chanssos 10-4 «Desir lo tener e·l baisar, / e·l jazer e-l plus conquistar, / et apres, mangas e cordos, / e del plus qe-il clames merces»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Cel_que_no_vol_auzir_chanssos,Cel que no vol auzir chanssos,Raimon de Miraval,http://dbpedia.org/resource/Raimon_de_Miraval,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PIÙ,"è appunto ciò che viene dopo le schermaglie amorose, cioè l'atto sessuale, come provano vari luoghi della lirica antico-francese e provenzale. Quanto alla prima, cfr. per esempio L'<i>autre jour en un jardin</i> 44-5 et me foula et ledi / plus que je ne di (Bartsch 1870, p. 202); (<i>Je sui jonete et jolie</i> 16 Del plus mon pleisir feré (ed. Raynaud 1881-83); in Chrétien de Troyes, <i>Le Conte du Graal</i>, 511-2, il <i>sovrappiù</i> è appunto ciò che tien dietro al bacio: Se lo baisier vos en consent, / lo soreplus vos en desfant. Quanto alla seconda, i casi sono almeno una decina: cfr. tra gli altri Raimon de Miraval, <i>Cel que no vol auzir chanssos</i> 10-4 Desir lo tener e·l baisar, / e·l jazer e-l plus conquistar, / et apres, mangas e cordos, / e del plus qe-il clames merces; Bernart de Ventadorn, <i>Be·m cuidei de chantar sofrir</i> 18 del plus ... prendetz esgardamen! (altri esempi cita Fratta 1996, pp. 163-4).","Bernart de Ventadorn, Be·m cuidei de chantar sofrir 18 «del plus ... prendetz esgardamen!»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Be_m_cuidei_de_chantar_sofrir,Be·m cuidei de chantar sofrir,Bernart de Ventadorn,http://dbpedia.org/resource/Bernart_de_Ventadorn,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK MORTA,"l'immagine della madre morta ricorre sovente nell'oniromantica e si presta a diverse interpretazioni. Può voler dire <i>gioia</i>, come in Rasis: Matrem mortuam <i>videre</i>: gaudium (Hoffmeister 1969, p. 157); o può voler dire <i>sicurezza</i>, il che è forse da tener presente per la replica di Dante, il quale dichiarerà che la figura della morta significa fermezza (14): cfr. la redazione del <i>Somniale Danielis</i> pubblicata da Grub 1984, p. 74 Matrem suam mortuam aut vivam audire [ma è attestata la variante <i>videre</i>] securitatem significat; e quella pubblicata da Martin 1981, p. 172 Matrem suam vivam aut mortuam <i>videre</i>: securitatem. Come ho detto nella premessa al testo, non occorre insistere troppo su questo genere di fonti: Dante da Maiano mette in scena gli oggetti e le esperienze-tipo del sogno, ma non sembra richiedere ai suoi corrispondenti un'interpretazione fondata sulla dottrina dei libri. In questo caso, tuttavia, il dettaglio inaspettato – perché non funzionale alla visione – della madre morta potrebbe derivare da quel repertorio",Rasis: «Matrem mortuam videre: gaudium»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Libro_dei_sogni,Libro dei sogni,Rasis,http://live.dbpedia.org/page/Muhammad_ibn_Zakariya_al-Razi,http://purl.org/bncf/tid/770,WORK MORTA,"l'immagine della madre morta ricorre sovente nell'oniromantica e si presta a diverse interpretazioni. Può voler dire <i>gioia</i>, come in Rasis: Matrem mortuam <i>videre</i>: gaudium (Hoffmeister 1969, p. 157); o può voler dire <i>sicurezza</i>, il che è forse da tener presente per la replica di Dante, il quale dichiarerà che la figura della morta significa fermezza (14): cfr. la redazione del <i>Somniale Danielis</i> pubblicata da Grub 1984, p. 74 Matrem suam mortuam aut vivam audire [ma è attestata la variante <i>videre</i>] securitatem significat; e quella pubblicata da Martin 1981, p. 172 Matrem suam vivam aut mortuam <i>videre</i>: securitatem. Come ho detto nella premessa al testo, non occorre insistere troppo su questo genere di fonti: Dante da Maiano mette in scena gli oggetti e le esperienze-tipo del sogno, ma non sembra richiedere ai suoi corrispondenti un'interpretazione fondata sulla dottrina dei libri. In questo caso, tuttavia, il dettaglio inaspettato – perché non funzionale alla visione – della madre morta potrebbe derivare da quel repertorio","Somniale Danielis, «Matrem suam mortuam aut vivam audire [ma è attestata la variante videre] securitatem significat»; e quella pubblicata da Martin 1981, p. 172 «Matrem suam vivam aut mortuam videre: securitatem»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Somniale_Danielis,Somniale Danielis,,,(?),WORK SAVETE ... RAGIONE,"'Sapete interpretare, chiarire la questione che ponete', con un giro di frase simile a quello che si trova in altri testi dialogici: cfr. Rambertino Buvalelli, <i>Digatz vostr</i>'<i>esciennza</i> 1-2 <i>Digatz vostr</i>'escienssa / de las razos q'ie·us enqier",Digatz vostr'esciennza 1-2 «Digatz vostr'escienssa / de las razos q'ie·us enqier»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Digatz_vostr_esciennza,Digatz vostr'esciennza,Rambertino Buvalelli,http://dbpedia.org/resource/Rambertino_Buvalelli,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK RAGIONE,"'questione, argomento, tema', cioè insomma 'il discorso che è frutto del ragionamento' (onde il ragionare 'discorrere' toscano), vicino al senso che la parola ha in <i>Voi che</i> '<i>ntendendo</i> 53-4 Canzone, io credo che saranno radi / color che tua ragione intendan bene [Cv II] (<i>Contini</i>), e in Gonella, Una rason, qual eo non saccio, <i>chero</i> (<i>Contini</i> 1960, I, p. 278).",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Una_rason_qual_eo_non_saccio_chero,"Una rason, qual eo non saccio, chero",Gonella degli Antelminelli,http://it.dbpedia.org/page/Gonella_degli_Antelminelli,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK PAROLE ORNATE,"la stessa giuntura in Guittone, <i>Grazi</i>'<i>e mercé</i> 5 ché ""non"" sì dite per parola ornata (cfr. Leonardi 1994, p. 117: 'retoricamente provvista'), e poi in <i>If</i> II 67 Or movi, e con la tua parola ornata e XVIII 91 Ivi con segni e con parole ornate: l'<i>ornatus</i> essendo ovviamente, nella terminologia retorica classica, il bello stile che impreziosisce l'espressione (nel sintagma <i>ornata verba</i> e simili). 5-8","Grazi'e mercé 5 «ché ""non"" sì dite per parola ornata»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Grazi_e_merce,Grazi'e mercé,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK EN CIÒ ... BENE,"(diversamente le edd. Barbi e De Robertis: e 'n ciò provide vostro spirto bene: / dico; ma <i>en</i> <i>in</i> luogo di <i>in</i> è ampiamente attestato: cfr. per esempio Dante da Maiano, Amor mi fa 2; e U. Vignuzzi <i>in</i> <i>ED</i>, s.v. <i>Preposizioni</i>): '<i>in</i> questo il vostro <i>spirito</i> stimò e agì bene'. Troppo libera invece la parafrasi di Contini, 'ebbe un giusto presentimento': qui Dante loda ciò che lo <i>spirito</i> del corrispondente ha fatto, la sua <i>opera</i>, non le conseguenze che ha tratto dalle cose viste <i>in</i> sogno. Lo <i>spirito</i> è dunque quello che compie l'azione, che si attiva nel sogno: riflesso della dottrina secondo la quale l'anima abbandona il corpo per sognare e poi vi ritorna: le thème de l'âme qui abandonne le corps, dans le rêve ou dans l'extase ..., est très ancien et très repandu (Klein 1980, p. 32, a commento di questo passo; e cfr. Breschi 2004, pp. 54-5); così per esempio <i>in</i> <i>Flamenca</i> 2147-9 [<i>in</i> sogno] fin'amors l'esperit l'<i>en</i> mena / lai <i>en</i> la tor on si jasia / <i>Flamenca</i>.",Amor mi fa 2,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Amor_mi_fa,Amor mi fa,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK EN CIÒ ... BENE,"(diversamente le edd. Barbi e De Robertis: e 'n ciò provide vostro spirto bene: / dico; ma <i>en</i> <i>in</i> luogo di <i>in</i> è ampiamente attestato: cfr. per esempio Dante da Maiano, Amor mi fa 2; e U. Vignuzzi <i>in</i> <i>ED</i>, s.v. <i>Preposizioni</i>): '<i>in</i> questo il vostro <i>spirito</i> stimò e agì bene'. Troppo libera invece la parafrasi di Contini, 'ebbe un giusto presentimento': qui Dante loda ciò che lo <i>spirito</i> del corrispondente ha fatto, la sua <i>opera</i>, non le conseguenze che ha tratto dalle cose viste <i>in</i> sogno. Lo <i>spirito</i> è dunque quello che compie l'azione, che si attiva nel sogno: riflesso della dottrina secondo la quale l'anima abbandona il corpo per sognare e poi vi ritorna: le thème de l'âme qui abandonne le corps, dans le rêve ou dans l'extase ..., est très ancien et très repandu (Klein 1980, p. 32, a commento di questo passo; e cfr. Breschi 2004, pp. 54-5); così per esempio <i>in</i> <i>Flamenca</i> 2147-9 [<i>in</i> sogno] fin'amors l'esperit l'<i>en</i> mena / lai <i>en</i> la tor on si jasia / <i>Flamenca</i>.",Flamenca 2147-9 «[in sogno] fin'amors l'esperit l'en mena / lai en la tor on si jasia / Flamenca».,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Romance_of_Flamenca,Roman de Flamenca,,,http://purl.org/bncf/tid/3572,WORK ALLORE,"piuttosto che francesismo (<i>Contini</i>, Bettarini) sarà forma analogica sugli avverbi in <i>-e</i>: e la spinta a ritoccare la desinenza sarà venuta, come in altri casi, dalla rima (di fatto, è generalmente in rima – o in rima interna: cfr. Dante da Maiano, <i>Lo meo gravoso affanno e lo dolore</i> 8 – che i duecentisti adoperano questo raro allotropo: cfr. M. Medici in ED, s.v. <i>allora</i>). 13-4",Lo meo gravoso affanno e lo dolore 8,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lo_meo_gravoso_affanno,Lo meo gravoso affanno e lo dolore,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK PER PRUOVA ... FOCO,"'Per sapere quanto vale l'oro, l'orafo lo sottopone al fuoco'. La purezza dell'oro si misura infatti saggiandolo al fuoco: se è puro resta com'è, altrimenti cambia colore. Fuor di metafora: per vedere se qualcosa o qualcuno vale davvero, non c'è che da metterlo alla prova. Il motivo, già vetero-testamentario ed evangelico (cfr. per esempio, rispettivamente, <i>Iob</i> 23, 10 ipse vero scit viam meam, et probavit me quasi aurum quod per ignem transit e I <i>Pt</i> 1, 7 auro ... per ignem probato) e classico (Ovidio, Seneca), si diffonde nella lirica romanza, dove serve soprattutto a esprimere la purezza della fede o della virtù dell'amante: cfr. per esempio Pucciandone Martelli, <i>Lo fermo intendimento</i> 55 e sì n'afinerai com'oro al foco; Iacopone, <i>Alte quatro vertute so</i>' <i>cardenal</i>' vocate 29-30 Como l'auro a lo foco lo fa paragonare, / cusì. Qui tuttavia la similitudine appaia l'oro da una parte e l'io (di Dante da Maiano), il valore individuale dall'altra; il termine di confronto più pertinente è dunque Guittone, <i>Alberigol de Lando</i> 23-4 L'auro vostro ... a paragon provato, e soprattutto questo passo del <i>Cligès</i> di Chrétien de Troyes (vv. 4188-92), che sembra ripreso quasi alla lettera: Por ce touche on l'or a l'essai / qu'en velt savoir se il est fins, / einsint vueil je, ce est la fins, / moi essaier et esprover / la ou je cuit l'essai trover","Iob 23, 10 «ipse vero scit viam meam, et probavit me quasi aurum quod per ignem transit»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Book_of_Job,Libro di Giobbe,,,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK PER PRUOVA ... FOCO,"'Per sapere quanto vale l'oro, l'orafo lo sottopone al fuoco'. La purezza dell'oro si misura infatti saggiandolo al fuoco: se è puro resta com'è, altrimenti cambia colore. Fuor di metafora: per vedere se qualcosa o qualcuno vale davvero, non c'è che da metterlo alla prova. Il motivo, già vetero-testamentario ed evangelico (cfr. per esempio, rispettivamente, <i>Iob</i> 23, 10 ipse vero scit viam meam, et probavit me quasi aurum quod per ignem transit e I <i>Pt</i> 1, 7 auro ... per ignem probato) e classico (Ovidio, Seneca), si diffonde nella lirica romanza, dove serve soprattutto a esprimere la purezza della fede o della virtù dell'amante: cfr. per esempio Pucciandone Martelli, <i>Lo fermo intendimento</i> 55 e sì n'afinerai com'oro al foco; Iacopone, <i>Alte quatro vertute so</i>' <i>cardenal</i>' vocate 29-30 Como l'auro a lo foco lo fa paragonare, / cusì. Qui tuttavia la similitudine appaia l'oro da una parte e l'io (di Dante da Maiano), il valore individuale dall'altra; il termine di confronto più pertinente è dunque Guittone, <i>Alberigol de Lando</i> 23-4 L'auro vostro ... a paragon provato, e soprattutto questo passo del <i>Cligès</i> di Chrétien de Troyes (vv. 4188-92), che sembra ripreso quasi alla lettera: Por ce touche on l'or a l'essai / qu'en velt savoir se il est fins, / einsint vueil je, ce est la fins, / moi essaier et esprover / la ou je cuit l'essai trover","I Pt 1, 7 «auro ... per ignem probato».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/First_Epistle_of_Peter,Prima lettera di Pietro,Pietro,http://dbpedia.org/resource/Saint_Peter,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK PER PRUOVA ... FOCO,"'Per sapere quanto vale l'oro, l'orafo lo sottopone al fuoco'. La purezza dell'oro si misura infatti saggiandolo al fuoco: se è puro resta com'è, altrimenti cambia colore. Fuor di metafora: per vedere se qualcosa o qualcuno vale davvero, non c'è che da metterlo alla prova. Il motivo, già vetero-testamentario ed evangelico (cfr. per esempio, rispettivamente, <i>Iob</i> 23, 10 ipse vero scit viam meam, et probavit me quasi aurum quod per ignem transit e I <i>Pt</i> 1, 7 auro ... per ignem probato) e classico (Ovidio, Seneca), si diffonde nella lirica romanza, dove serve soprattutto a esprimere la purezza della fede o della virtù dell'amante: cfr. per esempio Pucciandone Martelli, <i>Lo fermo intendimento</i> 55 e sì n'afinerai com'oro al foco; Iacopone, <i>Alte quatro vertute so</i>' <i>cardenal</i>' vocate 29-30 Como l'auro a lo foco lo fa paragonare, / cusì. Qui tuttavia la similitudine appaia l'oro da una parte e l'io (di Dante da Maiano), il valore individuale dall'altra; il termine di confronto più pertinente è dunque Guittone, <i>Alberigol de Lando</i> 23-4 L'auro vostro ... a paragon provato, e soprattutto questo passo del <i>Cligès</i> di Chrétien de Troyes (vv. 4188-92), che sembra ripreso quasi alla lettera: Por ce touche on l'or a l'essai / qu'en velt savoir se il est fins, / einsint vueil je, ce est la fins, / moi essaier et esprover / la ou je cuit l'essai trover",,CONCORDANZA GENERICA,,,Ovidio,http://dbpedia.org/resource/Ovid,http://purl.org/bncf/tid/21865,CONCEPT PER PRUOVA ... FOCO,"'Per sapere quanto vale l'oro, l'orafo lo sottopone al fuoco'. La purezza dell'oro si misura infatti saggiandolo al fuoco: se è puro resta com'è, altrimenti cambia colore. Fuor di metafora: per vedere se qualcosa o qualcuno vale davvero, non c'è che da metterlo alla prova. Il motivo, già vetero-testamentario ed evangelico (cfr. per esempio, rispettivamente, <i>Iob</i> 23, 10 ipse vero scit viam meam, et probavit me quasi aurum quod per ignem transit e I <i>Pt</i> 1, 7 auro ... per ignem probato) e classico (Ovidio, Seneca), si diffonde nella lirica romanza, dove serve soprattutto a esprimere la purezza della fede o della virtù dell'amante: cfr. per esempio Pucciandone Martelli, <i>Lo fermo intendimento</i> 55 e sì n'afinerai com'oro al foco; Iacopone, <i>Alte quatro vertute so</i>' <i>cardenal</i>' vocate 29-30 Como l'auro a lo foco lo fa paragonare, / cusì. Qui tuttavia la similitudine appaia l'oro da una parte e l'io (di Dante da Maiano), il valore individuale dall'altra; il termine di confronto più pertinente è dunque Guittone, <i>Alberigol de Lando</i> 23-4 L'auro vostro ... a paragon provato, e soprattutto questo passo del <i>Cligès</i> di Chrétien de Troyes (vv. 4188-92), che sembra ripreso quasi alla lettera: Por ce touche on l'or a l'essai / qu'en velt savoir se il est fins, / einsint vueil je, ce est la fins, / moi essaier et esprover / la ou je cuit l'essai trover",,CONCORDANZA GENERICA,,,Seneca,http://dbpedia.org/resource/Seneca_the_Younger,http://purl.org/bncf/tid/25917,CONCEPT PER PRUOVA ... FOCO,"'Per sapere quanto vale l'oro, l'orafo lo sottopone al fuoco'. La purezza dell'oro si misura infatti saggiandolo al fuoco: se è puro resta com'è, altrimenti cambia colore. Fuor di metafora: per vedere se qualcosa o qualcuno vale davvero, non c'è che da metterlo alla prova. Il motivo, già vetero-testamentario ed evangelico (cfr. per esempio, rispettivamente, <i>Iob</i> 23, 10 ipse vero scit viam meam, et probavit me quasi aurum quod per ignem transit e I <i>Pt</i> 1, 7 auro ... per ignem probato) e classico (Ovidio, Seneca), si diffonde nella lirica romanza, dove serve soprattutto a esprimere la purezza della fede o della virtù dell'amante: cfr. per esempio Pucciandone Martelli, <i>Lo fermo intendimento</i> 55 e sì n'afinerai com'oro al foco; Iacopone, <i>Alte quatro vertute so</i>' <i>cardenal</i>' vocate 29-30 Como l'auro a lo foco lo fa paragonare, / cusì. Qui tuttavia la similitudine appaia l'oro da una parte e l'io (di Dante da Maiano), il valore individuale dall'altra; il termine di confronto più pertinente è dunque Guittone, <i>Alberigol de Lando</i> 23-4 L'auro vostro ... a paragon provato, e soprattutto questo passo del <i>Cligès</i> di Chrétien de Troyes (vv. 4188-92), che sembra ripreso quasi alla lettera: Por ce touche on l'or a l'essai / qu'en velt savoir se il est fins, / einsint vueil je, ce est la fins, / moi essaier et esprover / la ou je cuit l'essai trover",Lo fermo intendimento 55 «e sì n'afinerai com'oro al foco»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lo_fermo_intendimento,Lo fermo intendimento,Pucciandone Martelli,http://dbpedia.org/resource/Pucciandone_Martelli,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK PER PRUOVA ... FOCO,"'Per sapere quanto vale l'oro, l'orafo lo sottopone al fuoco'. La purezza dell'oro si misura infatti saggiandolo al fuoco: se è puro resta com'è, altrimenti cambia colore. Fuor di metafora: per vedere se qualcosa o qualcuno vale davvero, non c'è che da metterlo alla prova. Il motivo, già vetero-testamentario ed evangelico (cfr. per esempio, rispettivamente, <i>Iob</i> 23, 10 ipse vero scit viam meam, et probavit me quasi aurum quod per ignem transit e I <i>Pt</i> 1, 7 auro ... per ignem probato) e classico (Ovidio, Seneca), si diffonde nella lirica romanza, dove serve soprattutto a esprimere la purezza della fede o della virtù dell'amante: cfr. per esempio Pucciandone Martelli, <i>Lo fermo intendimento</i> 55 e sì n'afinerai com'oro al foco; Iacopone, <i>Alte quatro vertute so</i>' <i>cardenal</i>' vocate 29-30 Como l'auro a lo foco lo fa paragonare, / cusì. Qui tuttavia la similitudine appaia l'oro da una parte e l'io (di Dante da Maiano), il valore individuale dall'altra; il termine di confronto più pertinente è dunque Guittone, <i>Alberigol de Lando</i> 23-4 L'auro vostro ... a paragon provato, e soprattutto questo passo del <i>Cligès</i> di Chrétien de Troyes (vv. 4188-92), che sembra ripreso quasi alla lettera: Por ce touche on l'or a l'essai / qu'en velt savoir se il est fins, / einsint vueil je, ce est la fins, / moi essaier et esprover / la ou je cuit l'essai trover","Alte quatro vertute so' cardenal' vocate 29-30 «Como l'auro a lo foco lo fa paragonare, / cusì»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/page/Laude_di_Jacopone_da_Todi,Laude di Jacopone da Todi,Jacopone da Todi,http://dbpedia.org/resource/Jacopone_da_Todi,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK PER PRUOVA ... FOCO,"'Per sapere quanto vale l'oro, l'orafo lo sottopone al fuoco'. La purezza dell'oro si misura infatti saggiandolo al fuoco: se è puro resta com'è, altrimenti cambia colore. Fuor di metafora: per vedere se qualcosa o qualcuno vale davvero, non c'è che da metterlo alla prova. Il motivo, già vetero-testamentario ed evangelico (cfr. per esempio, rispettivamente, <i>Iob</i> 23, 10 ipse vero scit viam meam, et probavit me quasi aurum quod per ignem transit e I <i>Pt</i> 1, 7 auro ... per ignem probato) e classico (Ovidio, Seneca), si diffonde nella lirica romanza, dove serve soprattutto a esprimere la purezza della fede o della virtù dell'amante: cfr. per esempio Pucciandone Martelli, <i>Lo fermo intendimento</i> 55 e sì n'afinerai com'oro al foco; Iacopone, <i>Alte quatro vertute so</i>' <i>cardenal</i>' vocate 29-30 Como l'auro a lo foco lo fa paragonare, / cusì. Qui tuttavia la similitudine appaia l'oro da una parte e l'io (di Dante da Maiano), il valore individuale dall'altra; il termine di confronto più pertinente è dunque Guittone, <i>Alberigol de Lando</i> 23-4 L'auro vostro ... a paragon provato, e soprattutto questo passo del <i>Cligès</i> di Chrétien de Troyes (vv. 4188-92), che sembra ripreso quasi alla lettera: Por ce touche on l'or a l'essai / qu'en velt savoir se il est fins, / einsint vueil je, ce est la fins, / moi essaier et esprover / la ou je cuit l'essai trover",Alberigol de Lando 23-4 «L'auro vostro ... a paragon provato»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Alberigol_de_Lando,Alberigol de Lando,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK PER PRUOVA ... FOCO,"'Per sapere quanto vale l'oro, l'orafo lo sottopone al fuoco'. La purezza dell'oro si misura infatti saggiandolo al fuoco: se è puro resta com'è, altrimenti cambia colore. Fuor di metafora: per vedere se qualcosa o qualcuno vale davvero, non c'è che da metterlo alla prova. Il motivo, già vetero-testamentario ed evangelico (cfr. per esempio, rispettivamente, <i>Iob</i> 23, 10 ipse vero scit viam meam, et probavit me quasi aurum quod per ignem transit e I <i>Pt</i> 1, 7 auro ... per ignem probato) e classico (Ovidio, Seneca), si diffonde nella lirica romanza, dove serve soprattutto a esprimere la purezza della fede o della virtù dell'amante: cfr. per esempio Pucciandone Martelli, <i>Lo fermo intendimento</i> 55 e sì n'afinerai com'oro al foco; Iacopone, <i>Alte quatro vertute so</i>' <i>cardenal</i>' vocate 29-30 Como l'auro a lo foco lo fa paragonare, / cusì. Qui tuttavia la similitudine appaia l'oro da una parte e l'io (di Dante da Maiano), il valore individuale dall'altra; il termine di confronto più pertinente è dunque Guittone, <i>Alberigol de Lando</i> 23-4 L'auro vostro ... a paragon provato, e soprattutto questo passo del <i>Cligès</i> di Chrétien de Troyes (vv. 4188-92), che sembra ripreso quasi alla lettera: Por ce touche on l'or a l'essai / qu'en velt savoir se il est fins, / einsint vueil je, ce est la fins, / moi essaier et esprover / la ou je cuit l'essai trover","«Por ce touche on l'or a l'essai / qu'en velt savoir se il est fins, / einsint vueil je, ce est la fins, / moi essaier et esprover / la ou je cuit l'essai trover» (vv. 4188-92)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Cligès,Cligès,Chrétien de Troyes,http://dbpedia.org/resource/Chrétien_de_Troyes,http://purl.org/bncf/tid/3572,WORK ED EO,"formula di transizione che media il passaggio dall'impersonalità dell'<i>exemplum</i> al caso personale. Una costruzione analoga ha questo sonetto di corrispondenza di Natuccio Cinquino, in cui a una prima quartina che formula il precetto segue un verso in cui il precetto è applicato alla propria concreta situazione: A ccui prudensa porge alta lumera / di ver sentire in del'occulte coze, / dar al nescente pò vera mainera / e chiarir fermo 'n dele più dubbiose. / <i>Ed eo</i>, da voi discreto, ò ferma spera / di chiar savere ciò che 'n me ascoz'è (L 333.1-6)","«A ccui prudensa porge alta lumera / di ver sentire in del'occulte coze, / dar al nescente pò vera mainera / e chiarir fermo 'n dele più dubbiose. / Ed eo, da voi discreto, ò ferma spera / di chiar savere ciò che 'n me ascoz'è» (L 333.1-6)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ed_eo,Ed eo,Natuccio Cinquino,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Natuccio_Cinquino,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK E CHERO A VOI,"anche questa è una formula di transizione ovvia, una volta esauriti i preliminari: cfr. Ser Mula a Cino, <i>Omo saccente e da maestro saggio</i> 3-9 ond'i' mi movo a voi, sì com'a maggio / dottor che sète, per ragion cernere / ... / E prego voi, sì come 'l più pregiato; e soprattutto (perché anche qui all'inizio della sirma) Cione, <i>Molto s</i>'<i>avene a chi à potestate</i> 9 Ed io comsiglio dimando a voi più sagio","Ser Mula a Cino, Omo saccente e da maestro saggio 3-9 «ond'i' mi movo a voi, sì com'a maggio / dottor che sète, per ragion cernere / ... / E prego voi, sì come 'l più pregiato»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Omo_saccente_e_da_maestro_saggio,Omo saccente e da maestro saggio,Mula da Pistoia,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Mula_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK E CHERO A VOI,"anche questa è una formula di transizione ovvia, una volta esauriti i preliminari: cfr. Ser Mula a Cino, <i>Omo saccente e da maestro saggio</i> 3-9 ond'i' mi movo a voi, sì com'a maggio / dottor che sète, per ragion cernere / ... / E prego voi, sì come 'l più pregiato; e soprattutto (perché anche qui all'inizio della sirma) Cione, <i>Molto s</i>'<i>avene a chi à potestate</i> 9 Ed io comsiglio dimando a voi più sagio","Cione, Molto s'avene a chi à potestate 9 «Ed io comsiglio dimando a voi più sagio»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Molto_s_avene_a_chi_a_potestate,Molto s'avene a chi à potestate,Cione di Baglione,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Cione_di_Baglione,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK CHE MI DEGGIATE ... NOMINARE,"'che mi nominiate, che mi diciate, per quanto vi consta, qual è il dolore più grande dell'amore (cioè, che per amore si può patire)': per quest'uso fraseologico di <i>dovere</i> dopo <i>pregare</i> e sinonimi cfr. Ageno 1964, pp. 439-47. Con un giro di frase molto simile viene introdotto il quesito in un jeu-parti tra Jean Bretel e Perrot de Neele, Pierrot, li kieus vaut pis a fin amant 7 Sire Jehans, chil a dolour plus grant (ed. Långfors 1926, n","Pierrot, li kieus vaut pis a fin amant 7 «Sire Jehans, chil a dolour plus grant»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Pierrot_li_kieus_vaut_pis_a_fin_amant,"Pierrot, li kieus vaut pis a fin amant",Jean Bretel,http://dbpedia.org/resource/Jehan_Bretel,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PER VOSTRA SCIENZA,"'per quanto vi consta' (e non, come potrebbe sembrare, 'in nome, in virtù della vostra grande scienza'): cfr. Chiaro, <i>Or vo</i>' cantar, e poi cantar mi tene 64 ch'io divisar non so per la mia scienza (Bettarini); e alle spalle c'è, come nota De Robertis, il prov. <i>mon escien</i>.","Or vo' cantar, e poi cantar mi tene 64 «ch'io divisar non so per la mia scienza»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Or_vo_cantar,"Or vo' cantar, e poi cantar mi tene",Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK E CIÒ ... QUISTIONEGGIARE,"'e non sollevo questo quesito per aprire una <i>querelle</i>, per gusto di discutere cavillando' (<i>movo</i>: come si dice oggi 'sollevare una questione' o 'muovere un'obiezione'), con una movenza discorsiva analoga, per esempio, a Lanfranc Cigala, Ges eu non vei com hom guidar si deia 4 Non dic eu ges per o q'om s'en recreia (ed. Branciforti 1954). Quanto alla sostanza delle parole, lo stesso scrupolo esprime Dante Alighieri, <i>Savete giudicar</i> 3 vitando aver con voi quistione (e questa convergenza con Dante venne anzi usata da Salvatore Santangelo come prova a favore dell'ipotesi che la Giuntina sbagliasse nelle attribuzioni, e che questo missivo fosse opera dell'Alighieri, non di Dante da Maiano: ma è argomento debole, se si considera la ridondanza di questi testi)",Ges eu non vei com hom guidar si deia 4 «Non dic eu ges per o q'om s'en recreia»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ges_eu_non_vei_com_hom_guidar_si_deia,Ges eu non vei com hom guidar si deia,Lanfranco Cigala,http://dbpedia.org/resource/Lanfranc_Cigala,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK QUAL CHE VOI SIATE,"relativo indefinito, 'chiunque siate', come in <i>If</i> XV 12 (Qual che si fosse, lo maestro felli), forse per influenza dell'a. fr. <i>quel que</i> o del prov. <i>cals que</i> (cfr. Jensen 1994, §§ 341 e 344). Dante sembra ignorare l'identità del mittente, e la cosa è ribadita nell'<i>incipit</i> del quarto sonetto della serie: Non canoscendo, amico, vostro nomo. La circostanza può sorprendere, ma che nelle tenzoni la conoscenza tra i corrispondenti potesse aver luogo anche in un secondo tempo, una volta concluso lo scambio, è quanto lascia supporre il brano della <i>Vita Nova</i> (III 14) in cui Dante ricorda l'origine della sua amicizia con Cavalcanti: quando elli seppe che io era quelli che li avea ciò [un sonetto] mandato; e forse anche questo verso di Guido Orlandi in un sonetto responsivo allo stesso Cavalcanti: <i>Di vil matera</i> 13 qual che voi siate, egli è d'un'altra gente","Di vil matera 13 «qual che voi siate, egli è d'un'altra gente»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Di_vil_matera,Di vil matera,Guido Orlandi,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Guido_Orlandi,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK AMICO,"epiteto consueto, usato anche da Dante da Maiano nel suo primo missivo (<i>Provedi, saggio</i> 9), e quasi regolarmente da Guittone sia nelle lettere in prosa sia nei testi di corrispondenza. 1-2",amico,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lettere(Guittone_d_Arezzo),Lettere (Guittone d'Arezzo),Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/2921,WORK MANTO/DI SCIENZA,"la virtù è come una veste che s'indossa: metafora già biblica (<i>Iob</i> 29, 14 Iustitia indutus sum, et vestivit me sicut vestimento), poi largamente diffusa nel Medioevo (cfr. per esempio Remigio de' Girolami, <i>Contra falsos</i> XLVI 122 Sic ergo omnis virtus vestis est anime; e Baudouin de Condé intitola al <i>mantiauz d</i>'<i>onour</i> un suo <i>dit</i>), e particolarmente cara agli stilnovisti. Avere, portare il manto di una dote o virtù significa dunque eccellere relativamente ad essa (e viceversa, ci si può <i>svestire</i> di una virtù; cfr. Novati 1890, p. 379: Qual uomo si vanta di pregio si smanta), come in Guittone, <i>De coralmente amar</i> 9 Ché manto n'ò ('porto il mantello dell'amore', ovvero ne sono il campione: cfr. Leonardi 1994, p. 235, con altri rimandi).","Iob 29, 14 «Iustitia indutus sum, et vestivit me sicut vestimento»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Book_of_Job,Libro di Giobbe,,,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK MANTO/DI SCIENZA,"la virtù è come una veste che s'indossa: metafora già biblica (<i>Iob</i> 29, 14 Iustitia indutus sum, et vestivit me sicut vestimento), poi largamente diffusa nel Medioevo (cfr. per esempio Remigio de' Girolami, <i>Contra falsos</i> XLVI 122 Sic ergo omnis virtus vestis est anime; e Baudouin de Condé intitola al <i>mantiauz d</i>'<i>onour</i> un suo <i>dit</i>), e particolarmente cara agli stilnovisti. Avere, portare il manto di una dote o virtù significa dunque eccellere relativamente ad essa (e viceversa, ci si può <i>svestire</i> di una virtù; cfr. Novati 1890, p. 379: Qual uomo si vanta di pregio si smanta), come in Guittone, <i>De coralmente amar</i> 9 Ché manto n'ò ('porto il mantello dell'amore', ovvero ne sono il campione: cfr. Leonardi 1994, p. 235, con altri rimandi).",Contra falsos XLVI 122 «Sic ergo omnis virtus vestis est anime»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Contra_falsos,Contra falsos,Remigio de' Girolami,http://dbpedia.org/resource/Remigio_dei_Girolami,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK MANTO/DI SCIENZA,"la virtù è come una veste che s'indossa: metafora già biblica (<i>Iob</i> 29, 14 Iustitia indutus sum, et vestivit me sicut vestimento), poi largamente diffusa nel Medioevo (cfr. per esempio Remigio de' Girolami, <i>Contra falsos</i> XLVI 122 Sic ergo omnis virtus vestis est anime; e Baudouin de Condé intitola al <i>mantiauz d</i>'<i>onour</i> un suo <i>dit</i>), e particolarmente cara agli stilnovisti. Avere, portare il manto di una dote o virtù significa dunque eccellere relativamente ad essa (e viceversa, ci si può <i>svestire</i> di una virtù; cfr. Novati 1890, p. 379: Qual uomo si vanta di pregio si smanta), come in Guittone, <i>De coralmente amar</i> 9 Ché manto n'ò ('porto il mantello dell'amore', ovvero ne sono il campione: cfr. Leonardi 1994, p. 235, con altri rimandi).",mantiauz d'onour,CONCORDANZA GENERICA,,,Baudouin de Condé,http://fr.dbpedia.org/page/Baudouin_de_Condé,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT MANTO/DI SCIENZA,"la virtù è come una veste che s'indossa: metafora già biblica (<i>Iob</i> 29, 14 Iustitia indutus sum, et vestivit me sicut vestimento), poi largamente diffusa nel Medioevo (cfr. per esempio Remigio de' Girolami, <i>Contra falsos</i> XLVI 122 Sic ergo omnis virtus vestis est anime; e Baudouin de Condé intitola al <i>mantiauz d</i>'<i>onour</i> un suo <i>dit</i>), e particolarmente cara agli stilnovisti. Avere, portare il manto di una dote o virtù significa dunque eccellere relativamente ad essa (e viceversa, ci si può <i>svestire</i> di una virtù; cfr. Novati 1890, p. 379: Qual uomo si vanta di pregio si smanta), come in Guittone, <i>De coralmente amar</i> 9 Ché manto n'ò ('porto il mantello dell'amore', ovvero ne sono il campione: cfr. Leonardi 1994, p. 235, con altri rimandi).",De coralmente amar 9 «Ché manto n'ò»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_coralmente_amar,De coralmente amar,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK NON È GIOCO,"'non è cosa da poco' (come ancor oggi non è uno scherzo; e in <i>Pg</i> II 66 lo salire omai ne parrà gioco [<i>Mattalia</i>]); cfr. <i>Novellino</i> XLI 10 Quelli cavalieri dissero: ""Questo non è giuoco"". 3-4","Novellino XLI 10 «Quelli cavalieri dissero: ""Questo non è giuoco""».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/page/Novellino,Novellino,,,http://purl.org/bncf/tid/13406,WORK SACCIATE ... MOCO,"'Sappiate che (dato che un po' mi conosco) in confronto a voi ho non ho neanche un po' (<i>men d</i>'<i>un moco</i>) di saggezza'. Formule di cortesia e d'umiltà come questa, con le quali si abbassa il proprio e si esalta l'altrui sapere, sono frequentissime nelle tenzoni, e cfr. per esempio Guittone, <i>Vogl</i>'<i>e ragion mi convit</i>'<i>e rechere</i> 1-4 <i>Vogl</i>'<i>e ragion mi convit</i>'<i>e rechere</i> / in voi laudar, valente e car valore; / ma picciul mio e gran vostro savere / e troppo umilità mi fa temere; oppure Anonimo a Monte, <i>Venuto m</i>'è '<i>n talento di savere</i> 7-9 Ma forse che m'inganna lo savere / ch'e' n'aggio poco, avengna che m'è danno. / Voi ne dimando, che n'avete assai; e in generale sul <i>topos</i> cfr. il secondo <i>excursus</i> di Curtius 1997","Vogl'e ragion mi convit'e rechere 1-4 «Vogl'e ragion mi convit'e rechere / in voi laudar, valente e car valore; / ma picciul mio e gran vostro savere / e troppo umilità mi fa temere»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Vogl_e_ragion_mi_convit_e_rechere,Vogl'e ragion mi convit'e rechere,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK SACCIATE ... MOCO,"'Sappiate che (dato che un po' mi conosco) in confronto a voi ho non ho neanche un po' (<i>men d</i>'<i>un moco</i>) di saggezza'. Formule di cortesia e d'umiltà come questa, con le quali si abbassa il proprio e si esalta l'altrui sapere, sono frequentissime nelle tenzoni, e cfr. per esempio Guittone, <i>Vogl</i>'<i>e ragion mi convit</i>'<i>e rechere</i> 1-4 <i>Vogl</i>'<i>e ragion mi convit</i>'<i>e rechere</i> / in voi laudar, valente e car valore; / ma picciul mio e gran vostro savere / e troppo umilità mi fa temere; oppure Anonimo a Monte, <i>Venuto m</i>'è '<i>n talento di savere</i> 7-9 Ma forse che m'inganna lo savere / ch'e' n'aggio poco, avengna che m'è danno. / Voi ne dimando, che n'avete assai; e in generale sul <i>topos</i> cfr. il secondo <i>excursus</i> di Curtius 1997","Venuto m'è 'n talento di savere 7-9 «Ma forse che m'inganna lo savere / ch'e' n'aggio poco, avengna che m'è danno. / Voi ne dimando, che n'avete assai»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Venuto_m_e_n_talento_di_savere,Venuto m'è 'n talento di savere,Anonimo a Monte,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Anonimo_a_Monte,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK PER VIA SAGGIA,"consueta insistenza sulla saggezza, o meglio sulla sapienza, del corrispondente; un accostamento simile tra la saggezza e un luogo fisicamente inteso (qui la <i>via</i>) in Anonimo, Sì come 'l <i>mare</i> (L 338) 16 audo ch'è medicina in loco saggio: e cfr. la nota a <i>Per pruova</i> 7",Sì come 'l mare (L 338) 16 «audo ch'è medicina in loco saggio»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Si_come_l_mare,Sì come 'l mare,,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK VOCO,"si è pensato a <i>vogo</i>, per lo scambio, non raro in fiorentino, di g con c (onde doppioni come <i>fatica</i>-<i>fatiga</i>, <i>spica</i>-<i>spiga</i>, <i>braco</i>-<i>brago</i>: cfr. Parodi 1957, pp. 228-9), qui favorito dall'obbligo della ripresa rimica; o si è pensato a un calco sul provenzale vauc 'vado'. E potrebbe anche essere più semplicemente un vo 'vado' prolungato con una sillaba d'appoggio per tenere la rima. Ma nessuna di queste soluzioni è davvero soddisfacente, per cui mi domando se non si possa trattare invece di una rima franta, v'<i>ò co</i> 'vi ho capo' (in senso analogo a <i>If</i> XX 76 Tosto che l'acqua a correr mette <i>co</i>), che non sconverrebbe a questa gara di artifici, soprattutto in rima, ed eviterebbe un verbo, <i>vogare</i>, un po' incongruo in questo contesto (si parla di una <i>via</i>, non di un corso d'acqua); <i>co</i> per 'capo' si trova, oltre che in Guinizelli, anche in altri poeti toscani.",co per 'capo',CONCORDANZA GENERICA,,,Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT POI PIACEVI,"'Dal momento che volete, che vi piace'; <i>poi</i> ha valore di congiunzione, 'poiché, dal momento che', come il provenzale pos (cfr. per esempio Pd II 56-7 <i>poi</i> dietro ai sensi / vedi che la ragione ha corte l'ali); per la formula, cfr. Dante da Maiano, Di ciò ch'audivi 9 e <i>poi</i> vi piace ch'eo vi parli, bella: ed è senz'altro un topos epistolare (Bettarini, a cui si deve il riscontro), o meglio una formula fissa che modula il passaggio dalla parte protocollare alla parte libera, riassumendo la richiesta o gli argomenti del mittente","Di ciò ch'audivi 9 «e poi vi piace ch'eo vi parli, bella»:",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Di_cio_ch_audivi,Di ciò ch'audivi,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK CORAGGIO,"'cuore' (prov. <i>coratge</i>, fr. <i>courage</i>), cioè per metonimia 'ciò che ho nel cuore, il mio pensiero, la mia opinione', come nel <i>jeu-parti</i> tra Jean Bretel e Jehan de Grieviler <i>Jehan de Grieviler</i>, sage 10-1 ""mon corage / vous en dirai"" (ed. Långfors 1926, p. 161).","Jehan de Grieviler, sage 10-1 «mon corage / vous en dirai»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Jehan_de_Grieviler_sage,"Jehan de Grieviler, sage",Jean Bretel,http://dbpedia.org/resource/Jehan_Bretel,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK E IO ... FORE,"'io dunque ve lo mostro senza menzogna' (perifrasi, ovvero litote per 'sinceramente'), col consueto collegamento paraipotattico e con la consecuzione arcaica dei pronomi (prima l'oggetto, poi il complemento di termine: cfr. Castellani 1952, I, pp. 90-105). Per quest'uso di <i>fore</i> cfr. Dante stesso, <i>Pd</i> I 118-9 le creature che son fòre / d'intelligenza (<i>Contini</i>) e Dante da Maiano, <i>Di ciò ch</i>'<i>audivi</i> 6 ma per un cento di menzogna <i>fore</i> (Bettarini, con altri esempi). Quanto alla morfologia, <i>fore</i> e <i>fora</i> (a fronte di <i>fori</i>, pressoché costante nella prosa) sono forme di ascendenza lirico-siciliana ma appoggiate, per la vocale finale, alle varietà toscane non fiorentine (Manni 1994, p. 334).",Di ciò ch'audivi 6 «ma per un cento di menzogna fore»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Di_cio_ch_audivi,Di ciò ch'audivi,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK SÌ COME QUEI CH(E),"formula causale-epesegetica – 'stante che, dal momento che' – da collegare al costrutto latino con <i>ut</i> o <i>utpote</i> seguito da participio presente, e comunque già galloromanza: <i>Onkes jor de ma vie</i> 15-6 come cil qui n'avoie / nule fole pansee (ed. Bartsch 1870, p. 34), <i>Cligès</i> 4268-9 droiz est qu'a vos congié preigne / come a cele qui je sui touz Chrétien de Troyes, in italiano cfr. per esempio Bono Giamboni, <i>Libro</i> LXI 3 sì come quella che ben li sapea",Onkes jor de ma vie 15-6 «come cil qui n'avoie / nule fole pansee»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Onkes_jor_de_ma_vie,Onkes jor de ma vie,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK SÌ COME QUEI CH(E),"formula causale-epesegetica – 'stante che, dal momento che' – da collegare al costrutto latino con <i>ut</i> o <i>utpote</i> seguito da participio presente, e comunque già galloromanza: <i>Onkes jor de ma vie</i> 15-6 come cil qui n'avoie / nule fole pansee (ed. Bartsch 1870, p. 34), <i>Cligès</i> 4268-9 droiz est qu'a vos congié preigne / come a cele qui je sui touz Chrétien de Troyes, in italiano cfr. per esempio Bono Giamboni, <i>Libro</i> LXI 3 sì come quella che ben li sapea",Cligès 4268-9 «droiz est qu'a vos congié preigne / come a cele qui je sui touz»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Cligès,Cligès,Chrétien de Troyes,http://dbpedia.org/resource/Chrétien_de_Troyes,http://purl.org/bncf/tid/3572,WORK SÌ COME QUEI CH(E),"formula causale-epesegetica – 'stante che, dal momento che' – da collegare al costrutto latino con <i>ut</i> o <i>utpote</i> seguito da participio presente, e comunque già galloromanza: <i>Onkes jor de ma vie</i> 15-6 come cil qui n'avoie / nule fole pansee (ed. Bartsch 1870, p. 34), <i>Cligès</i> 4268-9 droiz est qu'a vos congié preigne / come a cele qui je sui touz Chrétien de Troyes, in italiano cfr. per esempio Bono Giamboni, <i>Libro</i> LXI 3 sì come quella che ben li sapea","Bono Giamboni, Libro LXI 3 «sì come quella che ben li sapea»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Libro_de_vizi_e_delle_virtudi,Libro de' Vizi e delle Virtudi,Bono Giamboni,http://it.dbpedia.org/page/Bono_Giamboni,http://purl.org/bncf/tid/23856,WORK CERTANAMENTE,"'certamente' (a. fr. <i>certainement</i>). Nei jocs partitz, proprio come qui, l'avverbio introduce, rafforzandola, la tesi che il poeta intende sostenere: Thibaut de Champagne e Philippe, Phelipe, je vos demant 9 Sachiez <i>certainement</i>, Thibaut de Champagne e Baudouin, Baudoÿn, il sunt dui amant 9 Sire, saichiez certeinnement (ed. Långfors 1926, rispettivamente pp. 12 e 38).","Phelipe, je vos demant 9 «Sachiez certainement»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Phelipe_je_vos_demant,"Phelipe, je vos demant",Tebaldo I Re di Navarra,http://dbpedia.org/resource/Theobald_I_of_Navarre,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK CERTANAMENTE,"'certamente' (a. fr. <i>certainement</i>). Nei jocs partitz, proprio come qui, l'avverbio introduce, rafforzandola, la tesi che il poeta intende sostenere: Thibaut de Champagne e Philippe, Phelipe, je vos demant 9 Sachiez <i>certainement</i>, Thibaut de Champagne e Baudouin, Baudoÿn, il sunt dui amant 9 Sire, saichiez certeinnement (ed. Långfors 1926, rispettivamente pp. 12 e 38).","Baudoÿn, il sunt dui amant 9 «Sire, saichiez certeinnement»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Baudoyn_il_sunt_dui_amant,"Baudoÿn, il sunt dui amant",Tebaldo I Re di Navarra,http://dbpedia.org/resource/Theobald_I_of_Navarre,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK CHI ... AMADORE,"il massimo dei dolori, come Dante ribadisce anche nel responsivo seguente, è amare (essere <i>amadore</i>, prov. <i>amador</i>: cfr. Cella 2003, pp. 136-9) e non essere amati. L'antitesi, tanto poco peregrina da passare a proverbio (""Amare e non essere amato è tempo perso"": Giusti 1926, p. 26), s'incontra spesso soprattutto fra i trovatori: cfr. per esempio Peire d'Alvernhe, En estiu, qan crida·l iais 27-8 mas d'aisso es grans pechatz ['disgrazia'] / qu'eu am e non sui amatz; Bernart de Ventadorn, <i>A! tantas bonas chansos</i> 11-2 que m'estara mal e laih / c'ames et amatz no fos. In Italia, cfr. tra gli altri Guinizelli, <i>Lamentomi</i> 3-4 amo for misura / una donna da cui non sono amato.","En estiu, qan crida·l iais 27-8 «mas d'aisso es grans pechatz ['disgrazia'] / qu'eu am e non sui amatz»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/En_estiu_qan_crida_l_iais,"En estiu, qan crida·l iais",Pietro d'Alvernia,http://live.dbpedia.org/resource/Peire_d'Alvernhe,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK CHI ... AMADORE,"il massimo dei dolori, come Dante ribadisce anche nel responsivo seguente, è amare (essere <i>amadore</i>, prov. <i>amador</i>: cfr. Cella 2003, pp. 136-9) e non essere amati. L'antitesi, tanto poco peregrina da passare a proverbio (""Amare e non essere amato è tempo perso"": Giusti 1926, p. 26), s'incontra spesso soprattutto fra i trovatori: cfr. per esempio Peire d'Alvernhe, En estiu, qan crida·l iais 27-8 mas d'aisso es grans pechatz ['disgrazia'] / qu'eu am e non sui amatz; Bernart de Ventadorn, <i>A! tantas bonas chansos</i> 11-2 que m'estara mal e laih / c'ames et amatz no fos. In Italia, cfr. tra gli altri Guinizelli, <i>Lamentomi</i> 3-4 amo for misura / una donna da cui non sono amato.","Bernart de Ventadorn, A! tantas bonas chansos 11-2 «que m'estara mal e laih / c'ames et amatz no fos»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/A_tantas_bonas_chansos,A! tantas bonas chansos,Bernart de Ventadorn,http://dbpedia.org/resource/Bernart_de_Ventadorn,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK CHI ... AMADORE,"il massimo dei dolori, come Dante ribadisce anche nel responsivo seguente, è amare (essere <i>amadore</i>, prov. <i>amador</i>: cfr. Cella 2003, pp. 136-9) e non essere amati. L'antitesi, tanto poco peregrina da passare a proverbio (""Amare e non essere amato è tempo perso"": Giusti 1926, p. 26), s'incontra spesso soprattutto fra i trovatori: cfr. per esempio Peire d'Alvernhe, En estiu, qan crida·l iais 27-8 mas d'aisso es grans pechatz ['disgrazia'] / qu'eu am e non sui amatz; Bernart de Ventadorn, <i>A! tantas bonas chansos</i> 11-2 que m'estara mal e laih / c'ames et amatz no fos. In Italia, cfr. tra gli altri Guinizelli, <i>Lamentomi</i> 3-4 amo for misura / una donna da cui non sono amato.",Lamentomi 3-4 «amo for misura / una donna da cui non sono amato»,CONCORDANZA GENERICA,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lamentomi_di_mia_disavventura,Lamentomi di mia disavventura,Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK FINO,"'raffinato, elegante': in relazione a un testo poetico cfr. ad esempio Bernart de Ventadorn, Chantars no pot gaire valer 50 lo vers es fis e naturaus; in coppia con <i>fermo</i> in Dante da Maiano, <i>Ahi meve lasso</i> 12 Procede sol da fino e <i>fermo</i> amare (Bettarini)",Chantars no pot gaire valer 50 «lo vers es fis e naturaus»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Chantars_no_pot_gaire_valer,Chantars no pot gaire valer,Bernart de Ventadorn,http://dbpedia.org/resource/Bernart_de_Ventadorn,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK FINO,"'raffinato, elegante': in relazione a un testo poetico cfr. ad esempio Bernart de Ventadorn, Chantars no pot gaire valer 50 lo vers es fis e naturaus; in coppia con <i>fermo</i> in Dante da Maiano, <i>Ahi meve lasso</i> 12 Procede sol da fino e <i>fermo</i> amare (Bettarini)",Ahi meve lasso 12 «Procede sol da fino e fermo amare»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ahi_meve_lasso,Ahi meve lasso,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK APPROVA ... PARLA,"'conferma, dimostra vero tutto il bene che si dice di voi'. Quest'accezione di <i>approvare</i> è frequente particolarmente in Guittone (<i>Contini</i>); ma cfr. per esempio anche <i>Cv</i> I II 7 chi biasima se medesimo appruova sé conoscere lo suo difetto, appruova sé non essere buono",,CONCORDANZA GENERICA,,,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,CONCEPT ED ANCOR PIÙ,"sorta di correctio <i>che</i> introduce l'iperbole, come in Chiaro, <i>Per la grande abondanza ch</i>'<i>ïo sento</i> 25 ed ancor più, <i>che</i> quando omo la vede (Menichetti). 3-4","Per la grande abondanza ch'ïo sento 25 «ed ancor più, che quando omo la vede»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Per_la_grande_abondanza_ch_io_sento,Per la grande abondanza ch'ïo sento,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK È POGGIATO,"'è salito', cioè 'sta, si trova' (prov. pojar 'innalzarsi, salire'); cfr. Dante da Maiano, <i>Aggio talento, s</i>'<i>eo savesse, dire</i> 4 sì poggia altero voi pregio e valore (Bettarini), ma soprattutto, per la quasi perfetta corrispondenza, Raimon Jordan, <i>Aissi cum sel qu</i>'em <i>poder de senhor</i> 27 e·l vostre pretz es tan gent enansatz.","Aggio talento, s'eo savesse, dire 4 «sì poggia altero voi pregio e valore»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Aggio_talento_s_eo_savesse_dire,"Aggio talento, s'eo savesse, dire",Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK È POGGIATO,"'è salito', cioè 'sta, si trova' (prov. pojar 'innalzarsi, salire'); cfr. Dante da Maiano, <i>Aggio talento, s</i>'<i>eo savesse, dire</i> 4 sì poggia altero voi pregio e valore (Bettarini), ma soprattutto, per la quasi perfetta corrispondenza, Raimon Jordan, <i>Aissi cum sel qu</i>'em <i>poder de senhor</i> 27 e·l vostre pretz es tan gent enansatz.",Aissi cum sel qu'em poder de senhor 27 «e·l vostre pretz es tan gent enansatz»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Aissi_cum_sel_qu_em_poder_de_senhor,Aissi cum sel qu'em poder de senhor,Raimon Jordan,http://dbpedia.org/resource/Raimon_Jordan,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PROPIAMENTE ... CONTARLA,"'non la si (<i>om</i>) potrebbe adeguatamente dire, esprimere (la <i>loda</i>)'. La stessa iperbole, e il medesimo andamento (che vale come firma interna) (Bettarini), in Dante da Maiano, <i>Uno voler mi tragge</i> '<i>l cor sovente</i> 7-8 ché sua bieltà già ben dir propiamente / non si porria, tant'è sovrabbondosa. La stampa Giuntina legge hom no 'l poria contarla; e De Robertis stampa <i>om</i> no·l <i>poria contar</i> là spiegando: il vostro <i>pregio</i> è a tale altezza dove, a contarlo, a dirlo, non si arriverebbe. Preferisco invece lasciare intatto il rimante ed eliminare il clitico <i>l(o</i>) (un copista avrà preso il più vicino <i>pregio</i>, o <i>loco</i>, come complemento oggetto retto da <i>poria contar</i>, mentre il complemento oggetto è <i>loda</i>)","Uno voler mi tragge 'l cor sovente 7-8 «ché sua bieltà già ben dir propiamente / non si porria, tant'è sovrabbondosa»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Uno_voler_mi_tragge_l_cor_sovente,Uno voler mi tragge 'l cor sovente,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK PROPIAMENTE,"forma dissimilata normale nel fiorentino (cfr. Castellani 1980, II, p. 224), e ben attestata nella lirica, da Giacomo da Lentini a Cavalcanti",propiamente,CONCORDANZA GENERICA,,,Giacomo da Lentini,http://dbpedia.org/resource/Giacomo_da_Lentini,http://purl.org/bncf/tid/26261,CONCEPT PROPIAMENTE,"forma dissimilata normale nel fiorentino (cfr. Castellani 1980, II, p. 224), e ben attestata nella lirica, da Giacomo da Lentini a Cavalcanti",propiamente,CONCORDANZA GENERICA,,,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT PERÒ ... DISPARLA,"'perciò affermo (<i>dico</i>) che chiunque crede di lodarvi adeguatamente con le parole vaneggia'. Ovvia iperbole: allo scopo di lodare si dice che nessuna lode è sufficiente e che non bisogna neppure provarci; è la stessa <i>agudeza</i> usata da Guinizelli nel missivo a Guittone, <i>O caro padre meo</i> 1-2 <i>O caro padre meo</i>, de vostra laude / non bisogna ch'alcun omo se 'mbarchi","O caro padre meo 1-2 «O caro padre meo, de vostra laude / non bisogna ch'alcun omo se 'mbarchi»",CONCORDANZA GENERICA,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/O_caro_padre_meo,O caro padre meo,Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DISPARLA,"hapax (salvo un molto dubbio [dis]<i>parlare</i> ricostruito in Chiaro, <i>Quando l</i>'<i>arciere avisa suo guardare</i> 8: ma il manoscritto ha <i>parlare</i>) coniato per mantenere la rima: 'parla a vanvera, delira'.",Quando l'arciere avisa suo guardare 8,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quando_l_arciere_avisa_suo_guardare,Quando l'arciere avisa suo guardare,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DITE CH'AMARE,"formula riepilogativa ben adatta a un sonetto responsivo, per riprendere il filo del missivo e replicare: cfr. Guittone, <i>Amico caro meo, vetar non oso</i> 9 Dici che tua donzella ha te gioi data (ma anche Dante, alludendo a ciò che Virgilio ha <i>scritto</i>, non <i>detto</i>, in <i>If</i> II 13 Tu dici che di Silvïo il parente).","Amico caro meo, vetar non oso 9 «Dici che tua donzella ha te gioi data»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Amico_caro_meo_vetar_non_oso,"Amico caro meo, vetar non oso",Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK LO DOL ... DOLE,"'il dolore d'amore che più duole', con bisticcio analogo a quello del verso precedente tra <i>amare</i> e <i>amato</i> (ed è lo stesso che aprirà l'ultimo sonetto della serie, <i>Lasso, lo dol che più mi dole e serra</i>: e per casi analoghi, che avvicinano il Maianese al gusto di Guittone e dei suoi allievi fiorentini, cfr. i rimandi di Bettarini in nota a <i>Da doglia e da rancura lo meo core</i> 12).",,CONCORDANZA GENERICA,,,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,CONCEPT UMIL ... DISGRATO,"non già 'non vi sia sgradita un'umile preghiera (<i>umil prego</i>)' bensì '<i>prego</i> umilmente (<i>umil prego</i>) che non vi sia sgradito', con <i>umil</i> riferito al soggetto dell'enunciato e <i>prego</i> non sostantivo ('preghiera') ma prima persona del verbo, alla luce dell'identica formula in Dante da Maiano, <i>Sì m</i>'abbellio la vostra gran plagenza 9 Onde <i>umil</i> priego voi, viso gioioso, / che non vi grevi. Per la transizione con <i>onde</i>, che tira le somme di quanto detto e procede alla richiesta, cfr. Anonimo, <i>A scuro loco</i> (L 311) 7 unde dimando a voi, che siete spero / pales'e altero, pertinente anche per il successivo <i>chiari</i>: il corrispondente è luce che illumina con il suo sapere","Sì m'abbellio la vostra gran plagenza 9 «Onde umil priego voi, viso gioioso, / che non vi grevi»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Si_m_abbellio_la_vostra_gran_plagenza,Sì m'abbellio la vostra gran plagenza,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK UMIL ... DISGRATO,"non già 'non vi sia sgradita un'umile preghiera (<i>umil prego</i>)' bensì '<i>prego</i> umilmente (<i>umil prego</i>) che non vi sia sgradito', con <i>umil</i> riferito al soggetto dell'enunciato e <i>prego</i> non sostantivo ('preghiera') ma prima persona del verbo, alla luce dell'identica formula in Dante da Maiano, <i>Sì m</i>'abbellio la vostra gran plagenza 9 Onde <i>umil</i> priego voi, viso gioioso, / che non vi grevi. Per la transizione con <i>onde</i>, che tira le somme di quanto detto e procede alla richiesta, cfr. Anonimo, <i>A scuro loco</i> (L 311) 7 unde dimando a voi, che siete spero / pales'e altero, pertinente anche per il successivo <i>chiari</i>: il corrispondente è luce che illumina con il suo sapere","Anonimo, A scuro loco (L 311) 7 «unde di- mando a voi, che siete spero / pales'e altero»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/A_scuro_loco,A scuro loco,,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK VOSTRO SAVER,"sineddoche comune nelle rime di corrispondenza (e prima – come tuttora – nell'uso epistolare e in generale nel linguaggio formale: dove ci si appella alla <i>vostra clemenza</i> o, in quello che oramai è un epiteto fisso, alla <i>vostra eccellenza</i>, e simili): 'il vostro sapere', cioè 'voi (che siete sapiente)'; la stessa formula in Anonimo a Bonagiunta, <i>Peroché sète paragon di sagio</i> (V 781) 9 Consiglio chero al vostro gran savere",Peroché sète paragon di sagio (V 781) 9 «Consiglio chero al vostro gran savere»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Peroche_sete_paragon_di_sagio,Peroché sète paragon di sagio,Anonimo a Bonagiunta,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Anonimo_a_Bonagiunta,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK NOMO,"metaplasmo ben attestato nei poeti siciliani, in Guittone d'Arezzo e nel Dante lirico (Serianni 2001, p. 142): ma è una di quelle forme cercate di proposito per necessità di rima (per casi analoghi cfr. Giunta 2002b, p. 204).",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/26261,CONCEPT NOMO,"metaplasmo ben attestato nei poeti siciliani, in Guittone d'Arezzo e nel Dante lirico (Serianni 2001, p. 142): ma è una di quelle forme cercate di proposito per necessità di rima (per casi analoghi cfr. Giunta 2002b, p. 204).",,CONCORDANZA GENERICA,,,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,CONCEPT CONOSCO BEN,"'so bene' (e <i>ben</i>, come osserva De Robertis, ha valore correlativo-avversativo: di contro al <i>non canoscendo</i> dell'<i>incipit</i>): giuntura già tipica dei trovatori (<i>eu conosc ben</i>) che arriva sino a Petrarca e oltre (cfr. la nota a Dante da Maiano, Amor mi fa 9)",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT SCIENZ'À ... NOMO,"'ha sapienza assai rinomata': cfr. Compagni, <i>Cronica</i>: fu cavaliere di grande animo e <i>nome</i> (citato in <i>GDLI</i>, s.v. <i>nome</i>); la Giuntina legge ch'è scienza di gran nomo (e così <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>).","Compagni, Cronica: «fu cavaliere di grande animo e nome»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/page/Cronica_delle_cose_occorrenti_ne'_tempi_suoi,Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi,Dino Compagni,http://dbpedia.org/resource/Dino_Compagni,http://purl.org/bncf/tid/9645,WORK SACCI BEN,"anche questa è una formula introduttiva ricorrente nelle lettere in prosa e nei testi di corrispondenza in versi: oltre al sacciate ben di <i>Qual che voi siate</i> 5 cfr. per esempio il <i>joc</i> tra Lambert Ferri e Philippot Verdière, Biau Phelipot Vrediere, je vous proi 11 Lambert Ferri, sachiés bien (Långfors 1926, n. CIII); tanto basta a escludere la congettura (del resto superflua, dato che il passo è, una volta tanto, limpido) di Pézard 1967a, p. 58: sòcci ben, 'je m'y connais'. 10-1","joc tra Lambert Ferri e Philippot Verdière, Biau Phelipot Vrediere, je vous proi 11 «Lambert Ferri, sachiés bien»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Biau_Phelipot_Vrediere_je_vous_proi,"Biau Phelipot Vrediere, je vous proi",Lambert Ferri,http://dbpedia.org/resource/Lambert_Ferri,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK CHÉ ... CHIAMA,"'perché un simile dolore domina tutti gli altri, e a tutti presiede'; lo stesso concetto per esempio in Guilhem Gausmar, N'<i>Eble, chauzes en la meillor</i> 15-6 qe jes no·s fai a comparar / dolors d'amador ab dolor","Guilhem Gausmar, N'Eble, chauzes en la meillor 15-6 «qe jes no·s fai a com- parar / dolors d'amador ab dolor»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/N_Eble_chauzes_en_la_meillor,"N'Eble, chauzes en la meillor",Guilhem Gausmar,http://it.dbpedia.org/page/Guilhem_Gausmar,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK CAPO,"non 'signore, superiore' (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>), né 'cima, colmo' (De Robertis), ma piuttosto – conforme a uno dei significati del lat. caput – 'principio, fonte, origine', come per esempio nei passi seguenti: [i sette vizî capitali] sono capo di tutti li altri vizî, e nasconne quanti mali si fanno nel mondo (Giamboni, <i>Trattato</i>, p. 125); cupidità è capo di tutti mali e radice di tutti peccati (Pucci, <i>Libro</i>, p. 99).","Bono Giamboni, Libro LXI 3 «sì come quella che ben li sapea»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Libro_de_vizi_e_delle_virtudi,Libro de' Vizi e delle Virtudi,Bono Giamboni,http://it.dbpedia.org/page/Bono_Giamboni,http://purl.org/bncf/tid/23856,WORK LASSO,"'Ahimé' (cfr. fr. <i>hélas</i>); <i>incipit</i> analoghi nello stesso Dante da Maiano, <i>Lasso, el pensero e lo voler non stagna</i> e <i>Las, ço qe m</i>'es al cor plus fins e gars",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lasso_el_pensero_e_lo_voler_non_stagna,"Lasso, el pensero e lo voler non stagna",Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK LASSO,"'Ahimé' (cfr. fr. <i>hélas</i>); <i>incipit</i> analoghi nello stesso Dante da Maiano, <i>Lasso, el pensero e lo voler non stagna</i> e <i>Las, ço qe m</i>'es al cor plus fins e gars",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Las_co_qe_m_es_al_cor_plus_fins_e_gars,"Las, ço qe m'es al cor plus fins e gars",Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK DOL ... DOLE,allitterazioni simili sono tipiche dello stile di Dante da Maiano: cfr. <i>Lo vostro fermo dir</i> 10 e <i>Da doglia e da rancura lo meo core</i> 13 mi donerà dolor doglioso,Lo vostro fermo dir 10,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lo_vostro_fermo_dir,Lo vostro fermo dir,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK DOL ... DOLE,allitterazioni simili sono tipiche dello stile di Dante da Maiano: cfr. <i>Lo vostro fermo dir</i> 10 e <i>Da doglia e da rancura lo meo core</i> 13 mi donerà dolor doglioso,Da doglia e da rancura lo meo core 13,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Da_doglia_e_da_rancura_lo_meo_core,Da doglia e da rancura lo meo core,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK PER ME ... SERRA,"'al posto mio occorrerebbe uno più saggio, tanto quanto (lo è) il vostro sapere, che chiude, determina ogni questione'. <i>Foster</i> – <i>Boyde</i> propongono di leggere per me più saggio converriasi c'omo, intendendo 'ci vorrebbe al posto mio qualcuno più saggio di quanto possa essere un uomo': ma così resterebbe isolato il vostro saver del verso successivo, costringendo ad altri più onerosi emendamenti. Quanto al significato del passo, lo stesso <i>locus modestiae</i> (""la mia scienza non è sufficiente"") si trova per esempio nel responsivo di Lapo Salterelli a Dino Compagni, Vostra quistione 3-4 Onde convienmi provedenza maggio / che mio senno non porta",Vostra quistione 3-4 «Onde convienmi provedenza maggio / che mio senno non porta»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Vostra_quistione,Vostra quistione,Lapo Salterelli,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lapo_Salterelli,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK D'AUTORITÀ MOSTRANDO,"l'argumentum <i>ab auctoritate</i> è uno dei <i>modi arguendi</i> elencati dai giurisperiti medievali, stante il fatto che cuilibet doctissimo in arte sua est credendum: cfr. Caprioli 1965, pp. 372 e 410. Dunque sembra calzante la spiegazione di <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: qui si chiedono il ragionamento filosofico e la citazione di autori, come in <i>Pd</i> XXVI 25-6 ""per filosofici argomenti / e per autorità"", e anche come nella lettera a Cino: Et fides huius ... ratione potest et autoritate muniri (<i>Ep</i> III 3). La formula <i>per auctoritat</i> s'incontra in un poemetto provenzale edito da Contini 1940a: Mostrar volh <i>per auctoritat</i> / a conoyser lo traspassat (vv. 301-2), ma qui sembra significare 'normativamente, fornendo regole certe'. 10-1",«cuilibet doctissimo in arte sua est credendum»,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/5750,CONCEPT D'AUTORITÀ MOSTRANDO,"l'argumentum <i>ab auctoritate</i> è uno dei <i>modi arguendi</i> elencati dai giurisperiti medievali, stante il fatto che cuilibet doctissimo in arte sua est credendum: cfr. Caprioli 1965, pp. 372 e 410. Dunque sembra calzante la spiegazione di <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: qui si chiedono il ragionamento filosofico e la citazione di autori, come in <i>Pd</i> XXVI 25-6 ""per filosofici argomenti / e per autorità"", e anche come nella lettera a Cino: Et fides huius ... ratione potest et autoritate muniri (<i>Ep</i> III 3). La formula <i>per auctoritat</i> s'incontra in un poemetto provenzale edito da Contini 1940a: Mostrar volh <i>per auctoritat</i> / a conoyser lo traspassat (vv. 301-2), ma qui sembra significare 'normativamente, fornendo regole certe'. 10-1",«Mostrar volh per auctoritat / a conoyser lo traspassat»,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT ASSEGNANDO,"'esponendo determinatamente' (<i>Contini</i>); come altre espressioni usate in questa tenzone, è un verbo che a Dante da Maiano giunge probabilmente dal linguaggio del <i>joc partit</i>: cfr. quello tra Adam de la Halle e Jehan de Grieviler, Assignés chi, Griviler, jugement (Långfors 1926, n",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Assignes_chi_Griviler_jugement,"Assignés chi, Griviler, jugement",Adam de la Halle,http://dbpedia.org/resource/Adam_de_la_Halle,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK AMOR ... AMARE,"un avvio analogo in Dante da Maiano, Gaia donna piacente e dilettosa 25 Amor mi fa sovente tormentare (Bettarini, con altri rimandi); e il bisticcio ricorda naturalmente la tecnica delle precedenti tenzoni (<i>Qual che voi siate</i> 13 chi non è amato, s'elli è amadore, e simili).",Gaia donna piacente e dilettosa 25 «Amor mi fa sovente tormentare»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Gaia_donna_piacente_e_dilettosa,Gaia donna piacente e dilettosa,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK DISTRETTO,"'legato, costretto': è uno dei verbi più comuni per descrivere l'innamoramento, a cominciare dal famoso <i>incipit</i> di Giacomo da Lentini Meravigliosamente / un amor mi distringe",«Meravigliosamente / un amor mi distringe»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Meravigliosamente,Meravigliosamente,Giacomo da Lentini,http://dbpedia.org/resource/Giacomo_da_Lentini,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK CHE SOLO UN'ORA ... PENSARE,"'neppure per un'ora potrei (<i>porria</i>) separare il mio <i>cuore</i> dal pensiero di lui' (con <i>cuore</i> complemento oggetto), oppure 'neppure per un'ora il mio <i>cuore</i> potrebbe (<i>porria</i>) separarsi dal pensiero di lui' (con <i>cuore</i> soggetto). Questa seconda opzione preferisce Bettarini, che cita a riscontro l'<i>incipit</i> Da doglia e da rancura lo meo core / veggio partire. Tuttavia, partire il coraggio (oggetto) è una formula ricorrente in Dante da Maiano, e i passi seguenti fanno semmai propendere per la prima parafrasi: <i>La dilettosa cera</i> 29-30 Partirò lo coraggio / da sì dolze penare?, <i>Lasso, merzé cherere</i> 18 s'eo già mai partisse lo mio core, Non perch'<i>eo v</i>'<i>aggia, donna, fatto offesa</i> 13 da tale error partite lo coraggio",«Da doglia e da rancura lo meo core / veggio partire»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Da_doglia_e_da_rancura_lo_meo_core,Da doglia e da rancura lo meo core,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK CHE SOLO UN'ORA ... PENSARE,"'neppure per un'ora potrei (<i>porria</i>) separare il mio <i>cuore</i> dal pensiero di lui' (con <i>cuore</i> complemento oggetto), oppure 'neppure per un'ora il mio <i>cuore</i> potrebbe (<i>porria</i>) separarsi dal pensiero di lui' (con <i>cuore</i> soggetto). Questa seconda opzione preferisce Bettarini, che cita a riscontro l'<i>incipit</i> Da doglia e da rancura lo meo core / veggio partire. Tuttavia, partire il coraggio (oggetto) è una formula ricorrente in Dante da Maiano, e i passi seguenti fanno semmai propendere per la prima parafrasi: <i>La dilettosa cera</i> 29-30 Partirò lo coraggio / da sì dolze penare?, <i>Lasso, merzé cherere</i> 18 s'eo già mai partisse lo mio core, Non perch'<i>eo v</i>'<i>aggia, donna, fatto offesa</i> 13 da tale error partite lo coraggio",La dilettosa cera 29-30 «Partirò lo coraggio / da sì dolze penare?»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/La_dilettosa_cera,La dilettosa cera,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK CHE SOLO UN'ORA ... PENSARE,"'neppure per un'ora potrei (<i>porria</i>) separare il mio <i>cuore</i> dal pensiero di lui' (con <i>cuore</i> complemento oggetto), oppure 'neppure per un'ora il mio <i>cuore</i> potrebbe (<i>porria</i>) separarsi dal pensiero di lui' (con <i>cuore</i> soggetto). Questa seconda opzione preferisce Bettarini, che cita a riscontro l'<i>incipit</i> Da doglia e da rancura lo meo core / veggio partire. Tuttavia, partire il coraggio (oggetto) è una formula ricorrente in Dante da Maiano, e i passi seguenti fanno semmai propendere per la prima parafrasi: <i>La dilettosa cera</i> 29-30 Partirò lo coraggio / da sì dolze penare?, <i>Lasso, merzé cherere</i> 18 s'eo già mai partisse lo mio core, Non perch'<i>eo v</i>'<i>aggia, donna, fatto offesa</i> 13 da tale error partite lo coraggio","Lasso, merzé cherere 18 «s'eo già mai partisse lo mio core»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lasso_merze_cherere,"Lasso, merzé cherere",Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK CHE SOLO UN'ORA ... PENSARE,"'neppure per un'ora potrei (<i>porria</i>) separare il mio <i>cuore</i> dal pensiero di lui' (con <i>cuore</i> complemento oggetto), oppure 'neppure per un'ora il mio <i>cuore</i> potrebbe (<i>porria</i>) separarsi dal pensiero di lui' (con <i>cuore</i> soggetto). Questa seconda opzione preferisce Bettarini, che cita a riscontro l'<i>incipit</i> Da doglia e da rancura lo meo core / veggio partire. Tuttavia, partire il coraggio (oggetto) è una formula ricorrente in Dante da Maiano, e i passi seguenti fanno semmai propendere per la prima parafrasi: <i>La dilettosa cera</i> 29-30 Partirò lo coraggio / da sì dolze penare?, <i>Lasso, merzé cherere</i> 18 s'eo già mai partisse lo mio core, Non perch'<i>eo v</i>'<i>aggia, donna, fatto offesa</i> 13 da tale error partite lo coraggio","Non perch'eo v'aggia, donna, fatto offesa 13 «da tale error partite lo co- raggio»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Non_perch_eo_v_aggia_donna_fatto_offesa,"Non perch'eo v'aggia, donna, fatto offesa",Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK SOLO UN'ORA,iperbole che Dante da Maiano usa anche in <i>Ver</i>' <i>la mia donna</i> 2 ch'un'ora non l'ardisco di cherere (Bettarini),Ver' la mia donna 2 «ch'un'ora non l'ardisco di cherere»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ver_la_mia_donna_son_si_temoroso,Ver' la mia donna son sì temoroso,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK D'OVIDIO ... GUARIRE,"'Ho provato a fare ciò (prolettico) che Ovidio consiglia per guarire il mal d'amore'. Una formula analoga, in analogo contesto (l'innamorato tenta ogni rimedio per guarire dall'amore), in Anonimo, <i>Un Corzo di Corzan</i> 5-6 E ciò che Galïen ci lasciò scritto, / aggio provato per voler campare (ed. Bruni Bettarini 1974, p. 95)","Un Corzo di Corzan 5-6 «E ciò che Galïen ci lasciò scritto, / aggio provato per voler campare»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Un_Corzo_di_Corzan,Un Corzo di Corzan,,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK E ... VERACEMENTE,"al lettore moderno il verso ricorda Petrarca (<i>Rvf</i> 1, 9 Ma ben veggio or sì). In realtà, come accennato in nota a <i>Non canoscendo</i> 3, formule asseverative come questa sono comuni già nella poesia trobadorica: <i>ben conosc e sai</i>, ieu conosc e sai ques vers, e soprattutto – anche per l'ulteriore rafforzamento attraverso l'avverbio – <i>ben sai e conosc veramen</i> (cfr. Cnyrim 1888, p. 7). Nei sonetti italiani, la formula modula spesso, come qui, il passaggio tra fronte e sirma: oltre al sonetto-prologo dei <i>Fragmenta</i> cfr. lo stesso Dante da Maiano, <i>Primer ch</i>'<i>eo vidi</i> 9 E bene veggio omai che lo meo core e <i>O lasso, che mi val</i> 9 E ben conosco troppo folleggiando (Bettarini), e il sonetto doppio di Lupo degli Uberti Gentil madonna, la vertù d'<i>amore</i> 13 Ben me cognosco eo non sufficiente","ben conosc e sai, ieu conosc e sai ques vers / ben sai e conosc veramen",CONCORDANZA STRINGENTE,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT E ... VERACEMENTE,"al lettore moderno il verso ricorda Petrarca (<i>Rvf</i> 1, 9 Ma ben veggio or sì). In realtà, come accennato in nota a <i>Non canoscendo</i> 3, formule asseverative come questa sono comuni già nella poesia trobadorica: <i>ben conosc e sai</i>, ieu conosc e sai ques vers, e soprattutto – anche per l'ulteriore rafforzamento attraverso l'avverbio – <i>ben sai e conosc veramen</i> (cfr. Cnyrim 1888, p. 7). Nei sonetti italiani, la formula modula spesso, come qui, il passaggio tra fronte e sirma: oltre al sonetto-prologo dei <i>Fragmenta</i> cfr. lo stesso Dante da Maiano, <i>Primer ch</i>'<i>eo vidi</i> 9 E bene veggio omai che lo meo core e <i>O lasso, che mi val</i> 9 E ben conosco troppo folleggiando (Bettarini), e il sonetto doppio di Lupo degli Uberti Gentil madonna, la vertù d'<i>amore</i> 13 Ben me cognosco eo non sufficiente",Primer ch'eo vidi 9 «E bene veggio omai che lo meo core»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Primer_ch_eo_vidi,Primer ch'eo vidi,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK E ... VERACEMENTE,"al lettore moderno il verso ricorda Petrarca (<i>Rvf</i> 1, 9 Ma ben veggio or sì). In realtà, come accennato in nota a <i>Non canoscendo</i> 3, formule asseverative come questa sono comuni già nella poesia trobadorica: <i>ben conosc e sai</i>, ieu conosc e sai ques vers, e soprattutto – anche per l'ulteriore rafforzamento attraverso l'avverbio – <i>ben sai e conosc veramen</i> (cfr. Cnyrim 1888, p. 7). Nei sonetti italiani, la formula modula spesso, come qui, il passaggio tra fronte e sirma: oltre al sonetto-prologo dei <i>Fragmenta</i> cfr. lo stesso Dante da Maiano, <i>Primer ch</i>'<i>eo vidi</i> 9 E bene veggio omai che lo meo core e <i>O lasso, che mi val</i> 9 E ben conosco troppo folleggiando (Bettarini), e il sonetto doppio di Lupo degli Uberti Gentil madonna, la vertù d'<i>amore</i> 13 Ben me cognosco eo non sufficiente","O lasso, che mi val 9 «E ben conosco troppo folleg- giando»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/O_lasso_che_mi_val,"O lasso, che mi val",Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK E ... VERACEMENTE,"al lettore moderno il verso ricorda Petrarca (<i>Rvf</i> 1, 9 Ma ben veggio or sì). In realtà, come accennato in nota a <i>Non canoscendo</i> 3, formule asseverative come questa sono comuni già nella poesia trobadorica: <i>ben conosc e sai</i>, ieu conosc e sai ques vers, e soprattutto – anche per l'ulteriore rafforzamento attraverso l'avverbio – <i>ben sai e conosc veramen</i> (cfr. Cnyrim 1888, p. 7). Nei sonetti italiani, la formula modula spesso, come qui, il passaggio tra fronte e sirma: oltre al sonetto-prologo dei <i>Fragmenta</i> cfr. lo stesso Dante da Maiano, <i>Primer ch</i>'<i>eo vidi</i> 9 E bene veggio omai che lo meo core e <i>O lasso, che mi val</i> 9 E ben conosco troppo folleggiando (Bettarini), e il sonetto doppio di Lupo degli Uberti Gentil madonna, la vertù d'<i>amore</i> 13 Ben me cognosco eo non sufficiente","Gentil madonna, la vertù d'amore 13 «Ben me cognosco eo non sufficiente»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Gentil_madonna_la_vertu_d_amore,"Gentil madonna, la vertù d'amore",Lupo degli Uberti,http://it.dbpedia.org/resource/Sennuccio_del_Bene,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK CHE 'NVERSO ... SOFFERENTE,"come si è detto nella premessa, l'idea che contro l'amore non ci sia rimedio e che la cosa migliore sia sottometterglisi è topica; ma va citato fra i tanti questo passo di Uc Brunenc, vicinissimo alle parole di Dante da Maiano (cfr. in particolare 13 ben servir): <i>Cortesamen mou en mon cor mesclanza</i> 15-6 c'Amor no venz menaza ni bobanz, / mas gens servirs e precs e bona fes","Cortesamen mou en mon cor mesclanza 15-6 «c'Amor no venz menaza ni bobanz, / mas gens servirs e precs e bona fes»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Cortesamen_mou_en_mon_cor_mesclanza,Cortesamen mou en mon cor mesclanza,Uc Brunenc,http://dbpedia.org/resource/Uc_Brunet,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK MERZEDE ... SOFFERENTE,"l'unica arma possibile contro l'amore è la pietà della donna o la sopportazione dell'amante; un <i>incipit</i> dello stesso Dante da Maiano combina insieme i vv. 8 e 12 di questo sonetto: Amor m'aucide, né da lui difesa / non trovo mai che di merzé chiamare; e cfr. Cnyrim 1888, p. 25: <i>val</i> mais <i>merces</i> qe rasos / en amor, co dis Salomos","«Amor m'aucide, né da lui difesa / non trovo mai che di merzé chiamare»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Amor_m_aucide_ne_da_lui_difesa,"Amor m'aucide, né da lui difesa",Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK BEN SERVIR,"è il servizio d'amore, la devozione disinteressata e senza riserve alla donna amata; cfr. l'<i>incipit</i> di Dante da Maiano <i>Lasso, per ben servir son adastiato</i>; e per l'associazione con la <i>mercé</i>, cfr. l'<i>incipit</i> di Giacomo da Lentini <i>Poi no mi val merzé né ben servire</i> (Bettarini)","Lasso, per ben servir son adastiato",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lasso_per_ben_servir_son_adastiato,"Lasso, per ben servir son adastiato",Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK BEN SERVIR,"è il servizio d'amore, la devozione disinteressata e senza riserve alla donna amata; cfr. l'<i>incipit</i> di Dante da Maiano <i>Lasso, per ben servir son adastiato</i>; e per l'associazione con la <i>mercé</i>, cfr. l'<i>incipit</i> di Giacomo da Lentini <i>Poi no mi val merzé né ben servire</i> (Bettarini)",Poi no mi val merzé né ben servire,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Poi_no_mi_val_merze_ne_ben_servire,Poi no mi val merzé né ben servire,Giacomo da Lentini,http://dbpedia.org/resource/Giacomo_da_Lentini,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK N'HAVE OMO PARTE,"'si (<i>omo</i>) partecipa dell'amore'. Per la formula, cfr. l'a. fr. <i>avoir part</i> (<i>AFW</i>, s.v. <i>part</i>, coll. 3545); per l'immagine, cfr. Dante, <i>Cavalcando l</i>'<i>altr</i>'<i>ier</i> 13-4 allor presi di lui [di Amore] sì gran parte, / ch'elli disparve; Chiaro, <i>Qualunque m</i>'<i>adimanda</i> 13 cui trova bon, [Amore] di sé li dona parte.","Qualunque m'adimanda 13 «cui trova bon, [Amore] di sé li dona parte»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Qualunque_m_adimanda,Qualunque m'adimanda,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK LARGO CORE,"'generosità, larghezza' (come in Rinuccino, <i>Nonn-è larghezza dare, al mio parvente</i> 4 ""largo core"").","Rinuccino, Nonn-è larghezza dare, al mio parvente 4 «largo core»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Nonn-e_larghezza_dare_al_mio_parvente,"Nonn-è larghezza dare, al mio parvente",Rinuccino Guidotti,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Rinuccino_Guidotti,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK VINCONO AMORE,"non 'sconfiggono' ma, come nel passo di Uc Brunenc citato in nota a <i>Amor mi fa</i> 10-2, o come in <i>Pd</i> XX 99, 'conquistano', cioè 'rendono benigno, mansueto'. Vale a dire che sono le grazie e le virtù quelle che vincono – cioè avvincono, soggiogano, propiziano – Amore, non le attitudini avverse (resistenza, sconoscenza), e lo vincono attraverso il piacer di lor, il bene e il bello che è loro proprio.","Cortesamen mou en mon cor mesclanza 15-6 «c'Amor no venz menaza ni bobanz, / mas gens servirs e precs e bona fes»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Cortesamen_mou_en_mon_cor_mesclanza,Cortesamen mou en mon cor mesclanza,Uc Brunenc,http://dbpedia.org/resource/Uc_Brunet,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK ACCIDENTE,"Barbi – <i>Maggini</i> si domandano se sia sostantivo o piuttosto aggettivo riferito a <i>vertute</i>, lo stesso di 'accidentale', e optano per questa seconda spiegazione. Ma sarà invece sostantivo: ciò che, secondo il vocabolario aristotelico, può congiungersi con un ente ma che non inerisce alla sua essenza.",accidente,CONCORDANZA GENERICA,,,Aristotele,http://dbpedia.org/resource/Aristotle,http://purl.org/bncf/tid/19144,CONCEPT E NON ... POSSENTE,"bisogna cedere all'amore, non contrastarlo. È un <i>topos</i>, e oltre ai passi citati nella premessa si vedano i seguenti, simili a questi versi danteschi non solo nel concetto ma anche nella formulazione: Raimon de Miraval, <i>Res contr</i>'Amor non es guirens 1-4 <i>Res contr</i>'Amor non es guirens [non serve] / lai on sos poders s'atura; / que no vol autra mesura / mas c'om sega totz sos talens; Bernart de Ventadorn, <i>Amors, e que·us es veyaire?</i> 35-7 que nuls om no pot ni auza / enves Amor contrastar; / car Amors vens tota chauza; Monte Andrea, <i>Eo non mi credo</i>, 'n om, tanto savere 7 Di contastarlo, alcun no po' ssavere; Anonimo, <i>Posto m</i>'avea '<i>n chuor veracemente</i> 6-8 dunqua mi convien far lo su' piacere, / e ciaschun uomo similgliantemente, / ché nullo contra llui pote valere (ed. Molteni – Monaci 1877, p. 263)","Raimon de Miraval, Res contr'Amor non es guirens 1-4 «Res contr'Amor non es guirens [non serve] / lai on sos poders s'atura; / que no vol autra mesura / mas c'om sega totz sos talens»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Res_contr_Amor_non_es_guirens,Res contr'Amor non es guirens,Raimon de Miraval,http://dbpedia.org/resource/Raimon_de_Miraval,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK E NON ... POSSENTE,"bisogna cedere all'amore, non contrastarlo. È un <i>topos</i>, e oltre ai passi citati nella premessa si vedano i seguenti, simili a questi versi danteschi non solo nel concetto ma anche nella formulazione: Raimon de Miraval, <i>Res contr</i>'Amor non es guirens 1-4 <i>Res contr</i>'Amor non es guirens [non serve] / lai on sos poders s'atura; / que no vol autra mesura / mas c'om sega totz sos talens; Bernart de Ventadorn, <i>Amors, e que·us es veyaire?</i> 35-7 que nuls om no pot ni auza / enves Amor contrastar; / car Amors vens tota chauza; Monte Andrea, <i>Eo non mi credo</i>, 'n om, tanto savere 7 Di contastarlo, alcun no po' ssavere; Anonimo, <i>Posto m</i>'avea '<i>n chuor veracemente</i> 6-8 dunqua mi convien far lo su' piacere, / e ciaschun uomo similgliantemente, / ché nullo contra llui pote valere (ed. Molteni – Monaci 1877, p. 263)","Bernart de Ventadorn, Amors, e que·us es veyaire? 35-7 «que nuls om no pot ni auza / enves Amor contrastar; / car Amors vens tota chauza»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Amors_e_que_us_es_veyaire?,"Amors, e que·us es veyaire?",Bernart de Ventadorn,http://dbpedia.org/resource/Bernart_de_Ventadorn,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK E NON ... POSSENTE,"bisogna cedere all'amore, non contrastarlo. È un <i>topos</i>, e oltre ai passi citati nella premessa si vedano i seguenti, simili a questi versi danteschi non solo nel concetto ma anche nella formulazione: Raimon de Miraval, <i>Res contr</i>'Amor non es guirens 1-4 <i>Res contr</i>'Amor non es guirens [non serve] / lai on sos poders s'atura; / que no vol autra mesura / mas c'om sega totz sos talens; Bernart de Ventadorn, <i>Amors, e que·us es veyaire?</i> 35-7 que nuls om no pot ni auza / enves Amor contrastar; / car Amors vens tota chauza; Monte Andrea, <i>Eo non mi credo</i>, 'n om, tanto savere 7 Di contastarlo, alcun no po' ssavere; Anonimo, <i>Posto m</i>'avea '<i>n chuor veracemente</i> 6-8 dunqua mi convien far lo su' piacere, / e ciaschun uomo similgliantemente, / ché nullo contra llui pote valere (ed. Molteni – Monaci 1877, p. 263)","Monte Andrea, Eo non mi credo, 'n om, tanto savere 7 «Di contastarlo, alcun no po' ssavere»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Eo_non_mi_credo_n_om_tanto_savere,"Eo non mi credo, 'n om, tanto savere",Monte Andrea,http://it.dbpedia.org/page/Monte_Andrea,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK E NON ... POSSENTE,"bisogna cedere all'amore, non contrastarlo. È un <i>topos</i>, e oltre ai passi citati nella premessa si vedano i seguenti, simili a questi versi danteschi non solo nel concetto ma anche nella formulazione: Raimon de Miraval, <i>Res contr</i>'Amor non es guirens 1-4 <i>Res contr</i>'Amor non es guirens [non serve] / lai on sos poders s'atura; / que no vol autra mesura / mas c'om sega totz sos talens; Bernart de Ventadorn, <i>Amors, e que·us es veyaire?</i> 35-7 que nuls om no pot ni auza / enves Amor contrastar; / car Amors vens tota chauza; Monte Andrea, <i>Eo non mi credo</i>, 'n om, tanto savere 7 Di contastarlo, alcun no po' ssavere; Anonimo, <i>Posto m</i>'avea '<i>n chuor veracemente</i> 6-8 dunqua mi convien far lo su' piacere, / e ciaschun uomo similgliantemente, / ché nullo contra llui pote valere (ed. Molteni – Monaci 1877, p. 263)","Posto m'avea 'n chuor veracemente 6-8 «dunqua mi convien far lo su' piacere, / e ciaschun uomo similgliantemente, / ché nullo contra llui pote vale- re»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Posto_m_avea_n_chuor_veracemente,Posto m'avea 'n chuor veracemente,,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK SE ... LEGGI,"'Se tu che mi leggi sei l'<i>amico</i> Lippo'; l'avvio sul nome del destinatario seguito dall'epiteto <i>amico</i> ricorda i sonetti-lettera di Guittone e dei guittoniani: <i>Messer Bottaccio <i>amico</i>, ogni animale</i>, <i>Messer Giovanni amico</i>, '<i>n vostro amore</i> (cfr. Leonardi 1994, p. 84, e la nota relativa per altre apostrofi dello stesso tenore)","Messer Bottaccio amico, ogni animale",CONCORDANZA GENERICA,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Messer_Bottaccio_amico_ogni_animale,"Messer Bottaccio amico, ogni animale",Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK SE ... LEGGI,"'Se tu che mi leggi sei l'<i>amico</i> Lippo'; l'avvio sul nome del destinatario seguito dall'epiteto <i>amico</i> ricorda i sonetti-lettera di Guittone e dei guittoniani: <i>Messer Bottaccio <i>amico</i>, ogni animale</i>, <i>Messer Giovanni amico</i>, '<i>n vostro amore</i> (cfr. Leonardi 1994, p. 84, e la nota relativa per altre apostrofi dello stesso tenore)","Messer Giovanni amico, 'n vostro amore",CONCORDANZA GENERICA,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Messer_Giovanni_amico_n_vostro_amore,"Messer Giovanni amico, 'n vostro amore",Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK DA PARTE ... SCRITTO,"il testo non soltanto parla direttamente al destinatario ma si presenta a nome del suo artefice (vengo da parte di, come un visitatore che dichiari subito le credenziali) e lo designa con una perifrasi: analogo il caso di Dino Frescobaldi, Voi che piangete nello stato amaro 8-10 (parla la canzone) io son mandata solamente a voi / da parte di colui / a cui non viene diletto di pace (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>).",Voi che piangete nello stato amaro 8-10 (parla la canzone) «io son mandata solamente a voi / da parte di colui / a cui non viene diletto di pace»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Voi_che_piangete_nello_stato_amaro,Voi che piangete nello stato amaro,Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK IN TUA BALÌA MI METTO,"'mi affido a te, mi metto sotto la tua autorità e al tuo servizio', dunque senza la sfumatura negativa che la formula ha nell'italiano moderno ('essere soggetto, proprio malgrado, a un potere soverchiante'). È formula epistolare, o da poesia di corrispondenza (Monte, <i>A me nom piace di, tal triega, fare</i> 14 A voi, amico, mi do tutto im balia), e corrisponde alla locuzione a. fr. <i>en baillie</i>, prov. <i>en bailia</i>: cfr. Cella 2003, p. 336.","Monte, A me nom piace di, tal triega, fare 14 «A voi, amico, mi do tutto im balia»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/A_me_nom_piace_di_tal_triega_fare,"A me nom piace di, tal triega, fare",Monte Andrea,http://it.dbpedia.org/page/Monte_Andrea,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK SALUTE,"non plurale di <i>saluta</i> (così <i>Contini</i>), che non è né fiorentino né toscano (cfr. Rohlfs § 353), ma plurale analogico su quelli della prima declinazione (cfr. Rohlfs § 366), come a Firenze era normale (<i>le salute</i> in Boccaccio e Villani, annota <i>Contini</i>, ma già per esempio nell'<i>Intelligenza</i> 292, 9 dolzi e soavi salute). Come può fare un intermediario, un messaggero in carne e ossa, il testo porta insomma i saluti dell'autore al destinatario","Intelligenza 292, 9 «dolzi e soavi salute»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/L_intelligenza,L'intelligenza,,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK QUALI ELEGGI,"'quelle che vuoi, che scegli', con espansione della <i>salutatio</i> analoga a quella impiegata da Gianni Alfani in un missivo a Cavalcanti, <i>Guido, quel Gianni</i> 1-2 <i>Guido, quel Gianni</i> ch'a te fu l'altrieri / salute, <i>quanto piace alle tue risa</i>. E l'una e l'altra formula trasportano nella poesia modelli epistolografici, anche volgari: Ser Bindo, notaro della guardia di Prato, li capitani della parte di Tiççana salute quelle che più vi piacciano; o salute a vostro piacere (Fantappiè 2000, I, pp. 561-3); oppure salute quelle che piue vi piaceno (Castellani 1956, p. 84).","Guido, quel Gianni 1-2 «Guido, quel Gianni ch'a te fu l'altrieri / salute, quanto piace alle tue risa»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Guido_quel_Gianni,"Guido, quel Gianni",Gianni Alfani,http://dbpedia.org/resource/Gianni_Alfani,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PER CORTESIA ... DEGGI,"'Ti prego, <i>per cortesia</i>, di ascoltarmi'. Le richieste d'ascolto, in poesia come in prosa, erano sempre accompagnate da formule come queste: più spesso <i>per tuo, per vostro onore</i> (e per tuo onor legge in effetti, col ms. Vaticano, l'ed. Barbi), ma talvolta anche, come in questo caso, <i>per cortesia</i>: Se intendere me volì per cortexia (Laudario dei Battuti LV 1). E le si può senz'altro interpretare come tracce seppur remote di oralità, e cioè di una poesia d'arte assai vicina, nei suoi modi espressivi, alla poesia popolare destinata all'esecuzione in pubblico: Per cortesia, deggiatemi ascoltare dice l'autore del cantare di Florio e Biancifiore (ed. Balduino 1970, I 5); e per questi tratti cfr. in generale Serianni 2005",,CONCORDANZA STRINGENTE,,,(?),,,WORK DE L'ASCOLTAR ... LO 'NTELLETTO,"'prego che tu chieda alla tua <i>mente</i> e al tuo <i>intelletto</i> di ascoltare', secondo il costrutto <i>richiedere uno di qualcosa</i> (De Robertis). Consueta associazione tra facoltà sensoriali (l'udito, altrove la vista) e facoltà dello spirito cui le prime vengono attribuite per metafora, come per dire ""ascolta, ma con la <i>mente</i> ben sveglia, non solo con le orecchie ma anche col cervello"". Lo stesso invito ad ascoltare con la <i>mente</i> si trova per esempio in Dino Frescobaldi, <i>Poscia che dir conviemmi ciò ch</i>'<i>io sento</i> 69-70 Se ascolterete, nel vostro '<i>ntelletto</i> / voi udirete (Brugnolo). Quanto alla coppia <i>mente</i>-<i>intelletto</i> (forse distinguibili come 'memoria' e 'raziocinio', ma qui piuttosto semplice endiadi per 'ragione, cervello'), cfr. Chiaro, <i>Di lungia parte aducemi l</i>'<i>amore</i> 13-5 L'avenente e 'l mio cor fan compagnia, / e <i>chiamano la <i>mente</i> e lo</i> '<i>ntelletto</i> / che vegnano a veder chi segnor n'era (Menichetti). La reggenza – richiedere <i>dell</i>'ascoltare – è quella stessa del prov. e <i>dell</i>'a. fr. <i>requerre</i> (cfr. Levy, s.v.4; Godefroy, s.v.1).","Poscia che dir conviemmi ciò ch'io sento 69-70 «Se ascolterete, nel vostro 'ntelletto / voi udirete»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Poscia_che_dir_conviemmi_cio_ch_io_sento,Poscia che dir conviemmi ciò ch'io sento,Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DE L'ASCOLTAR ... LO 'NTELLETTO,"'prego che tu chieda alla tua <i>mente</i> e al tuo <i>intelletto</i> di ascoltare', secondo il costrutto <i>richiedere uno di qualcosa</i> (De Robertis). Consueta associazione tra facoltà sensoriali (l'udito, altrove la vista) e facoltà dello spirito cui le prime vengono attribuite per metafora, come per dire ""ascolta, ma con la <i>mente</i> ben sveglia, non solo con le orecchie ma anche col cervello"". Lo stesso invito ad ascoltare con la <i>mente</i> si trova per esempio in Dino Frescobaldi, <i>Poscia che dir conviemmi ciò ch</i>'<i>io sento</i> 69-70 Se ascolterete, nel vostro '<i>ntelletto</i> / voi udirete (Brugnolo). Quanto alla coppia <i>mente</i>-<i>intelletto</i> (forse distinguibili come 'memoria' e 'raziocinio', ma qui piuttosto semplice endiadi per 'ragione, cervello'), cfr. Chiaro, <i>Di lungia parte aducemi l</i>'<i>amore</i> 13-5 L'avenente e 'l mio cor fan compagnia, / e <i>chiamano la <i>mente</i> e lo</i> '<i>ntelletto</i> / che vegnano a veder chi segnor n'era (Menichetti). La reggenza – richiedere <i>dell</i>'ascoltare – è quella stessa del prov. e <i>dell</i>'a. fr. <i>requerre</i> (cfr. Levy, s.v.4; Godefroy, s.v.1).","Di lungia parte aducemi l'amore 13-5 «L'avenente e 'l mio cor fan compagnia, / e chiamano la mente e lo 'ntelletto / che vegnano a veder chi segnor n'era»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Di_lungia_parte_aducemi_l_amore,Di lungia parte aducemi l'amore,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DAVANTI AL TU' CONSPETTO,"'davanti a te' (lat. <i>in conspectum</i>), formula ovvia nei testi comitatori o di corrispondenza, che fisicamente si presentano ai loro destinatari: Dante, <i>A ciascun</i>'alma presa 1-2 <i>A ciascun</i>'alma presa e gentil core / nel cui cospetto ven lo dir presente; Cino, <i>Omo, lo cui nome per effetto</i> (sonetto che accompagna alcuni messi, identificabili o con gli spiriti amorosi del poeta [così Marti] o con testi poetici incaricati di parlare all'amata) 5-6 lo qual venuto nel vostro cospetto / sarebbe volentier; la citata stanza di Lapo Gianni <i>Se tu, martorïata</i> 2-3 va' plorando / avanti a quella donna ove <i>ti</i> mena; <i>Corona</i> I 5-6 i' prego quei, nel cui cospetto vène, / che ciaschedun proveggia per amore.","Omo, lo cui nome per effetto 5-6 «lo qual venuto nel vostro cospetto / sarebbe volentier»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Omo_lo_cui_nome_per_effetto,"Omo, lo cui nome per effetto",Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DAVANTI AL TU' CONSPETTO,"'davanti a te' (lat. <i>in conspectum</i>), formula ovvia nei testi comitatori o di corrispondenza, che fisicamente si presentano ai loro destinatari: Dante, <i>A ciascun</i>'alma presa 1-2 <i>A ciascun</i>'alma presa e gentil core / nel cui cospetto ven lo dir presente; Cino, <i>Omo, lo cui nome per effetto</i> (sonetto che accompagna alcuni messi, identificabili o con gli spiriti amorosi del poeta [così Marti] o con testi poetici incaricati di parlare all'amata) 5-6 lo qual venuto nel vostro cospetto / sarebbe volentier; la citata stanza di Lapo Gianni <i>Se tu, martorïata</i> 2-3 va' plorando / avanti a quella donna ove <i>ti</i> mena; <i>Corona</i> I 5-6 i' prego quei, nel cui cospetto vène, / che ciaschedun proveggia per amore.","Se tu, martorïata 2-3 «va' plorando / avanti a quella donna ove ti mena»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Se_tu_martoriata_mia_Soffrenza,"Se tu, martorïata mia Soffrenza",Lapo Gianni,http://dbpedia.org/resource/Lapo_Gianni,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DAVANTI AL TU' CONSPETTO,"'davanti a te' (lat. <i>in conspectum</i>), formula ovvia nei testi comitatori o di corrispondenza, che fisicamente si presentano ai loro destinatari: Dante, <i>A ciascun</i>'alma presa 1-2 <i>A ciascun</i>'alma presa e gentil core / nel cui cospetto ven lo dir presente; Cino, <i>Omo, lo cui nome per effetto</i> (sonetto che accompagna alcuni messi, identificabili o con gli spiriti amorosi del poeta [così Marti] o con testi poetici incaricati di parlare all'amata) 5-6 lo qual venuto nel vostro cospetto / sarebbe volentier; la citata stanza di Lapo Gianni <i>Se tu, martorïata</i> 2-3 va' plorando / avanti a quella donna ove <i>ti</i> mena; <i>Corona</i> I 5-6 i' prego quei, nel cui cospetto vène, / che ciaschedun proveggia per amore.","Corona I 5-6 «i' prego quei, nel cui cospetto vène, / che ciaschedun proveggia per amore»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/La_corona_amorosa,La corona amorosa (o corona di casistica amorosa),,,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DAVANTI AL TU' CONSPETTO,"'davanti a te' (lat. <i>in conspectum</i>), formula ovvia nei testi comitatori o di corrispondenza, che fisicamente si presentano ai loro destinatari: Dante, <i>A ciascun</i>'alma presa 1-2 <i>A ciascun</i>'alma presa e gentil core / nel cui cospetto ven lo dir presente; Cino, <i>Omo, lo cui nome per effetto</i> (sonetto che accompagna alcuni messi, identificabili o con gli spiriti amorosi del poeta [così Marti] o con testi poetici incaricati di parlare all'amata) 5-6 lo qual venuto nel vostro cospetto / sarebbe volentier; la citata stanza di Lapo Gianni <i>Se tu, martorïata</i> 2-3 va' plorando / avanti a quella donna ove <i>ti</i> mena; <i>Corona</i> I 5-6 i' prego quei, nel cui cospetto vène, / che ciaschedun proveggia per amore.","Corona I 5-6 «i' prego quei, nel cui cospetto vène, / che ciaschedun proveggia per amore»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/La_corona_amorosa,La corona amorosa (o corona di casistica amorosa),,,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK NONCALER,"(ed. Barbi non caler, ed. De Robertis non-caler; ma è senz'altro univerbabile: 'indifferenza', come nel francese moderno <i>nonchalance</i>): il gallicismo mettere a non-calere 'trascurare' in toscano si diffuse attraverso Guittone ... per esempio in Chiaro, e non-caler sostantivato perdura, attraverso arditi sintagmi, in Dante (Contini 1960, p. 494).",,CONCORDANZA GENERICA,,,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,CONCEPT NONCALER,"(ed. Barbi non caler, ed. De Robertis non-caler; ma è senz'altro univerbabile: 'indifferenza', come nel francese moderno <i>nonchalance</i>): il gallicismo mettere a non-calere 'trascurare' in toscano si diffuse attraverso Guittone ... per esempio in Chiaro, e non-caler sostantivato perdura, attraverso arditi sintagmi, in Dante (Contini 1960, p. 494).",,CONCORDANZA GENERICA,,,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT LO QUAL,"possibile, nella sintassi dell'italiano antico, l'avvio di periodo con un pronome relativo che si riferisce a un soggetto non immediatamente contiguo (qui l'<i>io</i> del v. 10): cfr. per esempio Giacomino da Verona, <i>De Ierusalem celesti</i> 50-3 un angel kerubin /cununaspaaenmank'èdefogodivin,/ecoronaàencòtutade iacentin: / lo qual no ge lassa andar; e soprattutto Cino, Omo, lo cui nome per effetto 1-6 Omo, lo cui nome per effetto / importa povertà di gioi d'amore / e riccor di tristizia e di dolore, / ci manda a voi, come Pietà v'ha detto; / lo qual venuto nel vostro cospetto / sarebbe volentier",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_Jerusalem_celesti,De Jerusalem celesti,Giacomino da Verona,http://it.dbpedia.org/page/Giacomino_da_Verona,http://purl.org/bncf/tid/6929,WORK LO QUAL,"possibile, nella sintassi dell'italiano antico, l'avvio di periodo con un pronome relativo che si riferisce a un soggetto non immediatamente contiguo (qui l'<i>io</i> del v. 10): cfr. per esempio Giacomino da Verona, <i>De Ierusalem celesti</i> 50-3 un angel kerubin /cununaspaaenmank'èdefogodivin,/ecoronaàencòtutade iacentin: / lo qual no ge lassa andar; e soprattutto Cino, Omo, lo cui nome per effetto 1-6 Omo, lo cui nome per effetto / importa povertà di gioi d'amore / e riccor di tristizia e di dolore, / ci manda a voi, come Pietà v'ha detto; / lo qual venuto nel vostro cospetto / sarebbe volentier","Omo, lo cui nome per effetto 1-6 «Omo, lo cui nome per effetto / importa povertà di gioi d'amore / e riccor di tristizia e di dolore, / ci manda a voi, come Pietà v'ha detto; / lo qual venuto nel vostro cospetto / sarebbe volentier»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Omo_lo_cui_nome_per_effetto,"Omo, lo cui nome per effetto",Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK COR GENTIL,"giuntura che ricorda ovviamente Guinizelli, <i>Al cor gentil rempaira sempre amore</i>, e si trova poi ampiamente nella lirica stilnovista, e già prima nei trovatori. Questa è però una rara occorrenza della formula in un testo di corrispondenza, e in tale contesto <i>gentile</i> sarà dunque da intendersi, piuttosto che nel significato più comune in antico, 'nobile', in quello moderno di 'cortese, sollecito'",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Al_cor_gentil_rempaira_sempre_amore(Guinizzelli),Al cor gentil rempaira sempre amore,Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK RIPOSA,"'alberga, dimora'; per la clausola, cfr. Lapo Gianni, <i>Donna, se</i> '<i>l prego</i> 13 E se vertù d'amore in voi riposa (Iovine).","Donna, se 'l prego 13 «E se vertù d'amore in voi riposa»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Donna_se_l_prego,"Donna, se 'l prego",Lapo Gianni,http://dbpedia.org/resource/Lapo_Gianni,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK LÀ ... DISÏOSA,"'dovunque vuole': anche questa immagine è ripresa in Quirini, Io t'apresento 10 [vada] là dove desia (Duso)",Io t'apresento 10 «[vada] là dove desia»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Io_t_apresento_questa_donzeletta,Io t'apresento questa donzeletta,Giovanni Quirini,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Giovanni_Quirini,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK LO MEO ... RACCOMANDI,"la <i>raccomandazione</i> al destinatario è un luogo comune, prima che delle poesie di corrispondenza, delle normali lettere in prosa, in calce o, come nel caso seguente, nella <i>salutatio</i> iniziale: A voi signori Nove ... frate Bencivenni vostro camarlingo vi si racchomanda (Castellani 1956, p. 152); perciò non è eccessivo dire – anche considerando che la <i>raccomandazione</i> si ripete all'ultimo verso – che l'intero testo ha i tratti di una lettera in rima. Per il motivo del dono-<i>raccomandazione</i> del cuore cfr. ad esempio <i>Corona</i> XXV 7 però voi raccomando il mi' fin core (Maffia Scariati 2002a e rimandi). Nell'esordio della canzone <i>Luntan vi son</i> di Carnino Ghiberti (vv. 1-3) il motivo della separazione tra il corpo e il cuore, che sta presso l'amata, è associato, come in Dante, a quello della <i>dimoranza</i>: <i>Luntan vi son</i>, ma presso v'è lo core, / con gran merzede tuttora cherendo / che non vi grevi lunga <i>dimoranza</i> (13)",salutatio iniziale: «A voi signori Nove ... frate Bencivenni vostro camarlingo vi si racchomanda»,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/2921,CONCEPT LO MEO ... RACCOMANDI,"la <i>raccomandazione</i> al destinatario è un luogo comune, prima che delle poesie di corrispondenza, delle normali lettere in prosa, in calce o, come nel caso seguente, nella <i>salutatio</i> iniziale: A voi signori Nove ... frate Bencivenni vostro camarlingo vi si racchomanda (Castellani 1956, p. 152); perciò non è eccessivo dire – anche considerando che la <i>raccomandazione</i> si ripete all'ultimo verso – che l'intero testo ha i tratti di una lettera in rima. Per il motivo del dono-<i>raccomandazione</i> del cuore cfr. ad esempio <i>Corona</i> XXV 7 però voi raccomando il mi' fin core (Maffia Scariati 2002a e rimandi). Nell'esordio della canzone <i>Luntan vi son</i> di Carnino Ghiberti (vv. 1-3) il motivo della separazione tra il corpo e il cuore, che sta presso l'amata, è associato, come in Dante, a quello della <i>dimoranza</i>: <i>Luntan vi son</i>, ma presso v'è lo core, / con gran merzede tuttora cherendo / che non vi grevi lunga <i>dimoranza</i> (13)","«Luntan vi son, ma presso v'è lo core, / con gran merzede tuttora cherendo / che non vi grevi lunga dimoranza» (1- 3)",CONCORDANZA GENERICA,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Luntan_vi_son,Luntan vi son,Carnino Ghiberti,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Carnino_Ghiberti,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK AMOR ... DATO,"la consegna del cuore alla donna può aver luogo per intercessione di Amore perché è lui <i>che</i> ne dispone. In <i>Flamenca</i> 7377-8, l'amante chiede: Ma douza res, mos cors que fai?, e l'amata risponde: Amix, en luec del mieu estai; ma il motivo è poi più volte dantesco: per esempio in <i>Vn</i> IX 5 (parla Amore) e però quello cuore <i>che</i> io ti facea avere a lei, io l'ho meco. Un avvio assai prossimo a questo – tanto da far ritenere plausibile, e anzi probabile, l'attribuzione a Dante – ha la ballata <i>Po</i>' <i>vedi te</i> 2-3 Amor, <i>che</i> t'acompagna / ti racomanda 'l cor <i>che</i> ti tien cara (ed. Casu i.c.s.). Adotto qui la lezione di <i>Barbi</i>, <i>che</i> integra un <i>che</i> a quella, ipometra, del testimone unico: vi raccomandi amor vi l'ha dato. De Robertis legge invece vi raccomando: Amor vi l'ha dato; ma la lezione di <i>Barbi</i> sembra ben congruente con l'idea delle due astrazioni <i>che</i> affiancano la donna: Amore le sta da un lato ... e Mercé l'accompagna dall'altro (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>); e di una <i>raccomandazione</i> da parte di Amore (non da parte dell'amante) parla appunto la ballata appena citata","Flamenca 7377-8, l'amante chiede: «Ma douza res, mos cors que fai?», e l'amata risponde: «Amix, en luec del mieu estai»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Romance_of_Flamenca,Roman de Flamenca,,,http://purl.org/bncf/tid/3572,WORK ALLUNGATO,"'allontanato' (prov. <i>alongat</i>); è verbo caratteristico dei ""canti di lontananza"" italiani: cfr. Lemmo Orlandi, Lontana <i>dimoranza</i> 10 che non alungi me contra il volere; Chiaro, <i>Di lontana riviera</i> 7-8 or che sono alungato, / dimoro senza core. 7-8",Lontana dimoranza 10 «che non alungi me contra il volere»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lontana_dimoranza,Lontana dimoranza,Lemmo Orlandi,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lemmo_Orlandi,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK ALLUNGATO,"'allontanato' (prov. <i>alongat</i>); è verbo caratteristico dei ""canti di lontananza"" italiani: cfr. Lemmo Orlandi, Lontana <i>dimoranza</i> 10 che non alungi me contra il volere; Chiaro, <i>Di lontana riviera</i> 7-8 or che sono alungato, / dimoro senza core. 7-8","Di lontana riviera 7-8 «or che sono alungato, / dimoro senza core»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Di_lontana_riviera,Di lontana riviera,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK MI TIEN ... SPERANZA,"come si è accennato nella premessa, questo non è un canto di lontananza dolente, come più spesso accade, ma euforico. Il poeta pregusta il ritorno ed è accompagnato dal dolce ricordo dell'amata; così (e si vedano le solite parole-chiave <i>allungarsi</i>, <i>adimoranza</i>, ecc.) è lieto l'allontanamento (come in Uc de Saint-Circ, <i>Gent ant saubut miei uoill vensser mon cor</i> 25 E s'ieu m'en loing, plus m'estai pres del cor; o in Guittone, <i>Con più m</i>'<i>allungo</i> 1-2 <i>Con più m</i>'<i>allungo</i>, più m'è prossimana / la fazzon dolce de la donna mia); ed è lieta l'idea del ritorno (come in Chiaro, <i>Adimorando</i> '<i>n istrano paese</i> 9-11 rimembiando la tornata ... / lasciava pene e grande pensamento)","Gent ant saubut miei uoill vensser mon cor 25 «E s'ieu m'en loing, plus m'estai pres del cor»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Gent_ant_saubut_miei_uoill,Gent ant saubut miei uoill vensser mon cor,Uc de Saint Circ,http://dbpedia.org/resoure/Uc_de_Saint_Circ,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK MI TIEN ... SPERANZA,"come si è accennato nella premessa, questo non è un canto di lontananza dolente, come più spesso accade, ma euforico. Il poeta pregusta il ritorno ed è accompagnato dal dolce ricordo dell'amata; così (e si vedano le solite parole-chiave <i>allungarsi</i>, <i>adimoranza</i>, ecc.) è lieto l'allontanamento (come in Uc de Saint-Circ, <i>Gent ant saubut miei uoill vensser mon cor</i> 25 E s'ieu m'en loing, plus m'estai pres del cor; o in Guittone, <i>Con più m</i>'<i>allungo</i> 1-2 <i>Con più m</i>'<i>allungo</i>, più m'è prossimana / la fazzon dolce de la donna mia); ed è lieta l'idea del ritorno (come in Chiaro, <i>Adimorando</i> '<i>n istrano paese</i> 9-11 rimembiando la tornata ... / lasciava pene e grande pensamento)","Con più m'allungo 1-2 «Con più m'allungo, più m'è prossimana / la fazzon dolce de la donna mia»",CONCORDANZA GENERICA,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Con_piu_m_allungo,"Con più m'allungo, più m'è prossimana",Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK MI TIEN ... SPERANZA,"come si è accennato nella premessa, questo non è un canto di lontananza dolente, come più spesso accade, ma euforico. Il poeta pregusta il ritorno ed è accompagnato dal dolce ricordo dell'amata; così (e si vedano le solite parole-chiave <i>allungarsi</i>, <i>adimoranza</i>, ecc.) è lieto l'allontanamento (come in Uc de Saint-Circ, <i>Gent ant saubut miei uoill vensser mon cor</i> 25 E s'ieu m'en loing, plus m'estai pres del cor; o in Guittone, <i>Con più m</i>'<i>allungo</i> 1-2 <i>Con più m</i>'<i>allungo</i>, più m'è prossimana / la fazzon dolce de la donna mia); ed è lieta l'idea del ritorno (come in Chiaro, <i>Adimorando</i> '<i>n istrano paese</i> 9-11 rimembiando la tornata ... / lasciava pene e grande pensamento)",Adimorando 'n istrano paese 9-11 «rimembiando la tornata ... / la- sciava pene e grande pensamento»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Adimorando_n_istrano_paese,Adimorando 'n istrano paese,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK MI TIEN GIÀ CONFORTATO,"per quest'uso fraseologico di <i>tenere</i>, cfr. la nota a *; quanto al conforto che reca l'idea del ritorno, cfr. <i>Dame d</i>'<i>honour plesant et gracieuxe</i> 21-2 Et combien la partie soit dolereuxe, / je me confort de mon brief revenir (ed. Apel, n. 62).","Dame d'honour plesant et gracieuxe 21-2 «Et combien la partie soit dolereuxe, / je me confort de mon brief revenir»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dame_d_honour_plesant_et_gracieuxe,Dame d'honour plesant et gracieuxe,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK ADIMORANZA,"vale tanto in riferimento allo spazio (la <i>dimora</i>, il soggiorno lontano dall'amata) quanto in riferimento al tempo (la <i>mora</i> è l'indugio, l'attesa); e in genere, all'opposto rispetto a qui, della <i>dimoranza</i> si lamenta la lunghezza (nel tempo) o la lontananza (nello spazio): Azemar lo Negre, Era·m don Dieus que repaire 31-2 Per la longa demoransa / qu'ieu fau say; Bonagiunta, <i>Avegna</i> 37-8 Credo che non feràe / lontana dimoransa / lo core meo (con la nota di Menichetti 2002, p. 99); Chiaro, Oi lasso, lo mio partire 18-9 per lungo adimorare / verà in gioia lo voler mio. Quest'ultimo passo spiega anche, probabilmente, perché una parte della tradizione, e in questa tradizione Dante, rappresenti il congedo dall'amata come un fatto positivo: perché, come spiega Lullo nella <i>Blanquerna</i>, eguals coses son propinquitat e lunyetat enfre l'amich e l'amat, e una miscela di vicinanza e di lontananza fa l'amore perfetto, così come una buona bevanda si forma da ingredienti diversi, e il buon clima dal temperarsi del caldo e del freddo (citato in Spitzer 1970, p. 120).",Era·m don Dieus que repaire 31-2 «Per la longa demoransa / qu'ieu fau say»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Era_m_don_Dieus_que_repaire,Era·m don Dieus que repaire,Azemar lo Negre,http://dbpedia.org/resource/Ademar_lo_Negre,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK ADIMORANZA,"vale tanto in riferimento allo spazio (la <i>dimora</i>, il soggiorno lontano dall'amata) quanto in riferimento al tempo (la <i>mora</i> è l'indugio, l'attesa); e in genere, all'opposto rispetto a qui, della <i>dimoranza</i> si lamenta la lunghezza (nel tempo) o la lontananza (nello spazio): Azemar lo Negre, Era·m don Dieus que repaire 31-2 Per la longa demoransa / qu'ieu fau say; Bonagiunta, <i>Avegna</i> 37-8 Credo che non feràe / lontana dimoransa / lo core meo (con la nota di Menichetti 2002, p. 99); Chiaro, Oi lasso, lo mio partire 18-9 per lungo adimorare / verà in gioia lo voler mio. Quest'ultimo passo spiega anche, probabilmente, perché una parte della tradizione, e in questa tradizione Dante, rappresenti il congedo dall'amata come un fatto positivo: perché, come spiega Lullo nella <i>Blanquerna</i>, eguals coses son propinquitat e lunyetat enfre l'amich e l'amat, e una miscela di vicinanza e di lontananza fa l'amore perfetto, così come una buona bevanda si forma da ingredienti diversi, e il buon clima dal temperarsi del caldo e del freddo (citato in Spitzer 1970, p. 120).",Avegna 37-8 «Credo che non feràe / lontana dimoransa / lo core meo»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Avegna_che_partensa,Avegna che partensa,Bonagiunta Orbicciani,http://dbpedia.org/resource/Bonagiunta_Orbicciani,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK ADIMORANZA,"vale tanto in riferimento allo spazio (la <i>dimora</i>, il soggiorno lontano dall'amata) quanto in riferimento al tempo (la <i>mora</i> è l'indugio, l'attesa); e in genere, all'opposto rispetto a qui, della <i>dimoranza</i> si lamenta la lunghezza (nel tempo) o la lontananza (nello spazio): Azemar lo Negre, Era·m don Dieus que repaire 31-2 Per la longa demoransa / qu'ieu fau say; Bonagiunta, <i>Avegna</i> 37-8 Credo che non feràe / lontana dimoransa / lo core meo (con la nota di Menichetti 2002, p. 99); Chiaro, Oi lasso, lo mio partire 18-9 per lungo adimorare / verà in gioia lo voler mio. Quest'ultimo passo spiega anche, probabilmente, perché una parte della tradizione, e in questa tradizione Dante, rappresenti il congedo dall'amata come un fatto positivo: perché, come spiega Lullo nella <i>Blanquerna</i>, eguals coses son propinquitat e lunyetat enfre l'amich e l'amat, e una miscela di vicinanza e di lontananza fa l'amore perfetto, così come una buona bevanda si forma da ingredienti diversi, e il buon clima dal temperarsi del caldo e del freddo (citato in Spitzer 1970, p. 120).","Oi lasso, lo mio partire 18-9 «per lungo adimorare / verà in gioia lo voler mio»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Oi_lasso_lo_mio_partire,"Oi lasso, lo mio partire",Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK ADIMORANZA,"vale tanto in riferimento allo spazio (la <i>dimora</i>, il soggiorno lontano dall'amata) quanto in riferimento al tempo (la <i>mora</i> è l'indugio, l'attesa); e in genere, all'opposto rispetto a qui, della <i>dimoranza</i> si lamenta la lunghezza (nel tempo) o la lontananza (nello spazio): Azemar lo Negre, Era·m don Dieus que repaire 31-2 Per la longa demoransa / qu'ieu fau say; Bonagiunta, <i>Avegna</i> 37-8 Credo che non feràe / lontana dimoransa / lo core meo (con la nota di Menichetti 2002, p. 99); Chiaro, Oi lasso, lo mio partire 18-9 per lungo adimorare / verà in gioia lo voler mio. Quest'ultimo passo spiega anche, probabilmente, perché una parte della tradizione, e in questa tradizione Dante, rappresenti il congedo dall'amata come un fatto positivo: perché, come spiega Lullo nella <i>Blanquerna</i>, eguals coses son propinquitat e lunyetat enfre l'amich e l'amat, e una miscela di vicinanza e di lontananza fa l'amore perfetto, così come una buona bevanda si forma da ingredienti diversi, e il buon clima dal temperarsi del caldo e del freddo (citato in Spitzer 1970, p. 120).",«eguals coses son propinquitat e lunyetat enfre l'amich e l'amat»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Blanquerna,Blanquerna,Ramon Llull,http://dbpedia.org/resource/Ramon_Llull,http://purl.org/bncf/tid/3572,WORK MI VOLGE ... LA MENTE,"la memoria fa rivolgere indietro verso il suo paese il poeta desideroso di rivedere la donna amata (D. Consoli in <i>ED</i>, s.v. <i>volgere</i>): e sarà un volgersi piuttosto ideale che fisico (il pensiero, l'animo si volge indietro, come in <i>If</i> I 25-6 così l'animo mio, ch'ancor fuggiva, / si volse a retro). Una situazione analoga per esempio in Raimon Jordan, Lo clar temps vei brunezir 26-7 e lai vir soven / mos huelhs, tan l'am finamen; o in Falquet de Romans, <i>Ieu no mudaria</i> 28-9 e n'estau en pessamen / que ves son pays me vire",Lo clar temps vei brunezir,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lo_clar_temps_vei_brunezir,Lo clar temps vei brunezir,Raimon Jordan,http://live.dbpedia.org/page/Raimon_Jordan,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK MI VOLGE ... LA MENTE,"la memoria fa rivolgere indietro verso il suo paese il poeta desideroso di rivedere la donna amata (D. Consoli in <i>ED</i>, s.v. <i>volgere</i>): e sarà un volgersi piuttosto ideale che fisico (il pensiero, l'animo si volge indietro, come in <i>If</i> I 25-6 così l'animo mio, ch'ancor fuggiva, / si volse a retro). Una situazione analoga per esempio in Raimon Jordan, Lo clar temps vei brunezir 26-7 e lai vir soven / mos huelhs, tan l'am finamen; o in Falquet de Romans, <i>Ieu no mudaria</i> 28-9 e n'estau en pessamen / que ves son pays me vire",Ieu no mudaria 28-9 «e n'estau en pessamen / que ves son pays me vire»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ieu_no_mudaria,Ieu no mudaria,Falquet de Romans,http://dbpedia.org/resource/Falquet_de_Romans,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK SEMBIANZA,"il poeta vede l'immagine della donna nel pensiero; <i>Foster</i> – <i>Boyde</i> rinviano alla canzone di lontananza di Caccia da Siena <i>Per forza di piacer lontana cosa</i> 14-6 Sembianza ch'a lo cor mi ripresenta, / madonna, il mi' richero, / fra me stando in pensero (Contini 1960, I, p. 357).","Per forza di piacer lontana cosa 14-6 «Sembianza ch'a lo cor mi ripresenta, / madonna, il mi' richero, / fra me stando in pensero»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Per_forza_di_piacer_lontana_cosa,Per forza di piacer lontana cosa,Caccia da Siena,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Caccia_da_Siena,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK NE LO ... ADIMORANDO,"'nel mio viaggiare e nel mio stare lontano'. L'associazione tra andare e stare si trova nella citata Lontana dimoranza 15-6 Così del rimanere / e de l'andar sono diverse pene, e anche in Dante, <i>Doglia mi reca</i> 34 lieta va e soggiorna.",Lontana dimoranza 15-6 «Così del rimanere / e de l'andar sono diverse pene»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lontana_dimoranza,Lontana dimoranza,Lemmo Orlandi,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lemmo_Orlandi,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK DOLCE,"è aggettivo consueto per designare un luogo amato e rimpianto (o una <i>cosa</i> amata e rimpianta: per esempio il <i>dolce</i> lume di Cavalcante in <i>If</i> X 69): biasmo la dolze Toscana / che mi diparte lo core (Federico II, citato da <i>Mattalia</i>), Dolze e gaia terra fiorentina (Chiaro, citato da <i>Contini</i>); e del resto già per i guerrieri della <i>Chanson de Roland</i> la patria lontana è <i>France dulce, la bele</i> (<i>Contini</i>).",«biasmo la dolze Toscana / che mi diparte lo core»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dolze_meo_drudo_e_vatene,"Dolze meo drudo, e vatène",Federico II,"http://dbpedia.org/resource/Frederick_II,_Holy_Roman_Emperor",http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK DOLCE,"è aggettivo consueto per designare un luogo amato e rimpianto (o una <i>cosa</i> amata e rimpianta: per esempio il <i>dolce</i> lume di Cavalcante in <i>If</i> X 69): biasmo la dolze Toscana / che mi diparte lo core (Federico II, citato da <i>Mattalia</i>), Dolze e gaia terra fiorentina (Chiaro, citato da <i>Contini</i>); e del resto già per i guerrieri della <i>Chanson de Roland</i> la patria lontana è <i>France dulce, la bele</i> (<i>Contini</i>).",«Dolze e gaia terra fiorentina»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ahi_dolze_e_gaia_terra_fiorentina,Ahi dolze e gaia terra fiorentina,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK FORZA D'AMORE,"sintagma già trobadorico: Gaucelm Faidit, N'<i>Albert, eu sui en gran error</i> 20 que forsa d'amor li fez far; e cfr. Guido Novello da Polenta, <i>Quando specchiate, donna, el vostro viso</i> 11 co la forza d'amore / el ten.",«que forsa d'amor li fez far»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/N_Albert_eu_sui_en_gran_error,"N'Albert, eu sui en gran error",Gaucelm Faidit,http://dbpedia.org/resource/Gaucelm_Faidit,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK FORZA D'AMORE,"sintagma già trobadorico: Gaucelm Faidit, N'<i>Albert, eu sui en gran error</i> 20 que forsa d'amor li fez far; e cfr. Guido Novello da Polenta, <i>Quando specchiate, donna, el vostro viso</i> 11 co la forza d'amore / el ten.",«co la forza d'amore / el ten»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quando_specchiate_donna,"Quando specchiate, donna, el vostro viso",Guido Novello da Polenta,http://dbpedia.org/resource/Guido_II_da_Polenta,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK TANTO DI VALORE,"'tanto <i>valore</i>', con genitivo di quantità, secondo l'uso latino e francese; il <i>valore</i> è il nerbo, la forza vitale: forza vitale che quasi sempre vien meno, nella poesia stilnovista, come riflesso di una passione estenuante (cfr. Dante, <i>Sì lungiamente</i> 5; Cavalcanti, L'<i>anima mia</i> 5 e 10).",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT TANTO DI VALORE,"'tanto <i>valore</i>', con genitivo di quantità, secondo l'uso latino e francese; il <i>valore</i> è il nerbo, la forza vitale: forza vitale che quasi sempre vien meno, nella poesia stilnovista, come riflesso di una passione estenuante (cfr. Dante, <i>Sì lungiamente</i> 5; Cavalcanti, L'<i>anima mia</i> 5 e 10).",L'anima mia versi 5 e 10,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/L_anima_mia,L'anima mia vilment' è sbigotita,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK LUNGAMENTE,"'a lungo'. È uno dei luoghi comuni della lirica cortese: l'attesa a cui Amore e la donna costringono l'amante è troppo lunga (Dante, <i>Sì lungiamente m</i>'<i>ha tenuto Amore</i>), e l'amante non può pazientare ancora (così in questo passo e, per esempio, in Dante da Maiano, <i>Rimembrivi oramai</i> 2)",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT LUNGAMENTE,"'a lungo'. È uno dei luoghi comuni della lirica cortese: l'attesa a cui Amore e la donna costringono l'amante è troppo lunga (Dante, <i>Sì lungiamente m</i>'<i>ha tenuto Amore</i>), e l'amante non può pazientare ancora (così in questo passo e, per esempio, in Dante da Maiano, <i>Rimembrivi oramai</i> 2)",Rimembrivi oramai verso 2,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Rimembrivi_oramai,Rimembrivi oramai del greve ardore,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PIACCIAVI MANDAR,"formula di cortesia consueta nell'epistolografia e nel dialogo più retoricamente atteggiato (ma anche nell'omiletica: cfr. Laudario di Santa Maria della Scala XVIII 5 Piacciati, bel Gesù, d'alluminare); ha il senso di 'vi prego di, siate così cortese da', come in <i>Pg</i> I 70 Or ti piaccia gradir la sua venuta",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/2921,CONCEPT PIACCIAVI MANDAR,"formula di cortesia consueta nell'epistolografia e nel dialogo più retoricamente atteggiato (ma anche nell'omiletica: cfr. Laudario di Santa Maria della Scala XVIII 5 Piacciati, bel Gesù, d'alluminare); ha il senso di 'vi prego di, siate così cortese da', come in <i>Pg</i> I 70 Or ti piaccia gradir la sua venuta","Laudario di Santa Maria della Scala XVIII 5 Piacciati, bel Gesù, d'alluminare",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Laudario_Santa_Maria_della_Scala,Laudario di Santa Maria della Scala,,,http://purl.org/bncf/tid/18842,WORK SOL ... ATTENDE,"il soccorso può venire solo dall'amata, secondo un'idea già trobadorica: cfr. Folchetto di Marsiglia, <i>Tant m</i>'<i>abellis l</i>'<i>amoros pessamens</i> 14-5 si de lieis cui desire / non ai socors, ni d'aillor no l'aten; Gaucelm Faidit, Anc no·m parti de solatz ni de chan 22-3 Autre socors non aten ni deman / mas sol de lieis, s'ieu aver lo pogues","Tant m'abellis l'amoros pessamens versi14-15 si de lieis cui desire / non ai socors, ni d'aillor no l'aten",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tan_m_abellis,Tan m'abellis l'amoros pensamen,Folchetto di Marsiglia,http://dbpedia.org/resource/Folquet_de_Marselha,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK SOL ... ATTENDE,"il soccorso può venire solo dall'amata, secondo un'idea già trobadorica: cfr. Folchetto di Marsiglia, <i>Tant m</i>'<i>abellis l</i>'<i>amoros pessamens</i> 14-5 si de lieis cui desire / non ai socors, ni d'aillor no l'aten; Gaucelm Faidit, Anc no·m parti de solatz ni de chan 22-3 Autre socors non aten ni deman / mas sol de lieis, s'ieu aver lo pogues","Anc no·m parti de solatz ni de chan versi 22-23 «Autre socors non aten ni deman / mas sol de lieis, s'ieu aver lo pogues»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Anc_no_m_parti_de_solatz,Anc no⋅m parti de solatz ni de chan,Gaucelm Faidit,http://dbpedia.org/resource/Gaucelm_Faidit,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK BUON ... DIFENDE,"il signore, soccorrendo il vassallo, fa il proprio interesse, difende il proprio onore. Similitudine ""feudale"" molto diffusa, comprensibilmente, fra i trovatori: cfr. per esempio Peire Ramon de Tolosa, <i>De fin</i>'<i>amor son tuit mei pessamen</i> 35-6 pero qant homs als <i>seus secor</i> e val, / bella domna, fai son pro veramen; Rigaut de Berbezilh, <i>Ben volria saber d</i>'<i>Amor</i> 9-12 Ia aten hom d'alcun seingnor, / cui hom serv de cor lialmen, / quan locs ni aizes lo·il consen, / de far ben a son servidor (e in generale cfr. gli esempi di ingratitudine citati da Cnyrim 1888, nn. 224-40). Ma la similitudine resta vitale anche tra gli italiani, pur in un tutto diverso contesto sociale: cfr. Rinaldo d'Aquino, In gioi mi tegno tutta la mia pena 19-21 [Amore] non mente a quelli che son suoi, / anti li dona gioi, / come fa buon segnore a suo servente","De fin'amor son tuit mei pessamen versi 35-36 pero qant homs als seus secor e val, / bella domna, fai son pro veramen",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_fin_amor_son_tuit_mei_pessamen,De fin'amor son tuit mei pessamen,Peire Ramon de Tolosa,http://dbpedia.org/resource/Peire_Raimon_de_Tolosa,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK BUON ... DIFENDE,"il signore, soccorrendo il vassallo, fa il proprio interesse, difende il proprio onore. Similitudine ""feudale"" molto diffusa, comprensibilmente, fra i trovatori: cfr. per esempio Peire Ramon de Tolosa, <i>De fin</i>'<i>amor son tuit mei pessamen</i> 35-6 pero qant homs als <i>seus secor</i> e val, / bella domna, fai son pro veramen; Rigaut de Berbezilh, <i>Ben volria saber d</i>'<i>Amor</i> 9-12 Ia aten hom d'alcun seingnor, / cui hom serv de cor lialmen, / quan locs ni aizes lo·il consen, / de far ben a son servidor (e in generale cfr. gli esempi di ingratitudine citati da Cnyrim 1888, nn. 224-40). Ma la similitudine resta vitale anche tra gli italiani, pur in un tutto diverso contesto sociale: cfr. Rinaldo d'Aquino, In gioi mi tegno tutta la mia pena 19-21 [Amore] non mente a quelli che son suoi, / anti li dona gioi, / come fa buon segnore a suo servente","Ben volria saber d'Amor versi 9-12 Ia aten hom d'alcun seingnor, / cui hom serv de cor lialmen, / quan locs ni aizes lo·il consen, / de far ben a son servidor",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ben_volria_saber_d_Amor,Ben volria saber d'Amor,Rigaut de Berbezilh,http://dbpedia.org/resource/Rigaut_de_Berbezilh,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK BUON ... DIFENDE,"il signore, soccorrendo il vassallo, fa il proprio interesse, difende il proprio onore. Similitudine ""feudale"" molto diffusa, comprensibilmente, fra i trovatori: cfr. per esempio Peire Ramon de Tolosa, <i>De fin</i>'<i>amor son tuit mei pessamen</i> 35-6 pero qant homs als <i>seus secor</i> e val, / bella domna, fai son pro veramen; Rigaut de Berbezilh, <i>Ben volria saber d</i>'<i>Amor</i> 9-12 Ia aten hom d'alcun seingnor, / cui hom serv de cor lialmen, / quan locs ni aizes lo·il consen, / de far ben a son servidor (e in generale cfr. gli esempi di ingratitudine citati da Cnyrim 1888, nn. 224-40). Ma la similitudine resta vitale anche tra gli italiani, pur in un tutto diverso contesto sociale: cfr. Rinaldo d'Aquino, In gioi mi tegno tutta la mia pena 19-21 [Amore] non mente a quelli che son suoi, / anti li dona gioi, / come fa buon segnore a suo servente","In gioi mi tegno tutta la mia pena versi 19-21 [Amore] non mente a quelli che son suoi, / anti li dona gioi, / come fa buon segnore a suo servente",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/In_gioi_mi_tegno_tutta_la_mia_pena,In gioi mi tegno tut[t]a la mia pena,Rinaldo d'Aquino,http://it.dbpedia.org/resource/Rinaldo_d'Aquino,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK ONOR,"troppo acuta la spiegazione di <i>Contini</i>: <i>onore</i> nel senso feudale (e provenzale) di 'possesso, giurisdizione'; sarà più semplicemente 'il buon nome, la dignità', come conferma il confronto con un passo degli <i>Esordii di varie maniere</i> citato da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: Vituperio sempiternale sarà al segnore se per la ingiuria de' suoi subditi non si muove a l'arme ... Lo segnore riceve dispregio nella ingiuria de' vassalli se lle sue mani se stancano de fare vendetta.",Vituperio sempiternale sarà al segnore se per la ingiuria de' suoi subditi non si muove a l'arme ... Lo segnore riceve dispregio nella ingiuria de' vassalli se lle sue mani se stancano de fare vendetta,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Esordii_di_varie_maniere,Esordii di varie maniere,,,http://purl.org/bncf/tid/23856,WORK E CERTO,"per questa formula asseverativa cfr. Guido delle Colonne, <i>Amor, che lungiamente m'hai menato</i> 22-3 ""E certo no gli è troppo disinore / quand'omo è vinto""","Amor, che lungiamente m'hai menato versi 22-23 E certo no gli è troppo disinore / quand'omo è vinto",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Amor_che_lungiamente,"Amor, che lungiamente m'hai menato",Guido delle Colonne,http://dbpedia.org/resource/Guido_delle_Colonne,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK LA SUA ... INCENDE,"il dolore del cuore brucia (lat. <i>incendere</i>), secondo una metafora trita (cfr. Giacomo da Lentini, <i>Meravigliosamente</i> 28 al cor m'ard'una doglia).",Meravigliosamente verso 28 al cor m'ard'una doglia,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Meravigliosamente,Meravigliosamente,Giacomo da Lentini,http://dbpedia.org/resource/Giacomo_da_Lentini,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK LÀ ... SÈTE,"'siete dipinta là dentro'. L'immagine della donna dipinta nel cuore è, come si è accennato, una delle più frequenti nella lirica antica. Quanto ai trovatori, cfr. per esempio Bernart de Ventadorn, <i>Lancan folhon bosc e jarric</i> 39-40 e port el cor, on que m'estei, / sa beutat e sa fachura, o Folchetto, <i>Tan mou de cortesa razo</i> 41 qu'inz el cor remir sa faisso (e in generale Meneghetti 1984, pp. 173-4). Quanto agli italiani, il <i>topos</i> ricorre decine di volte a partire da Giacomo da Lentini (<i>Meravigliosamente</i> 10-1 In cor par ch'eo vi porti, / pinta come parete), sicché i rimandi sono superflui (elenchi di Menichetti 1965 in nota a Chiaro, D'<i>un</i>'<i>amorosa voglia mi convene</i> 11, Bettarini 1969a in nota a Dante da Maiano, <i>Di voi mi stringe tanto lo desire</i> 13 che 'n cor vi porto pinta tuttavia); ma si vedano in particolare questi versi di Cino e del <i>Detto</i> d'<i>Amore</i> in cui, come nel nostro passo, è <i>Amore</i> stesso a dipingere l'amata nel cuore: Cino, <i>Signor, e</i>' <i>non passò mai peregrino</i> 9-10 [<i>Amore</i>] coll'altra [mano] nella mia mente pinge, / a simil di piacer sì bella foggia; <i>Detto</i> 256-9 M'Amor l'à sì punto / nella mia mente pinta, / ch'i' la mi veggio pinta / nel cor. Circa la matrice religiosa dell'immagine (la figura nel cuore è quella della Madonna e di Gesù) cfr. Mancini 1988, pp. 68-9 e, per esempio, Giovanni di Ford: ut quasi auream nobis fabricemus in corde nostro imaginem sponsi tui (citato da Lazzerini 2001, p. 135 nota 4).","Lancan folhon bosc e jarric 39-40 e port el cor, on que m'estei, / sa beutat e sa fachura",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lancan_folhon_bosc_e_jarric,Lancan folhon bosc e jarric,Bernart de Ventadorn,http://dbpedia.org/resource/Bernart_de_Ventadorn,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK LÀ ... SÈTE,"'siete dipinta là dentro'. L'immagine della donna dipinta nel cuore è, come si è accennato, una delle più frequenti nella lirica antica. Quanto ai trovatori, cfr. per esempio Bernart de Ventadorn, <i>Lancan folhon bosc e jarric</i> 39-40 e port el cor, on que m'estei, / sa beutat e sa fachura, o Folchetto, <i>Tan mou de cortesa razo</i> 41 qu'inz el cor remir sa faisso (e in generale Meneghetti 1984, pp. 173-4). Quanto agli italiani, il <i>topos</i> ricorre decine di volte a partire da Giacomo da Lentini (<i>Meravigliosamente</i> 10-1 In cor par ch'eo vi porti, / pinta come parete), sicché i rimandi sono superflui (elenchi di Menichetti 1965 in nota a Chiaro, D'<i>un</i>'<i>amorosa voglia mi convene</i> 11, Bettarini 1969a in nota a Dante da Maiano, <i>Di voi mi stringe tanto lo desire</i> 13 che 'n cor vi porto pinta tuttavia); ma si vedano in particolare questi versi di Cino e del <i>Detto</i> d'<i>Amore</i> in cui, come nel nostro passo, è <i>Amore</i> stesso a dipingere l'amata nel cuore: Cino, <i>Signor, e</i>' <i>non passò mai peregrino</i> 9-10 [<i>Amore</i>] coll'altra [mano] nella mia mente pinge, / a simil di piacer sì bella foggia; <i>Detto</i> 256-9 M'Amor l'à sì punto / nella mia mente pinta, / ch'i' la mi veggio pinta / nel cor. Circa la matrice religiosa dell'immagine (la figura nel cuore è quella della Madonna e di Gesù) cfr. Mancini 1988, pp. 68-9 e, per esempio, Giovanni di Ford: ut quasi auream nobis fabricemus in corde nostro imaginem sponsi tui (citato da Lazzerini 2001, p. 135 nota 4).",Tan mou de cortesa razo verso 41 qu'inz el cor remir sa faisso,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tan_mou_de_corteza_razo,Tan mou de cortesa razo,Folchetto di Marsiglia,http://dbpedia.org/resource/Folquet_de_Marselha,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK LÀ ... SÈTE,"'siete dipinta là dentro'. L'immagine della donna dipinta nel cuore è, come si è accennato, una delle più frequenti nella lirica antica. Quanto ai trovatori, cfr. per esempio Bernart de Ventadorn, <i>Lancan folhon bosc e jarric</i> 39-40 e port el cor, on que m'estei, / sa beutat e sa fachura, o Folchetto, <i>Tan mou de cortesa razo</i> 41 qu'inz el cor remir sa faisso (e in generale Meneghetti 1984, pp. 173-4). Quanto agli italiani, il <i>topos</i> ricorre decine di volte a partire da Giacomo da Lentini (<i>Meravigliosamente</i> 10-1 In cor par ch'eo vi porti, / pinta come parete), sicché i rimandi sono superflui (elenchi di Menichetti 1965 in nota a Chiaro, D'<i>un</i>'<i>amorosa voglia mi convene</i> 11, Bettarini 1969a in nota a Dante da Maiano, <i>Di voi mi stringe tanto lo desire</i> 13 che 'n cor vi porto pinta tuttavia); ma si vedano in particolare questi versi di Cino e del <i>Detto</i> d'<i>Amore</i> in cui, come nel nostro passo, è <i>Amore</i> stesso a dipingere l'amata nel cuore: Cino, <i>Signor, e</i>' <i>non passò mai peregrino</i> 9-10 [<i>Amore</i>] coll'altra [mano] nella mia mente pinge, / a simil di piacer sì bella foggia; <i>Detto</i> 256-9 M'Amor l'à sì punto / nella mia mente pinta, / ch'i' la mi veggio pinta / nel cor. Circa la matrice religiosa dell'immagine (la figura nel cuore è quella della Madonna e di Gesù) cfr. Mancini 1988, pp. 68-9 e, per esempio, Giovanni di Ford: ut quasi auream nobis fabricemus in corde nostro imaginem sponsi tui (citato da Lazzerini 2001, p. 135 nota 4).","Meravigliosamente versi 10-11 In cor par ch'eo vi porti, / pinta come parete",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Meravigliosamente,Meravigliosamente,Giacomo da Lentini,http://dbpedia.org/resource/Giacomo_da_Lentini,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK LÀ ... SÈTE,"'siete dipinta là dentro'. L'immagine della donna dipinta nel cuore è, come si è accennato, una delle più frequenti nella lirica antica. Quanto ai trovatori, cfr. per esempio Bernart de Ventadorn, <i>Lancan folhon bosc e jarric</i> 39-40 e port el cor, on que m'estei, / sa beutat e sa fachura, o Folchetto, <i>Tan mou de cortesa razo</i> 41 qu'inz el cor remir sa faisso (e in generale Meneghetti 1984, pp. 173-4). Quanto agli italiani, il <i>topos</i> ricorre decine di volte a partire da Giacomo da Lentini (<i>Meravigliosamente</i> 10-1 In cor par ch'eo vi porti, / pinta come parete), sicché i rimandi sono superflui (elenchi di Menichetti 1965 in nota a Chiaro, D'<i>un</i>'<i>amorosa voglia mi convene</i> 11, Bettarini 1969a in nota a Dante da Maiano, <i>Di voi mi stringe tanto lo desire</i> 13 che 'n cor vi porto pinta tuttavia); ma si vedano in particolare questi versi di Cino e del <i>Detto</i> d'<i>Amore</i> in cui, come nel nostro passo, è <i>Amore</i> stesso a dipingere l'amata nel cuore: Cino, <i>Signor, e</i>' <i>non passò mai peregrino</i> 9-10 [<i>Amore</i>] coll'altra [mano] nella mia mente pinge, / a simil di piacer sì bella foggia; <i>Detto</i> 256-9 M'Amor l'à sì punto / nella mia mente pinta, / ch'i' la mi veggio pinta / nel cor. Circa la matrice religiosa dell'immagine (la figura nel cuore è quella della Madonna e di Gesù) cfr. Mancini 1988, pp. 68-9 e, per esempio, Giovanni di Ford: ut quasi auream nobis fabricemus in corde nostro imaginem sponsi tui (citato da Lazzerini 2001, p. 135 nota 4).",D'un'amorosa voglia mi convene verso 11,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/D_un_amorosa_voglia,D'un'amorosa voglia mi convene,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK LÀ ... SÈTE,"'siete dipinta là dentro'. L'immagine della donna dipinta nel cuore è, come si è accennato, una delle più frequenti nella lirica antica. Quanto ai trovatori, cfr. per esempio Bernart de Ventadorn, <i>Lancan folhon bosc e jarric</i> 39-40 e port el cor, on que m'estei, / sa beutat e sa fachura, o Folchetto, <i>Tan mou de cortesa razo</i> 41 qu'inz el cor remir sa faisso (e in generale Meneghetti 1984, pp. 173-4). Quanto agli italiani, il <i>topos</i> ricorre decine di volte a partire da Giacomo da Lentini (<i>Meravigliosamente</i> 10-1 In cor par ch'eo vi porti, / pinta come parete), sicché i rimandi sono superflui (elenchi di Menichetti 1965 in nota a Chiaro, D'<i>un</i>'<i>amorosa voglia mi convene</i> 11, Bettarini 1969a in nota a Dante da Maiano, <i>Di voi mi stringe tanto lo desire</i> 13 che 'n cor vi porto pinta tuttavia); ma si vedano in particolare questi versi di Cino e del <i>Detto</i> d'<i>Amore</i> in cui, come nel nostro passo, è <i>Amore</i> stesso a dipingere l'amata nel cuore: Cino, <i>Signor, e</i>' <i>non passò mai peregrino</i> 9-10 [<i>Amore</i>] coll'altra [mano] nella mia mente pinge, / a simil di piacer sì bella foggia; <i>Detto</i> 256-9 M'Amor l'à sì punto / nella mia mente pinta, / ch'i' la mi veggio pinta / nel cor. Circa la matrice religiosa dell'immagine (la figura nel cuore è quella della Madonna e di Gesù) cfr. Mancini 1988, pp. 68-9 e, per esempio, Giovanni di Ford: ut quasi auream nobis fabricemus in corde nostro imaginem sponsi tui (citato da Lazzerini 2001, p. 135 nota 4).",Di voi mi stringe tanto lo desire verso 13 che 'n cor vi porto pinta tuttavia,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Di_voi_mi_stringe_tanto_lo_disire,Di voi mi stringe tanto lo disire,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK LÀ ... SÈTE,"'siete dipinta là dentro'. L'immagine della donna dipinta nel cuore è, come si è accennato, una delle più frequenti nella lirica antica. Quanto ai trovatori, cfr. per esempio Bernart de Ventadorn, <i>Lancan folhon bosc e jarric</i> 39-40 e port el cor, on que m'estei, / sa beutat e sa fachura, o Folchetto, <i>Tan mou de cortesa razo</i> 41 qu'inz el cor remir sa faisso (e in generale Meneghetti 1984, pp. 173-4). Quanto agli italiani, il <i>topos</i> ricorre decine di volte a partire da Giacomo da Lentini (<i>Meravigliosamente</i> 10-1 In cor par ch'eo vi porti, / pinta come parete), sicché i rimandi sono superflui (elenchi di Menichetti 1965 in nota a Chiaro, D'<i>un</i>'<i>amorosa voglia mi convene</i> 11, Bettarini 1969a in nota a Dante da Maiano, <i>Di voi mi stringe tanto lo desire</i> 13 che 'n cor vi porto pinta tuttavia); ma si vedano in particolare questi versi di Cino e del <i>Detto</i> d'<i>Amore</i> in cui, come nel nostro passo, è <i>Amore</i> stesso a dipingere l'amata nel cuore: Cino, <i>Signor, e</i>' <i>non passò mai peregrino</i> 9-10 [<i>Amore</i>] coll'altra [mano] nella mia mente pinge, / a simil di piacer sì bella foggia; <i>Detto</i> 256-9 M'Amor l'à sì punto / nella mia mente pinta, / ch'i' la mi veggio pinta / nel cor. Circa la matrice religiosa dell'immagine (la figura nel cuore è quella della Madonna e di Gesù) cfr. Mancini 1988, pp. 68-9 e, per esempio, Giovanni di Ford: ut quasi auream nobis fabricemus in corde nostro imaginem sponsi tui (citato da Lazzerini 2001, p. 135 nota 4).","Signor, e' non passò mai peregrino versi 9-10 [Amore] coll'altra [mano] nella mia mente pinge, / a simil di piacer sì bella foggia",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Signor_e_non_passo_mai_peregrino,"Signor, e' non passò mai peregrino",Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK LÀ ... SÈTE,"'siete dipinta là dentro'. L'immagine della donna dipinta nel cuore è, come si è accennato, una delle più frequenti nella lirica antica. Quanto ai trovatori, cfr. per esempio Bernart de Ventadorn, <i>Lancan folhon bosc e jarric</i> 39-40 e port el cor, on que m'estei, / sa beutat e sa fachura, o Folchetto, <i>Tan mou de cortesa razo</i> 41 qu'inz el cor remir sa faisso (e in generale Meneghetti 1984, pp. 173-4). Quanto agli italiani, il <i>topos</i> ricorre decine di volte a partire da Giacomo da Lentini (<i>Meravigliosamente</i> 10-1 In cor par ch'eo vi porti, / pinta come parete), sicché i rimandi sono superflui (elenchi di Menichetti 1965 in nota a Chiaro, D'<i>un</i>'<i>amorosa voglia mi convene</i> 11, Bettarini 1969a in nota a Dante da Maiano, <i>Di voi mi stringe tanto lo desire</i> 13 che 'n cor vi porto pinta tuttavia); ma si vedano in particolare questi versi di Cino e del <i>Detto</i> d'<i>Amore</i> in cui, come nel nostro passo, è <i>Amore</i> stesso a dipingere l'amata nel cuore: Cino, <i>Signor, e</i>' <i>non passò mai peregrino</i> 9-10 [<i>Amore</i>] coll'altra [mano] nella mia mente pinge, / a simil di piacer sì bella foggia; <i>Detto</i> 256-9 M'Amor l'à sì punto / nella mia mente pinta, / ch'i' la mi veggio pinta / nel cor. Circa la matrice religiosa dell'immagine (la figura nel cuore è quella della Madonna e di Gesù) cfr. Mancini 1988, pp. 68-9 e, per esempio, Giovanni di Ford: ut quasi auream nobis fabricemus in corde nostro imaginem sponsi tui (citato da Lazzerini 2001, p. 135 nota 4).","Detto versi 256-259 M'Amor l'à sì punto / nella mia mente pinta, / ch'i' la mi veggio pinta / nel cor",CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/resource/Detto_d'Amore,Detto d'Amore,Dante Alighieri,http://dbpedia.org/resource/Dante_Alighieri,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK LÀ ... SÈTE,"'siete dipinta là dentro'. L'immagine della donna dipinta nel cuore è, come si è accennato, una delle più frequenti nella lirica antica. Quanto ai trovatori, cfr. per esempio Bernart de Ventadorn, <i>Lancan folhon bosc e jarric</i> 39-40 e port el cor, on que m'estei, / sa beutat e sa fachura, o Folchetto, <i>Tan mou de cortesa razo</i> 41 qu'inz el cor remir sa faisso (e in generale Meneghetti 1984, pp. 173-4). Quanto agli italiani, il <i>topos</i> ricorre decine di volte a partire da Giacomo da Lentini (<i>Meravigliosamente</i> 10-1 In cor par ch'eo vi porti, / pinta come parete), sicché i rimandi sono superflui (elenchi di Menichetti 1965 in nota a Chiaro, D'<i>un</i>'<i>amorosa voglia mi convene</i> 11, Bettarini 1969a in nota a Dante da Maiano, <i>Di voi mi stringe tanto lo desire</i> 13 che 'n cor vi porto pinta tuttavia); ma si vedano in particolare questi versi di Cino e del <i>Detto</i> d'<i>Amore</i> in cui, come nel nostro passo, è <i>Amore</i> stesso a dipingere l'amata nel cuore: Cino, <i>Signor, e</i>' <i>non passò mai peregrino</i> 9-10 [<i>Amore</i>] coll'altra [mano] nella mia mente pinge, / a simil di piacer sì bella foggia; <i>Detto</i> 256-9 M'Amor l'à sì punto / nella mia mente pinta, / ch'i' la mi veggio pinta / nel cor. Circa la matrice religiosa dell'immagine (la figura nel cuore è quella della Madonna e di Gesù) cfr. Mancini 1988, pp. 68-9 e, per esempio, Giovanni di Ford: ut quasi auream nobis fabricemus in corde nostro imaginem sponsi tui (citato da Lazzerini 2001, p. 135 nota 4).","""ut quasi auream nobis fabricemus in corde nostro imaginem sponsi tui"" Super extremam partem Cantici canticorum sermones CXX, sermo 11",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Cantici_canticorum_sermones,Super extremam partem Cantici canticorum sermones CXX,Giovanni di Ford,http://dbpedia.org/resource/John_of_Ford,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/esegesi_biblica_vecchio_testamento,WORK PER ... CARI,"'ci ama di più perché siamo fatti a sua immagine': <i>agudeza</i> che eguaglia la metaforica immagine della donna nel cuore e l'idea che l'uomo sia stato creato a immagine di Dio (<i>Gn</i> 1, 27 Et creavit Deus hominem ad imaginem suam)","Gn 1, 27 Et creavit Deus hominem ad imaginem suam",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Book_of_Genesis,Genesi,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK SE DIR VOLESTE,"Dante immagina le parole della donna, ovvero, come si fa in una lettera, precorre le sue obiezioni; lo stesso procedimento per esempio in Berenguer de Palol, <i>Bona dona, cuy ricx pretz fai valer</i> 17 ""E si de vos dizetz que·m dezesper""","Bona dona, cuy ricx pretz fai valer verso 17 E si de vos dizetz que·m dezesper",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Bona_dona,"Bona dona, cuy ricx pretz fai valer",Berenguier de Palazol,http://dbpedia.org/resource/Berenguier_de_Palazol,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK SAPPIATE CHE,"posto che la canzone simula di essere un messaggio scritto direttamente all'amata, non stupisce che il poeta adoperi giri di frase che sono consueti nelle lettere in prosa (in questa classe ricadrà per esempio l'inciso come avete inteso del v. 55): <i>sappiate che</i> va dunque accostato a formule fisse come <i>cointo vi sia</i> o <i>anco sapiate</i> e simili (cfr. Castellani 1982, pp. 196 e 201). Ma appunto, la poesia come tenzone tacita si è appropriata di questi moduli, ed ecco alcuni versi vicinissimi a questi di Dante sia dal punto di vista retorico sia dal punto di vista del contenuto: Nova danza più fina 27-31 Immantenente mi mandate / di voi asicurando / ca, se tropo vi tardirete, / amor vostro lepando, / sacciate ben mi perderete! (ed. <i>PSS</i>, III, p. 1131); e fra i trovatori cfr. Cercamon, Ab lo temps qe fai refreschar 44-5 e sapchas ... / qu'eu non puesc lonjamen estar (ed. Tortoreto 1981)","Nova danza più fina versi 27-31 Immantenente mi mandate / di voi asicurando / ca, se tropo vi tardirete, / amor vostro lepando, / sacciate ben mi perderete!",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Nova_danza_piu_fina,Nova danza più fina,,,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK SAPPIATE CHE,"posto che la canzone simula di essere un messaggio scritto direttamente all'amata, non stupisce che il poeta adoperi giri di frase che sono consueti nelle lettere in prosa (in questa classe ricadrà per esempio l'inciso come avete inteso del v. 55): <i>sappiate che</i> va dunque accostato a formule fisse come <i>cointo vi sia</i> o <i>anco sapiate</i> e simili (cfr. Castellani 1982, pp. 196 e 201). Ma appunto, la poesia come tenzone tacita si è appropriata di questi moduli, ed ecco alcuni versi vicinissimi a questi di Dante sia dal punto di vista retorico sia dal punto di vista del contenuto: Nova danza più fina 27-31 Immantenente mi mandate / di voi asicurando / ca, se tropo vi tardirete, / amor vostro lepando, / sacciate ben mi perderete! (ed. <i>PSS</i>, III, p. 1131); e fra i trovatori cfr. Cercamon, Ab lo temps qe fai refreschar 44-5 e sapchas ... / qu'eu non puesc lonjamen estar (ed. Tortoreto 1981)",Ab lo temps qe fai refreschar versi 44-45 e sapchas ... / qu'eu non puesc lonjamen estar,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ab_lo_temps_qe_fai_refreschar,Ab lo temps qe fai refreschar,Cercamon,http://dbpedia.org/resource/Cercamon,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK L'ATTENDER IO NON POSSO,"il soccorso non può tardare, altrimenti l'amante morirà: cfr. Bonagiunta, S'<i>eo sono innamorato e duro pene</i> 21-3 E se tardate più, saciate eo pèro, / tant'ho nel core affanno, pena e vita: / non pò, se non da voi, esser sanato; e in generale su questo <i>topos</i> cfr. il repertorio di Cnyrim 1888, nn. 476-83","S'eo sono innamorato e duro pene versi 21-23 E se tardate più, saciate eo pèro, / tant'ho nel core affanno, pena e vita: / non pò, se non da voi, esser sanato",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/S_eo_sono_innamorato_e_duro_pene,S'eo sono innamorato e duro pene,Bonagiunta Orbicciani,http://dbpedia.org/resource/Bonagiunta_Orbicciani,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK TUTTI ... PROVI,"'l'uomo deve (<i>de</i>', con apocope sillabica) sostenere su di sé (<i>adosso</i>) ogni peso (carchi 'some') sino a quello che può ucciderlo, prima di mettere alla prova il suo migliore amico'; è la triste saggezza contenuta ad esempio in questo proverbio: ""Chi è misero e mendico, provi tutti e poi l'amico"" (Giusti – Capponi 2001, <i>ad indicem</i>).","""Chi è misero e mendico, provi tutti e poi l'amico""",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Chi_e_misero_e_mendico,"Chi è misero e mendico, provi tutti e poi l'amico",,,http://purl.org/bncf/tid/2665,WORK E VOI ... AMO,"avvio simile a Guinizelli, <i>Madonna, il fino amor</i> 56-7 Ma voi pur sète quella / che possedete i monti del valore (De Robertis)","Madonna, il fino amor versi 56-57 Ma voi pur sète quella / che possedete i monti del valore",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Madonna_l_fino_amore,"Madonna, 'l fino amore",Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PER VOI SERVIR,"con la forma tonica del pronome tra la preposizione e l'infinito, come si trova nella sintassi antica sia in provenzale (cfr. Jensen 1994, §§ 225 e 839: de liey servir sui volontos) sia in italiano (<i>Fiore</i> V 5 E solo a lui servir la mia credenza; <i>Io sento sì</i> 27 che sol per lei servir mi tegno caro; e cfr. Rohlfs § 470). Per quest'iperbole di dedizione ('voglio vivere solo per servirvi') cfr. per esempio Arnaut de Mareuil, <i>Aissi cum cel c</i>'<i>am</i>'e non es amaz 12-4 per qu'eu me soi, del tot a vos donaz, / bona dona, que d'al non ai talan / mas de servir vostre cors benestan e Chiaro, Lo '<i>namorato core</i> 57-8 ca sol per voi servire / voria valer, più che per mia piagenza. 44-5",de liey servir sui volontos verso 37,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Al_plus_leu_qu_ieu_sai_far_chansos,Al plus leu qu'ieu sai far chansos,Guillem de Cabestany,http://dbpedia.org/resource/Guillem_de_Cabestany,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PER VOI SERVIR,"con la forma tonica del pronome tra la preposizione e l'infinito, come si trova nella sintassi antica sia in provenzale (cfr. Jensen 1994, §§ 225 e 839: de liey servir sui volontos) sia in italiano (<i>Fiore</i> V 5 E solo a lui servir la mia credenza; <i>Io sento sì</i> 27 che sol per lei servir mi tegno caro; e cfr. Rohlfs § 470). Per quest'iperbole di dedizione ('voglio vivere solo per servirvi') cfr. per esempio Arnaut de Mareuil, <i>Aissi cum cel c</i>'<i>am</i>'e non es amaz 12-4 per qu'eu me soi, del tot a vos donaz, / bona dona, que d'al non ai talan / mas de servir vostre cors benestan e Chiaro, Lo '<i>namorato core</i> 57-8 ca sol per voi servire / voria valer, più che per mia piagenza. 44-5","Aissi cum cel c'am'e non es amaz versi 12-14 per qu'eu me soi, del tot a vos donaz, / bona dona, que d'al non ai talan / mas de servir vostre cors benestan",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Aissi_cum_cel_c_am_e_non_es_amaz,Aissi cum cel c'am'e non es amaz,Arnaut de Mareuil,http://dbpedia.org/resource/Arnaut_de_Mareuil,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PER VOI SERVIR,"con la forma tonica del pronome tra la preposizione e l'infinito, come si trova nella sintassi antica sia in provenzale (cfr. Jensen 1994, §§ 225 e 839: de liey servir sui volontos) sia in italiano (<i>Fiore</i> V 5 E solo a lui servir la mia credenza; <i>Io sento sì</i> 27 che sol per lei servir mi tegno caro; e cfr. Rohlfs § 470). Per quest'iperbole di dedizione ('voglio vivere solo per servirvi') cfr. per esempio Arnaut de Mareuil, <i>Aissi cum cel c</i>'<i>am</i>'e non es amaz 12-4 per qu'eu me soi, del tot a vos donaz, / bona dona, que d'al non ai talan / mas de servir vostre cors benestan e Chiaro, Lo '<i>namorato core</i> 57-8 ca sol per voi servire / voria valer, più che per mia piagenza. 44-5","Lo 'namorato core versi 57-58 ca sol per voi servire / voria valer, più che per mia piagenza",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lo_namorato_core,Lo 'namorato core,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK QUELLE COSE ... VOGLIO,"tipico che l'appello alla donna venga presentato come richiesta di cose lecite e onorevoli; cfr. fra i trovatori Guiraut d'Espanha, S'<i>ieu en pascor non chantava</i> 50 ni non vuelh ren don sos pretz valgues mens; in Italia, Lupo degli Uberti, <i>Movo canto amoroso novamente</i> 22-4 dira'le tosto tosto che non m'attalenta / altro che solo ciò che a·llei contenta: / e quanto vuol, vogl'eo similemente e Guittone, <i>Amor tanto altamente</i> 83-4 che 'n nulla cosa / che lei non sia gioiosa e' non so' vago",S'ieu en pascor non chantava verso 50 ni non vuelh ren don sos pretz valgues mens,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/S_ieu_en_pascor_non_chantava,S'ieu en pascor non chantava,Guiraut de Tholoza,http://it.dbpedia.org/resource/Guiraut_de_Tholoza,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK QUELLE COSE ... VOGLIO,"tipico che l'appello alla donna venga presentato come richiesta di cose lecite e onorevoli; cfr. fra i trovatori Guiraut d'Espanha, S'<i>ieu en pascor non chantava</i> 50 ni non vuelh ren don sos pretz valgues mens; in Italia, Lupo degli Uberti, <i>Movo canto amoroso novamente</i> 22-4 dira'le tosto tosto che non m'attalenta / altro che solo ciò che a·llei contenta: / e quanto vuol, vogl'eo similemente e Guittone, <i>Amor tanto altamente</i> 83-4 che 'n nulla cosa / che lei non sia gioiosa e' non so' vago","Movo canto amoroso novamente 22-4 dira'le tosto tosto che non m'attalenta / altro che solo ciò che a·llei contenta: / e quanto vuol, vogl'eo similemente",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Movo_canto_amoroso_novamente,Movo canto amoroso novamente,Lupo degli Uberti,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lupo_degli_Uberti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK QUELLE COSE ... VOGLIO,"tipico che l'appello alla donna venga presentato come richiesta di cose lecite e onorevoli; cfr. fra i trovatori Guiraut d'Espanha, S'<i>ieu en pascor non chantava</i> 50 ni non vuelh ren don sos pretz valgues mens; in Italia, Lupo degli Uberti, <i>Movo canto amoroso novamente</i> 22-4 dira'le tosto tosto che non m'attalenta / altro che solo ciò che a·llei contenta: / e quanto vuol, vogl'eo similemente e Guittone, <i>Amor tanto altamente</i> 83-4 che 'n nulla cosa / che lei non sia gioiosa e' non so' vago",Amor tanto altamente versi 83-84 che 'n nulla cosa / che lei non sia gioiosa e' non so' vago,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Amor_tanto_altamente,Amor tanto altamente,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK DARMI ... OSA,"cfr. Raimon de Castelnou, <i>De servir bon senhor</i> 16 qu'elha·m pot ben donar so qu'ieu non ay (ed. Giannetti 1988)",De servir bon senhor verso16 qu'elha·m pot ben donar so qu'ieu non ay,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_servir_bon_senhor,De servir bon senhor,Raimon de Castelnou,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Raimon_de_Castelnou,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK UMANO,"'benevolo': cfr. Marcabru, L'<i>autrier</i> 35 Si fossetz un pauc humana!; Federico II, <i>Poich</i>'<i>a voi piace, Amore</i> 39-40 La vostra ciera umana / mi dà conforto e facemi alegrare.",L'autrier verso 35 Si fossetz un pauc humana!,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/L_autrier_jost_una_sebissa,L'autrier jost' una sebissa,Marcabru,http://dbpedia.org/resource/Marcabru,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK UMANO,"'benevolo': cfr. Marcabru, L'<i>autrier</i> 35 Si fossetz un pauc humana!; Federico II, <i>Poich</i>'<i>a voi piace, Amore</i> 39-40 La vostra ciera umana / mi dà conforto e facemi alegrare.","Poich'a voi piace, Amore verso 39-40 La vostra ciera umana / mi dà conforto e facemi alegrare",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Poich_a_voi_piace_Amore,"Poich'a voi piace, Amore",Federico II di Svevia,"http://dbpedia.org/resource/Frederick_II,_Holy_Roman_Emperor",http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK DUNQUE ... MOVA,"conclusione riassuntiva su <i>dunque</i>, come non sconviene a una poesia-lettera, e implorazione: col <i>dunque</i> collega (piuttosto discorsivamente che poeticamente) ciò che ha detto con quello che chiede (Barbi – Maggini). Per l'attacco cfr. Paganino da Sarzana, Contra lo meo volere (L 073) 46-7 Dunqua vostro valore / e mercede mi vaglia (De Robertis); per la richiesta del saluto cfr. Arnaut de Mareuil, Domna, gencer que non sai dir 205-6 Sie·us play, rendetz me ma salut, / pus Amors m'a per vos vencut",Contra lo meo volere (L 073) verso 46-47 Dunqua vostro valore / e mercede mi vaglia,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Contra_lo_meo_volere,Contra lo meo volere,Paganino da Sarzana,http://it.dbpedia.org/page/Paganino_da_Serzana,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK DUNQUE ... MOVA,"conclusione riassuntiva su <i>dunque</i>, come non sconviene a una poesia-lettera, e implorazione: col <i>dunque</i> collega (piuttosto discorsivamente che poeticamente) ciò che ha detto con quello che chiede (Barbi – Maggini). Per l'attacco cfr. Paganino da Sarzana, Contra lo meo volere (L 073) 46-7 Dunqua vostro valore / e mercede mi vaglia (De Robertis); per la richiesta del saluto cfr. Arnaut de Mareuil, Domna, gencer que non sai dir 205-6 Sie·us play, rendetz me ma salut, / pus Amors m'a per vos vencut","Domna, gencer que non sai dir 205-6 Sie·us play, rendetz me ma salut, / pus Amors m'a per vos vencut",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Domna_genser_qu_eu_no_sai_dir,"Domna, genser qu'eu no sai dir",Arnaut de Mareuil,http://dbpedia.org/resource/Arnaut_de_Mareuil,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK DENTRO AL COR,"obiettivo del <i>saluto</i> è il cuore dell'amante, come in Bernardo da Bologna, <i>A quella amorosetta foresella</i> 1-2 <i>A quella amorosetta foresella</i> / passò sì 'l core la vostra salute.",A quella amorosetta foresella versi 1-2 A quella amorosetta foresella / passò sì 'l core la vostra salute,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/A_quella_amorosetta_foresella,A quella amorosetta foresella,Bernardo da Bologna,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Bernardo_da_Bologna,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK CANZONE ... VAI,"'Canzone, fa' in fretta, prendi la via breve, non attardarti: sai infatti che c'è ancora poco tempo perché ciò per cui tu vai, l'obiettivo della tua missione (la salvezza della vita, il soccorso) possa realizzarsi'. La canzone, che presenta la richiesta di soccorso, deve affrettarsi nell'andare dalla donna amata, perché la vita del poeta è agli sgoccioli, e la <i>salute</i> rischia di arrivare troppo tardi: idea scontata, che si trova per esempio anche nel congedo dell'anonima trecentesca <i>Subbitamente Amor, con la sua fiaccola</i> 71-5 die [alla donna] che 'l tardato don non è laudabile; / e dopo tal notabile, / per ritornare a me ti mette a correre, / che tu sai ben, se stessi lungo termine, / mi troveresti facto escha di vermine (ed. Mignani 1974)","Subbitamente Amor, con la sua fiaccola 71-5 die [alla donna] che 'l tardato don non è laudabile; / e dopo tal notabile, / per ritornare a me ti mette a correre, / che tu sai ben, se stessi lungo termine, / mi troveresti facto escha di vermine",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Subbitamente_Amor_con_la_sua_fiaccola,"Subbitamente Amor, con la sua fiaccola",,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK NON ... MIEI,"come si è osservato nella premessa, il motivo della maledizione contro gli occhi, rei di aver guardato ciò che non dovevano e di aver aperto le porte all'amore, è un <i>topos</i> della poesia amorosa di ogni tempo (Dante lo svolge meglio che altrove nel § XXXVII della <i>Vita Nova</i>): oltre ai passi già citati cfr. per esempio Chrétien de Troyes, <i>Cligès</i>, 475-6 Oeil, vos m'avez traïe! / Par vos m'a mes cuers enhaïe","Cligès, 475-6 Oeil, vos m'avez traïe! / Par vos m'a mes cuers enhaïe",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Cligès,Cligès,Chrétien de Troyes,http://dbpedia.org/resource/Chrétien_de_Troyes,http://purl.org/bncf/tid/3572,WORK SED ELLI / NON S'ACCECASSER,"se la maledizione contro gli occhi è normale nella lirica antica, molto meno lo è il fatto che dalla maledizione si passi all'idea dell'accecamento, e qui è possibile che accanto al <i>cliché</i> lirico riviva la memoria di chi a se stesso tolse gli occhi, Democrito (Petrarca, <i>Triumphus Famae</i> IIa 37), oppure di Edipo (che Dante ricorda in <i>Cv</i> III VIII 10 Onde alcuno già si trasse li occhi, perché la vergogna d'entro non paresse di fuori; sì come dice Stazio poeta del tebano Edipo). Né si deve dimenticare che l'esperienza del fatto era, al tempo di Dante, molto più comune di quanto non sia oggi, posto che, e basta sfogliare le cronache, l'accecare, o abbacinare, era una delle pene inflitte nel Medioevo (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>)",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Thebaid_(Latin_poem),Thebais,Stazio,http://dbpedia.org/resource/Statius,http://purl.org/bncf/tid/21865,WORK DICO BEN,"'dichiaro, assicuro', con <i>ben</i> che rafforza il verbo, come in <i>Com più vi fere Amor</i> 3 <i>ben</i> lo vi protesto, o in Aimeric de Belenoi, <i>Tant es d</i>'<i>amor honratz sos seignoratges</i> 13 e dic vos <i>ben</i>, si la forsa fos mia","ant es d'amor honratz sos seignoratges verso 13 e dic vos ben, si la forsa fos mia",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tant_es_d_amor_honratz,Tant es d'amor honratz sos seignoratges,Aimeric de Belenoi,http://dbpedia.org/resource/Aimeric_de_Belenoi,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK EO STESSO LI UCCIDRÒ,"una conclusione analoga in Onesto, S'<i>io non temesse la Ragione prima</i> 13-4 Eo stesso m'ancidrò, ché non pensava / ch'oscuro le fosse ciò ch'omo vede (De Robertis); la forma sincopata <i>uccidrà</i> si trova per esempio anche in Cino",,CONCORDANZA GENERICA,,,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT EO STESSO LI UCCIDRÒ,"una conclusione analoga in Onesto, S'<i>io non temesse la Ragione prima</i> 13-4 Eo stesso m'ancidrò, ché non pensava / ch'oscuro le fosse ciò ch'omo vede (De Robertis); la forma sincopata <i>uccidrà</i> si trova per esempio anche in Cino","S'io non temesse la Ragione prima versi 13-14 Eo stesso m'ancidrò, ché non pensava / ch'oscuro le fosse ciò ch'omo vede",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/S_io_non_temesse,S'io non temesse la Ragione prima,Onesto degli Onesti,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Onesto_degli_Onesti,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK GUIDO,"è Guido Cavalcanti, come si evince, oltre che dalle rubriche e dal sonetto di risposta riportato sopra, dalla menzione di Vanna al v.",,CONCORDANZA GENERICA,,,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT PRESI PER INCANTAMENTO,"'rapiti per virtù magica': traduce una formula ricorrente nei romanzi arturiani, <i>par enchantement</i> (cfr. <i>AFW</i>, s.v., e Chiamenti 1998a, p. 7 nota 1).",,CONCORDANZA GENERICA,http://dbpedia.org/resource/Matter_of_Britain,Materia di Britannia,,,http://purl.org/bncf/tid/3572,CONCEPT IN UN TALENTO,"è formula già trobadorica per dire 'in concordia, in comunione d'intenti', come le analoghe <i>d'un voler o d'un acordamen</i> (cfr. Minetti 1980, p. 17): per esempio in Giraut de Borneil, <i>Nulha res a chantar no·m falh</i> 17-8 ""car si s'encontron d'un voler / dui fin amic e d'un talan""; o in Enric, <i>Amic Arver, d'una res vos deman</i> 3 ""ce d'un talent e d'un cor son amdus"" (ed. Marshall 1989).",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT IN UN TALENTO,"è formula già trobadorica per dire 'in concordia, in comunione d'intenti', come le analoghe <i>d'un voler o d'un acordamen</i> (cfr. Minetti 1980, p. 17): per esempio in Giraut de Borneil, <i>Nulha res a chantar no·m falh</i> 17-8 ""car si s'encontron d'un voler / dui fin amic e d'un talan""; o in Enric, <i>Amic Arver, d'una res vos deman</i> 3 ""ce d'un talent e d'un cor son amdus"" (ed. Marshall 1989).",Nulha res a chantar no·m falh 17-8 «car si s'encontron d'un voler / dui fin amic e d'un talan»;,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Nulha_res_a_chantar,Nulha res a chantar no·m falh,Giraut de Bornelh,http://dbpedia.org/resource/Giraut_de_Bornelh,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK IN UN TALENTO,"è formula già trobadorica per dire 'in concordia, in comunione d'intenti', come le analoghe <i>d'un voler o d'un acordamen</i> (cfr. Minetti 1980, p. 17): per esempio in Giraut de Borneil, <i>Nulha res a chantar no·m falh</i> 17-8 ""car si s'encontron d'un voler / dui fin amic e d'un talan""; o in Enric, <i>Amic Arver, d'una res vos deman</i> 3 ""ce d'un talent e d'un cor son amdus"" (ed. Marshall 1989).","Amic Arver, d'una res vos deman verso 3 ce d'un talent e d'un cor son amdus",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Amic_Arver,"Amic Arver, d'una res vos deman",Enric,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Enric,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK DI STAR ... DISIO,"perché, come scrive Sallustio nel <i>De coniuratione Catilinae</i> (XX), idem velle atque idem nolle, ea demum firma amicitia est.","De coniuratione Catilinae (XX), idem velle atque idem nolle, ea demum firma amicitia est.",CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/resource/De_Catilinae_coniuratione,De Catilinae coniuratione,Sallustio,http://dbpedia.org/resource/Sallust,http://purl.org/bncf/tid/9645,WORK VANNA,"ipocoristico di Giovanna, la donna amata da Cavalcanti, come risulta dalla prosa della <i>Vn</i> XXIV 3 (io vidi venire verso me una gentile donna, la quale ... fue già molto donna di questo primo mio amico. E lo nome di questa donna era Giovanna), dal sonetto dantesco <i>Io mi senti</i>' <i>svegliar</i> 9 (io vidi monna Vanna e monna Bice), nonché forse – detto in cifra, posto che <i>Giovanezza</i> può ben essere <i>senhal</i> di Giovanna – dal sonetto cavalcantiano Sol per pietà ti prego, <i>Giovanezza</i> (cfr. Giunta 1995, pp. 175-8)",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sol_per_pieta_ti_prego,"Sol per pietà ti prego, Giovanezza",Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK LAGIA,"per simmetria, la donna amata da Lapo, che viene menzionata anche nel sonetto <i>Amore e monna Lagia e Guido ed io</i> e in Cavalcanti, <i>Dante, un sospiro messagger del core</i> 6.","Dante, un sospiro messagger del core 6",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dante_un_sospiro,"Dante, un sospiro messagger del core",Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK QUELLA ... TRENTA,"la perifrasi doveva essere trasparente per il destinatario del sonetto, ma non lo è per noi. Nella <i>Vita Nova</i> (VI 2), Dante narra di aver composto un serventese in cui erano <i>elencate</i> (<i>elencate</i>, non disposte in una classifica dalla più alla meno bella) le sessanta donne più belle di Firenze. E presi li nomi di sessanta le più belle donne de la cittade ove la mia donna fue posta da l'altissimo sire, e compuosi una pistola sotto forma di serventese ... [E] in alcuno altro numero non sofferse lo nome de la mia donna stare, se non in su lo nove, tra li nomi di queste donne. Il numer de le trenta di <i>Guido, i</i>' <i>vorrei</i> sembra essere legato a quell'episodio e a quel serventese, che pure non si è conservato (ma il genere encomiastico e galante cui doveva appartenere ha una sicura consistenza tra Provenza e Italia nei secoli XII e XIII: si pensi al <i>Carros</i> di Raimbaut de Vaqueiras o alla <i>Treva</i> di Guilhelm de la Tor; e propaggini s'incontrano sin nella Firenze del Trecento, in Pucci, Boccaccio, Sacchetti: cfr. Breschi 2004, pp. 102-3). Sul numer de le trenta vorrebbe dire insomma, secondo i commentatori, che la donna che Dante si augura come compagna di navigazione figurava al trentesimo posto in quella lista (e dunque non può essere identificata con Beatrice, che è in su lo nove, in nona posizione). Il fatto che una poesia faccia riferimento a un episodio sul quale il lettore difficilmente può essere informato (chi potrebbe capire questo verso senza conoscere, prima, la <i>Vita Nova</i>?) potrebbe spiegarsi forse con la circostanza che <i>Guido, i</i>' <i>vorrei</i> è un testo di corrispondenza, e nei testi di corrispondenza questo codice ristretto aveva una sua ragion d'essere. Ciò detto, l'espressione non è affatto liquida. Mazzoni1 1941, p. 133, osserva che il numer delle trenta era una maniera normale e consueta allora per dire trenta, e la stessa cosa dicono <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: trattandosi di donne, non poteva dire il poeta ""il numero di trenta donne""? E questo appunto dice ""il numero de le trenta"", secondo un uso comunissimo di metter davanti al numero l'articolo, spesso per un sostantivo sottinteso per il senso. Ma gli esempi citati dagli studiosi non sono del tutto pertinenti, perché in essi l'articolo precede frazioni d'interi: Cristo de li dodici Apostoli ne menò seco li tre (Dante); sono le isole chiamate Orcadas, delle quali sono le venti deserte e le tredici coltivate (Orosio). Di fatto, il corpus TLIO non registra esempi che facciano davvero al caso nostro. Dall'altra parte, però, è degno di nota il fatto che di trenta donne come termine di confronto per la bellezza parli anche Arnaut Daniel in una sua canzone: Can chai la fueilla 41-4 Tan par es genta / sela que·m te joios / las genzors trenta / venz de belas faissos; che trente dames vengano chiamate a testimoni nella canzone di donna antico-francese Quant vient en mai que l'on dit as lons jors 21 (ed. Mölk 1989, p. 78); e soprattutto che nel descort anonimo En aquest son gai e leugier si legga: la contessa valenta, / qar prez li es daz / et autriaz, / tant qe val las meilhors trenta (citato da Manetti 2006, pp. 63-4). Bisogna pensare allora a un'antonomasia, come dire 'più bella delle trenta donne più belle'? E allora il senso di sul numer de le trenta non sarebbe 'al trentesimo posto della serie' ma 'sopra, più in alto delle trenta [donne più belle]', cioè 'la più bella di tutte'? È questa l'interpretazione più probabile, e c'è ragione di ritenere – con Manetti – che trenta stia qui e altrove come numero indeterminato, per dire tante, tutte (oggi diremmo cento, mille). Quanto al costrutto sul numero di, sembra molto più plausibile (più probabile, cioè, delle altre soluzioni prospettate sin qui) ciò che osserva Manetti: l'espressione da isolare ..., più che sul numer di 'al di sopra di' (o esser sul numer di 'superare'), di cui effettivamente non reperisco altri esempi nel corpus TLIO, sarà piuttosto ""numer(o) + di + articolo + sostantivo"", col significato di 'insieme di cose o persone' (intendendo è sul come 'sta al di sopra del') (p. 64).",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Il_carroccio_amoroso,Il carroccio amoroso,Raimbaut de Vaqueiras,http://dbpedia.org/resource/Raimbaut_de_Vaqueiras,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK QUELLA ... TRENTA,"la perifrasi doveva essere trasparente per il destinatario del sonetto, ma non lo è per noi. Nella <i>Vita Nova</i> (VI 2), Dante narra di aver composto un serventese in cui erano <i>elencate</i> (<i>elencate</i>, non disposte in una classifica dalla più alla meno bella) le sessanta donne più belle di Firenze. E presi li nomi di sessanta le più belle donne de la cittade ove la mia donna fue posta da l'altissimo sire, e compuosi una pistola sotto forma di serventese ... [E] in alcuno altro numero non sofferse lo nome de la mia donna stare, se non in su lo nove, tra li nomi di queste donne. Il numer de le trenta di <i>Guido, i</i>' <i>vorrei</i> sembra essere legato a quell'episodio e a quel serventese, che pure non si è conservato (ma il genere encomiastico e galante cui doveva appartenere ha una sicura consistenza tra Provenza e Italia nei secoli XII e XIII: si pensi al <i>Carros</i> di Raimbaut de Vaqueiras o alla <i>Treva</i> di Guilhelm de la Tor; e propaggini s'incontrano sin nella Firenze del Trecento, in Pucci, Boccaccio, Sacchetti: cfr. Breschi 2004, pp. 102-3). Sul numer de le trenta vorrebbe dire insomma, secondo i commentatori, che la donna che Dante si augura come compagna di navigazione figurava al trentesimo posto in quella lista (e dunque non può essere identificata con Beatrice, che è in su lo nove, in nona posizione). Il fatto che una poesia faccia riferimento a un episodio sul quale il lettore difficilmente può essere informato (chi potrebbe capire questo verso senza conoscere, prima, la <i>Vita Nova</i>?) potrebbe spiegarsi forse con la circostanza che <i>Guido, i</i>' <i>vorrei</i> è un testo di corrispondenza, e nei testi di corrispondenza questo codice ristretto aveva una sua ragion d'essere. Ciò detto, l'espressione non è affatto liquida. Mazzoni1 1941, p. 133, osserva che il numer delle trenta era una maniera normale e consueta allora per dire trenta, e la stessa cosa dicono <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: trattandosi di donne, non poteva dire il poeta ""il numero di trenta donne""? E questo appunto dice ""il numero de le trenta"", secondo un uso comunissimo di metter davanti al numero l'articolo, spesso per un sostantivo sottinteso per il senso. Ma gli esempi citati dagli studiosi non sono del tutto pertinenti, perché in essi l'articolo precede frazioni d'interi: Cristo de li dodici Apostoli ne menò seco li tre (Dante); sono le isole chiamate Orcadas, delle quali sono le venti deserte e le tredici coltivate (Orosio). Di fatto, il corpus TLIO non registra esempi che facciano davvero al caso nostro. Dall'altra parte, però, è degno di nota il fatto che di trenta donne come termine di confronto per la bellezza parli anche Arnaut Daniel in una sua canzone: Can chai la fueilla 41-4 Tan par es genta / sela que·m te joios / las genzors trenta / venz de belas faissos; che trente dames vengano chiamate a testimoni nella canzone di donna antico-francese Quant vient en mai que l'on dit as lons jors 21 (ed. Mölk 1989, p. 78); e soprattutto che nel descort anonimo En aquest son gai e leugier si legga: la contessa valenta, / qar prez li es daz / et autriaz, / tant qe val las meilhors trenta (citato da Manetti 2006, pp. 63-4). Bisogna pensare allora a un'antonomasia, come dire 'più bella delle trenta donne più belle'? E allora il senso di sul numer de le trenta non sarebbe 'al trentesimo posto della serie' ma 'sopra, più in alto delle trenta [donne più belle]', cioè 'la più bella di tutte'? È questa l'interpretazione più probabile, e c'è ragione di ritenere – con Manetti – che trenta stia qui e altrove come numero indeterminato, per dire tante, tutte (oggi diremmo cento, mille). Quanto al costrutto sul numero di, sembra molto più plausibile (più probabile, cioè, delle altre soluzioni prospettate sin qui) ciò che osserva Manetti: l'espressione da isolare ..., più che sul numer di 'al di sopra di' (o esser sul numer di 'superare'), di cui effettivamente non reperisco altri esempi nel corpus TLIO, sarà piuttosto ""numer(o) + di + articolo + sostantivo"", col significato di 'insieme di cose o persone' (intendendo è sul come 'sta al di sopra del') (p. 64).",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tregua,Tregua,Guilhem de la Tor,http://dbpedia.org/resource/Guilhem_de_la_Tor,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK QUELLA ... TRENTA,"la perifrasi doveva essere trasparente per il destinatario del sonetto, ma non lo è per noi. Nella <i>Vita Nova</i> (VI 2), Dante narra di aver composto un serventese in cui erano <i>elencate</i> (<i>elencate</i>, non disposte in una classifica dalla più alla meno bella) le sessanta donne più belle di Firenze. E presi li nomi di sessanta le più belle donne de la cittade ove la mia donna fue posta da l'altissimo sire, e compuosi una pistola sotto forma di serventese ... [E] in alcuno altro numero non sofferse lo nome de la mia donna stare, se non in su lo nove, tra li nomi di queste donne. Il numer de le trenta di <i>Guido, i</i>' <i>vorrei</i> sembra essere legato a quell'episodio e a quel serventese, che pure non si è conservato (ma il genere encomiastico e galante cui doveva appartenere ha una sicura consistenza tra Provenza e Italia nei secoli XII e XIII: si pensi al <i>Carros</i> di Raimbaut de Vaqueiras o alla <i>Treva</i> di Guilhelm de la Tor; e propaggini s'incontrano sin nella Firenze del Trecento, in Pucci, Boccaccio, Sacchetti: cfr. Breschi 2004, pp. 102-3). Sul numer de le trenta vorrebbe dire insomma, secondo i commentatori, che la donna che Dante si augura come compagna di navigazione figurava al trentesimo posto in quella lista (e dunque non può essere identificata con Beatrice, che è in su lo nove, in nona posizione). Il fatto che una poesia faccia riferimento a un episodio sul quale il lettore difficilmente può essere informato (chi potrebbe capire questo verso senza conoscere, prima, la <i>Vita Nova</i>?) potrebbe spiegarsi forse con la circostanza che <i>Guido, i</i>' <i>vorrei</i> è un testo di corrispondenza, e nei testi di corrispondenza questo codice ristretto aveva una sua ragion d'essere. Ciò detto, l'espressione non è affatto liquida. Mazzoni1 1941, p. 133, osserva che il numer delle trenta era una maniera normale e consueta allora per dire trenta, e la stessa cosa dicono <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: trattandosi di donne, non poteva dire il poeta ""il numero di trenta donne""? E questo appunto dice ""il numero de le trenta"", secondo un uso comunissimo di metter davanti al numero l'articolo, spesso per un sostantivo sottinteso per il senso. Ma gli esempi citati dagli studiosi non sono del tutto pertinenti, perché in essi l'articolo precede frazioni d'interi: Cristo de li dodici Apostoli ne menò seco li tre (Dante); sono le isole chiamate Orcadas, delle quali sono le venti deserte e le tredici coltivate (Orosio). Di fatto, il corpus TLIO non registra esempi che facciano davvero al caso nostro. Dall'altra parte, però, è degno di nota il fatto che di trenta donne come termine di confronto per la bellezza parli anche Arnaut Daniel in una sua canzone: Can chai la fueilla 41-4 Tan par es genta / sela que·m te joios / las genzors trenta / venz de belas faissos; che trente dames vengano chiamate a testimoni nella canzone di donna antico-francese Quant vient en mai que l'on dit as lons jors 21 (ed. Mölk 1989, p. 78); e soprattutto che nel descort anonimo En aquest son gai e leugier si legga: la contessa valenta, / qar prez li es daz / et autriaz, / tant qe val las meilhors trenta (citato da Manetti 2006, pp. 63-4). Bisogna pensare allora a un'antonomasia, come dire 'più bella delle trenta donne più belle'? E allora il senso di sul numer de le trenta non sarebbe 'al trentesimo posto della serie' ma 'sopra, più in alto delle trenta [donne più belle]', cioè 'la più bella di tutte'? È questa l'interpretazione più probabile, e c'è ragione di ritenere – con Manetti – che trenta stia qui e altrove come numero indeterminato, per dire tante, tutte (oggi diremmo cento, mille). Quanto al costrutto sul numero di, sembra molto più plausibile (più probabile, cioè, delle altre soluzioni prospettate sin qui) ciò che osserva Manetti: l'espressione da isolare ..., più che sul numer di 'al di sopra di' (o esser sul numer di 'superare'), di cui effettivamente non reperisco altri esempi nel corpus TLIO, sarà piuttosto ""numer(o) + di + articolo + sostantivo"", col significato di 'insieme di cose o persone' (intendendo è sul come 'sta al di sopra del') (p. 64).",Can chai la fueilla 41-4 «Tan par es genta / sela que·m te joios / las genzors trenta / venz de belas faissos»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Can_chai_la_fueilla,Can chai la fueilla,Arnaut Daniel,http://dbpedia.org/resource/Arnaut_Daniel,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK QUELLA ... TRENTA,"la perifrasi doveva essere trasparente per il destinatario del sonetto, ma non lo è per noi. Nella <i>Vita Nova</i> (VI 2), Dante narra di aver composto un serventese in cui erano <i>elencate</i> (<i>elencate</i>, non disposte in una classifica dalla più alla meno bella) le sessanta donne più belle di Firenze. E presi li nomi di sessanta le più belle donne de la cittade ove la mia donna fue posta da l'altissimo sire, e compuosi una pistola sotto forma di serventese ... [E] in alcuno altro numero non sofferse lo nome de la mia donna stare, se non in su lo nove, tra li nomi di queste donne. Il numer de le trenta di <i>Guido, i</i>' <i>vorrei</i> sembra essere legato a quell'episodio e a quel serventese, che pure non si è conservato (ma il genere encomiastico e galante cui doveva appartenere ha una sicura consistenza tra Provenza e Italia nei secoli XII e XIII: si pensi al <i>Carros</i> di Raimbaut de Vaqueiras o alla <i>Treva</i> di Guilhelm de la Tor; e propaggini s'incontrano sin nella Firenze del Trecento, in Pucci, Boccaccio, Sacchetti: cfr. Breschi 2004, pp. 102-3). Sul numer de le trenta vorrebbe dire insomma, secondo i commentatori, che la donna che Dante si augura come compagna di navigazione figurava al trentesimo posto in quella lista (e dunque non può essere identificata con Beatrice, che è in su lo nove, in nona posizione). Il fatto che una poesia faccia riferimento a un episodio sul quale il lettore difficilmente può essere informato (chi potrebbe capire questo verso senza conoscere, prima, la <i>Vita Nova</i>?) potrebbe spiegarsi forse con la circostanza che <i>Guido, i</i>' <i>vorrei</i> è un testo di corrispondenza, e nei testi di corrispondenza questo codice ristretto aveva una sua ragion d'essere. Ciò detto, l'espressione non è affatto liquida. Mazzoni1 1941, p. 133, osserva che il numer delle trenta era una maniera normale e consueta allora per dire trenta, e la stessa cosa dicono <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: trattandosi di donne, non poteva dire il poeta ""il numero di trenta donne""? E questo appunto dice ""il numero de le trenta"", secondo un uso comunissimo di metter davanti al numero l'articolo, spesso per un sostantivo sottinteso per il senso. Ma gli esempi citati dagli studiosi non sono del tutto pertinenti, perché in essi l'articolo precede frazioni d'interi: Cristo de li dodici Apostoli ne menò seco li tre (Dante); sono le isole chiamate Orcadas, delle quali sono le venti deserte e le tredici coltivate (Orosio). Di fatto, il corpus TLIO non registra esempi che facciano davvero al caso nostro. Dall'altra parte, però, è degno di nota il fatto che di trenta donne come termine di confronto per la bellezza parli anche Arnaut Daniel in una sua canzone: Can chai la fueilla 41-4 Tan par es genta / sela que·m te joios / las genzors trenta / venz de belas faissos; che trente dames vengano chiamate a testimoni nella canzone di donna antico-francese Quant vient en mai que l'on dit as lons jors 21 (ed. Mölk 1989, p. 78); e soprattutto che nel descort anonimo En aquest son gai e leugier si legga: la contessa valenta, / qar prez li es daz / et autriaz, / tant qe val las meilhors trenta (citato da Manetti 2006, pp. 63-4). Bisogna pensare allora a un'antonomasia, come dire 'più bella delle trenta donne più belle'? E allora il senso di sul numer de le trenta non sarebbe 'al trentesimo posto della serie' ma 'sopra, più in alto delle trenta [donne più belle]', cioè 'la più bella di tutte'? È questa l'interpretazione più probabile, e c'è ragione di ritenere – con Manetti – che trenta stia qui e altrove come numero indeterminato, per dire tante, tutte (oggi diremmo cento, mille). Quanto al costrutto sul numero di, sembra molto più plausibile (più probabile, cioè, delle altre soluzioni prospettate sin qui) ciò che osserva Manetti: l'espressione da isolare ..., più che sul numer di 'al di sopra di' (o esser sul numer di 'superare'), di cui effettivamente non reperisco altri esempi nel corpus TLIO, sarà piuttosto ""numer(o) + di + articolo + sostantivo"", col significato di 'insieme di cose o persone' (intendendo è sul come 'sta al di sopra del') (p. 64).",Quant vient en mai que l'on dit as lons jors verso 21,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quant_vient_en_mai,Quant vient en mai que l'on dit as lons jors,,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK QUELLA ... TRENTA,"la perifrasi doveva essere trasparente per il destinatario del sonetto, ma non lo è per noi. Nella <i>Vita Nova</i> (VI 2), Dante narra di aver composto un serventese in cui erano <i>elencate</i> (<i>elencate</i>, non disposte in una classifica dalla più alla meno bella) le sessanta donne più belle di Firenze. E presi li nomi di sessanta le più belle donne de la cittade ove la mia donna fue posta da l'altissimo sire, e compuosi una pistola sotto forma di serventese ... [E] in alcuno altro numero non sofferse lo nome de la mia donna stare, se non in su lo nove, tra li nomi di queste donne. Il numer de le trenta di <i>Guido, i</i>' <i>vorrei</i> sembra essere legato a quell'episodio e a quel serventese, che pure non si è conservato (ma il genere encomiastico e galante cui doveva appartenere ha una sicura consistenza tra Provenza e Italia nei secoli XII e XIII: si pensi al <i>Carros</i> di Raimbaut de Vaqueiras o alla <i>Treva</i> di Guilhelm de la Tor; e propaggini s'incontrano sin nella Firenze del Trecento, in Pucci, Boccaccio, Sacchetti: cfr. Breschi 2004, pp. 102-3). Sul numer de le trenta vorrebbe dire insomma, secondo i commentatori, che la donna che Dante si augura come compagna di navigazione figurava al trentesimo posto in quella lista (e dunque non può essere identificata con Beatrice, che è in su lo nove, in nona posizione). Il fatto che una poesia faccia riferimento a un episodio sul quale il lettore difficilmente può essere informato (chi potrebbe capire questo verso senza conoscere, prima, la <i>Vita Nova</i>?) potrebbe spiegarsi forse con la circostanza che <i>Guido, i</i>' <i>vorrei</i> è un testo di corrispondenza, e nei testi di corrispondenza questo codice ristretto aveva una sua ragion d'essere. Ciò detto, l'espressione non è affatto liquida. Mazzoni1 1941, p. 133, osserva che il numer delle trenta era una maniera normale e consueta allora per dire trenta, e la stessa cosa dicono <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: trattandosi di donne, non poteva dire il poeta ""il numero di trenta donne""? E questo appunto dice ""il numero de le trenta"", secondo un uso comunissimo di metter davanti al numero l'articolo, spesso per un sostantivo sottinteso per il senso. Ma gli esempi citati dagli studiosi non sono del tutto pertinenti, perché in essi l'articolo precede frazioni d'interi: Cristo de li dodici Apostoli ne menò seco li tre (Dante); sono le isole chiamate Orcadas, delle quali sono le venti deserte e le tredici coltivate (Orosio). Di fatto, il corpus TLIO non registra esempi che facciano davvero al caso nostro. Dall'altra parte, però, è degno di nota il fatto che di trenta donne come termine di confronto per la bellezza parli anche Arnaut Daniel in una sua canzone: Can chai la fueilla 41-4 Tan par es genta / sela que·m te joios / las genzors trenta / venz de belas faissos; che trente dames vengano chiamate a testimoni nella canzone di donna antico-francese Quant vient en mai que l'on dit as lons jors 21 (ed. Mölk 1989, p. 78); e soprattutto che nel descort anonimo En aquest son gai e leugier si legga: la contessa valenta, / qar prez li es daz / et autriaz, / tant qe val las meilhors trenta (citato da Manetti 2006, pp. 63-4). Bisogna pensare allora a un'antonomasia, come dire 'più bella delle trenta donne più belle'? E allora il senso di sul numer de le trenta non sarebbe 'al trentesimo posto della serie' ma 'sopra, più in alto delle trenta [donne più belle]', cioè 'la più bella di tutte'? È questa l'interpretazione più probabile, e c'è ragione di ritenere – con Manetti – che trenta stia qui e altrove come numero indeterminato, per dire tante, tutte (oggi diremmo cento, mille). Quanto al costrutto sul numero di, sembra molto più plausibile (più probabile, cioè, delle altre soluzioni prospettate sin qui) ciò che osserva Manetti: l'espressione da isolare ..., più che sul numer di 'al di sopra di' (o esser sul numer di 'superare'), di cui effettivamente non reperisco altri esempi nel corpus TLIO, sarà piuttosto ""numer(o) + di + articolo + sostantivo"", col significato di 'insieme di cose o persone' (intendendo è sul come 'sta al di sopra del') (p. 64).","En aquest son gai e leugier si legga: «la contessa valenta, / qar prez li es daz / et autriaz, / tant qe val las meilhors trenta»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/En_aquest_son_gai_e_leugier,En aquest son gai e leugier,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK RAGIONAR ... D'AMORE,"è una locuzione frequente nella lirica: cfr. l'<i>incipit</i> di Guido Orlandi <i>Ragionando d'amore</i>, quello di Dante <i>Voi che savete ragionar d'amore</i>, e gli altri luoghi indicati da Leonardi 1994, p. 88. Ma, dato il contesto, ciò che conta è che <i>ragionar d'amore</i> è la prediletta tra le occupazioni degli amanti, e ha sempre un posto nell'elenco dei loro immaginati piaceri: Cavalcanti, <i>Biltà di donna</i> 3 ""cantar d'augelli e ragionar d'amore""; Folgore, <i>Di maggio sì vi do molti cavagli</i> 13-4 ""baciarsi nella bocca e nelle guance; / d'amor e di goder vi si ragioni""; o più prosaicamente, ma sempre nel contesto di una lista di cose belle da fare tra amanti, Nicolò de' Rossi, <i>Sì dolçe vita cum tanto dileto</i> 5 ""rasonare d'amor, squerçar nel leto""",l'incipit di Guido Orlandi Ragionando d'amore,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ragionando_d_amore,Ragionando d'amore,Guido Orlandi,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Guido_Orlandi,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK RAGIONAR ... D'AMORE,"è una locuzione frequente nella lirica: cfr. l'<i>incipit</i> di Guido Orlandi <i>Ragionando d'amore</i>, quello di Dante <i>Voi che savete ragionar d'amore</i>, e gli altri luoghi indicati da Leonardi 1994, p. 88. Ma, dato il contesto, ciò che conta è che <i>ragionar d'amore</i> è la prediletta tra le occupazioni degli amanti, e ha sempre un posto nell'elenco dei loro immaginati piaceri: Cavalcanti, <i>Biltà di donna</i> 3 ""cantar d'augelli e ragionar d'amore""; Folgore, <i>Di maggio sì vi do molti cavagli</i> 13-4 ""baciarsi nella bocca e nelle guance; / d'amor e di goder vi si ragioni""; o più prosaicamente, ma sempre nel contesto di una lista di cose belle da fare tra amanti, Nicolò de' Rossi, <i>Sì dolçe vita cum tanto dileto</i> 5 ""rasonare d'amor, squerçar nel leto""",Biltà di donna 3 «cantar d'augelli e ragionar d'amore»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Bilta_di_donna,Biltà di donna e di saccente core,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK RAGIONAR ... D'AMORE,"è una locuzione frequente nella lirica: cfr. l'<i>incipit</i> di Guido Orlandi <i>Ragionando d'amore</i>, quello di Dante <i>Voi che savete ragionar d'amore</i>, e gli altri luoghi indicati da Leonardi 1994, p. 88. Ma, dato il contesto, ciò che conta è che <i>ragionar d'amore</i> è la prediletta tra le occupazioni degli amanti, e ha sempre un posto nell'elenco dei loro immaginati piaceri: Cavalcanti, <i>Biltà di donna</i> 3 ""cantar d'augelli e ragionar d'amore""; Folgore, <i>Di maggio sì vi do molti cavagli</i> 13-4 ""baciarsi nella bocca e nelle guance; / d'amor e di goder vi si ragioni""; o più prosaicamente, ma sempre nel contesto di una lista di cose belle da fare tra amanti, Nicolò de' Rossi, <i>Sì dolçe vita cum tanto dileto</i> 5 ""rasonare d'amor, squerçar nel leto""",Di maggio sì vi do molti cavagli 13-4 «baciarsi nella bocca e nelle guance; / d'amor e di goder vi si ragioni»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/resource/Sonetti_de%27_mesi,Sonetti de' mesi,Folgore di San Gimignano,http://dbpedia.org/resource/Folgóre_da_San_Gimignano,http://perunaenciclopediadantescadigitale/resource/poesia_comico_realistica,WORK RAGIONAR ... D'AMORE,"è una locuzione frequente nella lirica: cfr. l'<i>incipit</i> di Guido Orlandi <i>Ragionando d'amore</i>, quello di Dante <i>Voi che savete ragionar d'amore</i>, e gli altri luoghi indicati da Leonardi 1994, p. 88. Ma, dato il contesto, ciò che conta è che <i>ragionar d'amore</i> è la prediletta tra le occupazioni degli amanti, e ha sempre un posto nell'elenco dei loro immaginati piaceri: Cavalcanti, <i>Biltà di donna</i> 3 ""cantar d'augelli e ragionar d'amore""; Folgore, <i>Di maggio sì vi do molti cavagli</i> 13-4 ""baciarsi nella bocca e nelle guance; / d'amor e di goder vi si ragioni""; o più prosaicamente, ma sempre nel contesto di una lista di cose belle da fare tra amanti, Nicolò de' Rossi, <i>Sì dolçe vita cum tanto dileto</i> 5 ""rasonare d'amor, squerçar nel leto""","Sì dolçe vita cum tanto dileto 5 «ra- sonare d'amor, squerçar nel leto»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Si_dolce_vita,Sì dolçe vita cum tanto dileto,Niccolò de' Rossi,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Niccolo_de_Rossi,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK PORTARE,"'indossare, avere sul capo'; lo stesso sintagma in Guinizelli, Donna, l'amor mi sforza 45 [voglio] ghirlanda <i>portare</i>.","Donna, l'amor mi sforza verso 45 [voglio] ghirlanda portare",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Donna_l_amor_mi_sforza,"Donna, l'amor mi sforza",Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK GENTILE,"'delicata, leggiadra', in rima con <i>umìle</i> e <i>sottile</i> come nella fronte di Cavalcanti, <i>Pegli occhi fere</i>.","in rima con umìle e sottile come nella fronte di Cavalcanti, Pegli occhi fere",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Pegli_occhi_fere,Pegli occhi fere un spirito sottile,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK VOLARE,"l'immagine dell'angelo che rotea sulla donna ricorda la similitudine dell'aquila in <i>Pd</i> XIX 91-7 Quale sovresso il nido si rigira, / poi ch'ha pasciuti la cicogna i figli, / e come quel ch'è pasto la rimira; / cotal si fece, e sì levai i cigli, / la benedetta imagine, che l'ali / movea sospinte da tanti consigli. / Roteando cantava, e dicea (e quest'ultima coppia di verbi è da confrontare in particolare con i vv. 8-9 della nostra ballata: e 'l suo cantar sottile / dicea). Ma ancora più vicina a questo passo è una descrizione di Giovanni del Virgilio, <i>Festa dies fuerat sancto celebrata Iohanni</i> 5-6 Ingredior templum varia de gente repletum; / intus et exterius pervolitabat Amor (ed. De Bartholomaeis 1926, p. 73).",Festa dies fuerat sancto celebrata Iohanni 5-6 «Ingre- dior templum varia de gente repletum; / intus et exterius pervolita- bat Amor»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Diaffonus,Diaffonus,Giovanni del Virgilio,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Giovanni_del_Virgilio,http://purl.org/bncf/tid/2921,WORK UMÌLE,"aggettivo <i>passe-partout</i> tipico dello Stilnovo, a volte nel senso di 'benevolo, benigno' (Cavalcanti, <i>S'io prego</i> 6), a volte nel senso di 'dolce, soave' (Dante, <i>Sì lungiamente</i> 14 ""e sì è cosa umil, che nol si crede""): e qui vanno bene entrambi i significati ('generoso', invece, secondo Dronke 1965-66, I, p. 161: ""I would interpret the <i>angiolel d'amore umile</i> that flies above the lady's garland as an angel of generous love""; ma è parafrasi troppo libera).",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/S_io_prego,S'io prego questa donna che Pietate,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK UMÌLE,"aggettivo <i>passe-partout</i> tipico dello Stilnovo, a volte nel senso di 'benevolo, benigno' (Cavalcanti, <i>S'io prego</i> 6), a volte nel senso di 'dolce, soave' (Dante, <i>Sì lungiamente</i> 14 ""e sì è cosa umil, che nol si crede""): e qui vanno bene entrambi i significati ('generoso', invece, secondo Dronke 1965-66, I, p. 161: ""I would interpret the <i>angiolel d'amore umile</i> that flies above the lady's garland as an angel of generous love""; ma è parafrasi troppo libera).","Cavalcanti, S'io prego 6",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/S_io_prego,S'io prego questa donna che Pietate,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SOTTILE,"specie nel linguaggio degli stilnovisti, l'aggettivo ha una gamma di significati più ampia a paragone di quella odierna: può voler dire, tra l'altro, (1) 'profondo, acuto, difficile da penetrare, da afferrare' (<i>Mattalia</i>, che ricorda le formule dantesche <i>pensiero sottile, ingegno sottile</i>, nonché <i>Cv</i> IV II 13, a commento del verso ""rima aspr'e sottile"": ""e dice <i>sottile</i> quanto a la sentenza de le parole, che sottilmente argomentando e disputando procedono""); oppure (2) 'melodioso, modulato con acuta dolcezza' (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>, <i>Contini</i>). Escluderei il primo significato, perché qui si parla di <i>cantare</i> e non di <i>ingegno</i> o <i>pensiero sottile</i>. Più plausibile il secondo. Tuttavia, <i>sottile</i> può anche voler dire 'che appena si può sentire, flebile', e questo cantare sottovoce non sconverrebbe a un ""angiolel d'amore umìle"", e in generale all'atmosfera del testo (e per 'cantare sottilmente' in questa precisa accezione cfr. <i>AFW</i>, s.v. <i>sotil</i>, col. 987: ""Eurïels cante dous et bas ... soutivement et coi sains cry"").",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT DIRÒ A ... MIA,"le edizioni Barbi e De Robertis leggono allor dirò <i>la donna mia</i> / che port'in testa, intendendo 'dirò che la mia donna...', con prolessi del soggetto della proposizione oggettiva (<i>la donna mia</i>), come per esempio in Cavalcanti, <i>Posso degli occhi</i> 24 che mostri quella che t'ha fatto onore. Ma <i>a(l)la donna mia</i>, non <i>la donna mia</i>, è la lezione dei codici: è a lei, a Fioretta, che il poeta immagina di parlare.",Posso degli occhi verso 24 che mostri quella che t'ha fatto onore,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Posso_degli_occhi,Posso degli occhi miei novella dire,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PER CRESCER DISIRE,"'per aumentare la mia passione' (Barbi – <i>Maggini</i>); <i>crescere</i> poteva essere infatti usato transitivamente (oggi forse solo nella locuzione <i>crescere i figli</i>), come in antico francese (<i>Roman de la Rose</i> 9056 Pour sa biauté croistre) e in provenzale (Jausbert de Puycibot, <i>Partitz de joy e d</i>'<i>amor</i> 4 Mas per creisser ma dolor); per l'italiano, cfr. Ageno 1964, pp. 28-9",Roman de la Rose verso 9056 Pour sa biauté croistre,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Roman_de_la_Rose,Roman de la Rose,Jean de Meung,http://dbpedia.org/resource/Jean_de_Meun,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/poesia_allegorica,WORK PER CRESCER DISIRE,"'per aumentare la mia passione' (Barbi – <i>Maggini</i>); <i>crescere</i> poteva essere infatti usato transitivamente (oggi forse solo nella locuzione <i>crescere i figli</i>), come in antico francese (<i>Roman de la Rose</i> 9056 Pour sa biauté croistre) e in provenzale (Jausbert de Puycibot, <i>Partitz de joy e d</i>'<i>amor</i> 4 Mas per creisser ma dolor); per l'italiano, cfr. Ageno 1964, pp. 28-9",Partitz de joy e d'amor verso 4 «Mas per creisser ma dolor»),CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Partitz_de_joi_e_d_amor,Partitz de joi e d'amor,Jausbert de Puycibot,http://dbpedia.org/resource/Jausbert_de_Puycibot,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK CORONATA D'AMORE,"la parafrasi non è scontata. Può essere (1) <i>coronata d</i>'<i>amore</i> (con la minuscola) nel senso in cui si poteva dire 'coronato di pregio' (cfr. Monte, D'<i>amor son preso, sì che me ritrarne</i> 12 di Fin Presgio portate la corona) o <i>di gloria</i>, vale a dire in possesso della gloria e del pregio sommi: dunque, qui, 'amorosissima, regina dell'<i>amore</i>'. Oppure può essere (2) 'incoronata dal dio d'Amore', e i reperti figurativi ricordati nella premessa potrebbero far propendere per questa seconda ipotesi: incoronata, inghirlandata dalle mani stesse dell'Amore (e il motivo non sarebbe privo di paralleli anche in poesia: cfr. il madrigale di Giovanni da Firenze Quando la stella 3-10 Amor gentil m'apparse ne la mente: / ... / una ghirlanda 'n su le trezze bionde / di foglie verdi pose con le fronde, ed. Corsi 1970, pp. 20-1). O infine il senso può essere (3) 'con Amore che le fa corona', come nell'inno Urbs beata Hierusalem la città è detta angelis coronata (AH, II, p. 73, v. 5): sarebbe Amore in persona a rendere omaggio alla donna, e non il suo angiolel umìle descritto ai vv. 6-7. Ed è forse questo il significato più probabile. 18-9","D'amor son preso, sì che me ritrarne verso 12 «di Fin Presgio portate la corona»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/D_Amor_son_preso,"D'Amor son preso, sì che me ritrarne",Monte Andrea,http://it.dbpedia.org/resource/Monte_Andrea,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK CORONATA D'AMORE,"la parafrasi non è scontata. Può essere (1) <i>coronata d</i>'<i>amore</i> (con la minuscola) nel senso in cui si poteva dire 'coronato di pregio' (cfr. Monte, D'<i>amor son preso, sì che me ritrarne</i> 12 di Fin Presgio portate la corona) o <i>di gloria</i>, vale a dire in possesso della gloria e del pregio sommi: dunque, qui, 'amorosissima, regina dell'<i>amore</i>'. Oppure può essere (2) 'incoronata dal dio d'Amore', e i reperti figurativi ricordati nella premessa potrebbero far propendere per questa seconda ipotesi: incoronata, inghirlandata dalle mani stesse dell'Amore (e il motivo non sarebbe privo di paralleli anche in poesia: cfr. il madrigale di Giovanni da Firenze Quando la stella 3-10 Amor gentil m'apparse ne la mente: / ... / una ghirlanda 'n su le trezze bionde / di foglie verdi pose con le fronde, ed. Corsi 1970, pp. 20-1). O infine il senso può essere (3) 'con Amore che le fa corona', come nell'inno Urbs beata Hierusalem la città è detta angelis coronata (AH, II, p. 73, v. 5): sarebbe Amore in persona a rendere omaggio alla donna, e non il suo angiolel umìle descritto ai vv. 6-7. Ed è forse questo il significato più probabile. 18-9",Quando la stella versi 3-10 «Amor gentil m'apparse ne la mente: / ... / una ghirlanda 'n su le trezze bionde / di foglie verdi pose con le fronde»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quando_la_stella,Quando la stella,Giovanni da Cascia,http://dbpedia.org/resource/Giovanni_da_Cascia,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK CORONATA D'AMORE,"la parafrasi non è scontata. Può essere (1) <i>coronata d</i>'<i>amore</i> (con la minuscola) nel senso in cui si poteva dire 'coronato di pregio' (cfr. Monte, D'<i>amor son preso, sì che me ritrarne</i> 12 di Fin Presgio portate la corona) o <i>di gloria</i>, vale a dire in possesso della gloria e del pregio sommi: dunque, qui, 'amorosissima, regina dell'<i>amore</i>'. Oppure può essere (2) 'incoronata dal dio d'Amore', e i reperti figurativi ricordati nella premessa potrebbero far propendere per questa seconda ipotesi: incoronata, inghirlandata dalle mani stesse dell'Amore (e il motivo non sarebbe privo di paralleli anche in poesia: cfr. il madrigale di Giovanni da Firenze Quando la stella 3-10 Amor gentil m'apparse ne la mente: / ... / una ghirlanda 'n su le trezze bionde / di foglie verdi pose con le fronde, ed. Corsi 1970, pp. 20-1). O infine il senso può essere (3) 'con Amore che le fa corona', come nell'inno Urbs beata Hierusalem la città è detta angelis coronata (AH, II, p. 73, v. 5): sarebbe Amore in persona a rendere omaggio alla donna, e non il suo angiolel umìle descritto ai vv. 6-7. Ed è forse questo il significato più probabile. 18-9",Urbs beata Hierusalem la città è detta «angelis coronata»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Urbs_beata_Jerusalem_dicta_pacis_visio,Urbs beata Jerusalem dicta pacis visio,,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK LE PAROLETTE ... BALLATA,"formula riassuntiva, nella stanza di congedo, circa ciò che il poeta ha fatto, come in questo <i>virelai</i>:Or sus, vous dormés trop, ma dame joliete 50-1 De vous que j'aim ... / ay fait cest virelay (ed. Apel, n. 212)","Or sus, vous dormés trop, ma dame joliete versi 50-51 «De vous que j'aim ... / ay fait cest virelay»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Or_sus_vous_dormes_trop,"Or sus, vous dormés trop",,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK PER LEGGIADRIA,"non sembrano pertinenti qui i significati più comuni di <i>leggiadria</i>: in negativo, 'vanità, leggerezza' (cfr. il glossario provenzale-italiano pubblicato da Castellani 1980, dove <i>legeria</i> è tradotto con vanità [III, p. 114] e lieve core e biesia [leggera, stolta] volentà [p. 124]); in positivo, 'signorilità, nobiltà di costumi'. <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> intendono, credo giustamente, 'per ornamento, per ingentilire' (una cosa o un ambiente), come in Giovanni Villani, <i>Cronica</i> V 29 per <i>leggiadria</i> portano ... le penne del gufo in capo",Cronica V 29 «per leggiadria portano ... le penne del gufo in capo»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Nova_Cronica,Nova Cronica,Giovanni Villani,http://dbpedia.org/resource/Giovanni_Villani,http://purl.org/bncf/tid/9645,WORK ELLE,"ripresa pronominale del soggetto già espresso al v. 18 (""le parolette""), com'è possibile trovare specie se tra soggetto e verbo è intercalata una proposizione incidentale o un complemento: cfr. Chiaro, <i>Da che mi conven fare</i> 88-9 ""ch'io non poria far quella / che degna non foss'ella""; Si. Gui. da Pistoia, <i>Tanto saggio e bon poi me somegli</i> (L 346) 7 ""Deo, com'el tu' don a me piac'egli"".",Da che mi conven fare versi 88-89 ch'io non poria far quella / che degna non foss'ella,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Da_che_mi_conven_fare,Da che mi conven fare,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK ELLE,"ripresa pronominale del soggetto già espresso al v. 18 (""le parolette""), com'è possibile trovare specie se tra soggetto e verbo è intercalata una proposizione incidentale o un complemento: cfr. Chiaro, <i>Da che mi conven fare</i> 88-9 ""ch'io non poria far quella / che degna non foss'ella""; Si. Gui. da Pistoia, <i>Tanto saggio e bon poi me somegli</i> (L 346) 7 ""Deo, com'el tu' don a me piac'egli"".","Tanto saggio e bon poi me somegli (L 346) 7 «Deo, com'el tu' don a me piac'egli»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tanto_saggio_e_bon_poi_me_somegli,Tanto saggio e bon poi me somegli,Si. Gui. da Pistoia,tp://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Si_gui_da_pistoia,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK QUAL ... CANTERÀ,"le menzioni del canto nelle ballate antiche sono rare; tra i pochi esempi, cfr. l'antichissima Sovrana ballata placente 37-8 Vaten', balata novella, / en Pisa, cantante 'mpromera (<i>PSS</i>, III, p. 1143); Guido Novello da Polenta, <i>Dixem</i>'Amor: Questa donna più vol <i>te</i> 5 faite cantar davanti a la soa fazza; e per la cerimonia dell'incontro tra la ballata e l'amata cfr. 8-10 e quando gionge, pregote che fazza / a soa fegura bella / reverenza ed onor","Sovrana ballata placente versi 37-38 «Vaten', balata novella, / en Pisa, cantante 'mpromera»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sovrana_ballata_placente,Sovrana ballata placente,,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK QUAL ... CANTERÀ,"le menzioni del canto nelle ballate antiche sono rare; tra i pochi esempi, cfr. l'antichissima Sovrana ballata placente 37-8 Vaten', balata novella, / en Pisa, cantante 'mpromera (<i>PSS</i>, III, p. 1143); Guido Novello da Polenta, <i>Dixem</i>'Amor: Questa donna più vol <i>te</i> 5 faite cantar davanti a la soa fazza; e per la cerimonia dell'incontro tra la ballata e l'amata cfr. 8-10 e quando gionge, pregote che fazza / a soa fegura bella / reverenza ed onor",Dixem'Amor: Questa donna più vol te verso 5 faite cantar davanti a la soa fazza,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dixem_Amor,Dixem'Amor: Questa donna più vol te,Guido Novello da Polenta,http://dbpedia.org/resource/Guido_II_da_Polenta,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK QUAL ... CANTERÀ,"le menzioni del canto nelle ballate antiche sono rare; tra i pochi esempi, cfr. l'antichissima Sovrana ballata placente 37-8 Vaten', balata novella, / en Pisa, cantante 'mpromera (<i>PSS</i>, III, p. 1143); Guido Novello da Polenta, <i>Dixem</i>'Amor: Questa donna più vol <i>te</i> 5 faite cantar davanti a la soa fazza; e per la cerimonia dell'incontro tra la ballata e l'amata cfr. 8-10 e quando gionge, pregote che fazza / a soa fegura bella / reverenza ed onor","versi 8-10 e quando gionge, pregote che fazza / a soa fegura bella / reverenza ed onor",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dixem_Amor,Dixem'Amor: Questa donna più vol te,Guido Novello da Polenta,http://dbpedia.org/resource/Guido_II_da_Polenta,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK CHE ... ONORE,"fare onore significava 'fare buona accoglienza, onorare', come in <i>Pd</i> XXV 103-5 E come surge e va ed entra in ballo / vergine lieta, sol per <i>fare onore</i> / a la novizia; e l'idea che la destinataria del canto debba, al canto, <i>fare onore</i> si trova anche in Lupo degli Uberti, <i>Movo canto amoroso novamente</i> 47-8 tu dëi sperar d'aver onore, / poi che tu vai a donna conoscente","Movo canto amoroso novamente 47-8 tu dëi sperar d'aver onore, / poi che tu vai a donna conoscente",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Movo_canto_amoroso_novamente,Movo canto amoroso novamente,Lupo degli Uberti,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lupo_degli_Uberti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK MADONNA,"l'avvio con appello alla donna, o a <i>madonna</i>, molto diffuso in generale, è però caratteristico soprattutto della ballata (cfr. Pagnotta 1995, pp. 369-70), genere al quale la stanza <i>esparsa</i> è prossima sia per le dimensioni sia, forse (vedi il caso di Lo meo servente core), per la speciale disponibilità a esser musicata (cfr. Casu i.c.s.). Di solito, all'invocazione segue la lode di una prerogativa dell'amata (qui, il fatto di portare Amore negli occhi): cfr. Bonagiunta, <i>Donna, vostre belleze</i> 1-3 <i>Donna, vostre belleze</i>, / c'avete, col bel viso, / m'hanno sì priso. Ma molto vicine a quella dantesca sono piuttosto queste invocazioni ""al mezzo"", che svolgono l'identico motivo captatorio: la donna è tanto saggia (in Dante, buona) che certamente soccorrerà il poeta (ovvero, 4 sarete amica di pietate): <i>Memoriali</i> bolognesi, <i>Donna, vostr</i>'<i>adorneçe</i> 25-30 Dona, lo gram savere / ch'in vui regna chotanto / me dà ferma credença / che del meo dolere / me darà çogla e canto / la vostra chanoscença. E ancora più precisamente, sia per il contenuto (l'amante confida, confortato da Amore, che la donna sarà pietosa: ed è la stessa situazione descritta da Dante) sia per la forma, cfr. Lapo Gianni, <i>Donna, se</i> 'l prego 19-20 Donna, Ragion d'Amor mi dà speranza, / che voi serete ver' me sì gentile. 1-2","Don- na, vostre belleze 1-3 «Donna, vostre belleze, / c'avete, col bel viso, / m'hanno sì priso».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Donna_vostre_belleze,"Donna, vostre belleze",Bonagiunta Orbicciani,http://dbpedia.org/resource/Bonagiunta_Orbicciani,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK MADONNA,"l'avvio con appello alla donna, o a <i>madonna</i>, molto diffuso in generale, è però caratteristico soprattutto della ballata (cfr. Pagnotta 1995, pp. 369-70), genere al quale la stanza <i>esparsa</i> è prossima sia per le dimensioni sia, forse (vedi il caso di Lo meo servente core), per la speciale disponibilità a esser musicata (cfr. Casu i.c.s.). Di solito, all'invocazione segue la lode di una prerogativa dell'amata (qui, il fatto di portare Amore negli occhi): cfr. Bonagiunta, <i>Donna, vostre belleze</i> 1-3 <i>Donna, vostre belleze</i>, / c'avete, col bel viso, / m'hanno sì priso. Ma molto vicine a quella dantesca sono piuttosto queste invocazioni ""al mezzo"", che svolgono l'identico motivo captatorio: la donna è tanto saggia (in Dante, buona) che certamente soccorrerà il poeta (ovvero, 4 sarete amica di pietate): <i>Memoriali</i> bolognesi, <i>Donna, vostr</i>'<i>adorneçe</i> 25-30 Dona, lo gram savere / ch'in vui regna chotanto / me dà ferma credença / che del meo dolere / me darà çogla e canto / la vostra chanoscença. E ancora più precisamente, sia per il contenuto (l'amante confida, confortato da Amore, che la donna sarà pietosa: ed è la stessa situazione descritta da Dante) sia per la forma, cfr. Lapo Gianni, <i>Donna, se</i> 'l prego 19-20 Donna, Ragion d'Amor mi dà speranza, / che voi serete ver' me sì gentile. 1-2","Donna, vostr'adorneçe 25-30 «Dona, lo gram save- re / ch'in vui regna chotanto / me dà ferma credença / che del meo dolere / me darà çogla e canto / la vostra chanoscença»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Memoriali_bolognesi,Memoriali bolognesi,,,http://purl.org/bncf/tid/5750,WORK MADONNA,"l'avvio con appello alla donna, o a <i>madonna</i>, molto diffuso in generale, è però caratteristico soprattutto della ballata (cfr. Pagnotta 1995, pp. 369-70), genere al quale la stanza <i>esparsa</i> è prossima sia per le dimensioni sia, forse (vedi il caso di Lo meo servente core), per la speciale disponibilità a esser musicata (cfr. Casu i.c.s.). Di solito, all'invocazione segue la lode di una prerogativa dell'amata (qui, il fatto di portare Amore negli occhi): cfr. Bonagiunta, <i>Donna, vostre belleze</i> 1-3 <i>Donna, vostre belleze</i>, / c'avete, col bel viso, / m'hanno sì priso. Ma molto vicine a quella dantesca sono piuttosto queste invocazioni ""al mezzo"", che svolgono l'identico motivo captatorio: la donna è tanto saggia (in Dante, buona) che certamente soccorrerà il poeta (ovvero, 4 sarete amica di pietate): <i>Memoriali</i> bolognesi, <i>Donna, vostr</i>'<i>adorneçe</i> 25-30 Dona, lo gram savere / ch'in vui regna chotanto / me dà ferma credença / che del meo dolere / me darà çogla e canto / la vostra chanoscença. E ancora più precisamente, sia per il contenuto (l'amante confida, confortato da Amore, che la donna sarà pietosa: ed è la stessa situazione descritta da Dante) sia per la forma, cfr. Lapo Gianni, <i>Donna, se</i> 'l prego 19-20 Donna, Ragion d'Amor mi dà speranza, / che voi serete ver' me sì gentile. 1-2","Donna, vostr'adorneçe 25-30 «Dona, lo gram save- re / ch'in vui regna chotanto / me dà ferma credença / che del meo dolere / me darà çogla e canto / la vostra chanoscença» in Memoriali bolognesi",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Donna_vostr_adornece,Donna vostr' adorneçe,,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK MADONNA,"l'avvio con appello alla donna, o a <i>madonna</i>, molto diffuso in generale, è però caratteristico soprattutto della ballata (cfr. Pagnotta 1995, pp. 369-70), genere al quale la stanza <i>esparsa</i> è prossima sia per le dimensioni sia, forse (vedi il caso di Lo meo servente core), per la speciale disponibilità a esser musicata (cfr. Casu i.c.s.). Di solito, all'invocazione segue la lode di una prerogativa dell'amata (qui, il fatto di portare Amore negli occhi): cfr. Bonagiunta, <i>Donna, vostre belleze</i> 1-3 <i>Donna, vostre belleze</i>, / c'avete, col bel viso, / m'hanno sì priso. Ma molto vicine a quella dantesca sono piuttosto queste invocazioni ""al mezzo"", che svolgono l'identico motivo captatorio: la donna è tanto saggia (in Dante, buona) che certamente soccorrerà il poeta (ovvero, 4 sarete amica di pietate): <i>Memoriali</i> bolognesi, <i>Donna, vostr</i>'<i>adorneçe</i> 25-30 Dona, lo gram savere / ch'in vui regna chotanto / me dà ferma credença / che del meo dolere / me darà çogla e canto / la vostra chanoscença. E ancora più precisamente, sia per il contenuto (l'amante confida, confortato da Amore, che la donna sarà pietosa: ed è la stessa situazione descritta da Dante) sia per la forma, cfr. Lapo Gianni, <i>Donna, se</i> 'l prego 19-20 Donna, Ragion d'Amor mi dà speranza, / che voi serete ver' me sì gentile. 1-2","Donna, se 'l prego 19-20 «Donna, Ragion d'Amor mi dà speranza, / che voi se- rete ver' me sì gentile».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Donna_se_l_prego,"Donna, se 'l prego de la mente mia",Lapo Gianni,http://dbpedia.org/resource/Lapo_Gianni,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SIGNOR ... OCCHI,"l'idea che Amore (il <i>signore</i>) soggiorni negli occhi dell'amata è tradizionale, ma tra i poeti dello Stilnovo affiora come vera e propria metafora ossessiva: tra le decine di esempi possibili cfr. Dante, <i>Le dolci rime</i> 18-9 quel <i>signore</i> / ch'a la mia donna ne li occhi dimora [<i>Cv</i> IV] e Cavalcanti, <i>O tu, che porti</i> 1-2 <i>O tu, che porti</i> nelli occhi sovente / Amor. Quanto al senso di questa metafora, Amore negli occhi è talvolta indice di mitezza, talvolta di una forza minacciosa, e in questo caso dell'una e dell'altra cosa: vince ogni resistenza ma promette pietà.","O tu, che porti versi 1-2 O tu, che porti nelli occhi sovente / Amor",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/O_tu_che_porti,"O tu, che porti nelli occhi sovente",Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK AMICA DI PIETATE,"perifrasi consueta in luogo dell'aggettivo corrispondente (per <i>pietosa</i>: come <i>amico della ventura</i> sta per <i>fortunato</i>): cfr. Cino, <i>Bella e gentile, amica di pietate</i>. <i>Pietà</i> è, nell'uso moderno, lo stesso che 'compassione, pena', ma Dante in <i>Cv</i> II X 6 terrà a descriverla come virtù attiva: non è pietade quella che crede la volgar gente, cioè dolersi de l'altrui male ..., anzi è una nobile disposizione d'animo, apparecchiata di ricevere amore, misericordia e altre caritative passioni; e qui sarà appunto la propensione della donna a confortare e soccorrere il poeta. 5-8",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Bella_e_gentile_amica_di_pietate,"Bella e gentile, amica di pietate",Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PERÒ CHE ... A SÉ,"la bontà (che ispira <i>pietà</i>, misericordia a chi la detiene) non può mancare là dove ci sono la bellezza e la disposizione ad amare. Come s'è detto nella premessa, Dante svolge qui un motivo ben diffuso, in ampia gamma di varianti, nella lirica romanza. Si sostituiscano alla <i>bontate</i> di cui parla Dante la <i>mercé</i>, o la <i>pietà</i>, o l'<i>umiltà</i> personificate e alla <i>biltate</i> un numero n di valori positivi e si vedrà come l'identico motivo – o meglio l'identico modulo retorico, dato che a contare non è tanto il contenuto dei termini quanto il rapporto d'implicazione che sussiste tra i termini medesimi – sia presente in Folchetto di Marsiglia, <i>Ben an mort mi e lor</i> 9-10 qu'ieu non cre jes que merces aus faillir / lai on Dieus volc totz autres bes aizir; in Guilhem de la Tor, <i>Qui sap, sofrent, esperare</i> 51-3 E, pos tuit li ben estar / son en vos, ben es ma fes / qe·i degues esser merces; in Perdigon, <i>Los mals d</i>'<i>Amor ai eu ben totz apres</i> 31-3 que so non cuich que ges esser pogues / que lai on es totz autres bes pausatz / que no·i degues esser Humilitatz; in Aimeric de Sarlat, Quan si cargo·l ram de vert fueill 43-4 mas en vos es tot aisso [tutte le doti che il poeta ha elencato] ab joven, / esser hi deu merces, ab chauzimen [con indulgenza]; in Gaucelm Faidit, Tan aut me creis Amors en ferm talan 26-8 lai on es beutatz et pretz valens / non deu faillir merces ni chauzimens / ni guizardos de fin joi, ses duptansa. E, per venire agli italiani, in Chiaro, Madonna, io nonn-audivi dicer mai 9-11 ché·llà dov'è bieltate e piacimento, / pregio ed onore e modo di savere, / ben de' merzé trovarvi umil talento; e in Tomaso da Faenza (che traduce Folchetto), Ispesso di gioia nascie ed inconinza 51-2 fallire non poria / merzé, ove son tute altre vertute.",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT PERÒ CHE ... A SÉ,"la bontà (che ispira <i>pietà</i>, misericordia a chi la detiene) non può mancare là dove ci sono la bellezza e la disposizione ad amare. Come s'è detto nella premessa, Dante svolge qui un motivo ben diffuso, in ampia gamma di varianti, nella lirica romanza. Si sostituiscano alla <i>bontate</i> di cui parla Dante la <i>mercé</i>, o la <i>pietà</i>, o l'<i>umiltà</i> personificate e alla <i>biltate</i> un numero n di valori positivi e si vedrà come l'identico motivo – o meglio l'identico modulo retorico, dato che a contare non è tanto il contenuto dei termini quanto il rapporto d'implicazione che sussiste tra i termini medesimi – sia presente in Folchetto di Marsiglia, <i>Ben an mort mi e lor</i> 9-10 qu'ieu non cre jes que merces aus faillir / lai on Dieus volc totz autres bes aizir; in Guilhem de la Tor, <i>Qui sap, sofrent, esperare</i> 51-3 E, pos tuit li ben estar / son en vos, ben es ma fes / qe·i degues esser merces; in Perdigon, <i>Los mals d</i>'<i>Amor ai eu ben totz apres</i> 31-3 que so non cuich que ges esser pogues / que lai on es totz autres bes pausatz / que no·i degues esser Humilitatz; in Aimeric de Sarlat, Quan si cargo·l ram de vert fueill 43-4 mas en vos es tot aisso [tutte le doti che il poeta ha elencato] ab joven, / esser hi deu merces, ab chauzimen [con indulgenza]; in Gaucelm Faidit, Tan aut me creis Amors en ferm talan 26-8 lai on es beutatz et pretz valens / non deu faillir merces ni chauzimens / ni guizardos de fin joi, ses duptansa. E, per venire agli italiani, in Chiaro, Madonna, io nonn-audivi dicer mai 9-11 ché·llà dov'è bieltate e piacimento, / pregio ed onore e modo di savere, / ben de' merzé trovarvi umil talento; e in Tomaso da Faenza (che traduce Folchetto), Ispesso di gioia nascie ed inconinza 51-2 fallire non poria / merzé, ove son tute altre vertute.",Ben an mort mi e lor 9-10 «qu'ieu non cre jes que merces aus faillir / lai on Dieus volc totz autres bes aizir»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ben_an_mort_mi_e_lor,Ben an mort mi e lor,Folchetto di Marsiglia,http://dbpedia.org/resource/Folquet_de_Marselha,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PERÒ CHE ... A SÉ,"la bontà (che ispira <i>pietà</i>, misericordia a chi la detiene) non può mancare là dove ci sono la bellezza e la disposizione ad amare. Come s'è detto nella premessa, Dante svolge qui un motivo ben diffuso, in ampia gamma di varianti, nella lirica romanza. Si sostituiscano alla <i>bontate</i> di cui parla Dante la <i>mercé</i>, o la <i>pietà</i>, o l'<i>umiltà</i> personificate e alla <i>biltate</i> un numero n di valori positivi e si vedrà come l'identico motivo – o meglio l'identico modulo retorico, dato che a contare non è tanto il contenuto dei termini quanto il rapporto d'implicazione che sussiste tra i termini medesimi – sia presente in Folchetto di Marsiglia, <i>Ben an mort mi e lor</i> 9-10 qu'ieu non cre jes que merces aus faillir / lai on Dieus volc totz autres bes aizir; in Guilhem de la Tor, <i>Qui sap, sofrent, esperare</i> 51-3 E, pos tuit li ben estar / son en vos, ben es ma fes / qe·i degues esser merces; in Perdigon, <i>Los mals d</i>'<i>Amor ai eu ben totz apres</i> 31-3 que so non cuich que ges esser pogues / que lai on es totz autres bes pausatz / que no·i degues esser Humilitatz; in Aimeric de Sarlat, Quan si cargo·l ram de vert fueill 43-4 mas en vos es tot aisso [tutte le doti che il poeta ha elencato] ab joven, / esser hi deu merces, ab chauzimen [con indulgenza]; in Gaucelm Faidit, Tan aut me creis Amors en ferm talan 26-8 lai on es beutatz et pretz valens / non deu faillir merces ni chauzimens / ni guizardos de fin joi, ses duptansa. E, per venire agli italiani, in Chiaro, Madonna, io nonn-audivi dicer mai 9-11 ché·llà dov'è bieltate e piacimento, / pregio ed onore e modo di savere, / ben de' merzé trovarvi umil talento; e in Tomaso da Faenza (che traduce Folchetto), Ispesso di gioia nascie ed inconinza 51-2 fallire non poria / merzé, ove son tute altre vertute.","Qui sap, sofrent, esperare 51-3 «E, pos tuit li ben estar / son en vos, ben es ma fes / qe·i degues esser mer- ces»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Qui_sap_sofrent_esperare,"Qui sap, sofrent, esperare",Guilhem de la Tor,http://dbpedia.org/resource/Guilhem_de_la_Tor,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PERÒ CHE ... A SÉ,"la bontà (che ispira <i>pietà</i>, misericordia a chi la detiene) non può mancare là dove ci sono la bellezza e la disposizione ad amare. Come s'è detto nella premessa, Dante svolge qui un motivo ben diffuso, in ampia gamma di varianti, nella lirica romanza. Si sostituiscano alla <i>bontate</i> di cui parla Dante la <i>mercé</i>, o la <i>pietà</i>, o l'<i>umiltà</i> personificate e alla <i>biltate</i> un numero n di valori positivi e si vedrà come l'identico motivo – o meglio l'identico modulo retorico, dato che a contare non è tanto il contenuto dei termini quanto il rapporto d'implicazione che sussiste tra i termini medesimi – sia presente in Folchetto di Marsiglia, <i>Ben an mort mi e lor</i> 9-10 qu'ieu non cre jes que merces aus faillir / lai on Dieus volc totz autres bes aizir; in Guilhem de la Tor, <i>Qui sap, sofrent, esperare</i> 51-3 E, pos tuit li ben estar / son en vos, ben es ma fes / qe·i degues esser merces; in Perdigon, <i>Los mals d</i>'<i>Amor ai eu ben totz apres</i> 31-3 que so non cuich que ges esser pogues / que lai on es totz autres bes pausatz / que no·i degues esser Humilitatz; in Aimeric de Sarlat, Quan si cargo·l ram de vert fueill 43-4 mas en vos es tot aisso [tutte le doti che il poeta ha elencato] ab joven, / esser hi deu merces, ab chauzimen [con indulgenza]; in Gaucelm Faidit, Tan aut me creis Amors en ferm talan 26-8 lai on es beutatz et pretz valens / non deu faillir merces ni chauzimens / ni guizardos de fin joi, ses duptansa. E, per venire agli italiani, in Chiaro, Madonna, io nonn-audivi dicer mai 9-11 ché·llà dov'è bieltate e piacimento, / pregio ed onore e modo di savere, / ben de' merzé trovarvi umil talento; e in Tomaso da Faenza (che traduce Folchetto), Ispesso di gioia nascie ed inconinza 51-2 fallire non poria / merzé, ove son tute altre vertute.",Los mals d'Amor ai eu ben totz apres 31-3 «que so non cuich que ges esser pogues / que lai on es totz autres bes pausatz / que no·i degues esser Humilitatz»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Los_mals_d_Amor,Los mals d'Amor ai eu ben totz apres,Perdigon,http://dbpedia.org/resource/Perdigon,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PERÒ CHE ... A SÉ,"la bontà (che ispira <i>pietà</i>, misericordia a chi la detiene) non può mancare là dove ci sono la bellezza e la disposizione ad amare. Come s'è detto nella premessa, Dante svolge qui un motivo ben diffuso, in ampia gamma di varianti, nella lirica romanza. Si sostituiscano alla <i>bontate</i> di cui parla Dante la <i>mercé</i>, o la <i>pietà</i>, o l'<i>umiltà</i> personificate e alla <i>biltate</i> un numero n di valori positivi e si vedrà come l'identico motivo – o meglio l'identico modulo retorico, dato che a contare non è tanto il contenuto dei termini quanto il rapporto d'implicazione che sussiste tra i termini medesimi – sia presente in Folchetto di Marsiglia, <i>Ben an mort mi e lor</i> 9-10 qu'ieu non cre jes que merces aus faillir / lai on Dieus volc totz autres bes aizir; in Guilhem de la Tor, <i>Qui sap, sofrent, esperare</i> 51-3 E, pos tuit li ben estar / son en vos, ben es ma fes / qe·i degues esser merces; in Perdigon, <i>Los mals d</i>'<i>Amor ai eu ben totz apres</i> 31-3 que so non cuich que ges esser pogues / que lai on es totz autres bes pausatz / que no·i degues esser Humilitatz; in Aimeric de Sarlat, Quan si cargo·l ram de vert fueill 43-4 mas en vos es tot aisso [tutte le doti che il poeta ha elencato] ab joven, / esser hi deu merces, ab chauzimen [con indulgenza]; in Gaucelm Faidit, Tan aut me creis Amors en ferm talan 26-8 lai on es beutatz et pretz valens / non deu faillir merces ni chauzimens / ni guizardos de fin joi, ses duptansa. E, per venire agli italiani, in Chiaro, Madonna, io nonn-audivi dicer mai 9-11 ché·llà dov'è bieltate e piacimento, / pregio ed onore e modo di savere, / ben de' merzé trovarvi umil talento; e in Tomaso da Faenza (che traduce Folchetto), Ispesso di gioia nascie ed inconinza 51-2 fallire non poria / merzé, ove son tute altre vertute.","Quan si cargo·l ram de vert fueill 43-4 «mas en vos es tot aisso [tutte le doti che il poeta ha elencato] ab joven, / esser hi deu merces, ab chauzi- men [con indulgenza]»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quan_si_cargo_l_ram_de_vert_fueill,Quan si cargo·l ram de vert fueill,Aimeric de Sarlat,http://dbpedia.org/resource/Aimeric_de_Sarlat,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PERÒ CHE ... A SÉ,"la bontà (che ispira <i>pietà</i>, misericordia a chi la detiene) non può mancare là dove ci sono la bellezza e la disposizione ad amare. Come s'è detto nella premessa, Dante svolge qui un motivo ben diffuso, in ampia gamma di varianti, nella lirica romanza. Si sostituiscano alla <i>bontate</i> di cui parla Dante la <i>mercé</i>, o la <i>pietà</i>, o l'<i>umiltà</i> personificate e alla <i>biltate</i> un numero n di valori positivi e si vedrà come l'identico motivo – o meglio l'identico modulo retorico, dato che a contare non è tanto il contenuto dei termini quanto il rapporto d'implicazione che sussiste tra i termini medesimi – sia presente in Folchetto di Marsiglia, <i>Ben an mort mi e lor</i> 9-10 qu'ieu non cre jes que merces aus faillir / lai on Dieus volc totz autres bes aizir; in Guilhem de la Tor, <i>Qui sap, sofrent, esperare</i> 51-3 E, pos tuit li ben estar / son en vos, ben es ma fes / qe·i degues esser merces; in Perdigon, <i>Los mals d</i>'<i>Amor ai eu ben totz apres</i> 31-3 que so non cuich que ges esser pogues / que lai on es totz autres bes pausatz / que no·i degues esser Humilitatz; in Aimeric de Sarlat, Quan si cargo·l ram de vert fueill 43-4 mas en vos es tot aisso [tutte le doti che il poeta ha elencato] ab joven, / esser hi deu merces, ab chauzimen [con indulgenza]; in Gaucelm Faidit, Tan aut me creis Amors en ferm talan 26-8 lai on es beutatz et pretz valens / non deu faillir merces ni chauzimens / ni guizardos de fin joi, ses duptansa. E, per venire agli italiani, in Chiaro, Madonna, io nonn-audivi dicer mai 9-11 ché·llà dov'è bieltate e piacimento, / pregio ed onore e modo di savere, / ben de' merzé trovarvi umil talento; e in Tomaso da Faenza (che traduce Folchetto), Ispesso di gioia nascie ed inconinza 51-2 fallire non poria / merzé, ove son tute altre vertute.","Tan aut me creis Amors en ferm talan 26-8 «lai on es beutatz et pretz valens / non deu faillir merces ni chauzimens / ni guizardos de fin joi, ses duptansa»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tan_aut_me_creis_Amors,Tan aut me creis Amors en ferm talan,Gaucelm Faidit,http://dbpedia.org/resource/Gaucelm_Faidit,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PERÒ CHE ... A SÉ,"la bontà (che ispira <i>pietà</i>, misericordia a chi la detiene) non può mancare là dove ci sono la bellezza e la disposizione ad amare. Come s'è detto nella premessa, Dante svolge qui un motivo ben diffuso, in ampia gamma di varianti, nella lirica romanza. Si sostituiscano alla <i>bontate</i> di cui parla Dante la <i>mercé</i>, o la <i>pietà</i>, o l'<i>umiltà</i> personificate e alla <i>biltate</i> un numero n di valori positivi e si vedrà come l'identico motivo – o meglio l'identico modulo retorico, dato che a contare non è tanto il contenuto dei termini quanto il rapporto d'implicazione che sussiste tra i termini medesimi – sia presente in Folchetto di Marsiglia, <i>Ben an mort mi e lor</i> 9-10 qu'ieu non cre jes que merces aus faillir / lai on Dieus volc totz autres bes aizir; in Guilhem de la Tor, <i>Qui sap, sofrent, esperare</i> 51-3 E, pos tuit li ben estar / son en vos, ben es ma fes / qe·i degues esser merces; in Perdigon, <i>Los mals d</i>'<i>Amor ai eu ben totz apres</i> 31-3 que so non cuich que ges esser pogues / que lai on es totz autres bes pausatz / que no·i degues esser Humilitatz; in Aimeric de Sarlat, Quan si cargo·l ram de vert fueill 43-4 mas en vos es tot aisso [tutte le doti che il poeta ha elencato] ab joven, / esser hi deu merces, ab chauzimen [con indulgenza]; in Gaucelm Faidit, Tan aut me creis Amors en ferm talan 26-8 lai on es beutatz et pretz valens / non deu faillir merces ni chauzimens / ni guizardos de fin joi, ses duptansa. E, per venire agli italiani, in Chiaro, Madonna, io nonn-audivi dicer mai 9-11 ché·llà dov'è bieltate e piacimento, / pregio ed onore e modo di savere, / ben de' merzé trovarvi umil talento; e in Tomaso da Faenza (che traduce Folchetto), Ispesso di gioia nascie ed inconinza 51-2 fallire non poria / merzé, ove son tute altre vertute.","Madonna, io nonn-audivi dicer mai 9-11 «ché·llà dov'è bieltate e piacimento, / pregio ed onore e modo di sa- vere, / ben de' merzé trovarvi umil talento»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Madonna_io_nonn_audivi_dicer_mai,"Madonna, io nonn-audivi dicer mai",Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PERÒ CHE ... A SÉ,"la bontà (che ispira <i>pietà</i>, misericordia a chi la detiene) non può mancare là dove ci sono la bellezza e la disposizione ad amare. Come s'è detto nella premessa, Dante svolge qui un motivo ben diffuso, in ampia gamma di varianti, nella lirica romanza. Si sostituiscano alla <i>bontate</i> di cui parla Dante la <i>mercé</i>, o la <i>pietà</i>, o l'<i>umiltà</i> personificate e alla <i>biltate</i> un numero n di valori positivi e si vedrà come l'identico motivo – o meglio l'identico modulo retorico, dato che a contare non è tanto il contenuto dei termini quanto il rapporto d'implicazione che sussiste tra i termini medesimi – sia presente in Folchetto di Marsiglia, <i>Ben an mort mi e lor</i> 9-10 qu'ieu non cre jes que merces aus faillir / lai on Dieus volc totz autres bes aizir; in Guilhem de la Tor, <i>Qui sap, sofrent, esperare</i> 51-3 E, pos tuit li ben estar / son en vos, ben es ma fes / qe·i degues esser merces; in Perdigon, <i>Los mals d</i>'<i>Amor ai eu ben totz apres</i> 31-3 que so non cuich que ges esser pogues / que lai on es totz autres bes pausatz / que no·i degues esser Humilitatz; in Aimeric de Sarlat, Quan si cargo·l ram de vert fueill 43-4 mas en vos es tot aisso [tutte le doti che il poeta ha elencato] ab joven, / esser hi deu merces, ab chauzimen [con indulgenza]; in Gaucelm Faidit, Tan aut me creis Amors en ferm talan 26-8 lai on es beutatz et pretz valens / non deu faillir merces ni chauzimens / ni guizardos de fin joi, ses duptansa. E, per venire agli italiani, in Chiaro, Madonna, io nonn-audivi dicer mai 9-11 ché·llà dov'è bieltate e piacimento, / pregio ed onore e modo di savere, / ben de' merzé trovarvi umil talento; e in Tomaso da Faenza (che traduce Folchetto), Ispesso di gioia nascie ed inconinza 51-2 fallire non poria / merzé, ove son tute altre vertute.","Ispesso di gioia nascie ed inconinza 51-2 «fallire non poria / merzé, ove son tute altre vertute».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ispesso_di_gioia_nascie_ed_inconinza,Ispesso di gioia nascie ed inconinza,Tommaso da Faenza,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tommaso_da_Faenza,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK HA IN COMPAGNIA,"al posto di 'insieme', è perifrasi che i poeti romanzi usano in particolare per esprimere il possesso di virtù o vizi (non si dice insomma <i>è buono</i> ma <i>ha Bontà con sé, nella sua compagnia</i>): cfr. Peire Cardenal, <i>Qui ve gran maleza faire</i> 13-4 ""e granz cobeitatz entieira / li fai conpaignia""; e non è da escludersi che qui – data l'idea del <i>vincere</i> (2) e del <i>combattimento</i> (10) – <i>in compagnia</i> rimandi al campo semantico della milizia, 'tra le sue schiere, nel suo esercito'",Qui ve gran maleza faire 13-4 «e granz cobeitatz entieira / li fai conpaignia»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Qui_ve_gran_maleza_faire,Qui ve gran maleza faire,Peire Cardenal,http://dbpedia.org/resource/Peire_Cardenal,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PRINCIPIO,"è, come ricordano <i>Foster</i> – <i>Boyde</i>, un termine del linguaggio aristotelico e scolastico (nella <i>Summa theologica</i> di Tommaso <i>principium</i> è id a quo aliquid procedit); e sulla forza d'attrazione del principio cui ciascuna cosa [desidera] ritornare cfr. <i>Cv</i> IV XII 14",principium è «id a quo aliquid procedit»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Summa_Theologica,Summa Theologiae,Tommaso,http://dbpedia.org/resource/Thomas_Aquinas,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK PRINCIPIO,"è, come ricordano <i>Foster</i> – <i>Boyde</i>, un termine del linguaggio aristotelico e scolastico (nella <i>Summa theologica</i> di Tommaso <i>principium</i> è id a quo aliquid procedit); e sulla forza d'attrazione del principio cui ciascuna cosa [desidera] ritornare cfr. <i>Cv</i> IV XII 14",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19144,CONCEPT CONFORTO ... SPERANZA,"'persisto a sperare, alimento la mia speranza'. Come molto spesso accade in poesia, e in Dante in ispecie, al posto del verbo (<i>spero ancora</i>) c'è una perifrasi in cui la speranza viene come personificata, o eguagliata a una creatura reale che ha bisogno di cura e conforto onde non <i>perdersi</i>; cfr. per esempio Rinaldo d'Aquino, <i>In un gravoso</i> 8-9 conforto mia speranza, / pensando che s'avanza (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>), o Dante da Maiano (?), <i>Tutto ch</i>'eo poco vaglia 57 conforto el meo coraggio (Bettarini).","In un gravoso 8-9 «conforto mia speranza, / pensando che s'avanza»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/In_un_gravoso_affanno,In un gravoso affanno,Rinaldo d'Aquino,http://it.dbpedia.org/resource/Rinaldo_d'Aquino,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK CONFORTO ... SPERANZA,"'persisto a sperare, alimento la mia speranza'. Come molto spesso accade in poesia, e in Dante in ispecie, al posto del verbo (<i>spero ancora</i>) c'è una perifrasi in cui la speranza viene come personificata, o eguagliata a una creatura reale che ha bisogno di cura e conforto onde non <i>perdersi</i>; cfr. per esempio Rinaldo d'Aquino, <i>In un gravoso</i> 8-9 conforto mia speranza, / pensando che s'avanza (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>), o Dante da Maiano (?), <i>Tutto ch</i>'eo poco vaglia 57 conforto el meo coraggio (Bettarini).",Tutto ch'eo poco vaglia verso 57 conforto el meo coraggio,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tutto_ch_eo_vaglia,Tutto ch'eo poco vaglia,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK NOVO COLORE,"come osservano <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>, il colore nuovo sembrerebbe indice di gioia e rinnovamento, come in Tre donne 98 fatti di color novi; e c'è anche l'idea di freschezza e gioventù, come in Guido Novello da Polenta, <i>Era l</i>'aire sereno e lo bel tempo 5-6 Ben fusti zoia, tal che·mm'apparisti / e col novo color del tuo bel viso.","Era l'aire sereno e lo bel tempo versi 5-6 Ben fusti zoia, tal che·mm'apparisti / e col novo color del tuo bel viso",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Era_l_aire_sereno,Era l'aire sereno e lo bel tempo,Guido Novello da Polenta,http://dbpedia.org/resource/Guido_II_da_Polenta,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK CERCÒ,"'circondò': cfr. <i>DEI</i> s.v. cercare2, dal lat. tardo <i>circare</i>; e per lo scambio frequente tra <i>cercare</i> e <i>cerchiare</i> nei testi antichi (cerchiò leggeva l'ed. Barbi) cfr. <i>GAVI</i> s.v. <i>cerchiare</i>. Se è una metafora – se non è una ghirlanda ma un pensiero, una situazione – è la stessa di <i>If</i> III 31 d'error la testa cinta o di Gherarduccio Garisendi, Dolze d'<i>amore amico, e</i>' <i>ve riscrivo</i> 11 d'amor la mente cinta (Contini).","Dolze d'amore amico, e' ve riscrivo 11 d'amor la mente cinta",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dolze_d_amore_amico,"Dolze d'amore amico, e' ve riscrivo",Gherarducci Garisendi,tp://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Gherarduccio_Garisendi,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK MERCÉ ... CORTESIA,"formula di ringraziamento e congedo simile a quella che chiude il sonetto <i>Omo non fu ch</i>'<i>amasse lealmente</i> 14 merzé cherendo a vostra cortesia (<i>Corona</i> IX); o il sonetto di Bonagiunta <i>Tutto lo mondo si mantien per fiore</i> 14 vostra mercé, madonna, fior aulente; o, di Dante, la canzone <i>Donna pietosa</i> 84 Voi mi chiamaste allor, vostra merzede",Omo non fu ch'amasse lealmente 14 merzé cherendo a vostra cortesia (Corona IX),CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/La_corona_amorosa,La corona amorosa (o corona di casistica amorosa),Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK MERCÉ ... CORTESIA,"formula di ringraziamento e congedo simile a quella che chiude il sonetto <i>Omo non fu ch</i>'<i>amasse lealmente</i> 14 merzé cherendo a vostra cortesia (<i>Corona</i> IX); o il sonetto di Bonagiunta <i>Tutto lo mondo si mantien per fiore</i> 14 vostra mercé, madonna, fior aulente; o, di Dante, la canzone <i>Donna pietosa</i> 84 Voi mi chiamaste allor, vostra merzede","Tutto lo mondo si mantien per fiore 14 vostra mercé, madonna, fior aulente",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tutto_lo_mondo,Tutto lo mondo si mantien per fiore,Bonagiunta Orbicciani,http://dbpedia.org/resource/Bonagiunta_Orbicciani,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK VÏOLETTA,"senhal floreale, come Fioretta, e vezzeggiativo come per le altre protagoniste o destinatarie delle liriche dantesche, Lisetta e la pargoletta; e con una di queste, o con la donna gentile, o la donna dello schermo, Violetta (che in uno dei testimoni della ballata, la stampa Giuntina, è chiamata invece Nuvoletta) potrà forse essere, ed è stata, identificata (ma, ripeto, senza imbastire ipotesi circa la cronologia degli amori di Dante). A parte l'analogo avvio di Dino Frescobaldi, <i>Deh, giovanetta, de</i>' <i>begli occhi tuoi</i>, il verso intero sembra anticipare l'apparizione di Matelda in <i>Pg</i> XXVIII 43 Deh, bella donna, che a' raggi d'amore (un'apparizione che, come quella di Violetta, è descritta come improvvisa: e là m'apparve, sì com'elli appare / subitamente cosa che disvia / per maraviglia tutto altro pensare)","avvio di Dino Frescobaldi, Deh, giovanetta, de' begli occhi tuoi verso 1",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Deh_giovanetta,"Deh, giovanetta! de' begli occhi tuoi",Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK (I)N OMBRA D'AMORE,"probabilmente 'con le sembianze d'amore', intendendo <i>ombra</i> in uno dei sensi del lat. <i>umbra</i>, cioè appunto 'immagine, simulacro' (per traslato, l'antico francese aveva en <i>ombre</i> de 'al posto, in rappresentanza di'; cfr. Godefroy, s.v. <i>ombre</i>: Ma cousine en <i>ombre</i> de moy / fis couchier avec le roy, il faisoient guerre en l'<i>ombre</i> et nom dou roy de Navarre). L'identificazione tra la donna e Amore torna altrove in Dante (<i>Io mi senti</i>' <i>svegliar</i> 14 quell'ha nome Amor, sì mi somiglia) e nei suoi contemporanei (Cavalcanti, Era in penser d'<i>amor</i> 22 fatta di gioco in figura d'amore); ma un'invenzione analoga si trova già per esempio in Ildegarda di Bingen: E udii una voce che mi disse: ""la fanciulla che vedi è Amore"" (citato in Dronke 1965-66, I, p. 67).","Cavalcanti, Era in penser d'amor 22 «fatta di gioco in figura d'amore»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Era_in_penser_d_amor,Era in penser d'amor quand' i' trovai,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK (I)N OMBRA D'AMORE,"probabilmente 'con le sembianze d'amore', intendendo <i>ombra</i> in uno dei sensi del lat. <i>umbra</i>, cioè appunto 'immagine, simulacro' (per traslato, l'antico francese aveva en <i>ombre</i> de 'al posto, in rappresentanza di'; cfr. Godefroy, s.v. <i>ombre</i>: Ma cousine en <i>ombre</i> de moy / fis couchier avec le roy, il faisoient guerre en l'<i>ombre</i> et nom dou roy de Navarre). L'identificazione tra la donna e Amore torna altrove in Dante (<i>Io mi senti</i>' <i>svegliar</i> 14 quell'ha nome Amor, sì mi somiglia) e nei suoi contemporanei (Cavalcanti, Era in penser d'<i>amor</i> 22 fatta di gioco in figura d'amore); ma un'invenzione analoga si trova già per esempio in Ildegarda di Bingen: E udii una voce che mi disse: ""la fanciulla che vedi è Amore"" (citato in Dronke 1965-66, I, p. 67).","E udii una voce che mi disse: ""la fanciulla che vedi è Amore"" lettere di Ildegarda, in the letters of hildegard of bingen, vol 1, 85r",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Epistolarum_liber,Epistolarum Liber,Ildegarda di Bingen,http://dbpedia.org/resource/Hildegard_of_Bingen,http://purl.org/bncf/tid/11978,WORK AGGI PIETÀ,"preghiera di misericordia, che ricorda ovviamente <i>Ps</i> 50, 3 Miserere mei Deus, secundum misericordiam tuam, e gli sviluppi liturgici del passo (cfr. per esempio l'Ordo ad virginem benedicendam XII 40 Miserere mei, Deus, miserere mei, quoniam in te confidit anima mea, ed. Andrieu 1938-41, I, p. 164)","Ps 50, 3 Miserere mei Deus, secundum misericordiam tuam",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Psalms,Salmi,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK AGGI PIETÀ,"preghiera di misericordia, che ricorda ovviamente <i>Ps</i> 50, 3 Miserere mei Deus, secundum misericordiam tuam, e gli sviluppi liturgici del passo (cfr. per esempio l'Ordo ad virginem benedicendam XII 40 Miserere mei, Deus, miserere mei, quoniam in te confidit anima mea, ed. Andrieu 1938-41, I, p. 164)","Miserere mei, Deus, miserere mei, quoniam in te confidit anima mea Ps 56,2",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Psalms,Salmi,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK DEL COR ... FERISTI,"l'immagine è già biblica: <i>Ct</i> 4, 9 vulnerasti cor meum in uno oculorum tuorum (Gorni 1993, p. 224, da vedere anche per altri possibili echi scritturali). Ma la ferita è, come osserva Casu i.c.s., una costante immaginativa del giovane Dante: cfr. E' m'<i>incresce di me</i> 7 quel cor che i belli occhi feriro; I' <i>mi son pargoletta</i> 22-3 però ch'io ricevetti tal ferita / da un ch'io vidi dentro a li occhi sui. E in particolare, il confronto proposto da Casu con l'anonima (ma può ben darsi dantesca) <i>Po</i>' <i>vede te sì nobile e legiadra</i> è interessante perché la situazione – l'incontro subitaneo degli sguardi, onde la ferita – è la stessa: di costu' che feristi: / quando tuoi occhi co·mmiei si scontrâro (5-6).","Ct 4, 9 «vulnerasti cor meum in uno oculorum tuorum»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Song_of_Songs,Cantico dei cantici,Salomone,http://dbpedia.org/resource/Solomon,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK DEL COR ... FERISTI,"l'immagine è già biblica: <i>Ct</i> 4, 9 vulnerasti cor meum in uno oculorum tuorum (Gorni 1993, p. 224, da vedere anche per altri possibili echi scritturali). Ma la ferita è, come osserva Casu i.c.s., una costante immaginativa del giovane Dante: cfr. E' m'<i>incresce di me</i> 7 quel cor che i belli occhi feriro; I' <i>mi son pargoletta</i> 22-3 però ch'io ricevetti tal ferita / da un ch'io vidi dentro a li occhi sui. E in particolare, il confronto proposto da Casu con l'anonima (ma può ben darsi dantesca) <i>Po</i>' <i>vede te sì nobile e legiadra</i> è interessante perché la situazione – l'incontro subitaneo degli sguardi, onde la ferita – è la stessa: di costu' che feristi: / quando tuoi occhi co·mmiei si scontrâro (5-6).",«di costu' che feristi: / quando tuoi occhi co·mmiei si scontrâro» (versi 5-6),CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Po_vede_te_si_nobile_e_legiadra,Po' vede te sì nobile e legiadra,,,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SPERA IN TE,"cfr. <i>Ps</i> 9, 11 <i>Sperent in te</i> qui noverunt nomen tuum (citato in <i>Pd</i> XXV 73 e 93 <i>Sperent in te</i> di sopra noi s'udì), e <i>Ps</i> 30, 2 In te domine speravi, non confundar in aeternum.","Ps 9, 11 «Sperent in te qui noverunt nomen tuum»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Psalms,Salmi,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK SPERA IN TE,"cfr. <i>Ps</i> 9, 11 <i>Sperent in te</i> qui noverunt nomen tuum (citato in <i>Pd</i> XXV 73 e 93 <i>Sperent in te</i> di sopra noi s'udì), e <i>Ps</i> 30, 2 In te domine speravi, non confundar in aeternum.","Ps 30, 2 «In te domine speravi, non confundar in aeternum»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Psalms,Salmi,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK FORMA ... UMANA,"iperbole corrente già nota nella lirica antica, ma ben congruente con l'ideale stilnovista della donna-angelo, pegno del divino: cfr. <i>Vn</i> II 8 ella non parea figliola d'uomo mortale, ma di deo; Cavalcanti, <i>Fresca rosa novella</i> 32-4 Oltra natura umana / vostra fina piasenza / fece Dio. 6-7",Fresca rosa novella versi 32-34 «Oltra natura umana / vostra fina piasenza / fece Dio»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Fresca_rosa_novella,Fresca rosa novella,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK FOCO ... VIDI,"la bellezza (<i>piacer</i>) ha l'effetto di infiammare la mente del riguardante; la stessa dinamica è descritta in Amor che nella mente 63 Sua bieltà piove fiammelle di foco [<i>Cv</i> III], e poco diversamente in <i>Donne ch</i>'<i>avete</i> 52-3 escono spirti d'amore inflammati, / che feron li occhi a quel che allor la guati. Alle spalle c'è la metafora tradizionale che associa lo sguardo alla fiamma (<i>Apc</i> 19, 12 Oculi ... eius sicut flamma ignis): metafora, com'è detto nella nota al v. 8, che trovava un fondamento, una giustificazione nella filosofia naturale","Apc 19, 12 «Oculi ... eius sicut flamma ignis»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Book_of_Revelation,Apocalisse,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_nuovo_testamento,WORK SPIRITO COCENTE,"non lo spirito infiammato d'amore (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>), né l'ardore d'amore e di caritate di <i>Cv</i> III VIII 16, né Dante's spirit, now on fire (<i>Foster</i> – <i>Boyde</i>), né atto generatore di fuoco (De Robertis) ma, secondo una concezione che risale almeno ad Aristotele, e che associa quattro dei cinque sensi ai quattro elementi naturali, lo spirito igneo che permette di vedere: omnes autem visum igni tribuunt, quod cuiusdam affectionis causam ignorent. Nam presso agitatoque oculo igneus fulgor apparet (<i>De sensu</i> 437a 23-5).","«omnes autem visum igni tribuunt, quod cuiusdam affectionis cau- sam ignorent. Nam presso agitatoque oculo igneus fulgor apparet» (De sensu 437a 23-5)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Sense_and_Sensibilia_(Aristotle),De sensu et sensato (Aristotele),Aristotele,http://dbpedia.org/resource/Aristotle,http://purl.org/bncf/tid/19144,WORK (I)N PARTE ... DOVE,"Contini e <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> propendono per il significato di 'parzialmente', come in <i>Pg</i> XI 84 l'onore è tutto or suo, e mio in parte; ma è meglio intendere (con Mattalia e De Robertis) 'dove, nel luogo in cui', prendendo in parte là come un sintagma fisso (qui spezzato dal verbo in rima, mi sana) per il semplice 'là': cfr. Cavalcanti, Se vedi Amore 2 in parte là 've Lapo sia presente. Ed è anzi probabile che il sintagma abbia valore piuttosto temporale che spaziale, 'ogni volta che', come sembra essere il caso di Sì lungiamente 13-4, dove Dante descrive la sensazione di deliquio che lo assale ovunque, cioè ogni volta che la donna lo vede: Questo m'avvene ovunque ella mi vede, / e sì è cosa umil, che nol si crede.","Cavalcanti, Se vedi Amore verso 2 «in parte là 've Lapo sia presente»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Se_vedi_Amore,"Se vedi Amore, assai ti priego, Dante",Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK MI RIDI,"'mi sorridi' (posto che nella lingua antica il <i>riso</i> è spesso il <i>sorriso</i>). Virtù risanatrice del <i>sorriso</i> dell'amata, come in <i>Pd</i> VII 17-8 cominciò, raggiandomi d'un <i>riso</i> / tal, che nel foco faria l'om felice, o in Cavalcanti, <i>Io vidi li occhi</i> 5-6 e se non fosse che la donna rise, / i' parlerei di tal guisa doglioso.","Io vidi li occhi versi 5-6 «e se non fosse che la donna rise, / i' parlerei di tal guisa doglioso».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Io_vidi_li_occhi,Io vidi li occhi dove Amor si mise,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DEH NON GUARDARE,"ripete una formula scritturale (<i>Dt</i> 9, 27 ne aspicias duritiam populi huius) che, annessa al rito della Comunione (Ne respicias peccata mea, sed fidem Ecclesiae tuae, ed. Botte – Mohrmann 1953), diventò poi una sorta di <i>topos</i> negli autori cristiani: Domine, non aspicias peccata mea, sed fidem huius hominis (Gregorio Magno, <i>Dialogi</i> II XXXII 3). Nella poesia volgare serve a professare umiltà sia davanti a Dio o alla Vergine (Guiraut Riquier, <i>Humils, forfaitz, repres e penedens</i> 6-7 que no gardetz cum soy forfaitz vas vos: / si·us plai, gardatz l'ops de m'arma marrida) sia, come qui, davanti all'amata; altri luoghi simili in Menichetti 2002, p.","Dt 9, 27 «ne aspicias duritiam populi huius»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Book_of_Deuteronomy,Deuteronomio,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK DEH NON GUARDARE,"ripete una formula scritturale (<i>Dt</i> 9, 27 ne aspicias duritiam populi huius) che, annessa al rito della Comunione (Ne respicias peccata mea, sed fidem Ecclesiae tuae, ed. Botte – Mohrmann 1953), diventò poi una sorta di <i>topos</i> negli autori cristiani: Domine, non aspicias peccata mea, sed fidem huius hominis (Gregorio Magno, <i>Dialogi</i> II XXXII 3). Nella poesia volgare serve a professare umiltà sia davanti a Dio o alla Vergine (Guiraut Riquier, <i>Humils, forfaitz, repres e penedens</i> 6-7 que no gardetz cum soy forfaitz vas vos: / si·us plai, gardatz l'ops de m'arma marrida) sia, come qui, davanti all'amata; altri luoghi simili in Menichetti 2002, p.","«Domine, non aspicias peccata mea, sed fidem huius hominis» (Gregorio Magno, Dialogi II XXXII 3).",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Dialoghi_(Gregorio_Magno),Dialoghi (Gregorio Magno),Gregorio Magno,http://dbpedia.org/resource/Pope_Gregory_I,http://purl.org/bncf/tid/11978,WORK DEH NON GUARDARE,"ripete una formula scritturale (<i>Dt</i> 9, 27 ne aspicias duritiam populi huius) che, annessa al rito della Comunione (Ne respicias peccata mea, sed fidem Ecclesiae tuae, ed. Botte – Mohrmann 1953), diventò poi una sorta di <i>topos</i> negli autori cristiani: Domine, non aspicias peccata mea, sed fidem huius hominis (Gregorio Magno, <i>Dialogi</i> II XXXII 3). Nella poesia volgare serve a professare umiltà sia davanti a Dio o alla Vergine (Guiraut Riquier, <i>Humils, forfaitz, repres e penedens</i> 6-7 que no gardetz cum soy forfaitz vas vos: / si·us plai, gardatz l'ops de m'arma marrida) sia, come qui, davanti all'amata; altri luoghi simili in Menichetti 2002, p.","«Ne respicias peccata mea, sed fidem Ecclesiae tuae» Rito della comunione",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Mass_(liturgy),Celebrazione eucaristica,,,http://purl.org/bncf/tid/18842,WORK DEH NON GUARDARE,"ripete una formula scritturale (<i>Dt</i> 9, 27 ne aspicias duritiam populi huius) che, annessa al rito della Comunione (Ne respicias peccata mea, sed fidem Ecclesiae tuae, ed. Botte – Mohrmann 1953), diventò poi una sorta di <i>topos</i> negli autori cristiani: Domine, non aspicias peccata mea, sed fidem huius hominis (Gregorio Magno, <i>Dialogi</i> II XXXII 3). Nella poesia volgare serve a professare umiltà sia davanti a Dio o alla Vergine (Guiraut Riquier, <i>Humils, forfaitz, repres e penedens</i> 6-7 que no gardetz cum soy forfaitz vas vos: / si·us plai, gardatz l'ops de m'arma marrida) sia, come qui, davanti all'amata; altri luoghi simili in Menichetti 2002, p.","Humils, forfaitz, repres e penedens versi 6-7 «que no gardetz cum soy forfaitz vas vos: / si·us plai, gardatz l'ops de m'ar- ma marrida»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Humils_forfaitz_repres_e_penedens,"Humils, forfaitz, repres e penedens",Guiraut Riquier,http://dbpedia.org/resource/Guiraut_Riquier,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK MILLE ... DOLORE,"'moltissime donne, arrivate troppo tardi (a soccorrere gli amanti), hanno provato pena per il dolore altrui'. Per convincere la donna a mostrarsi pietosa il poeta le ricorda che un soccorso tardivo sarebbe inutile; cfr. Chiaro, Non già per gioia ch'<i>aggia mi conforto</i> 54-6 però che alungiare po' mia vita, / se non provede nanti che perita / sïa, che mi varà poi lo pentere? (Barbi – <i>Maggini</i>), e la nota a <i>La dispietata mente</i> 66-8. Ma bisogna soprattutto osservare che il motivo del soccorso tardivo è diffuso, oltre che nella lirica d'arte, anche nella tradizione popolare; è quasi un proverbio da usarsi per convincere l'amante ritrosa: cfr. Bronzini 1996, pp. 688-9 (lo adopera, per esempio, Poliziano come chiusa di un suo rispetto: ma 'l tuo pentir fia tardo all'ultima ora; / però non aspettar, donna, ch'i' mora). Ciò constatato, si può allora respingere la spiegazione proposta da Foster – Boyde sulla base di un passo del De amore che illustra la sorte ultraterrena delle donne che hanno respinto i loro amanti: 'Abbi pietà di me, o sarai punita dopo la morte in una sorta di inferno degli amanti'","Non già per gioia ch'aggia mi conforto 54-6 «però che alungiare po' mia vita, / se non provede nanti che perita / sïa, che mi varà poi lo pentere?»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Non_gia_per_gioia,Non già per gioia ch'aggia mi conforto,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK MILLE ... DOLORE,"'moltissime donne, arrivate troppo tardi (a soccorrere gli amanti), hanno provato pena per il dolore altrui'. Per convincere la donna a mostrarsi pietosa il poeta le ricorda che un soccorso tardivo sarebbe inutile; cfr. Chiaro, Non già per gioia ch'<i>aggia mi conforto</i> 54-6 però che alungiare po' mia vita, / se non provede nanti che perita / sïa, che mi varà poi lo pentere? (Barbi – <i>Maggini</i>), e la nota a <i>La dispietata mente</i> 66-8. Ma bisogna soprattutto osservare che il motivo del soccorso tardivo è diffuso, oltre che nella lirica d'arte, anche nella tradizione popolare; è quasi un proverbio da usarsi per convincere l'amante ritrosa: cfr. Bronzini 1996, pp. 688-9 (lo adopera, per esempio, Poliziano come chiusa di un suo rispetto: ma 'l tuo pentir fia tardo all'ultima ora; / però non aspettar, donna, ch'i' mora). Ciò constatato, si può allora respingere la spiegazione proposta da Foster – Boyde sulla base di un passo del De amore che illustra la sorte ultraterrena delle donne che hanno respinto i loro amanti: 'Abbi pietà di me, o sarai punita dopo la morte in una sorta di inferno degli amanti'","Abbi pietà di me, o sarai punita dopo la morte in una sorta di inferno degli amanti'",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/De_amore_(Andreas_Capellanus),De amore,Andrea Cappellano,http://dbpedia.org/resource/Andreas_Capellanus,http://purl.org/bncf/tid/23856,WORK MI TIRA,"nella lirica antica l'amore è visto spesso come una forza fatale, che trascina, <i>tira</i> l'amante contro la sua volontà: cfr. Epistolae duorum <i>amantium</i> 113 Urget Amor sua castra sequi (ed. Konsgen 1974); il rondeau <i>Je prins conget d</i>'<i>amours en souspirant</i> 4 Je prins conget: Amours me va tirant (ed. Apel, n. 253); fra i trovatori, in una cornice molto simile, Uc Brunenc, <i>Ara·m nafront li sospir</i> 27-32 anz quan cug mon pessamen / virar en nul autre albir, / Amors ab son poderatge / vai enan sazir mon pes [pensiero] / e tol me so q'ai empres / e torna·m al sieu viatge [sentiero, cammino]; e in Italia, Mino del Pavesaio, <i>Quanto ti piace, Amore, m</i>'<i>affann</i>'<i>e tira</i>, e lo stesso Dante, <i>La dispietata mente</i> 4 (i)l disio amoroso, che mi <i>tira</i>.",Epistolae duorum amantium 113 «Urget Amor sua castra sequi»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://fr.dbpedia.org/page/Epistolae_duorum_amantium,Epistolae duorum amantium,,,http://purl.org/bncf/tid/2921,WORK MI TIRA,"nella lirica antica l'amore è visto spesso come una forza fatale, che trascina, <i>tira</i> l'amante contro la sua volontà: cfr. Epistolae duorum <i>amantium</i> 113 Urget Amor sua castra sequi (ed. Konsgen 1974); il rondeau <i>Je prins conget d</i>'<i>amours en souspirant</i> 4 Je prins conget: Amours me va tirant (ed. Apel, n. 253); fra i trovatori, in una cornice molto simile, Uc Brunenc, <i>Ara·m nafront li sospir</i> 27-32 anz quan cug mon pessamen / virar en nul autre albir, / Amors ab son poderatge / vai enan sazir mon pes [pensiero] / e tol me so q'ai empres / e torna·m al sieu viatge [sentiero, cammino]; e in Italia, Mino del Pavesaio, <i>Quanto ti piace, Amore, m</i>'<i>affann</i>'<i>e tira</i>, e lo stesso Dante, <i>La dispietata mente</i> 4 (i)l disio amoroso, che mi <i>tira</i>.",Je prins conget d'amours en souspirant 4 «Je prins conget: Amours me va tirant»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Je_prins_conget_d_amours,Je prins conget d'amours en souspirant,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK MI TIRA,"nella lirica antica l'amore è visto spesso come una forza fatale, che trascina, <i>tira</i> l'amante contro la sua volontà: cfr. Epistolae duorum <i>amantium</i> 113 Urget Amor sua castra sequi (ed. Konsgen 1974); il rondeau <i>Je prins conget d</i>'<i>amours en souspirant</i> 4 Je prins conget: Amours me va tirant (ed. Apel, n. 253); fra i trovatori, in una cornice molto simile, Uc Brunenc, <i>Ara·m nafront li sospir</i> 27-32 anz quan cug mon pessamen / virar en nul autre albir, / Amors ab son poderatge / vai enan sazir mon pes [pensiero] / e tol me so q'ai empres / e torna·m al sieu viatge [sentiero, cammino]; e in Italia, Mino del Pavesaio, <i>Quanto ti piace, Amore, m</i>'<i>affann</i>'<i>e tira</i>, e lo stesso Dante, <i>La dispietata mente</i> 4 (i)l disio amoroso, che mi <i>tira</i>.","Ara·m nafront li sospir 27-32 anz quan cug mon pessamen / virar en nul autre albir, / Amors ab son poderatge / vai enan sazir mon pes [pensiero] / e tol me so q'ai empres / e torna·m al sieu viatge [sentiero, cammino]",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Aram_nafront_li_sospir,Ara·m nafront li sospir,Uc Brunenc,http://dbpedia.org/resource/Uc_Brunet,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK MI TIRA,"nella lirica antica l'amore è visto spesso come una forza fatale, che trascina, <i>tira</i> l'amante contro la sua volontà: cfr. Epistolae duorum <i>amantium</i> 113 Urget Amor sua castra sequi (ed. Konsgen 1974); il rondeau <i>Je prins conget d</i>'<i>amours en souspirant</i> 4 Je prins conget: Amours me va tirant (ed. Apel, n. 253); fra i trovatori, in una cornice molto simile, Uc Brunenc, <i>Ara·m nafront li sospir</i> 27-32 anz quan cug mon pessamen / virar en nul autre albir, / Amors ab son poderatge / vai enan sazir mon pes [pensiero] / e tol me so q'ai empres / e torna·m al sieu viatge [sentiero, cammino]; e in Italia, Mino del Pavesaio, <i>Quanto ti piace, Amore, m</i>'<i>affann</i>'<i>e tira</i>, e lo stesso Dante, <i>La dispietata mente</i> 4 (i)l disio amoroso, che mi <i>tira</i>.","Quanto ti piace, Amore, m'affann'e tira",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quanto_ti_piace_Amore,"Quanto ti piace, Amore, m'affann'e tira",Mino del Pavesaio,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Mino_del_Pavesaio,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK ANCIDE,"da <i>aucidere</i>, forse per scambio grafico fra n e u (Manni 2003, p. 145 nota 63) o forse esito nasalizzato di <i>alcide</i>, <i>aucide</i> (come <i>antro</i>, <i>altro</i>), è tipico della lirica meridionale e prestilnovista",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/26261,CONCEPT LAGHI,"lagare per 'lasciare, permettere' è voce viva soprattutto nei dialetti settentrionali (ma si trova più volte per esempio anche in Giordano da Pisa; e cfr. Castellani 1980, III, p. 97) e si accompagna di solito ad altro verbo: Lagaime star nel contrasto di Raimbaut de Vaqueiras (citato da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>); messer Martellino, deh lagaci vedere in Sacchetti (citato in <i>GDLI</i>, s.v.).",lagare,CONCORDANZA GENERICA,,,Giordano da Pisa,http://dbpedia.org/resource/Jordan_of_Pisa,http://purl.org/bncf/tid/1546,CONCEPT LAGHI,"lagare per 'lasciare, permettere' è voce viva soprattutto nei dialetti settentrionali (ma si trova più volte per esempio anche in Giordano da Pisa; e cfr. Castellani 1980, III, p. 97) e si accompagna di solito ad altro verbo: Lagaime star nel contrasto di Raimbaut de Vaqueiras (citato da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>); messer Martellino, deh lagaci vedere in Sacchetti (citato in <i>GDLI</i>, s.v.).",Lagaime star VI 14,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Domna_tant_vos_ai_preiada,"Domna, tant vos ai preiada",Raimbaut de Vaqueiras,http://dbpedia.org/resource/Raimbaut_de_Vaqueiras,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK COTANTO ... SOSPIRA,"'quanto più si sospira, tanto più si sa, si capisce', ovvero il grado di conoscenza dell'amore è proporzionale al grado dell'innamoramento: chi più soffre per amore più sa. Giustamente <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> ricordano <i>Tanto gentile</i> 11 (i)ntender no la può chi no la prova; ma è il <i>topos</i> già biblico della conoscenza commisurata all'esperienza, motivo poi diffusissimo nella letteratura sacra e profana: cfr. Colombo 1984.",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia,CONCEPT FERO,"'fiero, feroce'. Come documentano <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>, l'immagine dell'Amore che soggiorna nella mente è cara soprattutto ai poeti dello Stilnovo, Cino, Cavalcanti (<i>Se Mercé</i> 5-6 sospiri / che nascon de la mente ov'è Amore), e soprattutto Dante, in un testo che s'è detto avere con questo altri punti di contatto: <i>Per quella via</i> 1-2 <i>Per quella via</i> che la Bellezza corre / quando a destare Amor va nella mente.",,CONCORDANZA GENERICA,,,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT FERO,"'fiero, feroce'. Come documentano <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>, l'immagine dell'Amore che soggiorna nella mente è cara soprattutto ai poeti dello Stilnovo, Cino, Cavalcanti (<i>Se Mercé</i> 5-6 sospiri / che nascon de la mente ov'è Amore), e soprattutto Dante, in un testo che s'è detto avere con questo altri punti di contatto: <i>Per quella via</i> 1-2 <i>Per quella via</i> che la Bellezza corre / quando a destare Amor va nella mente.",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Se_merce_fosse,Se Mercé fosse amica a' miei disiri,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SOTTILE,"piuttosto che 'dolce, delicata' (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>), significherà 'flebile', come (forse) in <i>Per una ghirlandetta</i> 8. A riprova, nel volgarizzamento delle <i>Heroides</i> di Filippo Ceffi il fantasma di Sicheo parla a Didone con ""voce sottile"", espressione che traduce ""Ipse sono tenui dixit"" di Ovidio (VII 102).",«voce sottile»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Heroides_volgarizzamento,"Heroides, volgarizzamento",Filippo Ceffi,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Filippo_Ceffi,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/epica_latina_commenti,WORK SOTTILE,"piuttosto che 'dolce, delicata' (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>), significherà 'flebile', come (forse) in <i>Per una ghirlandetta</i> 8. A riprova, nel volgarizzamento delle <i>Heroides</i> di Filippo Ceffi il fantasma di Sicheo parla a Didone con ""voce sottile"", espressione che traduce ""Ipse sono tenui dixit"" di Ovidio (VII 102).",«Ipse sono tenui dixit» di Ovidio (VII 102),CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Heroides,Heroides,Ovidio,http://dbpedia.org/resource/Ovid,http://purl.org/bncf/tid/21865,WORK IRA,"non nell'accezione moderna del termine ('rabbia, collera violenta') bensì in un senso prossimo ad ""angoscia"": è un provenzalismo frequente, osserva <i>Contini</i>, ma come in altri casi è l'intera espressione a richiamare la lingua dei trovatori (<i>traire alcun d</i>'<i>ira</i>): cfr. d'<i>ira</i> e d'esmai m'a traih (Bernart de Ventadorn, citato in Levy, s.v. traire2)",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT IRA,"non nell'accezione moderna del termine ('rabbia, collera violenta') bensì in un senso prossimo ad ""angoscia"": è un provenzalismo frequente, osserva <i>Contini</i>, ma come in altri casi è l'intera espressione a richiamare la lingua dei trovatori (<i>traire alcun d</i>'<i>ira</i>): cfr. d'<i>ira</i> e d'esmai m'a traih (Bernart de Ventadorn, citato in Levy, s.v. traire2)",«d'ira e d'esmai m'a traih»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/A_tantas_bonas_chansos,A ! tantas bonas chansos,Bernart de Ventadorn,http://dbpedia.org/resource/Bernart_de_Ventadorn,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PENSARE,"è il <i>cossire</i> dei trovatori, il cruccio, il pensiero carico d'angoscia: cfr. per esempio l'anonimo Se pur saveste, donna, lo cor meo (P 135) 6 sospiro, penso, doglio e mi lamento (citato da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>).","Se pur saveste, donna, lo cor meo (P 135) 6 sospiro, penso, doglio e mi lamento",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Se_pur_saveste_donna_lo_cor_meo,"Se pur saveste, donna, lo cor meo",,,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK CERTO ... TRANQUILLARE,"'Certamente il viaggio ci sembrerà più breve, passando il tempo in modo così piacevole'. Ricorda, come osserva anche De Robertis, l'invito che Licida rivolge a Meri, di cantare insieme per rendere il cammino più piacevole: Aut si, nox pluviam ne colligat ante, veremur, / cantantes licet usque (minus via laedet) eamus; / cantantes ut eamus, ego hoc te fasce levabo (<i>Egl</i>. IX 63-5)","Aut si, nox pluviam ne colligat ante, veremur, / cantantes licet usque (minus via laedet) eamus; / cantantes ut eamus, ego hoc te fasce levabo (Egl. IX 63-5)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Eclogues,Eglogae,Virgilio,http://dbpedia.org/resource/Virgil,http://purl.org/bncf/tid/21865,WORK VÏAGGIO,"ricorda altri <i>cammini</i> percorsi pensando all'amore, come quelli elencati sopra nella premessa o, in Toscana, Piero Asino degli Uberti, <i>Per un camin pensando gia d</i>'<i>Amore</i> 1-2 <i>Per un camin pensando gia d</i>'<i>Amore</i>, / com'egli è fiore ed ha gran signoria (ed. Contini 1960, I, p. 475)","Per un camin pensando gia d'Amore 1-2 Per un camin pensando gia d'Amore, / com'egli è fiore ed ha gran signoria",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Per_un_camin_pensando,Per un camin pensando gia d'Amore,Piero Asino degli Uberti,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Piero_Asino_degli_Uberti,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK DOLZE,"forma gallicizzante ben diffusa nella lirica italiana sin dalla scuola federiciana: cfr. Serianni 2001, pp. 75-6",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/26261,CONCEPT SUO VALORE,"per l'idea della conversazione <i>sulla</i> donna amata come svago durante il viaggio cfr. Peire Bremon, Mei oill an gran manentia 33-6 Dieus, com gran merce faria / us sieus garsos, si·m seguia / per las terras on irei, / qe·m parles tot jorn de lei!.","Mei oill an gran manentia 33-6 Dieus, com gran merce faria / us sieus garsos, si·m seguia / per las terras on irei, / qe·m parles tot jorn de lei!",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Mei_oill_an_gran_manentia,Mei oill an gran manentia,Peire Bremon lo Tort,http://dbpedia.org/resource/Peire_Bremon_lo_Tort,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK OR INCOMINCIA,"cede la parola ad Amore, come Menalca a Mopso nella quinta egloga di Virgilio: ""Incipe, Mopse, prior, si quos aut Phyllidis ignes / aut Alconis habes laudes aut iurgia Codri, / incipe"" (10-2)","Menalca a Mopso nella quinta egloga di Virgilio: Incipe, Mopse, prior, si quos aut Phyllidis ignes / aut Alconis habes laudes aut iurgia Codri, / incipe (10-2)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Eclogues,Eglogae,Virgilio,http://dbpedia.org/resource/Virgil,http://purl.org/bncf/tid/21865,WORK LEPRI LEVARE,"non <i>lepri</i> levarsi, uscire dal covo, con <i>lepri</i> soggetto (così tutti i commentatori), ma 'stanare le <i>lepri</i>', considerato che <i>levare</i> è sempre usato transitivamente in tutti gli esempi utili (<i>GDLI</i>, s.v.64): cfr. Folgore, <i>A la brigata nobile e cortese</i> 6 bracchi levar, correr veltri a bandono, e questi passi che trovo nei dizionari: con molti cani furono alla foresta, e tanto ciercaro che levaro lo porco (Lancia); Una bianca colomba levai (Boccaccio); co' miei bracchetti io la levai (Lorenzo)","A la brigata nobile e cortese 6 «bracchi levar, correr veltri a bandono»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/resource/Sonetti_de%27_mesi,Sonetti de' mesi,Folgore di San Gimignano,http://dbpedia.org/resource/Folgóre_da_San_Gimignano,http://perunaenciclopediadantescadigitale/resource/poesia_comico_realistica,WORK VELTRI,"mentre i bracchi fiutano la preda, i veltri la stanano e l'afferrano (perciò bracchi e veltri sono appaiati anche nella descrizione della caccia di <i>Daurel e Beton</i> 337 Fais encoblar los veltres e·ls bracos)",Daurel e Beton 337 Fais encoblar los veltres e·ls bracos,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Daurel_e_Betó,Daurel e Betó,,,http://purl.org/bncf/tid/6986,WORK AMOROSI PENSAMENTI,"'pensieri d'amore', come nell'<i>incipit</i> di Folchetto citato in <i>VE</i> II VI 6, <i>Tan m</i>'<i>abellis l</i>'<i>amoros pessamens</i>.",incipit di Folchetto,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tan_m_abellis,Tan m'abellis l'amoros pensamen,Folchetto di Marsiglia,http://dbpedia.org/resource/Folquet_de_Marselha,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK OR ECCO,"formula interiettiva che s'incontra anche altrove, in poesia (Lapo Gianni, Eo sono Amor 38 deh or ecco donna di gran valentia), ma che è prima un tratto del parlato, come si vede da un sermone di Angelo da Porta Sole nel quale il racconto in latino della <i>via crucis</i> fa spazio alle grida (in volgare) dei torturatori: Maledicti Iudei ... salutabant eum et spuebant in faciem eius, dicentes: Ave rex Iudeorum, quasi dicerent ... or ecco bon rege, or ecco bon propheta, or ecco figlio de Dio, qui ita flagellatur et verberatur (citato in Delcorno 1995, p. 42)",Eo sono Amor 38 «deh or ecco donna di gran valentia»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Eo_sono_Amor,Eo sono Amor,Lapo Gianni,http://dbpedia.org/resource/Lapo_Gianni,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SELVAGGIA DILETTANZA,"un piacere barbaro, non degno di una persona leggiadra.","(Carm. I I 25-6) del «venator tenerae coniugis inmemor» che, assor- to nella caccia, «manet sub Iove frigido»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Odes_(Horace),Carmina (Orazio),Orazio,http://dbpedia.org/resource/Horace,http://purl.org/bncf/tid/3005,WORK LASCIAR ... SEMBIANZA,"ricorda da vicino il ritratto oraziano (<i>Carm</i>. I I 25-6) del venator tenerae coniugis inmemor che, assorto nella caccia, manet sub Iove frigido (l'osservazione è di G. Maruca, Metamorfosi di un motivo oraziano nel sonetto Sonar bracchetti di Dante [Appunti per uno studio su Orazio e Dante], in Spolia. Journal of Medieval Studies, sezione di Filologia dantesca, www.spolia.it)",Ab la verdura 56,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ab_la_verdura,Ab la verdura,Guiraut de Calanso,http://dbpedia.org/resource/Guiraut_de_Calanso,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK TEMENDO NON,"è il costrutto latino <i>timeo ne</i> (esempi in volgare in Segre 1991, p. 144).","Gravoso affanno 30 tu mi facesti, Amore; und'ho pesanza",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Gravoso_affanno_e_pena,Gravoso affanno e pena,Lemmo Orlandi,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lemmo_Orlandi,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK COM PIÙ,"'Quanto più', come in provenzale: cfr. Marcabru, L'<i>altrier, jost</i>'<i>una sebissa</i> 33 con plus vos gart, m'etz belaire","L'altrier, jost'una sebissa verso 33 «con plus vos gart, m'etz belaire»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/L_autrier_jost_una_sebissa,L'autrier jost' una sebissa,Marcabru,http://dbpedia.org/resource/Marcabru,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK VI FERE ... VINCASTRI,"l'immagine di Amore che malmena l'amante con bastoni (i <i>vincastri</i> sono, precisamente, rami o bastoni usati per sferzare gli animali: il termine ritornerà in <i>If</i> XXIV 14, anche lì in rima con <i>impiastro</i>) non sembra presente nella poesia italiana anteriore a Dante. Si trova invece in Tibullo, I VIII 5-6 ipsa Venus magico religatum bracchia nodo / perdocuit multis non sine verberibus e III IV 66 saevus Amor docuit verbera posse pati; e, spesso, nella lirica trobadorica: cfr. Guiraut d'Espanha, <i>Si no·m secor dona gaire</i> 6 fin'Amor que·m destrenh e·m malmena e Qui en pascor no chanta no·m par gays 3-4 pel verjan / d'amor que bat; Jausbert de Puycibot, <i>Hueimais de vos non aten</i> 40 Quar mi malmenatz (sogg. Amore); Peire Vidal, <i>Plus que·l paubres, quan jai el ric ostal</i> 13 Be·m bat Amors ab las vergas qu'ieu cuelh.","Tibullo, I VIII 5-6 «ipsa Venus magico religatum bracchia nodo / perdocuit multis non sine verberibus»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Elegie_(Tibullo),Elegie (Tibullo),Tibullo,http://dbpedia.org/resource/Tibullus,http://purl.org/bncf/tid/3005,WORK VI FERE ... VINCASTRI,"l'immagine di Amore che malmena l'amante con bastoni (i <i>vincastri</i> sono, precisamente, rami o bastoni usati per sferzare gli animali: il termine ritornerà in <i>If</i> XXIV 14, anche lì in rima con <i>impiastro</i>) non sembra presente nella poesia italiana anteriore a Dante. Si trova invece in Tibullo, I VIII 5-6 ipsa Venus magico religatum bracchia nodo / perdocuit multis non sine verberibus e III IV 66 saevus Amor docuit verbera posse pati; e, spesso, nella lirica trobadorica: cfr. Guiraut d'Espanha, <i>Si no·m secor dona gaire</i> 6 fin'Amor que·m destrenh e·m malmena e Qui en pascor no chanta no·m par gays 3-4 pel verjan / d'amor que bat; Jausbert de Puycibot, <i>Hueimais de vos non aten</i> 40 Quar mi malmenatz (sogg. Amore); Peire Vidal, <i>Plus que·l paubres, quan jai el ric ostal</i> 13 Be·m bat Amors ab las vergas qu'ieu cuelh.",III IV 66 «saevus Amor docuit verbera posse pati»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Elegie_(Tibullo),Elegie (Tibullo),Tibullo,http://dbpedia.org/resource/Tibullus,http://purl.org/bncf/tid/3005,WORK VI FERE ... VINCASTRI,"l'immagine di Amore che malmena l'amante con bastoni (i <i>vincastri</i> sono, precisamente, rami o bastoni usati per sferzare gli animali: il termine ritornerà in <i>If</i> XXIV 14, anche lì in rima con <i>impiastro</i>) non sembra presente nella poesia italiana anteriore a Dante. Si trova invece in Tibullo, I VIII 5-6 ipsa Venus magico religatum bracchia nodo / perdocuit multis non sine verberibus e III IV 66 saevus Amor docuit verbera posse pati; e, spesso, nella lirica trobadorica: cfr. Guiraut d'Espanha, <i>Si no·m secor dona gaire</i> 6 fin'Amor que·m destrenh e·m malmena e Qui en pascor no chanta no·m par gays 3-4 pel verjan / d'amor que bat; Jausbert de Puycibot, <i>Hueimais de vos non aten</i> 40 Quar mi malmenatz (sogg. Amore); Peire Vidal, <i>Plus que·l paubres, quan jai el ric ostal</i> 13 Be·m bat Amors ab las vergas qu'ieu cuelh.","Guiraut d'Espanha, Si no·m secor dona gaire 6 «fin'Amor que·m destrenh e·m malmena»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Si_no_m_secor_dona_gaire,Si no·m secor dona gaire,Guiraut de Tholoza,http://it.dbpedia.org/resource/Guiraut_de_Tholoza,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK VI FERE ... VINCASTRI,"l'immagine di Amore che malmena l'amante con bastoni (i <i>vincastri</i> sono, precisamente, rami o bastoni usati per sferzare gli animali: il termine ritornerà in <i>If</i> XXIV 14, anche lì in rima con <i>impiastro</i>) non sembra presente nella poesia italiana anteriore a Dante. Si trova invece in Tibullo, I VIII 5-6 ipsa Venus magico religatum bracchia nodo / perdocuit multis non sine verberibus e III IV 66 saevus Amor docuit verbera posse pati; e, spesso, nella lirica trobadorica: cfr. Guiraut d'Espanha, <i>Si no·m secor dona gaire</i> 6 fin'Amor que·m destrenh e·m malmena e Qui en pascor no chanta no·m par gays 3-4 pel verjan / d'amor que bat; Jausbert de Puycibot, <i>Hueimais de vos non aten</i> 40 Quar mi malmenatz (sogg. Amore); Peire Vidal, <i>Plus que·l paubres, quan jai el ric ostal</i> 13 Be·m bat Amors ab las vergas qu'ieu cuelh.",Qui en pascor no chanta no·m par gays 3-4 «pel verjan / d'amor que bat»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Qui_en_pascor_no_chanta,Qui en pascor no chanta no·m par gays,Guiraut de Tholoza,http://it.dbpedia.org/resource/Guiraut_de_Tholoza,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK VI FERE ... VINCASTRI,"l'immagine di Amore che malmena l'amante con bastoni (i <i>vincastri</i> sono, precisamente, rami o bastoni usati per sferzare gli animali: il termine ritornerà in <i>If</i> XXIV 14, anche lì in rima con <i>impiastro</i>) non sembra presente nella poesia italiana anteriore a Dante. Si trova invece in Tibullo, I VIII 5-6 ipsa Venus magico religatum bracchia nodo / perdocuit multis non sine verberibus e III IV 66 saevus Amor docuit verbera posse pati; e, spesso, nella lirica trobadorica: cfr. Guiraut d'Espanha, <i>Si no·m secor dona gaire</i> 6 fin'Amor que·m destrenh e·m malmena e Qui en pascor no chanta no·m par gays 3-4 pel verjan / d'amor que bat; Jausbert de Puycibot, <i>Hueimais de vos non aten</i> 40 Quar mi malmenatz (sogg. Amore); Peire Vidal, <i>Plus que·l paubres, quan jai el ric ostal</i> 13 Be·m bat Amors ab las vergas qu'ieu cuelh.",Hueimais de vos non aten 40 «Quar mi malmenatz»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Hueimais_de_vos_non_aten,Hueimais de vos non aten,Jausbert de Puycibot,http://dbpedia.org/resource/Jausbert_de_Puycibot,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK VI FERE ... VINCASTRI,"l'immagine di Amore che malmena l'amante con bastoni (i <i>vincastri</i> sono, precisamente, rami o bastoni usati per sferzare gli animali: il termine ritornerà in <i>If</i> XXIV 14, anche lì in rima con <i>impiastro</i>) non sembra presente nella poesia italiana anteriore a Dante. Si trova invece in Tibullo, I VIII 5-6 ipsa Venus magico religatum bracchia nodo / perdocuit multis non sine verberibus e III IV 66 saevus Amor docuit verbera posse pati; e, spesso, nella lirica trobadorica: cfr. Guiraut d'Espanha, <i>Si no·m secor dona gaire</i> 6 fin'Amor que·m destrenh e·m malmena e Qui en pascor no chanta no·m par gays 3-4 pel verjan / d'amor que bat; Jausbert de Puycibot, <i>Hueimais de vos non aten</i> 40 Quar mi malmenatz (sogg. Amore); Peire Vidal, <i>Plus que·l paubres, quan jai el ric ostal</i> 13 Be·m bat Amors ab las vergas qu'ieu cuelh.","Peire Vidal, Plus que·l paubres, quan jai el ric ostal 13 «Be·m bat Amors ab las vergas qu'ieu cuelh».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Plus_que_l_paubres,"Plus que·l paubres, quan jai el ric ostal",Peire Vidal,http://dbpedia.org/resource/Peire_Vidal,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK UBIDIRLO,"obbedienza e servizio sono i doveri dell'amante cortese: cfr. Bonagiunta, <i>Sperando lungamente in acrescenza</i> 7-8 E non è alcun paraglio, / che a l'ubidir si possa asimigliare","Sperando lungamente in acrescenza 7-8 «E non è alcun paraglio, / che a l'ubidir si possa asimigliare».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sperando_lungamente_in_acrescenza,Sperando lungamente in acrescenza,Bonagiunta Orbicciani,http://dbpedia.org/resource/Bonagiunta_Orbicciani,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK QUANDO FIE STAGION,"'quando sarà (<i>fie</i>) il momento opportuno', come in provenzale <i>a sazo</i>, de sazo 'a tempo debito' (cfr. Levy, s.v.8-10) e, per esempio in Bono Giamboni, a le stagioni",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT QUANDO FIE STAGION,"'quando sarà (<i>fie</i>) il momento opportuno', come in provenzale <i>a sazo</i>, de sazo 'a tempo debito' (cfr. Levy, s.v.8-10) e, per esempio in Bono Giamboni, a le stagioni","""a le stagioni"" (CAPITOLO XXX - De le schiere della Gola e de' suoi capitani)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Libro_de_vizi_e_delle_virtudi,Libro de' vizi e delle virtudi,Bono Giamboni,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Bono_Giamboni,http://purl.org/bncf/tid/23856,WORK (I) MPIASTRI,"'lenimenti, impacchi': siamo sempre all'interno della metafora dell'Amore che colpisce l'amante, lasciandogli ferite che devono essere medicate. Per il concetto (il premio per l'amante arriverà a tempo debito) cfr. Anonimo, <i>Con gran disio pensando lungamente</i> 43-4 allotta che 'l servente aspetta '·bbene, / tempo rivene che merita ogni 'escoglio (ed. PSS, II, p. 1004). In Chrétien de Troyes, al contrario, la metafora è usata non per affermare ma per negare la misericordia di Amore, che rifiuta alla vittima i suoi medicamenti (<i>anplastre</i>): <i>Le chevalier de la charrete</i> 1344-6 Amors molt sovent li escrieve [fa sanguinare] / la plaie que feite li a; / onques <i>anplastre</i> n'i lïa.","Con gran disio pensando lungamen- te 43-4 «allotta che 'l servente aspetta '·bbene, / tempo rivene che merita ogni 'escoglio»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Con_gran_disio,Con gran disio pensando lungamente,Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK (I) MPIASTRI,"'lenimenti, impacchi': siamo sempre all'interno della metafora dell'Amore che colpisce l'amante, lasciandogli ferite che devono essere medicate. Per il concetto (il premio per l'amante arriverà a tempo debito) cfr. Anonimo, <i>Con gran disio pensando lungamente</i> 43-4 allotta che 'l servente aspetta '·bbene, / tempo rivene che merita ogni 'escoglio (ed. PSS, II, p. 1004). In Chrétien de Troyes, al contrario, la metafora è usata non per affermare ma per negare la misericordia di Amore, che rifiuta alla vittima i suoi medicamenti (<i>anplastre</i>): <i>Le chevalier de la charrete</i> 1344-6 Amors molt sovent li escrieve [fa sanguinare] / la plaie que feite li a; / onques <i>anplastre</i> n'i lïa.",Le chevalier de la charrete 1344-6 «Amors molt sovent li escrieve [fa sanguinare] / la plaie que feite li a; / onques anplastre n'i lïa»,CONCORDANZA STRINGENTE,"http://dbpedia.org/resource/Lancelot,_the_Knight_of_the_Cart",Lancelot ou le Chevalier à la charrette,Chrétien de Troyes,http://dbpedia.org/resource/Chrétien_de_Troyes,http://purl.org/bncf/tid/3572,WORK AGRESTO,"'aspro al gusto, acerbo', e per traslato 'crudele, doloroso', come in <i>Proverbia</i> 342 qe me sia stae agreste (allo stesso modo, con lo stesso slittamento, Dante potrà usare l'aggettivo agra per definire una tempesta in If XXIV 147). 7-8",Proverbia 342 «qe me sia stae agreste»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Proverbia_super_natura_feminarum,Proverbia super natura feminarum,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://purl.org/bncf/tid/6929,WORK (I)L MAL ... BEN,"periodo un po' contorto, perché Dante misura insieme peso e dolcezza, e che dunque si deve parafrasare con una certa libertà: 'l'amore è causa di male e di bene: ma il peso del male è poca cosa (neanche la sesta parte) rispetto alla dolcezza del bene'. Affermazioni analoghe circa la proporzione tra il bene e il male, in amore, sono frequenti sia fra i trovatori (Albertet de Sisteron, <i>Gaucelm Faidit, eu vos deman</i> 13-4 mas eu dic que·l bes amoros / es majer que·l mals, per un dos) sia fra i poeti italiani (Guido delle Colonne, <i>La mia gran pena</i> 25-7 e per un cento m'ave più di savore / lo ben c'Amore mi face sentire / per lo gran mal che m'à fatto soffrire). Quanto alla proporzione indicata da Dante, di uno a sei, la si trova, in altro contesto e con altri fattori, in un poemetto anonimo per le feste di maggio: <i>Compagno, Dio ti salvi</i> – E tu ben venga 186-7 Chi potrebbe pur contare il sesto / di quel che agli occhi miei fu manifesto? (ed. Guasti 1908, p. 14)","Albertet de Siste- ron, Gaucelm Faidit, eu vos deman 13-4 «mas eu dic que·l bes amo- ros / es majer que·l mals, per un dos»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Gaucelm_Faidit_eu_vos_deman,"Gaucelm Faidit, eu vos deman",Albertet de Sisteron,http://dbpedia.org/resource/Albertet_de_Sestaro,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK (I)L MAL ... BEN,"periodo un po' contorto, perché Dante misura insieme peso e dolcezza, e che dunque si deve parafrasare con una certa libertà: 'l'amore è causa di male e di bene: ma il peso del male è poca cosa (neanche la sesta parte) rispetto alla dolcezza del bene'. Affermazioni analoghe circa la proporzione tra il bene e il male, in amore, sono frequenti sia fra i trovatori (Albertet de Sisteron, <i>Gaucelm Faidit, eu vos deman</i> 13-4 mas eu dic que·l bes amoros / es majer que·l mals, per un dos) sia fra i poeti italiani (Guido delle Colonne, <i>La mia gran pena</i> 25-7 e per un cento m'ave più di savore / lo ben c'Amore mi face sentire / per lo gran mal che m'à fatto soffrire). Quanto alla proporzione indicata da Dante, di uno a sei, la si trova, in altro contesto e con altri fattori, in un poemetto anonimo per le feste di maggio: <i>Compagno, Dio ti salvi</i> – E tu ben venga 186-7 Chi potrebbe pur contare il sesto / di quel che agli occhi miei fu manifesto? (ed. Guasti 1908, p. 14)",La mia gran pena 25-7 «e per un cento m'ave più di savore / lo ben c'Amore mi face sentire / per lo gran mal che m'à fatto soffrire»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/La_mia_gran_pena,La mia gran pena e lo gravoso affanno,Guido delle Colonne,http://dbpedia.org/resource/Guido_delle_Colonne,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK (I)L MAL ... BEN,"periodo un po' contorto, perché Dante misura insieme peso e dolcezza, e che dunque si deve parafrasare con una certa libertà: 'l'amore è causa di male e di bene: ma il peso del male è poca cosa (neanche la sesta parte) rispetto alla dolcezza del bene'. Affermazioni analoghe circa la proporzione tra il bene e il male, in amore, sono frequenti sia fra i trovatori (Albertet de Sisteron, <i>Gaucelm Faidit, eu vos deman</i> 13-4 mas eu dic que·l bes amoros / es majer que·l mals, per un dos) sia fra i poeti italiani (Guido delle Colonne, <i>La mia gran pena</i> 25-7 e per un cento m'ave più di savore / lo ben c'Amore mi face sentire / per lo gran mal che m'à fatto soffrire). Quanto alla proporzione indicata da Dante, di uno a sei, la si trova, in altro contesto e con altri fattori, in un poemetto anonimo per le feste di maggio: <i>Compagno, Dio ti salvi</i> – E tu ben venga 186-7 Chi potrebbe pur contare il sesto / di quel che agli occhi miei fu manifesto? (ed. Guasti 1908, p. 14)","Compagno, Dio ti salvi – E tu ben venga 186-7 «Chi potrebbe pur contare il sesto / di quel che agli oc- chi miei fu manifesto?»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Le_feste_di_San_Giovanni,Le feste di San Giovanni,,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK IL SESTO,"l'articolo determinativo era normale sia in italiano sia in provenzale per l'espressione delle frazioni (cfr. Jensen 1994, § 142: ""non diz lo cente de la beutat"", ""auretz de l'aver lo quint"").",«non diz lo cente de la beutat» vv.69-70,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Romance_of_Flamenca,Roman de Flamenca,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK IL SESTO,"l'articolo determinativo era normale sia in italiano sia in provenzale per l'espressione delle frazioni (cfr. Jensen 1994, § 142: ""non diz lo cente de la beutat"", ""auretz de l'aver lo quint"").",«auretz de l'aver lo quint»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Song_of_the_Albigensian_Crusade,Canso de la Crosada,Guilhèm de Tudèla,http://dbpedia.org/resoruce/William_of_Tudela,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PUNTO,"'colpito, ferito'. Di <i>aculeum amoris</i> parla Andrea Cappellano nel <i>De amore</i>, p. 235, e il motivo si trova spesso nei prestilnovisti: cfr. Meo Abbracciavacca, <i>Considerando</i> 55 Non era quasi <i>punto</i> [da Amore] più che fèra. Ma l'<i>aequivocatio</i> su <i>punto</i> ricorda in particolare Guittone, <i>Ora parrà</i> 5-7 ch'a om tenuto saggio audo contare / che trovare non sa né valer <i>punto</i> / omo d'Amor non <i>punto</i>.","aculeum amoris De amore, p. 235",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/De_amore_(Andreas_Capellanus),De amore,Andrea Cappellano,http://dbpedia.org/resource/Andreas_Capellanus,http://purl.org/bncf/tid/23856,WORK PUNTO,"'colpito, ferito'. Di <i>aculeum amoris</i> parla Andrea Cappellano nel <i>De amore</i>, p. 235, e il motivo si trova spesso nei prestilnovisti: cfr. Meo Abbracciavacca, <i>Considerando</i> 55 Non era quasi <i>punto</i> [da Amore] più che fèra. Ma l'<i>aequivocatio</i> su <i>punto</i> ricorda in particolare Guittone, <i>Ora parrà</i> 5-7 ch'a om tenuto saggio audo contare / che trovare non sa né valer <i>punto</i> / omo d'Amor non <i>punto</i>.",Considerando 55 «Non era quasi punto [da Amore] più che fèra»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Considerando_l_altera_valenza,Considerando l'altèra valenza,Meo Abbracciavacca,http://dbpedia.org/resource/Meo_Abbracciavacca,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK PUNTO,"'colpito, ferito'. Di <i>aculeum amoris</i> parla Andrea Cappellano nel <i>De amore</i>, p. 235, e il motivo si trova spesso nei prestilnovisti: cfr. Meo Abbracciavacca, <i>Considerando</i> 55 Non era quasi <i>punto</i> [da Amore] più che fèra. Ma l'<i>aequivocatio</i> su <i>punto</i> ricorda in particolare Guittone, <i>Ora parrà</i> 5-7 ch'a om tenuto saggio audo contare / che trovare non sa né valer <i>punto</i> / omo d'Amor non <i>punto</i>.","Guittone, Ora parrà 5-7 «ch'a om tenuto saggio audo contare / che trovare non sa né valer punto / omo d'Amor non punto»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ora_parra_s_eo_savero_cantare,Ora parrá s'eo saverò cantare,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK COME ... TROVARE,"c'è una relazione di causa ed effetto tra l'innamoramento e il canto, ovvero: l'eccellenza poetica (il vostro buon trovare) consegue all'innamoramento e ne è la prova. Vale la pena di osservarlo in primo luogo perché su quest'idea si fonda la convinzione, diffusissima già fra i trovatori, che il canto d'amore è sincero o non è: Bernart de Ventadorn, Chantars no pot gaire valet 1-2 Chantars no pot gaire valer, / si d'ins dal cor no mou lo chans; e in secondo luogo perché si tratta del punto di vista opposto rispetto a quello – esemplare del rigorismo cristiano come l'altro lo è dell'etica cortese – difeso da Guittone d'Arezzo nella suddetta <i>Ora parrà s</i>'<i>eo saverò cantare</i>, dove si dice appunto che si può essere buoni poeti anche senza essere innamorati. Sul problema della corrispondenza tra sentimento e poesia nella letteratura medievale cfr. ora anche per la bibliografia Lucken 2003","Bernart de Ventadorn, Chantars no pot gaire valet 1-2 «Chantars no pot gaire valer, / si d'ins dal cor no mou lo chans»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Chantars_no_pot_gaire_valet,Chantars no pot gaire valet,Bernart de Ventadorn,http://dbpedia.org/resource/Bernart_de_Ventadorn,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK DIMOSTRA,"non tanto 'prova' quanto 'dà a vedere', come nel missivo di Monte Andrea a Lapo del Rosso <i>So bene, amico: molto tra</i>'<i>ti</i> '<i>nanti</i> 5-6 perché lo dimostri con tuoi canti [che sei innamorato], / non credo che risponda a ciò lo core.","So bene, amico: molto tra'ti 'nanti 5-6 «per- ché lo dimostri con tuoi canti [che sei innamorato], / non credo che risponda a ciò lo core»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/So_bene_amico,"So bene, amico: molto tra'ti 'nanti",Monte Andrea,http://it.dbpedia.org/resource/Monte_Andrea,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK GITTALITI A' PIEDI,"'gettati ai suoi piedi'; è un segno di deferenza tradizionale (cfr. per esempio <i>Act</i> 10, 25 procidens ad pedes adoravit) che nella poesia cortese esprime in genere la devozione per l'amata: cfr. Peire Ramon de Tolosa, <i>Us noels pessamens m</i>'<i>estai</i> 32 denan sos pes l'irai cazer; Onesto, <i>Ahi lasso taupino!, altro che lasso</i> 42 [Canzone,] va' a le donne e gettati a lor' piedi; quanto invece alla poesia di corrispondenza cfr. l'anonimo <i>Vanne, sonetto, in ca</i>' <i>de Lambertini</i> (P 142) 5 E sì come s'aven, vo' che lo 'nchini (il poeta vuole cioè che il sonetto si prostri di fronte al destinatario).","Act 10, 25 «procidens ad pedes adoravit»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Acts_of_the_Apostles,Atti degli Apostoli,Luca,http://dbpedia.org/resource/Luke_the_Evangelist,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_nuovo_testamento,WORK GITTALITI A' PIEDI,"'gettati ai suoi piedi'; è un segno di deferenza tradizionale (cfr. per esempio <i>Act</i> 10, 25 procidens ad pedes adoravit) che nella poesia cortese esprime in genere la devozione per l'amata: cfr. Peire Ramon de Tolosa, <i>Us noels pessamens m</i>'<i>estai</i> 32 denan sos pes l'irai cazer; Onesto, <i>Ahi lasso taupino!, altro che lasso</i> 42 [Canzone,] va' a le donne e gettati a lor' piedi; quanto invece alla poesia di corrispondenza cfr. l'anonimo <i>Vanne, sonetto, in ca</i>' <i>de Lambertini</i> (P 142) 5 E sì come s'aven, vo' che lo 'nchini (il poeta vuole cioè che il sonetto si prostri di fronte al destinatario).","Peire Ramon de Tolosa, Us noels pessamens m'estai 32 «denan sos pes l'irai cazer»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Us_noels_pessamens,Us noels pessamens m'estai,Peire Ramon de Tolosa,http://dbpedia.org/resource/Peire_Raimon_de_Tolosa,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK GITTALITI A' PIEDI,"'gettati ai suoi piedi'; è un segno di deferenza tradizionale (cfr. per esempio <i>Act</i> 10, 25 procidens ad pedes adoravit) che nella poesia cortese esprime in genere la devozione per l'amata: cfr. Peire Ramon de Tolosa, <i>Us noels pessamens m</i>'<i>estai</i> 32 denan sos pes l'irai cazer; Onesto, <i>Ahi lasso taupino!, altro che lasso</i> 42 [Canzone,] va' a le donne e gettati a lor' piedi; quanto invece alla poesia di corrispondenza cfr. l'anonimo <i>Vanne, sonetto, in ca</i>' <i>de Lambertini</i> (P 142) 5 E sì come s'aven, vo' che lo 'nchini (il poeta vuole cioè che il sonetto si prostri di fronte al destinatario).","Onesto, Ahi lasso taupino!, altro che lasso 42 «[Canzone,] va' a le donne e gettati a lor' piedi»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ahi_lasso_taupino,"Ahi lasso taupino!, altro che lasso",Onesto degli Onesti,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Onesto_degli_Onesti,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK GITTALITI A' PIEDI,"'gettati ai suoi piedi'; è un segno di deferenza tradizionale (cfr. per esempio <i>Act</i> 10, 25 procidens ad pedes adoravit) che nella poesia cortese esprime in genere la devozione per l'amata: cfr. Peire Ramon de Tolosa, <i>Us noels pessamens m</i>'<i>estai</i> 32 denan sos pes l'irai cazer; Onesto, <i>Ahi lasso taupino!, altro che lasso</i> 42 [Canzone,] va' a le donne e gettati a lor' piedi; quanto invece alla poesia di corrispondenza cfr. l'anonimo <i>Vanne, sonetto, in ca</i>' <i>de Lambertini</i> (P 142) 5 E sì come s'aven, vo' che lo 'nchini (il poeta vuole cioè che il sonetto si prostri di fronte al destinatario).","Vanne, sonetto, in ca' de Lambertini (P 142) 5 «E sì come s'aven, vo' che lo 'nchini»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Vanne_sonetto_in_ca_de_Lambertini,"Vanne, sonetto, in ca' de Lambertini",Bonagiunta Orbicciani,http://dbpedia.org/resource/Bonagiunta_Orbicciani,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK E ... STATO,"un'analoga formula di transizione (""Una volta fatto questo, procedi a..."") e un analogo galateo (il saluto, l'inchino) in Lapo Gianni, <i>Ballata, poi che ti compuose Amore</i> 15-8 Quando cortesemente avrai parlato / con bello inchino e con dolce salute / ... / aprendi suo risponso angelicato. Ma il modulo – <i>quando</i> + futuro anteriore o, come qui, passato prossimo con valore di futuro anteriore, poi il messaggio da riferire – è già trobadorico: cfr. Peyre Trabustal e Raynaut de Tres Sauses, <i>Amix Raynaut, una donna valent</i> 51-2 E cant m'auras a lui recomandat, / e tu li dis de ma part humilement (ed. Meyer 1871, p. 130), e in generale si ripresenta simile ogni volta che il poeta incarica il proprio testo di parlare: Dante, <i>Ballata, i</i>' <i>voi</i> 15-17 Con dolze sono, <i>quando</i> sè con lui, / comincia este parole / appresso che averai chesta pietate.","Lapo Gianni, Ballata, poi che ti compuose Amore 15-8 «Quando cortesemente avrai parlato / con bello inchino e con dolce salute / ... / aprendi suo risponso angelicato»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ballata_poi_che_ti_compuose,"Ballata, poi che ti compuose Amore",Lapo Gianni,http://dbpedia.org/resource/Lapo_Gianni,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK E ... STATO,"un'analoga formula di transizione (""Una volta fatto questo, procedi a..."") e un analogo galateo (il saluto, l'inchino) in Lapo Gianni, <i>Ballata, poi che ti compuose Amore</i> 15-8 Quando cortesemente avrai parlato / con bello inchino e con dolce salute / ... / aprendi suo risponso angelicato. Ma il modulo – <i>quando</i> + futuro anteriore o, come qui, passato prossimo con valore di futuro anteriore, poi il messaggio da riferire – è già trobadorico: cfr. Peyre Trabustal e Raynaut de Tres Sauses, <i>Amix Raynaut, una donna valent</i> 51-2 E cant m'auras a lui recomandat, / e tu li dis de ma part humilement (ed. Meyer 1871, p. 130), e in generale si ripresenta simile ogni volta che il poeta incarica il proprio testo di parlare: Dante, <i>Ballata, i</i>' <i>voi</i> 15-17 Con dolze sono, <i>quando</i> sè con lui, / comincia este parole / appresso che averai chesta pietate.","Peyre Trabustal e Raynaut de Tres Sauses, Amix Raynaut, una donna va- lent 51-2 «E cant m'auras a lui recomandat, / e tu li dis de ma part humilement»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Amix_Raynaut_una_donna_valent,"Amix Raynaut, una donna valent",Peyre Trabustal,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Peyre_Trabustal,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK RISALUTRAI,"'risaluterai', con sincope vocalica come spesso nelle forme del futuro (ma qui si trattava soprattutto di far tornare la misura del verso). Il significato di <i>risalutare</i> nella lingua antica è, in realtà, 'rendere il saluto': Giamboni, <i>Libro</i> LXIII 5 Elle tutte la risalutaro, e dissero... (e cfr. <i>GDLI</i>, s.v.2). Qui il senso sembra invece 'ripeterai il saluto, cioè l'augurio di salute', e l'invito potrebbe trovare una spiegazione in passi come i seguenti, nei quali si raccomanda appunto di iterare il saluto: Baudri de Bourgueil, <i>Suscipe, virgo decens</i> 52 Praesenta nostrum terque quaterque vale; Alcuino, <i>Cartula, perge cito</i> 38-9 Ante pedes regis totas expande camenas, / dicito multoties: ""Salve, rex optime, salve"". O forse, semplicemente, Dante parla di un saluto più formale, porto da vicino, dopo quello di cui ha detto al v. 2, che il sonetto deve porgere appena visto Meuccio, e dunque da lontano, prima di correre da lui","Giamboni, Libro LXIII 5 «Elle tutte la risalutaro, e dissero...»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Libro_de_vizi_e_delle_virtudi,Libro de' vizi e delle virtudi,Bono Giamboni,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Bono_Giamboni,http://purl.org/bncf/tid/23856,WORK RISALUTRAI,"'risaluterai', con sincope vocalica come spesso nelle forme del futuro (ma qui si trattava soprattutto di far tornare la misura del verso). Il significato di <i>risalutare</i> nella lingua antica è, in realtà, 'rendere il saluto': Giamboni, <i>Libro</i> LXIII 5 Elle tutte la risalutaro, e dissero... (e cfr. <i>GDLI</i>, s.v.2). Qui il senso sembra invece 'ripeterai il saluto, cioè l'augurio di salute', e l'invito potrebbe trovare una spiegazione in passi come i seguenti, nei quali si raccomanda appunto di iterare il saluto: Baudri de Bourgueil, <i>Suscipe, virgo decens</i> 52 Praesenta nostrum terque quaterque vale; Alcuino, <i>Cartula, perge cito</i> 38-9 Ante pedes regis totas expande camenas, / dicito multoties: ""Salve, rex optime, salve"". O forse, semplicemente, Dante parla di un saluto più formale, porto da vicino, dopo quello di cui ha detto al v. 2, che il sonetto deve porgere appena visto Meuccio, e dunque da lontano, prima di correre da lui","Baudri de Bourgueil, Suscipe, vir- go decens 52 «Praesenta nostrum terque quaterque vale»",CONCORDANZA STRINGENTE,"http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Suscipe,_virgo_decens","Suscipe, virgo decens",Baudri de Bourgueil,http://dbpedia.org/resource/Baldric_of_Dol,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK RISALUTRAI,"'risaluterai', con sincope vocalica come spesso nelle forme del futuro (ma qui si trattava soprattutto di far tornare la misura del verso). Il significato di <i>risalutare</i> nella lingua antica è, in realtà, 'rendere il saluto': Giamboni, <i>Libro</i> LXIII 5 Elle tutte la risalutaro, e dissero... (e cfr. <i>GDLI</i>, s.v.2). Qui il senso sembra invece 'ripeterai il saluto, cioè l'augurio di salute', e l'invito potrebbe trovare una spiegazione in passi come i seguenti, nei quali si raccomanda appunto di iterare il saluto: Baudri de Bourgueil, <i>Suscipe, virgo decens</i> 52 Praesenta nostrum terque quaterque vale; Alcuino, <i>Cartula, perge cito</i> 38-9 Ante pedes regis totas expande camenas, / dicito multoties: ""Salve, rex optime, salve"". O forse, semplicemente, Dante parla di un saluto più formale, porto da vicino, dopo quello di cui ha detto al v. 2, che il sonetto deve porgere appena visto Meuccio, e dunque da lontano, prima di correre da lui","Alcuino, Cartula, perge cito 38-9 «Ante pedes regis totas expande camenas, / dicito multoties: ""Salve, rex optime, salve""»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Carmina_(Alcuino),Carmina (Alcuino),Alcuino,http://dbpedia.org/resource/Alcuin,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK ACONTARSI,"'fare conoscenza, stringere amicizia' (a. fr. <i>acointier</i>, prov. <i>acointar</i>); per la costruzione col dativo <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> citano a confronto Chiaro, <i>Amore, io non mi doglio</i> 9-10 i' m'acontai di pria / a voi","Chiaro, Amore, io non mi doglio 9-10 «i' m'acontai di pria / a voi»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Amore_io_non_mi_doglio,"Amore, io non mi doglio",Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DEGLI OCCHI ... GENTIL,"'Dagli occhi della donna che amo esce una luce così pura'. La seconda quartina di <i>Di donne io vidi</i> inizia con le stesse parole e riferisce lo stesso evento miracoloso: la luce che emana dalla donna trasfigura ciò su cui si posa: Degli occhi suoi gittava una lumiera / la qual parea un spirito 'nfiammato (5-6). E il motivo è poi ampiamente stilnovistico: cfr. Dino Frescobaldi, <i>Donna, dagli occhi tuoi</i> 1-2 <i>Donna, dagli occhi tuoi</i> par che si mova / un lume che mi passa entro la mente (altri esempi in <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>)","Donna, dagli occhi tuoi 1-2 «Donna, dagli occhi tuoi par che si mova / un lume che mi passa entro la mente»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Donna_dagli_occhi_tuoi,"Donna, dagli occhi tuoi par che si mova",Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK LUME,"per quest'idea dello sguardo come <i>luce</i> si tenga sempre presente la concezione platonica della visione come emissione di fuoco (cfr. la premessa a <i>Deh, Vïoletta</i>), la stessa che affiora più chiaramente, sempre in Dante, in <i>Donne ch</i>'<i>avete</i> 51-4 De li occhi suoi, come ch'ella li mova, / escono spirti d'amore inflammati, / che feron li occhi a qual che allor la guati, / e passan sì che 'l cor ciascun retrova",,CONCORDANZA GENERICA,,,Platone,http://dbpedia.org/resource/Plato,http://purl.org/bncf/tid/8332,CONCEPT RAZZI,"la forma con l'affricata dentale <i>razzi</i> in luogo di <i>raggi</i> è di origine settentrionale, ma non è rara nel fiorentino antico, e la si trova per esempio in Chiaro Davanzati e in Francesco da Barberino: cfr. Merlo. Per l'idea dello sguardo come raggio che ferisce il cuore cfr. per esempio l'anonima <i>Amors m</i>'<i>a fach novelamen asire</i> 5-6 vostr'esgardar per·ls ols al cor mi raya / un rai d'amor chi·m noris e·m cadela (ed. Gambino 2003, p. 138)",,CONCORDANZA GENERICA,,,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT RAZZI,"la forma con l'affricata dentale <i>razzi</i> in luogo di <i>raggi</i> è di origine settentrionale, ma non è rara nel fiorentino antico, e la si trova per esempio in Chiaro Davanzati e in Francesco da Barberino: cfr. Merlo. Per l'idea dello sguardo come raggio che ferisce il cuore cfr. per esempio l'anonima <i>Amors m</i>'<i>a fach novelamen asire</i> 5-6 vostr'esgardar per·ls ols al cor mi raya / un rai d'amor chi·m noris e·m cadela (ed. Gambino 2003, p. 138)",,CONCORDANZA GENERICA,,,Francesco da Barberino,http://it.dbpedia.org/resource/Francesco_da_Barberino,http://purl.org/bncf/tid/9214,CONCEPT RAZZI,"la forma con l'affricata dentale <i>razzi</i> in luogo di <i>raggi</i> è di origine settentrionale, ma non è rara nel fiorentino antico, e la si trova per esempio in Chiaro Davanzati e in Francesco da Barberino: cfr. Merlo. Per l'idea dello sguardo come raggio che ferisce il cuore cfr. per esempio l'anonima <i>Amors m</i>'<i>a fach novelamen asire</i> 5-6 vostr'esgardar per·ls ols al cor mi raya / un rai d'amor chi·m noris e·m cadela (ed. Gambino 2003, p. 138)",Amors m'a fach novelamen asire 5-6 «vo- str'esgardar per·ls ols al cor mi raya / un rai d'amor chi·m noris e·m cadela»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Amors_m_a_fach_novelamen_asire,Amors m'a fach novelamen asire,,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK FA TREMARE,"nell'immaginario stilnovista il tremore è la conseguenza visibile di un'affezione dello spirito: <i>Voi che</i> '<i>ntendendo</i> 21-2 e segnoreggia me di tal virtute, / che 'l cor ne trema che di fuori appare [<i>Cv</i> II]; Cavalcanti, <i>Io temo che la mia disaventura</i> 4 fa tremar la mente di paura e vari altri esempi simili nei commenti).",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT FA TREMARE,"nell'immaginario stilnovista il tremore è la conseguenza visibile di un'affezione dello spirito: <i>Voi che</i> '<i>ntendendo</i> 21-2 e segnoreggia me di tal virtute, / che 'l cor ne trema che di fuori appare [<i>Cv</i> II]; Cavalcanti, <i>Io temo che la mia disaventura</i> 4 fa tremar la mente di paura e vari altri esempi simili nei commenti).","Cavalcanti, Io temo che la mia disaventura 4 «fa tremar la mente di paura»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Io_temo,Io temo che la mia disaventura,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK POSCIA ... VINTO,"per esprimere questo concetto, un poeta siciliano avrebbe usato forse la similitudine della farfalla che si brucia al fuoco; meno legato a questo repertorio, Dante scarta la mediazione dell'allegoria e riconosce semplicemente la sua debolezza: non può evitare di tornare al luogo della sua tortura. Per il motivo dell'impulso irresistibile a rivedere la donna amata, i suoi occhi, cfr. Cino, <i>Audite la cagion de</i>' <i>miei sospiri</i> 12-4 Miranla gli occhi miei sì volentieri, / che contra 'l mi' voler mi fanno gire / per veder lei, cui sol guardar non oso; ma è, soprattutto, lo stesso riflesso di Dante nella <i>Vita Nova</i>: E certo molte volte non potendo lagrimare né disfogare la mia tristizia, io andava per vedere questa pietosa donna (XXXVI 2)","Cino, Audite la cagion de' miei sospiri 12-4 «Miranla gli occhi miei sì volentieri, / che contra 'l mi' voler mi fanno gire / per veder lei, cui sol guardar non oso»;",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Audite_la_cagion_de_miei_sospiri,Audite la cagion de' miei sospiri,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PERDO ... PROVE,"'soccombo, fallisco in ogni mio tentativo' (s'intende: di resistere alla tentazione di andare a vedere la donna amata); <i>perder prova</i> 'fallire' è una locuzione fissa (vari esempi in Guinizelli, Dante da Maiano, Chiaro e altri)",perder prova,CONCORDANZA GENERICA,,,Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT PERDO ... PROVE,"'soccombo, fallisco in ogni mio tentativo' (s'intende: di resistere alla tentazione di andare a vedere la donna amata); <i>perder prova</i> 'fallire' è una locuzione fissa (vari esempi in Guinizelli, Dante da Maiano, Chiaro e altri)",perder prova 'fallire',CONCORDANZA GENERICA,,,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT PERDO ... PROVE,"'soccombo, fallisco in ogni mio tentativo' (s'intende: di resistere alla tentazione di andare a vedere la donna amata); <i>perder prova</i> 'fallire' è una locuzione fissa (vari esempi in Guinizelli, Dante da Maiano, Chiaro e altri)",perder prova 'fallire',CONCORDANZA GENERICA,,,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT NE ... MORE,"ricalca le parole di Gesù sulla croce: In manus tuas commendo spiritum meum (<i>Lc</i> 23, 46): formula memorabile, che si trova spesso nella liturgia (cfr. Leroquais 1927, I, p. 390 e II, p. 107) e, naturalmente, nel viatico (cfr. <i>Ordo commendationis anime</i>: Commendamus tibi, domine, animam famuli tui ed. Andrieu 1938-41, II, pp. 495-505). Non solo, essa ispirò anche il concetto e le parole della <i>commendatio</i> laica, ossia l'omaggio del vassallo al signore (cfr. per esempio Dhuoda: genitor tuus ... in manus domini te commendavit Karoli regis, ed. Riché 1975, p. 86 e a questo campo semantico, meglio che a quello religioso, sembrerebbe rimandare il v. 5, col riferimento al giogo di una segnoria); e infine – e siamo appunto al caso dantesco – filtrò nella lirica amorosa, là dove si simula la morte per amore (e non è strano allora che soccorrano esempi soprattutto da Cavalcanti, il poeta dell'amore doloroso): O tu, che porti 3-4 questo mio spirto che vien di lontano / ti raccomanda l'anima dolente; <i>Perch</i>'i' <i>no spero</i> 27-8 a la tu' amistate / quest'anima che trema raccomando","«In manus tuas commendo spiritum meum» (Lc 23, 46",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Gospel_of_Luke,Vangelo di Luca,Luca,http://dbpedia.org/resource/Luke_the_Evangelist,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_nuovo_testamento,WORK NE ... MORE,"ricalca le parole di Gesù sulla croce: In manus tuas commendo spiritum meum (<i>Lc</i> 23, 46): formula memorabile, che si trova spesso nella liturgia (cfr. Leroquais 1927, I, p. 390 e II, p. 107) e, naturalmente, nel viatico (cfr. <i>Ordo commendationis anime</i>: Commendamus tibi, domine, animam famuli tui ed. Andrieu 1938-41, II, pp. 495-505). Non solo, essa ispirò anche il concetto e le parole della <i>commendatio</i> laica, ossia l'omaggio del vassallo al signore (cfr. per esempio Dhuoda: genitor tuus ... in manus domini te commendavit Karoli regis, ed. Riché 1975, p. 86 e a questo campo semantico, meglio che a quello religioso, sembrerebbe rimandare il v. 5, col riferimento al giogo di una segnoria); e infine – e siamo appunto al caso dantesco – filtrò nella lirica amorosa, là dove si simula la morte per amore (e non è strano allora che soccorrano esempi soprattutto da Cavalcanti, il poeta dell'amore doloroso): O tu, che porti 3-4 questo mio spirto che vien di lontano / ti raccomanda l'anima dolente; <i>Perch</i>'i' <i>no spero</i> 27-8 a la tu' amistate / quest'anima che trema raccomando","Ordo commendationis anime: «Commendamus tibi, domine, animam famuli tui»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ordo_commendationis_anime,Ordo commendationis anime,,,http://purl.org/bncf/tid/18842,WORK NE ... MORE,"ricalca le parole di Gesù sulla croce: In manus tuas commendo spiritum meum (<i>Lc</i> 23, 46): formula memorabile, che si trova spesso nella liturgia (cfr. Leroquais 1927, I, p. 390 e II, p. 107) e, naturalmente, nel viatico (cfr. <i>Ordo commendationis anime</i>: Commendamus tibi, domine, animam famuli tui ed. Andrieu 1938-41, II, pp. 495-505). Non solo, essa ispirò anche il concetto e le parole della <i>commendatio</i> laica, ossia l'omaggio del vassallo al signore (cfr. per esempio Dhuoda: genitor tuus ... in manus domini te commendavit Karoli regis, ed. Riché 1975, p. 86 e a questo campo semantico, meglio che a quello religioso, sembrerebbe rimandare il v. 5, col riferimento al giogo di una segnoria); e infine – e siamo appunto al caso dantesco – filtrò nella lirica amorosa, là dove si simula la morte per amore (e non è strano allora che soccorrano esempi soprattutto da Cavalcanti, il poeta dell'amore doloroso): O tu, che porti 3-4 questo mio spirto che vien di lontano / ti raccomanda l'anima dolente; <i>Perch</i>'i' <i>no spero</i> 27-8 a la tu' amistate / quest'anima che trema raccomando",Dhuoda: «genitor tuus ... in manus domini te commendavit Karoli regis»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Liber_manualis,Liber manualis,Dhuoda,http://dbpedia.org/resource/Dhuoda,http://purl.org/bncf/tid/23856,WORK NE ... MORE,"ricalca le parole di Gesù sulla croce: In manus tuas commendo spiritum meum (<i>Lc</i> 23, 46): formula memorabile, che si trova spesso nella liturgia (cfr. Leroquais 1927, I, p. 390 e II, p. 107) e, naturalmente, nel viatico (cfr. <i>Ordo commendationis anime</i>: Commendamus tibi, domine, animam famuli tui ed. Andrieu 1938-41, II, pp. 495-505). Non solo, essa ispirò anche il concetto e le parole della <i>commendatio</i> laica, ossia l'omaggio del vassallo al signore (cfr. per esempio Dhuoda: genitor tuus ... in manus domini te commendavit Karoli regis, ed. Riché 1975, p. 86 e a questo campo semantico, meglio che a quello religioso, sembrerebbe rimandare il v. 5, col riferimento al giogo di una segnoria); e infine – e siamo appunto al caso dantesco – filtrò nella lirica amorosa, là dove si simula la morte per amore (e non è strano allora che soccorrano esempi soprattutto da Cavalcanti, il poeta dell'amore doloroso): O tu, che porti 3-4 questo mio spirto che vien di lontano / ti raccomanda l'anima dolente; <i>Perch</i>'i' <i>no spero</i> 27-8 a la tu' amistate / quest'anima che trema raccomando","Cavalcanti, il poeta dell'amore doloroso): O tu, che porti 3-4 «questo mio spirto che vien di lontano / ti raccomanda l'anima dolente»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/O_tu_che_porti,"O tu, che porti nelli occhi sovente",Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK NE ... MORE,"ricalca le parole di Gesù sulla croce: In manus tuas commendo spiritum meum (<i>Lc</i> 23, 46): formula memorabile, che si trova spesso nella liturgia (cfr. Leroquais 1927, I, p. 390 e II, p. 107) e, naturalmente, nel viatico (cfr. <i>Ordo commendationis anime</i>: Commendamus tibi, domine, animam famuli tui ed. Andrieu 1938-41, II, pp. 495-505). Non solo, essa ispirò anche il concetto e le parole della <i>commendatio</i> laica, ossia l'omaggio del vassallo al signore (cfr. per esempio Dhuoda: genitor tuus ... in manus domini te commendavit Karoli regis, ed. Riché 1975, p. 86 e a questo campo semantico, meglio che a quello religioso, sembrerebbe rimandare il v. 5, col riferimento al giogo di una segnoria); e infine – e siamo appunto al caso dantesco – filtrò nella lirica amorosa, là dove si simula la morte per amore (e non è strano allora che soccorrano esempi soprattutto da Cavalcanti, il poeta dell'amore doloroso): O tu, che porti 3-4 questo mio spirto che vien di lontano / ti raccomanda l'anima dolente; <i>Perch</i>'i' <i>no spero</i> 27-8 a la tu' amistate / quest'anima che trema raccomando",Perch'i' no spero 27-8 «a la tu' amistate / quest'anima che trema raccomando»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Perch_i_no_spero,Perch'i' no spero di tornar giammai,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK QUALUNQUE ... SIA,"'qualsiasi cosa vuoi che accada di me, quella voglio che sia'. Si tratta, come nell'<i>incipit</i>, di un'ovvia allusione a parole del Vangelo: e più che a <i>Mc</i> 14, 36 (non quod ego volo sed quod tu), alla risposta di Maria all'angelo in <i>Lc</i> 1, 38 ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum. E così come per il passo riecheggiato nell'<i>incipit</i> anche in questo caso l'adattamento del brano evangelico al contesto cortese s'incontra anche altrove nella poesia delle origini. <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> rinviano a <i>Voi che</i> '<i>ntendendo</i> 52 Amor, segnor verace, / ecco l'ancella tua; fa che ti piace [<i>Cv</i> II]; e a Cino, L'<i>anima mia, che si va peregrina</i> 5-6 davante li si pon meschina, / dicendo: ""Io voglio, Amor, ciò che tu vuoi"". Ma, nella generazione prestilnovista, cfr. già per esempio Paolo Lanfranchi, <i>Un nobil</i> 7-8 Ella dicea: ""Tu m'hai in tua bailia; / fa' di me, o amor, ciò che ti pare","Lc 1, 38 «ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Gospel_of_Luke,Vangelo di Luca,Luca,http://dbpedia.org/resource/Luke_the_Evangelist,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_nuovo_testamento,WORK QUALUNQUE ... SIA,"'qualsiasi cosa vuoi che accada di me, quella voglio che sia'. Si tratta, come nell'<i>incipit</i>, di un'ovvia allusione a parole del Vangelo: e più che a <i>Mc</i> 14, 36 (non quod ego volo sed quod tu), alla risposta di Maria all'angelo in <i>Lc</i> 1, 38 ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum. E così come per il passo riecheggiato nell'<i>incipit</i> anche in questo caso l'adattamento del brano evangelico al contesto cortese s'incontra anche altrove nella poesia delle origini. <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> rinviano a <i>Voi che</i> '<i>ntendendo</i> 52 Amor, segnor verace, / ecco l'ancella tua; fa che ti piace [<i>Cv</i> II]; e a Cino, L'<i>anima mia, che si va peregrina</i> 5-6 davante li si pon meschina, / dicendo: ""Io voglio, Amor, ciò che tu vuoi"". Ma, nella generazione prestilnovista, cfr. già per esempio Paolo Lanfranchi, <i>Un nobil</i> 7-8 Ella dicea: ""Tu m'hai in tua bailia; / fa' di me, o amor, ciò che ti pare","Mc 14, 36 («non quod ego volo sed quod tu»)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Gospel_of_Mark,Vangelo di Marco,Marco,http://dbpedia.org/resource/Mark_the_Evangelist,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_nuovo_testamento,WORK QUALUNQUE ... SIA,"'qualsiasi cosa vuoi che accada di me, quella voglio che sia'. Si tratta, come nell'<i>incipit</i>, di un'ovvia allusione a parole del Vangelo: e più che a <i>Mc</i> 14, 36 (non quod ego volo sed quod tu), alla risposta di Maria all'angelo in <i>Lc</i> 1, 38 ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum. E così come per il passo riecheggiato nell'<i>incipit</i> anche in questo caso l'adattamento del brano evangelico al contesto cortese s'incontra anche altrove nella poesia delle origini. <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> rinviano a <i>Voi che</i> '<i>ntendendo</i> 52 Amor, segnor verace, / ecco l'ancella tua; fa che ti piace [<i>Cv</i> II]; e a Cino, L'<i>anima mia, che si va peregrina</i> 5-6 davante li si pon meschina, / dicendo: ""Io voglio, Amor, ciò che tu vuoi"". Ma, nella generazione prestilnovista, cfr. già per esempio Paolo Lanfranchi, <i>Un nobil</i> 7-8 Ella dicea: ""Tu m'hai in tua bailia; / fa' di me, o amor, ciò che ti pare","Cino, L'anima mia, che si va peregrina 5-6 «davante li si pon meschina, / dicendo: ""Io voglio, Amor, ciò che tu vuoi""».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/L_anima_mia_che_si_va_peregrina,"L'anima mia, che si va peregrina",Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK QUALUNQUE ... SIA,"'qualsiasi cosa vuoi che accada di me, quella voglio che sia'. Si tratta, come nell'<i>incipit</i>, di un'ovvia allusione a parole del Vangelo: e più che a <i>Mc</i> 14, 36 (non quod ego volo sed quod tu), alla risposta di Maria all'angelo in <i>Lc</i> 1, 38 ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum. E così come per il passo riecheggiato nell'<i>incipit</i> anche in questo caso l'adattamento del brano evangelico al contesto cortese s'incontra anche altrove nella poesia delle origini. <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> rinviano a <i>Voi che</i> '<i>ntendendo</i> 52 Amor, segnor verace, / ecco l'ancella tua; fa che ti piace [<i>Cv</i> II]; e a Cino, L'<i>anima mia, che si va peregrina</i> 5-6 davante li si pon meschina, / dicendo: ""Io voglio, Amor, ciò che tu vuoi"". Ma, nella generazione prestilnovista, cfr. già per esempio Paolo Lanfranchi, <i>Un nobil</i> 7-8 Ella dicea: ""Tu m'hai in tua bailia; / fa' di me, o amor, ciò che ti pare","Un nobil 7-8 «Ella dicea: ""Tu m'hai in tua bailia; / fa' di me, o amor, ciò che ti pare»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Un_nobil_e_gentil_imaginare,Un nobil e gentil imaginare,Paolo Lanfranchi da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Paolo_Lanfranchi_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK TORTO,"'ingiustizia'. Anche questa, l'essere nemica di ogni ingiustizia, è una qualità che compete piuttosto a una dea o a una santa che a una creatura terrena (ricorda un po' l'epiteto di Lucia in <i>If</i> II 100 nimica di ciascun crudele); la stessa formula, con anche il verbo <i>dispiacere</i>, si trova per esempio in Iacopone, <i>Coll</i>'<i>occhi c</i>'aio nel capo 24 l'alma no'l vede, ma sente che li desplace onne rio. 10-1","Iacopone, Coll'occhi c'aio nel capo 24 «l'alma no'l vede, ma sente che li desplace onne rio».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Coll_occhi_c_aio_nel_capo,Coll'occhi c'aio nel capo,Jacopone da Todi,http://dbpedia.org/resource/Jacopone_da_Todi,http://purl.org/bncf/tid/5665,WORK PERÒ LA MORTE ... AMARA,"'perciò la morte, che non ho meritato, mi entra nel cuore molto più amara', ossia, convertendo come sempre l'astratto in concreto, 'muoio con molta maggiore amarezza'. Il ragionamento è sottile: il poeta si duole della propria morte non solo perché non l'ha meritata, ma anche perché questa sproporzione tra merito e pena è, in sé, un'ingiustizia, e la donna amata, come si dice al v. 9, è nemica delle ingiustizie: onde il dispiacere che questa morte ingiusta le arrecherà. Per l'immagine della morte che entra nel cuore cfr. <i>Bernardo, io veggio</i> 9-10 Questo assedio grande ha posto Morte, / per conquider la vita, intorno al core","Bernardo, io veggio 9-10 «Questo assedio grande ha posto Morte, / per conquider la vita, intorno al core».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Io_veggio,"Bernardo, io veggio ch'una donna vene",Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK MENTR(E),"'finché', come in provenzale: cfr. Falquet de Romans, <i>Quan ben mi soi perpensatz</i> 28-9 ""Doncx gara com obraras, / mentre que vida-t soste"".","Falquet de Romans, Quan ben mi soi perpensatz 28-9 «Doncx gara com obraras, / mentre que vida-t soste».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quan_ben_mi_soi_perpensatz,Quan ben mi soi perpensatz,Falquet de Romans,http://dbpedia.org/resource/Falquet_de_Romans,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK CONSOLATO IN PACE,"'pacificato': cfr. Lapo Gianni, <i>Donna, se</i> '<i>l prego</i> 66 io sconsolato me n'andrò in pace (Iovine).","Lapo Gianni, Donna, se 'l prego 66 «io sconsolato me n'andrò in pace»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Donna_se_l_prego,"Donna, se 'l prego de la mente mia",Lapo Gianni,http://dbpedia.org/resource/Lapo_Gianni,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK M'INCRESCE,"'ho compassione' (<i>Contini</i>), come più avanti al v. 70; il poeta prova pietà per se stesso, come per esempio in Cavalcanti, A me stesso di me 1-2 A me stesso di me pietate vène / per la dolente angoscia ch'i' mi veggio (<i>Contini</i>)","Cavalcanti, A me stesso di me 1-2 «A me stesso di me pietate vène / per la dolente angoscia ch'i' mi veggio»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/A_me_stesso,A me stesso di me pietate vène,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PIANI,"'amichevoli', nella lingua dello Stilnovo spesso in associazione (di solito in coppia) con aggettivi che indicano mansuetudine, gentilezza: benigna e piana (<i>Di donne io vidi</i> 10), giovane e piana (Donne ch'<i>avete</i> 60)",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT MA POI,"la donna cambia repentinamente atteggiamento quando vede che l'uomo si fa avanti. Una dinamica analoga, come notano <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>, è descritta in <i>Amor, tu vedi</i> 4-6 poi s'accorse ch'ell'era mia donna / per lo tuo raggio che al volto mi luce, / d'ogni crudelità si fece donna (e si aggiunga, di Dante, <i>In abito di saggia</i> 5-9: la poesia nasce insomma dalla riflessione sulla differenza tra un passato felice e un presente doloroso). Ma si tratta di una situazionetipo già nei trovatori: cfr. Arnaut Catalan, <i>Lanqan vinc en Lombardia</i> 9-16 Autan, qan vas leis venia, / m'era sos bels cors ioios, / dous e de bella paria, / e francs e de bell respos. / E pos saup qe ses enian / l'amava e la temia, / anc pueis no·m fes bell semblan / aissi con far lo·m solia","Arnaut Catalan, Lanqan vinc en Lombardia 9-16 «Autan, qan vas leis venia, / m'era sos bels cors ioios, / dous e de bella paria, / e francs e de bell respos. / E pos saup qe ses enian / l'amava e la temia, / anc pueis no·m fes bell semblan / aissi con far lo·m solia»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lanqan_vinc_en_Lombardia,Lanqan vinc en Lombardia,Arnaut Catalan,http://dbpedia.org/resource/Arnaut_Catalan,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK (I)NSEGNE D'AMOR,"'vessilli, stendardi', all'interno della metafora per cui l'amore è una milizia e l'amante un soldato, giusta per esempio Ovidio, <i>Ars amatoria</i> II 233-4 Militiae species amor est: discedite, segnes; / non sunt haec timidis signa tuenda viris; o Tibullo, I I 75-6 Hic ego dux milesque bonus: vos, signa tubaeque [di Amore, appunto], / ite procul. L'immagine ricorre spesso negli stilnovisti: cfr. Gianni Alfani, <i>Donne, la donna mia</i> 13-4 [il cuore] non si sciolse mai per altra insegna / che vedesse d'Amor (cioè per un'altra donna)","Ovidio, Ars amatoria II 233-4 «Militiae species amor est: discedite, segnes; / non sunt haec timidis signa tuenda viris»; o Ti- bullo, I I 75-6 «Hic ego dux milesque bonus: vos, signa tubaeque [di Amore, appunto], / ite procul»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Ars_Amatoria,Ars amatoria,Ovidio,http://dbpedia.org/resource/Ovid,http://purl.org/bncf/tid/3005,WORK (I)NSEGNE D'AMOR,"'vessilli, stendardi', all'interno della metafora per cui l'amore è una milizia e l'amante un soldato, giusta per esempio Ovidio, <i>Ars amatoria</i> II 233-4 Militiae species amor est: discedite, segnes; / non sunt haec timidis signa tuenda viris; o Tibullo, I I 75-6 Hic ego dux milesque bonus: vos, signa tubaeque [di Amore, appunto], / ite procul. L'immagine ricorre spesso negli stilnovisti: cfr. Gianni Alfani, <i>Donne, la donna mia</i> 13-4 [il cuore] non si sciolse mai per altra insegna / che vedesse d'Amor (cioè per un'altra donna)","Gianni Alfani, Donne, la donna mia 13-4 «[il cuore] non si sciolse mai per altra insegna / che vedesse d'Amor»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Donne_la_donna_mia,"Donne, la donna mia ha d'un disdegno",Gianni Alfani,http://it.dbpedia.org/resource/Gianni_Alfani,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PUR UNA FÏATA,"'neppure una volta'; molto simile, nelle parole non nel concetto, un passo di Lapo Gianni, <i>Angioletta in sembianza</i> 15-7 Non fuoro gli occhi miei / ne la sua vista una fïata ancora, / ch'egli avesser vigore.","Lapo Gianni, Angioletta in sembianza 15-7 «Non fuoro gli occhi miei / ne la sua vista una fïata an- cora, / ch'egli avesser vigore»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Angioletta_in_sembianza,Angioletta in sembianza,Lapo Gianni,http://dbpedia.org/resource/Lapo_Gianni,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK LO CORE ... SPOSATA,"l'idea che il cuore sia la sede dell'anima, già aristotelica, è poi comune nella tradizione medica medievale (cfr. Siraisi 1981, pp. 171 e 318): e Dante dirà appunto che è ne la secretissima camera de lo cuore che risiede lo spirito de la vita, l'anima (<i>Vn</i> II 4). Anche l'immagine del matrimonio [<i>Cv</i> IV] è topica in letteratura, ma l'unione si dà piuttosto tra l'anima e il <i>corpo</i>: Le dolci rime 123 [L'anima] ch'al <i>corpo</i> si sposa; <i>Il libro di Sidrac</i> lo <i>corpo</i> e l'anima sono due isposi che molto s'amano e che giammai non si vorrebbero partire (citato da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>).",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19144,CONCEPT LO CORE ... SPOSATA,"l'idea che il cuore sia la sede dell'anima, già aristotelica, è poi comune nella tradizione medica medievale (cfr. Siraisi 1981, pp. 171 e 318): e Dante dirà appunto che è ne la secretissima camera de lo cuore che risiede lo spirito de la vita, l'anima (<i>Vn</i> II 4). Anche l'immagine del matrimonio [<i>Cv</i> IV] è topica in letteratura, ma l'unione si dà piuttosto tra l'anima e il <i>corpo</i>: Le dolci rime 123 [L'anima] ch'al <i>corpo</i> si sposa; <i>Il libro di Sidrac</i> lo <i>corpo</i> e l'anima sono due isposi che molto s'amano e che giammai non si vorrebbero partire (citato da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>).",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/770,CONCEPT LO CORE ... SPOSATA,"l'idea che il cuore sia la sede dell'anima, già aristotelica, è poi comune nella tradizione medica medievale (cfr. Siraisi 1981, pp. 171 e 318): e Dante dirà appunto che è ne la secretissima camera de lo cuore che risiede lo spirito de la vita, l'anima (<i>Vn</i> II 4). Anche l'immagine del matrimonio [<i>Cv</i> IV] è topica in letteratura, ma l'unione si dà piuttosto tra l'anima e il <i>corpo</i>: Le dolci rime 123 [L'anima] ch'al <i>corpo</i> si sposa; <i>Il libro di Sidrac</i> lo <i>corpo</i> e l'anima sono due isposi che molto s'amano e che giammai non si vorrebbero partire (citato da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>).",Il libro di Sidrac «lo corpo e l'anima sono due isposi che molto s'amano e che giammai non si vorrebbero partire»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Book_of_Sydrac,Il libro di Sidrac,,,http://purl.org/bncf/tid/762,WORK PARTIR,"è il verbo usato regolarmente quando si parla dell'uscita dell'anima dal corpo, sia nelle iperboli della lirica cortese (cfr. Li occhi dolenti 29-30 Partissi de la sua bella persona / piena di grazia l'anima gentile) sia nella poesia religiosa (cfr. Iacopone [?], <i>Sorelle, prègovo per mi</i>' <i>amore</i> 22-3 l'alma k'era de te gaudente / mo·sse departe dal cor dolente, ed. Bettarini 1969b)","(cfr. Iacopone [?], Sorelle, prègovo per mi' amore 22-3 «l'alma k'era de te gaudente / mo·sse departe dal cor dolente»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sorelle_pregovo,"Sorelle, prègovo per mi' amore",,,http://purl.org/bncf/tid/5665,WORK LA CONVIENE,"costruzione del verbo con l'accusativo al posto del dativo (<i>le conviene</i>), come in antico francese e in italiano ... fino ai tempi del Boccaccio (<i>Contini</i>); per l'idea di necessità che il verbo porta con sé cfr. Chiaro, <i>Amore, io non mi doglio</i> 48-9 ""Già son venuto al passo / che mi conven morire inamorato"".","Chiaro, Amore, io non mi doglio 48-9 «Già son venuto al passo / che mi conven morire inamorato»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Amore_io_non_mi_doglio,"Amore, io non mi doglio",Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK INNAMORATA ... PIANGENDO,"la lirica stilnovista tende spesso a far gravare sulle membra, o sulle funzioni vitali, il peso delle passioni: <i>Voi che</i> '<i>ntendendo</i> 30-2 L'anima piange, sì ancor len dole, / e dice: ""Oh lassa a me, come si fugge / questo piatoso che m'ha consolata!"" [<i>Cv</i> II]",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT CHÉ ... AMORE,"che polivalente (cfr. D'Achille 1990, pp. 224-6), a metà tra ripresa relativa ('la quale sconsolata viene cacciata') e congiunzione causale ('dal momento <i>che</i> Amore la caccia'). L'idea di Amore crudele ispira un filone cospicuo della lirica duecentesca (cfr. Giunta 1998, p. 247), e in particolare, per l'effrazione di Amore <i>che</i> allontana l'anima dal corpo spegnendo la vita, cfr. Gianni Alfani, <i>Donne, la donna mia</i> 15-7 [la donna] tese / lo su' arco ad Amore, / col qual ne pinge l'anima de fòre; e lo stesso Dante, <i>Con l</i>'<i>altre donne</i> 9-11 [Amore] fere tra ' miei spiriti paurosi, / e quale ancide, e qual pinge di fore, / sì <i>che</i> solo remane a veder vui.","Gianni Alfani, Don- ne, la donna mia 15-7 «[la donna] tese / lo su' arco ad Amore, / col qual ne pinge l'anima de fòre»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Donne_la_donna_mia,"Donne, la donna mia ha d'un disdegno",Gianni Alfani,http://it.dbpedia.org/resource/Gianni_Alfani,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK RISTRETTA,"'asserragliata' (soggetto è l'anima); immagine bellica, che richiama la dinamica dell'assedio e della resistenza che gli assediati e i loro alleati (con quella vita) oppongono agli assalitori (qui Amore) nella città o nella fortezza (qui il cuore): Matteo Villani, <i>Cronica</i> V 18 Messer Galeotto si ristrinse co' suoi combattendo co' nemici","Matteo Villani, Cronica V 18 «Messer Galeotto si ristrinse co' suoi combattendo co' nemici»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Nova_Cronica,Nova Cronica,Giovanni Villani,http://dbpedia.org/resource/Giovanni_Villani,http://purl.org/bncf/tid/9645,WORK QUELLA VITA,"la vita è sentita come un bene quantificabile, che può scemare e non solo, di colpo, annullarsi, sicché si può essere più o meno vivi (cfr. per esempio Cino, <i>Novellamente</i> 10-1 quel poco che di vita / gli rimase): dunque, diremmo oggi, 'forza vitale'.","Cino, Novellamente 10-1 «quel poco che di vita / gli rimase»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Novellamente_Amor,Novellamente Amor mi giura e dice,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SPESSAMENTE ABRACCIA,"'continua ad abbracciare' (per la scempia cfr. la nota a <i>La dispietata mente</i> 37). Visione antropomorfa dell'anima, che abbraccia gli spiriti, come in Lapo Gianni, Nel vostro viso 13-4 e 'l cor con allegrezza / l'abraccia, poi ch'e' 'l fece virtuoso.","Lapo Gianni, Nel vostro viso 13-4 «e 'l cor con allegrezza / l'abraccia, poi ch'e' 'l fece virtuoso»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Nel_vostro_viso_angelico_amoroso,Nel vostro viso angelico amoroso,Lapo Gianni,http://dbpedia.org/resource/Lapo_Gianni,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SPIRITI,"nella fisiologia antica e medievale sono i sottilissimi fluidi generati nel cuore che regolano le funzioni del corpo e, più in generale, la vita psicofisica (dunque anche la meccanica delle passioni): quando proviamo le emozioni di paura o tristezza, il sangue e gli <i>spiritus</i> lasciano le membra e tornano al o verso il cuore (Thorndike 1923-41, III, p. 448); e di <i>spiriti</i> trattati come esseri in carne e ossa è notoriamente piena la lirica stilnovista, da Dante a Cino a – soprattutto – Cavalcanti",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT SPIRITI,"nella fisiologia antica e medievale sono i sottilissimi fluidi generati nel cuore che regolano le funzioni del corpo e, più in generale, la vita psicofisica (dunque anche la meccanica delle passioni): quando proviamo le emozioni di paura o tristezza, il sangue e gli <i>spiritus</i> lasciano le membra e tornano al o verso il cuore (Thorndike 1923-41, III, p. 448); e di <i>spiriti</i> trattati come esseri in carne e ossa è notoriamente piena la lirica stilnovista, da Dante a Cino a – soprattutto – Cavalcanti",,CONCORDANZA GENERICA,,,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT SPIRITI,"nella fisiologia antica e medievale sono i sottilissimi fluidi generati nel cuore che regolano le funzioni del corpo e, più in generale, la vita psicofisica (dunque anche la meccanica delle passioni): quando proviamo le emozioni di paura o tristezza, il sangue e gli <i>spiritus</i> lasciano le membra e tornano al o verso il cuore (Thorndike 1923-41, III, p. 448); e di <i>spiriti</i> trattati come esseri in carne e ossa è notoriamente piena la lirica stilnovista, da Dante a Cino a – soprattutto – Cavalcanti",,CONCORDANZA GENERICA,,,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT L'IMAGINE,"non c'entra tanto l'idea della donna che sta in cima ai pensieri, come nel sonetto <i>Due donne</i> (citato da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>) o in <i>Così nel mio parlar</i> 16-7 (come fior di fronda, / così de la mia mente tien la cima), quanto la dottrina classica della reminiscenza come immagine della cosa veduta e conservata nella memoria: cfr. Aristotele, <i>De memoria et reminiscentia</i> 450a 1-5; e Agostino, De trinitate XI VII 11 Sed cum cogitatur, ex illa quam memoria tenet, exprimitur in acie cogitantis, et reminiscendo formatur ea species, quae quasi proles est eius quam memoria tenet. Quanto a Dante, il rinvio più pertinente è quello di <i>Contini</i> a <i>Vn</i> II 9, dove si trova la stessa idea espressa qui ai vv. 43-4: la sua imagine ... continuatamente meco stava","Aristotele, De memoria et reminiscentia 450a 1-5",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_memoria_et_reminiscentia(Aristotele),De memoria et reminiscentia (Aristotele),Aristotele,http://dbpedia.org/resource/Aristotle,http://purl.org/bncf/tid/19144,WORK L'IMAGINE,"non c'entra tanto l'idea della donna che sta in cima ai pensieri, come nel sonetto <i>Due donne</i> (citato da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>) o in <i>Così nel mio parlar</i> 16-7 (come fior di fronda, / così de la mia mente tien la cima), quanto la dottrina classica della reminiscenza come immagine della cosa veduta e conservata nella memoria: cfr. Aristotele, <i>De memoria et reminiscentia</i> 450a 1-5; e Agostino, De trinitate XI VII 11 Sed cum cogitatur, ex illa quam memoria tenet, exprimitur in acie cogitantis, et reminiscendo formatur ea species, quae quasi proles est eius quam memoria tenet. Quanto a Dante, il rinvio più pertinente è quello di <i>Contini</i> a <i>Vn</i> II 9, dove si trova la stessa idea espressa qui ai vv. 43-4: la sua imagine ... continuatamente meco stava","Agostino, De trinitate XI VII 11 «Sed cum cogitatur, ex illa quam memoria tenet, exprimitur in acie cogitantis, et reminiscendo formatur ea species, quae quasi proles est eius quam memoria tenet»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/On_the_Trinity,De trinitate libri XV,Agostino,http://dbpedia.org/resource/Augustine_of_Hippo,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK PESA,"'dispiace', secondo una metafora corrente: cfr. Guittone, <i>Certo, Guitton, de lo mal tuo mi pesa</i> (e la nota di Leonardi 1994, p. 177)","Guittone, Certo, Guitton, de lo mal tuo mi pesa",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Certo_Guitton,"Certo, Guitton, de lo mal tuo mi pesa",Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK RIDA,"'sorrida'; per la clausola cfr. Dino Frescobaldi, <i>Quest</i>'<i>è la giovanetta ch</i>'<i>Amor guida</i> 5 Vielle dinanzi Amor, che par che rida (Brugnolo). 49-50","Dino Frescobaldi, Quest'è la giovanetta ch'Amor guida 5 «Vielle dinanzi Amor, che par che rida»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quest_e_la_giovanetta,Quest'è la giovanetta ch'Amor guida,Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK MICIDIALI,"per la forza omicida degli occhi cfr. per esempio <i>Amor, da che convien</i> 45 li occhi che m'ancidono a gran torto e l'episodio narrato in <i>Vn</i> XIV 4-6, in cui Dante incrocia lo sguardo di Beatrice restando folgorato. L'immagine viene dai poeti siciliani: Rinaldo d'Aquino (sguardi micidiali), Piero della Vigna (cogli occhi suo' micidari)",sguardi micidiali v.34,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Amorosa_donna_fina,Amorosa donna fina,Rinaldo d'Aquino,http://it.dbpedia.org/resource/Rinaldo_d'Aquino,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK MICIDIALI,"per la forza omicida degli occhi cfr. per esempio <i>Amor, da che convien</i> 45 li occhi che m'ancidono a gran torto e l'episodio narrato in <i>Vn</i> XIV 4-6, in cui Dante incrocia lo sguardo di Beatrice restando folgorato. L'immagine viene dai poeti siciliani: Rinaldo d'Aquino (sguardi micidiali), Piero della Vigna (cogli occhi suo' micidari)",cogli occhi suo' micidari v.14,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Uno_piasente_isguardo,Uno piasente isguardo,Pier della Vigna,http://dbpedia.org/resource/Pietro_della_Vigna,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK VANNE,"'Vattene'. L'innesto di battute di discorso diretto attribuite alle membra o, come qui, alle passioni personificate è tipico della lirica stilnovista; cfr. lo stesso Dante, <i>Era venuta</i> 8 e [Amore] diceva a' sospiri: ""Andate fore"". In particolare, l'invito rivolto all'anima perché fugga via si trova quasi identico in Dino Frescobaldi, <i>Poscia che dir conviemmi ciò ch</i>'<i>io sento</i> 39-41 [Amore] apre verso questo fianco aperto / dicendo: ""Fuggi!"" all'anima, ""ché sai / che campar nol potrai"".","Dino Frescobaldi, Poscia che dir conviemmi ciò ch'io sento vv.39-41 «[Amore] apre verso questo fianco aperto / dicendo: ""Fuggi!"" all'anima, ""ché sai / che campar nol potrai""».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Poscia_che_dir_conviemmi,Poscia che dir conviemmi ciò ch'io sento,Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DESIRE,"è l'immagine della donna amata, trattata come un personaggio che, insediato nella mente, parla e agisce: per questa identificazione cfr. <i>O dolci rime</i> 14 dicendo: ""Ov'è 'l <i>disio</i> de li occhi miei?"" (il <i>disio</i> essendo appunto la donna gentile). La personificazione del desiderio, se non davvero topica, non è rara nella poesia del tempo di Dante: cfr. Guido Novello da Polenta, <i>Un penser ne la mente mia se chiude</i> 5-7 nel mezo del meo core / ha un desio, che la vostra persona / entro vel pose co le man d'Amore; Dino Frescobaldi, <i>Morte avversara, poich</i>'<i>io son contento</i> 59-61 e la speranza vede scapigliata / sopra 'l <i>disio</i> ch'ieri / d'angoscia cadde tramortito e steso.","Guido Novello da Polenta, Un penser ne la mente mia se chiude 5-7 «nel mezo del meo core / ha un desio, che la vostra persona / entro vel pose co le man d'Amore»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Un_penser_ne_la_mia_mente,Un penser ne la mente mia se chiude,Guido Novello da Polenta,http://dbpedia.org/resource/Guido_II_da_Polenta,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK DESIRE,"è l'immagine della donna amata, trattata come un personaggio che, insediato nella mente, parla e agisce: per questa identificazione cfr. <i>O dolci rime</i> 14 dicendo: ""Ov'è 'l <i>disio</i> de li occhi miei?"" (il <i>disio</i> essendo appunto la donna gentile). La personificazione del desiderio, se non davvero topica, non è rara nella poesia del tempo di Dante: cfr. Guido Novello da Polenta, <i>Un penser ne la mente mia se chiude</i> 5-7 nel mezo del meo core / ha un desio, che la vostra persona / entro vel pose co le man d'Amore; Dino Frescobaldi, <i>Morte avversara, poich</i>'<i>io son contento</i> 59-61 e la speranza vede scapigliata / sopra 'l <i>disio</i> ch'ieri / d'angoscia cadde tramortito e steso.","Dino Frescobaldi, Morte avversara, poich'io son contento 59-61 «e la speranza vede scapigliata / sopra 'l disio ch'ieri / d'angoscia cadde tramortito e steso»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Morte_avversara_poich_io_son_contento,"Morte avversara, poich'io son contento",Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK LO GIORNO,"avvio narrativo analogo a Dino Frescobaldi, <i>Morte avversara, poich</i>'<i>io son contento</i> 19 Morte, lo giorno ch'io gli occhi levai (Brugnolo)","Dino Frescobaldi, Morte avversara, poich'io son contento 19 «Morte, lo giorno ch'io gli oc- chi levai»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Morte_avversara_poich_io_son_contento,"Morte avversara, poich'io son contento",Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK NEL MONDO VENNE,"non 'fece la sua comparsa in società', come alcuni hanno proposto pensando a <i>Vn</i> II 2, quando Dante incontra Beatrice giovanissima, ma proprio 'nacque', come in Monte, <i>Ai come spento son, oïmè lasso</i> 11 quell'or ch'io prima in questo mondo venni.","Monte, Ai come spento son, oïmè lasso 11 «quell'or ch'io prima in questo mondo venni».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ai_come_spento_son,"Ai come spento son, oïmè lasso",Monte Andrea,http://it.dbpedia.org/resource/Monte_Andrea,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK LIBRO DELLA MENTE,"il libro della <i>memoria</i>, cioè la <i>memoria</i> stessa (dato che <i>mente</i> può significare anche '<i>memoria</i>'): la <i>mente</i>, scrive Ugo di San Vittore, est quod liber, et quasi in libro scribitur, quod in <i>mente</i> per memoriam retentum non deletur (citato da Singleton 1968, pp. 40-1 nota 1). Per la storia del <i>topos</i> cfr. tra l'altro Curtius 1997, pp. 361-3; Dronke 1974, pp. 123-4; Branca 1969; Fenzi 2005; la stessa metafora apre, come si sa, la <i>Vita Nova</i> (In quella parte del libro de la mia <i>memoria</i>) e torna poi più volte nell'opera dantesca (cfr. A. Maierù in <i>ED</i>, s.v. <i>memoria</i>)","Ugo di San Vittore, «est quod liber, et quasi in libro scribitur, quod in mente per memoriam retentum non deletur»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Explanatio_super_Canticum_Marie,Explanatio super Canticum Mariae,Ugo da San Vittore,http://dbpedia.org/resource/Hugh_of_Saint_Victor,http://purl.org/bncf/tid/11978,WORK SOSTENNE ... NOVA,"'subì', o meglio 'fece esperienza di un'eccezionale, inaudita (<i>nova</i>) <i>passione</i>'. È un sintagma fisso nel repertorio sacro (Pseudo-Uguccione, <i>Storia</i> 197 [Cristo] sostene fiera <i>passione</i>, in <i>CLPIO</i>, pp. 59-68) e laudistico (<i>Ore plangamo</i> 83 Pro vuy sostinni la <i>passione</i>, ed. Varanini 1972, pp. 30-7; e ivi, p. 70: sì sostenne passïone), quindi nella letteratura profana (Lapo Gianni, <i>Donna, se</i> '<i>l prego</i> 41 e sostenni <i>passione</i> in ciascun membro). Quanto a <i>passione</i>, come osserva Auerbach 1987, p. 143, il termine <i>pathos</i> significa, nella terminologia psicologica aristotelica, tutto ciò che viene percepito, ricevuto o sofferto passivamente: impressione sensoriale e percezione, sensazione ed esperienza, sentimento più o meno forte. La parola <i>passione</i> si è dunque potuta intendere come 'malattia' fino al Rinascimento, come 'patimenti (<i>passione</i>) di Cristo' fino ad oggi, e come 'sentimento' o 'sensazione', secondo i casi, nella tradizione psicologica dell'aristotelismo, la cui terminologia si è conservata con straordinaria tenacia. Contrariamente a quanto sembra ritenere Auerbach, che cita e commenta questo verso di E' m'<i>incresce di me</i>, il significato di <i>passione</i> nel passo dantesco è appunto il primo dei tre indicati: sofferenza, accidente, improvvisa affezione delle facoltà vitali, e insomma <i>pathos</i>, senza alcun rapporto con la mistica morte per amore (Auerbach 1987, p. 152) o con l'attuale più comune accezione del termine ('forte e attiva propensione verso qualcuno o qualcosa'). È un fenomeno che riguarda innanzitutto il corpo, <i>poi</i> l'anima, come spiega Tommaso: passio non accidit coniuncto ex corpore et anima nisi ratione corporis (<i>De veritate</i>, <i>qu</i>. 26 a. 2 ad 4); passio proprie invenitur ubi est transmutatio corporalis. Quae quidem invenitur in actibus appetitus sensitivi (<i>ST</i> I-IIae, <i>qu</i>. XXII a. 3 <i>resp</i>.): moto dell'appetito sensitivo che implica una <i>transmutatio corporalis in deterius</i>, ovvero un'alterazione del composto anima-corpo (cfr. Sciuto 1999, p. 78).","(Pseudo-Uguccione, Storia 197 «[Cristo] sostene fiera passione», in CLPIO, pp. 59-68)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Istoria_(Uguccione_ps),Istoria,Uguccione (ps.),http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Uguccione_(ps),http://purl.org/bncf/tid/5665,WORK SOSTENNE ... NOVA,"'subì', o meglio 'fece esperienza di un'eccezionale, inaudita (<i>nova</i>) <i>passione</i>'. È un sintagma fisso nel repertorio sacro (Pseudo-Uguccione, <i>Storia</i> 197 [Cristo] sostene fiera <i>passione</i>, in <i>CLPIO</i>, pp. 59-68) e laudistico (<i>Ore plangamo</i> 83 Pro vuy sostinni la <i>passione</i>, ed. Varanini 1972, pp. 30-7; e ivi, p. 70: sì sostenne passïone), quindi nella letteratura profana (Lapo Gianni, <i>Donna, se</i> '<i>l prego</i> 41 e sostenni <i>passione</i> in ciascun membro). Quanto a <i>passione</i>, come osserva Auerbach 1987, p. 143, il termine <i>pathos</i> significa, nella terminologia psicologica aristotelica, tutto ciò che viene percepito, ricevuto o sofferto passivamente: impressione sensoriale e percezione, sensazione ed esperienza, sentimento più o meno forte. La parola <i>passione</i> si è dunque potuta intendere come 'malattia' fino al Rinascimento, come 'patimenti (<i>passione</i>) di Cristo' fino ad oggi, e come 'sentimento' o 'sensazione', secondo i casi, nella tradizione psicologica dell'aristotelismo, la cui terminologia si è conservata con straordinaria tenacia. Contrariamente a quanto sembra ritenere Auerbach, che cita e commenta questo verso di E' m'<i>incresce di me</i>, il significato di <i>passione</i> nel passo dantesco è appunto il primo dei tre indicati: sofferenza, accidente, improvvisa affezione delle facoltà vitali, e insomma <i>pathos</i>, senza alcun rapporto con la mistica morte per amore (Auerbach 1987, p. 152) o con l'attuale più comune accezione del termine ('forte e attiva propensione verso qualcuno o qualcosa'). È un fenomeno che riguarda innanzitutto il corpo, <i>poi</i> l'anima, come spiega Tommaso: passio non accidit coniuncto ex corpore et anima nisi ratione corporis (<i>De veritate</i>, <i>qu</i>. 26 a. 2 ad 4); passio proprie invenitur ubi est transmutatio corporalis. Quae quidem invenitur in actibus appetitus sensitivi (<i>ST</i> I-IIae, <i>qu</i>. XXII a. 3 <i>resp</i>.): moto dell'appetito sensitivo che implica una <i>transmutatio corporalis in deterius</i>, ovvero un'alterazione del composto anima-corpo (cfr. Sciuto 1999, p. 78).",Ore plangamo 83 «Pro vuy sostinni la passione»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lamentatio_beate_Marie_de_filio,Lamentatio beate Marie de Filio,,,http://purl.org/bncf/tid/5665,WORK SOSTENNE ... NOVA,"'subì', o meglio 'fece esperienza di un'eccezionale, inaudita (<i>nova</i>) <i>passione</i>'. È un sintagma fisso nel repertorio sacro (Pseudo-Uguccione, <i>Storia</i> 197 [Cristo] sostene fiera <i>passione</i>, in <i>CLPIO</i>, pp. 59-68) e laudistico (<i>Ore plangamo</i> 83 Pro vuy sostinni la <i>passione</i>, ed. Varanini 1972, pp. 30-7; e ivi, p. 70: sì sostenne passïone), quindi nella letteratura profana (Lapo Gianni, <i>Donna, se</i> '<i>l prego</i> 41 e sostenni <i>passione</i> in ciascun membro). Quanto a <i>passione</i>, come osserva Auerbach 1987, p. 143, il termine <i>pathos</i> significa, nella terminologia psicologica aristotelica, tutto ciò che viene percepito, ricevuto o sofferto passivamente: impressione sensoriale e percezione, sensazione ed esperienza, sentimento più o meno forte. La parola <i>passione</i> si è dunque potuta intendere come 'malattia' fino al Rinascimento, come 'patimenti (<i>passione</i>) di Cristo' fino ad oggi, e come 'sentimento' o 'sensazione', secondo i casi, nella tradizione psicologica dell'aristotelismo, la cui terminologia si è conservata con straordinaria tenacia. Contrariamente a quanto sembra ritenere Auerbach, che cita e commenta questo verso di E' m'<i>incresce di me</i>, il significato di <i>passione</i> nel passo dantesco è appunto il primo dei tre indicati: sofferenza, accidente, improvvisa affezione delle facoltà vitali, e insomma <i>pathos</i>, senza alcun rapporto con la mistica morte per amore (Auerbach 1987, p. 152) o con l'attuale più comune accezione del termine ('forte e attiva propensione verso qualcuno o qualcosa'). È un fenomeno che riguarda innanzitutto il corpo, <i>poi</i> l'anima, come spiega Tommaso: passio non accidit coniuncto ex corpore et anima nisi ratione corporis (<i>De veritate</i>, <i>qu</i>. 26 a. 2 ad 4); passio proprie invenitur ubi est transmutatio corporalis. Quae quidem invenitur in actibus appetitus sensitivi (<i>ST</i> I-IIae, <i>qu</i>. XXII a. 3 <i>resp</i>.): moto dell'appetito sensitivo che implica una <i>transmutatio corporalis in deterius</i>, ovvero un'alterazione del composto anima-corpo (cfr. Sciuto 1999, p. 78).","Lapo Gian- ni, Donna, se 'l prego 41 «e sostenni passione in ciascun membro»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Donna_se_l_prego,"Donna, se 'l prego de la mente mia",Lapo Gianni,http://dbpedia.org/resource/Lapo_Gianni,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SOSTENNE ... NOVA,"'subì', o meglio 'fece esperienza di un'eccezionale, inaudita (<i>nova</i>) <i>passione</i>'. È un sintagma fisso nel repertorio sacro (Pseudo-Uguccione, <i>Storia</i> 197 [Cristo] sostene fiera <i>passione</i>, in <i>CLPIO</i>, pp. 59-68) e laudistico (<i>Ore plangamo</i> 83 Pro vuy sostinni la <i>passione</i>, ed. Varanini 1972, pp. 30-7; e ivi, p. 70: sì sostenne passïone), quindi nella letteratura profana (Lapo Gianni, <i>Donna, se</i> '<i>l prego</i> 41 e sostenni <i>passione</i> in ciascun membro). Quanto a <i>passione</i>, come osserva Auerbach 1987, p. 143, il termine <i>pathos</i> significa, nella terminologia psicologica aristotelica, tutto ciò che viene percepito, ricevuto o sofferto passivamente: impressione sensoriale e percezione, sensazione ed esperienza, sentimento più o meno forte. La parola <i>passione</i> si è dunque potuta intendere come 'malattia' fino al Rinascimento, come 'patimenti (<i>passione</i>) di Cristo' fino ad oggi, e come 'sentimento' o 'sensazione', secondo i casi, nella tradizione psicologica dell'aristotelismo, la cui terminologia si è conservata con straordinaria tenacia. Contrariamente a quanto sembra ritenere Auerbach, che cita e commenta questo verso di E' m'<i>incresce di me</i>, il significato di <i>passione</i> nel passo dantesco è appunto il primo dei tre indicati: sofferenza, accidente, improvvisa affezione delle facoltà vitali, e insomma <i>pathos</i>, senza alcun rapporto con la mistica morte per amore (Auerbach 1987, p. 152) o con l'attuale più comune accezione del termine ('forte e attiva propensione verso qualcuno o qualcosa'). È un fenomeno che riguarda innanzitutto il corpo, <i>poi</i> l'anima, come spiega Tommaso: passio non accidit coniuncto ex corpore et anima nisi ratione corporis (<i>De veritate</i>, <i>qu</i>. 26 a. 2 ad 4); passio proprie invenitur ubi est transmutatio corporalis. Quae quidem invenitur in actibus appetitus sensitivi (<i>ST</i> I-IIae, <i>qu</i>. XXII a. 3 <i>resp</i>.): moto dell'appetito sensitivo che implica una <i>transmutatio corporalis in deterius</i>, ovvero un'alterazione del composto anima-corpo (cfr. Sciuto 1999, p. 78).",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19144,CONCEPT SOSTENNE ... NOVA,"'subì', o meglio 'fece esperienza di un'eccezionale, inaudita (<i>nova</i>) <i>passione</i>'. È un sintagma fisso nel repertorio sacro (Pseudo-Uguccione, <i>Storia</i> 197 [Cristo] sostene fiera <i>passione</i>, in <i>CLPIO</i>, pp. 59-68) e laudistico (<i>Ore plangamo</i> 83 Pro vuy sostinni la <i>passione</i>, ed. Varanini 1972, pp. 30-7; e ivi, p. 70: sì sostenne passïone), quindi nella letteratura profana (Lapo Gianni, <i>Donna, se</i> '<i>l prego</i> 41 e sostenni <i>passione</i> in ciascun membro). Quanto a <i>passione</i>, come osserva Auerbach 1987, p. 143, il termine <i>pathos</i> significa, nella terminologia psicologica aristotelica, tutto ciò che viene percepito, ricevuto o sofferto passivamente: impressione sensoriale e percezione, sensazione ed esperienza, sentimento più o meno forte. La parola <i>passione</i> si è dunque potuta intendere come 'malattia' fino al Rinascimento, come 'patimenti (<i>passione</i>) di Cristo' fino ad oggi, e come 'sentimento' o 'sensazione', secondo i casi, nella tradizione psicologica dell'aristotelismo, la cui terminologia si è conservata con straordinaria tenacia. Contrariamente a quanto sembra ritenere Auerbach, che cita e commenta questo verso di E' m'<i>incresce di me</i>, il significato di <i>passione</i> nel passo dantesco è appunto il primo dei tre indicati: sofferenza, accidente, improvvisa affezione delle facoltà vitali, e insomma <i>pathos</i>, senza alcun rapporto con la mistica morte per amore (Auerbach 1987, p. 152) o con l'attuale più comune accezione del termine ('forte e attiva propensione verso qualcuno o qualcosa'). È un fenomeno che riguarda innanzitutto il corpo, <i>poi</i> l'anima, come spiega Tommaso: passio non accidit coniuncto ex corpore et anima nisi ratione corporis (<i>De veritate</i>, <i>qu</i>. 26 a. 2 ad 4); passio proprie invenitur ubi est transmutatio corporalis. Quae quidem invenitur in actibus appetitus sensitivi (<i>ST</i> I-IIae, <i>qu</i>. XXII a. 3 <i>resp</i>.): moto dell'appetito sensitivo che implica una <i>transmutatio corporalis in deterius</i>, ovvero un'alterazione del composto anima-corpo (cfr. Sciuto 1999, p. 78).","«passio non accidit coniuncto ex corpore et anima nisi ratione corporis» (De veritate, qu. 26 a. 2 ad 4)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_veritate(Tommaso),Quaestiones disputatae de veritate,Tommaso,http://dbpedia.org/resource/Thomas_Aquinas,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK SOSTENNE ... NOVA,"'subì', o meglio 'fece esperienza di un'eccezionale, inaudita (<i>nova</i>) <i>passione</i>'. È un sintagma fisso nel repertorio sacro (Pseudo-Uguccione, <i>Storia</i> 197 [Cristo] sostene fiera <i>passione</i>, in <i>CLPIO</i>, pp. 59-68) e laudistico (<i>Ore plangamo</i> 83 Pro vuy sostinni la <i>passione</i>, ed. Varanini 1972, pp. 30-7; e ivi, p. 70: sì sostenne passïone), quindi nella letteratura profana (Lapo Gianni, <i>Donna, se</i> '<i>l prego</i> 41 e sostenni <i>passione</i> in ciascun membro). Quanto a <i>passione</i>, come osserva Auerbach 1987, p. 143, il termine <i>pathos</i> significa, nella terminologia psicologica aristotelica, tutto ciò che viene percepito, ricevuto o sofferto passivamente: impressione sensoriale e percezione, sensazione ed esperienza, sentimento più o meno forte. La parola <i>passione</i> si è dunque potuta intendere come 'malattia' fino al Rinascimento, come 'patimenti (<i>passione</i>) di Cristo' fino ad oggi, e come 'sentimento' o 'sensazione', secondo i casi, nella tradizione psicologica dell'aristotelismo, la cui terminologia si è conservata con straordinaria tenacia. Contrariamente a quanto sembra ritenere Auerbach, che cita e commenta questo verso di E' m'<i>incresce di me</i>, il significato di <i>passione</i> nel passo dantesco è appunto il primo dei tre indicati: sofferenza, accidente, improvvisa affezione delle facoltà vitali, e insomma <i>pathos</i>, senza alcun rapporto con la mistica morte per amore (Auerbach 1987, p. 152) o con l'attuale più comune accezione del termine ('forte e attiva propensione verso qualcuno o qualcosa'). È un fenomeno che riguarda innanzitutto il corpo, <i>poi</i> l'anima, come spiega Tommaso: passio non accidit coniuncto ex corpore et anima nisi ratione corporis (<i>De veritate</i>, <i>qu</i>. 26 a. 2 ad 4); passio proprie invenitur ubi est transmutatio corporalis. Quae quidem invenitur in actibus appetitus sensitivi (<i>ST</i> I-IIae, <i>qu</i>. XXII a. 3 <i>resp</i>.): moto dell'appetito sensitivo che implica una <i>transmutatio corporalis in deterius</i>, ovvero un'alterazione del composto anima-corpo (cfr. Sciuto 1999, p. 78).","«passio proprie invenitur ubi est transmutatio corporalis. Quae quidem invenitur in actibus ap- petitus sensitivi» (ST I-IIae, qu. XXII a. 3 resp.): moto dell'appetito sensitivo che implica una transmutatio corporalis in deterius",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Summa_Theologica,Summa Theologiae,Tommaso,http://dbpedia.org/resource/Thomas_Aquinas,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK A TUTTE ... FRENO,"l'arresto delle funzioni vitali, il venir meno della coscienza, ricorda la <i>diminutio</i> o <i>privatio sensus et motus</i> che, nel linguaggio della medicina medievale, descrive le conseguenze dell'epilessia (cfr. De Renzi 1852-59, II, pp. 110-1; altre fonti in Tonelli 2004, pp. 73-4). E si parla di un <i>freno</i> perché nella loro normale attività le facoltà si considerano invece <i>libere</i>, cioè capaci di funzionare, alla luce non tanto di <i>Vn</i> II 6 (dopo l'apparizione di Beatrice) Heu miser! Quia frequenter impeditus ero deinceps, quanto di <i>Vn</i> XV 1-2, dove si discorre delle virtù <i>libere</i>, cioè delle facoltà attive: ""Ecco che tu fossi domandato da lei: che avrestù da rispondere, ponendo che tu avessi libera ciascuna tua vertude in quanto tu le rispondessi?"" E a costui rispondea un altro umile pensero, e dicea: ""S'io non perdessi le mie virtudi ...""",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/770,CONCEPT VIRTÙ,"da Galeno e dai medici arabi viene una divisione ternaria delle forze vitali, o facoltà, o <i>virtù</i>, ciascuna situata in uno dei tre organi principali: la <i>virtù</i> naturale nel fegato, la <i>virtù</i> vitale nel cuore, la <i>virtù</i> psichica nel cervello (cfr. Jacquart 2003, p. 74). Dunque qui s'intenda la parola <i>virtù</i> al modo in cui la intende per esempio Dino del Garbo nel suo commento a Cavalcanti: nell'anima sunt virtutes que sunt potentie naturales eius ..., sicut sunt intellectus, voluntas, fantasia, extimativa, memoria et virtus sensitiva (ed. Fenzi 1999, § 47).",,CONCORDANZA GENERICA,,,Galeno,http://dbpedia.org/resource/Galen,http://purl.org/bncf/tid/770,CONCEPT VIRTÙ,"da Galeno e dai medici arabi viene una divisione ternaria delle forze vitali, o facoltà, o <i>virtù</i>, ciascuna situata in uno dei tre organi principali: la <i>virtù</i> naturale nel fegato, la <i>virtù</i> vitale nel cuore, la <i>virtù</i> psichica nel cervello (cfr. Jacquart 2003, p. 74). Dunque qui s'intenda la parola <i>virtù</i> al modo in cui la intende per esempio Dino del Garbo nel suo commento a Cavalcanti: nell'anima sunt virtutes que sunt potentie naturales eius ..., sicut sunt intellectus, voluntas, fantasia, extimativa, memoria et virtus sensitiva (ed. Fenzi 1999, § 47).","Dino del Garbo nel suo commento a Cavalcanti: nell'anima «sunt virtutes que sunt potentie na- turales eius ..., sicut sunt intellectus, voluntas, fantasia, extimativa, memoria et virtus sensitiva»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Scriptum_super_cantilena,Scriptum super cantilena guidonis de cavalcantibus,Dino del Garbo,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dino_del_Garbo,http://purl.org/bncf/tid/770,WORK PER ... PERCOSSE,"ricorda il trasumanare descritto in <i>Pd</i> XXXIII 140-1 la mia mente fu percossa / da un fulgore in che sua voglia venne. Ma qui si tratta più precisamente di quello che oggi chiamiamo <i>colpo di fulmine</i>, inteso non come metafora ma alla lettera: ci s'innamora perché una luce, un lampo colpisce il cuore; cfr. Dino Frescobaldi, <i>Poscia che dir conviemmi ciò ch</i>'<i>io sento</i> 46-9 Poi che nel cuor la percossa m'è giunta, / ed io rimango così nella vita / com'uom da cui partita / fosse ogn'altra vertù forte e sicura","Dino Fresco- baldi, Poscia che dir conviemmi ciò ch'io sento 46-9 «Poi che nel cuor la percossa m'è giunta, / ed io rimango così nella vita / com'uom da cui partita / fosse ogn'altra vertù forte e sicura»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Poscia_che_dir_conviemmi,Poscia che dir conviemmi ciò ch'io sento,Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SE ... ERRA,"zeppa per dire 'se il ricordo non mi tradisce, se non sbaglio', ma restando all'interno della metafora per cui il poeta copia o cita dal libro della memoria (mentre altrove, ferma restando la formula, sarà il libro vero e proprio dal quale l'autore ricava o dice di ricavare la sua storia: Chrétien de Troyes, <i>Le Conte du Graal</i> 4548-9 Et se les paroles sont voires / si con li livres lo devise; Roman de la Rose 2987 Sachez, se la letre ne ment; <i>Fiore</i> CXII 4 co·le lor man, se·llo Scritto non erra; e così del resto anche in <i>If</i> XXVIII 12 come Livio scrive, che non erra).","Chrétien de Troyes, Le Conte du Graal 4548-9 «Et se les paroles sont voires / si con li livres lo devise»; Roman de la Rose 2987 «Sachez, se la letre ne ment»",CONCORDANZA STRINGENTE,"http://dbpedia.org/resource/Perceval,_the_Story_of_the_Grail",Le Roman de Perceval ou le conte du Graal,Chrétien de Troyes,http://dbpedia.org/resource/Chrétien_de_Troyes,http://purl.org/bncf/tid/3572,WORK LO SPIRITO MAGGIOR,"'lo spirito della vita', che ha sede nel cuore (<i>Vn</i> II 4). Per la dottrina che spiega il nome di <i>maggiore</i> cfr. Avicenna, <i>De viribus cordis</i> (citato in Jacquart 2003, p. 80): spiritus generales plures sunt numero, nihilominus unus ipsorum generatione primus est, qui secundum sententiam potiorem philosophorum generatur in corde et exinde procedendo manat et penetrat in cetera principalia membra in quibus, quando sufficienter permanserit, adipiscitur ibi complexionem particularem et propriam","Avicenna, De viribus cordis (citato in Jacquart 2003, p. 80): «spiri- tus generales plures sunt numero, nihilominus unus ipsorum genera- tione primus est, qui secundum sententiam potiorem philosophorum generatur in corde et exinde procedendo manat et penetrat in cete- ra principalia membra in quibus, quando sufficienter permanserit, adipiscitur ibi complexionem particularem et propriam».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/The_Canon_of_Medicine,Liber canonis medicinae,Avicenna,http://dbpedia.org/resource/Avicenna,http://purl.org/bncf/tid/19144,WORK CHE PARVE ... FOSSE,"'che sembrò davvero (<i>ben</i>) che per lui la morte fosse arrivata in questo mondo'. De Robertis rinvia a questo passo molto simile di Lapo Gianni: <i>Angelica figura novamente</i> 11-4 e quando 'l sentîr giugner sì argoglioso, / e la presta percossa così forte, / temetter che la Morte / in quel punt'overasse 'l su' valore.","Lapo Gianni: Angelica figura novamente 11-4 «e quando 'l sentîr giugner sì argoglioso, / e la presta percossa così forte, / temetter che la Morte / in quel punt'overasse 'l su' valore»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Angelica_figura_novamente,Angelica figura novamente,Lapo Gianni,http://dbpedia.org/resource/Lapo_Gianni,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK QUANDO ... BILTATE,"'Quando vidi la grande bellezza' (dopo il presentimento infantile, Dante incontra la donna): ma detto con enfasi, con il verbo delle epifanie celesti (e che nella <i>Vita Nova</i> e nelle <i>Rime</i> si applica a Beatrice: <i>Vn</i> II 5 Apparuit iam beatitudo vestra), e con una metonimia che isola il tratto più straordinario della donna, la sua gran biltate (per la forma, cfr. la nota a Madonna, quel signor 6); quasi perfetta la corrispondenza con Lapo Gianni, <i>Donna, se</i> '<i>l prego</i> 36 quando m'apparve vostra gran bellezza (Iovine).","Lapo Gianni, Donna, se 'l prego 36 «quando m'apparve vostra gran bellezza»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Donna_se_l_prego,"Donna, se 'l prego de la mente mia",Lapo Gianni,http://dbpedia.org/resource/Lapo_Gianni,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK QUELLA VIRTÙ,"secondo <i>Contini</i>, <i>Mattalia</i>, <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> e <i>Foster</i> – <i>Boyde</i> è la <i>virtù</i> intellettiva o ragionativa, alla luce di <i>Cv</i> III II 11-4, dove Dante riprende dal <i>De anima</i> di Aristotele la teoria delle tre <i>potenze</i> (non <i>virtù</i>!), la vegetativa, la sensitiva e (somma perché soltanto umana e divina) la ragionativa. Ma questa <i>virtù</i> che ha deciso il destino del poeta mirando nel piacere della donna sarà invece semplicemente la vista. Che sia essa la <i>virtù</i>, il senso superiore, è infatti nozione corrente nell'antichità e nel Medioevo, cfr. per esempio Bernardo Silvestre, <i>De mundi universitate</i> 41-4 Sol oculus mundi quantum communibus astris / praeminet et coelum vindicat usque suum, / non aliter sensus alios obscurat honore / visus, et in solo lumine totus homo est (citato in Gregory 1955, p. 172, con altri rimandi); Alano da Lilla, <i>Anticlaudianus</i> IV 95-6 (dove i cinque sensi sono paragonati a cinque cavalli) Primus equs cultu, forma cursuque sodales / prevenit et reliquos proprio summit honori (e la nota di Chiurco 2004, p. 370); e le osservazioni e i testi citati da Thorndike 1923-41, III, p. 448 e Lewis 1969, p. 94.","a teoria del- le tre potenze (non virtù!), la vegetativa, la sensitiva e (somma per- ché soltanto umana e divina) la ragionativa.",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/On_the_Soul,De anima (Aristotele),Aristotele,http://dbpedia.org/resource/Aristotle,http://purl.org/bncf/tid/19144,WORK QUELLA VIRTÙ,"secondo <i>Contini</i>, <i>Mattalia</i>, <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> e <i>Foster</i> – <i>Boyde</i> è la <i>virtù</i> intellettiva o ragionativa, alla luce di <i>Cv</i> III II 11-4, dove Dante riprende dal <i>De anima</i> di Aristotele la teoria delle tre <i>potenze</i> (non <i>virtù</i>!), la vegetativa, la sensitiva e (somma perché soltanto umana e divina) la ragionativa. Ma questa <i>virtù</i> che ha deciso il destino del poeta mirando nel piacere della donna sarà invece semplicemente la vista. Che sia essa la <i>virtù</i>, il senso superiore, è infatti nozione corrente nell'antichità e nel Medioevo, cfr. per esempio Bernardo Silvestre, <i>De mundi universitate</i> 41-4 Sol oculus mundi quantum communibus astris / praeminet et coelum vindicat usque suum, / non aliter sensus alios obscurat honore / visus, et in solo lumine totus homo est (citato in Gregory 1955, p. 172, con altri rimandi); Alano da Lilla, <i>Anticlaudianus</i> IV 95-6 (dove i cinque sensi sono paragonati a cinque cavalli) Primus equs cultu, forma cursuque sodales / prevenit et reliquos proprio summit honori (e la nota di Chiurco 2004, p. 370); e le osservazioni e i testi citati da Thorndike 1923-41, III, p. 448 e Lewis 1969, p. 94.","Bernardo Silvestre, De mundi universitate 41-4 «Sol oculus mundi quantum communibus astris / praeminet et coelum vindicat usque suum, / non aliter sensus alios obscurat honore / visus, et in solo lumine totus homo est»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Cosmographia_(Bernard_Silvestris),De mundi universitate,Bernardo Silvestre,http://dbpedia.org/resource/Bernard_Silvestris,http://purl.org/bncf/tid/7996,WORK QUELLA VIRTÙ,"secondo <i>Contini</i>, <i>Mattalia</i>, <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> e <i>Foster</i> – <i>Boyde</i> è la <i>virtù</i> intellettiva o ragionativa, alla luce di <i>Cv</i> III II 11-4, dove Dante riprende dal <i>De anima</i> di Aristotele la teoria delle tre <i>potenze</i> (non <i>virtù</i>!), la vegetativa, la sensitiva e (somma perché soltanto umana e divina) la ragionativa. Ma questa <i>virtù</i> che ha deciso il destino del poeta mirando nel piacere della donna sarà invece semplicemente la vista. Che sia essa la <i>virtù</i>, il senso superiore, è infatti nozione corrente nell'antichità e nel Medioevo, cfr. per esempio Bernardo Silvestre, <i>De mundi universitate</i> 41-4 Sol oculus mundi quantum communibus astris / praeminet et coelum vindicat usque suum, / non aliter sensus alios obscurat honore / visus, et in solo lumine totus homo est (citato in Gregory 1955, p. 172, con altri rimandi); Alano da Lilla, <i>Anticlaudianus</i> IV 95-6 (dove i cinque sensi sono paragonati a cinque cavalli) Primus equs cultu, forma cursuque sodales / prevenit et reliquos proprio summit honori (e la nota di Chiurco 2004, p. 370); e le osservazioni e i testi citati da Thorndike 1923-41, III, p. 448 e Lewis 1969, p. 94.","Alano da Lilla, Anticlaudianus IV 95-6 (dove i cinque sensi sono paragonati a cinque cavalli) «Primus equs cultu, forma cursuque sodales / prevenit et reliquos proprio summit honori»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Anticlaudianus,Anticlaudianus,Alano di Lilla,http://dbpedia.org/resource/Alain_de_Lille,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/poesia_allegorica,WORK NEL PIACERE,"'nella bellezza': cfr. Cino (a Dante), Avegna ched el m'<i>aggia più per tempo</i> 57-8 Mirate nel piacere, dove dimora / la vostra donna.","Cino (a Dante), Avegna ched el m'aggia più per tempo 57-8 «Mirate nel piacere, dove dimora / la vostra donna»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Avegna_ched_el_m_aggia,Avegna ched el m'aggia più per tempo,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PIANGENDO DISSE,"parole e lacrime vanno spesso insieme, già nella poesia dei trovatori (cfr. Vatteroni 2005), e in luoghi celebri come <i>If</i> V 126 dirò come colui che piange e dice o XXXIII 9 parlar e lagrimar vedrai insieme; ma per il costrutto cfr. più esattamente <i>Vn</i> II 6 [lo spirito naturale] piangendo disse queste parole.",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT IN VECE ... PAURA,"'in vece, in rappresentanza di una donna che io ho visto, la sua bella immagine che già temo': il ricordo della donna impresso nella mente domina su tutte le facoltà vitali, come in Cavalcanti, <i>Voi che per li occhi</i> 7 riman figura sol en segnoria; e non diversa è la dinamica descritta in Giacomo da Lentini, Or come pote 11-2 Così per li occhi mi pass'a lo core / non la persona, ma la sua figura (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>).","Cavalcanti, Voi che per li occhi 7 «riman figura sol en segnoria»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Voi_che_per_li_occhi,Voi che per li occhi mi passaste 'l core,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK IN VECE ... PAURA,"'in vece, in rappresentanza di una donna che io ho visto, la sua bella immagine che già temo': il ricordo della donna impresso nella mente domina su tutte le facoltà vitali, come in Cavalcanti, <i>Voi che per li occhi</i> 7 riman figura sol en segnoria; e non diversa è la dinamica descritta in Giacomo da Lentini, Or come pote 11-2 Così per li occhi mi pass'a lo core / non la persona, ma la sua figura (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>).","Or come pote 11-2 «Così per li occhi mi pass'a lo core / non la persona, ma la sua figura»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Or_come_pote,Or come pote sì gran donna intrare,Giacomo da Lentini,http://dbpedia.org/resource/Giacomo_da_Lentini,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK GIOVANI DONNE,"nuovo conclusivo appello alle donne, molto simile a quello che conclude Onesto, <i>Ai lasso, taupino, altro che lasso</i> 42-50 (parla alla canzone) Vanne alle donne e gittati a lor piedi, / che preghin quella che aggia merzede / un poco, per Deo, della mia lassa vita, / ... / ma quanto per me posso le perdono.","Onesto, Ai lasso, taupino, altro che lasso 42-50 (parla alla canzone) «Vanne alle donne e gittati a lor piedi, / che preghin quella che aggia merzede / un poco, per Deo, della mia lassa vita, / ... / ma quanto per me posso le perdono».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ahi_lasso_taupino,"Ahi lasso taupino!, altro che lasso",Onesto degli Onesti,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Onesto_degli_Onesti,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK (I)NNANZI A VOI PERDONO,"come in un testamento, in cui si lasciano i propri beni (qui i detti miei) e si perdona chi ci ha fatto del male (quella bella cosa). E qui in effetti le donne sono le <i>testimoni</i> di un atto all'interno del quale il congedo funge da dispositivo, e più precisamente sono le esecutrici testamentarie del poeta, ed egli fa queste dichiarazioni – come suona la locuzione dei verbali giudiziari e degli atti notarili – <i>coram vobis</i>, cioè appunto innanzi a voi (cfr. Dinanzi a voi ... io dico et spongo, Castellani 1987, p. 10). Per il motivo del perdono in punto di morte cfr. Dino Frescobaldi, <i>Per gir verso la spera, la finice</i> 22 a costei nel mi' finir perdono (Brugnolo).","Dino Frescobaldi, Per gir verso la spera, la finice 22 «a costei nel mi' finir per- dono»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Per_gir_verso_la_spera,"Per gir verso la spera, la finice",Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK BELLA COSA,"perifrasi di gusto provenzale (dove <i>cosa</i> è 'creatura'): cfr. Folchetto, <i>Us volers outracuidatz</i> 61 A! dousa res covinens; e in Italia per esempio Cino, <i>Veduto han gli occhi miei sì bella cosa</i>.","Folchetto, Us volers outracuidatz 61 «A! dousa res covinens»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Us_volers_outracuidatz,Us volers outracuidatz,Folchetto di Marsiglia,http://dbpedia.org/resource/Folquet_de_Marselha,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK BELLA COSA,"perifrasi di gusto provenzale (dove <i>cosa</i> è 'creatura'): cfr. Folchetto, <i>Us volers outracuidatz</i> 61 A! dousa res covinens; e in Italia per esempio Cino, <i>Veduto han gli occhi miei sì bella cosa</i>.",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Veduto_han_gli_occhi_miei,Veduto han gli occhi miei sì bella cosa,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK LO DOLOROSO AMOR,"avvio discorsivo, piuttosto da prosa che da poesia, ovvero da poesia che ripete le medesime strutture sintattiche della prosa, ed è un modulo prestilnovista: cfr. Guittone, <i>La dolorosa mente ched eo porto</i>, o Noffo, <i>Le dolorose pene che</i> '<i>l meo core</i> (ma anche lo stesso Dante, <i>La dispietata mente che pur mira</i>).",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/La_dolorosa_mente,"La dolorosa mente, ched eo porto",Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK LO DOLOROSO AMOR,"avvio discorsivo, piuttosto da prosa che da poesia, ovvero da poesia che ripete le medesime strutture sintattiche della prosa, ed è un modulo prestilnovista: cfr. Guittone, <i>La dolorosa mente ched eo porto</i>, o Noffo, <i>Le dolorose pene che</i> '<i>l meo core</i> (ma anche lo stesso Dante, <i>La dispietata mente che pur mira</i>).",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Le_dolorose_pene,Le dolorose pene che 'l meo core,Noffo Bonaguide,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Noffo_Bonaguide,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK A FIN DI MORTE,"'a un passo dalla morte, sul punto di morire' (vari esempi analoghi in <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> e nel <i>corpus TLIO</i>: Sai che per quello io ne venni in fine di morte [Sacchetti]; e <i>finis mortis</i>, con questo significato, si trova già nel latino medievale: cfr. per esempio Rolandino, <i>Vita di Ezzelino</i> III XV 35-6 usque ad finem mortis)","Rolandino, Vita di Ezzelino III XV 35-6 «usque ad finem mortis»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Chronica_in_factis_et_circa_facta_Marchiae_Trivixane,Chronica in factis et circa facta Marchiae Trivixane,Rolandino da Padova,http://dbpedia.org/resource/Rolandino_of_Padua,http://purl.org/bncf/tid/9645,WORK COLPO,"metonimia per 'ferita' d'amore: cfr. Dino Frescobaldi, <i>No spero di trovar giammai pietate</i> 9 I' non ritrovo lor, ma 'l <i>colpo</i> aperto (Brugnolo)","Dino Frescobaldi, No spero di trovar giammai pietate 9 «I' non ritrovo lor, ma 'l colpo aperto»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/No_spero_di_trovar_giammai_pietate,No spero di trovar giammai pietate,Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK LA QUAL ... GIOCO,"'il quale dolore è provocato dalla passione (<i>foco</i>) che mi ha allontanato dalla vita spensierata (<i>gioco</i>) che conducevo' (cfr. v. 3). È, tra le metafore usate da Dante nelle <i>Rime</i>, una di quelle che suonano più arcaiche, per le sue molte occorrenze tra i poeti siciliani e i siculo-toscani (esempi in <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>).",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/26261,CONCEPT E 'L VIVER ... POCO,"'ormai la mia vita sarà breve', come in Cino, <i>A vano sguardo e a falsi sembianti</i> 13 io so ben che 'l mio viver fia poco (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>). Quanto alla lezione, sono superflui sia le parentesi dell'ed. <i>Barbi</i> (e 'l viver mio (omai esser de' poco)) sia i trattini dell'ed. De Robertis (e 'l viver mio – omai de' esser poco –). Non si tratta di un inciso, una zeppa, ma di una previsione simmetrica a quella del v. 11, dunque: altro mai che male io non aspetto, / e 'l viver mio omai de' esser poco.","Cino, A vano sguardo e a falsi sembianti 13 «io so ben che 'l mio vi- ver fia poco»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/A_vano_sguardo_e_a_falsi_sembianti,A vano sguardo e a falsi sembianti,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK FIN ... DICE,"non è strano che la vita venga personificata e prenda la parola. <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> citano la dubbia <i>Non piango tanto</i> 9-11 Sì che 'n questo pensando si conduce / la vita a <i>morte</i>, e spesso la richiama / dicendo: ""Sola tu sè la mia luce"", ma più pertinente è lo pseudo-Dante di <i>Poscia ch</i>'<i>io ho perduto ogni speranza</i> 73-4 Piange la vita mia, però che morto / sè, signor mio (ed. Pelaez 1895, p. 216). Più difficile è capire il significato del verso. La lezione a testo si potrebbe parafrasare come segue: 'dice sospirando muoio per Beatrice fino alla mia <i>morte</i>'. Non è però ben chiaro il senso del dettaglio fin a la <i>morte</i> mia. Il viver mio ripeterebbe questa frase – muoio per Beatrice – per tutto il tempo che gli resta? Ci sarebbe qui un ricordo delle parole di Gesù in <i>Mt</i> 26, 38 Tristis est anima mea <i>usque ad mortem</i>, che però hanno tutt'altro significato? Si potrebbe leggere allora e 'l viver mio omai de' esser poco: / ""fina la <i>morte</i> mia!"", sospira, e dice..., e il senso sarebbe: 'e la mia vita sarà ormai breve: cessa quest'agonia (<i>morte</i>), sospira, e dice...' (soggetto il viver mio, la vita). <i>Finare</i> per <i>finire</i> è normale nella lingua antica, anche se mai attestato nelle opere certe di Dante; cfr. per esempio Dino Frescobaldi, <i>Amore, i</i>' veggio ben che tua virtute 51 la vita di costui conven che moia. Si resta in dubbio","Poscia ch'io ho perduto ogni speranza 73-4 «Piange la vita mia, però che morto / sè, signor mio»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Poscia_ch_io_ho_perduto_ogni_speranza,Poscia ch'io ho perduto ogni speranza,Sennuccio del Bene,http://it.dbpedia.org/resource/Sennuccio_del_Bene/html,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK FIN ... DICE,"non è strano che la vita venga personificata e prenda la parola. <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> citano la dubbia <i>Non piango tanto</i> 9-11 Sì che 'n questo pensando si conduce / la vita a <i>morte</i>, e spesso la richiama / dicendo: ""Sola tu sè la mia luce"", ma più pertinente è lo pseudo-Dante di <i>Poscia ch</i>'<i>io ho perduto ogni speranza</i> 73-4 Piange la vita mia, però che morto / sè, signor mio (ed. Pelaez 1895, p. 216). Più difficile è capire il significato del verso. La lezione a testo si potrebbe parafrasare come segue: 'dice sospirando muoio per Beatrice fino alla mia <i>morte</i>'. Non è però ben chiaro il senso del dettaglio fin a la <i>morte</i> mia. Il viver mio ripeterebbe questa frase – muoio per Beatrice – per tutto il tempo che gli resta? Ci sarebbe qui un ricordo delle parole di Gesù in <i>Mt</i> 26, 38 Tristis est anima mea <i>usque ad mortem</i>, che però hanno tutt'altro significato? Si potrebbe leggere allora e 'l viver mio omai de' esser poco: / ""fina la <i>morte</i> mia!"", sospira, e dice..., e il senso sarebbe: 'e la mia vita sarà ormai breve: cessa quest'agonia (<i>morte</i>), sospira, e dice...' (soggetto il viver mio, la vita). <i>Finare</i> per <i>finire</i> è normale nella lingua antica, anche se mai attestato nelle opere certe di Dante; cfr. per esempio Dino Frescobaldi, <i>Amore, i</i>' veggio ben che tua virtute 51 la vita di costui conven che moia. Si resta in dubbio","Gesù in Mt 26, 38 «Tristis est anima mea usque ad mortem»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Gospel_of_Matthew,Vangelo di Matteo,Matteo,http://dbpedia.org/resource/Matthew_the_Apostle,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_nuovo_testamento,WORK FIN ... DICE,"non è strano che la vita venga personificata e prenda la parola. <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> citano la dubbia <i>Non piango tanto</i> 9-11 Sì che 'n questo pensando si conduce / la vita a <i>morte</i>, e spesso la richiama / dicendo: ""Sola tu sè la mia luce"", ma più pertinente è lo pseudo-Dante di <i>Poscia ch</i>'<i>io ho perduto ogni speranza</i> 73-4 Piange la vita mia, però che morto / sè, signor mio (ed. Pelaez 1895, p. 216). Più difficile è capire il significato del verso. La lezione a testo si potrebbe parafrasare come segue: 'dice sospirando muoio per Beatrice fino alla mia <i>morte</i>'. Non è però ben chiaro il senso del dettaglio fin a la <i>morte</i> mia. Il viver mio ripeterebbe questa frase – muoio per Beatrice – per tutto il tempo che gli resta? Ci sarebbe qui un ricordo delle parole di Gesù in <i>Mt</i> 26, 38 Tristis est anima mea <i>usque ad mortem</i>, che però hanno tutt'altro significato? Si potrebbe leggere allora e 'l viver mio omai de' esser poco: / ""fina la <i>morte</i> mia!"", sospira, e dice..., e il senso sarebbe: 'e la mia vita sarà ormai breve: cessa quest'agonia (<i>morte</i>), sospira, e dice...' (soggetto il viver mio, la vita). <i>Finare</i> per <i>finire</i> è normale nella lingua antica, anche se mai attestato nelle opere certe di Dante; cfr. per esempio Dino Frescobaldi, <i>Amore, i</i>' veggio ben che tua virtute 51 la vita di costui conven che moia. Si resta in dubbio","Dino Frescobaldi, Amore, i' veggio ben che tua virtute 51 «la vita di costui conven che moia»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Amore_i_veggio_ben_che_tua_virtute,"Amore, i' veggio ben che tua virtute",Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK COR AGRO,"la stessa clausola di Arnaut Daniel, <i>En breu brisara·l temps braus</i> 8 al prims d'efrancar cor agre (Perugi 1978, pp. 69-74, anche per altri confronti con Arnaut).","Arnaut Daniel, En breu brisara·l temps braus 8 «al prims d'efrancar cor agre»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/En_breu_brisara,En breu brisara∙l temps braus,Arnaut Daniel,http://dbpedia.org/resource/Arnaut_Daniel,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK VEDRÒ SCRITTO,"i trattati medici sull'amore registravano cambiamenti fisiologici – l'accelerazione del polso e del respiro, l'improvviso rossore, ecc. – nei soggetti che udissero d'improvviso il nome dell'amata (Wack 1990, p. 135): ed è del resto un fatto di comune esperienza. Qui il nome è letto, non udito: come se, scritto il nome di Beatrice alla fine della prima stanza, il dolore del poeta si fosse all'improvviso risvegliato dando l'avvio alle considerazioni che seguono nel testo.",,CONCORDANZA GENERICA,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Trattati_medici_sull_amore,Trattati medici sull'amore,,,http://purl.org/bncf/tid/770,CONCEPT DIVERRÒ ... PERSONA,"semplicemente 'diventerò così magro' (la <i>persona</i> è il corpo, come in <i>If</i> V 101 prese costui de la bella <i>persona</i>). Anche questa materialità, questo indugio sugli effetti che l'<i>amore</i> ha sul corpo, è – come notano <i>Barbi</i> – Maggini – inconsueta per Dante. Ma il poeta poteva attingere a un'ampia tradizione letteraria, da Ovidio (<i>Ars amatoria</i> I 733 Arguat et macies animum) ad Arrigo da Settimello (I 71 Quod patior, pallor loquitur maciesque figurat), dal <i>Roman de la Rose</i> (9272-3 Si que trestouz en amegris / de maltalent ed de soussi) ai trovatori (Peire Ramon de Tolosa, <i>Pos vezem boscs e broils floritz</i> 41 Per ma domna maigrisc e sec), ai comico-realistici italiani (Meo dei Tolomei, I' <i>son sì magro</i> 1-2 I' <i>son sì magro</i> che quasi traluco / de la <i>persona</i>: identico a Dante anche nella formulazione). E una spiegazione fisiologica del dimagrimento per <i>amore</i> si leggerà in Marsilio Ficino, <i>El libro dell</i>'<i>amore</i> VI IX 11-2 per lungo <i>amore</i> gli huomini pallidi e magri divengono, perché la forza della natura non può bene due opere diverse insieme fare. La intentione dello amante tutta si rivolta nella assidua cogitatione della <i>persona</i> amata, e quivi tutta la forza e la naturale complessione è attenta, e però el cibo nello stomaco male si cuoce.",Ovidio (Ars amatoria I 733 «Arguat et macies animum»),CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Ars_Amatoria,Ars amatoria,Ovidio,http://dbpedia.org/resource/Ovid,http://purl.org/bncf/tid/3005,WORK DIVERRÒ ... PERSONA,"semplicemente 'diventerò così magro' (la <i>persona</i> è il corpo, come in <i>If</i> V 101 prese costui de la bella <i>persona</i>). Anche questa materialità, questo indugio sugli effetti che l'<i>amore</i> ha sul corpo, è – come notano <i>Barbi</i> – Maggini – inconsueta per Dante. Ma il poeta poteva attingere a un'ampia tradizione letteraria, da Ovidio (<i>Ars amatoria</i> I 733 Arguat et macies animum) ad Arrigo da Settimello (I 71 Quod patior, pallor loquitur maciesque figurat), dal <i>Roman de la Rose</i> (9272-3 Si que trestouz en amegris / de maltalent ed de soussi) ai trovatori (Peire Ramon de Tolosa, <i>Pos vezem boscs e broils floritz</i> 41 Per ma domna maigrisc e sec), ai comico-realistici italiani (Meo dei Tolomei, I' <i>son sì magro</i> 1-2 I' <i>son sì magro</i> che quasi traluco / de la <i>persona</i>: identico a Dante anche nella formulazione). E una spiegazione fisiologica del dimagrimento per <i>amore</i> si leggerà in Marsilio Ficino, <i>El libro dell</i>'<i>amore</i> VI IX 11-2 per lungo <i>amore</i> gli huomini pallidi e magri divengono, perché la forza della natura non può bene due opere diverse insieme fare. La intentione dello amante tutta si rivolta nella assidua cogitatione della <i>persona</i> amata, e quivi tutta la forza e la naturale complessione è attenta, e però el cibo nello stomaco male si cuoce.","Arrigo da Settimello (I 71 «Quod patior, pallor loquitur maciesque figurat»)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_diversitate_fortunae_et_philosophiae_consolatione,De diversitate fortunae et philosophiae consolatione,Arrigo da Settimello,http://dbpedia.org/resource/Henry_of_Settimello,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK DIVERRÒ ... PERSONA,"semplicemente 'diventerò così magro' (la <i>persona</i> è il corpo, come in <i>If</i> V 101 prese costui de la bella <i>persona</i>). Anche questa materialità, questo indugio sugli effetti che l'<i>amore</i> ha sul corpo, è – come notano <i>Barbi</i> – Maggini – inconsueta per Dante. Ma il poeta poteva attingere a un'ampia tradizione letteraria, da Ovidio (<i>Ars amatoria</i> I 733 Arguat et macies animum) ad Arrigo da Settimello (I 71 Quod patior, pallor loquitur maciesque figurat), dal <i>Roman de la Rose</i> (9272-3 Si que trestouz en amegris / de maltalent ed de soussi) ai trovatori (Peire Ramon de Tolosa, <i>Pos vezem boscs e broils floritz</i> 41 Per ma domna maigrisc e sec), ai comico-realistici italiani (Meo dei Tolomei, I' <i>son sì magro</i> 1-2 I' <i>son sì magro</i> che quasi traluco / de la <i>persona</i>: identico a Dante anche nella formulazione). E una spiegazione fisiologica del dimagrimento per <i>amore</i> si leggerà in Marsilio Ficino, <i>El libro dell</i>'<i>amore</i> VI IX 11-2 per lungo <i>amore</i> gli huomini pallidi e magri divengono, perché la forza della natura non può bene due opere diverse insieme fare. La intentione dello amante tutta si rivolta nella assidua cogitatione della <i>persona</i> amata, e quivi tutta la forza e la naturale complessione è attenta, e però el cibo nello stomaco male si cuoce.",Roman de la Rose (9272-3 «Si que trestouz en amegris / de maltalent ed de soussi»),CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Roman_de_la_Rose,Roman de la Rose,Jean de Meung,http://dbpedia.org/resource/Jean_de_Meun,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/poesia_allegorica,WORK DIVERRÒ ... PERSONA,"semplicemente 'diventerò così magro' (la <i>persona</i> è il corpo, come in <i>If</i> V 101 prese costui de la bella <i>persona</i>). Anche questa materialità, questo indugio sugli effetti che l'<i>amore</i> ha sul corpo, è – come notano <i>Barbi</i> – Maggini – inconsueta per Dante. Ma il poeta poteva attingere a un'ampia tradizione letteraria, da Ovidio (<i>Ars amatoria</i> I 733 Arguat et macies animum) ad Arrigo da Settimello (I 71 Quod patior, pallor loquitur maciesque figurat), dal <i>Roman de la Rose</i> (9272-3 Si que trestouz en amegris / de maltalent ed de soussi) ai trovatori (Peire Ramon de Tolosa, <i>Pos vezem boscs e broils floritz</i> 41 Per ma domna maigrisc e sec), ai comico-realistici italiani (Meo dei Tolomei, I' <i>son sì magro</i> 1-2 I' <i>son sì magro</i> che quasi traluco / de la <i>persona</i>: identico a Dante anche nella formulazione). E una spiegazione fisiologica del dimagrimento per <i>amore</i> si leggerà in Marsilio Ficino, <i>El libro dell</i>'<i>amore</i> VI IX 11-2 per lungo <i>amore</i> gli huomini pallidi e magri divengono, perché la forza della natura non può bene due opere diverse insieme fare. La intentione dello amante tutta si rivolta nella assidua cogitatione della <i>persona</i> amata, e quivi tutta la forza e la naturale complessione è attenta, e però el cibo nello stomaco male si cuoce.","(Peire Ramon de Tolosa, Pos vezem boscs e broils floritz 41 «Per ma domna maigrisc e sec»)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Pos_vezem_boscs_e_broils_floritz,Pos vezem boscs e broils floritz,Peire Ramon de Tolosa,http://dbpedia.org/resource/Peire_Raimon_de_Tolosa,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK DIVERRÒ ... PERSONA,"semplicemente 'diventerò così magro' (la <i>persona</i> è il corpo, come in <i>If</i> V 101 prese costui de la bella <i>persona</i>). Anche questa materialità, questo indugio sugli effetti che l'<i>amore</i> ha sul corpo, è – come notano <i>Barbi</i> – Maggini – inconsueta per Dante. Ma il poeta poteva attingere a un'ampia tradizione letteraria, da Ovidio (<i>Ars amatoria</i> I 733 Arguat et macies animum) ad Arrigo da Settimello (I 71 Quod patior, pallor loquitur maciesque figurat), dal <i>Roman de la Rose</i> (9272-3 Si que trestouz en amegris / de maltalent ed de soussi) ai trovatori (Peire Ramon de Tolosa, <i>Pos vezem boscs e broils floritz</i> 41 Per ma domna maigrisc e sec), ai comico-realistici italiani (Meo dei Tolomei, I' <i>son sì magro</i> 1-2 I' <i>son sì magro</i> che quasi traluco / de la <i>persona</i>: identico a Dante anche nella formulazione). E una spiegazione fisiologica del dimagrimento per <i>amore</i> si leggerà in Marsilio Ficino, <i>El libro dell</i>'<i>amore</i> VI IX 11-2 per lungo <i>amore</i> gli huomini pallidi e magri divengono, perché la forza della natura non può bene due opere diverse insieme fare. La intentione dello amante tutta si rivolta nella assidua cogitatione della <i>persona</i> amata, e quivi tutta la forza e la naturale complessione è attenta, e però el cibo nello stomaco male si cuoce.","Meo dei Tolomei, I' son sì magro 1-2 «I' son sì magro che quasi traluco / de la persona»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/I_son_si_magro,"I' son sì magro, che quasi traluco",Cecco Angiolieri,http://dbpedia.org/resource/Cecco_Angiolieri,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK QUAL ... PAVENTO,"'chi mi vedrà resterà spaventato': il motivo della consunzione anche fisica è, come si è visto, tradizionale, ma caratteristico degli stilnovisti è l'immaginare attorno allo spettacolo del loro dolore un pubblico di testimoni: cfr. <i>Vn</i> IV 1 io divenni in picciolo tempo poi di sì fraile e debole condizione, che a molti amici pesava de la mia vista; e, citato da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>, Cino, Sì mi stringe l'<i>amore</i> 87 ogn'uom mi mira per iscontraffatto.","Cino, Sì mi stringe l'amore 87 «ogn'uom mi mira per iscontraffatto».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Si_mi_stringe_l_amore,Sì mi stringe l'amore,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK VENTO ... MENI,"Barbi – <i>Maggini</i> intendono che il poeta si ridurrà a tale, che al più piccolo urto, alla prima contrarietà, non potrà resistere; e aggiungono: così par da intendere il <i>vento</i> per evitare l'iperbole realistica delle conseguenze. In realtà, l'iperbole è giustificata non solo dall'allegoria di <i>If</i> V, in cui i lussuriosi vengono descritti come prede della bufera infernal che mena li spirti con la sua rapina (31-2), ma anche e soprattutto dall'immagine biblica folium quod <i>vento</i> rapitur (<i>Iob</i> 13, 25), fortunatissima nel Medioevo sia nella poesia latina (Archipoeta, <i>Estuans intrinsecus</i> 4 Folio sum similis, de quo ludunt venti [<i>Carmina Burana</i>, 191.1]; Salimbene de Adam, <i>Cronica</i> I, p. 123: Factus de materia vilis elementi / folio sum similis, de quo ludunt venti) sia tra i lirici romanzi, i quali la adoperano per esprimere la forza irrazionale della passione (vari esempi in Ziltener 1972, p. 135); e per altri passi danteschi simili cfr. Gorni 1997.","«folium quod vento rapitur» (Iob 13, 25)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Book_of_Job,Libro di Giobbe,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK VENTO ... MENI,"Barbi – <i>Maggini</i> intendono che il poeta si ridurrà a tale, che al più piccolo urto, alla prima contrarietà, non potrà resistere; e aggiungono: così par da intendere il <i>vento</i> per evitare l'iperbole realistica delle conseguenze. In realtà, l'iperbole è giustificata non solo dall'allegoria di <i>If</i> V, in cui i lussuriosi vengono descritti come prede della bufera infernal che mena li spirti con la sua rapina (31-2), ma anche e soprattutto dall'immagine biblica folium quod <i>vento</i> rapitur (<i>Iob</i> 13, 25), fortunatissima nel Medioevo sia nella poesia latina (Archipoeta, <i>Estuans intrinsecus</i> 4 Folio sum similis, de quo ludunt venti [<i>Carmina Burana</i>, 191.1]; Salimbene de Adam, <i>Cronica</i> I, p. 123: Factus de materia vilis elementi / folio sum similis, de quo ludunt venti) sia tra i lirici romanzi, i quali la adoperano per esprimere la forza irrazionale della passione (vari esempi in Ziltener 1972, p. 135); e per altri passi danteschi simili cfr. Gorni 1997.","Estuans intrinsecus 4 «Folio sum similis, de quo ludunt venti» [Carmina Burana, 191.1]",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Estuans_intrinsecus,Estuans intrinsecus,Archipoeta,http://dbpedia.org/resource/Archpoet,http://purl.org/bncf/tid/19431,WORK VENTO ... MENI,"Barbi – <i>Maggini</i> intendono che il poeta si ridurrà a tale, che al più piccolo urto, alla prima contrarietà, non potrà resistere; e aggiungono: così par da intendere il <i>vento</i> per evitare l'iperbole realistica delle conseguenze. In realtà, l'iperbole è giustificata non solo dall'allegoria di <i>If</i> V, in cui i lussuriosi vengono descritti come prede della bufera infernal che mena li spirti con la sua rapina (31-2), ma anche e soprattutto dall'immagine biblica folium quod <i>vento</i> rapitur (<i>Iob</i> 13, 25), fortunatissima nel Medioevo sia nella poesia latina (Archipoeta, <i>Estuans intrinsecus</i> 4 Folio sum similis, de quo ludunt venti [<i>Carmina Burana</i>, 191.1]; Salimbene de Adam, <i>Cronica</i> I, p. 123: Factus de materia vilis elementi / folio sum similis, de quo ludunt venti) sia tra i lirici romanzi, i quali la adoperano per esprimere la forza irrazionale della passione (vari esempi in Ziltener 1972, p. 135); e per altri passi danteschi simili cfr. Gorni 1997.","Salimbene de Adam, Cronica I, p. 123: «Factus de materia vilis elementi / folio sum similis, de quo ludunt venti»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Cronica(Salimbene_de_Adam),Cronica,Salimbene de Adam,http://dbpedia.org/resource/Salimbene_di_Adam,http://purl.org/bncf/tid/9645,WORK VENTO ... MENI,"Barbi – <i>Maggini</i> intendono che il poeta si ridurrà a tale, che al più piccolo urto, alla prima contrarietà, non potrà resistere; e aggiungono: così par da intendere il <i>vento</i> per evitare l'iperbole realistica delle conseguenze. In realtà, l'iperbole è giustificata non solo dall'allegoria di <i>If</i> V, in cui i lussuriosi vengono descritti come prede della bufera infernal che mena li spirti con la sua rapina (31-2), ma anche e soprattutto dall'immagine biblica folium quod <i>vento</i> rapitur (<i>Iob</i> 13, 25), fortunatissima nel Medioevo sia nella poesia latina (Archipoeta, <i>Estuans intrinsecus</i> 4 Folio sum similis, de quo ludunt venti [<i>Carmina Burana</i>, 191.1]; Salimbene de Adam, <i>Cronica</i> I, p. 123: Factus de materia vilis elementi / folio sum similis, de quo ludunt venti) sia tra i lirici romanzi, i quali la adoperano per esprimere la forza irrazionale della passione (vari esempi in Ziltener 1972, p. 135); e per altri passi danteschi simili cfr. Gorni 1997.",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT PENSANDO,"queste soste in cui il poeta riflette sulla sua sorte in amore non sono rare nella lirica romanza: cfr. l'anonima Pres soi ses faillencha 4-5 e quan m'en pren sovenencha / d'amor conssi·m vai; Carnino Ghiberti, <i>Disïoso cantare</i> 13-4 Membrando a chui sono dato / a sì alto aservire. E in <i>Io sento sì d</i>'<i>Amor</i> di Dante il motivo apre, come qui, la stanza: Quand'io penso un gentil desio ch'è nato / del gran disio ch'io porto, / ... / parmi esser di merzede oltrapagato (49-52)",Pres soi ses faillencha 4-5 «e quan m'en pren sovenencha / d'amor conssi·m vai»;,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Pres_soi_ses_faillencha,Pres soi ses faillencha,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PENSANDO,"queste soste in cui il poeta riflette sulla sua sorte in amore non sono rare nella lirica romanza: cfr. l'anonima Pres soi ses faillencha 4-5 e quan m'en pren sovenencha / d'amor conssi·m vai; Carnino Ghiberti, <i>Disïoso cantare</i> 13-4 Membrando a chui sono dato / a sì alto aservire. E in <i>Io sento sì d</i>'<i>Amor</i> di Dante il motivo apre, come qui, la stanza: Quand'io penso un gentil desio ch'è nato / del gran disio ch'io porto, / ... / parmi esser di merzede oltrapagato (49-52)","Carnino Ghiberti, Disïoso cantare 13-4 «Membrando a chui sono dato / a sì alto aservire»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Disioso_cantare,Disïoso cantare,Carnino Ghiberti,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Carnino_Ghiberti,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK SE ... RENDE,"'se non la perdona', ma nel preciso senso di compensare, riequilibrare un torto, come in questo passo degli <i>Statuti senesi</i> citato da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: nonostante che per l'offeso ... fusse renduta pace all'offenditore (s'intende che nel verso di Dante un compenso al <i>peccare</i> dell'amante potrebbe venire soltanto dalla grazia divina)",Statuti senesi citato da Barbi – Maggini: «nonostante che per l'offeso ... fus- se renduta pace all'offenditore»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Statuti_senesi,Statuti senesi,,,http://purl.org/bncf/tid/5750,WORK NELL'ALTRO,"un'espressione molto simile, che oppone la pena terrena alla soddisfazione celeste, in Chiaro, <i>Gravosa dimoranza</i> 17-9 forse ch'a l'altro mondo avraggio gioco, / ché lo tormento in esto mondo avere / è per l'altro tenere.","Chiaro, Gravosa dimoranza 17-9 «forse ch'a l'altro mondo avraggio gioco, / ché lo tormento in esto mondo avere / è per l'altro tenere»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Gravosa_dimoranza,Gravosa dimoranza,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK MORTE,"l'invocazione alla morte non è rara nella lirica amorosa, in particolare tra gli stilnovisti, ma di solito serve a rendere più drammatica l'espressione del dolore: il poeta, per esempio, soffre troppo e chiede perciò alla morte di affrettarsi. Qui la Morte, personificata (come in <i>Bernardo, i</i>' <i>veggio</i> 9), ha il ruolo inedito di messaggera presso la donna amata: dovrà domandarle perché nasconde il suo sguardo e riferire la risposta al poeta (lo stesso ruolo che nella ballata di Cavalcanti <i>Perch</i>'i' <i>no spero</i>, per altri aspetti simile a questa canzone, spetta alla ballata stessa: 2-4 ballatetta, in Toscana, / va tu, leggera e piana, / dritt'a la donna mia)","Cavalcanti Perch'i' no spero, per altri aspetti simile a questa canzone, spetta alla ballata stessa: 2-4 «ballatetta, in Tosca- na, / va tu, leggera e piana, / dritt'a la donna mia»)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Perch_i_no_spero,Perch'i' no spero di tornar giammai,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DISCIGLI,"lezione congetturale (i manoscritti hanno <i>distilli</i>, <i>disciogli</i>, <i>dispogli</i>, <i>spogli</i>) che i commentatori avvicinano all'a. fr. essillier 'rovinare, straziare', o a (e)sciliare 'staccare, separare' (dalla vita?). Ma dato che nella canzone si parla di occhi, e di uno sguardo prima concesso e ora tolto, è meglio pensare al termine che nella falconeria indicava l'accecamento dei rapaci: <i>ciliare</i> significava cucire le palpebre inferiori del falcone sollevandole sull'occhio, per renderlo docile (la procedura è descritta in Federico II, <i>De arte venandi</i> II 28-9); e <i>deciliari</i> significava scucirle, una volta concluso l'addestramento (cfr. il glossario del <i>De arte venandi</i>, e <i>DEI</i>, s.v. <i>discigliare</i>). Insomma il poeta, che all'inizio della canzone ha lamentato il fatto che la luce (degli occhi) gli fosse tolta, pregherebbe qui la Morte di dirgli le ragioni di questa sua cecità prima che gli occhi 'gli vengano aperti' (nella morte, appunto). Che Dante qui usi un termine della falconeria non stupirebbe: la sesta stanza di <i>Doglia mi reca</i> e vari passi della <i>Commedia</i> mostrano quanto egli fosse addentro all'argomento. E si può aggiungere che la stessa spiegazione vale anche per <i>Detto</i> 177-8 la sua fronte, e le <i>ciglia</i>, / bieltà d'ogn'altr'eciglia, dove eciglia 'distrugge' (a. fr. essiller) è congettura di Parodi accolta da Contini: e invece sarà <i>ciglia</i>, cioè 'chiude, cancella' (com'è cancellata la vista dei falconi <i>ciliati</i>).","Federico II, De arte venandi II 28-9",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/De_arte_venandi_cum_avibus,De arte venandi cum avibus,Federico II di Svevia,"http://dbpedia.org/resource/Frederick_II,_Holy_Roman_Emperor",http://purl.org/bncf/tid/23856,WORK DISCIGLI,"lezione congetturale (i manoscritti hanno <i>distilli</i>, <i>disciogli</i>, <i>dispogli</i>, <i>spogli</i>) che i commentatori avvicinano all'a. fr. essillier 'rovinare, straziare', o a (e)sciliare 'staccare, separare' (dalla vita?). Ma dato che nella canzone si parla di occhi, e di uno sguardo prima concesso e ora tolto, è meglio pensare al termine che nella falconeria indicava l'accecamento dei rapaci: <i>ciliare</i> significava cucire le palpebre inferiori del falcone sollevandole sull'occhio, per renderlo docile (la procedura è descritta in Federico II, <i>De arte venandi</i> II 28-9); e <i>deciliari</i> significava scucirle, una volta concluso l'addestramento (cfr. il glossario del <i>De arte venandi</i>, e <i>DEI</i>, s.v. <i>discigliare</i>). Insomma il poeta, che all'inizio della canzone ha lamentato il fatto che la luce (degli occhi) gli fosse tolta, pregherebbe qui la Morte di dirgli le ragioni di questa sua cecità prima che gli occhi 'gli vengano aperti' (nella morte, appunto). Che Dante qui usi un termine della falconeria non stupirebbe: la sesta stanza di <i>Doglia mi reca</i> e vari passi della <i>Commedia</i> mostrano quanto egli fosse addentro all'argomento. E si può aggiungere che la stessa spiegazione vale anche per <i>Detto</i> 177-8 la sua fronte, e le <i>ciglia</i>, / bieltà d'ogn'altr'eciglia, dove eciglia 'distrugge' (a. fr. essiller) è congettura di Parodi accolta da Contini: e invece sarà <i>ciglia</i>, cioè 'chiude, cancella' (com'è cancellata la vista dei falconi <i>ciliati</i>).","deciliari, il glossario del De arte venandi, e DEI, s.v. discigliare",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/De_arte_venandi_cum_avibus,De arte venandi cum avibus,Federico II di Svevia,"http://dbpedia.org/resource/Frederick_II,_Holy_Roman_Emperor",http://purl.org/bncf/tid/23856,WORK SE ... RICOLTA,"'Se la luce del suo sguardo fosse raccolta da qualcun altro'. <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> obiettano che questo spunto non starebbe bene, soprattutto perché l'ultimo verso accenna a ""minor dolore"" (e allora ci vorrebbe l'opposto), e parafrasano altrimenti: Se quella luce, dopo essersi celata alla vista altrui (e quindi anche al poeta), fosse tornata a farsi rivedere. In effetti, nella lirica di Dante e dei suoi contemporanei c'è poco spazio per quella passione eminentemente sociale che è la gelosia. Le figure topiche dell'amore trobadorico – i <i>lauzengiers</i>, i rivali in amore – qui mancano: pur ben presenti nella poesia stilnovista, gli <i>altri</i> non sono i rivali ma i testimoni o gli alleati. Qui però non sembra possibile interpretazione diversa da 'se <i>altri</i> raccogliesse il suo sguardo', cioè 'se lei guarda (ovvero <i>ama</i>) qualcun altro': e il minor dolore che il poeta sentirà morendo dipenderà dalla coscienza di non poter fare nulla per cambiare la situazione (e l'eventualità che la donna ami aillors è ovviamente contemplata non solo nella realtà ma anche nel codice cortese: cfr. Uc de Saint-Circ, <i>Anc mais non vi temps ni sazo</i> 42 c'am aillors e·n ai jelosia).","Uc de Saint-Circ, Anc mais non vi temps ni sazo 42 «c'am aillors e·n ai jelosia»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Anc_mais_non_vi_temps_ni_sazo,Anc mais non vi temps ni sazo,Uc de Saint Circ,http://dbpedia.org/resource/Uc_de_Saint_Circ,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK DI DONNE IO VIDI,"cfr. Guido e Iacopo Cavalcanti, <i>Io vidi donne co la donna mia</i> (De Robertis)","Guido e Iacopo Cavalcanti, Io vidi donne co la donna mia",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/I_vidi_donne,I' vidi donne co la donna mia,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK VENIA,"la visione <i>in moto</i> (moto verso l'amante che attende e guarda) della donna amata è un motivo ricorrente dell'immaginario stilnovista; cfr. Cavalcanti, Chi è questa che ven, ch'<i>ogn</i>'<i>om la mira</i> e <i>Io non pensava</i> 16 [la donna] di tante bellezze adorna vène","Cavalcanti, Chi è questa che ven, ch'ogn'om la mira e Io non pensava 16 «[la donna] di tante bellezze adorna vène».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Chi_e_questa_che_ven,"Chi è questa che vèn, ch'ogn'om la mira",Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK VEGGENDOSI ... LATO,"come si è accennato nella premessa, il motivo della donna che appare accompagnata da Amore è tipico dei poeti dello Stilnovo, quasi un marchio di scuola: cfr. per esempio Cino, <i>Tutto mi salva</i> 4 con lei va <i>Amor</i>, che con lei nato pare; Dino Frescobaldi, <i>Amor, se tu sè vago di costei</i> 5 E poi, s'i' veggio te [Amore] venir con lei; Dante, <i>Videro li occhi miei</i> 13-4 Ben è con quella donna quello Amore / lo qual mi face andar così piangendo; ma cfr. in particolare Cavalcanti, <i>Chi è questa che vèn</i> 1-3 <i>Chi è questa che vèn</i>, ch'ogn'om la mira / ... / e mena seco <i>Amor</i>; e nello stesso sonetto si veda anche l'immagine dello sguardo che illumina e atterrisce (come qui ai vv. 5-6), O Deo, che sembra quando li occhi gira (5): di fatto, anche al di là della quartina iniziale, questo sonetto cavalcantiano e <i>Di donne io vidi</i> sono variazioni su un identico tema (altri esempi in Fenzi 1994, p. 204 nota 9)","Cino, Tutto mi salva 4 «con lei va Amor, che con lei nato pare»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tutto_mi_salva,Tutto mi salva il dolce salutare,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK VEGGENDOSI ... LATO,"come si è accennato nella premessa, il motivo della donna che appare accompagnata da Amore è tipico dei poeti dello Stilnovo, quasi un marchio di scuola: cfr. per esempio Cino, <i>Tutto mi salva</i> 4 con lei va <i>Amor</i>, che con lei nato pare; Dino Frescobaldi, <i>Amor, se tu sè vago di costei</i> 5 E poi, s'i' veggio te [Amore] venir con lei; Dante, <i>Videro li occhi miei</i> 13-4 Ben è con quella donna quello Amore / lo qual mi face andar così piangendo; ma cfr. in particolare Cavalcanti, <i>Chi è questa che vèn</i> 1-3 <i>Chi è questa che vèn</i>, ch'ogn'om la mira / ... / e mena seco <i>Amor</i>; e nello stesso sonetto si veda anche l'immagine dello sguardo che illumina e atterrisce (come qui ai vv. 5-6), O Deo, che sembra quando li occhi gira (5): di fatto, anche al di là della quartina iniziale, questo sonetto cavalcantiano e <i>Di donne io vidi</i> sono variazioni su un identico tema (altri esempi in Fenzi 1994, p. 204 nota 9)","Dino Frescobaldi, Amor, se tu sè vago di costei 5 «E poi, s'i' veggio te [Amore] venir con lei»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Amor_se_tu_vago_di_costei,"Amor, se tu se' vago di costei",Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK VEGGENDOSI ... LATO,"come si è accennato nella premessa, il motivo della donna che appare accompagnata da Amore è tipico dei poeti dello Stilnovo, quasi un marchio di scuola: cfr. per esempio Cino, <i>Tutto mi salva</i> 4 con lei va <i>Amor</i>, che con lei nato pare; Dino Frescobaldi, <i>Amor, se tu sè vago di costei</i> 5 E poi, s'i' veggio te [Amore] venir con lei; Dante, <i>Videro li occhi miei</i> 13-4 Ben è con quella donna quello Amore / lo qual mi face andar così piangendo; ma cfr. in particolare Cavalcanti, <i>Chi è questa che vèn</i> 1-3 <i>Chi è questa che vèn</i>, ch'ogn'om la mira / ... / e mena seco <i>Amor</i>; e nello stesso sonetto si veda anche l'immagine dello sguardo che illumina e atterrisce (come qui ai vv. 5-6), O Deo, che sembra quando li occhi gira (5): di fatto, anche al di là della quartina iniziale, questo sonetto cavalcantiano e <i>Di donne io vidi</i> sono variazioni su un identico tema (altri esempi in Fenzi 1994, p. 204 nota 9)","Cavalcanti, Chi è questa che vèn 1-3 «Chi è questa che vèn, ch'ogn'om la mira / ... / e mena seco Amor»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Chi_e_questa_che_ven,"Chi è questa che vèn, ch'ogn'om la mira",Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK VEGGENDOSI ... LATO,"come si è accennato nella premessa, il motivo della donna che appare accompagnata da Amore è tipico dei poeti dello Stilnovo, quasi un marchio di scuola: cfr. per esempio Cino, <i>Tutto mi salva</i> 4 con lei va <i>Amor</i>, che con lei nato pare; Dino Frescobaldi, <i>Amor, se tu sè vago di costei</i> 5 E poi, s'i' veggio te [Amore] venir con lei; Dante, <i>Videro li occhi miei</i> 13-4 Ben è con quella donna quello Amore / lo qual mi face andar così piangendo; ma cfr. in particolare Cavalcanti, <i>Chi è questa che vèn</i> 1-3 <i>Chi è questa che vèn</i>, ch'ogn'om la mira / ... / e mena seco <i>Amor</i>; e nello stesso sonetto si veda anche l'immagine dello sguardo che illumina e atterrisce (come qui ai vv. 5-6), O Deo, che sembra quando li occhi gira (5): di fatto, anche al di là della quartina iniziale, questo sonetto cavalcantiano e <i>Di donne io vidi</i> sono variazioni su un identico tema (altri esempi in Fenzi 1994, p. 204 nota 9)","vv. 5-6), «O Deo, che sembra quan- do li occhi gira» (5)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Chi_e_questa_che_ven,"Chi è questa che vèn, ch'ogn'om la mira",Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DEGLI ... LUMIERA,"la stessa immagine si trova all'inizio di un altro sonetto dantesco, <i>Degli occhi della mia donna</i> 1-2: <i>Degli occhi della mia donna</i> si move / un lume, e in <i>Donne ch</i>'<i>avete</i> 51-2 De li occhi suoi, come ch'ella li mova, / escono spirti d'amore inflammati. In generale, l'idea del potere connesso allo sguardo della donna è topico, ed è anche uno dei punti di contatto più evidenti tra la retorica dell'amore cortese e quella dell'amore sacro. Ildegarda di Bingen descrive per esempio così, in una lettera, il volto di una fanciulla che – come rivela una voce – è la personificazione della <i>Caritas</i>: Vidi etiam quasi pulcherrimam puellam in tanto fulgore splendidae faciei fulgentem, ut eam perfecte intueri non possem ... Et audivi vocem mihi dicentem: ""Puella haec quam vides, Charitas est, quae in aeternitate habitaculum habet"" (citato in Dronke 1965-66, I, p. 68; analogamente, profanamente, in <i>Io mi senti</i>' svegliar Beatrice à nome Amor, tanto è simile al dio)","«Vidi etiam quasi pulcherrimam puellam in tanto fulgo- re splendidae faciei fulgentem, ut eam perfecte intueri non possem ... Et audivi vocem mihi dicentem: ""Puella haec quam vides, Cha- ritas est, quae in aeternitate habitaculum habet""»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Epistolarum_liber,Epistolarum Liber,Ildegarda di Bingen,http://dbpedia.org/resource/Hildegard_of_Bingen,http://purl.org/bncf/tid/11978,WORK "GUARDA', E VIDI","rappresentazione in due tempi ('rivolsi lo sguardo e vidi') dell'atto della visione, come altrove in Dante: <i>Vn</i> XIV 4 levai li occhi, e mirando le donne, vidi tra loro la gentilissima Beatrice; <i>Io mi senti</i>' <i>svegliar</i> 8-9 guardando in quella parte onde venia / io vidi monna Vanna e monna Bice; <i>Fiore</i> IX 3-4 ed i' mi riguardai dal dritto lato, / e sì vidi Ragion. Ma certo il modulo richiama alla memoria, anche per quello che si è detto circa l'angiol figurato, analoghe miracolose visioni bibliche scandite in due tempi (prima la fissazione dello sguardo quindi l'appercezione dell'oggetto): <i>Ier</i> 4, 23 aspexi terram, et ecce vacua erat.","Ier 4, 23 «aspexi terram, et ecce vacua erat».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Book_of_Jeremiah,Libro di Geremia,Geremia,http://dbpedia.org/resource/Jeremiah,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK ED ... VIRTUTE,"gli effetti miracolosi che la donna ha sui riguardanti formano uno dei motivi più caratteristici della lirica stilnovista: qui il riflesso è la virtù; altrove la sua vista o il suo saluto nobilitano (<i>Donne ch</i>'<i>avete</i> 35-6 e qual soffrisse di starla a vedere / diverria nobil cosa, o si morria); altrove inducono gentilezza negli oggetti su cui lei porta la sua attenzione (<i>Negli occhi porta</i> 1-2 <i>Negli occhi porta</i> la mia donna Amore, / per che si fa gentil ciò ch'ella mira); altrove riempiono i cuori di gioia (Cino, Tutto mi salva il dolce salutare 11 sì ch'ogni gentil cor deven giocondo)","Cino, Tutto mi salva il dolce salutare 11 «sì ch'ogni gentil cor deven giocondo»)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tutto_mi_salva,Tutto mi salva il dolce salutare,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK CREDO CHE,"senza alcuna sfumatura di dubbio: 'ritengo' dunque 'so, affermo', in una formula dichiarativa diffusa tanto nella prosa (Guittone, <i>Lettere</i> V 3 ""ma credo che piacesse a Lui"") quanto nella lirica antica (Cino, <i>Guardando a voi, in parlare e 'n sembianti</i> 5 ""Credo ch'a prova ogni vertù v'amanti""; Dante, <i>Perché ti vedi</i> 6 ""credo che 'l facci per esser sicura""); e riflette un uso già del latino classico: cfr. Virgilio, <i>Aen.</i> IV 12 ""Credo equidem, nec vana fides, genus esse deorum""","Guittone, Lettere V 3 «ma credo che piacesse a Lui»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lettere(Guittone_d_Arezzo),Lettere (Guittone d'Arezzo),Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/2921,WORK CREDO CHE,"senza alcuna sfumatura di dubbio: 'ritengo' dunque 'so, affermo', in una formula dichiarativa diffusa tanto nella prosa (Guittone, <i>Lettere</i> V 3 ""ma credo che piacesse a Lui"") quanto nella lirica antica (Cino, <i>Guardando a voi, in parlare e 'n sembianti</i> 5 ""Credo ch'a prova ogni vertù v'amanti""; Dante, <i>Perché ti vedi</i> 6 ""credo che 'l facci per esser sicura""); e riflette un uso già del latino classico: cfr. Virgilio, <i>Aen.</i> IV 12 ""Credo equidem, nec vana fides, genus esse deorum""","Cino, Guardando a voi, in parlare e 'n sembian- ti 5 «Credo ch'a prova ogni vertù v'amanti»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Guardando_a_voi,"Guardando a voi, in parlare e 'n sembianti",Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK CREDO CHE,"senza alcuna sfumatura di dubbio: 'ritengo' dunque 'so, affermo', in una formula dichiarativa diffusa tanto nella prosa (Guittone, <i>Lettere</i> V 3 ""ma credo che piacesse a Lui"") quanto nella lirica antica (Cino, <i>Guardando a voi, in parlare e 'n sembianti</i> 5 ""Credo ch'a prova ogni vertù v'amanti""; Dante, <i>Perché ti vedi</i> 6 ""credo che 'l facci per esser sicura""); e riflette un uso già del latino classico: cfr. Virgilio, <i>Aen.</i> IV 12 ""Credo equidem, nec vana fides, genus esse deorum""","Virgilio, Aen. IV 12 «Credo equidem, nec vana fi- des, genus esse deorum»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Aeneid,Aeneis,Virgilio,http://dbpedia.org/resource/Virgil,http://purl.org/bncf/tid/21865,WORK VENNE ... SALUTE,"'per la nostra salvezza' (senza articolo, come spesso davanti al possessivo: cfr. la nota a <i>Non canoscendo</i> 12). È difficile trovare in tutta la lirica di Dante un passo che più chiaramente di questo contenga l'idea di Beatrice come <i>alter Christus</i>. E, come notano <i>Foster</i> – <i>Boyde</i>, qui riecheggia il <i>Credo</i>: qui propter nos homines et propter nostram salutem descendit de caelis.",Credo: «qui propter nos ho- mines et propter nostram salutem descendit de caelis»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Credo,Credo,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_nuovo_testamento,WORK LAOND'È ... PROSSIMANA,"il motivo dell'effetto beatifico, trasfigurante dell'amata anche sulle donne che l'accompagnano è caratteristico dello Stilnovo (cfr. <i>Donne ch</i>'<i>avete</i> 31-2 qual vuol gentil donna parere / vada con lei), ma già ben noto ai trovatori e ai trovieri: Conte d'Angiò, <i>Domna, vos m</i>'<i>avez et Amors</i> 14-6 Meravill me com hom del mon / puosc'haver freig ni chault ni son / ni ira, que vos i siaz (ed. Kolsen 1917, p. 22); Bretel, <i>Le tournoi</i> 1258-60 sa bontéz et sa persone / amande et essauce et ensaigne / tous cex qui sont en sa compaigne","Conte d'Angiò, Domna, vos m'avez et Amors 14-6 «Meravill me com hom del mon / puosc'haver freig ni chault ni son / ni ira, que vos i siaz»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Domna_vos_m_avez_et_amors,"Domna, vos m'avez et Amors",Carlo I d'Angiò,http://dbpedia.org/resource/Charles_I_of_Naples,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK LAOND'È ... PROSSIMANA,"il motivo dell'effetto beatifico, trasfigurante dell'amata anche sulle donne che l'accompagnano è caratteristico dello Stilnovo (cfr. <i>Donne ch</i>'<i>avete</i> 31-2 qual vuol gentil donna parere / vada con lei), ma già ben noto ai trovatori e ai trovieri: Conte d'Angiò, <i>Domna, vos m</i>'<i>avez et Amors</i> 14-6 Meravill me com hom del mon / puosc'haver freig ni chault ni son / ni ira, que vos i siaz (ed. Kolsen 1917, p. 22); Bretel, <i>Le tournoi</i> 1258-60 sa bontéz et sa persone / amande et essauce et ensaigne / tous cex qui sont en sa compaigne","Bretel, Le tournoi 1258-60 «sa bontéz et sa persone / amande et essauce et ensaigne / tous cex qui sont en sa compaigne»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://fr.dbpedia.org/resource/Le_Tournoi_de_Chauvency,Le Tournoi de Chauvency,Jacques Bretel,http://fr.dbpedia.org/page/Jacques_Bretel,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK ONDE VENITE,"per il costrutto cfr. Cino <i>Onde vieni, Amor</i> 1-5 <i>Onde vieni, Amor</i>, <i>così</i> soave? / ... / <i>Dillomi</i>, ché la mente se n'è accorta; per l'appello, tipicamente dantesco, a un pubblico di ascoltatori o di passanti (e insomma per il gusto quasi teatrale che porta a convertire l'introspezione in un dialogo simulato) cfr. <i>Vn</i> XL 9 Deh peregrini che pensosi andate","Cino Onde vieni, Amor 1-5 «Onde vieni, Amor, così soave? / ... / Dillomi, ché la mente se n'è accorta»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Onde_vieni_amor,"Onde vieni, Amor, così soave",Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK "DITEMEL, S'A VOI PIACE","formulazioni molto simili, sia nella richiesta sia nell'esortazione a dire, si trovano per esempio in Guittone, <i>Lettere</i> XIV 30 ""O chi vi move a cosa tanto diversa? Ditelmi, se vi piace, in vostra iscusa; ché natura né legge..."" (ed è prosa, ma prosa poetica: <i>Ditelmi</i> apre un endecasillabo); o nel brano di Francesco da Barberino citato nel commento a <i>Voi donne</i> (""Ditelmi, cavalier, per cortesia""); ma quanto al modello discorsivo sacro che con ogni probabilità sta dietro la formula usata da Dante (anche in <i>Voi che portate</i> 7 ""Ditelmi, donne, che 'l mi dice il core) cfr. la premessa a questo sonetto""","Guittone, Lettere XIV 30 «O chi vi move a cosa tanto diversa? Ditelmi, se vi piace, in vostra iscusa; ché natura né legge...»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lettere(Guittone_d_Arezzo),Lettere (Guittone d'Arezzo),Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/2921,WORK MI TRAE A FERIRE,"'mira a colpirmi', vicino a uno dei significati che <i>traire</i> ha in provenzale: ""totz le monz trai a la una"" (<i>Flamenca</i>, citato in Levy, s.v.43: 'hinzielen auf'); ed era una locuzione fissa, come testimoniano vari esempi nella <i>Tavola Ritonda</i>: ""si traggono a ferire"", ""l'uno trae a ferire l'altro"" (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>).",«totz le monz trai a la una»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Romance_of_Flamenca,Roman de Flamenca,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK GUARDATE ... CONSUMATO,"è l'appello topico agli ascoltatori o agli astanti perché considerino la disgrazia di chi parla, e all'origine c'è un passo famoso delle <i>Lamentazioni</i>: O vos omnes qui transitis per viam, attendite et videte si est dolor sicut dolor meus (1, 12), ripreso infinite volte nella liturgia e nella tradizione letteraria","Lamentazioni: «O vos omnes qui transitis per viam, attendite et videte si est dolor sicut dolor meus» (1, 12)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Book_of_Lamentations,Lamentationes,Geremia,http://dbpedia.org/resource/Jeremiah,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK PIETOSO ATTO MOSTRATE,"'avete un atteggiamento mesto': cfr. <i>Piangete, amanti</i> 3-4 Amor sente a Pietà donne chiamare, / mostrando amaro duolo per li occhi fore. Ma tutta la prima quartina è da confrontare soprattutto con la lauda <i>Ancor non saçça</i>, in cui le donne chiedono a Maria, di ritorno dalla crocefissione di Gesù, perché è tanto triste: 1-4 Ancor non sacça la condictïone, / sorella, perké vai cotanto trista, / non è lo core sença afflictïone, / sì·ll'ài mustrato e·mmustri ne la vista (ed. Bettarini 1969b); e per l'invito a non celare la verità (qui 4 non mel celate) cfr. nella stessa lauda 21-2 Per Deo, non me celare to coraio, / dimme ki si', o perké vai dolente.","1-4 «Ancor non sacça la condictïone, / sorella, perké vai cotanto trista, / non è lo core sença afflictïone, / sì·ll'ài mustrato e·mmustri ne la vista»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ancor_non_sacca,Ancor non sacça la condictïone,Jacopone da Todi,http://dbpedia.org/resource/Jacopone_da_Todi,http://purl.org/bncf/tid/5665,WORK PIETOSO ATTO MOSTRATE,"'avete un atteggiamento mesto': cfr. <i>Piangete, amanti</i> 3-4 Amor sente a Pietà donne chiamare, / mostrando amaro duolo per li occhi fore. Ma tutta la prima quartina è da confrontare soprattutto con la lauda <i>Ancor non saçça</i>, in cui le donne chiedono a Maria, di ritorno dalla crocefissione di Gesù, perché è tanto triste: 1-4 Ancor non sacça la condictïone, / sorella, perké vai cotanto trista, / non è lo core sença afflictïone, / sì·ll'ài mustrato e·mmustri ne la vista (ed. Bettarini 1969b); e per l'invito a non celare la verità (qui 4 non mel celate) cfr. nella stessa lauda 21-2 Per Deo, non me celare to coraio, / dimme ki si', o perké vai dolente.","21-2 «Per Deo, non me celare to coraio, / dimme ki si', o perké vai dolente».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ancor_non_sacca,Ancor non sacça la condictïone,Jacopone da Todi,http://dbpedia.org/resource/Jacopone_da_Todi,http://purl.org/bncf/tid/5665,WORK PIETOSO ATTO MOSTRATE,"'avete un atteggiamento mesto': cfr. <i>Piangete, amanti</i> 3-4 Amor sente a Pietà donne chiamare, / mostrando amaro duolo per li occhi fore. Ma tutta la prima quartina è da confrontare soprattutto con la lauda <i>Ancor non saçça</i>, in cui le donne chiedono a Maria, di ritorno dalla crocefissione di Gesù, perché è tanto triste: 1-4 Ancor non sacça la condictïone, / sorella, perké vai cotanto trista, / non è lo core sença afflictïone, / sì·ll'ài mustrato e·mmustri ne la vista (ed. Bettarini 1969b); e per l'invito a non celare la verità (qui 4 non mel celate) cfr. nella stessa lauda 21-2 Per Deo, non me celare to coraio, / dimme ki si', o perké vai dolente.",,CONCORDANZA STRINGENTE,,,,,,WORK SÌ VINTA,"'così addolorata, prostrata' (l'ed. Barbi manteneva le forme non anafonetiche <i>venta</i> e <i>penta</i> date dai due testimoni manoscritti, nessuno dei quali fiorentino: forme comuni per esempio in Guittone d'Arezzo o in Folgore. Ma la stampa Giuntina ha <i>vinta</i> e <i>pinta</i>).",,CONCORDANZA GENERICA,,,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,CONCEPT SÌ VINTA,"'così addolorata, prostrata' (l'ed. Barbi manteneva le forme non anafonetiche <i>venta</i> e <i>penta</i> date dai due testimoni manoscritti, nessuno dei quali fiorentino: forme comuni per esempio in Guittone d'Arezzo o in Folgore. Ma la stampa Giuntina ha <i>vinta</i> e <i>pinta</i>).",,CONCORDANZA GENERICA,,,Folgore di San Gimignano,http://dbpedia.org/resource/Folgóre_da_San_Gimignano,http://perunaenciclopediadantescadigitale/resource/poesia_comico_realistica,CONCEPT NEL ... PINTA,"la stessa clausola in Guittone, <i>Voglia de dir giusta ragion m</i>'<i>ha porta</i> 20 sua piagenza in cor m'è penta (e per l'idea della donna dipinta del cuore cfr. la nota a <i>La dispietata mente</i> 22).","Guittone, Voglia de dir giusta ragion m'ha porta 20 «sua piagenza in cor m'è penta»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Voglia_de_dir_giusta_ragion,Voglia de dir giusta ragion m'ha porta,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK DEH ... CELATE,"l'intero appello del poeta, ma questo verso in particolare, va confrontato a quello di Maria nella lauda ""<i>Oimè trista tapinella</i>"" 211-6 ""O sorelle, che ben fate / che la trista richerete, / per mio amor, no·l mi celate, / se novella ne sapete: / sì mi dicete, per Dio, / se vedeste 'l figliol mio!"" (Laudario di Santa Maria della Scala VI). E cfr. nell'<i>incipit</i> di un'altra lauda l'appello ai pietosi, ai compiangenti: ""Gente ch'avete di me pietansa"" (ivi, VII)","lauda «Oimè tri- sta tapinella» 211-6 «O sorelle, che ben fate / che la trista richerete, / per mio amor, no·l mi celate, / se novella ne sapete: / sì mi dicete, per Dio, / se vedeste 'l figliol mio!»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Laudario_di_Santa_Maria_della_Scala,Laudario di Santa Maria della Scala,,,http://purl.org/bncf/tid/5665,WORK DEH ... CELATE,"l'intero appello del poeta, ma questo verso in particolare, va confrontato a quello di Maria nella lauda ""<i>Oimè trista tapinella</i>"" 211-6 ""O sorelle, che ben fate / che la trista richerete, / per mio amor, no·l mi celate, / se novella ne sapete: / sì mi dicete, per Dio, / se vedeste 'l figliol mio!"" (Laudario di Santa Maria della Scala VI). E cfr. nell'<i>incipit</i> di un'altra lauda l'appello ai pietosi, ai compiangenti: ""Gente ch'avete di me pietansa"" (ivi, VII)","altra lauda l'appello ai pietosi, ai compiangenti: «Gente ch'avete di me pietansa» (ivi, VII)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Laudario_di_Santa_Maria_della_Scala,Laudario di Santa Maria della Scala,,,http://purl.org/bncf/tid/5665,WORK CONQUISA,"'vinta, prostrata', come in Cavalcanti, Quando di morte 10 l'afanno che m'ha già quasi conquiso; per la forma cfr. la nota ad Anonimo, <i>Dante Alleghier</i> 10","Cavalcanti, Quando di morte 10 «l'afanno che m'ha già quasi conquiso»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quando_di_morte,Quando di morte mi conven trar vita,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK EL,"forma non fiorentina, che a Dante verrà dai poeti siculo-toscani",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/26261,CONCEPT VOGLIO ... TECO,"come accade spesso, il poeta non dice ""divenni malinconico"", ma ""la Malinconia decise di stare con me, di insediarsi nel mio cuore""; allo stesso modo, poniamo, Iacopone non scrive ""fui tentato dalla vanagloria"" bensì e la Vanagloria me fo entorno; / volìa far meco soiorno (<i>Fede, spen e caritate</i> 202-3). La formula ricorda per esempio l'invito di Dante in <i>Voi che portate</i> 10 piacciavi di restar qui meco alquanto, o quello di <i>If</i> X 24 piacciati di restare in questo loco; ma è notevole soprattutto la corrispondenza con il passo di una lettera di Lorenzo di Aquileia nel quale la Retorica, immaginata come un angelo, prende per mano lo scrivente asserens se velle mecum aliquantulum residere (ed. De Luca 1951, p. 230).","Iacopone non scrive ""fui tentato dalla vanagloria"" bensì «e la Vanagloria me fo entorno; / volìa far meco soiorno» (Fede, spen e caritate 202-3)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Fede_spen_,"Fede, spen e caritate",Jacopone da Todi,http://dbpedia.org/resource/Jacopone_da_Todi,http://purl.org/bncf/tid/5665,WORK MENASSE ... COMPAGNIA,"questo genere di ""ritratti di famiglia"" in cui a una personificazione principale se ne affiancano altre ""di complemento"" è tipico della letteratura allegorica: cfr. anche per la struttura del verso <i>Fiore</i> XIII 3-4 Lo Dio d'Amor sì vi mandò Franchezza, / co·llei Pietà, per sua ambasceria; ma lo stesso principio è applicato in <i>Due donne</i> 3-4 l'una ha in sé cortesia e valore, / prudenza e onestà in compagnia; e, a parte Dante, precisamente di <i>compagni</i> si parla in <i>Flamenca</i> 236 Pres es mortz e Jois sos compain",Flamenca 236 «Pres es mortz e Jois sos compain»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Romance_of_Flamenca,Roman de Flamenca,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK MENASSE ... COMPAGNIA,"questo genere di ""ritratti di famiglia"" in cui a una personificazione principale se ne affiancano altre ""di complemento"" è tipico della letteratura allegorica: cfr. anche per la struttura del verso <i>Fiore</i> XIII 3-4 Lo Dio d'Amor sì vi mandò Franchezza, / co·llei Pietà, per sua ambasceria; ma lo stesso principio è applicato in <i>Due donne</i> 3-4 l'una ha in sé cortesia e valore, / prudenza e onestà in compagnia; e, a parte Dante, precisamente di <i>compagni</i> si parla in <i>Flamenca</i> 236 Pres es mortz e Jois sos compain",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/poesia_allegorica,CONCEPT DOLORE ED IRA,"la stessa coppia di <i>Fiore</i> CLI 6 <i>ira</i> e dolori e gran tormento (De Robertis, con altri esempi duecenteschi); e lo stesso trittico (si aggiunge appunto <i>malinconia</i>) nel sonetto I'<i>ho <i>ira</i> e pensieri e tanta doglia</i> 9-11 In tutto m'ha fallato ogni allegrezza / ed adosso m'ha messo <i>ira</i> e dolore / con <i>malinconia</i> tanta e ispessa (ed. Di Benedetto 1965, p. 42); ma l'associazione di <i>ira</i> e <i>malinconia</i> o <i>tristezza</i> era tradizionale: de tristitia <i>ira</i> oritur scrive Ildegarda di Bingen (citata da Tonelli 2004, p. 100, con ampia discussione sull'intreccio tra i due sentimenti nella letteratura antica)",«de tristitia ira oritur»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Epistolarum_liber,Epistolarum Liber,Ildegarda di Bingen,http://dbpedia.org/resource/Hildegard_of_Bingen,http://purl.org/bncf/tid/11978,WORK IRA,"non tanto, come intenderemmo oggi, 'rabbia', quanto piuttosto 'angoscia' (""ira d'amor me fai languir"" scrive per esempio Peire Bremon lo Tort, <i>En abril, quant vei verdejar</i> 17: ed è appunto, come qui, l'angoscia, il dolore che viene dall'amore frustrato)","«ira d'amor me fai languir» scrive per esempio Peire Bremon lo Tort, En abril, quant vei verdejar 17",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/En_abril_quant_vei_verdejar,"En abril, quant vei verdejar",Peire Bremon lo Tort,http://dbpedia.org/resource/Peire_Bremon_lo_Tort,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK MI RISPOSE ... GRECO,"i greci erano i superbi per antonomasia, e riflesso di questa loro cattiva fama <i>sono</i> il verbo <i>ingrecare</i> e le locuzioni <i>prender greco</i>, <i>salire in greco</i>: cfr. per esempio Brunetto Latini, <i>Tesoretto</i> 2582 in greco salisti 'insuperbisti'; e si vedano i molti altri esempi raccolti da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> e Ageno 2000, pp. 158-9. Tuttavia, osserva la Ageno, non mancano ..., come spesso per i nomi etnici, altri significati di greco, e per esempio 'doppio, fallace, sleale'. E ne resta traccia nei proverbi: ""Graeca fides, nulla fides"" (cfr. Prati 1936, pp. 222-4), ""Chi si fida di greco non ha il cervel seco"" (Giusti 2001, p. 178); e superbia e malignità si trovano insieme in un <i>incipit</i> dell'Anonimo Genovese, Quasi ogni greco per comun 1-2 Quasi ogni greco per comun / è lairaor, necho e superbo. Pertinente per il nostro contesto sembrerebbe la locuzione anconetana fà el gregu 'fare lo gnorri', registrata in Spotti 1929, p. 71, in linea con l'opinione di Mazzoni1 1941, pp. 134-5, secondo cui qui si alluderebbe non a greci spietati bensì a greci che non capiscono o fingono di non capire chi non parli la lingua loro. Si pensi per analogia all'espressione Albanese messere 'Sono albanese, signore' (dunque non capisco), che si adopera, scrive il Varchi nell'<i>Ercolano</i>, quando alcuno, dimandato d'alcuna cosa, non risponde a proposito (ed. Sorella 1995, II, p. 617, e cfr. il glossario). Si oscilla insomma tra 'superbia', 'atteggiamento scostante', 'noncuranza', ma il senso sembrerebbe essere questo: Malinconia non dà retta all'invito di Dante, non pensa affatto ad andare via, e anzi si ferma a conversare. Una diversa lettura ha proposto Tonelli 2004, pp. 104-9: Malinconia risponderebbe come un greco perché la parola e il concetto (l'ipostasi della malinconia) <i>sono</i> greci: Graeci enim – spiega Vincenzo di Beauvais – nigrum <i>melan</i> vocant. Possibile, ma non probabile, anche perché la conversazione con questa greca ha di fatto luogo: nella battuta registrata al v. 2 e poi nel lungo <i>ragionare</i> del v. 7. Sottili, infine, ma non convincenti le ipotesi avanzate da Most 2006 e da Manica 1998.","Brunetto Latini, Tesoretto 2582 «in greco salisti» 'insuperbisti';",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tesoretto(Brunetto_Latini),Tesoretto,Brunetto Latini,http://dbpedia.org/resource/Brunetto_Latini,http://purl.org/bncf/tid/6929,WORK MI RISPOSE ... GRECO,"i greci erano i superbi per antonomasia, e riflesso di questa loro cattiva fama <i>sono</i> il verbo <i>ingrecare</i> e le locuzioni <i>prender greco</i>, <i>salire in greco</i>: cfr. per esempio Brunetto Latini, <i>Tesoretto</i> 2582 in greco salisti 'insuperbisti'; e si vedano i molti altri esempi raccolti da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> e Ageno 2000, pp. 158-9. Tuttavia, osserva la Ageno, non mancano ..., come spesso per i nomi etnici, altri significati di greco, e per esempio 'doppio, fallace, sleale'. E ne resta traccia nei proverbi: ""Graeca fides, nulla fides"" (cfr. Prati 1936, pp. 222-4), ""Chi si fida di greco non ha il cervel seco"" (Giusti 2001, p. 178); e superbia e malignità si trovano insieme in un <i>incipit</i> dell'Anonimo Genovese, Quasi ogni greco per comun 1-2 Quasi ogni greco per comun / è lairaor, necho e superbo. Pertinente per il nostro contesto sembrerebbe la locuzione anconetana fà el gregu 'fare lo gnorri', registrata in Spotti 1929, p. 71, in linea con l'opinione di Mazzoni1 1941, pp. 134-5, secondo cui qui si alluderebbe non a greci spietati bensì a greci che non capiscono o fingono di non capire chi non parli la lingua loro. Si pensi per analogia all'espressione Albanese messere 'Sono albanese, signore' (dunque non capisco), che si adopera, scrive il Varchi nell'<i>Ercolano</i>, quando alcuno, dimandato d'alcuna cosa, non risponde a proposito (ed. Sorella 1995, II, p. 617, e cfr. il glossario). Si oscilla insomma tra 'superbia', 'atteggiamento scostante', 'noncuranza', ma il senso sembrerebbe essere questo: Malinconia non dà retta all'invito di Dante, non pensa affatto ad andare via, e anzi si ferma a conversare. Una diversa lettura ha proposto Tonelli 2004, pp. 104-9: Malinconia risponderebbe come un greco perché la parola e il concetto (l'ipostasi della malinconia) <i>sono</i> greci: Graeci enim – spiega Vincenzo di Beauvais – nigrum <i>melan</i> vocant. Possibile, ma non probabile, anche perché la conversazione con questa greca ha di fatto luogo: nella battuta registrata al v. 2 e poi nel lungo <i>ragionare</i> del v. 7. Sottili, infine, ma non convincenti le ipotesi avanzate da Most 2006 e da Manica 1998.","""Graeca fides, nulla fides""",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Proverbi,Proverbi,,,http://purl.org/bncf/tid/2660,WORK MI RISPOSE ... GRECO,"i greci erano i superbi per antonomasia, e riflesso di questa loro cattiva fama <i>sono</i> il verbo <i>ingrecare</i> e le locuzioni <i>prender greco</i>, <i>salire in greco</i>: cfr. per esempio Brunetto Latini, <i>Tesoretto</i> 2582 in greco salisti 'insuperbisti'; e si vedano i molti altri esempi raccolti da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> e Ageno 2000, pp. 158-9. Tuttavia, osserva la Ageno, non mancano ..., come spesso per i nomi etnici, altri significati di greco, e per esempio 'doppio, fallace, sleale'. E ne resta traccia nei proverbi: ""Graeca fides, nulla fides"" (cfr. Prati 1936, pp. 222-4), ""Chi si fida di greco non ha il cervel seco"" (Giusti 2001, p. 178); e superbia e malignità si trovano insieme in un <i>incipit</i> dell'Anonimo Genovese, Quasi ogni greco per comun 1-2 Quasi ogni greco per comun / è lairaor, necho e superbo. Pertinente per il nostro contesto sembrerebbe la locuzione anconetana fà el gregu 'fare lo gnorri', registrata in Spotti 1929, p. 71, in linea con l'opinione di Mazzoni1 1941, pp. 134-5, secondo cui qui si alluderebbe non a greci spietati bensì a greci che non capiscono o fingono di non capire chi non parli la lingua loro. Si pensi per analogia all'espressione Albanese messere 'Sono albanese, signore' (dunque non capisco), che si adopera, scrive il Varchi nell'<i>Ercolano</i>, quando alcuno, dimandato d'alcuna cosa, non risponde a proposito (ed. Sorella 1995, II, p. 617, e cfr. il glossario). Si oscilla insomma tra 'superbia', 'atteggiamento scostante', 'noncuranza', ma il senso sembrerebbe essere questo: Malinconia non dà retta all'invito di Dante, non pensa affatto ad andare via, e anzi si ferma a conversare. Una diversa lettura ha proposto Tonelli 2004, pp. 104-9: Malinconia risponderebbe come un greco perché la parola e il concetto (l'ipostasi della malinconia) <i>sono</i> greci: Graeci enim – spiega Vincenzo di Beauvais – nigrum <i>melan</i> vocant. Possibile, ma non probabile, anche perché la conversazione con questa greca ha di fatto luogo: nella battuta registrata al v. 2 e poi nel lungo <i>ragionare</i> del v. 7. Sottili, infine, ma non convincenti le ipotesi avanzate da Most 2006 e da Manica 1998.","""Chi si fida di greco non ha il cervel seco""",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Proverbi,Proverbi,,,http://purl.org/bncf/tid/2660,WORK MI RISPOSE ... GRECO,"i greci erano i superbi per antonomasia, e riflesso di questa loro cattiva fama <i>sono</i> il verbo <i>ingrecare</i> e le locuzioni <i>prender greco</i>, <i>salire in greco</i>: cfr. per esempio Brunetto Latini, <i>Tesoretto</i> 2582 in greco salisti 'insuperbisti'; e si vedano i molti altri esempi raccolti da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> e Ageno 2000, pp. 158-9. Tuttavia, osserva la Ageno, non mancano ..., come spesso per i nomi etnici, altri significati di greco, e per esempio 'doppio, fallace, sleale'. E ne resta traccia nei proverbi: ""Graeca fides, nulla fides"" (cfr. Prati 1936, pp. 222-4), ""Chi si fida di greco non ha il cervel seco"" (Giusti 2001, p. 178); e superbia e malignità si trovano insieme in un <i>incipit</i> dell'Anonimo Genovese, Quasi ogni greco per comun 1-2 Quasi ogni greco per comun / è lairaor, necho e superbo. Pertinente per il nostro contesto sembrerebbe la locuzione anconetana fà el gregu 'fare lo gnorri', registrata in Spotti 1929, p. 71, in linea con l'opinione di Mazzoni1 1941, pp. 134-5, secondo cui qui si alluderebbe non a greci spietati bensì a greci che non capiscono o fingono di non capire chi non parli la lingua loro. Si pensi per analogia all'espressione Albanese messere 'Sono albanese, signore' (dunque non capisco), che si adopera, scrive il Varchi nell'<i>Ercolano</i>, quando alcuno, dimandato d'alcuna cosa, non risponde a proposito (ed. Sorella 1995, II, p. 617, e cfr. il glossario). Si oscilla insomma tra 'superbia', 'atteggiamento scostante', 'noncuranza', ma il senso sembrerebbe essere questo: Malinconia non dà retta all'invito di Dante, non pensa affatto ad andare via, e anzi si ferma a conversare. Una diversa lettura ha proposto Tonelli 2004, pp. 104-9: Malinconia risponderebbe come un greco perché la parola e il concetto (l'ipostasi della malinconia) <i>sono</i> greci: Graeci enim – spiega Vincenzo di Beauvais – nigrum <i>melan</i> vocant. Possibile, ma non probabile, anche perché la conversazione con questa greca ha di fatto luogo: nella battuta registrata al v. 2 e poi nel lungo <i>ragionare</i> del v. 7. Sottili, infine, ma non convincenti le ipotesi avanzate da Most 2006 e da Manica 1998.","Anonimo Genovese, Quasi ogni greco per comun 1-2 «Quasi ogni greco per comun / è lairaor, necho e super- bo».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quasi_ogni_greco_per_comun,Quasi ogni greco per comun,Anonimo Genovese,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Anonimo_Genovese,http://purl.org/bncf/tid/2664,WORK MI RISPOSE ... GRECO,"i greci erano i superbi per antonomasia, e riflesso di questa loro cattiva fama <i>sono</i> il verbo <i>ingrecare</i> e le locuzioni <i>prender greco</i>, <i>salire in greco</i>: cfr. per esempio Brunetto Latini, <i>Tesoretto</i> 2582 in greco salisti 'insuperbisti'; e si vedano i molti altri esempi raccolti da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> e Ageno 2000, pp. 158-9. Tuttavia, osserva la Ageno, non mancano ..., come spesso per i nomi etnici, altri significati di greco, e per esempio 'doppio, fallace, sleale'. E ne resta traccia nei proverbi: ""Graeca fides, nulla fides"" (cfr. Prati 1936, pp. 222-4), ""Chi si fida di greco non ha il cervel seco"" (Giusti 2001, p. 178); e superbia e malignità si trovano insieme in un <i>incipit</i> dell'Anonimo Genovese, Quasi ogni greco per comun 1-2 Quasi ogni greco per comun / è lairaor, necho e superbo. Pertinente per il nostro contesto sembrerebbe la locuzione anconetana fà el gregu 'fare lo gnorri', registrata in Spotti 1929, p. 71, in linea con l'opinione di Mazzoni1 1941, pp. 134-5, secondo cui qui si alluderebbe non a greci spietati bensì a greci che non capiscono o fingono di non capire chi non parli la lingua loro. Si pensi per analogia all'espressione Albanese messere 'Sono albanese, signore' (dunque non capisco), che si adopera, scrive il Varchi nell'<i>Ercolano</i>, quando alcuno, dimandato d'alcuna cosa, non risponde a proposito (ed. Sorella 1995, II, p. 617, e cfr. il glossario). Si oscilla insomma tra 'superbia', 'atteggiamento scostante', 'noncuranza', ma il senso sembrerebbe essere questo: Malinconia non dà retta all'invito di Dante, non pensa affatto ad andare via, e anzi si ferma a conversare. Una diversa lettura ha proposto Tonelli 2004, pp. 104-9: Malinconia risponderebbe come un greco perché la parola e il concetto (l'ipostasi della malinconia) <i>sono</i> greci: Graeci enim – spiega Vincenzo di Beauvais – nigrum <i>melan</i> vocant. Possibile, ma non probabile, anche perché la conversazione con questa greca ha di fatto luogo: nella battuta registrata al v. 2 e poi nel lungo <i>ragionare</i> del v. 7. Sottili, infine, ma non convincenti le ipotesi avanzate da Most 2006 e da Manica 1998.","""fà el gregu""",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Proverbi,Proverbi,,,http://purl.org/bncf/tid/2660,WORK RAGIONANDO,"'conversando'. Sembrerebbe non potersi riferire che a <i>ella</i> (e non all'<i>io</i> soggetto del verso successivo: nel qual caso sarebbe un modo tortuoso per dire che l'<i>io</i> 'riflette tra sé e sé'); ma la costruzione è anomala. <i>Contini</i> cita a confronto gli esempi seguenti: Allora Pernam incomincioe a chiamare merciede, e chierendo mercede lo ree Marco l'uccise (<i>Tristano riccardiano</i>); E così stando [Bertino] un giorno co' ferri in gamba al sole, lo saccardo cominciò a figurare il detto Bertino (Sacchetti). Ma sono casi in cui il soggetto della subordinata, cui si riferisce il gerundio, è anche complemento oggetto della reggente che segue, il che non si dà nel nostro verso","Allora Pernam incomincioe a chiamare merciede, e chierendo mercede lo ree Marco l'uccise» (Tristano riccardiano)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tristano_riccardiano,Tristano riccardiano,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://purl.org/bncf/tid/3572,WORK GUARDAI ... VENIA,"è l'attacco che introduce le visioni miracolose, quasi a mimare la durata dell'azione (cfr. <i>Di donne</i> 8 guarda', e vidi un angiol figurato): <i>Dn</i> 7, 11 aspiciebam ... et vidi quoniam interfecta esset bestia. La scena ricorda l'arrivo di Ragione nel <i>Fiore</i> IX 4-6 Ed i' mi riguardai dal dritto lato, / e sì vidi Ragion col viso piano / venir verso di me, e anche più precisamente <i>Io mi senti</i>' svegliar 3-4 e poi vidi venir da lungi Amore / allegro sì, che appena il conoscia. Dante a parte, un quadro molto simile (apparizione di Amore mentre il poeta non lo aspetta, e dialogo con lui) è descritto in Noffo, Vedete s'è pietoso 13-6 E stando in tal manera / Amor m'aparve scorto; / in su' dolce parlare / mi disse umilemente.","Dn 7, 11 «aspiciebam ... et vidi quoniam interfecta esset bestia»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Book_of_Daniel,Libro di Daniele,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK GUARDAI ... VENIA,"è l'attacco che introduce le visioni miracolose, quasi a mimare la durata dell'azione (cfr. <i>Di donne</i> 8 guarda', e vidi un angiol figurato): <i>Dn</i> 7, 11 aspiciebam ... et vidi quoniam interfecta esset bestia. La scena ricorda l'arrivo di Ragione nel <i>Fiore</i> IX 4-6 Ed i' mi riguardai dal dritto lato, / e sì vidi Ragion col viso piano / venir verso di me, e anche più precisamente <i>Io mi senti</i>' svegliar 3-4 e poi vidi venir da lungi Amore / allegro sì, che appena il conoscia. Dante a parte, un quadro molto simile (apparizione di Amore mentre il poeta non lo aspetta, e dialogo con lui) è descritto in Noffo, Vedete s'è pietoso 13-6 E stando in tal manera / Amor m'aparve scorto; / in su' dolce parlare / mi disse umilemente.","Noffo, Vedete s'è pietoso 13-6 «E stando in tal manera / Amor m'aparve scorto; / in su' dolce parlare / mi disse umilemente»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Vedete_s_e_pietoso,Vedete s'è pietoso,Noffo Bonaguide,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Noffo_Bonaguide,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK DI NUOVO,"'con abiti nuovi'. <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> documentano come in occasione dei funerali fosse consuetudine – sanzionata dalle leggi suntuarie – farsi confezionare un abito nuovo (il nero era ed è il colore del lutto); per la formula cfr. Jehans de Nuevile, L'<i>autrier par un matinet</i> 31-2 Touse, mout bien de nouvel / vos vestirai; <i>Novellino</i> LXXIV 11 Allora il signore ... fecelo sciogliere e vestire di nuovo","Jehans de Nuevile, L'autrier par un matinet 31-2 «Touse, mout bien de nou- vel / vos vestirai»;",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/L_autrier_par_un_matinet,L'autrier par un matinet,Jehan de Nuevile,http://dbpedia.org/resource/Jehan_de_Nuevile,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK DI NUOVO,"'con abiti nuovi'. <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> documentano come in occasione dei funerali fosse consuetudine – sanzionata dalle leggi suntuarie – farsi confezionare un abito nuovo (il nero era ed è il colore del lutto); per la formula cfr. Jehans de Nuevile, L'<i>autrier par un matinet</i> 31-2 Touse, mout bien de nouvel / vos vestirai; <i>Novellino</i> LXXIV 11 Allora il signore ... fecelo sciogliere e vestire di nuovo",Novellino LXXIV 11 «Allora il signore ... fece- lo sciogliere e vestire di nuovo»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/resource/Novellino,Novellino,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://purl.org/bncf/tid/13406,WORK NEL SUO CAPO,"con <i>in</i> <i>in</i> luogo di <i>su</i>, come <i>in</i> antico francese e <i>in</i> provenzale: En son chief ot chapel / de roses frès novel (ed. Raynaud 1881-83, II, p. 134, n. XXXV 7-8); Bertran de Born, Non puosc mudar mon chantar non esparga 16 l'escut al col e capel en ma testa. Il cappello poteva essere (ed è, nel secondo degli esempi citati) una semplice ghirlanda: ed avea <i>in</i> suo chapo uno chapello, cioè una ghirlanda, di branche di quercia (<i>Fatti dei Romani</i>, citato <i>in</i> Schiaffini 1926, p. 212). Ma qui sembra più probabile che si tratti di un cappello di stoffa nel senso moderno: di quelli che si potevano portare per lutto (cfr. i passi citati da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>; e la ghirlanda sconverrebbe invece all'occasione tragica) oppure, come mi suggerisce Pär Larson, di quelli che portavano i pellegrini, come nell'iconografia di san Giacomo.",«En son chief ot chapel / de roses frès novel»,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT NEL SUO CAPO,"con <i>in</i> <i>in</i> luogo di <i>su</i>, come <i>in</i> antico francese e <i>in</i> provenzale: En son chief ot chapel / de roses frès novel (ed. Raynaud 1881-83, II, p. 134, n. XXXV 7-8); Bertran de Born, Non puosc mudar mon chantar non esparga 16 l'escut al col e capel en ma testa. Il cappello poteva essere (ed è, nel secondo degli esempi citati) una semplice ghirlanda: ed avea <i>in</i> suo chapo uno chapello, cioè una ghirlanda, di branche di quercia (<i>Fatti dei Romani</i>, citato <i>in</i> Schiaffini 1926, p. 212). Ma qui sembra più probabile che si tratti di un cappello di stoffa nel senso moderno: di quelli che si potevano portare per lutto (cfr. i passi citati da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>; e la ghirlanda sconverrebbe invece all'occasione tragica) oppure, come mi suggerisce Pär Larson, di quelli che portavano i pellegrini, come nell'iconografia di san Giacomo.","Bertran de Born, Non puosc mudar mon chantar non esparga 16 «l'escut al col e capel en ma testa».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Non_puosc_mudar,Non puosc mudar un chantar non esparja,Bertran de Born,http://dbpedia.org/resource/Bertran_de_Born,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK NEL SUO CAPO,"con <i>in</i> <i>in</i> luogo di <i>su</i>, come <i>in</i> antico francese e <i>in</i> provenzale: En son chief ot chapel / de roses frès novel (ed. Raynaud 1881-83, II, p. 134, n. XXXV 7-8); Bertran de Born, Non puosc mudar mon chantar non esparga 16 l'escut al col e capel en ma testa. Il cappello poteva essere (ed è, nel secondo degli esempi citati) una semplice ghirlanda: ed avea <i>in</i> suo chapo uno chapello, cioè una ghirlanda, di branche di quercia (<i>Fatti dei Romani</i>, citato <i>in</i> Schiaffini 1926, p. 212). Ma qui sembra più probabile che si tratti di un cappello di stoffa nel senso moderno: di quelli che si potevano portare per lutto (cfr. i passi citati da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>; e la ghirlanda sconverrebbe invece all'occasione tragica) oppure, come mi suggerisce Pär Larson, di quelli che portavano i pellegrini, come nell'iconografia di san Giacomo.","«ed avea in suo chapo uno cha- pello, cioè una ghirlanda, di branche di quercia» (Fatti dei Romani,",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Fatti_dei_Romani,Fatti dei Romani,,,http://purl.org/bncf/tid/11172,WORK GUAI E PENSERO,"'motivi per lagnarmi (<i>guai</i>) e cruccio, pena (<i>pensero</i>: come il pensare di <i>Deh, ragioniamo</i> 2)'. Come s'è visto più volte (cfr. qui la nota al v. 2), è tipico della poesia medievale il descrivere sentimenti ed emozioni come un possesso piuttosto che come uno stato, qualcosa che si ha, non qualcosa che si è (cfr. per esempio <i>Roman de la Rose</i> 4053 Si en ai duel et desconfort). Sul tema, a parte gli studi di Lewis 1969, pp. 44-107, e Curtius 1997 (in particolare i capitoli sulla <i>Topica</i>, sulla <i>Dea Natura</i> e su <i>Poesia e filosofia</i>), si veda Roncaglia 1957, p. 35, che trova appunto in Marcabru i primi esempi romanzi di questo genere di personificazioni.",Roman de la Rose 4053 «Si en ai duel et desconfort»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Roman_de_la_Rose,Roman de la Rose,Jean de Meung,http://dbpedia.org/resource/Jean_de_Meun,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/poesia_allegorica,WORK GUAI E PENSERO,"'motivi per lagnarmi (<i>guai</i>) e cruccio, pena (<i>pensero</i>: come il pensare di <i>Deh, ragioniamo</i> 2)'. Come s'è visto più volte (cfr. qui la nota al v. 2), è tipico della poesia medievale il descrivere sentimenti ed emozioni come un possesso piuttosto che come uno stato, qualcosa che si ha, non qualcosa che si è (cfr. per esempio <i>Roman de la Rose</i> 4053 Si en ai duel et desconfort). Sul tema, a parte gli studi di Lewis 1969, pp. 44-107, e Curtius 1997 (in particolare i capitoli sulla <i>Topica</i>, sulla <i>Dea Natura</i> e su <i>Poesia e filosofia</i>), si veda Roncaglia 1957, p. 35, che trova appunto in Marcabru i primi esempi romanzi di questo genere di personificazioni.",,CONCORDANZA GENERICA,,,Marcabru,http://dbpedia.org/resource/Marcabru,,CONCEPT CHI UDISSE,"modulo colloquiale che presenta l'iperbole (sembra che la moglie di Forese abbia svernato tra i ghiacci) quasi come un dato oggettivo, qualcosa su cui tutti si troverebbero d'accordo. Ed è, in poesia, un tipico esordio ""comico"": cfr. per esempio Onesto, <i>Chi vuol veder mille persone grame</i> (De Robertis)",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Anc_no_m_parti_de_solatz,Chi vuol vedere mille persone grame,Onesto degli Onesti,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Onesto_degli_Onesti,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK BICCI VOCATO FORESE,"il nome Bicci, diminutivo di Biccicocco (e di Obizzo?), non è raro nella Toscana medievale (ci sono, nel Trecento, i pittori Bicci di Lorenzo e Lorenzo di Bicci, e dei figli di un Biccicocco si parla nella <i>Cronica</i> di Dino Compagni e in quella di Paolino Pieri). <i>Vocato</i> significa 'soprannominato', e il soprannome, o il diminutivo, l'avevano quasi tutti in un'età nella quale in fatto di nomi e cognomi esistevano regole molto fluide, e a decidere era l'uso, non l'anagrafe, e un uso spesso oscillante (si veda la discussione a proposito di Lapo o Lippo nella premessa a <i>Guido, i</i>' <i>vorrei</i>). E non è naturalmente un'abitudine soltanto popolare né soltanto fiorentina, se già nel Vangelo si trovano Iesus qui vocatur Christus e Simonem qui vocatur Petrus (<i>Mt</i> 1, 16 e 4, 18). Qui il nome (Forese) sembrerebbe stare al posto del soprannome (Bicci), e perciò Del Lungo osservava: cioè, Forese <i>vocato</i> Bicci, di soprannome Bicci ...: traspone scherzevolmente nome e soprannome. <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> oppongono che se <i>vocato</i> si adoperava comunemente per indicare il soprannome o il nomignolo ..., non è raro neppur l'uso contrario, per esprimere il nome vero o il nome intero dopo il soprannome o l'accorciativo: ad esempio ""Domina Scotta vochata Catherina"" ... ""Dea vocata Taddea"" ... ""pro Tello <i>vocato</i> domino Castello de Gianfigliazzis"". Ma queste sembrano essere piuttosto le eccezioni che la regola. Nella grande maggioranza dei casi <i>vocato</i> precede, com'è normale a lume di logica, il soprannome col quale una persona era comunemente conosciuta: in Serianni 1977, glossario, s.v. <i>vocato</i>, si trovano così Lapo vochato Ferrovecchio, Ghino chiamato Volpe, Tura chiamato Bistraffo; in Castellani 1952, II, p. 604, Manetto vochato Vecchio, Ventura vochato Friano; e poi Dino <i>vocato</i> Pecora (Marchionne di Coppo Stefani, <i>Cronaca fiorentina</i>, p. 60), Giano <i>vocato</i> Capellacçio (<i>Consigli</i>, p. 342, ma <i>passim</i>), Corso <i>vocato</i> Lana (Mazzoni2 1964, p. 51), e cfr. gli esempi allegati in <i>GDLI</i>, s.v.5 (donna fu di Meo <i>vocato</i> il Saccente, Iacopo di Corso <i>vocato</i> Baia). Insomma, si resta in dubbio; ma senza un sottinteso ironico non si capirebbe il perché di tanta precisione, da parte di Dante, nel designare l'amico.",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Cronica(Salimbene_de_Adam),Cronica,Salimbene de Adam,http://dbpedia.org/resource/Salimbene_di_Adam,http://purl.org/bncf/tid/9645,WORK BICCI VOCATO FORESE,"il nome Bicci, diminutivo di Biccicocco (e di Obizzo?), non è raro nella Toscana medievale (ci sono, nel Trecento, i pittori Bicci di Lorenzo e Lorenzo di Bicci, e dei figli di un Biccicocco si parla nella <i>Cronica</i> di Dino Compagni e in quella di Paolino Pieri). <i>Vocato</i> significa 'soprannominato', e il soprannome, o il diminutivo, l'avevano quasi tutti in un'età nella quale in fatto di nomi e cognomi esistevano regole molto fluide, e a decidere era l'uso, non l'anagrafe, e un uso spesso oscillante (si veda la discussione a proposito di Lapo o Lippo nella premessa a <i>Guido, i</i>' <i>vorrei</i>). E non è naturalmente un'abitudine soltanto popolare né soltanto fiorentina, se già nel Vangelo si trovano Iesus qui vocatur Christus e Simonem qui vocatur Petrus (<i>Mt</i> 1, 16 e 4, 18). Qui il nome (Forese) sembrerebbe stare al posto del soprannome (Bicci), e perciò Del Lungo osservava: cioè, Forese <i>vocato</i> Bicci, di soprannome Bicci ...: traspone scherzevolmente nome e soprannome. <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> oppongono che se <i>vocato</i> si adoperava comunemente per indicare il soprannome o il nomignolo ..., non è raro neppur l'uso contrario, per esprimere il nome vero o il nome intero dopo il soprannome o l'accorciativo: ad esempio ""Domina Scotta vochata Catherina"" ... ""Dea vocata Taddea"" ... ""pro Tello <i>vocato</i> domino Castello de Gianfigliazzis"". Ma queste sembrano essere piuttosto le eccezioni che la regola. Nella grande maggioranza dei casi <i>vocato</i> precede, com'è normale a lume di logica, il soprannome col quale una persona era comunemente conosciuta: in Serianni 1977, glossario, s.v. <i>vocato</i>, si trovano così Lapo vochato Ferrovecchio, Ghino chiamato Volpe, Tura chiamato Bistraffo; in Castellani 1952, II, p. 604, Manetto vochato Vecchio, Ventura vochato Friano; e poi Dino <i>vocato</i> Pecora (Marchionne di Coppo Stefani, <i>Cronaca fiorentina</i>, p. 60), Giano <i>vocato</i> Capellacçio (<i>Consigli</i>, p. 342, ma <i>passim</i>), Corso <i>vocato</i> Lana (Mazzoni2 1964, p. 51), e cfr. gli esempi allegati in <i>GDLI</i>, s.v.5 (donna fu di Meo <i>vocato</i> il Saccente, Iacopo di Corso <i>vocato</i> Baia). Insomma, si resta in dubbio; ma senza un sottinteso ironico non si capirebbe il perché di tanta precisione, da parte di Dante, nel designare l'amico.","«Iesus qui vocatur Christus» Mt 1, 16",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Gospel_of_Matthew,Vangelo di Matteo,Matteo,http://dbpedia.org/resource/Matthew_the_Apostle,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_nuovo_testamento,WORK BICCI VOCATO FORESE,"il nome Bicci, diminutivo di Biccicocco (e di Obizzo?), non è raro nella Toscana medievale (ci sono, nel Trecento, i pittori Bicci di Lorenzo e Lorenzo di Bicci, e dei figli di un Biccicocco si parla nella <i>Cronica</i> di Dino Compagni e in quella di Paolino Pieri). <i>Vocato</i> significa 'soprannominato', e il soprannome, o il diminutivo, l'avevano quasi tutti in un'età nella quale in fatto di nomi e cognomi esistevano regole molto fluide, e a decidere era l'uso, non l'anagrafe, e un uso spesso oscillante (si veda la discussione a proposito di Lapo o Lippo nella premessa a <i>Guido, i</i>' <i>vorrei</i>). E non è naturalmente un'abitudine soltanto popolare né soltanto fiorentina, se già nel Vangelo si trovano Iesus qui vocatur Christus e Simonem qui vocatur Petrus (<i>Mt</i> 1, 16 e 4, 18). Qui il nome (Forese) sembrerebbe stare al posto del soprannome (Bicci), e perciò Del Lungo osservava: cioè, Forese <i>vocato</i> Bicci, di soprannome Bicci ...: traspone scherzevolmente nome e soprannome. <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> oppongono che se <i>vocato</i> si adoperava comunemente per indicare il soprannome o il nomignolo ..., non è raro neppur l'uso contrario, per esprimere il nome vero o il nome intero dopo il soprannome o l'accorciativo: ad esempio ""Domina Scotta vochata Catherina"" ... ""Dea vocata Taddea"" ... ""pro Tello <i>vocato</i> domino Castello de Gianfigliazzis"". Ma queste sembrano essere piuttosto le eccezioni che la regola. Nella grande maggioranza dei casi <i>vocato</i> precede, com'è normale a lume di logica, il soprannome col quale una persona era comunemente conosciuta: in Serianni 1977, glossario, s.v. <i>vocato</i>, si trovano così Lapo vochato Ferrovecchio, Ghino chiamato Volpe, Tura chiamato Bistraffo; in Castellani 1952, II, p. 604, Manetto vochato Vecchio, Ventura vochato Friano; e poi Dino <i>vocato</i> Pecora (Marchionne di Coppo Stefani, <i>Cronaca fiorentina</i>, p. 60), Giano <i>vocato</i> Capellacçio (<i>Consigli</i>, p. 342, ma <i>passim</i>), Corso <i>vocato</i> Lana (Mazzoni2 1964, p. 51), e cfr. gli esempi allegati in <i>GDLI</i>, s.v.5 (donna fu di Meo <i>vocato</i> il Saccente, Iacopo di Corso <i>vocato</i> Baia). Insomma, si resta in dubbio; ma senza un sottinteso ironico non si capirebbe il perché di tanta precisione, da parte di Dante, nel designare l'amico.","«Simonem qui vocatur Petrus» (Mt 4, 18).",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Gospel_of_Matthew,Vangelo di Matteo,Matteo,http://dbpedia.org/resource/Matthew_the_Apostle,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_nuovo_testamento,WORK POTREBBE ... VERNATA,"'direbbe forse che ha trascorso l'inverno' (<i>vernare</i> è anche nel <i>Fiore</i> XXXIII 12 ivi vernai co molto disconforto). Adotto la lezione di Pellegrini, mentre Barbi e De Robertis leggono ell'ha forse vernata. È ben vero, infatti, che nella sintassi antica si danno casi di accordo tra il participio passato nei tempi composti formati con <i>avere</i> e il relativo soggetto (cfr. Oli 1958; Bongrani 1979 e F. Brambilla Ageno in <i>ED</i>, Appendice, s.v. <i>Concordanze</i>, p. 333, a commento di questo passo), ma resta un'anomalia non necessaria, se la soluzione adottata ha il conforto, per esempio, di passi come i seguenti che traggo dal <i>corpus TLIO</i>: ccc cavalieri ... ch'erano vernati in Maremma (Villani), Magone, figliuolo d'Amilcare, della minore isola de' Balcani dove vernato era (Livio volgarizzato).",«ccc cavalieri ... ch'erano vernati in Maremma» (Villani),CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Nova_Cronica,Nova Cronica,Giovanni Villani,http://dbpedia.org/resource/Giovanni_Villani,http://purl.org/bncf/tid/9645,WORK CRISTALLO,"si credeva infatti che il cristallo altro non fosse che ghiaccio portato a temperature bassissime, quali si trovano appunto nei paesi del freddo perenne; <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i> citano tra gli altri Cecco d'Ascoli (<i>Acerba</i> III XVIII 3265-6 Nasce nell'alpe del settentrione / cristallo fatto dell'antica neve) e Manzoni: dato che anche don Ferrante sa come dal ghiaccio lentamente indurato, con l'andar de' secoli, si formi il cristallo",Cecco d'Ascoli (Acerba III XVIII 3265-6 «Nasce nell'alpe del settentrione / cristallo fatto dell'antica neve»),CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/resource/L'Acerba,Acerba etas,Cecco d'Ascoli,http://it.dbpedia.org/resource/Cecco_d'Ascoli,http://purl.org/bncf/tid/9214,WORK DI MEZZO ... INFREDDATA,"l'immagine si trova già – ma in un contesto molto diverso, usata come <i>adynaton</i> o paradosso – in Giacomo da Lentini, <i>Dolce coninzamento</i> 39-40 tant'è di mal usaggio / che di stat'à gelore, quindi nella poesia burlesca: Rustico, Io fo ben boto a Dio 5 Non vedi che di mezzo luglio tosse?",Dolce coninzamento 39-40 «tant'è di mal usaggio / che di stat'à gelore»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dolce_coninzamento,Dolce coninzamento,Giacomo da Lentini,http://dbpedia.org/resource/Giacomo_da_Lentini,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK DI MEZZO ... INFREDDATA,"l'immagine si trova già – ma in un contesto molto diverso, usata come <i>adynaton</i> o paradosso – in Giacomo da Lentini, <i>Dolce coninzamento</i> 39-40 tant'è di mal usaggio / che di stat'à gelore, quindi nella poesia burlesca: Rustico, Io fo ben boto a Dio 5 Non vedi che di mezzo luglio tosse?","Rustico, Io fo ben boto a Dio 5 «Non vedi che di mezzo luglio tosse?».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Io_fo_ben_boto_a_Dio,Io fo ben boto a Dio,Rustico Filippi,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Rustico_Filippi,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK LA TRUOVI,anche questa <i>aversio</i> attraverso la quale il poeta si finge un interlocutore (così subito dopo or sappi) è tipica dello stile basso del parlato o della poesia burlesca. fa perché (merzé) la sua coperta è troppo corta',,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19431,CONCEPT CORTONESE,"letteralmente 'di Cortona', cittadina in provincia di Arezzo: ma qui Cortona, come osserva <i>Contini</i>, sta a pigione, cioè per il bisticcio che permette <i>corto</i> (giochi di parole analoghi, del resto vivi ancor oggi nel parlato popolare, sono elencati da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>). Il bisticcio, a sua volta, si spiega col doppio senso di natura sessuale: la moglie di Forese non è ben 'coperta' dal marito perché questi non è abbastanza dotato. I commentatori citano vari esempi della metafora, da Boccaccio a Machiavelli (e <i>coprire</i> si usa ancor oggi per i cani), ma già prima di Dante se ne hanno esempi fra i trovatori: cfr. <i>SW</i>, s.v. <i>copertor</i>; Crespo 1970; e Poli 1997, pp. 313 e 333-4.",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT OMOR,"'umori, fluidi corporei' (u > o, come in Toscana <i>romore</i>, <i>nodrire</i>: cfr. Rohlfs § 132). I medici medievali ritenevano che il segreto della buona salute stesse nel giusto equilibrio tra i quattro umori del corpo: il corpo umano necessita di quattro umori: flegma, collera, sangue, melancolia, e questi secondo le proporzioni naturali: in caso contrario il corpo si ammala (De Renzi 1852-59, III, p. 439). In genere il flegma è sovrabbondante negli anziani, a scapito del sangue, ed essendo esso l'umore più freddo e umido, ecco spiegata la loro particolare sensibilità al freddo e la loro tendenza a contrarre febbre, raffreddore, tosse (Maestro Mauro, <i>Regulae urinarum</i>, in De Renzi 1852-59, III, p. 8: flegma aliquando habundat cum febre). Si confronti per esempio <i>Flos medicinae scholae Salerni</i> 1829-30 vis senis est fragilis, que debilis est calor ejus, / humores dat hepar gelidos, tardos et aquosos (ed. De Renzi 1852-59, IV, p. 386); o il <i>De retardatione accidentium senectutis</i> di Ruggero Bacone: Senectus et senii accidentia proveniunt ex debilitate caloris naturalis, et debilitatis caloris naturalis provenit ex dissolutione naturalis humiditatis et augmento extranee (ed. Little – Withington 1928, p. 6); e, al di fuori del campo medico, <i>Roman de la Rose</i> 405-6 Ces vieilles genz ont tost froidure, / bien savez que c'est lor nature.","(Maestro Mauro, Regulae urinarum, in De Renzi 1852-59, III, p. 8: «flegma aliquando habundat cum febre»)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Anc_no_m_parti_de_solatz,Regulae urinarum,Maestro Mauro,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Maestro_Mauro,http://purl.org/bncf/tid/770,WORK OMOR,"'umori, fluidi corporei' (u > o, come in Toscana <i>romore</i>, <i>nodrire</i>: cfr. Rohlfs § 132). I medici medievali ritenevano che il segreto della buona salute stesse nel giusto equilibrio tra i quattro umori del corpo: il corpo umano necessita di quattro umori: flegma, collera, sangue, melancolia, e questi secondo le proporzioni naturali: in caso contrario il corpo si ammala (De Renzi 1852-59, III, p. 439). In genere il flegma è sovrabbondante negli anziani, a scapito del sangue, ed essendo esso l'umore più freddo e umido, ecco spiegata la loro particolare sensibilità al freddo e la loro tendenza a contrarre febbre, raffreddore, tosse (Maestro Mauro, <i>Regulae urinarum</i>, in De Renzi 1852-59, III, p. 8: flegma aliquando habundat cum febre). Si confronti per esempio <i>Flos medicinae scholae Salerni</i> 1829-30 vis senis est fragilis, que debilis est calor ejus, / humores dat hepar gelidos, tardos et aquosos (ed. De Renzi 1852-59, IV, p. 386); o il <i>De retardatione accidentium senectutis</i> di Ruggero Bacone: Senectus et senii accidentia proveniunt ex debilitate caloris naturalis, et debilitatis caloris naturalis provenit ex dissolutione naturalis humiditatis et augmento extranee (ed. Little – Withington 1928, p. 6); e, al di fuori del campo medico, <i>Roman de la Rose</i> 405-6 Ces vieilles genz ont tost froidure, / bien savez que c'est lor nature.","Flos medicinae scholae Salerni 1829-30 «vis senis est fragilis, que debilis est calor ejus, / humo- res dat hepar gelidos, tardos et aquosos»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Regimen_sanitatis_Salernitanum,Regimen Sanitatis Salernitanum,,,http://purl.org/bncf/tid/770,WORK OMOR,"'umori, fluidi corporei' (u > o, come in Toscana <i>romore</i>, <i>nodrire</i>: cfr. Rohlfs § 132). I medici medievali ritenevano che il segreto della buona salute stesse nel giusto equilibrio tra i quattro umori del corpo: il corpo umano necessita di quattro umori: flegma, collera, sangue, melancolia, e questi secondo le proporzioni naturali: in caso contrario il corpo si ammala (De Renzi 1852-59, III, p. 439). In genere il flegma è sovrabbondante negli anziani, a scapito del sangue, ed essendo esso l'umore più freddo e umido, ecco spiegata la loro particolare sensibilità al freddo e la loro tendenza a contrarre febbre, raffreddore, tosse (Maestro Mauro, <i>Regulae urinarum</i>, in De Renzi 1852-59, III, p. 8: flegma aliquando habundat cum febre). Si confronti per esempio <i>Flos medicinae scholae Salerni</i> 1829-30 vis senis est fragilis, que debilis est calor ejus, / humores dat hepar gelidos, tardos et aquosos (ed. De Renzi 1852-59, IV, p. 386); o il <i>De retardatione accidentium senectutis</i> di Ruggero Bacone: Senectus et senii accidentia proveniunt ex debilitate caloris naturalis, et debilitatis caloris naturalis provenit ex dissolutione naturalis humiditatis et augmento extranee (ed. Little – Withington 1928, p. 6); e, al di fuori del campo medico, <i>Roman de la Rose</i> 405-6 Ces vieilles genz ont tost froidure, / bien savez que c'est lor nature.","De retardatione accidentium senectutis di Ruggero Ba- cone: «Senectus et senii accidentia proveniunt ex debilitate caloris naturalis, et debilitatis caloris naturalis provenit ex dissolutione na- turalis humiditatis et augmento extranee»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_retardatione_accidentium_senectutis,De retardatione accidentium senectutis,Ruggero Bacone,http://dbpedia.org/resource/Roger_Bacon,http://purl.org/bncf/tid/770,WORK OMOR,"'umori, fluidi corporei' (u > o, come in Toscana <i>romore</i>, <i>nodrire</i>: cfr. Rohlfs § 132). I medici medievali ritenevano che il segreto della buona salute stesse nel giusto equilibrio tra i quattro umori del corpo: il corpo umano necessita di quattro umori: flegma, collera, sangue, melancolia, e questi secondo le proporzioni naturali: in caso contrario il corpo si ammala (De Renzi 1852-59, III, p. 439). In genere il flegma è sovrabbondante negli anziani, a scapito del sangue, ed essendo esso l'umore più freddo e umido, ecco spiegata la loro particolare sensibilità al freddo e la loro tendenza a contrarre febbre, raffreddore, tosse (Maestro Mauro, <i>Regulae urinarum</i>, in De Renzi 1852-59, III, p. 8: flegma aliquando habundat cum febre). Si confronti per esempio <i>Flos medicinae scholae Salerni</i> 1829-30 vis senis est fragilis, que debilis est calor ejus, / humores dat hepar gelidos, tardos et aquosos (ed. De Renzi 1852-59, IV, p. 386); o il <i>De retardatione accidentium senectutis</i> di Ruggero Bacone: Senectus et senii accidentia proveniunt ex debilitate caloris naturalis, et debilitatis caloris naturalis provenit ex dissolutione naturalis humiditatis et augmento extranee (ed. Little – Withington 1928, p. 6); e, al di fuori del campo medico, <i>Roman de la Rose</i> 405-6 Ces vieilles genz ont tost froidure, / bien savez que c'est lor nature.","Roman de la Rose 405-6 «Ces vieilles genz ont tost froidure, / bien savez que c'est lor nature»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Roman_de_la_Rose,Roman de la Rose,Jean de Meung,http://dbpedia.org/resource/Jean_de_Meun,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/poesia_allegorica,WORK NIDO,"parlando di povertà, potrebbe essere la casa, e <i>difetto</i> la mancanza di mezzi che la moglie di Forese, Nella, patisce. Ma qui sembra scoperta l'allusione all'insufficienza di Forese come amante: cfr. Boccaccio, <i>Decameron</i> III 4 [Don Felice], vedendo la moglie così fresca e rotondetta, s'avvisò qual dovesse essere quella cosa della quale ella patisse <i>difetto</i>; e soprattutto <i>Amorosa visione</i> XLII 44-5 assai malcontenta / credo la faccia nel marital nido. <i>Nido</i> è 6","«Sed quia magis ledatur si abstineat omnino a coitu vel vir vel mu- lier. Dico quod mulier, quia per coitum fit de ipsis multa expurga- tio superfluitatum, etiam sperma ipsius est impurius quam sperma virorum, et citius convertitur in venenosam materiam, unde incur- runt multas egritudines» (Petrus de Sancto Floro, Concordanciae, p. 30)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Concordanciae,Concordanciae,Petrus de Sancto Floro,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Petrus_de_Sancto_Floro,http://purl.org/bncf/tid/770,WORK NIDO,"parlando di povertà, potrebbe essere la casa, e <i>difetto</i> la mancanza di mezzi che la moglie di Forese, Nella, patisce. Ma qui sembra scoperta l'allusione all'insufficienza di Forese come amante: cfr. Boccaccio, <i>Decameron</i> III 4 [Don Felice], vedendo la moglie così fresca e rotondetta, s'avvisò qual dovesse essere quella cosa della quale ella patisse <i>difetto</i>; e soprattutto <i>Amorosa visione</i> XLII 44-5 assai malcontenta / credo la faccia nel marital nido. <i>Nido</i> è 6","«quod si [superfluitates – cioè le eccedenze del cibo] neque coitu neque pollutione exeant ... in vasis suis calefiunt et febres faciunt» (Costantino Africano, Pantegni, p. 25r).",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Liber_pantegni,Liber Pantegni,Costantino l'Africano,http://dbpedia.org/resource/Constantine_the_African,http://purl.org/bncf/tid/770,WORK L'ALTRA NOTTE,"indica indeterminatamente una delle notti precedenti al giorno in cui siamo (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>), dunque 'qualche notte fa'; cfr. Cecco Angiolieri, <i>Per sì gran somma ho</i> 'mpegnate <i>risa</i> 9 l'altro giorno così mi parve in sogno.",Per sì gran somma ho 'mpegnate risa 9 «l'altro giorno così mi parve in sogno»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Per_si_gran_somma,Per sì gran somma ho 'mpegnate le risa,Cecco Angiolieri,http://dbpedia.org/resource/Cecco_Angiolieri,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK INCONTANENTE ... DÌ,"'non appena fu giorno'. De Robertis legge ma <i>incontanente</i> dì ed i' fui mosso; ma mentre quest'uso assoluto dell'avverbio non sembra attestato, il costrutto <i>incontanente</i> (o <i>immantinente</i>) <i>che</i> era comunissimo: encontenente ch'eo fui ionto (Iacopone), <i>incontanente che</i> peccò, sì morì (Giordano da Pisa), immantanente <i>che</i> 'l sole è tramonto (Zucchero Bencivenni); e vari altri esempi di <i>incontanente che</i> in prosatori duecenteschi raccoglie Mortara 1851, p. 4 nota 16",«encontenente ch'eo fui ionto»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Un_arbore,Un arbore è da Deo plantato,Jacopone da Todi,http://dbpedia.org/resource/Jacopone_da_Todi,http://purl.org/bncf/tid/5665,WORK UDITE,"come l'appello a un <i>tu</i>, nel missivo (<i>la truovi, or sappi</i>), anche questo è un tratto colloquiale, da poesia giullaresca che abbia o simuli di avere un pubblico di fronte a sé (cfr. la nota a <i>Voi che savete</i> 2)",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19431,CONCEPT LEGATO ... SALAMON,per il senso dell'espressione si veda la premessa al sonetto; le uniche due altre occorrenze dell'immagine nella poesia antica sono segnalate da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: nell'anonima ballata trecentesca <i>Era tutta soletta</i> 41-2 sentendomi legato / col nodo Salamone; e in una lettera di Lapo Mazzei: mi deste nodo Salomone alla carità ch'io v'avea,Era tutta soletta 41-2 «sentendomi legato / col nodo Salamone»,CONCORDANZA GENERICA,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Era_tutta_soletta,Era tutta soletta,,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK MI SEGNA',"si segna, perché ha visto un fantasma, e come scrive Iacopo da Varazze ""hoc signum crucis maxime demones odiunt et timent"" (<i>Vita di San Giuliano</i>, p. 215; e cfr. Chrétien de Troyes, <i>Le Conte du Graal</i> 114 ""por aus [i demoni] se doit en saignier""); e si segna rivolto verso oriente, cioè verso i luoghi santi, perché tale era la consuetudine per gli oranti: cfr. Agostino, <i>De sermone Domini in monte</i> II V 18 ""cum ad orationem stamus, ad orientem convertimur, unde coelum surgit"" (citati, con altri esempi, in Dölger 1920, pp. 125 e 184).","«hoc signum crucis maxime demones odiunt et timent» (Vita di San Giuliano,",CONCORDANZA GENERICA,http://dbpedia.org/resource/Golden_Legend,Legenda aurea,Jacopo da Varazze,http://dbpedia.org/resource/Jacobus_de_Voragine,http://purl.org/bncf/tid/24527,WORK MI SEGNA',"si segna, perché ha visto un fantasma, e come scrive Iacopo da Varazze ""hoc signum crucis maxime demones odiunt et timent"" (<i>Vita di San Giuliano</i>, p. 215; e cfr. Chrétien de Troyes, <i>Le Conte du Graal</i> 114 ""por aus [i demoni] se doit en saignier""); e si segna rivolto verso oriente, cioè verso i luoghi santi, perché tale era la consuetudine per gli oranti: cfr. Agostino, <i>De sermone Domini in monte</i> II V 18 ""cum ad orationem stamus, ad orientem convertimur, unde coelum surgit"" (citati, con altri esempi, in Dölger 1920, pp. 125 e 184).","Chrétien de Troyes, Le Conte du Graal 114 «por aus [i demoni] se doit en saignier»)",CONCORDANZA GENERICA,"http://dbpedia.org/resource/Perceval,_the_Story_of_the_Grail",Le Roman de Perceval ou le conte du Graal,Chrétien de Troyes,http://dbpedia.org/resource/Chrétien_de_Troyes,http://purl.org/bncf/tid/3572,WORK MI SEGNA',"si segna, perché ha visto un fantasma, e come scrive Iacopo da Varazze ""hoc signum crucis maxime demones odiunt et timent"" (<i>Vita di San Giuliano</i>, p. 215; e cfr. Chrétien de Troyes, <i>Le Conte du Graal</i> 114 ""por aus [i demoni] se doit en saignier""); e si segna rivolto verso oriente, cioè verso i luoghi santi, perché tale era la consuetudine per gli oranti: cfr. Agostino, <i>De sermone Domini in monte</i> II V 18 ""cum ad orationem stamus, ad orientem convertimur, unde coelum surgit"" (citati, con altri esempi, in Dölger 1920, pp. 125 e 184).","Agostino, De sermone Domi- ni in monte II V 18 «cum ad orationem stamus, ad orientem convertimur, unde coelum surgit»",CONCORDANZA GENERICA,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sermones(Agostino),Sermones (Agostino),Agostino,http://dbpedia.org/resource/Augustine_of_Hippo,http://purl.org/bncf/tid/11978,WORK NOVELLO,"è l'epiteto che si aggiungeva al nome proprio o al soprannome quando l'interessato si chiamava come un avo, o un altro membro della famiglia (qui un altro Bicci o Biccicocco): cfr. per esempio Palma Novella, in Rolandino, <i>Vita di Ezzelino</i>, p.","«Palma Novella», in Rolandino, Vita di Ezzelino, p. 44.",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Chronica_in_factis_et_circa_facta_Marchiae_Trivixane,Chronica in factis et circa facta Marchiae Trivixane,Rolandino da Padova,http://dbpedia.org/resource/Rolandino_of_Padua,http://purl.org/bncf/tid/9645,WORK CHÉ ... CARNE,"si pensa, per quanto si dice nella seconda quartina, che qui Dante alluda al fatto che la pelle (<i>cuoio</i>) del castrato diventava pergamena, e la pergamena – questo intenderebbe Dante – servirà a registrare i debiti che Forese ha contratto o contrarrà per pagarsi le ricche pietanze (la <i>carne</i>). Ma la spiegazione non è affatto sicura, tanto il piano letterale sarebbe lontano da quello metaforico. Come che sia, si tenga presente (con De Robertis) che vendetta della <i>carne</i> viene dalla Bibbia, <i>Sir</i> 7, 19 Humilia valde spiritum tuum, quoniam vindicta carnis impii ignis et vermes (sicché la <i>carne</i>, se Dante aveva in mente questo passo, potrebbe essere non tanto quella delle starne e dell'agnello quanto quella dell'<i>impius</i> Forese: o l'una e l'altra insieme, con un doppiosenso da virtuoso), e che il passo del <i>Siracide</i> doveva essere congeniale al <i>memento mori</i>, come ammonimento ai viziosi (tale appunto sembra essere Forese); così lo glossa il Passavanti nel <i>Trattato dell</i>'<i>umilità</i>: Va garzone, giovane, altiero e senza freno, quando t'allegri co' compagni, e vai in brigata sanza temperanza, seguitando i voleri: e poni mente ai sepolcri pieni di bruttura (<i>Specchio</i>, II, p. 68)","«vendetta della carne» viene dalla Bibbia, Sir 7, 19 «Humilia valde spiritum tuum, quoniam vindicta carnis impii ignis et vermes»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Sirach,Ecclesiastico,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK MA ... DETTO,"con sfumatura avversativa, 'Vero è però, mi dicono, che...' (ed è un tratto colloquiale che non a caso si trova nella poesia burlesca o di vituperio: cfr. Cavalcanti, <i>Novelle ti so dire</i> 12 ma ben è ver che ti largâr lo pegno)","Cavalcanti, Novelle ti so dire 12 «ma ben è ver che ti largâr lo pegno»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Novelle_ti_so_dire_odi_Nerone,"Novelle ti so dire, odi, Nerone",Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SAN GAL,"il celebre spedale posto fuori della porta a San Gallo, oltre la seconda cerchia, sulla strada che portava a Bologna (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>): accoglieva, com'era l'uso, non soltanto gli infermi ma anche i poveri, i vecchi e gli orfani, e costoro erano spesso beneficiari di lasciti testamentari (cfr. Carabellese 1895, p. 418). Dante avrebbe attinto a piene mani dalle risorse dell'ospedale di San Gallo, tanto da lasciarlo spogliato, senza mezzi per provvedere agli altri assistiti. Questo il probabile senso dell'allusione: ma se si resta sul piano letterale l'accusa suona come se Dante avesse spogliato il santo stesso, come se avesse rubato in chiesa (in una tenzone tra Guilhalmet e un anonimo priore l'ironia ruota appunto attorno a un santo che il priore non ha adeguatamente vestito, ha lasciato nudo: Senher prior, lo sains es rancuros 1-3 Senher prior, lo sains es rancuros, / quar enaisi l'aves tengut aitan / paubre e nut). Sulla storia dell'ospedale negli anni di Dante cfr. Passerini 1853, pp. 659-75, e Davidsohn 1956-68, II, pp. 168-9","Senher prior, lo sains es rancuros 1-3 «Senher prior, lo sains es rancuros, / quar enaisi l'aves tengut aitan / paubre e nut»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Senher_prior_lo_sains_es_rancuros,"Senher prior, lo sains es rancuros",Guillalmet,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Guillalmet,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK SE DIO TI SALVI,"formula di scongiuro diffusa già in provenzale: <i>Daurel e Beton</i> 71 Si Dieu vos sal, amicx, Giraut de Borneil, <i>Totztems me sol plus jois plazer</i> 58 Si Dieus me salva Mon Senhor, e poi comunissima in italiano (decine di esempi nel <i>corpus TLIO</i>: e ne resta traccia nell'onomastica, nei vari Diotisalvi, Dietisalvi e simili). La formula ha valore non ipotetico ma ottativo: 'così ti possa proteggere'","Daurel e Beton 71 «Si Dieu vos sal, amicx»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Daurel_e_Betó,Daurel e Betó,,,http://purl.org/bncf/tid/6986,WORK SE DIO TI SALVI,"formula di scongiuro diffusa già in provenzale: <i>Daurel e Beton</i> 71 Si Dieu vos sal, amicx, Giraut de Borneil, <i>Totztems me sol plus jois plazer</i> 58 Si Dieus me salva Mon Senhor, e poi comunissima in italiano (decine di esempi nel <i>corpus TLIO</i>: e ne resta traccia nell'onomastica, nei vari Diotisalvi, Dietisalvi e simili). La formula ha valore non ipotetico ma ottativo: 'così ti possa proteggere'","Giraut de Borneil, Totztems me sol plus jois plazer 58 «Si Dieus me salva Mon Senhor»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Totztems_me_sol_plus_jois_plazer,Totztems me sol plus jois plazer,Giraut de Bornelh,http://dbpedia.org/resource/Giraut_de_Bornelh,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK E GIÀ MI PAR VEDERE,"formula della prosa o della poesia colloquiale, per la familiarità e l'ironia che sottende: cfr. Meo dei Tolomei, <i>Se ttu sè pro</i>' <i>e forte, Ciampolino</i> 12 Ma già ti veggio cambiar nel visaggio","Meo dei Tolomei, Se ttu sè pro' e forte, Ciampolino 12 «Ma già ti veggio cambiar nel visaggio»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Se_tu_se_pro_e_forte,"Se tu se' pro' e forte, Ciampolino",Meo de' Tolomei,http://it.dbpedia.org/resource/Meo_de'_Tolomei/html,http://perunaenciclopediadantescadigitale/resource/poesia_comico_realistica,WORK IN TERZO,"'come terzo'; era locuzione dell'uso: cfr. <i>Novellino</i> XLI 2 sedere con loro in quarto; Chiaro, Io non posso celare né covrire 31-2 così con voi potess'io in quell'ora / essere in terzo",Novellino XLI 2 «sedere con loro in quarto»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/resource/Novellino,Novellino,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://purl.org/bncf/tid/13406,WORK IN TERZO,"'come terzo'; era locuzione dell'uso: cfr. <i>Novellino</i> XLI 2 sedere con loro in quarto; Chiaro, Io non posso celare né covrire 31-2 così con voi potess'io in quell'ora / essere in terzo","Chiaro, Io non posso celare né covrire 31-2 «così con voi potess'io in quell'ora / essere in ter- zo»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Io_non_posso_celare,Io non posso celare né covrire,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK A FORZA ... ALTRUI,"convenire indica una necessità ineluttabile: 'non puoi fare a meno di'; e <i>torre l</i>'<i>altrui</i> era una locuzione fissa, come documentano i brani citati da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: [i ladri] stanno avvisati di <i>torre l</i>'<i>altrui</i> (Sacchetti). Ciò detto, l'interpretazione del verso cambia a seconda che si colleghi <i>a forza</i> con <i>torre</i> oppure con <i>ti convien</i>. Nel primo caso il senso sarebbe 'ti tocca rubare la roba <i>altrui</i> con la forza', e sarebbe la rapina violenta, opposta all'<i>imbolare</i> che è furto fatto di nascosto; cfr. Mengaldo 1961, dove trovo questi esempi: per forza l'atrui to (Anonimo Genovese), ruba per forza (Petrarca); e cfr. il <i>Novellino</i>: tòrre per forza è ruberia, non furto. Nel secondo caso il senso sarebbe 'è inevitabile (<i>a forza</i>) che tu rubi la roba degli altri'. Sono plausibili tutt'e due le letture, ma io propenderei per la seconda sia perché mi pare più calzante nel contesto ('e certo, per forza che devi rubare! Hai mangiato così tanto, hai tanti di quei debiti...') sia perché le parole di Dante sono quasi identiche a quelle che userà Paolo da Certaldo nel suo volgarizzamento di una lettera di San Bernardo: L'uomo ch'è ghiotto gli conviene per forza esere ladro (ed. Zaccarello i.c.s., § XIX).","Novellino: «tòrre per forza è ruberia, non furto»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/resource/Novellino,Novellino,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://purl.org/bncf/tid/13406,WORK A FORZA ... ALTRUI,"convenire indica una necessità ineluttabile: 'non puoi fare a meno di'; e <i>torre l</i>'<i>altrui</i> era una locuzione fissa, come documentano i brani citati da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: [i ladri] stanno avvisati di <i>torre l</i>'<i>altrui</i> (Sacchetti). Ciò detto, l'interpretazione del verso cambia a seconda che si colleghi <i>a forza</i> con <i>torre</i> oppure con <i>ti convien</i>. Nel primo caso il senso sarebbe 'ti tocca rubare la roba <i>altrui</i> con la forza', e sarebbe la rapina violenta, opposta all'<i>imbolare</i> che è furto fatto di nascosto; cfr. Mengaldo 1961, dove trovo questi esempi: per forza l'atrui to (Anonimo Genovese), ruba per forza (Petrarca); e cfr. il <i>Novellino</i>: tòrre per forza è ruberia, non furto. Nel secondo caso il senso sarebbe 'è inevitabile (<i>a forza</i>) che tu rubi la roba degli altri'. Sono plausibili tutt'e due le letture, ma io propenderei per la seconda sia perché mi pare più calzante nel contesto ('e certo, per forza che devi rubare! Hai mangiato così tanto, hai tanti di quei debiti...') sia perché le parole di Dante sono quasi identiche a quelle che userà Paolo da Certaldo nel suo volgarizzamento di una lettera di San Bernardo: L'uomo ch'è ghiotto gli conviene per forza esere ladro (ed. Zaccarello i.c.s., § XIX).",«per forza l'atrui to»,CONCORDANZA STRINGENTE,,,Anonimo Genovese,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Anonimo_Genovese,,WORK E GIÀ,"'E ormai' (o anche, con funzione attualizzante, ben intonata al tono di tutto lo scambio, 'Ed ecco che'): cfr. Meo dei Tolomei, <i>Io son sì magro che quasi traluco</i> 5 e già del mi' poco i' me conduco","Meo dei Tolomei, Io son sì magro che quasi traluco 5 «e già del mi' poco i' me conduco»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/I_son_si_magro_che_quasi_trasluco,"I' son sì magro, che quasi traluco",Meo de' Tolomei,http://it.dbpedia.org/resource/Meo_de'_Tolomei/html,http://perunaenciclopediadantescadigitale/resource/poesia_comico_realistica,WORK DA LUI,"non si rivolge più frontalmente a Forese ma dipinge un quadro nel quale questi figura come personaggio, temuto ed evitato dalla gente; ed è, il <i>guardarsi</i>, l'atteggiamento che si raccomanda in presenza di ladri notori: cfr. Meo dei Tolomei, A nulla guisa mi posso soffrire 91 ma conseglio ad ogn'om che se guarde (da Min Zeppa, che appunto ha fama di ladro); quanto alla <i>borsa</i> del verso successivo cfr. Sacchetti, Trecentonovelle LXIX 6 Buon buono! Legatevi le borse, brigata, che ecco il Passera!.","Meo dei Tolomei, A nulla guisa mi posso soffrire 91 «ma conseglio ad ogn'om che se guarde»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/A_nulla_guisa_mi_posso_soffrire,A nulla guisa mi posso soffrire,Meo de' Tolomei,http://it.dbpedia.org/resource/Meo_de'_Tolomei/html,http://perunaenciclopediadantescadigitale/resource/poesia_comico_realistica,WORK PIUVICO LADRON,"'ladro di chiara fama'. La locuzione ricorre nei documenti ufficiali e negli statuti: cfr. per esempio se fosse piuvico e famoso ladrone, sia punito e condempnato (<i>Lo statuto signorile di Chiarentana</i>, Ed. Salem Elsheikh 1990, p. 35); La pruova di queste cose [i misfatti dell'accusato] sì è Dio e la <i>piuvica fama</i> (Serianni 1977, p. 454; la <i>piuvica fama</i> poteva cioè essere invocata davanti al tribunale come aggravante ai danni dell'imputato, come oggi i precedenti penali). E la si trova anche come insulto: mal ladro piuvicho, ladro piublico (Fantappiè 2000, II, pp. 35 e 46)","«se fosse piuvico e famoso ladrone, sia punito e condempnato» (Lo statu- to signorile di Chiarentana, Ed. Salem Elsheikh 1990, p. 35)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lo_statuto_signorile_di_Chiarentana,Lo statuto signorile di Chiarentana,,,http://purl.org/bncf/tid/5750,WORK DI BICCI ... CONTARE,"'Di Bicci-Forese e dei suoi fratelli posso dire, posso raccontare'; per la sintassi del verso cfr. Cadenet, <i>Non sai cal conseill mi prenda</i> 61 ""De ma filla la comtessa puosc dir"" (ed. Appel 1920)","Cadenet, Non sai cal conseill mi prenda 61 «De ma filla la comtessa puosc dir»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Non_sai_cal_conseill_mi_prenda,Non sai cal conseill mi prenda,Cadenet,http://dbpedia.org/resource/Cadenet_(troubadour),http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK TI CARICA ... DI BASTONE,"'ti dà un sacco di bastonate'; <i>di</i> in luogo di <i>con</i> è normale nella sintassi antica per indicare lo strumento con cui si compie un'azione; cfr. Giordano da Pisa: ""quanto batti il nemico tuo di mano, o di bastone, o di ferro"" (<i>corpus TLIO</i>). Da notare, perché rara nella poesia antica, la voce sdrucciola in cesura, affine per esempio a <i>Fiore</i> LIV 9 ""ma nella lettera non metter nome"".","Giordano da Pisa: «quanto batti il nemico tuo di mano, o di bastone, o di ferro»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quaresimale_fiorentino,Quaresimale fiorentino,Giordano da Pisa,http://dbpedia.org/resource/Jordan_of_Pisa,http://purl.org/bncf/tid/18842,WORK VOI CHE SAVETE,"come si è detto nella premessa, questo appello è solo formalmente simile ad altri di Guittone (Voi che penate di saver lo core), o Cavalcanti (<i>Voi che per li occhi mi passaste il core</i>), o dello stesso Dante (<i>Voi che portate la sembianza umile</i>), dato che qui si tratta della convocazione di un pubblico selezionato, cioè degli intendenti d'<i>amore</i> (anche per il ritmo il termine di paragone più prossimo è dunque piuttosto <i>Donne ch</i>'<i>avete intelletto d</i>'<i>amore</i>). Ma sarebbe un errore limitare i riscontri al campo della lirica, perché forma e sostanza dell'appello ricordano piuttosto gli esordi cantareschi, con l'indirizzo ai lettori, o meglio agli ascoltatori (udite), e l'enunciazione, in breve, del tema di cui si andrà a dire (la ballata mia pietosa, / che parla di...); cfr. per esempio: <i>Cantare di madonna Elena</i> Cavalieri e donzelli e mercatanti, / per cortezia, venitemi ascoltare. / ... / E sì dirò d'Elena imperadrice, che fu più bella che 'l cantar non dice (ed. Fontana 1992, p. 2); oppure l'inizio della <i>Prise d</i>'<i>Orange</i>: Oëz, seignor ... Si comme Orenge brisa li cuens Guillelmes (ed. Régnier 1967)",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Voi_che_penate_di_saver_lo_core,Voi che penate di saver lo core,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK VOI CHE SAVETE,"come si è detto nella premessa, questo appello è solo formalmente simile ad altri di Guittone (Voi che penate di saver lo core), o Cavalcanti (<i>Voi che per li occhi mi passaste il core</i>), o dello stesso Dante (<i>Voi che portate la sembianza umile</i>), dato che qui si tratta della convocazione di un pubblico selezionato, cioè degli intendenti d'<i>amore</i> (anche per il ritmo il termine di paragone più prossimo è dunque piuttosto <i>Donne ch</i>'<i>avete intelletto d</i>'<i>amore</i>). Ma sarebbe un errore limitare i riscontri al campo della lirica, perché forma e sostanza dell'appello ricordano piuttosto gli esordi cantareschi, con l'indirizzo ai lettori, o meglio agli ascoltatori (udite), e l'enunciazione, in breve, del tema di cui si andrà a dire (la ballata mia pietosa, / che parla di...); cfr. per esempio: <i>Cantare di madonna Elena</i> Cavalieri e donzelli e mercatanti, / per cortezia, venitemi ascoltare. / ... / E sì dirò d'Elena imperadrice, che fu più bella che 'l cantar non dice (ed. Fontana 1992, p. 2); oppure l'inizio della <i>Prise d</i>'<i>Orange</i>: Oëz, seignor ... Si comme Orenge brisa li cuens Guillelmes (ed. Régnier 1967)",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Voi_che_per_li_occhi,Voi che per li occhi mi passaste 'l core,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK VOI CHE SAVETE,"come si è detto nella premessa, questo appello è solo formalmente simile ad altri di Guittone (Voi che penate di saver lo core), o Cavalcanti (<i>Voi che per li occhi mi passaste il core</i>), o dello stesso Dante (<i>Voi che portate la sembianza umile</i>), dato che qui si tratta della convocazione di un pubblico selezionato, cioè degli intendenti d'<i>amore</i> (anche per il ritmo il termine di paragone più prossimo è dunque piuttosto <i>Donne ch</i>'<i>avete intelletto d</i>'<i>amore</i>). Ma sarebbe un errore limitare i riscontri al campo della lirica, perché forma e sostanza dell'appello ricordano piuttosto gli esordi cantareschi, con l'indirizzo ai lettori, o meglio agli ascoltatori (udite), e l'enunciazione, in breve, del tema di cui si andrà a dire (la ballata mia pietosa, / che parla di...); cfr. per esempio: <i>Cantare di madonna Elena</i> Cavalieri e donzelli e mercatanti, / per cortezia, venitemi ascoltare. / ... / E sì dirò d'Elena imperadrice, che fu più bella che 'l cantar non dice (ed. Fontana 1992, p. 2); oppure l'inizio della <i>Prise d</i>'<i>Orange</i>: Oëz, seignor ... Si comme Orenge brisa li cuens Guillelmes (ed. Régnier 1967)","Prise d'Orange: «Oëz, seignor ... Si comme Orenge brisa li cuens Guillelmes»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Prise_d_Orange,Prise d'Orange,,,http://purl.org/bncf/tid/6986,WORK RAGIONAR D'AMORE,"'parlare' ma anche 'giudicare d'amore'; è una formula frequente specie nello Stilnovo: cfr. <i>Guido, i</i>' <i>vorrei</i> 12; Dino Frescobaldi, Giovane, che così leggiadramente 2 mi fai di te sì ragionar d'amore (Brugnolo).","Dino Frescobaldi, Giovane, che così leggiadramente 2 «mi fai di te sì ragionar d'amore»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Giovane_che_cosi_leggiadramente,"Giovane, che cosí leggiadramente",Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK UDITE,"l'esortazione ad ascoltare si trova in testi di ogni sorta (e l'indirizzo ai sapienti è già biblico: <i>Iob</i> 34, 2-3 Audite, sapientes, verba mea, et eruditi auscultate me), ma di nuovo occorre pensare soprattutto a quei testi narrativi nei quali il poeta simula di avere (o non simula: ha di fatto) di fronte a sé un uditorio (vi dedica un paragrafo Chaytor 2008, pp. 15-7): <i>Le couronnement de Louis</i> 1-3 Oiez, seignor, que Deus vos seit aidanz! / Plaist vos oïr d'une estoire vaillant / bone chançon, corteise et avenant? (ed. Langlois 1920); Adam de la Halle, <i>Li jus de pelerin</i>, p. 110: Or pais, pais, segnieur, et a moi entendés); <i>Cantare di Fiorio e Biancifiore</i> 1-5 O buona gente, io vi voglio pregare / che lo meo detto sia bene ascoltato: / ... / per cortesia deggiatemi ascoltare (ed. Balduino 1970)","Iob 34, 2-3 «Audite, sapientes, verba mea, et eruditi auscultate me»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Book_of_Job,Libro di Giobbe,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK UDITE,"l'esortazione ad ascoltare si trova in testi di ogni sorta (e l'indirizzo ai sapienti è già biblico: <i>Iob</i> 34, 2-3 Audite, sapientes, verba mea, et eruditi auscultate me), ma di nuovo occorre pensare soprattutto a quei testi narrativi nei quali il poeta simula di avere (o non simula: ha di fatto) di fronte a sé un uditorio (vi dedica un paragrafo Chaytor 2008, pp. 15-7): <i>Le couronnement de Louis</i> 1-3 Oiez, seignor, que Deus vos seit aidanz! / Plaist vos oïr d'une estoire vaillant / bone chançon, corteise et avenant? (ed. Langlois 1920); Adam de la Halle, <i>Li jus de pelerin</i>, p. 110: Or pais, pais, segnieur, et a moi entendés); <i>Cantare di Fiorio e Biancifiore</i> 1-5 O buona gente, io vi voglio pregare / che lo meo detto sia bene ascoltato: / ... / per cortesia deggiatemi ascoltare (ed. Balduino 1970)","Le couronnement de Louis 1-3 «Oiez, seignor, que Deus vos seit aidanz! / Plaist vos oïr d'une estoire vail- lant / bone chançon, corteise et avenant?»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Li_coronemenz_Looïs,Le Couronnement de Louis,,,http://purl.org/bncf/tid/6986,WORK UDITE,"l'esortazione ad ascoltare si trova in testi di ogni sorta (e l'indirizzo ai sapienti è già biblico: <i>Iob</i> 34, 2-3 Audite, sapientes, verba mea, et eruditi auscultate me), ma di nuovo occorre pensare soprattutto a quei testi narrativi nei quali il poeta simula di avere (o non simula: ha di fatto) di fronte a sé un uditorio (vi dedica un paragrafo Chaytor 2008, pp. 15-7): <i>Le couronnement de Louis</i> 1-3 Oiez, seignor, que Deus vos seit aidanz! / Plaist vos oïr d'une estoire vaillant / bone chançon, corteise et avenant? (ed. Langlois 1920); Adam de la Halle, <i>Li jus de pelerin</i>, p. 110: Or pais, pais, segnieur, et a moi entendés); <i>Cantare di Fiorio e Biancifiore</i> 1-5 O buona gente, io vi voglio pregare / che lo meo detto sia bene ascoltato: / ... / per cortesia deggiatemi ascoltare (ed. Balduino 1970)","Adam de la Halle, Li jus de pelerin, p. 110: «Or pais, pais, segnieur, et a moi entendés»);",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Li_jus_de_pelerin,Li jus de pelerin,Adam de la Halle,http://dbpedia.org/resource/Adam_de_la_Halle,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK UDITE,"l'esortazione ad ascoltare si trova in testi di ogni sorta (e l'indirizzo ai sapienti è già biblico: <i>Iob</i> 34, 2-3 Audite, sapientes, verba mea, et eruditi auscultate me), ma di nuovo occorre pensare soprattutto a quei testi narrativi nei quali il poeta simula di avere (o non simula: ha di fatto) di fronte a sé un uditorio (vi dedica un paragrafo Chaytor 2008, pp. 15-7): <i>Le couronnement de Louis</i> 1-3 Oiez, seignor, que Deus vos seit aidanz! / Plaist vos oïr d'une estoire vaillant / bone chançon, corteise et avenant? (ed. Langlois 1920); Adam de la Halle, <i>Li jus de pelerin</i>, p. 110: Or pais, pais, segnieur, et a moi entendés); <i>Cantare di Fiorio e Biancifiore</i> 1-5 O buona gente, io vi voglio pregare / che lo meo detto sia bene ascoltato: / ... / per cortesia deggiatemi ascoltare (ed. Balduino 1970)","Cantare di Fiorio e Biancifiore 1-5 «O buona gente, io vi voglio pregare / che lo meo detto sia bene ascoltato: / ... / per cortesia deggiatemi ascoltare»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Cantare_di_Florio_e_Biancifiore,Cantare di Florio e Biancifiore,,,http://purl.org/bncf/tid/2664,WORK M'HA TOLTO IL COR,"'mi ha fatto innamorare di sé', ma alla lettera 'ha sottratto il mio cuore', secondo un motivo già topico nella tradizione occidentale, dal <i>Cantico dei cantici</i> ai trovatori (cfr. ora Lazzerini 1998, pp. 172-3)",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Song_of_Songs,Cantico dei cantici,Salomone,http://dbpedia.org/resource/Solomon,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK M'HA TOLTO IL COR,"'mi ha fatto innamorare di sé', ma alla lettera 'ha sottratto il mio cuore', secondo un motivo già topico nella tradizione occidentale, dal <i>Cantico dei cantici</i> ai trovatori (cfr. ora Lazzerini 1998, pp. 172-3)",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT CHINARE ... PAURA,"è lo stesso atteggiamento di soggezione che sta al centro dei sonetti <i>Se</i> 'l viso mio <i>a la terra si china</i> e Questa donna ch'<i>andar mi fa pensoso</i> (e questo in particolare svolge l'identica topica degli occhi); il verso ricalca Cavalcanti, Io temo che la mia disaventura 4 che fa tremar la mente di paura (De Robertis). 7-8",Io temo che la mia disaventura 4 «che fa tremar la mente di paura»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Io_temo,Io temo che la mia disaventura,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK TRAE ... CORE,"perché è il cuore il luogo in cui le lacrime e i sospiri si formano, generati dagli spiriti che lì si concentrano in seguito alla percezione di cose tristi: cfr. Cavalcanti, S'<i>io prego</i> 10 piange ne' li sospir che nel cor trova, e per la spiegazione fisiologica Siraisi 1981, p.","Cavalcanti, S'io prego 10 «piange ne' li sospir che nel cor trova»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/S_io_prego,S'io prego questa donna che Pietate,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK CHE ... DARDI,"'che mi ha ferito con le sue frecce'. Come osserva A. Niccoli (in <i>ED</i>, s.v.), la costruzione partitiva di <i>sentire</i> si ha soprattutto quando il verbo ha un significato prossimo a 'risentire', come in <i>If</i> XXVI 8-9 tu sentirai ... / di quel che Prato, non ch'altri, t'agogna o in <i>Pd</i> VI 66 sì ch'al Nil caldo si sentì del duolo. D'altra parte, <i>sentire d</i>'<i>amore</i> (o simili) nel senso di 'partecipare del sentimento amoroso, averne esperienza' è un costrutto ricorrente nella lirica antica: cfr. Amor che nella mente 26 quando Amor fa sentir de la sua pace [<i>bv</i> III]; Chiaro, <i>Non già per gioia ch</i>'<i>aggia mi conforto</i> 50 Va', canzonetta, a chi sente d'<i>amore</i>, e gli esempi citati in <i>GDLI</i>, s.v.9.","Chiaro, Non già per gioia ch'aggia mi conforto 50 «Va', canzonetta, a chi sen- te d'amore»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Non_gia_per_gioia,Non già per gioia ch'aggia mi conforto,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK A QUELLA ... SI MIRA,"i commentatori intendono 'così come fa una donna onesta quando <i>si</i> specchia'. Ma l'aggettivo <i>retta</i> 'onesta' associato alla donna (e a una donna che <i>si</i> guarda allo specchio) non convince del tutto: se è vero che l'epiteto <i>drecha</i>, <i>adrecha</i> <i>si</i> trova qualche volta riferito alla donna, nella lirica dei trovatori, è anche vero che di donne <i>rette</i> non <i>si</i> trovano altri esempi nei testi italiani antichi. Va considerata allora (con Zingarelli e ora con Martelli 2004, pp. 261-2) la possibilità che <i>retta</i> non sia aggettivo che qualifica la donna bensì sostantivo complemento oggetto di <i>face</i>, dal momento che <i>far retta</i> poteva significare 'far riparo, difesa, ergere una barriera'; cfr. <i>GDLI</i>, s.v. retta4, con esempi a partire da Matteo Villani: messer Malatesta non poté fare <i>retta</i> contro al legato (e soprattutto, citato da Martelli, Lorenzo il Magnifico: A' tuoi colpi non posso più <i>far retta</i>). Qui l'espressione sarebbe calzante per esprimere un contegno riservato e pudico: 'a quel modo che una donna fa riparo (con la mano) quando <i>si</i> specchia (<i>si mira</i>: ma non direi, come propone Martelli, che qui il <i>si</i> possa essere non mediale ma passivante: 'è mirata')'. Ma dall'altra parte, è ammissibile un iperbato così forte, 'riparo la donna fa'? Quale che sia la giusta interpretazione (<i>donna retta</i> o <i>donna che fa retta</i>), vale circa la sintassi del verso l'osservazione di F. Brambilla Ageno in <i>ED</i>, Appendice, s.v. <i>Pronome relativo</i>, p. 201: molto raramente <i>si</i> verifica nella prosa e nella poesia dantesca il fenomeno, frequentissimo nelle scritture di tono popolare, dell'omissione del relativo ...; in poesia possiamo citare solo <i>Rime</i> LXXX 19, cioè il passo in questione (ma l'anomalia <i>si</i> sanerebbe intendendo i vv. 19-20 come una proposizione esplicativa rispetto a ciò che precede, e separandoli coi due punti: 'per vederli quando vuole: in quello stesso modo la donna...')",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT ISPERO,"non tanto 'spero' secondo l'accezione moderna quanto 'credo, mi aspetto', nel senso che il verbo poteva avere in latino (e come nell'<i>incipit</i> di Cavalcanti, <i>Perch</i>'i' <i>no spero di tornar giammai</i>). 22-4","'incipit di Cavalcanti, Perch'i' no spero di tornar giammai",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Perch_i_no_spero,Perch'i' no spero di tornar giammai,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK POSCIA CH(E),"con valore piuttosto causale che temporale, 'dal momento che', come per esempio in questo <i>incipit</i> di Cavalcanti: <i>Poi che di doglia cor conven ch</i>'i' <i>porti</i> (e il periodo si chiude con una sovrordinata che spiega, come qui il canterò del v. 7, di che cosa parlerà il testo: dirò com'ho perduto ogni valore)",ncipit di Cavalcanti: Poi che di doglia cor conven ch'i' porti,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Poi_che_di_doglia,Poi che di doglia cor conven ch'i' porti,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DEL TUTTO,"'interamente': anche per la personificazione e l'avvio causale cfr. Guiraudo lo Ros, <i>Era sabrai s</i>'<i>a ges de cortezia</i> 3 pus que Merces m'a <i>del tot</i> oblidat.",Era sabrai s'a ges de cortezia 3 «pus que Mer- ces m'a del tot oblidat»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ara_sabrai_s_a_ges_de_cortezia,Ara sabrai s'a ges de cortezia,Guiraut lo Ros,http://dbpedia.org/resource/Guiraudo_lo_Ros,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK NON ... GRATO,"precisazioni simili sono frequenti nella lirica quando il poeta vuole sottolineare l'ineluttabilità di un evento (di solito lo sbocciare della passione: <i>Fiore</i> I 7-8 Alló·gli piacque [al dio d'Amore], <i>non per voglia mia</i>, / che di cinque saette mi piagasse), o il suo scemare (Guinizelli [?], <i>Di fermo sofferire</i> 6-9 non perché 'l meo desire / del soler sia cangiato / ... / ma perch'eo). Se poi si considera la struttura retorica e non il contenuto, si nota che lo schema sintattico è tipicamente dantesco: <i>O voi che per la via</i> 7-9 Amor, non già per mia poca bontate, / ma per sua nobiltate, / mi pose in vita sì dolce e soave; <i>Donne ch</i>'<i>avete</i> 3-4 non perch'io creda sua laude finire, / ma ragionar",Di fermo sofferire 6-9 «non perché 'l meo desire / del soler sia cangiato / ... / ma perch'eo»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Di_fermo_sofferire,Di fermo sofferire,Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PER MIO GRATO,"come osserva <i>Contini</i>, è il prov. <i>per mon grat</i> (del resto già ambientato in Italia: cfr. Chiaro, <i>Allegrosi cantari</i> 9 per mio grato): 'conformemente alla mia volontà o gradimento'.","Chiaro, Allegrosi cantari 9 «per mio grato»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Allegrosi_cantari,Allegrosi cantari,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PIETOSO ... PIANTO,"'ebbe tanta pietà del mio cuore che non sopportò di sentire il suo <i>pianto</i>'. <i>Contini</i> osserva che il <i>pianto</i> va inteso per un <i>pianto</i> poetico, per l'<i>usato parlare</i> di <i>Le dolci rime</i>; ma qui non si parla di versi lacrimevoli bensì di un <i>pianto</i> reale, e si dice '<i>pianto</i> del cuore' perché secondo la fisiologia medievale è dal cuore che si originano le lacrime, nate dalla distillazione del sangue: cfr. tra l'altro Peri 1996, pp. 60-1 e 77, e qui la nota a Donne, io non so 8-9. Dunque non è una metafora ma quasi una definizione formale quella che si legge in Bernart de Ventadorn, <i>Can vei la flor, l</i>'erba vert e la folha 43 l'aiga del cor, c'amdos los olhs me molha (e così si spiega anche, per esempio, l'immagine usata da Cavalcanti, S'io prego 10-1 piange ne' li sospir che nel cor trova, / sì che bagnati di pianti escon fòre)","Bernart de Ventadorn, Can vei la flor, l'erba vert e la folha 43 «l'aiga del cor, c'amdos los olhs me molha»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Can_vei_la_flor_l_erba_vert_e_la_folha,"Can vei la flor, l'erba vert e la folha",Bernart de Ventadorn,http://dbpedia.org/resource/Bernart_de_Ventadorn,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PIETOSO ... PIANTO,"'ebbe tanta pietà del mio cuore che non sopportò di sentire il suo <i>pianto</i>'. <i>Contini</i> osserva che il <i>pianto</i> va inteso per un <i>pianto</i> poetico, per l'<i>usato parlare</i> di <i>Le dolci rime</i>; ma qui non si parla di versi lacrimevoli bensì di un <i>pianto</i> reale, e si dice '<i>pianto</i> del cuore' perché secondo la fisiologia medievale è dal cuore che si originano le lacrime, nate dalla distillazione del sangue: cfr. tra l'altro Peri 1996, pp. 60-1 e 77, e qui la nota a Donne, io non so 8-9. Dunque non è una metafora ma quasi una definizione formale quella che si legge in Bernart de Ventadorn, <i>Can vei la flor, l</i>'erba vert e la folha 43 l'aiga del cor, c'amdos los olhs me molha (e così si spiega anche, per esempio, l'immagine usata da Cavalcanti, S'io prego 10-1 piange ne' li sospir che nel cor trova, / sì che bagnati di pianti escon fòre)","S'io prego 10-1 «piange ne' li sospir che nel cor trova, / sì che bagnati di pianti escon fòre»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/S_io_prego,S'io prego questa donna che Pietate,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK CANTERÒ,"dichiarazione dell'argomento, come in più canti della <i>Commedia</i> e in molte canzoni romanze (tra le dantesche, per esempio, cfr. <i>Donne ch</i>'<i>avete</i> 11 tratterò del suo stato gentile e Li occhi dolenti 12 dicerò di lei piangendo)",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT CON NOME ... LEGGIADRIA,"'con il nome che designa un valore, cioè (con il nome) di leggiadria'. Nella lingua antica <i>leggiadria</i> può avere significato sia positivo (eleganza, raffinatezza, levità) sia negativo (alterigia, o colpevole leggerezza), e a volte le due cose stanno insieme, nel senso che l'alterigia può essere una conseguenza della raffinatezza, come nella novella di messer Polo Traversaro nel <i>Novellino</i> (XLI). Qui non ci sono ombre: la leggiadria è per Dante un <i>valore</i> interamente positivo. Lo stesso tema – che cosa sia la leggiadria – è svolto, in forme molto più semplici e disimpegnate, come scialba collana di precetti, nel sonetto probabilmente trecentesco <i>Volete udire in che sta leggiadria?</i> (ed. Thomas 1880, p. 110)",novella di messer Polo Traversaro nel Novellino (XLI),CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/resource/Novellino,Novellino,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://purl.org/bncf/tid/13406,WORK CON NOME ... LEGGIADRIA,"'con il nome che designa un valore, cioè (con il nome) di leggiadria'. Nella lingua antica <i>leggiadria</i> può avere significato sia positivo (eleganza, raffinatezza, levità) sia negativo (alterigia, o colpevole leggerezza), e a volte le due cose stanno insieme, nel senso che l'alterigia può essere una conseguenza della raffinatezza, come nella novella di messer Polo Traversaro nel <i>Novellino</i> (XLI). Qui non ci sono ombre: la leggiadria è per Dante un <i>valore</i> interamente positivo. Lo stesso tema – che cosa sia la leggiadria – è svolto, in forme molto più semplici e disimpegnate, come scialba collana di precetti, nel sonetto probabilmente trecentesco <i>Volete udire in che sta leggiadria?</i> (ed. Thomas 1880, p. 110)",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Volete_udire_in_che_sta_leggiadria,Volete udire in che sta leggiadria?,,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK VERACE ... DIMORA,"'segno veritiero che indica dove sta la virtù'; e l'<i>insegna</i> pare proprio quella che si affigge sulle case per dire chi vi dimora (qui appunto la <i>vertù</i>): cfr. Laudario di Santa Maria della Scala, <i>Piangiamo cogli occhi e collo core</i> 93-4 quella è bem vera <i>insegna</i> / ke noi ama di buon cuore","Laudario di Santa Ma- ria della Scala, Piangiamo cogli occhi e collo core 93-4 «quella è bem vera insegna / ke noi ama di buon cuore»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Laudario_di_Santa_Maria_della_Scala,Laudario di Santa Maria della Scala,,,http://purl.org/bncf/tid/5665,WORK VERTÙ,"è la virtù morale in genere (<i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>), come in <i>Le dolci rime</i> 86-7 [la virtù è] un abito eligente / lo qual dimora in mezzo solamente (traduzione di Aristotele, Etica <i>Nicomachea</i> 1106b 37-8 [Virtus est] habitus electivus in medietate existens). 17-9","Aristotele, Etica Nicomachea 1106b 37-8 «[Virtus est] habitus electivus in medietate existens»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Nicomachean_Ethics,Ethica Nicomachea,Aristotele,http://dbpedia.org/resource/Aristotle,http://purl.org/bncf/tid/19144,WORK SONO CHE ... GENTIL' CORAGGI,"La seconda stanza inizia la rassegna dei ""falsi leggiadri"". I primi a essere criticati da Dante sono gli scialacquatori, che perdono il loro denaro in spese inutili fatte per il solo desiderio di essere ammirati, o per mantenere i propri lussi viziosi: cibo, sesso, bei vestiti. Lo sfarzo offendeva a quei tempi molto di più di quanto non faccia oggi, e tutta l'opera di Dante ce lo mostra particolarmente sensibile a questo tema: lo si vede per esempio nell'indignazione di Cacciaguida per le gonne e le cinture delle donne fiorentine, o nell'invettiva di <i>Cv</i> IV XXVII 14 contro coloro che si credono larghezza fare spendendo in cose vane denaro mal guadagnato: Non altrimenti si dee ridere, tiranni, de le vostre messioni, che del ladro che menasse a la sua casa li convitati, e la tovaglia furata di su l'altare ... ponesse in su la mensa. E la formula con cui qui inizia la stanza ricorda da vicino la traduzione dal <i>De officiis</i> che lì subito segue: Sono molti, certo desiderosi d'essere apparenti, e gloriosi, che tolgono a li altri per dare a li altri, credendosi buoni essere tenuti. La vita del Comune doveva dare infinita materia per riflessioni come queste: si pensi ai <i>potlatch</i> delle brigate spenderecce o, per contro, alle leggi suntuarie che punivano <i>pro bono pacis</i> l'ostentazione delle ricchezze (cfr. Carpi 2004, pp. 147-8).","«Sono molti, certo desiderosi d'essere apparenti, e gloriosi, che tol- gono a li altri per dare a li altri, credendosi buoni essere tenuti»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/De_Officiis,De officiis,Cicerone,http://dbpedia.org/resource/Cicero,http://purl.org/bncf/tid/25917,WORK SONO CHE,"è il <i>sunt qui</i> o <i>sunt quidam</i> caratteristico della prosa latina argomentativa (Boezio, <i>De consolatione</i> III 2 Sunt qui ... Sunt etiam qui), e che Dante adopera in più luoghi del <i>Convivio</i>: Sono molti che per ritrarre (I XI 15). Coordinato, nello svolgimento del discorso, a E altri son che, per esser ridenti del v. 39, questo elenco di reprobi, con breve caratterizzazione, ricalca un procedimento tipico della satira, vale a dire l'introduzione non di personaggi ma di tipi individuati per l'uno o per l'altro difetto: cfr. per esempio Giovenale, II 93-9 Ille... [e segue la descrizione di un vizio, o di un vezzo ridicolo]; ille... eccetera","Boezio, De consolatione III 2 «Sunt qui ... Sunt etiam qui»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Consolation_of_Philosophy,De consolatione philosophiae,Boezio,http://dbpedia.org/resource/Boethius,http://purl.org/bncf/tid/25917,WORK SONO CHE,"è il <i>sunt qui</i> o <i>sunt quidam</i> caratteristico della prosa latina argomentativa (Boezio, <i>De consolatione</i> III 2 Sunt qui ... Sunt etiam qui), e che Dante adopera in più luoghi del <i>Convivio</i>: Sono molti che per ritrarre (I XI 15). Coordinato, nello svolgimento del discorso, a E altri son che, per esser ridenti del v. 39, questo elenco di reprobi, con breve caratterizzazione, ricalca un procedimento tipico della satira, vale a dire l'introduzione non di personaggi ma di tipi individuati per l'uno o per l'altro difetto: cfr. per esempio Giovenale, II 93-9 Ille... [e segue la descrizione di un vizio, o di un vezzo ridicolo]; ille... eccetera","Giovenale, II 93-9 «Ille... [e segue la descrizione di un vizio, o di un vezzo ridicolo]; ille...»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Satires_(Juvenal),Satire (Giovenale),Giovenale,http://dbpedia.org/resource/Juvenal,http://purl.org/bncf/tid/34535,WORK CAPERE ... STANNO,"'entrare, risiedere nel luogo dove stanno i buoni', cioè 'essere annoverati tra i buoni', con una metafora simile a quella usata da Dante da Maiano per definire i saggi: <i>Per pruova</i> 7 ciascun c'àve in canoscenza loco. L'idea si trova già in Brunetto Latini (<i>Tesoretto</i> 1720-3 chi non dura fatica / sì che possa valere, / non si creda capere / tra gli uomini valenti [<i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>]), e soprattutto in Bonagiunta, <i>Similemente onore</i> 59-67 tant'è [l'uomo] da blasmare / quant'ha potensa / e intendensa / e non fa <i>messione</i> / per venire in orransa, / in lontana contansa, / e per potere / tra i bon' capere / e conquistar l'onore: in un passo che contiene le stesse parole usate da Dante ma ha un significato quasi opposto, dato che, mentre Bonagiunta esorta a spendere per tra i bon' capere, Dante al contrario invita a non credere che questo scopo possa essere raggiunto attraverso una stolta <i>messione</i> (i dettagli in Menichetti 1978a; Menichetti 1978; Giunta 1998, pp. 274-8). Di <i>messione</i> Dante parlerà ancora nel <i>Convivio</i> elogiando i reali benefici di alcuni nobili famosi, benefici che hanno garantito loro (ed è appunto il motivo svolto in questi versi) il grato ricordo non solo dei beneficati ma di tutti i valentuomini: Quando de le loro messioni si fa menzione, certo non solamente quelli che ciò farebbero volentieri, ma quelli prima morire vorrebbero che ciò fare, amore hanno a la memoria di costoro (IV XI 14)",,CONCORDANZA STRINGENTE,,,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,,WORK CAPERE ... STANNO,"'entrare, risiedere nel luogo dove stanno i buoni', cioè 'essere annoverati tra i buoni', con una metafora simile a quella usata da Dante da Maiano per definire i saggi: <i>Per pruova</i> 7 ciascun c'àve in canoscenza loco. L'idea si trova già in Brunetto Latini (<i>Tesoretto</i> 1720-3 chi non dura fatica / sì che possa valere, / non si creda capere / tra gli uomini valenti [<i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>]), e soprattutto in Bonagiunta, <i>Similemente onore</i> 59-67 tant'è [l'uomo] da blasmare / quant'ha potensa / e intendensa / e non fa <i>messione</i> / per venire in orransa, / in lontana contansa, / e per potere / tra i bon' capere / e conquistar l'onore: in un passo che contiene le stesse parole usate da Dante ma ha un significato quasi opposto, dato che, mentre Bonagiunta esorta a spendere per tra i bon' capere, Dante al contrario invita a non credere che questo scopo possa essere raggiunto attraverso una stolta <i>messione</i> (i dettagli in Menichetti 1978a; Menichetti 1978; Giunta 1998, pp. 274-8). Di <i>messione</i> Dante parlerà ancora nel <i>Convivio</i> elogiando i reali benefici di alcuni nobili famosi, benefici che hanno garantito loro (ed è appunto il motivo svolto in questi versi) il grato ricordo non solo dei beneficati ma di tutti i valentuomini: Quando de le loro messioni si fa menzione, certo non solamente quelli che ciò farebbero volentieri, ma quelli prima morire vorrebbero che ciò fare, amore hanno a la memoria di costoro (IV XI 14)",Per pruova 7 «ciascun c'àve in canoscenza loco»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Per_pruova_di_saper,Per pruova di saper com' vale o quanto,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK CAPERE ... STANNO,"'entrare, risiedere nel luogo dove stanno i buoni', cioè 'essere annoverati tra i buoni', con una metafora simile a quella usata da Dante da Maiano per definire i saggi: <i>Per pruova</i> 7 ciascun c'àve in canoscenza loco. L'idea si trova già in Brunetto Latini (<i>Tesoretto</i> 1720-3 chi non dura fatica / sì che possa valere, / non si creda capere / tra gli uomini valenti [<i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>]), e soprattutto in Bonagiunta, <i>Similemente onore</i> 59-67 tant'è [l'uomo] da blasmare / quant'ha potensa / e intendensa / e non fa <i>messione</i> / per venire in orransa, / in lontana contansa, / e per potere / tra i bon' capere / e conquistar l'onore: in un passo che contiene le stesse parole usate da Dante ma ha un significato quasi opposto, dato che, mentre Bonagiunta esorta a spendere per tra i bon' capere, Dante al contrario invita a non credere che questo scopo possa essere raggiunto attraverso una stolta <i>messione</i> (i dettagli in Menichetti 1978a; Menichetti 1978; Giunta 1998, pp. 274-8). Di <i>messione</i> Dante parlerà ancora nel <i>Convivio</i> elogiando i reali benefici di alcuni nobili famosi, benefici che hanno garantito loro (ed è appunto il motivo svolto in questi versi) il grato ricordo non solo dei beneficati ma di tutti i valentuomini: Quando de le loro messioni si fa menzione, certo non solamente quelli che ciò farebbero volentieri, ma quelli prima morire vorrebbero che ciò fare, amore hanno a la memoria di costoro (IV XI 14)","Brunet- to Latini (Tesoretto 1720-3 «chi non dura fatica / sì che possa valere, / non si creda capere / tra gli uomini valenti»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tesoretto(Brunetto_Latini),Tesoretto,Brunetto Latini,http://dbpedia.org/resource/Brunetto_Latini,http://purl.org/bncf/tid/6929,WORK CAPERE ... STANNO,"'entrare, risiedere nel luogo dove stanno i buoni', cioè 'essere annoverati tra i buoni', con una metafora simile a quella usata da Dante da Maiano per definire i saggi: <i>Per pruova</i> 7 ciascun c'àve in canoscenza loco. L'idea si trova già in Brunetto Latini (<i>Tesoretto</i> 1720-3 chi non dura fatica / sì che possa valere, / non si creda capere / tra gli uomini valenti [<i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>]), e soprattutto in Bonagiunta, <i>Similemente onore</i> 59-67 tant'è [l'uomo] da blasmare / quant'ha potensa / e intendensa / e non fa <i>messione</i> / per venire in orransa, / in lontana contansa, / e per potere / tra i bon' capere / e conquistar l'onore: in un passo che contiene le stesse parole usate da Dante ma ha un significato quasi opposto, dato che, mentre Bonagiunta esorta a spendere per tra i bon' capere, Dante al contrario invita a non credere che questo scopo possa essere raggiunto attraverso una stolta <i>messione</i> (i dettagli in Menichetti 1978a; Menichetti 1978; Giunta 1998, pp. 274-8). Di <i>messione</i> Dante parlerà ancora nel <i>Convivio</i> elogiando i reali benefici di alcuni nobili famosi, benefici che hanno garantito loro (ed è appunto il motivo svolto in questi versi) il grato ricordo non solo dei beneficati ma di tutti i valentuomini: Quando de le loro messioni si fa menzione, certo non solamente quelli che ciò farebbero volentieri, ma quelli prima morire vorrebbero che ciò fare, amore hanno a la memoria di costoro (IV XI 14)","Bonagiunta, Similemente onore 59-67 «tant'è [l'uomo] da blasmare / quant'ha potensa / e intendensa / e non fa messione / per venire in orransa, / in lontana contansa, / e per potere / tra i bon' capere / e conquistar l'onore»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Similemente_onore,Similemente onore,Bonagiunta Orbicciani,http://dbpedia.org/resource/Bonagiunta_Orbicciani,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK CAPERE ... BONI,"per la formula cfr. Berenguer de Palol, <i>Totz temoros e doptans</i> 3 sol puesc'entre·ls bos caber. 23-5","Berenguer de Palol, Totz temoros e doptans 3 «sol puesc'entre·ls bos caber».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Totz_temoros_e_doptans,Totz temoros e doptans,Berenguier de Palazol,http://dbpedia.org/resource/Berenguier_de_Palazol,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK CHE DOPO MORTE ... CONOSCENZA,"'i quali buoni, dopo la morte, continuano a vivere nella memoria (<i>mente</i>) delle persone sagge'. Quest'idea ""foscoliana"" della buona fama, misurata sulla persistenza del ricordo dei migliori tra i migliori, affiora spesso anche nelle parole degli scrittori medievali (ed è come il rovescio della retorica ascetica del <i>contemptus mundi</i>): così certi personaggi della <i>Commedia</i> pregano Dante di ricordare il loro nome, di rinverdire la loro fama in terra; e cfr. per esempio, per questi versi, Guiraut Riquier, <i>Quar dreytz ni fes</i> 42-4 pus mortz pres / a los valens, / lurs pretz viu ab lauzors","Guiraut Riquier, Quar dreytz ni fes 42-4 «pus mortz pres / a los valens, / lurs pretz viu ab lauzors»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quar_dreytz_ni_fes,Quar dreytz ni fes,Guiraut Riquier,http://dbpedia.org/resource/Guiraut_Riquier,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK MESSIONE,"metre significava 'spendere' in provenzale; e fra i trovatori <i>messio</i> was the regular term for the bounty bestowed by a generous patron on the troubadour (Toynbee 1902, p. 143 nota 1). Qui, come nei passi succitati di Bonagiunta e del <i>Convivio</i>, è semplicemente 'dono, elargizione'. Per attirare la lode dei buoni, sostiene Dante, la <i>messione</i> dev'essere fatta in vista di uno scopo utile e ragionevole, e non lo sono quelli elencati nella sirma: cibi, lussuria, abiti preziosi. È insomma la distinzione tra la virtù della liberalità e il vizio della prodigalità, già topica nei trovatori, e per esempio al centro delle canzoni <i>Qui ha talen de donar</i> di Bonifacio Calvo (ed. Horan 1966) e <i>Qui vol esser agradans e plazens</i> di Guilhem de Montanhagol (25-7 Homes trob'om larcx e mal conoyssens / pero non es largueza mas folhors / qui dona si que no·l siegua lauzors)",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT MESSIONE,"metre significava 'spendere' in provenzale; e fra i trovatori <i>messio</i> was the regular term for the bounty bestowed by a generous patron on the troubadour (Toynbee 1902, p. 143 nota 1). Qui, come nei passi succitati di Bonagiunta e del <i>Convivio</i>, è semplicemente 'dono, elargizione'. Per attirare la lode dei buoni, sostiene Dante, la <i>messione</i> dev'essere fatta in vista di uno scopo utile e ragionevole, e non lo sono quelli elencati nella sirma: cibi, lussuria, abiti preziosi. È insomma la distinzione tra la virtù della liberalità e il vizio della prodigalità, già topica nei trovatori, e per esempio al centro delle canzoni <i>Qui ha talen de donar</i> di Bonifacio Calvo (ed. Horan 1966) e <i>Qui vol esser agradans e plazens</i> di Guilhem de Montanhagol (25-7 Homes trob'om larcx e mal conoyssens / pero non es largueza mas folhors / qui dona si que no·l siegua lauzors)",,CONCORDANZA GENERICA,,,Bonagiunta Orbicciani,http://dbpedia.org/resource/Bonagiunta_Orbicciani,http://purl.org/bncf/tid/3066,CONCEPT MESSIONE,"metre significava 'spendere' in provenzale; e fra i trovatori <i>messio</i> was the regular term for the bounty bestowed by a generous patron on the troubadour (Toynbee 1902, p. 143 nota 1). Qui, come nei passi succitati di Bonagiunta e del <i>Convivio</i>, è semplicemente 'dono, elargizione'. Per attirare la lode dei buoni, sostiene Dante, la <i>messione</i> dev'essere fatta in vista di uno scopo utile e ragionevole, e non lo sono quelli elencati nella sirma: cibi, lussuria, abiti preziosi. È insomma la distinzione tra la virtù della liberalità e il vizio della prodigalità, già topica nei trovatori, e per esempio al centro delle canzoni <i>Qui ha talen de donar</i> di Bonifacio Calvo (ed. Horan 1966) e <i>Qui vol esser agradans e plazens</i> di Guilhem de Montanhagol (25-7 Homes trob'om larcx e mal conoyssens / pero non es largueza mas folhors / qui dona si que no·l siegua lauzors)",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Qui_ha_talen_de_donar,Qui ha talen de donar,Bonifaci Calvo,http://dbpedia.org/resource/Bonifaci_Calvo,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK MESSIONE,"metre significava 'spendere' in provenzale; e fra i trovatori <i>messio</i> was the regular term for the bounty bestowed by a generous patron on the troubadour (Toynbee 1902, p. 143 nota 1). Qui, come nei passi succitati di Bonagiunta e del <i>Convivio</i>, è semplicemente 'dono, elargizione'. Per attirare la lode dei buoni, sostiene Dante, la <i>messione</i> dev'essere fatta in vista di uno scopo utile e ragionevole, e non lo sono quelli elencati nella sirma: cibi, lussuria, abiti preziosi. È insomma la distinzione tra la virtù della liberalità e il vizio della prodigalità, già topica nei trovatori, e per esempio al centro delle canzoni <i>Qui ha talen de donar</i> di Bonifacio Calvo (ed. Horan 1966) e <i>Qui vol esser agradans e plazens</i> di Guilhem de Montanhagol (25-7 Homes trob'om larcx e mal conoyssens / pero non es largueza mas folhors / qui dona si que no·l siegua lauzors)",Qui vol esser agradans e plazens di Guilhem de Montanha- gol (25-7 «Homes trob'om larcx e mal conoyssens / pero non es lar- gueza mas folhors / qui dona si que no·l siegua lauzors»).,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Qui_vol_esser_agradans_e_plazen,Qui vol esser agradans e plazens,Guillem de Montanhagol,http://dbpedia.org/resource/Guilhem_de_Montanhagol,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK TENERE,"da intendere nel preciso senso di 'risparmiare, non spendere' che il verbo ha già in provenzale: cfr. Guillem Augier Novella, <i>Laig faill cor e sabers e senz</i> 4 teners [il denaro] es nienz. Chi <i>sa</i>, chi è veramente liberale, non dà a casaccio ma dosa le sue <i>messioni</i> favorendo chi davvero merita: è lo stesso precetto che si legge in Tommaso, <i>Sententia</i>, IV <i>lectio</i> 2 liberalis non dat quibuscumque, sed <i>retinet</i> ad hoc quod possit dare quibus oportet, et loco et tempore debito. 28-31",Laig faill cor e sabers e senz 4 «teners [il denaro] es nienz»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Laig_faill_cor_e_sabers_e_senz,Laig faill cor e sabers e senz,Guillem Augier Novella,http://dbpedia.org/resource/Guillem_Augier_Novella,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK TENERE,"da intendere nel preciso senso di 'risparmiare, non spendere' che il verbo ha già in provenzale: cfr. Guillem Augier Novella, <i>Laig faill cor e sabers e senz</i> 4 teners [il denaro] es nienz. Chi <i>sa</i>, chi è veramente liberale, non dà a casaccio ma dosa le sue <i>messioni</i> favorendo chi davvero merita: è lo stesso precetto che si legge in Tommaso, <i>Sententia</i>, IV <i>lectio</i> 2 liberalis non dat quibuscumque, sed <i>retinet</i> ad hoc quod possit dare quibus oportet, et loco et tempore debito. 28-31","Tommaso, Sententia, IV lectio 2 «liberalis non dat quibuscumque, sed retinet ad hoc quod possit dare quibus oportet, et loco et tempore debito»",CITAZIONE ESPLICITA,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sententia_libri_Ethicorum(Tommaso),Sententia libri Ethicorum,Tommaso,http://dbpedia.org/resource/Thomas_Aquinas,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK DELLA GENTE / C'HANNO,"normale nelle lingue galloromanze, si dà anche nell'italiano antico l'accordo di <i>gente</i>, singolare collettivo, con un predicato plurale.",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT QUAL ... FALLENZA,"'Chi negherà che è una colpa, un errore' (prov. <i>falhensa</i>).",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT DIVORAR ... INTENDERE,"la censura della gola e quella della lussuria vanno di conserva, perché si credeva che il cibo e le bevande superflue stimolassero gli appetiti sessuali; sono dunque due facce della stessa intemperanza: cfr. Tommaso, <i>In Ethicam</i>, IV lectio I § 656 vocamus enim quandoque prodigos illos qui incontinenter vivunt et consumunt divitias suas intemperantia, sive ciborum, sive venereorum (e più avanti, nella lectio IV, il nome di intemperanti è dato a coloro che scialacquano denaro in cibos et in venerea); e san Bernardo nella lettera <i>ad clericos de conversione</i> associa appunto in un unico capitolo appetitus gulae et libidinis actus (VIII 13). Ma era poi nozione corrente, diffusa non solo tra i filosofi: cfr. Anonimo Genovese, <i>Se alcun perdon poesse aver</i> 198-9 Che la gora conseigo liga / la luxuria e noriga","Tommaso, In Ethicam, IV lectio I § 656 «vocamus enim quandoque prodigos illos qui incontinenter vivunt et consumunt divitias suas intemperantia, sive ciborum, sive venereorum»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sententia_libri_Ethicorum(Tommaso),Sententia libri Ethicorum,Tommaso,http://dbpedia.org/resource/Thomas_Aquinas,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK DIVORAR ... INTENDERE,"la censura della gola e quella della lussuria vanno di conserva, perché si credeva che il cibo e le bevande superflue stimolassero gli appetiti sessuali; sono dunque due facce della stessa intemperanza: cfr. Tommaso, <i>In Ethicam</i>, IV lectio I § 656 vocamus enim quandoque prodigos illos qui incontinenter vivunt et consumunt divitias suas intemperantia, sive ciborum, sive venereorum (e più avanti, nella lectio IV, il nome di intemperanti è dato a coloro che scialacquano denaro in cibos et in venerea); e san Bernardo nella lettera <i>ad clericos de conversione</i> associa appunto in un unico capitolo appetitus gulae et libidinis actus (VIII 13). Ma era poi nozione corrente, diffusa non solo tra i filosofi: cfr. Anonimo Genovese, <i>Se alcun perdon poesse aver</i> 198-9 Che la gora conseigo liga / la luxuria e noriga","lectio IV, il nome di intemperanti è dato a coloro che scialacquano denaro «in cibos et in venerea»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sententia_libri_Ethicorum(Tommaso),Sententia libri Ethicorum,Tommaso,http://dbpedia.org/resource/Thomas_Aquinas,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK DIVORAR ... INTENDERE,"la censura della gola e quella della lussuria vanno di conserva, perché si credeva che il cibo e le bevande superflue stimolassero gli appetiti sessuali; sono dunque due facce della stessa intemperanza: cfr. Tommaso, <i>In Ethicam</i>, IV lectio I § 656 vocamus enim quandoque prodigos illos qui incontinenter vivunt et consumunt divitias suas intemperantia, sive ciborum, sive venereorum (e più avanti, nella lectio IV, il nome di intemperanti è dato a coloro che scialacquano denaro in cibos et in venerea); e san Bernardo nella lettera <i>ad clericos de conversione</i> associa appunto in un unico capitolo appetitus gulae et libidinis actus (VIII 13). Ma era poi nozione corrente, diffusa non solo tra i filosofi: cfr. Anonimo Genovese, <i>Se alcun perdon poesse aver</i> 198-9 Che la gora conseigo liga / la luxuria e noriga",Sermo de conversione ad clericos - «appetitus gulae et libidinis actus» (VIII 13),CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sermones_(Bernardo_di_Chiaravalle),Sermones (Bernardo di Chiaravalle),Bernardo di Chiaravalle,http://dbpedia.org/resource/Bernard_of_Clairvaux,http://purl.org/bncf/tid/1546,WORK DIVORAR ... INTENDERE,"la censura della gola e quella della lussuria vanno di conserva, perché si credeva che il cibo e le bevande superflue stimolassero gli appetiti sessuali; sono dunque due facce della stessa intemperanza: cfr. Tommaso, <i>In Ethicam</i>, IV lectio I § 656 vocamus enim quandoque prodigos illos qui incontinenter vivunt et consumunt divitias suas intemperantia, sive ciborum, sive venereorum (e più avanti, nella lectio IV, il nome di intemperanti è dato a coloro che scialacquano denaro in cibos et in venerea); e san Bernardo nella lettera <i>ad clericos de conversione</i> associa appunto in un unico capitolo appetitus gulae et libidinis actus (VIII 13). Ma era poi nozione corrente, diffusa non solo tra i filosofi: cfr. Anonimo Genovese, <i>Se alcun perdon poesse aver</i> 198-9 Che la gora conseigo liga / la luxuria e noriga",Se alcun perdon poesse aver 198-9 «Che la gora conseigo liga / la luxuria e noriga».,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Se_alcun_perdon_poesse_aver,Se alcun perdon poesse aver,Anonimo Genovese,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Anonimo_Genovese,http://purl.org/bncf/tid/2664,WORK ORNARSI ... SAGGI,"'adornarsi, vestirsi sontuosamente come se si dovesse vendere al mercato degli stupidi'; <i>non saggio</i> è un sintagma lessicalizzato già in provenzale (<i>non savis</i>) e nella lirica italiana pre-dantesca: cfr. Guittone, <i>Figlio mio</i> 3 lauda sua volonter non-saggio, l'aude (diversamente l'ed. Rossi: volenter-<i>non saggio</i>). 36-8","Figlio mio 3 «lauda sua volonter non-saggio, l'aude» (diversamente l'ed. Rossi: «volenter-non saggio»)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Figlio_mio_dilettoso,"Figlio mio dilettoso, in faccia laude",Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK CHÉ ... CORAGGI,"bisogna giudicare gli uomini non per come si vestono ma per la loro intelligenza e nobiltà d'animo. Idea ovvia, che riecheggia non tanto la saggezza classica (ma si confronti questo passo di Boezio, <i>De consolatione</i> II 5, così simile nel linguaggio e nel tono: Quam vero late patet vester hic error, qui ornari posse aliquid ornamentis existimatis alienis! At id fieri nequit) quanto la moralità e il rigorismo cristiano così come si riflettono nella predicazione (Giordano da Pisa, <i>Prediche</i>, p. 123: quel ricco fu dannato ... propter vestimentorum excellentiam ... Unde diceno i santi che la troppa excellentia dei vestimenti è peccato mortale) o nella poesia morale (Bonichi, <i>Guai a chi nel tormento</i> 57-8 Sagg'è chi l'om non giudica per vesta, / ma per lo far che 'n lui si sente e vede). Ma anche al di fuori di quest'àmbito, il motivo si trova già nella poesia dei trovatori, dove dà materia ai nostalgici del buon tempo antico indignati dal vano lusso dei signori (cfr. Jeanroy 1934, I, pp. 83-4). Ed è insomma un motivo ampiamente ""occidentale"" se non umano <i>tout court</i>: laddove esista una società minimamente articolata, dunque l'obbligo di vestirsi secondo determinati usi, là è anche possibile che la necessità dia luogo a ostentazione, e alla critica dei moralisti. È da notare, tuttavia, che nell'età di Dante si osserva effettivamente un incremento del lusso, dovuto al fatto che il nuovo ceto affluente amava esibire la sua ricchezza: a partire dalla seconda metà del XIII secolo divennero oggetto di un consumo più diffuso, rispetto ai secoli precedenti, ornamenti e vesti dalle nuove, ardite e mutevoli fogge (Muzzarelli 1996, p. 9). Dante riprende dunque un tema tradizionale e censura un tipo umano che è sempre esistito e sempre esisterà, ma è possibile che un mutamento dei costumi ci fosse davvero stato (agli occhi del poeta un peggioramento, un rilassamento, uno sciocco desiderio di lusso), e che si rispecchi in questo passo di <i>Poscia ch</i>'<i>Amor</i> o nelle parole di <i>Cv</i> III IV 8 contro i cattivi malnati, che pongono lo studio loro in azzimare la loro persona, o in più luoghi della Commedia","De consolatione II 5, così simile nel linguaggio e nel tono: «Quam vero late patet vester hic error, qui ornari pos- se aliquid ornamentis existimatis alienis! At id fieri nequit»)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Consolation_of_Philosophy,De consolatione philosophiae,Boezio,http://dbpedia.org/resource/Boethius,http://purl.org/bncf/tid/25917,WORK CHÉ ... CORAGGI,"bisogna giudicare gli uomini non per come si vestono ma per la loro intelligenza e nobiltà d'animo. Idea ovvia, che riecheggia non tanto la saggezza classica (ma si confronti questo passo di Boezio, <i>De consolatione</i> II 5, così simile nel linguaggio e nel tono: Quam vero late patet vester hic error, qui ornari posse aliquid ornamentis existimatis alienis! At id fieri nequit) quanto la moralità e il rigorismo cristiano così come si riflettono nella predicazione (Giordano da Pisa, <i>Prediche</i>, p. 123: quel ricco fu dannato ... propter vestimentorum excellentiam ... Unde diceno i santi che la troppa excellentia dei vestimenti è peccato mortale) o nella poesia morale (Bonichi, <i>Guai a chi nel tormento</i> 57-8 Sagg'è chi l'om non giudica per vesta, / ma per lo far che 'n lui si sente e vede). Ma anche al di fuori di quest'àmbito, il motivo si trova già nella poesia dei trovatori, dove dà materia ai nostalgici del buon tempo antico indignati dal vano lusso dei signori (cfr. Jeanroy 1934, I, pp. 83-4). Ed è insomma un motivo ampiamente ""occidentale"" se non umano <i>tout court</i>: laddove esista una società minimamente articolata, dunque l'obbligo di vestirsi secondo determinati usi, là è anche possibile che la necessità dia luogo a ostentazione, e alla critica dei moralisti. È da notare, tuttavia, che nell'età di Dante si osserva effettivamente un incremento del lusso, dovuto al fatto che il nuovo ceto affluente amava esibire la sua ricchezza: a partire dalla seconda metà del XIII secolo divennero oggetto di un consumo più diffuso, rispetto ai secoli precedenti, ornamenti e vesti dalle nuove, ardite e mutevoli fogge (Muzzarelli 1996, p. 9). Dante riprende dunque un tema tradizionale e censura un tipo umano che è sempre esistito e sempre esisterà, ma è possibile che un mutamento dei costumi ci fosse davvero stato (agli occhi del poeta un peggioramento, un rilassamento, uno sciocco desiderio di lusso), e che si rispecchi in questo passo di <i>Poscia ch</i>'<i>Amor</i> o nelle parole di <i>Cv</i> III IV 8 contro i cattivi malnati, che pongono lo studio loro in azzimare la loro persona, o in più luoghi della Commedia","Giordano da Pisa, Prediche, p. 123: «quel ricco fu dannato ... propter vestimentorum excellentiam ... Unde diceno i santi che la troppa excellentia dei vestimenti è peccato mortale»)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quaresimale_fiorentino,Quaresimale fiorentino,Giordano da Pisa,http://dbpedia.org/resource/Jordan_of_Pisa,http://purl.org/bncf/tid/18842,WORK CHÉ ... CORAGGI,"bisogna giudicare gli uomini non per come si vestono ma per la loro intelligenza e nobiltà d'animo. Idea ovvia, che riecheggia non tanto la saggezza classica (ma si confronti questo passo di Boezio, <i>De consolatione</i> II 5, così simile nel linguaggio e nel tono: Quam vero late patet vester hic error, qui ornari posse aliquid ornamentis existimatis alienis! At id fieri nequit) quanto la moralità e il rigorismo cristiano così come si riflettono nella predicazione (Giordano da Pisa, <i>Prediche</i>, p. 123: quel ricco fu dannato ... propter vestimentorum excellentiam ... Unde diceno i santi che la troppa excellentia dei vestimenti è peccato mortale) o nella poesia morale (Bonichi, <i>Guai a chi nel tormento</i> 57-8 Sagg'è chi l'om non giudica per vesta, / ma per lo far che 'n lui si sente e vede). Ma anche al di fuori di quest'àmbito, il motivo si trova già nella poesia dei trovatori, dove dà materia ai nostalgici del buon tempo antico indignati dal vano lusso dei signori (cfr. Jeanroy 1934, I, pp. 83-4). Ed è insomma un motivo ampiamente ""occidentale"" se non umano <i>tout court</i>: laddove esista una società minimamente articolata, dunque l'obbligo di vestirsi secondo determinati usi, là è anche possibile che la necessità dia luogo a ostentazione, e alla critica dei moralisti. È da notare, tuttavia, che nell'età di Dante si osserva effettivamente un incremento del lusso, dovuto al fatto che il nuovo ceto affluente amava esibire la sua ricchezza: a partire dalla seconda metà del XIII secolo divennero oggetto di un consumo più diffuso, rispetto ai secoli precedenti, ornamenti e vesti dalle nuove, ardite e mutevoli fogge (Muzzarelli 1996, p. 9). Dante riprende dunque un tema tradizionale e censura un tipo umano che è sempre esistito e sempre esisterà, ma è possibile che un mutamento dei costumi ci fosse davvero stato (agli occhi del poeta un peggioramento, un rilassamento, uno sciocco desiderio di lusso), e che si rispecchi in questo passo di <i>Poscia ch</i>'<i>Amor</i> o nelle parole di <i>Cv</i> III IV 8 contro i cattivi malnati, che pongono lo studio loro in azzimare la loro persona, o in più luoghi della Commedia","Guai a chi nel tormento 57-8 «Sagg'è chi l'om non giudica per vesta, / ma per lo far che 'n lui si sente e vede»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Guai_a_chi_nel_tormento,Guai a chi nel tormento,Bindo Bonichi,http://it.dbpedia.org/resource/Bindo_Bonichi,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK CHÉ ... CORAGGI,"bisogna giudicare gli uomini non per come si vestono ma per la loro intelligenza e nobiltà d'animo. Idea ovvia, che riecheggia non tanto la saggezza classica (ma si confronti questo passo di Boezio, <i>De consolatione</i> II 5, così simile nel linguaggio e nel tono: Quam vero late patet vester hic error, qui ornari posse aliquid ornamentis existimatis alienis! At id fieri nequit) quanto la moralità e il rigorismo cristiano così come si riflettono nella predicazione (Giordano da Pisa, <i>Prediche</i>, p. 123: quel ricco fu dannato ... propter vestimentorum excellentiam ... Unde diceno i santi che la troppa excellentia dei vestimenti è peccato mortale) o nella poesia morale (Bonichi, <i>Guai a chi nel tormento</i> 57-8 Sagg'è chi l'om non giudica per vesta, / ma per lo far che 'n lui si sente e vede). Ma anche al di fuori di quest'àmbito, il motivo si trova già nella poesia dei trovatori, dove dà materia ai nostalgici del buon tempo antico indignati dal vano lusso dei signori (cfr. Jeanroy 1934, I, pp. 83-4). Ed è insomma un motivo ampiamente ""occidentale"" se non umano <i>tout court</i>: laddove esista una società minimamente articolata, dunque l'obbligo di vestirsi secondo determinati usi, là è anche possibile che la necessità dia luogo a ostentazione, e alla critica dei moralisti. È da notare, tuttavia, che nell'età di Dante si osserva effettivamente un incremento del lusso, dovuto al fatto che il nuovo ceto affluente amava esibire la sua ricchezza: a partire dalla seconda metà del XIII secolo divennero oggetto di un consumo più diffuso, rispetto ai secoli precedenti, ornamenti e vesti dalle nuove, ardite e mutevoli fogge (Muzzarelli 1996, p. 9). Dante riprende dunque un tema tradizionale e censura un tipo umano che è sempre esistito e sempre esisterà, ma è possibile che un mutamento dei costumi ci fosse davvero stato (agli occhi del poeta un peggioramento, un rilassamento, uno sciocco desiderio di lusso), e che si rispecchi in questo passo di <i>Poscia ch</i>'<i>Amor</i> o nelle parole di <i>Cv</i> III IV 8 contro i cattivi malnati, che pongono lo studio loro in azzimare la loro persona, o in più luoghi della Commedia",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT VESTIMENTA,"continua il neutro plurale latino, come il successivo <i>ornamenta</i>; per il concetto cfr. Uguccione, <i>Il libro</i> 241-4 la gracia de Deu, nul om la pò trovar / ... / per bele vestimente","Uguccione, Il libro 241-4 «la gracia de Deu, nul om la pò trovar / ... / per bele vestimente»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Libro_(Uguccione_da_Lodi),Libro (Uguccione da Lodi),Uguccione da Lodi,http://it.dbpedia.org/resource/Uguccione_da_Lodi,http://purl.org/bncf/tid/6929,WORK ALTRUI,"impersonale, 'per le persone, per gli uomini in generale'. Intenderei 'che sono, per chi li porta (i vestiti), semplici abbellimenti, orpello': che è il senso (negativo) che <i>ornamento</i> ha per esempio in questo passo di Guittone <i>Altra fiata aggio già, donne, parlato</i> 150-2 ché laccio è lor [per i maschi] catun vostro <i>ornamento</i>. / Ben dona intendimento / che vender vol chi sua roba for pone","Guittone Altra fiata aggio già, donne, parlato 150-2 «ché laccio è lor [per i maschi] catun vostro orna- mento. / Ben dona intendimento / che vender vol chi sua roba for pone»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Altra_fiata_aggio_gia_donne_parlato,"Altra fiata aggio già, donne, parlato",Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK E ALTRI SON ... SANZA INTELLETTO,"Nella terza stanza continua la rassegna dei vili e noiosi che qualcuno scambia per leggiadri. Leggiadria, scrive Dante, non è neppure quella di chi ride a sproposito, si dà arie nel parlare e nell'incedere e passa senza serietà da una donna all'altra. Una così minuziosa casistica potrà forse stupire: il discorso etico, tanto nei classici quanto nei moderni, non si sofferma di solito su questi dettagli, non prescrive o proscrive dei comportamenti ma piuttosto delle idee, delle disposizioni di spirito. Ma questo interesse per la più concreta delle prassi, cioè per il contegno dei corpi, per il modo di comportarsi, muoversi, parlare in mezzo agli altri uomini, è invece caratteristico della morale cristiana specie nella sua declinazione più rigoristica, quella monacale. Di qui per esempio la proibizione di camminar saltando, girar le spalle, tenere il capo dritto e il petto in fuori perché questi atteggiamenti ""elationem ostendunt"" (Pozzi 1996, p. 115). E di qui anche i frequenti anatemi contro il ridere. Ecco i tratti del superbo secondo san Bernardo: ""in signis scurrilitas, in fronte hilaritas, vanitas apparet in incessu. Pronus ad iocum, facilis ac promptus in risu"" (<i>De gradibus humilitatis et superbiae</i> XII 40). Si può dire perciò che in questi versi Dante recuperi e aggiorni, calandolo nel suo contesto cittadino, questa attitudine eminentemente cristiana al controllo degli atteggiamenti sociali.","an Bernardo: «in signis scurrilitas, in fronte hilaritas, vanitas apparet in incessu. Pronus ad iocum, facilis ac promptus in risu» (De gradibus humilitatis et superbiae XII 40).",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_gradibus_humilitatis_et_superbiae,De gradibus humilitatis et superbiae,Bernardo di Chiaravalle,http://dbpedia.org/resource/Bernard_of_Clairvaux,http://purl.org/bncf/tid/1546,WORK E ALTRI ... GIUDICATI,"'E ci sono altri che, per il fatto che ridono in continuazione, pretendono (<i>voglion</i>: non direi 'debbono', come intende <i>Contini</i>) di essere giudicati persone d'intelletto pronto'. Come ho detto, l'ostilità nei confronti del riso è una costante della tradizione giudaico-cristiana, a partire da <i>Sir</i> 21, 23 Fatuus in risu inaltat vocem suam; vir autem sapiens vix tacite ridebit e <i>Ecl</i> 7, 4-5 Melior est ira risu, quia per tristitiam vultus corrigitur animus delinquentis. Cor sapientium ubi tristitia est et cor stultorum ubi laetitia. Ma che occorra mantenere sobrietà anche nella gioia è un precetto che ha poi largo corso nella cultura laica: cfr. i passi raccolti in Cnyrim 1888, p. 42. Quanto a Dante, cfr. tra l'altro <i>Cv</i> III VIII 12 Onde ciò fare ne comanda lo Libro de le quattro vertù cardinali: ""Lo tuo riso sia sanza cachinno"", cioè sanza schiamazzare come gallina. 42-4","Sir 21, 23 «Fatuus in risu inaltat vocem suam; vir autem sapiens vix tacite ridebit»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Sirach,Ecclesiastico,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK E ALTRI ... GIUDICATI,"'E ci sono altri che, per il fatto che ridono in continuazione, pretendono (<i>voglion</i>: non direi 'debbono', come intende <i>Contini</i>) di essere giudicati persone d'intelletto pronto'. Come ho detto, l'ostilità nei confronti del riso è una costante della tradizione giudaico-cristiana, a partire da <i>Sir</i> 21, 23 Fatuus in risu inaltat vocem suam; vir autem sapiens vix tacite ridebit e <i>Ecl</i> 7, 4-5 Melior est ira risu, quia per tristitiam vultus corrigitur animus delinquentis. Cor sapientium ubi tristitia est et cor stultorum ubi laetitia. Ma che occorra mantenere sobrietà anche nella gioia è un precetto che ha poi largo corso nella cultura laica: cfr. i passi raccolti in Cnyrim 1888, p. 42. Quanto a Dante, cfr. tra l'altro <i>Cv</i> III VIII 12 Onde ciò fare ne comanda lo Libro de le quattro vertù cardinali: ""Lo tuo riso sia sanza cachinno"", cioè sanza schiamazzare come gallina. 42-4","Ecl 7, 4-5 «Melior est ira risu, quia per tristitiam vultus corrigitur ani- mus delinquentis. Cor sapientium ubi tristitia est et cor stultorum ubi laetitia»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Ecclesiastes,Ecclesiaste,Salomone,http://dbpedia.org/resource/Solomon,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK LO 'NTELLETTO ... VEDE,"per la metafora della mente che non vede cfr. <i>Cv</i> I IV 3 questi cotali ... non veggiono, per ciò che hanno chiusi li occhi de la ragione; e cfr. in I XI 3 la definizione della <i>discrezione</i>, che arieggia quella data da Tommaso nel commento all'<i>Etica</i> (cfr. la nota di Vasoli <i>ad locum</i>): Sì come la parte sensitiva de l'anima ha suoi occhi, con li quali apprende la differenza de le cose in quanto elle sono di fuori colorate, così la parte razionale ha suo occhio, con lo quale apprende la differenza de le cose in quanto sono ad alcuno fine ordinate",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sententia_libri_Ethicorum(Tommaso),Sententia libri Ethicorum,Tommaso,http://dbpedia.org/resource/Thomas_Aquinas,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK SPIACENTI,"'altezzosi, arroganti'. Nella vita comunale l'apparire era ancora più importante di quanto non sia oggi, onde l'attenzione per l'abito e l'incedere. Come osserva Maire Vigueur 2004, p. 419, le grandi famiglie avevano l'abitudine, per segnare il loro territorio e marcare la loro influenza su questa o quella parte dello spazio urbano, di caracollare in gran tenuta per le strade del quartiere, di sfilare ai limiti del territorio nemico e talvolta di compiere persino qualche sporadica incursione al suo interno. E per esempio Dino Compagni, nella <i>Cronica</i> (I XX), fa un rapido ritratto dei Cerchi descrivendoli come uomini di basso stato, ma buoni mercatanti e gran ricchi, e vestiano bene, e teneano molti famigli e cavagli, e aveano bella apparenza.","Dino Compagni, nella Cronica (I XX), fa un rapido ritratto dei Cerchi descrivendoli come «uomini di basso stato, ma buoni mer- catanti e gran ricchi, e vestiano bene, e teneano molti famigli e cavagli, e aveano bella apparenza».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/resource/Cronica_delle_cose_occorrenti_ne_tempi_suoi,Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi,Dino Compagni,http://dbpedia.org/resource/Dino_Compagni,http://purl.org/bncf/tid/9645,WORK NON ... LEGGIADRO,"'non farebbero un passo per corteggiare una donna, com'è costume di un uomo davvero leggiadro'; per l'immagine cfr. Guittone, <i>Ben si conosce lo servente e vede</i> 7-8 né moveria per cosa alcuna il piede / in ciò ch'a lei già mai recasse infamia (e cfr. per altri esempi Fenzi 1966, pp. 236-7)","Guittone, Ben si conosce lo servente e vede 7-8 «né moveria per cosa alcuna il piede / in ciò ch'a lei già mai recasse in- famia»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ben_si_conosce_lo_servente_e_vede,Ben si conosce lo servente e vede,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK DONNEARE,"il <i>domnei</i> è il 'corteggiare' dei trovatori, che per esempio nella Cort d'<i>Amor</i> si oppone alle pose arroganti del ricco: chi osserva il <i>domnei</i>, spiega il poeta, conten se plus bellament / qe tals qe ha trop mais d'argent (273-8). Ma la villania ha invaso anche il territorio della <i>fin</i>'<i>amor</i>, e in questo senso le parole di Dante, a parte avere un indubbio radicamento nella vita, vanno lette sullo sfondo degli analoghi lamenti dei trovatori circa la decadenza della cortesia anche in quest'ambito cruciale: idee analoghe si trovano per esempio in Uc Brunenc, <i>Puois l</i>'<i>adrechs temps ven chantan e rizen</i> 27-8 que·l gai dompnei qu'om tenia entrenan / ant li pluzor vout en <i>deschausimen</i> (il <i>deschausimen</i> è la scortesia, l'oltraggio), e soprattutto in Giraut de Borneil, <i>De chantar</i> 45-8 Q'eissa chavalairia / val meinz, e drudaria, / pos gardet son pron ni son dan, / non fon mestiers de <i>fin</i> aman.","Uc Brunenc, Puois l'adrechs temps ven chantan e rizen 27-8 «que·l gai dompnei qu'om tenia entrenan / ant li pluzor vout en deschausimen»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Puois_l_adrechs_temps,Puois l'adrechs temps ven chantan e rizen,Uc Brunenc,http://dbpedia.org/resource/Uc_Brunet,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK DONNEARE,"il <i>domnei</i> è il 'corteggiare' dei trovatori, che per esempio nella Cort d'<i>Amor</i> si oppone alle pose arroganti del ricco: chi osserva il <i>domnei</i>, spiega il poeta, conten se plus bellament / qe tals qe ha trop mais d'argent (273-8). Ma la villania ha invaso anche il territorio della <i>fin</i>'<i>amor</i>, e in questo senso le parole di Dante, a parte avere un indubbio radicamento nella vita, vanno lette sullo sfondo degli analoghi lamenti dei trovatori circa la decadenza della cortesia anche in quest'ambito cruciale: idee analoghe si trovano per esempio in Uc Brunenc, <i>Puois l</i>'<i>adrechs temps ven chantan e rizen</i> 27-8 que·l gai dompnei qu'om tenia entrenan / ant li pluzor vout en <i>deschausimen</i> (il <i>deschausimen</i> è la scortesia, l'oltraggio), e soprattutto in Giraut de Borneil, <i>De chantar</i> 45-8 Q'eissa chavalairia / val meinz, e drudaria, / pos gardet son pron ni son dan, / non fon mestiers de <i>fin</i> aman.","Giraut de Borneil, De chantar 45-8 «Q'eissa chavalairia / val meinz, e drudaria, / pos gardet son pron ni son dan, / non fon mestiers de fin aman»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_chantar_mi_for_antremes,De chantar mi for' antremes,Giraut de Bornelh,http://dbpedia.org/resource/Giraut_de_Bornelh,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK VILLAN DILETTO,"il mero piacere sessuale, forse con allusione al meretricio (cfr. Brunetto Latini, <i>Tesoretto</i> 1452-6 e molto m'è rubello / chi dispende in bordello / e va perdendo 'l giorno / in femine d'intorno); per il verbo, cfr. Iacopone, <i>Fede, spen e caritate</i> 139 pigliate de me deletto",esoretto 1452-6 «e molto m'è rubello / chi dispende in bordello / e va perdendo 'l giorno / in femine d'intorno»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tesoretto(Brunetto_Latini),Tesoretto,Brunetto Latini,http://dbpedia.org/resource/Brunetto_Latini,http://purl.org/bncf/tid/6929,WORK VILLAN DILETTO,"il mero piacere sessuale, forse con allusione al meretricio (cfr. Brunetto Latini, <i>Tesoretto</i> 1452-6 e molto m'è rubello / chi dispende in bordello / e va perdendo 'l giorno / in femine d'intorno); per il verbo, cfr. Iacopone, <i>Fede, spen e caritate</i> 139 pigliate de me deletto","Iacopone, Fede, spen e caritate 139 «pigliate de me delet- to»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Fede_spen_,"Fede, spen e caritate",Jacopone da Todi,http://dbpedia.org/resource/Jacopone_da_Todi,http://purl.org/bncf/tid/5665,WORK ANCOR ... SIA,"'Benché i cieli siano congiunti in modo tale che'. Secondo il pensiero medievale, stelle e pianeti non influenzano soltanto la vita degli individui ma improntano di sé anche le epoche e il corso degli eventi, sicché variando la posizione dei nove cieli varia l'influenza che questi hanno sulle cose terrestri: la contingenza ... dipende per un verso dalla materia che sovente è mal disposta a ricevere l'impronta del suggello celeste, e per l'altro dalla virtù stessa del cielo, per il variare delle diverse congiunzioni astrali (Nardi 1967, p. 43). È naturalmente dottrina già aristotelica: certum est per Aristotelem quod coelum non solum est causa universalis, sed particularis, omnium rerum inferiorum (Bacone, <i>Opus maius</i>, citato in Gregory 1992, p. 34), che il pensiero cristiano accoglie accordandola con la Rivelazione: virtutem quam habent caelum atque planetae dum futura praesignant atque motu invariabili volvuntur non a se sed a spiritu Domini id habent (Raimondo di Marsiglia, Liber cursuum planetarum, citato in Gregory 1992, p. 194)","«certum est per Aristotelem quod coelum non solum est causa universalis, sed particularis, omnium rerum inferiorum» (Bacone, Opus maius)",CITAZIONE ESPLICITA,http://dbpedia.org/resource/Opus_Majus,Opus maius,Ruggero Bacone,http://dbpedia.org/resource/Roger_Bacon,http://purl.org/bncf/tid/762,WORK ANCOR ... SIA,"'Benché i cieli siano congiunti in modo tale che'. Secondo il pensiero medievale, stelle e pianeti non influenzano soltanto la vita degli individui ma improntano di sé anche le epoche e il corso degli eventi, sicché variando la posizione dei nove cieli varia l'influenza che questi hanno sulle cose terrestri: la contingenza ... dipende per un verso dalla materia che sovente è mal disposta a ricevere l'impronta del suggello celeste, e per l'altro dalla virtù stessa del cielo, per il variare delle diverse congiunzioni astrali (Nardi 1967, p. 43). È naturalmente dottrina già aristotelica: certum est per Aristotelem quod coelum non solum est causa universalis, sed particularis, omnium rerum inferiorum (Bacone, <i>Opus maius</i>, citato in Gregory 1992, p. 34), che il pensiero cristiano accoglie accordandola con la Rivelazione: virtutem quam habent caelum atque planetae dum futura praesignant atque motu invariabili volvuntur non a se sed a spiritu Domini id habent (Raimondo di Marsiglia, Liber cursuum planetarum, citato in Gregory 1992, p. 194)","«virtutem quam habent caelum atque pla- netae dum futura praesignant atque motu invariabili volvuntur non a se sed a spiritu Domini id habent» (Raimondo di Marsiglia, Liber cursuum planetarum)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Liber_cursuum_planetarum,Liber cursuum planetarum,Raimondo di Marsiglia,http://de.dbpedia.org/page/Raymond_von_Marseille,http://purl.org/bncf/tid/7996,WORK PUNTO,"termine tecnico, che indica la disposizione dei pianeti nella volta celeste: cfr. per esempio questo passo di Rolandino da Padova citato in Gregory 1992, p. 346 nota 45: ""elegit Ecelinus hoc punctum et horam talem, credens celestes domos ... favere sibi"".","«elegit Ecelinus hoc punctum et horam talem, credens celestes domos ... favere sibi»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Chronica_in_factis_et_circa_facta_Marchiae_Trivixane,Chronica in factis et circa facta Marchiae Trivixane,Rolandino da Padova,http://dbpedia.org/resource/Rolandino_of_Padua,http://purl.org/bncf/tid/9645,WORK CONTO,"'noto, familiare' (lat. <i>cognitum</i>), dunque 'amico' (cfr. <i>TLIO</i>, s.v.1), come nell'anonima canzone trecentesca Se mia vertute exprimere potesse 9-10 et per che sua notizia io abbo avuta / e più fïate li son conto stato (ed. Mignani 1974, pp. 149-51). 62-3",Se mia vertute exprimere potesse 9-10 «et per che sua notizia io abbo avuta / e più fïate li son conto stato»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Se_mia_vertute_exprimere_potesse,Se mia vertute exprimere potesse,,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK SOTTILE,"'ardua, concettosa': come in <i>Le dolci rime</i> 14 [dirò] con rima aspr'e sottile, dove Dante commenta: e dice sottile quanto a la sentenza de le parole, che sottilmente argomentando e disputando procedono (<i>Cv</i> IV II 13); con questo significato è già nel lessico dei trovatori: Peire Bremon, <i>Ben farai canson plasen</i> 1-4 <i>Ben farai canson plasen</i>, / si puosc, qu'er leus per cantar, / car dison ce mon trobar / comensiei trop sotilmen.","Ben farai canson plasen 1-4 «Ben farai canson plasen, / si puosc, qu'er leus per cantar, / car dison ce mon trobar / comensiei trop sotilmen».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ben_farai_canson_plasen,Ben farai canson plasen,Peire Bremon Ricas Novas,http://dbpedia.org/resource/Peire_Bremon_Ricas_Novas,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK NON SO CUI,"'non so a beneficio di <i>chi</i>, non so con <i>chi</i>' (perché, come dirà l'ultimo verso, color che vivon fanno tutti contra); normale l'uso di <i>cui</i> al caso obliquo in luogo di <i>chi</i> (cfr. Rohlfs § 488). Una canzone pseudo-cavalcantiana inizia I' <i>parlo, e non so a cui</i> (ed. Cicciaporci 1813); ma la somiglianza – non solo per le parole ma anche per la sostanza delle cose dette – è soprattutto con Giraut de Borneil, Los aplechs 1-6 Los aplechs / ab qu'eu solh / chantar, e·l bo talan / ai eu, c'avi' antan; / mas car no trop ab <i>cui</i>, / no·m deport ni·m desdui.","inizia I' parlo, e non so a cui",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/I_parlo_e_non_so_a_cui,"I' parlo, e non so a cui",Cavalcanti (ps.),http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Cavalcanti_(ps),http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK NON SO CUI,"'non so a beneficio di <i>chi</i>, non so con <i>chi</i>' (perché, come dirà l'ultimo verso, color che vivon fanno tutti contra); normale l'uso di <i>cui</i> al caso obliquo in luogo di <i>chi</i> (cfr. Rohlfs § 488). Una canzone pseudo-cavalcantiana inizia I' <i>parlo, e non so a cui</i> (ed. Cicciaporci 1813); ma la somiglianza – non solo per le parole ma anche per la sostanza delle cose dette – è soprattutto con Giraut de Borneil, Los aplechs 1-6 Los aplechs / ab qu'eu solh / chantar, e·l bo talan / ai eu, c'avi' antan; / mas car no trop ab <i>cui</i>, / no·m deport ni·m desdui.","Giraut de Borneil, Los aplechs 1-6 «Los aplechs / ab qu'eu solh / chantar, e·l bo talan / ai eu, c'avi' antan; / mas car no trop ab cui, / no·m deport ni·m desdui»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Los_Aplechs,Los Aplechs,Giraut de Bornelh,http://dbpedia.org/resource/Giraut_de_Bornelh,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK SARÀ ... ANNODA,"la formula ('virtù o qualcosa che si accompagna alla virtù') ricalca per esempio quella che Aristotele usa per definire l'amicizia nell'<i>Etica Nicomachea</i> 1155a 3-4 Est enim virtus quedam vel cum virtute. Per questo stesso uso astratto del verbo cfr. Peire Cardenal, <i>Tal cuida be</i> 7-8 malvestatz si noza [s'annoda] / en tal. 77-95",definire l'amicizia nell'Etica Nicomachea 1155a 3-4 «Est enim virtus quedam vel cum virtute»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Nicomachean_Ethics,Ethica Nicomachea,Aristotele,http://dbpedia.org/resource/Aristotle,http://purl.org/bncf/tid/19144,WORK SARÀ ... ANNODA,"la formula ('virtù o qualcosa che si accompagna alla virtù') ricalca per esempio quella che Aristotele usa per definire l'amicizia nell'<i>Etica Nicomachea</i> 1155a 3-4 Est enim virtus quedam vel cum virtute. Per questo stesso uso astratto del verbo cfr. Peire Cardenal, <i>Tal cuida be</i> 7-8 malvestatz si noza [s'annoda] / en tal. 77-95","Peire Cardenal, Tal cuida be 7-8 «malvestatz si noza [s'an- noda] / en tal».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tals_cuida_be,Tals cuida be,Peire Cardenal,http://dbpedia.org/resource/Peire_Cardenal,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK NON È PURA ... FIGURA,"Quinta stanza. Definizione della leggiadria nella quale è da sottolineare soprattutto questo, perché più lontano dalla nostra <i>forma mentis</i>: la dottrina che nel Medioevo suddivide rigorosamente la società in ordini o <i>status</i> influenza anche la concezione del mondo morale, sicché esistono virtù adatte, consone ad alcune condizioni o mestieri e inadatte ad altri. Ciò spiega perché qui Dante cominci col dire a chi spetti e, prima ancora, a chi non spetti la leggiadria; portata <i>ad absurdum</i>, è l'idea espressa in <i>Cv</i> I VIII 5 (e anche qui la distinzione mette su fronti opposti cavalieri e scienziati): ma non è perfetto bene ..., come quando uno cavaliere donasse ad uno medico uno scudo, e quando uno medico donasse a uno cavaliere inscritti li <i>Aphorismi</i>. Quanto all'ordine dell'argomentazione, negare (la leggiadria non appartiene a...) e poi affermare (appartiene invece a...) è quanto Dante fa per esempio anche nella canzone-gemella <i>Le dolci rime</i> 15-7 ""riprovando 'l giudicio falso e vile / di quei che voglion che di gentilezza / sia principio ricchezza"". E la ragione di questo procedimento è spiegata da Dante stesso nel commento: ""prima si ripruova lo falso, e poi si tratta lo vero; e ciò perché così facendo la veritade meglio si fa apparire"". È con tutta evidenza la tecnica della <i>quaestio</i>, e ancora più a monte del metodo dialettico di Aristotele, il quale sempre prima combatteo con li avversari de la veritade e poi, quelli convinti, la veritade mostroe (<i>Cv</i> IV II 16).",,CONCORDANZA STRINGENTE,,,Aristotele,http://dbpedia.org/resource/Aristotle,http://purl.org/bncf/tid/19144,WORK PURA VIRTÙ,"lo zelo classificatorio dei medievali distingue anche tra virtù – o sentimenti, emozioni – pure e impure: cfr. per esempio Andrea Cappellano, <i>De amore</i>, p. 182: amor quidam est purus, et quidam dicitur esse mixtum","ndrea Cappellano, De amore, p. 182: «amor quidam est purus, et quidam dicitur esse mixtum»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/De_amore_(Andreas_Capellanus),De amore,Andrea Cappellano,http://dbpedia.org/resource/Andreas_Capellanus,http://purl.org/bncf/tid/23856,WORK ABITO ... TENE,"è l'<i>habitus</i> nel senso aristotelico e ciceroniano di 'condizione, attitudine, disposizione' a compiere una certa azione o ad adoperare una certa facoltà: <i>habitus</i> dispositio di-citur secundum quam bene vel male disponitur dispositum (Aristotele, <i>Metafisica</i> 1022b 11-2). Quanto all'abito di scienza 'attitudine, disposizione alla conoscenza', cfr. <i>Cv</i> I I 2, dove Dante indica le cagioni che dentro a l'uomo e fuori da esso lui rimovono da l'abito di scienza (e cfr. la nota di Vasoli <i>ad locum</i> col rinvio all'<i>Etica</i> di Aristotele e al commento di Tommaso in cui si spiega in che senso la scienza sia <i>habitus</i> demonstrativus).",,CONCORDANZA STRINGENTE,,,Cicerone,http://dbpedia.org/resource/Cicero,http://purl.org/bncf/tid/25917,WORK ABITO ... TENE,"è l'<i>habitus</i> nel senso aristotelico e ciceroniano di 'condizione, attitudine, disposizione' a compiere una certa azione o ad adoperare una certa facoltà: <i>habitus</i> dispositio di-citur secundum quam bene vel male disponitur dispositum (Aristotele, <i>Metafisica</i> 1022b 11-2). Quanto all'abito di scienza 'attitudine, disposizione alla conoscenza', cfr. <i>Cv</i> I I 2, dove Dante indica le cagioni che dentro a l'uomo e fuori da esso lui rimovono da l'abito di scienza (e cfr. la nota di Vasoli <i>ad locum</i> col rinvio all'<i>Etica</i> di Aristotele e al commento di Tommaso in cui si spiega in che senso la scienza sia <i>habitus</i> demonstrativus).","«habitus dispositio dicitur secundum quam bene vel male disponitur dispositum» (Aristotele, Metafisica 1022b 11-2).",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Metaphysics_(Aristotle),Metaphysica (Aristotele),Aristotele,http://dbpedia.org/resource/Aristotle,http://purl.org/bncf/tid/19144,WORK ABITO ... TENE,"è l'<i>habitus</i> nel senso aristotelico e ciceroniano di 'condizione, attitudine, disposizione' a compiere una certa azione o ad adoperare una certa facoltà: <i>habitus</i> dispositio di-citur secundum quam bene vel male disponitur dispositum (Aristotele, <i>Metafisica</i> 1022b 11-2). Quanto all'abito di scienza 'attitudine, disposizione alla conoscenza', cfr. <i>Cv</i> I I 2, dove Dante indica le cagioni che dentro a l'uomo e fuori da esso lui rimovono da l'abito di scienza (e cfr. la nota di Vasoli <i>ad locum</i> col rinvio all'<i>Etica</i> di Aristotele e al commento di Tommaso in cui si spiega in che senso la scienza sia <i>habitus</i> demonstrativus).",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Nicomachean_Ethics,Ethica Nicomachea,Aristotele,http://dbpedia.org/resource/Aristotle,http://purl.org/bncf/tid/19144,WORK ABITO ... TENE,"è l'<i>habitus</i> nel senso aristotelico e ciceroniano di 'condizione, attitudine, disposizione' a compiere una certa azione o ad adoperare una certa facoltà: <i>habitus</i> dispositio di-citur secundum quam bene vel male disponitur dispositum (Aristotele, <i>Metafisica</i> 1022b 11-2). Quanto all'abito di scienza 'attitudine, disposizione alla conoscenza', cfr. <i>Cv</i> I I 2, dove Dante indica le cagioni che dentro a l'uomo e fuori da esso lui rimovono da l'abito di scienza (e cfr. la nota di Vasoli <i>ad locum</i> col rinvio all'<i>Etica</i> di Aristotele e al commento di Tommaso in cui si spiega in che senso la scienza sia <i>habitus</i> demonstrativus).",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sententia_libri_Ethicorum(Tommaso),Sententia libri Ethicorum,Tommaso,http://dbpedia.org/resource/Thomas_Aquinas,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK MISCHIATA,"è vocabolo tecnico ... della terminologia filosofico-scolastica. San Tommaso nel commento all'<i>Etica</i> dice della <i>continentia</i> che, cum sit laudabilis, non est virtus, sed habet aliquid virtutis admixtum (<i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>); e cfr. la nota al v. 76. 85-8","«cum sit laudabilis, non est virtus, sed habet aliquid virtutis admixtum»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sententia_libri_Ethicorum(Tommaso),Sententia libri Ethicorum,Tommaso,http://dbpedia.org/resource/Thomas_Aquinas,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK SOLLAZZO,"sul significato del termine per Dante si dilungano <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, commentando il luogo del <i>Convivio</i> in cui si parla della virtù chiamata Eutrapelia, la quale modera noi ne li sollazzi facendo, quelli usando debitamente (IV XVII 6). Ma la definizione a cui giungono (giochi e divertimenti in uso nella società mondana), se è forse calzante per quel brano del trattato, è poi troppo specifica per questo <i>sollazzo</i>, che avrà lo stesso grado di astrazione dell'<i>amore</i> e dell'opera <i>perfetta</i>: è il solatz dei trovatori, la virtù tipica dell'intelligenza e della cultura, o almeno di quella cortese, con uno spettro di significati che va da 'piacevole compagnia' a 'divertimento, gioia' (cfr. <i>SW</i> VII, pp. 772- 7; <i>GAVI</i>, s.v.; Wettstein 1974, p. 53; Fenzi 1991, pp. 249-80; la citazione da Violante 1995, p. 38). Anche Raimon de Miraval, come Dante, fa del <i>sollazzo</i> una prerogativa dei cavalieri: <i>Dels quatre mestiers valens</i> 1-4 <i>Dels quatre mestiers valens</i> / per que cavallier an pretz / es bel solatz avinens / us dels melhors; e lo stesso fa l'anonimo autore della <i>Ragione nova d</i>'<i>amore</i>, fornendo anche la definizione di <i>sollazzo</i> più calzante per il verso dantesco: El vero sollaçço è uno allegro sentimento de parlare e delecto de buono animo, el quale è una delle più delectevoli arti de cavalleria (p",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT SOLLAZZO,"sul significato del termine per Dante si dilungano <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, commentando il luogo del <i>Convivio</i> in cui si parla della virtù chiamata Eutrapelia, la quale modera noi ne li sollazzi facendo, quelli usando debitamente (IV XVII 6). Ma la definizione a cui giungono (giochi e divertimenti in uso nella società mondana), se è forse calzante per quel brano del trattato, è poi troppo specifica per questo <i>sollazzo</i>, che avrà lo stesso grado di astrazione dell'<i>amore</i> e dell'opera <i>perfetta</i>: è il solatz dei trovatori, la virtù tipica dell'intelligenza e della cultura, o almeno di quella cortese, con uno spettro di significati che va da 'piacevole compagnia' a 'divertimento, gioia' (cfr. <i>SW</i> VII, pp. 772- 7; <i>GAVI</i>, s.v.; Wettstein 1974, p. 53; Fenzi 1991, pp. 249-80; la citazione da Violante 1995, p. 38). Anche Raimon de Miraval, come Dante, fa del <i>sollazzo</i> una prerogativa dei cavalieri: <i>Dels quatre mestiers valens</i> 1-4 <i>Dels quatre mestiers valens</i> / per que cavallier an pretz / es bel solatz avinens / us dels melhors; e lo stesso fa l'anonimo autore della <i>Ragione nova d</i>'<i>amore</i>, fornendo anche la definizione di <i>sollazzo</i> più calzante per il verso dantesco: El vero sollaçço è uno allegro sentimento de parlare e delecto de buono animo, el quale è una delle più delectevoli arti de cavalleria (p",Dels quatre mestiers valens 1-4 «Dels quatre mestiers valens / per que cavallier an pretz / es bel solatz avinens / us dels melhors»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dels_quatre_mestiers_valens,Dels quatre mestiers valens,Raimon de Miraval,http://dbpedia.org/resource/Raimon_de_Miraval,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK L'OPERA PERFETTA,"è 'l'operazione, l'azione perfetta', il bene che l'operante esercita (<i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>: il pratico esercizio delle virtù morali), ed è formula neotestamentaria: cfr. <i>Iac</i> 1, 4 patientia autem opus [ma nei mss. anche <i>operationem</i>] perfectum habeat (quindi per esempio in Tommaso, <i>Sententia</i>, II <i>lectio</i> 6 et quia perfecta operatio non procedit nisi a perfecto agente). 91-2","Tommaso, Sententia, II lectio 6 «et quia perfecta operatio non procedit nisi a perfecto agente»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sententia_libri_Ethicorum(Tommaso),Sententia libri Ethicorum,Tommaso,http://dbpedia.org/resource/Thomas_Aquinas,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK L'OPERA PERFETTA,"è 'l'operazione, l'azione perfetta', il bene che l'operante esercita (<i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>: il pratico esercizio delle virtù morali), ed è formula neotestamentaria: cfr. <i>Iac</i> 1, 4 patientia autem opus [ma nei mss. anche <i>operationem</i>] perfectum habeat (quindi per esempio in Tommaso, <i>Sententia</i>, II <i>lectio</i> 6 et quia perfecta operatio non procedit nisi a perfecto agente). 91-2","Iac 1, 4 «patien- tia autem opus [ma nei mss. anche operationem] perfectum habeat»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Epistle_of_James,Lettera di Giacomo,Giacomo,http://dbpedia.org/resource/James_the_Just,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_nuovo_testamento,WORK DA QUESTO ... DURA,"'la vera leggiadria è retta, definita da questo terzetto di virtù, e grazie a esse si conserva'. Questo genere di definizioni articolate in trittici (e insomma in una formula come ""per fare la data cosa – virtù, vizio, azione, ecc. – occorrono x, y, z"") ripete un modulo argomentativo molto frequente nella prosa e nella poesia morale: cfr. l'identico schema all'inizio del primo sermone <i>In die Pentecostes</i> di san Bernardo: Porro ad faciendum bonum / quid in nobis Spiritus bonus operatur? / Profecto monet / et movet / et docet. / Monet memoriam, / rationem docet, / movet voluntatem. / <i>In his enim tribus</i> / tota consistit anima nostra (ed. Leclercq 1990, p. 110)","«Porro ad faciendum bo- num / quid in nobis Spiritus bonus operatur? / Profecto monet / et movet / et docet. / Monet memoriam, / rationem docet, / movet voluntatem. / In his enim tribus / tota consistit anima nostra»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sermones_(Bernardo_di_Chiaravalle),Sermones (Bernardo di Chiaravalle),Bernardo di Chiaravalle,http://dbpedia.org/resource/Bernard_of_Clairvaux,http://purl.org/bncf/tid/1546,WORK IN ESSER DURA,"nelle definizioni formali delle virtù, delle disposizioni spirituali, delle passioni, s'indicava anche il modo in cui la cosa si mantiene, restando ciò che è: cfr. per esempio la <i>Ragione nova d</i>'<i>amore</i>, p",,CONCORDANZA STRINGENTE,,,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK IN ESSER DURA,"nelle definizioni formali delle virtù, delle disposizioni spirituali, delle passioni, s'indicava anche il modo in cui la cosa si mantiene, restando ciò che è: cfr. per esempio la <i>Ragione nova d</i>'<i>amore</i>, p",,CONCORDANZA GENERICA,,,Bonagiunta Orbicciani,http://dbpedia.org/resource/Bonagiunta_Orbicciani,http://purl.org/bncf/tid/3066,CONCEPT SÌ COME IL SOLE ... FIGURA,"che il sole si definisca in virtù di tre qualità o componenti è, nel Medioevo, un luogo comune: cfr. per esempio il <i>Secretum secretorum</i>, dove si afferma che l'anima possiede tres vires ..., sicut lumen solis in partibus aeris (p. 130); o i commenti al metro III 9 della <i>Consolatio</i>: quello di Remigio di Auxerre, Sol triplicis naturae est: habet enim esse, habet calere, habet et splendescere (dove la congruenza con Dante è pressoché perfetta: luce, calore, essere-operare); o il commento anonimo studiato da Dronke 1974: <i>Tu triplicis</i>, id est solis, qui lucet, fovet, incendit (p. 157). Ma l'idea della triplice natura del sole trovava soprattutto un'ovvia applicazione nella teologia cristiana, e anche per cogliere <i>in re</i> la commistione delle retoriche, cioè la mutuazione, da parte di un laico, di un'immagine legata piuttosto alla sfera del sacro, bisogna sottolineare che qui Dante si serve di un paragone che sin dai Padri veniva adoperato per spiegare il mistero della Trinità: come questa è composta da tre persone legate in un'unica essenza, allo stesso modo le tre qualità del sole formano un sinolo, un'unità. Il paragone risale almeno ad Agostino: Ergo, quomodo in hoc sole tria quaedam licet animadvertere: quod est, quod fulget, quod illuminat: ita in illo secretissimo Deo quem vis intelligere, tria quaedam sunt: quod est, quod intelligitur, et quod cetera facit intelligi (<i>Soliloqui</i> I 8, in <i>PL</i> 32, 877); e si trova poi per esempio, con varianti, in Fulberto: In sole sunt tres naturaliter, sphaera, claritas, color. Sphaera solis naturaliter est splendens et calens. Summus Pater naturaliter est sapiens et amans; sphaera solis et splendor et calor non sunt tres soles, sed unus sol (citato in Ziltener 1972, pp. 101-2; e per altri esempi cfr. Stabile 2007, pp. 333-4)","Secretum secretorum - «tres vires ..., sicut lumen solis in partibus aeris»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Secretum_Secretorum,Secretum secretorum,Aristotele (ps.),http://dbpedia.org/resource/Pseudo-Aristotle,http://purl.org/bncf/tid/19144,WORK SÌ COME IL SOLE ... FIGURA,"che il sole si definisca in virtù di tre qualità o componenti è, nel Medioevo, un luogo comune: cfr. per esempio il <i>Secretum secretorum</i>, dove si afferma che l'anima possiede tres vires ..., sicut lumen solis in partibus aeris (p. 130); o i commenti al metro III 9 della <i>Consolatio</i>: quello di Remigio di Auxerre, Sol triplicis naturae est: habet enim esse, habet calere, habet et splendescere (dove la congruenza con Dante è pressoché perfetta: luce, calore, essere-operare); o il commento anonimo studiato da Dronke 1974: <i>Tu triplicis</i>, id est solis, qui lucet, fovet, incendit (p. 157). Ma l'idea della triplice natura del sole trovava soprattutto un'ovvia applicazione nella teologia cristiana, e anche per cogliere <i>in re</i> la commistione delle retoriche, cioè la mutuazione, da parte di un laico, di un'immagine legata piuttosto alla sfera del sacro, bisogna sottolineare che qui Dante si serve di un paragone che sin dai Padri veniva adoperato per spiegare il mistero della Trinità: come questa è composta da tre persone legate in un'unica essenza, allo stesso modo le tre qualità del sole formano un sinolo, un'unità. Il paragone risale almeno ad Agostino: Ergo, quomodo in hoc sole tria quaedam licet animadvertere: quod est, quod fulget, quod illuminat: ita in illo secretissimo Deo quem vis intelligere, tria quaedam sunt: quod est, quod intelligitur, et quod cetera facit intelligi (<i>Soliloqui</i> I 8, in <i>PL</i> 32, 877); e si trova poi per esempio, con varianti, in Fulberto: In sole sunt tres naturaliter, sphaera, claritas, color. Sphaera solis naturaliter est splendens et calens. Summus Pater naturaliter est sapiens et amans; sphaera solis et splendor et calor non sunt tres soles, sed unus sol (citato in Ziltener 1972, pp. 101-2; e per altri esempi cfr. Stabile 2007, pp. 333-4)","III 9 della Consolatio: quello di Remigio di Auxerre, «Sol triplicis naturae est: habet enim esse, habet calere, habet et splendescere»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Anc_no_m_parti_de_solatz,Commento a De consolatione philosophiae di Boezio,Remigio d'Auxerre,http://dbpedia.org/resource/Remigius_of_Auxerre,http://purl.org/bncf/tid/762,WORK SÌ COME IL SOLE ... FIGURA,"che il sole si definisca in virtù di tre qualità o componenti è, nel Medioevo, un luogo comune: cfr. per esempio il <i>Secretum secretorum</i>, dove si afferma che l'anima possiede tres vires ..., sicut lumen solis in partibus aeris (p. 130); o i commenti al metro III 9 della <i>Consolatio</i>: quello di Remigio di Auxerre, Sol triplicis naturae est: habet enim esse, habet calere, habet et splendescere (dove la congruenza con Dante è pressoché perfetta: luce, calore, essere-operare); o il commento anonimo studiato da Dronke 1974: <i>Tu triplicis</i>, id est solis, qui lucet, fovet, incendit (p. 157). Ma l'idea della triplice natura del sole trovava soprattutto un'ovvia applicazione nella teologia cristiana, e anche per cogliere <i>in re</i> la commistione delle retoriche, cioè la mutuazione, da parte di un laico, di un'immagine legata piuttosto alla sfera del sacro, bisogna sottolineare che qui Dante si serve di un paragone che sin dai Padri veniva adoperato per spiegare il mistero della Trinità: come questa è composta da tre persone legate in un'unica essenza, allo stesso modo le tre qualità del sole formano un sinolo, un'unità. Il paragone risale almeno ad Agostino: Ergo, quomodo in hoc sole tria quaedam licet animadvertere: quod est, quod fulget, quod illuminat: ita in illo secretissimo Deo quem vis intelligere, tria quaedam sunt: quod est, quod intelligitur, et quod cetera facit intelligi (<i>Soliloqui</i> I 8, in <i>PL</i> 32, 877); e si trova poi per esempio, con varianti, in Fulberto: In sole sunt tres naturaliter, sphaera, claritas, color. Sphaera solis naturaliter est splendens et calens. Summus Pater naturaliter est sapiens et amans; sphaera solis et splendor et calor non sunt tres soles, sed unus sol (citato in Ziltener 1972, pp. 101-2; e per altri esempi cfr. Stabile 2007, pp. 333-4)","Agostino: «Ergo, quomodo in hoc sole tria quaedam licet animadvertere: quod est, quod fulget, quod illuminat: ita in illo secretissimo Deo quem vis intelligere, tria quae- dam sunt: quod est, quod intelligitur, et quod cetera facit intelligi» (Soliloqui I 8, in PL 32, 877)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Soliloquia,Soliloquia,Agostino,http://dbpedia.org/resource/Augustine_of_Hippo,http://purl.org/bncf/tid/762,WORK SÌ COME IL SOLE ... FIGURA,"che il sole si definisca in virtù di tre qualità o componenti è, nel Medioevo, un luogo comune: cfr. per esempio il <i>Secretum secretorum</i>, dove si afferma che l'anima possiede tres vires ..., sicut lumen solis in partibus aeris (p. 130); o i commenti al metro III 9 della <i>Consolatio</i>: quello di Remigio di Auxerre, Sol triplicis naturae est: habet enim esse, habet calere, habet et splendescere (dove la congruenza con Dante è pressoché perfetta: luce, calore, essere-operare); o il commento anonimo studiato da Dronke 1974: <i>Tu triplicis</i>, id est solis, qui lucet, fovet, incendit (p. 157). Ma l'idea della triplice natura del sole trovava soprattutto un'ovvia applicazione nella teologia cristiana, e anche per cogliere <i>in re</i> la commistione delle retoriche, cioè la mutuazione, da parte di un laico, di un'immagine legata piuttosto alla sfera del sacro, bisogna sottolineare che qui Dante si serve di un paragone che sin dai Padri veniva adoperato per spiegare il mistero della Trinità: come questa è composta da tre persone legate in un'unica essenza, allo stesso modo le tre qualità del sole formano un sinolo, un'unità. Il paragone risale almeno ad Agostino: Ergo, quomodo in hoc sole tria quaedam licet animadvertere: quod est, quod fulget, quod illuminat: ita in illo secretissimo Deo quem vis intelligere, tria quaedam sunt: quod est, quod intelligitur, et quod cetera facit intelligi (<i>Soliloqui</i> I 8, in <i>PL</i> 32, 877); e si trova poi per esempio, con varianti, in Fulberto: In sole sunt tres naturaliter, sphaera, claritas, color. Sphaera solis naturaliter est splendens et calens. Summus Pater naturaliter est sapiens et amans; sphaera solis et splendor et calor non sunt tres soles, sed unus sol (citato in Ziltener 1972, pp. 101-2; e per altri esempi cfr. Stabile 2007, pp. 333-4)","Fulberto: «In sole sunt tres naturaliter, sphaera, claritas, color. Sphaera solis naturaliter est splendens et calens. Summus Pater na- turaliter est sapiens et amans; sphaera solis et splendor et calor non sunt tres soles, sed unus sol»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Patrologiae_cursus_completus,Patrologiae cursus completus,Fulberto di Chartres,http://dbpedia.org/resource/Fulbert_of_Chartres,http://purl.org/bncf/tid/1546,WORK PIANETO,"'<i>pianeta</i>' (con metaplasmo di declinazione) è ogni corpo celeste che ruota intorno a un astro: così, nella concezione tolemaica, il sole (il gran <i>pianeto</i>) intorno alla terra (cfr. Guittone, <i>La planeta</i> 1-2 <i>La planeta</i> ... de lo chiar sole). 97-8","Guittone, La planeta 1-2 «La planeta ... de lo chiar sole»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/La_planeta_mi_pare_oscurata,La planeta mi pare oscurata,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK SÌ ... DISPOSTA,"la materia assorbe la vita e la virù del sole a seconda della sua innata disposizione. È il principio fissato da Aristotele nel <i>De anima</i> 414a 11-2 Actus enim agentium in eo quod patitur atque disponitur esse, inesse videtur, e poi largamente diffuso nel pensiero antico e medievale: cfr. per esempio <i>Liber de causis</i> XX 158 Et diversificantur bonitates et dona ex concursu recipientis. Quod est: quia recipientia bonitates non recipiunt aequaliter, immo quaedam eorum recipiunt plus, quaedam vero minus. Dante cita il passo del <i>De anima</i> prima in <i>Cv</i> II IX 7, quindi in <i>Cv</i> IV XX 7 Ché, secondo dice lo Filosofo nel secondo de l'Anima, ""le cose convengono essere disposte a li loro agenti, e a ricevere li loro atti""; onde se l'anima è imperfettamente posta, non è disposta a ricevere questa benedetta e divina infusione (cfr. le note di Vasoli a questi passi). Con specifico riferimento alla potenza del sole, diversamente recepita dagli oggetti del cosmo, cfr. Alberto Magno, <i>De caelo et mundo</i> II <i>tract</i>. 3.6 omnis stella caeli illuminatur a sole sicut et luna. Sed est differens receptio luminis in ipsis, quia licet omnes conveniant in hoc quod recipiunt lumen, tamen differunt in virtute recipiendi, sicut differunt in nobilitate naturae.","De anima 414a 11-2 «Actus enim agentium in eo quod patitur atque disponitur esse, inesse videtur»,",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/On_the_Soul,De anima (Aristotele),Aristotele,http://dbpedia.org/resource/Aristotle,http://purl.org/bncf/tid/19144,WORK SÌ ... DISPOSTA,"la materia assorbe la vita e la virù del sole a seconda della sua innata disposizione. È il principio fissato da Aristotele nel <i>De anima</i> 414a 11-2 Actus enim agentium in eo quod patitur atque disponitur esse, inesse videtur, e poi largamente diffuso nel pensiero antico e medievale: cfr. per esempio <i>Liber de causis</i> XX 158 Et diversificantur bonitates et dona ex concursu recipientis. Quod est: quia recipientia bonitates non recipiunt aequaliter, immo quaedam eorum recipiunt plus, quaedam vero minus. Dante cita il passo del <i>De anima</i> prima in <i>Cv</i> II IX 7, quindi in <i>Cv</i> IV XX 7 Ché, secondo dice lo Filosofo nel secondo de l'Anima, ""le cose convengono essere disposte a li loro agenti, e a ricevere li loro atti""; onde se l'anima è imperfettamente posta, non è disposta a ricevere questa benedetta e divina infusione (cfr. le note di Vasoli a questi passi). Con specifico riferimento alla potenza del sole, diversamente recepita dagli oggetti del cosmo, cfr. Alberto Magno, <i>De caelo et mundo</i> II <i>tract</i>. 3.6 omnis stella caeli illuminatur a sole sicut et luna. Sed est differens receptio luminis in ipsis, quia licet omnes conveniant in hoc quod recipiunt lumen, tamen differunt in virtute recipiendi, sicut differunt in nobilitate naturae.","Liber de causis XX 158 «Et diversificantur bonitates et dona ex concursu recipientis. Quod est: quia recipientia bonitates non recipiunt aequaliter, immo quaedam eorum recipiunt plus, quaedam vero minus».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Liber_de_Causis,Liber de causis,Aristotele (ps.),http://dbpedia.org/resource/Pseudo-Aristotle,http://purl.org/bncf/tid/19144,WORK SÌ ... DISPOSTA,"la materia assorbe la vita e la virù del sole a seconda della sua innata disposizione. È il principio fissato da Aristotele nel <i>De anima</i> 414a 11-2 Actus enim agentium in eo quod patitur atque disponitur esse, inesse videtur, e poi largamente diffuso nel pensiero antico e medievale: cfr. per esempio <i>Liber de causis</i> XX 158 Et diversificantur bonitates et dona ex concursu recipientis. Quod est: quia recipientia bonitates non recipiunt aequaliter, immo quaedam eorum recipiunt plus, quaedam vero minus. Dante cita il passo del <i>De anima</i> prima in <i>Cv</i> II IX 7, quindi in <i>Cv</i> IV XX 7 Ché, secondo dice lo Filosofo nel secondo de l'Anima, ""le cose convengono essere disposte a li loro agenti, e a ricevere li loro atti""; onde se l'anima è imperfettamente posta, non è disposta a ricevere questa benedetta e divina infusione (cfr. le note di Vasoli a questi passi). Con specifico riferimento alla potenza del sole, diversamente recepita dagli oggetti del cosmo, cfr. Alberto Magno, <i>De caelo et mundo</i> II <i>tract</i>. 3.6 omnis stella caeli illuminatur a sole sicut et luna. Sed est differens receptio luminis in ipsis, quia licet omnes conveniant in hoc quod recipiunt lumen, tamen differunt in virtute recipiendi, sicut differunt in nobilitate naturae.","Alberto Magno, De caelo et mundo II tract. 3.6 «omnis stella caeli illuminatur a sole sicut et luna. Sed est differens receptio luminis in ipsis, quia licet omnes conveniant in hoc quod recipiunt lumen, tamen differunt in virtute recipiendi, sicut differunt in nobilitate naturae»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_Coelo_et_Mundo(Alberto_Magno),De coelo et mundo,Alberto Magno,http://dbpedia.org/resource/Albertus_Magnus,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK COR GENTILE,è la formula che apre la più famosa canzone di Guinizelli: il che serve a ricordare come nel terzetto che regge la leggiadria ci sia anche l'amore (v. 90),,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Al_cor_gentil_rempaira_sempre_amore(Guinizzelli),Al cor gentil rempaira sempre amore,Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DONA E RICEVE ... CONTRA,"La settima stanza perfeziona la descrizione della leggiadria: e dal cielo si scende sulla terra, da ciò che essa è in essenza, filosoficamente, ai suoi effetti sulle azioni degli uomini che la posseggono (appunto, l'<i>opera perfetta</i>). Il leggiadro dà e prende liberalmente, è piacevole nella conversazione, ama ed è amato dai saggi, mentre è indifferente al giudizio di chi saggio non è; non è arrogante ma sa mostrare il suo valore quando occorre. Splendido modello di uomo, in un mondo che però fa tutto il contrario!","Pus s'enfulleysson li verjan 50 «ricx fora prenden e donan»; Bertran de Born, Anc no·s poc far maior anta 45 «e sai toli'e donava»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Pus_s_enfulleysson_li_verjan,Pus s'enfulleysson li verjan,Marcabru,http://dbpedia.org/resource/Marcabru,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK DONA E RICEVE,"in <i>Cv</i> IV XVII 4 Dante spiega che la liberalità è moderatrice del nostro dare e del nostro ricevere le cose temporali. Ma l'idea che il magnanimo, il vero liberale, ""molto prenda e molto doni"" è una costante nell'immaginario dei popoli (L'obbligo di donare, l'<i>obbligo di ricevere</i> s'intitola un paragrafo del Saggio sul dono di Mauss), quindi un <i>topos</i> cortese: cfr. Marcabru, <i>Pus s</i>'<i>enfulleysson li verjan</i> 50 ricx fora prenden e donan; Bertran de Born, <i>Anc no·s poc far maior anta</i> 45 e sai toli'e donava (e per altri esempi cfr. Giunta 1995, p. 158, e Giunta 1998, p. 275)",Pus s'enfulleysson li verjan 50 «ricx fora prenden e donan»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Pus_s_enfulleysson_li_verjan,Pus s'enfulleysson li verjan,Marcabru,http://dbpedia.org/resource/Marcabru,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK DONA E RICEVE,"in <i>Cv</i> IV XVII 4 Dante spiega che la liberalità è moderatrice del nostro dare e del nostro ricevere le cose temporali. Ma l'idea che il magnanimo, il vero liberale, ""molto prenda e molto doni"" è una costante nell'immaginario dei popoli (L'obbligo di donare, l'<i>obbligo di ricevere</i> s'intitola un paragrafo del Saggio sul dono di Mauss), quindi un <i>topos</i> cortese: cfr. Marcabru, <i>Pus s</i>'<i>enfulleysson li verjan</i> 50 ricx fora prenden e donan; Bertran de Born, <i>Anc no·s poc far maior anta</i> 45 e sai toli'e donava (e per altri esempi cfr. Giunta 1995, p. 158, e Giunta 1998, p. 275)","Bertran de Born, Anc no·s poc far maior anta 45 «e sai toli'e donava»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Anc_no_s_poc_far_maior_anta,Anc no·s poc far maior anta,Bertran de Born,http://dbpedia.org/resource/Bertran_de_Born,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK NÉ 'L SOLE ... AIUTO,"continua il paragone con il gran pianeto, salvo il fatto che, mentre nella stanza precedente era la leggiadria a essere eguagliata al sole, qui il paragone è tra il sole e l'uomo leggiadro: è lui che è nobile e generoso come il sole. 'Né si duole il sole per il fatto che illumina le stelle, né per il fatto di ricavare da esse un aiuto nella sua azione sulle cose terrestri (suo <i>effetto</i>)': perché, come osservano <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, l'influenza del sole varia a seconda della sua posizione rispetto alle costellazioni, e a quella delle costellazioni si somma. Era nozione corrente che gli astri non fossero dotati di luce propria ma riflettessero quella del sole: cfr. per esempio, oltre al brano di Alberto Magno citato nella nota al v. 101, lo pseudo-Galeno, p. 273: Metrodorus omnes stellas fixas lumen a sole accipere putat, e Moore 1903, p. 44; così si spiega per esempio la similitudine di <i>Pd</i> XXIII 28-30 vid'io sopra migliaia di lucerne / un sol che tutte quante l'accendea, / come fa 'l nostro le viste superne. È notevole (e in linea con quanto osservato a proposito della triplice natura del sole, vv. 93-5) il fatto che l'idea che l'astro, illuminando, resti integro era stata usata dagli scrittori cristiani per spiegare il concepimento di Cristo (traggo entrambi i brani da Ziltener 1972, p. 100 nota 2): Et sicut radius processit a stella, stella integra permanente, sic filius ex Vergine (Pier Damiani); sine sui corruptione sidus suum emittit radium (san Bernardo)","Alberto Magno, De caelo et mundo II tract. 3.6 «omnis stella caeli illuminatur a sole sicut et luna. Sed est differens receptio luminis in ipsis, quia licet omnes conveniant in hoc quod recipiunt lumen, tamen differunt in virtute recipiendi, sicut differunt in nobilitate naturae»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_Coelo_et_Mundo(Alberto_Magno),De coelo et mundo,Alberto Magno,http://dbpedia.org/resource/Albertus_Magnus,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK NÉ 'L SOLE ... AIUTO,"continua il paragone con il gran pianeto, salvo il fatto che, mentre nella stanza precedente era la leggiadria a essere eguagliata al sole, qui il paragone è tra il sole e l'uomo leggiadro: è lui che è nobile e generoso come il sole. 'Né si duole il sole per il fatto che illumina le stelle, né per il fatto di ricavare da esse un aiuto nella sua azione sulle cose terrestri (suo <i>effetto</i>)': perché, come osservano <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, l'influenza del sole varia a seconda della sua posizione rispetto alle costellazioni, e a quella delle costellazioni si somma. Era nozione corrente che gli astri non fossero dotati di luce propria ma riflettessero quella del sole: cfr. per esempio, oltre al brano di Alberto Magno citato nella nota al v. 101, lo pseudo-Galeno, p. 273: Metrodorus omnes stellas fixas lumen a sole accipere putat, e Moore 1903, p. 44; così si spiega per esempio la similitudine di <i>Pd</i> XXIII 28-30 vid'io sopra migliaia di lucerne / un sol che tutte quante l'accendea, / come fa 'l nostro le viste superne. È notevole (e in linea con quanto osservato a proposito della triplice natura del sole, vv. 93-5) il fatto che l'idea che l'astro, illuminando, resti integro era stata usata dagli scrittori cristiani per spiegare il concepimento di Cristo (traggo entrambi i brani da Ziltener 1972, p. 100 nota 2): Et sicut radius processit a stella, stella integra permanente, sic filius ex Vergine (Pier Damiani); sine sui corruptione sidus suum emittit radium (san Bernardo)","«Et sicut radius processit a stella, stella integra permanente, sic filius ex Vergine» (Pier Damiani);",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sermones(Pier_Damiani),Sermones (Pier Damiani),Pier Damiani,http://dbpedia.org/resource/Peter_Damian,http://purl.org/bncf/tid/1546,WORK NÉ 'L SOLE ... AIUTO,"continua il paragone con il gran pianeto, salvo il fatto che, mentre nella stanza precedente era la leggiadria a essere eguagliata al sole, qui il paragone è tra il sole e l'uomo leggiadro: è lui che è nobile e generoso come il sole. 'Né si duole il sole per il fatto che illumina le stelle, né per il fatto di ricavare da esse un aiuto nella sua azione sulle cose terrestri (suo <i>effetto</i>)': perché, come osservano <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, l'influenza del sole varia a seconda della sua posizione rispetto alle costellazioni, e a quella delle costellazioni si somma. Era nozione corrente che gli astri non fossero dotati di luce propria ma riflettessero quella del sole: cfr. per esempio, oltre al brano di Alberto Magno citato nella nota al v. 101, lo pseudo-Galeno, p. 273: Metrodorus omnes stellas fixas lumen a sole accipere putat, e Moore 1903, p. 44; così si spiega per esempio la similitudine di <i>Pd</i> XXIII 28-30 vid'io sopra migliaia di lucerne / un sol che tutte quante l'accendea, / come fa 'l nostro le viste superne. È notevole (e in linea con quanto osservato a proposito della triplice natura del sole, vv. 93-5) il fatto che l'idea che l'astro, illuminando, resti integro era stata usata dagli scrittori cristiani per spiegare il concepimento di Cristo (traggo entrambi i brani da Ziltener 1972, p. 100 nota 2): Et sicut radius processit a stella, stella integra permanente, sic filius ex Vergine (Pier Damiani); sine sui corruptione sidus suum emittit radium (san Bernardo)",«sine sui corruptione sidus suum emittit radium» (san Bernardo),CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sermones_(Bernardo_di_Chiaravalle),Sermones (Bernardo di Chiaravalle),Bernardo di Chiaravalle,http://dbpedia.org/resource/Bernard_of_Clairvaux,http://purl.org/bncf/tid/1546,WORK IRA,non direi 'cruccio' (secondo l'uso provenzale) ma proprio l'ira che possono destare parole sciocche o aggressive.,"Brunetto Latini, «però non dir novella, / se non par buona e bella»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tesoretto(Brunetto_Latini),Tesoretto,Brunetto Latini,http://dbpedia.org/resource/Brunetto_Latini,http://purl.org/bncf/tid/6929,WORK NOVELLE,"ha sì il significato generico di 'affari, faccende', come in <i>Quando</i> '<i>l consiglio</i> 3 (e cfr. <i>GDLI</i>, s.v.8), ma qui l'accostamento alle parole altrui fa pensare che si tratti appunto (come nega invece <i>Contini</i>) di 'discorsi, parole', come per esempio in Brunetto Latini, però non dir novella, / se non par buona e bella, e Francesco da Barberino, a tavola conviensi / novelle rie o laide non portare (entrambi citati in <i>GDLI</i>, s.v.3-6); e cfr. Dante stesso, <i>If</i> XXV 38 per che nostra novella ['conversazione, discorso'] si ristette.","«però non dir novella, / se non par buona e bella»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tesoretto(Brunetto_Latini),Tesoretto,Brunetto Latini,http://dbpedia.org/resource/Brunetto_Latini,http://purl.org/bncf/tid/6929,WORK NOVELLE,"ha sì il significato generico di 'affari, faccende', come in <i>Quando</i> '<i>l consiglio</i> 3 (e cfr. <i>GDLI</i>, s.v.8), ma qui l'accostamento alle parole altrui fa pensare che si tratti appunto (come nega invece <i>Contini</i>) di 'discorsi, parole', come per esempio in Brunetto Latini, però non dir novella, / se non par buona e bella, e Francesco da Barberino, a tavola conviensi / novelle rie o laide non portare (entrambi citati in <i>GDLI</i>, s.v.3-6); e cfr. Dante stesso, <i>If</i> XXV 38 per che nostra novella ['conversazione, discorso'] si ristette.","Francesco da Barberino, «a tavola conviensi / novelle rie o laide non portare»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Documenti_d_Amore,Documenti d'Amore,Francesco da Barberino,http://it.dbpedia.org/resource/Francesco_da_Barberino,http://purl.org/bncf/tid/9214,WORK LAUDE QUANTO BIASMO,"la stessa coppia di opposti si trova per esempio in Marcabru, <i>Lo vers comens quan vei del fau</i> 35, dove si dice che i malvagi non prezon blasme ni lau. 129-30","Lo vers comens quan vei del fau 35, dove si dice che i malvagi «non prezon blasme ni lau».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lo_ver_comenssa,Lo vers comenssa,Marcabru,http://dbpedia.org/resource/Marcabru,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK FRANCHIGIA,"il termine ha varie accezioni, anche distanti l'una dall'altra. Non sembra calzante, per troppa precisione, la parafrasi di <i>Contini</i>, indipendenza spirituale; secondo <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i> (che leggono <i>franchezza</i>) va intesa, più plausibilmente, come ardimento e coraggio nel cimentarsi in difficili o onorevoli imprese (ed è il senso che la parola ha in Brunetto Latini, <i>Tesoretto</i> 2154-5 e déi in ogne lato / mostrar tutta <i>franchezza</i>).","Brunetto Latini, Tesoretto 2154-5 «e déi in ogne lato / mo- strar tutta franchezza»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tesoretto(Brunetto_Latini),Tesoretto,Brunetto Latini,http://dbpedia.org/resource/Brunetto_Latini,http://purl.org/bncf/tid/6929,WORK ERRAI,"'m'innamorai (a mio danno)'. Nel solco dei poeti latini, provenzali e italiani avevano definito <i>errors</i>, <i>errar</i>, erranza ... l'amore e gli effetti dell'amore (Rico 1976, p. 124 nota 73, con un elenco di passi latini e trobadorici in cui <i>errore</i> va inteso in questa accezione, a cominciare da Virgilio, <i>Egl</i>. VIII 41 Ut vidi, ut perii, ut me malus abstulit error!: <i>errore</i> che Servio, nel suo commento a Virgilio, interpretava appunto come <i>definitio amoris</i>).",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT ERRAI,"'m'innamorai (a mio danno)'. Nel solco dei poeti latini, provenzali e italiani avevano definito <i>errors</i>, <i>errar</i>, erranza ... l'amore e gli effetti dell'amore (Rico 1976, p. 124 nota 73, con un elenco di passi latini e trobadorici in cui <i>errore</i> va inteso in questa accezione, a cominciare da Virgilio, <i>Egl</i>. VIII 41 Ut vidi, ut perii, ut me malus abstulit error!: <i>errore</i> che Servio, nel suo commento a Virgilio, interpretava appunto come <i>definitio amoris</i>).","Egl. VIII 41 «Ut vidi, ut perii, ut me malus abstulit error!»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Eclogues,Eglogae,Virgilio,http://dbpedia.org/resource/Virgil,http://purl.org/bncf/tid/21865,WORK IN ABITO DOLENTE,"non direi 'vestite a lutto' (De Robertis) ma piuttosto 'con atteggiamento addolorato'; Cino parla della veste di pietà in <i>Moviti, Pietate, e va incarnata</i> 2 ""e de la veste tua mena vestiti"".","Cino parla della veste di pietà in Moviti, Pietate, e va incarnata 2 «e de la veste tua mena vestiti»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Moviti_Pietate_e_va_incarnata,"Moviti, Pietate, e va incarnata",Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK QUANDO ... VALORE,"una formula di raccomandazione e dedica quasi identica si trova in <i>Cort d</i>'<i>Amor</i> 267-8 Mais qant veires domna de pretz, / digas li vos...","Cort d'Amor 267-8 «Mais qant veires domna de pretz, / digas li vos...»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Cort_d_Amor,Cort d'Amor,,,http://purl.org/bncf/tid/3572,WORK DONNA DI VALORE,"'di pregio, virtuosa', come in <i>Voi che savete</i> 4 la qual m'ha tolto il cor per suo valore; e per il sintagma cfr. ad esempio <i>Si j</i>'<i>ain sans pancer folie</i> 1-2 <i>Si j</i>'<i>ain sans pancer folie</i> / dame de vallour (ed. Gennrich 1921, 208).",Si j'ain sans pancer folie 1-2 «Si j'ain sans pancer folie / dame de vallour»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Si_j_ain_sans_pancer_folie,Si j'ain sans pancer folie,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK GITTATEVELI A' PIEDI,"al testo-messaggero è prescritta spesso quest'affettazione di umiltà e devozione: cfr. Cino, <i>Moviti, Pietate</i> 13 (parla ai <i>messi</i>) Gittatevi a' lor piedi, e dite; Onesto, <i>Ahi lasso taupino!, altro che lasso</i> 42 [Canzone,] va' a le donne e gettati a lor' piedi (e cfr. la nota a <i>Sonetto, se Meuccio</i> 3); -<i>li</i> sta per il femminile, 'le', com'era normale nel toscano antico (cfr. Rohlfs § 457).","Cino, Moviti, Pietate 13 (parla ai messi) «Gittatevi a' lor piedi, e dite»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Moviti_Pietate_e_va_incarnata,"Moviti, Pietate, e va incarnata",Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK GITTATEVELI A' PIEDI,"al testo-messaggero è prescritta spesso quest'affettazione di umiltà e devozione: cfr. Cino, <i>Moviti, Pietate</i> 13 (parla ai <i>messi</i>) Gittatevi a' lor piedi, e dite; Onesto, <i>Ahi lasso taupino!, altro che lasso</i> 42 [Canzone,] va' a le donne e gettati a lor' piedi (e cfr. la nota a <i>Sonetto, se Meuccio</i> 3); -<i>li</i> sta per il femminile, 'le', com'era normale nel toscano antico (cfr. Rohlfs § 457).","Onesto, Ahi lasso taupino!, altro che lasso 42 «[Canzone,] va' a le donne e gettati a lor' piedi»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ahi_lasso_taupino,"Ahi lasso taupino!, altro che lasso",Onesto degli Onesti,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Onesto_degli_Onesti,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK SE VOI ... MOSSE,"'se a causa di ciò che egli (il <i>frate</i>-sonetto) dice vi sentiste spronate, indotte a...'; per la forma passiva anziché medio-riflessiva del verbo cfr. Forese, L'<i>altra notte</i> 3 i' fui mosso e la nota relativa","Forese, L'altra notte 3 «i' fui mosso»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/L_altra_notte,L'altra notte mi venne una gran tosse,Forese Donati,http://dbpedia.org/resource/Forese_Donati,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK CIMA DELLA MENTE,"i commentatori spiegano dicendo che il ragionar delle due donne sovrasta ogni altro pensiero, e citano a confronto l'analoga immagine di <i>Così nel mio parlar</i> 16-7 come fior di fronda / così della mia <i>mente</i> tien la cima. Ma non è la giusta spiegazione, perché <i>cima della mente</i> va presa quasi come una locuzione tecnica che traduce il latino <i>apex mentis</i>, cioè la parte più alta nobile dell'intelletto umano, anche detta sinderesi, e insomma la coscienza, il guardiano dell'ordine morale (Lottin 1948, II, p. 136): cfr. ad esempio Bonaventura, <i>De itinerario</i> I 6 sex sunt gradus potentiarum animae, per quos ascendimus ab imis ad summa, scilicet sensus, imaginatio, ratio, intellectus, intelligentia et <i>apex mentis</i>, seu synderesis scintilla; e nella trattatistica in volgare cfr. Brunetto Latini, <i>Tresor</i> I XV 2 L'entendement est la plus haute partie de l'ame, par qui nous vient raison et cognoissance (e cfr. A. Maierù in <i>ED</i>, s.v. <i>mente</i>, coll. 902 e 904).","De itinerario I 6 «sex sunt gradus potentiarum animae, per quos ascendimus ab imis ad summa, scilicet sensus, imaginatio, ratio, intellectus, intelligentia et apex mentis, seu synderesis scintilla»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Itinerarium_mentis_in_Deum,Itinerarium mentis in Deum,Bonaventura da Bagnoregio,http://dbpedia.org/resource/Bonaventure,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK CIMA DELLA MENTE,"i commentatori spiegano dicendo che il ragionar delle due donne sovrasta ogni altro pensiero, e citano a confronto l'analoga immagine di <i>Così nel mio parlar</i> 16-7 come fior di fronda / così della mia <i>mente</i> tien la cima. Ma non è la giusta spiegazione, perché <i>cima della mente</i> va presa quasi come una locuzione tecnica che traduce il latino <i>apex mentis</i>, cioè la parte più alta nobile dell'intelletto umano, anche detta sinderesi, e insomma la coscienza, il guardiano dell'ordine morale (Lottin 1948, II, p. 136): cfr. ad esempio Bonaventura, <i>De itinerario</i> I 6 sex sunt gradus potentiarum animae, per quos ascendimus ab imis ad summa, scilicet sensus, imaginatio, ratio, intellectus, intelligentia et <i>apex mentis</i>, seu synderesis scintilla; e nella trattatistica in volgare cfr. Brunetto Latini, <i>Tresor</i> I XV 2 L'entendement est la plus haute partie de l'ame, par qui nous vient raison et cognoissance (e cfr. A. Maierù in <i>ED</i>, s.v. <i>mente</i>, coll. 902 e 904).","Brunetto La- tini, Tresor I XV 2 «L'entendement est la plus haute partie de l'ame, par qui nous vient raison et cognoissance»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tresor,Trésor,Brunetto Latini,http://dbpedia.org/resource/Brunetto_Latini,http://purl.org/bncf/tid/9214,WORK IN COMPAGNIA,"il corteggio delle virtù, cioè il fatto che le donne siano accompagnate ossia contraddistinte da una o due virtù caratteristiche, riflette sia la tendenza a trattare le qualità come ipostasi sia lo zelo nomenclatorio dei trattati morali antichi e medievali, dove una virtù partecipa sempre a una ""famiglia"" composta da altre virtù sorelle (cfr. Lottin 1948, III 1, pp. 187-8): così ad esempio in <i>Fiore</i> CCXXVI 5-6 E Franchezz'e Pietà da l'altro lato / sì andaron co·llei in compagnia, o nelle genealogie delle virtù tracciate da Bono Giamboni nella sua psicomachia (in particolare cfr. <i>Libro</i> XLIX).",Bono Giamboni nella sua psicomachia (in particolare cfr. Libro XLIX),CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Libro_de_vizi_e_delle_virtudi,Libro de' vizi e delle virtudi,Bono Giamboni,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Bono_Giamboni,http://purl.org/bncf/tid/23856,WORK INTELLETTO,"al tribunale della Ragione si portano i conflitti che si agitano nell'anima; vengono subito in mente il <i>Secretum</i> di Petrarca e la canzone 360 (<i>Quel</i>'<i>antiquo mio dolce empio signore</i>), ma l'idea, l'allegoria è tradizionale: si pensi al <i>conflictus</i> di Filippo il Cancelliere citato nella premessa, o – al di fuori della ""letteratura"", a riprova di quanto la mentalità medievale trovasse congeniali personificazioni simili – a una lettera di Gilberto di Gembloux (XI-XII secolo) nella quale, proprio come nel nostro sonetto, i contrastanti sentimenti di chi scrive sono disciplinati da Ratio: Ratio velut arbitra istos diversitatum incursus diligenti examinatione librando discuciens horum ..., si non iustos honestatis fines excedant decernit (ed. McGuire 1986, p. 13).",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quisquis_cordis_et_oculi,Quisquis cordis et oculi,Filippo il Cancelliere,http://dbpedia.org/resource/Philip_the_Chancellor,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK INTELLETTO,"al tribunale della Ragione si portano i conflitti che si agitano nell'anima; vengono subito in mente il <i>Secretum</i> di Petrarca e la canzone 360 (<i>Quel</i>'<i>antiquo mio dolce empio signore</i>), ma l'idea, l'allegoria è tradizionale: si pensi al <i>conflictus</i> di Filippo il Cancelliere citato nella premessa, o – al di fuori della ""letteratura"", a riprova di quanto la mentalità medievale trovasse congeniali personificazioni simili – a una lettera di Gilberto di Gembloux (XI-XII secolo) nella quale, proprio come nel nostro sonetto, i contrastanti sentimenti di chi scrive sono disciplinati da Ratio: Ratio velut arbitra istos diversitatum incursus diligenti examinatione librando discuciens horum ..., si non iustos honestatis fines excedant decernit (ed. McGuire 1986, p. 13).","una lettera di Gilberto di Gembloux (XI-XII secolo): «Ratio velut arbitra istos diversitatum incursus diligenti examinatione librando discuciens horum ..., si non iustos honestatis fines excedant decernit»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Gilberto_di_Gembloux,Epistolario (Gilberto di Gembloux),Gilberto di Gembloux,http://it.dbpedia.org/resource/Gilberto_di_Gembloux/html,http://purl.org/bncf/tid/1546,WORK IL FONTE ... PARLARE,"non, come si è spiegato nella premessa, Amore, bensì l'intelletto, cioè la mente mia entro la quale si svolge l'ipotetica diatriba: Fra i tre piani del linguaggio corrono rapporti di subordinazione ...: i termini del linguaggio mentale sono segni naturali delle cose, mentre i termini del linguaggio proferito e di quello scritto sono segni delle stesse cose, ma convenzionali, istituiti dall'uomo; il linguaggio proferito è subordinato a quello mentale, e quello scritto è subordinato al linguaggio proferito (Maierù 2002, p. 5; e cfr. Arens 1980). E insieme al brano agostiniano citato nella premessa, si confrontino questi passi degli altri maggiori filosofi cristiani, che precisano il concetto: Anselmo d'Aosta, <i>Monologion</i> § 10 Mentis autem sive rationis locutionem hic intelligo, non cum voces rerum significative cogitantur, sed cum res ipsae vel futurae vel iam existentes acie cogitationis in mente conspiciuntur ... Aut enim res loquimur signis sensibilibus, id est quae sensibus corporeis sentiri possunt sensibiliter utendo; aut eadem signa, quae foris sensibilia sunt, intra nos insensibiliter cogitando; aut ... res ipsas vel corporum imaginatione vel rationis intellectu pro rerum ipsarum diversitate intus in nostra mente dicendo (ed. Sciuto 1995); Tommaso, <i>Quaestio de verbo</i>, art. 1.7 Sed verbum quod est in voce, est effectus postremus ab intellectu progrediens; ivi, <i>ad nonum</i> Constat enim quod interius verbum significat omne illud quod intellegi potest, sive per essentiam sive per similitudinem intelligatur, et ideo omne intellectum, sive per similitudinem sive per essentiam intelligatur, potest verbum interius dici; pseudo-Tommaso, <i>De differentia</i>, p. 366: verbum est semper aliquid procedens ab intellectu, et in intellectu existens. Quanto alla metafora, l'associazione tra la fonte e la parola non è rara (la parola sgorga, come se fosse acqua, da una sorgente interiore): e si veda ad esempio, anche se in un senso diverso rispetto a quello che ha qui, <i>Pd</i> XXIV 56-7 [Beatrice] sembianze femmi perch'io spandessi / l'acqua di fuor del mio interno fonte",«Proinde verbum quod foris sonat signum est verbi quod intus lucet cui magis verbi competit nomen» (De trinitate XV XI 1-2),CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/On_the_Trinity,De trinitate libri XV,Agostino,http://dbpedia.org/resource/Augustine_of_Hippo,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK IL FONTE ... PARLARE,"non, come si è spiegato nella premessa, Amore, bensì l'intelletto, cioè la mente mia entro la quale si svolge l'ipotetica diatriba: Fra i tre piani del linguaggio corrono rapporti di subordinazione ...: i termini del linguaggio mentale sono segni naturali delle cose, mentre i termini del linguaggio proferito e di quello scritto sono segni delle stesse cose, ma convenzionali, istituiti dall'uomo; il linguaggio proferito è subordinato a quello mentale, e quello scritto è subordinato al linguaggio proferito (Maierù 2002, p. 5; e cfr. Arens 1980). E insieme al brano agostiniano citato nella premessa, si confrontino questi passi degli altri maggiori filosofi cristiani, che precisano il concetto: Anselmo d'Aosta, <i>Monologion</i> § 10 Mentis autem sive rationis locutionem hic intelligo, non cum voces rerum significative cogitantur, sed cum res ipsae vel futurae vel iam existentes acie cogitationis in mente conspiciuntur ... Aut enim res loquimur signis sensibilibus, id est quae sensibus corporeis sentiri possunt sensibiliter utendo; aut eadem signa, quae foris sensibilia sunt, intra nos insensibiliter cogitando; aut ... res ipsas vel corporum imaginatione vel rationis intellectu pro rerum ipsarum diversitate intus in nostra mente dicendo (ed. Sciuto 1995); Tommaso, <i>Quaestio de verbo</i>, art. 1.7 Sed verbum quod est in voce, est effectus postremus ab intellectu progrediens; ivi, <i>ad nonum</i> Constat enim quod interius verbum significat omne illud quod intellegi potest, sive per essentiam sive per similitudinem intelligatur, et ideo omne intellectum, sive per similitudinem sive per essentiam intelligatur, potest verbum interius dici; pseudo-Tommaso, <i>De differentia</i>, p. 366: verbum est semper aliquid procedens ab intellectu, et in intellectu existens. Quanto alla metafora, l'associazione tra la fonte e la parola non è rara (la parola sgorga, come se fosse acqua, da una sorgente interiore): e si veda ad esempio, anche se in un senso diverso rispetto a quello che ha qui, <i>Pd</i> XXIV 56-7 [Beatrice] sembianze femmi perch'io spandessi / l'acqua di fuor del mio interno fonte","Monologion § 10 «Mentis autem sive rationis locutionem hic intelligo, non cum voces rerum significative cogitantur, sed cum res ipsae vel fu- turae vel iam existentes acie cogitationis in mente conspiciuntur ... Aut enim res loquimur signis sensibilibus, id est quae sensibus cor- poreis sentiri possunt sensibiliter utendo; aut eadem signa, quae fo- ris sensibilia sunt, intra nos insensibiliter cogitando; aut ... res ipsas vel corporum imaginatione vel rationis intellectu pro rerum ipsarum diversitate intus in nostra mente dicendo»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/resource/Monologion/html,Monologion,Anselmo d'Aosta,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Anselmo_Aosta,http://purl.org/bncf/tid/1546,WORK IL FONTE ... PARLARE,"non, come si è spiegato nella premessa, Amore, bensì l'intelletto, cioè la mente mia entro la quale si svolge l'ipotetica diatriba: Fra i tre piani del linguaggio corrono rapporti di subordinazione ...: i termini del linguaggio mentale sono segni naturali delle cose, mentre i termini del linguaggio proferito e di quello scritto sono segni delle stesse cose, ma convenzionali, istituiti dall'uomo; il linguaggio proferito è subordinato a quello mentale, e quello scritto è subordinato al linguaggio proferito (Maierù 2002, p. 5; e cfr. Arens 1980). E insieme al brano agostiniano citato nella premessa, si confrontino questi passi degli altri maggiori filosofi cristiani, che precisano il concetto: Anselmo d'Aosta, <i>Monologion</i> § 10 Mentis autem sive rationis locutionem hic intelligo, non cum voces rerum significative cogitantur, sed cum res ipsae vel futurae vel iam existentes acie cogitationis in mente conspiciuntur ... Aut enim res loquimur signis sensibilibus, id est quae sensibus corporeis sentiri possunt sensibiliter utendo; aut eadem signa, quae foris sensibilia sunt, intra nos insensibiliter cogitando; aut ... res ipsas vel corporum imaginatione vel rationis intellectu pro rerum ipsarum diversitate intus in nostra mente dicendo (ed. Sciuto 1995); Tommaso, <i>Quaestio de verbo</i>, art. 1.7 Sed verbum quod est in voce, est effectus postremus ab intellectu progrediens; ivi, <i>ad nonum</i> Constat enim quod interius verbum significat omne illud quod intellegi potest, sive per essentiam sive per similitudinem intelligatur, et ideo omne intellectum, sive per similitudinem sive per essentiam intelligatur, potest verbum interius dici; pseudo-Tommaso, <i>De differentia</i>, p. 366: verbum est semper aliquid procedens ab intellectu, et in intellectu existens. Quanto alla metafora, l'associazione tra la fonte e la parola non è rara (la parola sgorga, come se fosse acqua, da una sorgente interiore): e si veda ad esempio, anche se in un senso diverso rispetto a quello che ha qui, <i>Pd</i> XXIV 56-7 [Beatrice] sembianze femmi perch'io spandessi / l'acqua di fuor del mio interno fonte","Quaestio de verbo, art. 1.7 «Sed verbum quod est in voce, est effectus postremus ab intellectu progrediens»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_veritate(Tommaso),Quaestiones disputatae de veritate,Tommaso,http://dbpedia.org/resource/Thomas_Aquinas,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK IL FONTE ... PARLARE,"non, come si è spiegato nella premessa, Amore, bensì l'intelletto, cioè la mente mia entro la quale si svolge l'ipotetica diatriba: Fra i tre piani del linguaggio corrono rapporti di subordinazione ...: i termini del linguaggio mentale sono segni naturali delle cose, mentre i termini del linguaggio proferito e di quello scritto sono segni delle stesse cose, ma convenzionali, istituiti dall'uomo; il linguaggio proferito è subordinato a quello mentale, e quello scritto è subordinato al linguaggio proferito (Maierù 2002, p. 5; e cfr. Arens 1980). E insieme al brano agostiniano citato nella premessa, si confrontino questi passi degli altri maggiori filosofi cristiani, che precisano il concetto: Anselmo d'Aosta, <i>Monologion</i> § 10 Mentis autem sive rationis locutionem hic intelligo, non cum voces rerum significative cogitantur, sed cum res ipsae vel futurae vel iam existentes acie cogitationis in mente conspiciuntur ... Aut enim res loquimur signis sensibilibus, id est quae sensibus corporeis sentiri possunt sensibiliter utendo; aut eadem signa, quae foris sensibilia sunt, intra nos insensibiliter cogitando; aut ... res ipsas vel corporum imaginatione vel rationis intellectu pro rerum ipsarum diversitate intus in nostra mente dicendo (ed. Sciuto 1995); Tommaso, <i>Quaestio de verbo</i>, art. 1.7 Sed verbum quod est in voce, est effectus postremus ab intellectu progrediens; ivi, <i>ad nonum</i> Constat enim quod interius verbum significat omne illud quod intellegi potest, sive per essentiam sive per similitudinem intelligatur, et ideo omne intellectum, sive per similitudinem sive per essentiam intelligatur, potest verbum interius dici; pseudo-Tommaso, <i>De differentia</i>, p. 366: verbum est semper aliquid procedens ab intellectu, et in intellectu existens. Quanto alla metafora, l'associazione tra la fonte e la parola non è rara (la parola sgorga, come se fosse acqua, da una sorgente interiore): e si veda ad esempio, anche se in un senso diverso rispetto a quello che ha qui, <i>Pd</i> XXIV 56-7 [Beatrice] sembianze femmi perch'io spandessi / l'acqua di fuor del mio interno fonte","ivi, ad nonum «Constat enim quod interius verbum significat omne illud quod intelle- gi potest, sive per essentiam sive per similitudinem intelligatur, et ideo omne intellectum, sive per similitudinem sive per essentiam in- telligatur, potest verbum interius dici»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_veritate(Tommaso),Quaestiones disputatae de veritate,Tommaso,http://dbpedia.org/resource/Thomas_Aquinas,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK IL FONTE ... PARLARE,"non, come si è spiegato nella premessa, Amore, bensì l'intelletto, cioè la mente mia entro la quale si svolge l'ipotetica diatriba: Fra i tre piani del linguaggio corrono rapporti di subordinazione ...: i termini del linguaggio mentale sono segni naturali delle cose, mentre i termini del linguaggio proferito e di quello scritto sono segni delle stesse cose, ma convenzionali, istituiti dall'uomo; il linguaggio proferito è subordinato a quello mentale, e quello scritto è subordinato al linguaggio proferito (Maierù 2002, p. 5; e cfr. Arens 1980). E insieme al brano agostiniano citato nella premessa, si confrontino questi passi degli altri maggiori filosofi cristiani, che precisano il concetto: Anselmo d'Aosta, <i>Monologion</i> § 10 Mentis autem sive rationis locutionem hic intelligo, non cum voces rerum significative cogitantur, sed cum res ipsae vel futurae vel iam existentes acie cogitationis in mente conspiciuntur ... Aut enim res loquimur signis sensibilibus, id est quae sensibus corporeis sentiri possunt sensibiliter utendo; aut eadem signa, quae foris sensibilia sunt, intra nos insensibiliter cogitando; aut ... res ipsas vel corporum imaginatione vel rationis intellectu pro rerum ipsarum diversitate intus in nostra mente dicendo (ed. Sciuto 1995); Tommaso, <i>Quaestio de verbo</i>, art. 1.7 Sed verbum quod est in voce, est effectus postremus ab intellectu progrediens; ivi, <i>ad nonum</i> Constat enim quod interius verbum significat omne illud quod intellegi potest, sive per essentiam sive per similitudinem intelligatur, et ideo omne intellectum, sive per similitudinem sive per essentiam intelligatur, potest verbum interius dici; pseudo-Tommaso, <i>De differentia</i>, p. 366: verbum est semper aliquid procedens ab intellectu, et in intellectu existens. Quanto alla metafora, l'associazione tra la fonte e la parola non è rara (la parola sgorga, come se fosse acqua, da una sorgente interiore): e si veda ad esempio, anche se in un senso diverso rispetto a quello che ha qui, <i>Pd</i> XXIV 56-7 [Beatrice] sembianze femmi perch'io spandessi / l'acqua di fuor del mio interno fonte","pseudo-Tommaso, De differentia, p. 366: «verbum est semper aliquid procedens ab intellectu, et in intellectu existens»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_differentia_verbi,De differentia verbi divini et humani,Tommaso (ps.),http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tommaso_(ps.),http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK GENTIL PARLARE,"cfr. Dante da Maiano, <i>Convemmi dimostrar lo meo savere</i> 3 poi lo dimanda lo gentil parlare, e la nota di Bettarini 1969a: è il <i>gent parlar</i> dei provenzali (si veda per tutti Arnaut de Mareuil ...: ""e·l gen parlar e·l deport e·l solatz"").","Dante da Maiano, Convemmi dimostrar lo meo savere 3 «poi lo dimanda lo gentil parlare»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Convenni_dimostrar_lo_meo_savere,Convenni dimostrar lo meo savere,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK GENTIL PARLARE,"cfr. Dante da Maiano, <i>Convemmi dimostrar lo meo savere</i> 3 poi lo dimanda lo gentil parlare, e la nota di Bettarini 1969a: è il <i>gent parlar</i> dei provenzali (si veda per tutti Arnaut de Mareuil ...: ""e·l gen parlar e·l deport e·l solatz"").","""e·l gen parlar e·l deport e·l solatz""",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Si_cum_li_peis_an_en_l_aiga_lor_vida,Si cum li peis an en l'aiga lor vida,Arnaut de Mareuil,http://dbpedia.org/resource/Arnaut_de_Mareuil,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK MI SON,"la costruzione pronominale del verbo <i>essere</i> è comune nell'italiano letterario sin quasi ai giorni nostri: cfr. un'altra famosa autopresentazione in <i>Pg</i> XXIV 52-3 I' mi son un che, quando / Amor mi spira. E si confronti l'intera ripresa di I' <i>mi son pargoletta</i> con quella che apre una ballata forse di Cino: Io son chiamata nuova ballatella, / che vengo a voi cantando, / per contarvi novella / d'un vostro servo che si muore amando","Cino: «Io son chiamata nuova ballatella, / che vengo a voi cantando, / per contarvi novella / d'un vostro servo che si muore amando»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Io_son_chiamata_nuova_ballatella,"Io son chiamata nuova ballatella,",Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK BELLA E NOVA,"la stessa clausola per esempio in Lapo Gianni, <i>Donna, se 'l prego</i> 14 ""spero d'aver la grazia bella e nova"" (Iovine, con altri rimandi). Secondo Contini nova significa 'giovane', ma così si ripeterebbe inutilmente l'informazione che è già contenuta in <i>pargoletta</i>; dunque è meglio intendere, con <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i> e De Robertis, ""non mai vista, e quindi da far meraviglia"".","Lapo Gianni, Donna, se 'l prego 14 «spero d'aver la grazia bella e nova»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Donna_se_l_prego,"Donna, se 'l prego de la mente mia",Lapo Gianni,http://dbpedia.org/resource/Lapo_Gianni,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK MOSTRARE ... DE LE BELLEZZE,"per la costruzione di <i>mostrare</i> con il partitivo cfr. per esempio Monte, Ai, Deo merzé, che fia di me, Amore 74-5 or, d'esti mali ..., li mostra (Minetti). Il motivo è quello tipicamente stilnovista della nascita celeste della donna, scesa in terra dal cielo (il loco ond'io fui) per dare agli uomini un segno del divino: cfr. <i>Amor che nella mente</i> 55-6 Cose appariscon ne lo suo aspetto / che mostran de' piacer di Paradiso [<i>Cv</i> III]","Ai, Deo merzé, che fia di me, Amore 74-5 «or, d'esti mali ..., li mostra»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ai_Deo_merze_che_fia_di_me_Amore,"Ai, Deo merzé, che fia di me, Amore",Monte Andrea,http://it.dbpedia.org/resource/Monte_Andrea,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK DEL CIELO,"una creatura celeste (De Robertis cita <i>Io</i> 8, 23 ego de supernis sum ...; ego non sum de hoc mundo); per l'idea che un essere umano possa avere dignità d'angelo cfr. <i>Cv</i> III VII 6-7 è da porre e da credere fermamente, che sia alcuno [degli esseri umani] tanto nobile e di sì alta condizione che quasi non sia altro che angelo ... E cotale dico io che è questa donna, sì che la divina virtude, a guisa che discende ne l'angelo, discende in lei (e cfr. la nota di Vasoli <i>ad locum</i>)","Io 8, 23 «ego de supernis sum ...; ego non sum de hoc mundo»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Gospel_of_John,Vangelo di Giovanni,Giovanni,http://dbpedia.org/resource/John_the_Evangelist,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_nuovo_testamento,WORK CHÉ ... VOI,"secondo un'iperbole tradizionale, la donna è chiamata culmine e somma di <i>tutte</i> le bellezze che la Natura può riunire in un essere umano. L'idea di fondo è che la Natura <i>non</i> ha fatto e <i>non</i> può fare niente di più bello: cfr. per esempio Guiraut Riquier, <i>Tant vey, qu</i>'<i>es ab ioy, pretz mermatz</i> 26-7 quar anc gensor creatura / no crey, que formes natura; Guittone, <i>Lasso, pensando quanto</i> 49-50 natura ha 'n lei miso / quanto più pò di bene; e Dante stesso, <i>Donne ch</i>'<i>avete</i> 49 ella è quanto de ben pò far natura. Nella battuta della pargoletta quest'idea-base viene esplicitata dicendo che la Natura ha riversato sulla donna <i>tutte</i> le sue grazie, e da questo punto di vista il confronto più pertinente è con questi versi di Ildeberto di Lavardin, <i>Qui solet</i> 7-10 Parcius elimans alias Natura puellas, / distulit in dotes esse benigna tuas. / In te fudit opes, et opus mirabile cernens, / est mirata suas hoc potuisse manus (ed. Scott1 1969). Ma l'iperbole si presenta, più precisamente, come un'affermazione negativa: alla donna <i>non</i> è stato negato alcunché di ciò che fa parte della bellezza. I passi seguenti sono dunque quelli che, svolgendo anch'essi questo modulo in forma di litote, si avvicinano di più alla lettera e al senso dei versi di Dante: <i>Flamenca</i> 554-5 Anc de nulla ren <i>non</i> si feis / Deus cant la formet tan genta; ma soprattutto <i>A globo veteri</i> 21-34 In hac pre ceteris / totius operis / Nature lucet opera. / Tot munera / nulli favoris contulit, / set extulit / hanc ultra cetera. // Et, que puellulis / avara singulis / solet partiri singula: / huic sedula / inpendit copiosius / et plenius / forme munuscula (<i>Carmina Burana</i> 67.2a-b). Sul motivo, cfr. in generale Malkiel 1977","Guiraut Riquier, Tant vey, qu'es ab ioy, pretz mermatz 26-7 «quar anc gensor creatura / no crey, que formes natura»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tant_vey_qu_es_ab_ioy_pretz_mermatz,"Tant vey, qu'es ab ioy, pretz mermatz",Guiraut Riquier,http://dbpedia.org/resource/Guiraut_Riquier,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK CHÉ ... VOI,"secondo un'iperbole tradizionale, la donna è chiamata culmine e somma di <i>tutte</i> le bellezze che la Natura può riunire in un essere umano. L'idea di fondo è che la Natura <i>non</i> ha fatto e <i>non</i> può fare niente di più bello: cfr. per esempio Guiraut Riquier, <i>Tant vey, qu</i>'<i>es ab ioy, pretz mermatz</i> 26-7 quar anc gensor creatura / no crey, que formes natura; Guittone, <i>Lasso, pensando quanto</i> 49-50 natura ha 'n lei miso / quanto più pò di bene; e Dante stesso, <i>Donne ch</i>'<i>avete</i> 49 ella è quanto de ben pò far natura. Nella battuta della pargoletta quest'idea-base viene esplicitata dicendo che la Natura ha riversato sulla donna <i>tutte</i> le sue grazie, e da questo punto di vista il confronto più pertinente è con questi versi di Ildeberto di Lavardin, <i>Qui solet</i> 7-10 Parcius elimans alias Natura puellas, / distulit in dotes esse benigna tuas. / In te fudit opes, et opus mirabile cernens, / est mirata suas hoc potuisse manus (ed. Scott1 1969). Ma l'iperbole si presenta, più precisamente, come un'affermazione negativa: alla donna <i>non</i> è stato negato alcunché di ciò che fa parte della bellezza. I passi seguenti sono dunque quelli che, svolgendo anch'essi questo modulo in forma di litote, si avvicinano di più alla lettera e al senso dei versi di Dante: <i>Flamenca</i> 554-5 Anc de nulla ren <i>non</i> si feis / Deus cant la formet tan genta; ma soprattutto <i>A globo veteri</i> 21-34 In hac pre ceteris / totius operis / Nature lucet opera. / Tot munera / nulli favoris contulit, / set extulit / hanc ultra cetera. // Et, que puellulis / avara singulis / solet partiri singula: / huic sedula / inpendit copiosius / et plenius / forme munuscula (<i>Carmina Burana</i> 67.2a-b). Sul motivo, cfr. in generale Malkiel 1977","Guittone, Lasso, pensan- do quanto 49-50 «natura ha 'n lei miso / quanto più pò di bene»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lasso_pensando,"Lasso, pensando quanto",Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK CHÉ ... VOI,"secondo un'iperbole tradizionale, la donna è chiamata culmine e somma di <i>tutte</i> le bellezze che la Natura può riunire in un essere umano. L'idea di fondo è che la Natura <i>non</i> ha fatto e <i>non</i> può fare niente di più bello: cfr. per esempio Guiraut Riquier, <i>Tant vey, qu</i>'<i>es ab ioy, pretz mermatz</i> 26-7 quar anc gensor creatura / no crey, que formes natura; Guittone, <i>Lasso, pensando quanto</i> 49-50 natura ha 'n lei miso / quanto più pò di bene; e Dante stesso, <i>Donne ch</i>'<i>avete</i> 49 ella è quanto de ben pò far natura. Nella battuta della pargoletta quest'idea-base viene esplicitata dicendo che la Natura ha riversato sulla donna <i>tutte</i> le sue grazie, e da questo punto di vista il confronto più pertinente è con questi versi di Ildeberto di Lavardin, <i>Qui solet</i> 7-10 Parcius elimans alias Natura puellas, / distulit in dotes esse benigna tuas. / In te fudit opes, et opus mirabile cernens, / est mirata suas hoc potuisse manus (ed. Scott1 1969). Ma l'iperbole si presenta, più precisamente, come un'affermazione negativa: alla donna <i>non</i> è stato negato alcunché di ciò che fa parte della bellezza. I passi seguenti sono dunque quelli che, svolgendo anch'essi questo modulo in forma di litote, si avvicinano di più alla lettera e al senso dei versi di Dante: <i>Flamenca</i> 554-5 Anc de nulla ren <i>non</i> si feis / Deus cant la formet tan genta; ma soprattutto <i>A globo veteri</i> 21-34 In hac pre ceteris / totius operis / Nature lucet opera. / Tot munera / nulli favoris contulit, / set extulit / hanc ultra cetera. // Et, que puellulis / avara singulis / solet partiri singula: / huic sedula / inpendit copiosius / et plenius / forme munuscula (<i>Carmina Burana</i> 67.2a-b). Sul motivo, cfr. in generale Malkiel 1977","Ildeberto di Lavardin, Qui solet 7-10 «Parcius elimans alias Natura puellas, / distulit in dotes esse benigna tuas. / In te fudit opes, et opus mirabile cernens, / est mirata suas hoc potuisse ma- nus»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Qui_solet,Qui solet,Ildeberto di Lavardin,http://dbpedia.org/resource/Hildebert,http://purl.org/bncf/tid/5665,WORK CHÉ ... VOI,"secondo un'iperbole tradizionale, la donna è chiamata culmine e somma di <i>tutte</i> le bellezze che la Natura può riunire in un essere umano. L'idea di fondo è che la Natura <i>non</i> ha fatto e <i>non</i> può fare niente di più bello: cfr. per esempio Guiraut Riquier, <i>Tant vey, qu</i>'<i>es ab ioy, pretz mermatz</i> 26-7 quar anc gensor creatura / no crey, que formes natura; Guittone, <i>Lasso, pensando quanto</i> 49-50 natura ha 'n lei miso / quanto più pò di bene; e Dante stesso, <i>Donne ch</i>'<i>avete</i> 49 ella è quanto de ben pò far natura. Nella battuta della pargoletta quest'idea-base viene esplicitata dicendo che la Natura ha riversato sulla donna <i>tutte</i> le sue grazie, e da questo punto di vista il confronto più pertinente è con questi versi di Ildeberto di Lavardin, <i>Qui solet</i> 7-10 Parcius elimans alias Natura puellas, / distulit in dotes esse benigna tuas. / In te fudit opes, et opus mirabile cernens, / est mirata suas hoc potuisse manus (ed. Scott1 1969). Ma l'iperbole si presenta, più precisamente, come un'affermazione negativa: alla donna <i>non</i> è stato negato alcunché di ciò che fa parte della bellezza. I passi seguenti sono dunque quelli che, svolgendo anch'essi questo modulo in forma di litote, si avvicinano di più alla lettera e al senso dei versi di Dante: <i>Flamenca</i> 554-5 Anc de nulla ren <i>non</i> si feis / Deus cant la formet tan genta; ma soprattutto <i>A globo veteri</i> 21-34 In hac pre ceteris / totius operis / Nature lucet opera. / Tot munera / nulli favoris contulit, / set extulit / hanc ultra cetera. // Et, que puellulis / avara singulis / solet partiri singula: / huic sedula / inpendit copiosius / et plenius / forme munuscula (<i>Carmina Burana</i> 67.2a-b). Sul motivo, cfr. in generale Malkiel 1977",Flamenca 554-5 «Anc de nulla ren non si feis / Deus cant la formet tan gen- ta»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Romance_of_Flamenca,Roman de Flamenca,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK CHÉ ... VOI,"secondo un'iperbole tradizionale, la donna è chiamata culmine e somma di <i>tutte</i> le bellezze che la Natura può riunire in un essere umano. L'idea di fondo è che la Natura <i>non</i> ha fatto e <i>non</i> può fare niente di più bello: cfr. per esempio Guiraut Riquier, <i>Tant vey, qu</i>'<i>es ab ioy, pretz mermatz</i> 26-7 quar anc gensor creatura / no crey, que formes natura; Guittone, <i>Lasso, pensando quanto</i> 49-50 natura ha 'n lei miso / quanto più pò di bene; e Dante stesso, <i>Donne ch</i>'<i>avete</i> 49 ella è quanto de ben pò far natura. Nella battuta della pargoletta quest'idea-base viene esplicitata dicendo che la Natura ha riversato sulla donna <i>tutte</i> le sue grazie, e da questo punto di vista il confronto più pertinente è con questi versi di Ildeberto di Lavardin, <i>Qui solet</i> 7-10 Parcius elimans alias Natura puellas, / distulit in dotes esse benigna tuas. / In te fudit opes, et opus mirabile cernens, / est mirata suas hoc potuisse manus (ed. Scott1 1969). Ma l'iperbole si presenta, più precisamente, come un'affermazione negativa: alla donna <i>non</i> è stato negato alcunché di ciò che fa parte della bellezza. I passi seguenti sono dunque quelli che, svolgendo anch'essi questo modulo in forma di litote, si avvicinano di più alla lettera e al senso dei versi di Dante: <i>Flamenca</i> 554-5 Anc de nulla ren <i>non</i> si feis / Deus cant la formet tan genta; ma soprattutto <i>A globo veteri</i> 21-34 In hac pre ceteris / totius operis / Nature lucet opera. / Tot munera / nulli favoris contulit, / set extulit / hanc ultra cetera. // Et, que puellulis / avara singulis / solet partiri singula: / huic sedula / inpendit copiosius / et plenius / forme munuscula (<i>Carmina Burana</i> 67.2a-b). Sul motivo, cfr. in generale Malkiel 1977","A globo veteri 21-34 «In hac pre ceteris / totius operis / Nature lucet opera. / Tot munera / nulli favoris contulit, / set extulit / hanc ultra cetera. // Et, que puellulis / avara singulis / solet partiri singula: / huic sedula / inpendit copiosius / et plenius / forme munuscula» (Carmina Burana 67.2a-b)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Carmina_Burana,Carmina Burana,,,http://purl.org/bncf/tid/19431,WORK NATURA,"la personificazione del concetto di Natura ha una lunga storia, in parte documentata da Curtius 1997 (<i>La dea Natura</i>), ma l'idea della Natura come <i>mater generationis</i> si sviluppa soprattutto nell'ambito della scuola neoplatonica di Bernardo Silvestre: ""Bernard's introduction of Natura into medieval Latin literature as an allegorical goddess presiding over the creation of the world and of man was something of an innovation"" (Stock 1972, p. 63). 11-2",,CONCORDANZA GENERICA,,,Bernardo Silvestre,http://dbpedia.org/resource/Bernard_Silvestris,http://purl.org/bncf/tid/8330,CONCEPT CIASCUNA ... VERTUTE,"'Ogni stella riversa nei miei occhi la sua luce e la sua virtù'. Era credenza diffusa non soltanto che gli astri influenzassero i destini degli uomini, ma anche che possedessero virtù che potevano comunicare, insieme appunto alla luce del lume suo, alle cose terrene: minerali (come in <i>Chi guarderà</i> 14 come virtù di stella margherita), animali o esseri umani. Per l'immagine della virtù celeste che <i>piove</i> negli occhi della donna cfr. per esempio Cino, L'<i>alta speranza che mi reca Amore</i> 40 (i)l ciel <i>piove</i> dolcezza u' la dimora (ma la metafora è ben diffusa già fra i trovatori: cfr. Perugi 1995, p","Cino, L'alta speranza che mi reca Amore 40 «(i)l ciel piove dolcezza u' la dimora»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/L_alta_speranza,L'alta speranza che mi reca Amore,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK NON ... CONOSCIUTE,"l'idea che la bellezza della donna possa essere conosciuta solo da un uomo innamorato è simile per esempio a quella espressa da Cavalcanti, <i>Posso degli occhi</i> 8-10 Non è la sua biltate canosciuta / da gente vile, ché lo suo colore / chiama intelletto di troppo valore. 16-7","Cavalcanti, Posso degli occhi 8-10 «Non è la sua bil- tate canosciuta / da gente vile, ché lo suo colore / chiama intelletto di troppo valore»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Posso_degli_occhi,Posso degli occhi miei novella dire,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK NEL VISO,"'negli occhi', come nel sonetto anonimo <i>Dante Alleghier</i> 14.",Dante Alleghier 14,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dante_Alleghier_d_ogni_senno_pregiato,"Dante Alleghier, d'ogni senno pregiato",Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK ANGIOLETTA ... APPARITA,"l'idea dell'apparizione improvvisa si associa sia a Beatrice sia alla donna gentile: cfr. <i>Cv</i> II X 3 uno smarrimento nel quale sè caduta vilmente per questa donna che è apparita. Ma è un motivo generalmente stilnovista: cfr. Lapo Gianni, <i>Angioletta in sembianza</i> 1-2 <i>Angioletta in sembianza</i> / novament'è apparita (Iovine)","Lapo Gianni, Angioletta in sembianza 1-2 «Angioletta in sembianza / novament'è apparita»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Angioletta_in_sembianza,Angioletta in sembianza,Lapo Gianni,http://dbpedia.org/resource/Lapo_Gianni,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK NE SON ... VITA,"la vista della donna può uccidere: motivo diffuso nella tradizione romanza che riadatta al rapporto amanteamata il motivo biblico dell'impossibile, micidiale visione di Dio (cfr. <i>Ex</i> 33, 20 non poteris videre faciem meam: non enim videbit me homo et vivet).","Ex 33, 20 «non poteris videre faciem meam: non enim videbit me homo et vivet»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Book_of_Exodus,Esodo,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK DA UN ... SUOI,"Amore negli occhi, secondo un'immagine tipica dello Stilnovo; per la clausola cfr. <i>Amor, che movi</i> 28-30 li raggi tuoi [di Amore] / ... / saliron tutti su ne gli occhi suoi",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT PERCHÉ TI VEDI,"il vedersi giovane e bella fa sì che la donna s'inorgoglisca, diventi spietata; è un motivo soprattutto stilnovista: Guinizelli, <i>Tegno·l di folle</i> 19-20 vassen disdegnosa, / ché si vede alta, bella e avenente; Cavalcanti, <i>Gli occhi di quella</i> 20-2 Ella si vede / tanto gentil, / che non pò 'maginare / ch'om d'esto mondo l'ardisca mirare. Per l'avvio con una proposizione causale si confronti questa ripresa, anch'essa tristica: Po' vede te sì nobile e legiadra, / Amor, che t'acompagna, / ti racomanda 'l cor che ti tien cara (ed. Casu i.c.s.); e Girardo da Castelfiorentino, <i>Però che vede</i> 1-4 <i>Però che vede</i> soa bellezza sola / la bella pola / ... / per me così sdegnosa vola","Guinizelli, Tegno·l di folle 19-20 «vassen disdegnosa, / ché si vede alta, bella e avenente»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tegno_de_folle_empresa_a_lo_ver_dire,Tegno de folle empresa a lo ver dire,Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PERCHÉ TI VEDI,"il vedersi giovane e bella fa sì che la donna s'inorgoglisca, diventi spietata; è un motivo soprattutto stilnovista: Guinizelli, <i>Tegno·l di folle</i> 19-20 vassen disdegnosa, / ché si vede alta, bella e avenente; Cavalcanti, <i>Gli occhi di quella</i> 20-2 Ella si vede / tanto gentil, / che non pò 'maginare / ch'om d'esto mondo l'ardisca mirare. Per l'avvio con una proposizione causale si confronti questa ripresa, anch'essa tristica: Po' vede te sì nobile e legiadra, / Amor, che t'acompagna, / ti racomanda 'l cor che ti tien cara (ed. Casu i.c.s.); e Girardo da Castelfiorentino, <i>Però che vede</i> 1-4 <i>Però che vede</i> soa bellezza sola / la bella pola / ... / per me così sdegnosa vola","Cavalcanti, Gli occhi di quella 20-2 «Ella si vede / tanto gentil, / che non pò 'maginare / ch'om d'esto mondo l'ardisca mirare»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Gli_occhi_di_quella,Gli occhi di quella gentil foresetta,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PERCHÉ TI VEDI,"il vedersi giovane e bella fa sì che la donna s'inorgoglisca, diventi spietata; è un motivo soprattutto stilnovista: Guinizelli, <i>Tegno·l di folle</i> 19-20 vassen disdegnosa, / ché si vede alta, bella e avenente; Cavalcanti, <i>Gli occhi di quella</i> 20-2 Ella si vede / tanto gentil, / che non pò 'maginare / ch'om d'esto mondo l'ardisca mirare. Per l'avvio con una proposizione causale si confronti questa ripresa, anch'essa tristica: Po' vede te sì nobile e legiadra, / Amor, che t'acompagna, / ti racomanda 'l cor che ti tien cara (ed. Casu i.c.s.); e Girardo da Castelfiorentino, <i>Però che vede</i> 1-4 <i>Però che vede</i> soa bellezza sola / la bella pola / ... / per me così sdegnosa vola","Girardo da Castelfiorentino, Però che vede 1-4 «Però che vede soa bellezza sola / la bella pola / ... / per me così sdegnosa vola»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Pero_che_vede_soa_bellezza_sola,Però che vede soa bellezza sola,Gherardo da Castelfiorentino,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Gherardo_da_Castelfiorentino,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK GIOVINETTA E BELLA,"una clausola analoga in Cavalcanti, <i>Ciascuna fresca</i> 7 dice che questa gentiletta e bella","Cavalcanti, Ciascuna fresca 7 «dice che questa gentiletta e bella»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ciascuna_fresca_e_dolce_fontanella,Ciascuna fresca e dolce fontanella,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK GIOVINETTA,"il motivo della giovinezza della donna, già topico soprattutto nei generi oggettivi della lirica galloromanza, è ben presente in Dante e negli stilnovisti, e poi in particolare si comunica – certo anche per loro influenza – alla tradizione ballatistica: cfr. per esempio gli <i>incipit</i> di Matteo Frescobaldi <i>Giovinetta, tu sai</i> e <i>Che farai, giovinetta</i>.",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT GIOVINETTA,"il motivo della giovinezza della donna, già topico soprattutto nei generi oggettivi della lirica galloromanza, è ben presente in Dante e negli stilnovisti, e poi in particolare si comunica – certo anche per loro influenza – alla tradizione ballatistica: cfr. per esempio gli <i>incipit</i> di Matteo Frescobaldi <i>Giovinetta, tu sai</i> e <i>Che farai, giovinetta</i>.",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT PRES'HAI,"non sono rare, in Dante come e più che nei suoi contemporanei, queste perifrasi col verbo <i>prendere</i> seguito dal complemento oggetto in luogo del verbo corrispondente (nella famiglia studiata da Corti 2005, pp. 127-34): non 'ti sei inorgoglita' ma 'hai preso orgoglio', così come non 'fui deliziato' ma presi tanta dolcezza (<i>Vn</i> III 2). Fra i vari esempi da altri autori cfr. Dino Frescobaldi, <i>Giovane, che così leggiadramente</i> 7-8, con l'identica clausola: tu <i>pigli</i> tanta segnoria nel <i>core</i>.","Dino Fresco- baldi, Giovane, che così leggiadramente 7-8, con l'identica clausola: «tu pigli tanta segnoria nel core».",CONCORDANZA GENERICA,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Giovane_che_cosi_leggiadramente,"Giovane, che cosí leggiadramente",Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK CREDO CHE,"formula asseverativa, senza sfumatura di dubbio: cioè non 'ipotizzo che', 'forse (lo fa) perché', bensì 'ritengo che', 'certo (lo fa) perché', come altrove in Dante (<i>Voi che savete</i> 17 E certo i' credo che così li guardi) e, prima, in provenzale; cfr. per esempio Bertran d'Alamanon, <i>De la sal de Proenza·m doill</i> 17 mas <i>cre q</i>'el o fai per demor (ed. Salverda de Grave 1902)","Bertran d'Alamanon, De la sal de Proenza·m doill 17 «mas cre q'el o fai per demor»",CONCORDANZA GENERICA,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_la_sal_de_Proenza_m_doill,De la sal de Proenza·m doill,Bertran d'Alamanon,http://it.dbpedia.org/resource/Bertran_de_Lamanon,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK AMORE ... MOVE,allitterazione di gusto guittoniano (<i>Contini</i>).,,CONCORDANZA GENERICA,,,Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,CONCEPT CHI,"l'intera prima quartina è occupata da una proposizione interrogativa, come in Cavalcanti, <i>Chi è questa che vèn</i>, o Deh, spiriti miei",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Chi_e_questa_che_ven,"Chi è questa che vèn, ch'ogn'om la mira",Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK CHI,"l'intera prima quartina è occupata da una proposizione interrogativa, come in Cavalcanti, <i>Chi è questa che vèn</i>, o Deh, spiriti miei",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Deh_spiriti_miei,"Deh, spiriti miei, quando mi vedete",Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SANZA PAURA,"lo sguardo della donna atterrisce, tanto che l'amante non osa incrociarlo; è un motivo già cavalcantiano, Gli occhi <i>di quella</i> 21-3 [Ella] non pò imaginare / ch'om d'esto mondo l'ardisca mirare / che non convegna lui tremare in pria. <i>Sanza</i>, in luogo di <i>senza</i>, è normale nel fiorentino antico (cfr. Manni 2003, pp. 141-2). 1-2",Gli occhi di quella 21-3 «[Ella] non pò imaginare / ch'om d'esto mondo l'ardisca mirare / che non convegna lui tremare in pria»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Gli_occhi_di_quella,Gli occhi di quella gentil foresetta,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK S'ASPETTA ... LA MORTE,"'io non aspetto altro che la morte'; per il motivo, cfr. Cavalcanti, <i>Li mie</i>' <i>foll</i>'<i>occhi</i> 14 mai non déi sperare altro che morte, e poi Quirini, <i>Ahi, glorïosa Vergene Maria</i> 7-8 non aspetta / altro che morte per la sua folia (Duso)","Cavalcanti, Li mie' foll'occhi 14 «mai non déi sperare altro che morte»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Li_mie_foll_occhi,"Li mie' foll' occhi, che prima guardaro",Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK VEDETE,"apostrofe a un uditorio immaginario cui si chiede comprensione e compassione, un po' come in <i>Le dolci rime</i> 140 Vedete omai quanti son gl'ingannati [<i>Cv</i> IV], o meglio (col <i>tu</i> al posto del <i>voi</i>) come in Dino Frescobaldi, <i>Deh, giovanetta, de</i>' begli occhi tuoi 12 Vedi a che disperato punto i' vegno!","Dino Frescobaldi, Deh, giovanetta, de' begli occhi tuoi",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Deh_giovanetta,"Deh, giovanetta! de' begli occhi tuoi",Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PER DAR ... FIGURA,"il destino del poeta deve servire da esempio e monito agli altri amanti, perché non si azzardino a guardare la donna; per l'idea, cfr. Francesco Smera, <i>Per gran soverchio di dolor mi movo</i> 45-6 ""chotal sentença Dio chonceduta m'à, / credo, per dar di me al mondo assemplo"" (ed. Molteni – Monaci 1877, pp. 667)","Francesco Smera, Per gran soverchio di dolor mi movo 45-6 «chotal sentença Dio chonceduta m'à, / credo, per dar di me al mondo assemplo»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Per_gran_soverchio_di_dolor_mi_movo,Per gran soverchio di dolor mi movo,Francesco Ismera Beccanugi,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Francesco_Ismera_Beccanugi,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK DI PERICOL TRATTO,"'salvato' o meglio, alla lettera, 'strappato dal <i>pericolo</i>', con l'idea di benefica violenza che si trova per esempio in I <i>Th</i> 1, 10 qui eripuit nos ab ira ventura, quindi nelle orazioni: Deus, qui famulos tuos a mundi periculis ereptos, ad plenius sectanda Filii vestigia vocare dignatus es (Pflieger 1964, s.v. <i>periculum</i>). <i>Trarre di pericolo</i> era una formula fissa: cfr. <i>If</i> VIII 98-9 m'hai sicurtà renduta e tratto / d'alto periglio; e Matteo Villani, <i>Cronica</i> X 25 per trarre il fratello di <i>pericolo</i>. E il <i>pericolo</i> era, nel linguaggio cristiano, lo smarrimento morale che porta alla dannazione, il danger de condemnation (Blaise 1975, s.v.): cfr. <i>Ave, dolcissemu</i> 4 liberame d'onne periculu (ed. Varanini 1972).","I Th 1, 10 «qui eripuit nos ab ira ventura»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/First_Epistle_to_the_Thessalonians,Prima lettera ai Tessalonicesi,Paolo,http://dbpedia.org/resource/Paul_the_Apostle,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_nuovo_testamento,WORK DI PERICOL TRATTO,"'salvato' o meglio, alla lettera, 'strappato dal <i>pericolo</i>', con l'idea di benefica violenza che si trova per esempio in I <i>Th</i> 1, 10 qui eripuit nos ab ira ventura, quindi nelle orazioni: Deus, qui famulos tuos a mundi periculis ereptos, ad plenius sectanda Filii vestigia vocare dignatus es (Pflieger 1964, s.v. <i>periculum</i>). <i>Trarre di pericolo</i> era una formula fissa: cfr. <i>If</i> VIII 98-9 m'hai sicurtà renduta e tratto / d'alto periglio; e Matteo Villani, <i>Cronica</i> X 25 per trarre il fratello di <i>pericolo</i>. E il <i>pericolo</i> era, nel linguaggio cristiano, lo smarrimento morale che porta alla dannazione, il danger de condemnation (Blaise 1975, s.v.): cfr. <i>Ave, dolcissemu</i> 4 liberame d'onne periculu (ed. Varanini 1972).","Ave, dolcissemu 4 «liberame d'onne periculu»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ave_dolcissemu_Iesu_Christo,"Ave, dolcissemu Iesu Christo",Pietro da Morrone,http://dbpedia.org/resource/Pope_Celestine_V,http://purl.org/bncf/tid/5665,WORK TRARRE ... LA VITA,"'attirare a me la morte': perifrasi artificiosa che non per caso si trova identica nel più artificioso dei duecentisti italiani, Monte Andrea: <i>Or è nel campo entrato tal campione</i> 61 Convene pur lo Contraro a me tiri; e <i>Ai doloroso lasso, per cui s</i>'<i>amorta</i> 15 lo contrad'ò del ben ne son certo.",Or è nel campo entrato tal campione 61 «Con- vene pur lo Contraro a me tiri»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Or_e_nel_campo_entrato_tal_campione,Or è nel campo entrato tal campione,Monte Andrea,http://it.dbpedia.org/resource/Monte_Andrea,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK TRARRE ... LA VITA,"'attirare a me la morte': perifrasi artificiosa che non per caso si trova identica nel più artificioso dei duecentisti italiani, Monte Andrea: <i>Or è nel campo entrato tal campione</i> 61 Convene pur lo Contraro a me tiri; e <i>Ai doloroso lasso, per cui s</i>'<i>amorta</i> 15 lo contrad'ò del ben ne son certo.","Ai doloroso lasso, per cui s'amorta 15 «lo contrad'ò del ben ne son certo»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ai_doloroso_lasso,"Ai doloroso lasso, per cui s'amorta",Monte Andrea,http://it.dbpedia.org/resource/Monte_Andrea,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK COME ... MARGHERITA,"'così come la perla (<i>margherita</i>: ma può anche essere genericamente 'pietra preziosa') trae virtù dalla stella'. Si credeva che il sole e le stelle stampassero la loro impronta sui diversi minerali (vertù s'acquista per ragio di stella scrive Cecco d'Ascoli nell'<i>Acerba</i> II IV 1); della perla, in particolare, si diceva che tenesse lontane le epidemie, e la procedura perché la virtuosa fecondazione da parte degli astri avvenisse è descritta così nel <i>Secretum secretorum</i>: et ponantur in dicto electuario de margaritis bene tritis medium ""sub"" ...; deinde ponatur hoc electuarium totum sic confectum ... sub divo ad serenum, ut descendant virtutes spirituales in ipsum (pp. 103-4)",«vertù s'acquista per ragio di stella» scrive Cecco d'Ascoli nell'Acerba II IV 1,CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/resource/L'Acerba,Acerba etas,Cecco d'Ascoli,http://it.dbpedia.org/resource/Cecco_d'Ascoli,http://purl.org/bncf/tid/9214,WORK COME ... MARGHERITA,"'così come la perla (<i>margherita</i>: ma può anche essere genericamente 'pietra preziosa') trae virtù dalla stella'. Si credeva che il sole e le stelle stampassero la loro impronta sui diversi minerali (vertù s'acquista per ragio di stella scrive Cecco d'Ascoli nell'<i>Acerba</i> II IV 1); della perla, in particolare, si diceva che tenesse lontane le epidemie, e la procedura perché la virtuosa fecondazione da parte degli astri avvenisse è descritta così nel <i>Secretum secretorum</i>: et ponantur in dicto electuario de margaritis bene tritis medium ""sub"" ...; deinde ponatur hoc electuarium totum sic confectum ... sub divo ad serenum, ut descendant virtutes spirituales in ipsum (pp. 103-4)","Secretum secretorum: «et ponantur in dicto electuario de margaritis bene tritis medium ""sub"" ...; deinde ponatur hoc electuarium totum sic confectum ... sub divo ad serenum, ut descendant virtutes spirituales in ipsum»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Secretum_Secretorum,Secretum secretorum,Aristotele (ps.),http://dbpedia.org/resource/Pseudo-Aristotle,http://purl.org/bncf/tid/19144,WORK AMOR ... PROVA,"'Amore, che trai (<i>movi</i>) la tua virtù dal cielo, così come il sole trae dal cielo il suo splendore: e la forza del sole s'imprime, si concentra (s'<i>apprende</i>) là dove il suo raggio trova maggiore nobiltà; e così come esso mette in <i>fuga</i> (<i>fuga</i>, lat. <i>fugare</i>) l'oscurità e il gelo, allo stesso modo, o alto signore, tu allontani la viltà dai cuori, né l'ira può durar molto contro di te (<i>fa lunga prova</i>)'. Nella prima stanza Dante svolge le prime due parti del modulo tripartito di cui s'è detto nella premessa: l'invocazione e l'aretalogia. Seguirà più avanti, nella quarta stanza, la preghiera. Agli esempi di esordio con aretalogia succitati si aggiunga questo della <i>Picatrix</i>, notevole perché anche qui l'invocazione è ad Amore, ossia alla dea pagana che ispira ogni tipo di amore: O Venus, tu que es spiritus amoris et ordinacio amiciciarum et ornamentum coniunctionum! Ex te virtus saporis et amoris procedit, et de te amicicia bona et dilectio inter homines fluunt, et per te cumulantur spiritus mala querentes et bene querentes redundant. De te radix coniunctionum amoris inter homines et mulieres procedit (ed. Pingree 1986, pp. 131-2). L'<i>incipit</i> di <i>Amor che movi</i> è ripreso (e anzi quasi assunto esplicitamente a premessa del sillogismo che segue) nell'anonima Se Amor dal ciel <i>ogni sua virtù move</i> (ed. Zaccagnini 1940), che dalla canzone di Dante (vv. 9-10 e 47-9) ricava anche l'idea dell'Amore come dispensatore di ogni bene: dall'altro regno / descende Amor là onde in terra viene / ogni virtute e ogni grazia piove (3-5).","«O Venus, tu que es spiritus amoris et ordinacio amiciciarum et ornamentum coniunctionum! Ex te vir- tus saporis et amoris procedit, et de te amicicia bona et dilectio in- ter homines fluunt, et per te cumulantur spiritus mala querentes et bene querentes redundant. De te radix coniunctionum amoris inter homines et mulieres procedit»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Picatrix,Picatrix,Maslama ibn Ahmad al-Majriti,http://it.dbpedia.org/resource/Maslama_ibn_Ahmad_al-Majriti/html,http://purl.org/bncf/tid/7170,WORK DAL CIELO,"secondo <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i> si tratta del cielo di Venere, dal quale Amore, qui invocato da Dante, deriva la sua <i>virtù</i>; e allo stesso modo il sole riceverebbe la sua luce non direttamente da Dio, ma dall'operazione delle Intelligenze del cielo del Sole. In tal modo, dal cielo vorrebbe dire, rispettivamente, 'dal cielo dei Troni, Venere' (stando al <i>Convivio</i>; o dei Principati, stando alla <i>Commedia</i>), e 'dal cielo delle Potestà, il Sole'. È una spiegazione acuta, ma probabilmente non corretta. Se è ben vero che Dio non opera direttamente sulla realtà umana ma si serve delle intelligenze celesti, che amministrano la sua potenza attraverso le loro diverse influenze, Dante non dimentica mai che i cieli sono mossi a loro volta dal Primo motore immobile, ossia Dio (Vasoli, nota a <i>Cv</i> II III 9). L'Amore invocato da Dante (i Troni) e il Sole (Potestati) ricevono da Dio la loro luce e loro particolare <i>virtù</i> e la riflettono sul mondo terrestre, com'è spiegato diffusamente, tra l'altro, in <i>Pd</i> XIII 52-87 e in <i>Cv</i> III XIV 4-5. Dunque dal cielo non significa 'dai rispettivi cieli (di Venere e del Sole)' ma 'da Dio': e del resto è la stessa processione del moto e della luce descritta da Guinizzelli, <i>Al cor gentil</i> 41-4 Splende 'n la 'ntelligenzïa del cielo / Deo crïator più che 'n nostr'occhi 'l sole: / ella intende suo fattor oltra 'l cielo, / e 'l ciel volgiando, a Lui obedir tole.","Al cor gentil 41-4 «Splende 'n la 'ntelligenzïa del cielo / Deo crïator più che 'n nostr'occhi 'l sole: / ella intende suo fattor oltra 'l cielo, / e 'l ciel volgiando, a Lui obedir tole».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Al_cor_gentil_rempaira_sempre_amore(Guinizzelli),Al cor gentil rempaira sempre amore,Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK COME ... SPLENDORE,"come l'Amore, nel cielo di Venere, ricava la sua potenza da Dio, così il sole riceve da Dio la sua luce, l'<i>igneus</i> <i>vigor</i> che rende possibile la vita nel mondo sublunare. Il sole era naturalmente il termine di paragone più ovvio quando si voleva dare figura alla forza che, dispiegandosi, feconda di sé il creato, fosse questa l'<i>anima mundi</i> neoplatonica (cfr. tra l'altro i commenti a Boezio citati in Courcelle 1939, pp. 36 e 55; in Nauta 2002; e in Dronke 1974, pp. 85-8 e 157), lo Spirito Santo (Arnaldo di Bonneval, Liber de cardinalibus operibus Christi, citato in Gregory 1955, p. 138: Hic Spiritus Sanctus omnium viventium anima, ita largitate sua se omnibus abundanter infundit, ut habeant omnia rationabilia et irrationabilia secundum genus suum ex eo quod sunt ...; et quasi sol omnia calefaciens subiecta, omnia nutrit) o, per l'appunto, l'Amore inteso come principio universale che lega tra loro gli elementi.",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/8330,CONCEPT COME ... SPLENDORE,"come l'Amore, nel cielo di Venere, ricava la sua potenza da Dio, così il sole riceve da Dio la sua luce, l'<i>igneus</i> <i>vigor</i> che rende possibile la vita nel mondo sublunare. Il sole era naturalmente il termine di paragone più ovvio quando si voleva dare figura alla forza che, dispiegandosi, feconda di sé il creato, fosse questa l'<i>anima mundi</i> neoplatonica (cfr. tra l'altro i commenti a Boezio citati in Courcelle 1939, pp. 36 e 55; in Nauta 2002; e in Dronke 1974, pp. 85-8 e 157), lo Spirito Santo (Arnaldo di Bonneval, Liber de cardinalibus operibus Christi, citato in Gregory 1955, p. 138: Hic Spiritus Sanctus omnium viventium anima, ita largitate sua se omnibus abundanter infundit, ut habeant omnia rationabilia et irrationabilia secundum genus suum ex eo quod sunt ...; et quasi sol omnia calefaciens subiecta, omnia nutrit) o, per l'appunto, l'Amore inteso come principio universale che lega tra loro gli elementi.","Arnaldo di Bonneval, Liber de cardinalibus operibus Christi, citato in Gregory 1955, p. 138: «Hic Spiritus Sanctus omnium viventium anima, ita largitate sua se omni- bus abundanter infundit, ut habeant omnia rationabilia et irrationa- bilia secundum genus suum ex eo quod sunt ...; et quasi sol omnia calefaciens subiecta, omnia nutrit»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_cardinalibus_operibus_christi,De cardinalibus operibus Christi,Arnaldo di Bonneval,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Arnaldo_di_Bonneval,http://purl.org/bncf/tid/1546,WORK S'APPRENDE,"'si concentra, s'insedia', ma l'idea è anche quella della fiamma che <i>prende</i> là dove trova alimento, come nel famoso verso di Guinizelli, <i>Al cor gentil</i> 11 Foco d'amore in gentil cor s'aprende (onde Dante, <i>If</i> V 100 Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende)","Guinizelli, Al cor gentil 11 «Foco d'amore in gentil cor s'aprende»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Al_cor_gentil_rempaira_sempre_amore(Guinizzelli),Al cor gentil rempaira sempre amore,Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DOVE ... TROVA,"'là dove la sua luce trova un oggetto più propenso ad accoglierla'. La potenza degli astri – cioè delle Intelligenze angeliche – non incide sulla materia in modo uniforme ma si comunica soprattutto ai corpi più nobili. È la concezione che Dante illustra tra l'altro in generale in <i>Cv</i> III II 4 ciascuna forma ha essere de la divina natura in alcun modo ... E quanto la forma è più nobile, tanto più di questa natura tiene; e in particolare, con riferimento appunto al <i>sole</i>, in <i>Cv</i> III XIV 3 Onde vedemo lo <i>sole</i> che, discendendo lo raggio suo qua giù, reduce le cose a sua similitudine di lume, quanto esse per loro disposizione possono da la sua virtude lume ricevere (e cfr. la nota di Vasoli <i>ad locum</i>). Concezione tradizionale, che Dante ricava forse da Alberto Magno (cfr. i rimandi di Vasoli al <i>De causis</i>; Stabile 2007, p. 48; e in generale per la storia del concetto Thorndike 1923-41, II, p. 699). Quanto al paragone tra la bontà di Dio e la virtù del <i>sole</i>, diversamente recepite a seconda dell'attitudine dei corpi, cfr. <i>Cv</i> III VII 2-3 La divina bontade in tutte le cose discende ..., ma avvegna che questa bontade si muova da semplicissimo principio, diversamente si riceve, secondo più e meno, da le cose riceventi ..., e di ciò sensibile essemplo avere potemo dal <i>sole</i>. Vedemo la luce del <i>sole</i>, la quale è una, da uno fonte derivata, diversamente da le corpora essere ricevuta: constatazione cui segue una lunga citazione dal <i>De intellectu et intelligibili</i> di Alberto Magno, pertinente anche per la similitudine tra <i>sole</i> e <i>Amore</i> (la bontà divina, nel <i>Convivio</i>) svolta in questa prima stanza",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_causis_et_processu_universitatis,De causis et processu universitatis,Alberto Magno,http://dbpedia.org/resource/Albertus_Magnus,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK DOVE ... TROVA,"'là dove la sua luce trova un oggetto più propenso ad accoglierla'. La potenza degli astri – cioè delle Intelligenze angeliche – non incide sulla materia in modo uniforme ma si comunica soprattutto ai corpi più nobili. È la concezione che Dante illustra tra l'altro in generale in <i>Cv</i> III II 4 ciascuna forma ha essere de la divina natura in alcun modo ... E quanto la forma è più nobile, tanto più di questa natura tiene; e in particolare, con riferimento appunto al <i>sole</i>, in <i>Cv</i> III XIV 3 Onde vedemo lo <i>sole</i> che, discendendo lo raggio suo qua giù, reduce le cose a sua similitudine di lume, quanto esse per loro disposizione possono da la sua virtude lume ricevere (e cfr. la nota di Vasoli <i>ad locum</i>). Concezione tradizionale, che Dante ricava forse da Alberto Magno (cfr. i rimandi di Vasoli al <i>De causis</i>; Stabile 2007, p. 48; e in generale per la storia del concetto Thorndike 1923-41, II, p. 699). Quanto al paragone tra la bontà di Dio e la virtù del <i>sole</i>, diversamente recepite a seconda dell'attitudine dei corpi, cfr. <i>Cv</i> III VII 2-3 La divina bontade in tutte le cose discende ..., ma avvegna che questa bontade si muova da semplicissimo principio, diversamente si riceve, secondo più e meno, da le cose riceventi ..., e di ciò sensibile essemplo avere potemo dal <i>sole</i>. Vedemo la luce del <i>sole</i>, la quale è una, da uno fonte derivata, diversamente da le corpora essere ricevuta: constatazione cui segue una lunga citazione dal <i>De intellectu et intelligibili</i> di Alberto Magno, pertinente anche per la similitudine tra <i>sole</i> e <i>Amore</i> (la bontà divina, nel <i>Convivio</i>) svolta in questa prima stanza",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_intellectu_et_intelligibili(Alberto_Magno),De intellectu et intelligibili,Alberto Magno,http://dbpedia.org/resource/Albertus_Magnus,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK DA TE ... MOVA,"Amore è il creatore, l'ispiratore di ogni cosa buona: E Dio fe' solo el mondo per <i>amore</i>, e solo per esso se mantene, e de tucti movimenti en la 'ngeneratione della natura e·ll'operationi si movono da tal volere (<i>Ragione nova d</i>'<i>amore</i>, p. XX).","«E Dio fe' solo el mondo per amore, e solo per esso se mantene, e de tucti movimenti en la 'ngeneratione della natura e·ll'operationi si movono da tal volere» (Ragione nova d'amore, p. XX)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ragione_nova_d_amore,Ragione nova d'amore,,,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SI TRAVAGLIA ... TUTTO,"può voler dire che l'intera umanità (il mondo tutto) è tesa con tutte le proprie forze alla ricerca dei distinti, e diversamente perfetti, oggetti d'amore (B. Bernabei in <i>ED</i>, s.v. <i>travagliare</i>), intendendo dunque <i>travagliare</i> nel senso di 'fare ogni sforzo, darsi da fare': affine al senso di <i>contendere</i> in <i>Pg</i> XVII 129 (di giugner lui [il bene] ciascun contende), o di <i>nititur</i> nel passo del <i>De consolatione</i> citato da <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>: Omnis mortalium cura, quam multiplicium studiorum labor exercet, diverso quidem calle procedit, sed ad unum tamen beatitudinis finem <i>nititur</i> pervenire (III 2). Ma ci si deve domandare in primo luogo (con <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>) se il mondo tutto non siano, invece, 'tutti gli esseri viventi', o addirittura 'tutto ciò che esiste', conforme all'affermazione di <i>Pg</i> XVII 91-2 Né creator né creatura mai / ... fu sanza amore. E in secondo luogo se il senso di <i>travaglia</i> non possa essere invece 'si muta, si trasforma', meno usuale del precedente ma attestato (<i>Pd</i> XXXIII 114; [il <i>vivo lume</i>] mutandom'io, a me si travagliava, Cino, S'<i>io ismagato sono ed infralito</i> 36 Deh, travagliar mi potess'io per arte): con riferimento, quindi, al Bene che, ispirato dall'Amore, sovrintende ai mutamenti della sfera sublunare (il mondo, appunto).","«Omnis mortalium cura, quam multiplicium studiorum labor exercet, diver- so quidem calle procedit, sed ad unum tamen beatitudinis finem niti- tur pervenire» (III 2)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Consolation_of_Philosophy,De consolatione philosophiae,Boezio,http://dbpedia.org/resource/Boethius,http://purl.org/bncf/tid/25917,WORK SI TRAVAGLIA ... TUTTO,"può voler dire che l'intera umanità (il mondo tutto) è tesa con tutte le proprie forze alla ricerca dei distinti, e diversamente perfetti, oggetti d'amore (B. Bernabei in <i>ED</i>, s.v. <i>travagliare</i>), intendendo dunque <i>travagliare</i> nel senso di 'fare ogni sforzo, darsi da fare': affine al senso di <i>contendere</i> in <i>Pg</i> XVII 129 (di giugner lui [il bene] ciascun contende), o di <i>nititur</i> nel passo del <i>De consolatione</i> citato da <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>: Omnis mortalium cura, quam multiplicium studiorum labor exercet, diverso quidem calle procedit, sed ad unum tamen beatitudinis finem <i>nititur</i> pervenire (III 2). Ma ci si deve domandare in primo luogo (con <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>) se il mondo tutto non siano, invece, 'tutti gli esseri viventi', o addirittura 'tutto ciò che esiste', conforme all'affermazione di <i>Pg</i> XVII 91-2 Né creator né creatura mai / ... fu sanza amore. E in secondo luogo se il senso di <i>travaglia</i> non possa essere invece 'si muta, si trasforma', meno usuale del precedente ma attestato (<i>Pd</i> XXXIII 114; [il <i>vivo lume</i>] mutandom'io, a me si travagliava, Cino, S'<i>io ismagato sono ed infralito</i> 36 Deh, travagliar mi potess'io per arte): con riferimento, quindi, al Bene che, ispirato dall'Amore, sovrintende ai mutamenti della sfera sublunare (il mondo, appunto).","Cino, S'io ismagato sono ed infralito 36 «Deh, travagliar mi potess'io per arte»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/S_io_ismagato_sono_ed_infralito,S'io ismagato sono ed infralito,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SANZA TE,"come osserva De Robertis, è la formula che caratterizza la richiesta del soccorso divino nell'<i>Oratio</i> che precede le ""letture"" nella liturgia della Messa del tempo dopo Pentecoste, via via <i>quia sine te nihil potest humana infirmitas</i>, <i>sine te nihil est validum, nihil est sanctum</i>, e simili.","Oratio liturgia della Messa - quia sine te nihil potest humana infirmitas, sine te nihil est vali- dum, nihil est sanctum",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Anaphora_(liturgy),Canone della Messa,,,http://purl.org/bncf/tid/18842,WORK QUANTO ... FARE,"in virtù dell'amore, aveva scritto Andrea Cappellano, universus regitur mundus, et sine ipso nihil boni aliquis operatur in orbe (<i>De amore</i>, p. 99). 13-5","«universus regitur mundus, et sine ipso nihil boni aliquis operatur in orbe» (De amore, p. 99).",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/De_amore_(Andreas_Capellanus),De amore,Andrea Cappellano,http://dbpedia.org/resource/Andreas_Capellanus,http://purl.org/bncf/tid/23856,WORK FEREMI,"'mi colpisce', detto della luce come in Guinizelli, Al <i>cor gentil</i> 31 Fere lo sol lo fango tutto 'l giorno.","Guinizelli, Al cor gentil 31 «Fere lo sol lo fango tutto 'l giorno».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Al_cor_gentil_rempaira_sempre_amore(Guinizzelli),Al cor gentil rempaira sempre amore,Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK COME ... STELLA,"'così come il raggio di luce colpisce (<i>fere</i>) le <i>stelle</i>'; <i>stella</i> è quasi un nome collettivo ('le <i>stelle</i>'), come in Cino, <i>Sta nel piacer de la mia donna Amore</i> 1-2 <i>Sta nel piacer de la mia donna Amore</i> / come nel sol lo raggio e in ciel la <i>stella</i>; e <i>stelle</i> sono chiamati, nel Medioevo, tutti i corpi celesti, tutti illuminati dal sole: del suo [del sole] lume tutte l'altre <i>stelle</i> s'informano (<i>Cv</i> II XIII 15)","Cino, Sta nel piacer de la mia donna Amore 1-2 «Sta nel piacer de la mia donna Amore / come nel sol lo raggio e in ciel la stella»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sta_nel_piacer_de_la_mia_donna_Amore,Sta nel piacer de la mia donna Amore,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK POI ... PRIMIERAMENTE,"l'indole, la disposizione naturale è influenzata, plasmata dalle intelligenze celesti, che imprimunt in eis [nelle anime] lumen suum (Alberto Magno, <i>De somno et vigilia</i> III I 6). Lo spiega con chiarezza Dino del Garbo nel suo commento a Cavalcanti: dispositio naturalis, per quam aliquis inclinatur ad incurrendum faciliter in aliquam passionem, ex principiis proprie nativitatis hominis contraitur et, inter ista principia nativitatis alicuius, precipua et principalia sunt corpora celestia (ed. Fenzi 1999, § 25). Per l'interpretazione di questi versi in relazione alla biografia di Dante cfr. la premessa al testo; per l'idea di un istantaneo governo o signoria di Amore sull'anima del poeta cfr. <i>Vn</i> II 7 D'allora [dal primo incontro con Beatrice] innanzi dico che Amore segnoreggiò la mia anima","«imprimunt in eis [nelle anime] lumen suum» (Alberto Magno, De somno et vi- gilia III I 6)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_somno_et_vigilia(Alberto_Magno),De somno et vigilia,Alberto Magno,http://dbpedia.org/resource/Albertus_Magnus,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK POI ... PRIMIERAMENTE,"l'indole, la disposizione naturale è influenzata, plasmata dalle intelligenze celesti, che imprimunt in eis [nelle anime] lumen suum (Alberto Magno, <i>De somno et vigilia</i> III I 6). Lo spiega con chiarezza Dino del Garbo nel suo commento a Cavalcanti: dispositio naturalis, per quam aliquis inclinatur ad incurrendum faciliter in aliquam passionem, ex principiis proprie nativitatis hominis contraitur et, inter ista principia nativitatis alicuius, precipua et principalia sunt corpora celestia (ed. Fenzi 1999, § 25). Per l'interpretazione di questi versi in relazione alla biografia di Dante cfr. la premessa al testo; per l'idea di un istantaneo governo o signoria di Amore sull'anima del poeta cfr. <i>Vn</i> II 7 D'allora [dal primo incontro con Beatrice] innanzi dico che Amore segnoreggiò la mia anima","«dispositio naturalis, per quam aliquis inclinatur ad incurrendum faciliter in aliquam passionem, ex principiis proprie nativitatis hominis contraitur et, inter ista principia nativitatis alicuius, precipua et principalia sunt corpora celestia»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Scriptum_super_cantilena,Scriptum super cantilena guidonis de cavalcantibus,Dino del Garbo,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dino_del_Garbo,http://purl.org/bncf/tid/770,WORK FATTA ANCELLA,"la stessa clausola in Lapo Gianni, <i>Questa rosa novella</i> 24 e in Dino Frescobaldi, In quella parte ove luce la stella 5",Questa rosa novella 24,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Questa_rosa_novella,Questa rosa novella,Lapo Gianni,http://dbpedia.org/resource/Lapo_Gianni,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK FATTA ANCELLA,"la stessa clausola in Lapo Gianni, <i>Questa rosa novella</i> 24 e in Dino Frescobaldi, In quella parte ove luce la stella 5","Dino Frescobaldi, In quella parte ove luce la stella 5",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/In_quella_parte_ove_luce_la_stella,In quella parte ove luce la stella,Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PER ... ENTRATA,"la donna e l'amore entrano nella mente attraverso lo sguardo: <i>topos</i> stilnovista che, in questa forma, ricorda soprattutto Dino Frescobaldi, <i>Quest</i>'<i>è la giovanetta</i> 1-2 <i>Quest</i>'<i>è la giovanetta</i> ch'Amor guida, / ch'entra per li occhi a ciascun che la vede (Brugnolo) e soprattutto <i>Poscia ch</i>'<i>io veggio</i> 5-6 Ché per lei m'è nella mente salita / una donna di gaia giovanezza","Dino Frescobaldi, Quest'è la giovanetta 1-2 «Quest'è la giovanetta ch'Amor guida, / ch'entra per li occhi a ciascun che la vede»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quest_e_la_giovanetta,Quest'è la giovanetta ch'Amor guida,Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PER ... ENTRATA,"la donna e l'amore entrano nella mente attraverso lo sguardo: <i>topos</i> stilnovista che, in questa forma, ricorda soprattutto Dino Frescobaldi, <i>Quest</i>'<i>è la giovanetta</i> 1-2 <i>Quest</i>'<i>è la giovanetta</i> ch'Amor guida, / ch'entra per li occhi a ciascun che la vede (Brugnolo) e soprattutto <i>Poscia ch</i>'<i>io veggio</i> 5-6 Ché per lei m'è nella mente salita / una donna di gaia giovanezza",Poscia ch'io veggio 5-6 «Ché per lei m'è nella mente salita / una donna di gaia giovanezza»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Poscia_ch_io_veggio_l_anima_partita,Poscia ch'io veggio l'anima partita,Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK UN FOCO,"è il motivo topico di Amore che è, o che desta, un fuoco nella mente: e a parte gli infiniti esempi in poesia cfr. Remigio de' Girolami, <i>De bono communi</i>: ""Sicut et ignis cui amor assimilatur magis"" (ed. De Matteis 1977, p. 21).","Remigio de' Girolami, De bono communi: «Sicut et ignis cui amor assimilatur magis»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_bono_communi,De bono communi,Remigio dei Girolami,http://dbpedia.org/resource/Remigio_dei_Girolami,http://purl.org/bncf/tid/29623,WORK COM'ACQUA ... ACCENDE,"si è a lungo inteso 'come la fiamma (soggetto) illumina col suo splendore l'<i>acqua</i> (oggetto) per la sua trasparenza'. La giusta interpretazione è invece 'così come l'<i>acqua</i> (soggetto), in virtù della sua chiarezza, può accendere una fiamma (oggetto)', ed è stata data per primo da Maggini, il quale ha osservato che al tempo di Dante si conosceva già il fenomeno dei raggi che passando attraverso un mezzo rifrangente, come una lente di cristallo o <i>acqua</i> limpida fra vetri, potevano concentrarsi in maniera da produrre calore e incendiare certe sostanze (citato in <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>). Maggini citava a riscontro questi versi di Dino Compagni, La '<i>ntelligenza</i> 5-7 Fra li due movimenti accidentali, / in mezzo stando vassei vetriali, / di sole e d'<i>acqua</i> si trae fiamma alquanta. Ma si trattava in effetti di una nozione tradizionale: chiosa di Tommaso ad Aristotele, <i>Metaura</i>, p. 173: Onde quando il sole è potente, ci vi ponesse 1 vasello d'<i>acqua</i> rotundo o guastada, e ponesse dirietro a·cquel vasello o guastada, colae dove ripercuotono i razzuoli del sole, della stoppa, potrebbe tanto il caldo del sole, che·ss'accendrebbe quella stoppa; Cecco d'Ascoli, <i>Acerba</i> IV V 55-6 Perché s'è l'<i>acqua</i> fredda in vitro messa / a posta al sole, arde al bianco panno?; Francesco Smera, <i>Metti lo sol nell</i>'<i>acqua</i> 1-4 <i>Metti lo sol nell</i>'<i>acqua</i> e trane il foco, / o del foco coll'<i>acqua</i> il sol li sciovra; / adoperavi il vetro assai o poco, / o l'esca fuor ke 'l prende e mette inn-ovra (ed. Pelaez 1895, pp. 136-7). Nel verso di Dante è però possibile che il riferimento non sia precisamente a un contenitore d'<i>acqua</i> bensì al cristallo, cioè a quello che si credeva essere ghiaccio portato al punto massimo di solidificazione. In questa forma, il paradosso è diffusissimo sia negli scritti dei naturalisti (cfr. i passi raccolti in Ziltener 1972, pp. 164-5, e per esempio Marbodo: il cristallo soli subiectus concipit ignem) sia in poesia (per esempio, più volte, in Peire Vidal e in Peirol, <i>Tug miei cossir son d</i>'<i>amor e de chan</i> 18-20 Si co·l solelhs pel freg cristal se lansa / de tal esfors qu'outra nais fuecs ardens, / altressi es amors piejer turmens); e cfr. in dettaglio Stabile 2007, pp. 40-4.","Dino Compagni, La 'ntelligenza 5-7 «Fra li due movimenti accidentali, / in mezzo stan- do vassei vetriali, / di sole e d'acqua si trae fiamma alquanta».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/La_ntelligenza,La 'ntelligenza,Dino Compagni,http://dbpedia.org/resource/Dino_Compagni,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/poesia_allegorica,WORK COM'ACQUA ... ACCENDE,"si è a lungo inteso 'come la fiamma (soggetto) illumina col suo splendore l'<i>acqua</i> (oggetto) per la sua trasparenza'. La giusta interpretazione è invece 'così come l'<i>acqua</i> (soggetto), in virtù della sua chiarezza, può accendere una fiamma (oggetto)', ed è stata data per primo da Maggini, il quale ha osservato che al tempo di Dante si conosceva già il fenomeno dei raggi che passando attraverso un mezzo rifrangente, come una lente di cristallo o <i>acqua</i> limpida fra vetri, potevano concentrarsi in maniera da produrre calore e incendiare certe sostanze (citato in <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>). Maggini citava a riscontro questi versi di Dino Compagni, La '<i>ntelligenza</i> 5-7 Fra li due movimenti accidentali, / in mezzo stando vassei vetriali, / di sole e d'<i>acqua</i> si trae fiamma alquanta. Ma si trattava in effetti di una nozione tradizionale: chiosa di Tommaso ad Aristotele, <i>Metaura</i>, p. 173: Onde quando il sole è potente, ci vi ponesse 1 vasello d'<i>acqua</i> rotundo o guastada, e ponesse dirietro a·cquel vasello o guastada, colae dove ripercuotono i razzuoli del sole, della stoppa, potrebbe tanto il caldo del sole, che·ss'accendrebbe quella stoppa; Cecco d'Ascoli, <i>Acerba</i> IV V 55-6 Perché s'è l'<i>acqua</i> fredda in vitro messa / a posta al sole, arde al bianco panno?; Francesco Smera, <i>Metti lo sol nell</i>'<i>acqua</i> 1-4 <i>Metti lo sol nell</i>'<i>acqua</i> e trane il foco, / o del foco coll'<i>acqua</i> il sol li sciovra; / adoperavi il vetro assai o poco, / o l'esca fuor ke 'l prende e mette inn-ovra (ed. Pelaez 1895, pp. 136-7). Nel verso di Dante è però possibile che il riferimento non sia precisamente a un contenitore d'<i>acqua</i> bensì al cristallo, cioè a quello che si credeva essere ghiaccio portato al punto massimo di solidificazione. In questa forma, il paradosso è diffusissimo sia negli scritti dei naturalisti (cfr. i passi raccolti in Ziltener 1972, pp. 164-5, e per esempio Marbodo: il cristallo soli subiectus concipit ignem) sia in poesia (per esempio, più volte, in Peire Vidal e in Peirol, <i>Tug miei cossir son d</i>'<i>amor e de chan</i> 18-20 Si co·l solelhs pel freg cristal se lansa / de tal esfors qu'outra nais fuecs ardens, / altressi es amors piejer turmens); e cfr. in dettaglio Stabile 2007, pp. 40-4.","chiosa di Tommaso ad Aristotele, Metaura, p. 173: «Onde quando il sole è potente, ci vi po- nesse 1 vasello d'acqua rotundo o guastada, e ponesse dirietro a·cquel vasello o guastada, colae dove ripercuotono i razzuoli del sole, della stoppa, potrebbe tanto il caldo del sole, che·ss'accendrebbe quella stoppa»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/La_metaura_d_aristotile,La Metaura di Aristotile,,,http://purl.org/bncf/tid/19144,WORK COM'ACQUA ... ACCENDE,"si è a lungo inteso 'come la fiamma (soggetto) illumina col suo splendore l'<i>acqua</i> (oggetto) per la sua trasparenza'. La giusta interpretazione è invece 'così come l'<i>acqua</i> (soggetto), in virtù della sua chiarezza, può accendere una fiamma (oggetto)', ed è stata data per primo da Maggini, il quale ha osservato che al tempo di Dante si conosceva già il fenomeno dei raggi che passando attraverso un mezzo rifrangente, come una lente di cristallo o <i>acqua</i> limpida fra vetri, potevano concentrarsi in maniera da produrre calore e incendiare certe sostanze (citato in <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>). Maggini citava a riscontro questi versi di Dino Compagni, La '<i>ntelligenza</i> 5-7 Fra li due movimenti accidentali, / in mezzo stando vassei vetriali, / di sole e d'<i>acqua</i> si trae fiamma alquanta. Ma si trattava in effetti di una nozione tradizionale: chiosa di Tommaso ad Aristotele, <i>Metaura</i>, p. 173: Onde quando il sole è potente, ci vi ponesse 1 vasello d'<i>acqua</i> rotundo o guastada, e ponesse dirietro a·cquel vasello o guastada, colae dove ripercuotono i razzuoli del sole, della stoppa, potrebbe tanto il caldo del sole, che·ss'accendrebbe quella stoppa; Cecco d'Ascoli, <i>Acerba</i> IV V 55-6 Perché s'è l'<i>acqua</i> fredda in vitro messa / a posta al sole, arde al bianco panno?; Francesco Smera, <i>Metti lo sol nell</i>'<i>acqua</i> 1-4 <i>Metti lo sol nell</i>'<i>acqua</i> e trane il foco, / o del foco coll'<i>acqua</i> il sol li sciovra; / adoperavi il vetro assai o poco, / o l'esca fuor ke 'l prende e mette inn-ovra (ed. Pelaez 1895, pp. 136-7). Nel verso di Dante è però possibile che il riferimento non sia precisamente a un contenitore d'<i>acqua</i> bensì al cristallo, cioè a quello che si credeva essere ghiaccio portato al punto massimo di solidificazione. In questa forma, il paradosso è diffusissimo sia negli scritti dei naturalisti (cfr. i passi raccolti in Ziltener 1972, pp. 164-5, e per esempio Marbodo: il cristallo soli subiectus concipit ignem) sia in poesia (per esempio, più volte, in Peire Vidal e in Peirol, <i>Tug miei cossir son d</i>'<i>amor e de chan</i> 18-20 Si co·l solelhs pel freg cristal se lansa / de tal esfors qu'outra nais fuecs ardens, / altressi es amors piejer turmens); e cfr. in dettaglio Stabile 2007, pp. 40-4.","Cecco d'Ascoli, Acerba IV V 55-6 «Perché s'è l'acqua fred- da in vitro messa / a posta al sole, arde al bianco panno?»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/resource/L'Acerba,Acerba etas,Cecco d'Ascoli,http://it.dbpedia.org/resource/Cecco_d'Ascoli,http://purl.org/bncf/tid/9214,WORK COM'ACQUA ... ACCENDE,"si è a lungo inteso 'come la fiamma (soggetto) illumina col suo splendore l'<i>acqua</i> (oggetto) per la sua trasparenza'. La giusta interpretazione è invece 'così come l'<i>acqua</i> (soggetto), in virtù della sua chiarezza, può accendere una fiamma (oggetto)', ed è stata data per primo da Maggini, il quale ha osservato che al tempo di Dante si conosceva già il fenomeno dei raggi che passando attraverso un mezzo rifrangente, come una lente di cristallo o <i>acqua</i> limpida fra vetri, potevano concentrarsi in maniera da produrre calore e incendiare certe sostanze (citato in <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>). Maggini citava a riscontro questi versi di Dino Compagni, La '<i>ntelligenza</i> 5-7 Fra li due movimenti accidentali, / in mezzo stando vassei vetriali, / di sole e d'<i>acqua</i> si trae fiamma alquanta. Ma si trattava in effetti di una nozione tradizionale: chiosa di Tommaso ad Aristotele, <i>Metaura</i>, p. 173: Onde quando il sole è potente, ci vi ponesse 1 vasello d'<i>acqua</i> rotundo o guastada, e ponesse dirietro a·cquel vasello o guastada, colae dove ripercuotono i razzuoli del sole, della stoppa, potrebbe tanto il caldo del sole, che·ss'accendrebbe quella stoppa; Cecco d'Ascoli, <i>Acerba</i> IV V 55-6 Perché s'è l'<i>acqua</i> fredda in vitro messa / a posta al sole, arde al bianco panno?; Francesco Smera, <i>Metti lo sol nell</i>'<i>acqua</i> 1-4 <i>Metti lo sol nell</i>'<i>acqua</i> e trane il foco, / o del foco coll'<i>acqua</i> il sol li sciovra; / adoperavi il vetro assai o poco, / o l'esca fuor ke 'l prende e mette inn-ovra (ed. Pelaez 1895, pp. 136-7). Nel verso di Dante è però possibile che il riferimento non sia precisamente a un contenitore d'<i>acqua</i> bensì al cristallo, cioè a quello che si credeva essere ghiaccio portato al punto massimo di solidificazione. In questa forma, il paradosso è diffusissimo sia negli scritti dei naturalisti (cfr. i passi raccolti in Ziltener 1972, pp. 164-5, e per esempio Marbodo: il cristallo soli subiectus concipit ignem) sia in poesia (per esempio, più volte, in Peire Vidal e in Peirol, <i>Tug miei cossir son d</i>'<i>amor e de chan</i> 18-20 Si co·l solelhs pel freg cristal se lansa / de tal esfors qu'outra nais fuecs ardens, / altressi es amors piejer turmens); e cfr. in dettaglio Stabile 2007, pp. 40-4.","Francesco Smera, Metti lo sol nell'acqua 1-4 «Metti lo sol nell'acqua e tra- ne il foco, / o del foco coll'acqua il sol li sciovra; / adoperavi il vetro assai o poco, / o l'esca fuor ke 'l prende e mette inn-ovra»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Metti_lo_sol_nell_acqua,Metti lo sol nell'acqua,Francesco Ismera Beccanugi,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Francesco_Ismera_Beccanugi,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK COM'ACQUA ... ACCENDE,"si è a lungo inteso 'come la fiamma (soggetto) illumina col suo splendore l'<i>acqua</i> (oggetto) per la sua trasparenza'. La giusta interpretazione è invece 'così come l'<i>acqua</i> (soggetto), in virtù della sua chiarezza, può accendere una fiamma (oggetto)', ed è stata data per primo da Maggini, il quale ha osservato che al tempo di Dante si conosceva già il fenomeno dei raggi che passando attraverso un mezzo rifrangente, come una lente di cristallo o <i>acqua</i> limpida fra vetri, potevano concentrarsi in maniera da produrre calore e incendiare certe sostanze (citato in <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>). Maggini citava a riscontro questi versi di Dino Compagni, La '<i>ntelligenza</i> 5-7 Fra li due movimenti accidentali, / in mezzo stando vassei vetriali, / di sole e d'<i>acqua</i> si trae fiamma alquanta. Ma si trattava in effetti di una nozione tradizionale: chiosa di Tommaso ad Aristotele, <i>Metaura</i>, p. 173: Onde quando il sole è potente, ci vi ponesse 1 vasello d'<i>acqua</i> rotundo o guastada, e ponesse dirietro a·cquel vasello o guastada, colae dove ripercuotono i razzuoli del sole, della stoppa, potrebbe tanto il caldo del sole, che·ss'accendrebbe quella stoppa; Cecco d'Ascoli, <i>Acerba</i> IV V 55-6 Perché s'è l'<i>acqua</i> fredda in vitro messa / a posta al sole, arde al bianco panno?; Francesco Smera, <i>Metti lo sol nell</i>'<i>acqua</i> 1-4 <i>Metti lo sol nell</i>'<i>acqua</i> e trane il foco, / o del foco coll'<i>acqua</i> il sol li sciovra; / adoperavi il vetro assai o poco, / o l'esca fuor ke 'l prende e mette inn-ovra (ed. Pelaez 1895, pp. 136-7). Nel verso di Dante è però possibile che il riferimento non sia precisamente a un contenitore d'<i>acqua</i> bensì al cristallo, cioè a quello che si credeva essere ghiaccio portato al punto massimo di solidificazione. In questa forma, il paradosso è diffusissimo sia negli scritti dei naturalisti (cfr. i passi raccolti in Ziltener 1972, pp. 164-5, e per esempio Marbodo: il cristallo soli subiectus concipit ignem) sia in poesia (per esempio, più volte, in Peire Vidal e in Peirol, <i>Tug miei cossir son d</i>'<i>amor e de chan</i> 18-20 Si co·l solelhs pel freg cristal se lansa / de tal esfors qu'outra nais fuecs ardens, / altressi es amors piejer turmens); e cfr. in dettaglio Stabile 2007, pp. 40-4.","Peire Vidal e in Peirol, Tug miei cossir son d'amor e de chan 18-20 «Si co·l solelhs pel freg cristal se lansa / de tal esfors qu'outra nais fuecs ardens, / altres- si es amors piejer turmens»)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tuiz_mei_cossir,Tuiz mei cossir son d'amor et de chan,Peire Vidal,http://dbpedia.org/resource/Peire_Vidal,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK IN GUISA ... SALUTE,"passo molto complesso. L'edizione Barbi leggeva in guisa ched è 'l sol <i>segno <i>di</i> foco</i>, intendendo che il fuoco tende a salire verso il sole come al suo obiettivo (<i>segno</i>: che è il significato che la parola ha per esempio in <i>Io sento sì</i> 29). E non molto diversa è la spiegazione <i>di</i> <i>Foster</i> – <i>Boyde</i>: il sole-<i>segno</i> sarebbe a principle to which a thing may be referred as that which governs and accounts for it. A favore <i>di</i> questa lettura e <i>di</i> questa interpretazione può stare l'idea che il fuoco si dirige verso l'alto (illius natura talis est – scrive un anonimo commentatore <i>di</i> Boezio – ut superiora petat: cfr. Dronke 1974, p. 88), idea che Dante ripete in <i>Pg</i> XVIII 28-30 Poi, come 'l foco movesi in altura, / per la sua forma ch'è nata a salire / là dove più in sua matera dura. Vero è però che il luogo del fuoco in quanto elemento è, per Aristotele e per Dante, la sfera della luna (cfr. tra l'altro <i>Cv</i> III III 2). De Robertis legge diversamente: in guisa ch'è del sol <i>segno <i>di</i> foco</i>, lezione che prospetta una diversa parafrasi: 'al modo che del sole è manifestazione il fuoco che, nulla ad esso aggiungendo né sottraendo, ne rende evidente <i>altrove</i>, in altro <i>soggetto</i>, la benefica operazione'. Ma neppure questa parafrasi convince del tutto, perché al v. 42 ci vorrebbe allora del sol <i>segno</i> <i>lo</i> foco, e non <i>di</i> foco; e perché restano comunque poco chiari i versi successivi: perché il sole avrebbe <i>altrove</i> (ma dove?) effetto più salutare? Stabile 2007, pp. 56-7, propone la lezione che si è adottata anche qui: in guisa che del sol <i>segno <i>di</i> foco</i>; e parafrasa: allo stesso modo [che] il <i>calore</i>, che è <i>segno <i>di</i> foco</i>, rende conoscibile il potere del sole, manifestando nell'effetto l'ardore della fiamma. Ma anche in questo caso la spiegazione riesce un po' sforzata (che <i>segno <i>di</i> foco</i> possa stare per <i>calore</i> risulta soltanto dalla similitudine che apre <i>Cv</i> IV XXIX Poi che mostrato ha <i>lo</i> testo quelli segni li quali per ciascuna etade appaiono nel nobile uomo ..., e sanza li quali essere non puote, come <i>lo</i> sole sanza luce e <i>lo</i> fuoco sanza caldo). In questa <i>impasse</i>, è lecito almeno suggerire una spiegazione alternativa, e cioè che qui Dante alluda al mito <i>di</i> Fetonte circa l'origine della Via Lattea: il sole, scrive in <i>Cv</i> II XIV 5, alcuna fiata errò ne la sua via e ... arse <i>lo</i> luogo per <i>lo</i> quale passò. E si potrebbe quindi intendere così: 'al modo in cui <i>lo</i> è (sottinteso: <i>conforto</i>, prova del valore del sole) il <i>segno</i> <i>di</i> fuoco, la traccia <i>di</i> fuoco lasciata dal sole, il quale <i>segno</i> (la galassia delle stelle illuminate da lui) non dà né toglie a lui forza, ma fa sì che in un altro luogo (la galassia, appunto, le stelle) esso appaia più efficace, più forte nei suoi effetti (in quanto non illumina soltanto la terra ma anche le altre stelle, come Dante dice più volte nel <i>Convivio</i>)'",,CONCORDANZA GENERICA,,,Aristotele,http://dbpedia.org/resource/Aristotle,http://purl.org/bncf/tid/19144,CONCEPT IN GUISA ... SALUTE,"passo molto complesso. L'edizione Barbi leggeva in guisa ched è 'l sol <i>segno <i>di</i> foco</i>, intendendo che il fuoco tende a salire verso il sole come al suo obiettivo (<i>segno</i>: che è il significato che la parola ha per esempio in <i>Io sento sì</i> 29). E non molto diversa è la spiegazione <i>di</i> <i>Foster</i> – <i>Boyde</i>: il sole-<i>segno</i> sarebbe a principle to which a thing may be referred as that which governs and accounts for it. A favore <i>di</i> questa lettura e <i>di</i> questa interpretazione può stare l'idea che il fuoco si dirige verso l'alto (illius natura talis est – scrive un anonimo commentatore <i>di</i> Boezio – ut superiora petat: cfr. Dronke 1974, p. 88), idea che Dante ripete in <i>Pg</i> XVIII 28-30 Poi, come 'l foco movesi in altura, / per la sua forma ch'è nata a salire / là dove più in sua matera dura. Vero è però che il luogo del fuoco in quanto elemento è, per Aristotele e per Dante, la sfera della luna (cfr. tra l'altro <i>Cv</i> III III 2). De Robertis legge diversamente: in guisa ch'è del sol <i>segno <i>di</i> foco</i>, lezione che prospetta una diversa parafrasi: 'al modo che del sole è manifestazione il fuoco che, nulla ad esso aggiungendo né sottraendo, ne rende evidente <i>altrove</i>, in altro <i>soggetto</i>, la benefica operazione'. Ma neppure questa parafrasi convince del tutto, perché al v. 42 ci vorrebbe allora del sol <i>segno</i> <i>lo</i> foco, e non <i>di</i> foco; e perché restano comunque poco chiari i versi successivi: perché il sole avrebbe <i>altrove</i> (ma dove?) effetto più salutare? Stabile 2007, pp. 56-7, propone la lezione che si è adottata anche qui: in guisa che del sol <i>segno <i>di</i> foco</i>; e parafrasa: allo stesso modo [che] il <i>calore</i>, che è <i>segno <i>di</i> foco</i>, rende conoscibile il potere del sole, manifestando nell'effetto l'ardore della fiamma. Ma anche in questo caso la spiegazione riesce un po' sforzata (che <i>segno <i>di</i> foco</i> possa stare per <i>calore</i> risulta soltanto dalla similitudine che apre <i>Cv</i> IV XXIX Poi che mostrato ha <i>lo</i> testo quelli segni li quali per ciascuna etade appaiono nel nobile uomo ..., e sanza li quali essere non puote, come <i>lo</i> sole sanza luce e <i>lo</i> fuoco sanza caldo). In questa <i>impasse</i>, è lecito almeno suggerire una spiegazione alternativa, e cioè che qui Dante alluda al mito <i>di</i> Fetonte circa l'origine della Via Lattea: il sole, scrive in <i>Cv</i> II XIV 5, alcuna fiata errò ne la sua via e ... arse <i>lo</i> luogo per <i>lo</i> quale passò. E si potrebbe quindi intendere così: 'al modo in cui <i>lo</i> è (sottinteso: <i>conforto</i>, prova del valore del sole) il <i>segno</i> <i>di</i> fuoco, la traccia <i>di</i> fuoco lasciata dal sole, il quale <i>segno</i> (la galassia delle stelle illuminate da lui) non dà né toglie a lui forza, ma fa sì che in un altro luogo (la galassia, appunto, le stelle) esso appaia più efficace, più forte nei suoi effetti (in quanto non illumina soltanto la terra ma anche le altre stelle, come Dante dice più volte nel <i>Convivio</i>)'",«illius natura talis est – scrive un anonimo commentatore di Boezio – ut su- periora petat»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Commento_anonimo_al_de_consolatione,Commento anonimo al De Consolatione di Boezio,,,http://purl.org/bncf/tid/25917,WORK LO QUALE ... VERTUTE,"'il quale fuoco non toglie né dà forza al sole'. L'idea che il sole comunichi i suoi effetti senza trovarsi per questo diminuito era corrente: cfr. Guinizelli, <i>Al cor gentil</i> 31-2 Fere lo sol lo fango tutto 'l giorno: / vile reman, né 'l sol perde calore (e poi lo stesso Dante, <i>Poscia ch</i>'<i>Amor</i> 115-20)","Guinizelli, Al cor gentil 31-2 «Fere lo sol lo fango tutto 'l giorno: / vile reman, né 'l sol perde calore»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Al_cor_gentil_rempaira_sempre_amore(Guinizzelli),Al cor gentil rempaira sempre amore,Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DUNQUE,"trae le conseguenze di quello che ha appena detto con una formula di transizione da trattato o da <i>exemplum</i>; nei sonetti la si trova di solito all'inizio della sirma: cfr. Onesto, Davante voi, madonna, son venuto 9 <i>Donqua</i>, per Deo, non vi piacia ch'eo pera (ed. Giunta 2002b, pp. 54-5); Quirini, <i>Se men d</i>'orgoglio e se più di pietate 9 <i>Donque</i>, signor di natura benigna (Duso). 46-7","Onesto, Davante voi, madonna, son venuto 9 «Donqua, per Deo, non vi piacia ch'eo pera»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Davante_voi_madonna_son_venuto,"Davante voi, madonna, son venuto",Onesto degli Onesti,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Onesto_degli_Onesti,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK FALLE ... LEI,"'Fa' in modo che lei sappia, in virtù della tua dolcezza (ovvero: entrandole nel cuore e addolcendola, rendendola capace di capire e ricambiare l'<i>amore</i> del poeta), il grande desiderio che ho di vederla'. L'appello ad Amore perché faccia innamorare la donna è topico: cfr. Pucciandone Martelli, <i>Madonna, voi isguardando senti</i>' <i>amore</i> 65-7 Amor, merzé, a madonna sentire / fa' lo travaglio e l'ire / che per lei aggio e sento; e Meo Abbracciavacca, <i>Amore amaro</i> 11-2 falli sentir per certo ciò ch'eo sento. / Forse ch'avrà pietate del mio stato; ed è uno di quei casi in cui la retorica cortese s'incontra con quella sacra, influenzandola o venendone influenzata: Laudario di Santa Maria della Scala, Troppo perde el tempo chi ben non t'<i>ama</i> 196-7 Fammi questo dono ispeçiale: / ch'io tua dolceçça, amor, possa sentire (<i>amore</i> qui è Dio).","Pucciandone Martelli, Madonna, voi isguardan- do senti' amore 65-7 «Amor, merzé, a madonna sentire / fa' lo trava- glio e l'ire / che per lei aggio e sento»;",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Madonna_voi_isguardando_senti_amore,"Madonna, voi isguardando senti' amore",Pucciandone Martelli,http://it.dbpedia.org/resource/Pucciandone_Martelli,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK FALLE ... LEI,"'Fa' in modo che lei sappia, in virtù della tua dolcezza (ovvero: entrandole nel cuore e addolcendola, rendendola capace di capire e ricambiare l'<i>amore</i> del poeta), il grande desiderio che ho di vederla'. L'appello ad Amore perché faccia innamorare la donna è topico: cfr. Pucciandone Martelli, <i>Madonna, voi isguardando senti</i>' <i>amore</i> 65-7 Amor, merzé, a madonna sentire / fa' lo travaglio e l'ire / che per lei aggio e sento; e Meo Abbracciavacca, <i>Amore amaro</i> 11-2 falli sentir per certo ciò ch'eo sento. / Forse ch'avrà pietate del mio stato; ed è uno di quei casi in cui la retorica cortese s'incontra con quella sacra, influenzandola o venendone influenzata: Laudario di Santa Maria della Scala, Troppo perde el tempo chi ben non t'<i>ama</i> 196-7 Fammi questo dono ispeçiale: / ch'io tua dolceçça, amor, possa sentire (<i>amore</i> qui è Dio).","Meo Abbracciavacca, Amore amaro 11-2 «falli sentir per certo ciò ch'eo sento. / Forse ch'avrà pietate del mio stato»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Amore_amaro,Amore amaro,Meo Abbracciavacca,http://dbpedia.org/resource/Meo_Abbracciavacca,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK FALLE ... LEI,"'Fa' in modo che lei sappia, in virtù della tua dolcezza (ovvero: entrandole nel cuore e addolcendola, rendendola capace di capire e ricambiare l'<i>amore</i> del poeta), il grande desiderio che ho di vederla'. L'appello ad Amore perché faccia innamorare la donna è topico: cfr. Pucciandone Martelli, <i>Madonna, voi isguardando senti</i>' <i>amore</i> 65-7 Amor, merzé, a madonna sentire / fa' lo travaglio e l'ire / che per lei aggio e sento; e Meo Abbracciavacca, <i>Amore amaro</i> 11-2 falli sentir per certo ciò ch'eo sento. / Forse ch'avrà pietate del mio stato; ed è uno di quei casi in cui la retorica cortese s'incontra con quella sacra, influenzandola o venendone influenzata: Laudario di Santa Maria della Scala, Troppo perde el tempo chi ben non t'<i>ama</i> 196-7 Fammi questo dono ispeçiale: / ch'io tua dolceçça, amor, possa sentire (<i>amore</i> qui è Dio).","Laudario di Santa Maria della Scala, Troppo perde el tempo chi ben non t'ama 196-7 «Fammi questo dono ispeçiale: / ch'io tua dolceçça, amor, possa sentire» (amore qui è Dio).",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Laudario_di_Santa_Maria_della_Scala,Laudario di Santa Maria della Scala,,,http://purl.org/bncf/tid/5665,WORK NON SOFFRIR,"'non accettare, non ammettere', come in Cino, Quando potrò io dir: Dolce mio dio 31-2 Signor mio, <i>non sofferir</i> ch'amando / da me si parta l'anima mia trista.","Cino, Quando potrò io dir: «Dolce mio dio» 31-2 «Signor mio, non sofferir ch'amando / da me si parta l'anima mia trista».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quando_potro_io_dir,Quando potrò io dir: Dolce mio dio,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PER GIOVANEZZA,"l'impulsività, il fare senza sapere e senza valutare bene le conseguenze del fatto (qui la morte dell'amante), era considerata tradizionalmente una peculiarità dei giovani (e lo è ancora, salvo che la si guarda oggi con occhio benevolo, laddove un tempo prevalevano il biasimo e il fastidio per un contegno irragionevole): Io ti voglio perdonare questa battaglia, <i>perché</i> io veggio che ttu l'ài presa <i>per giovanezza</i> e per poco senno che ttu ài (<i>Tristano riccardiano</i>, p. 86). In amore, però, l'incoscienza sconfina con la crudeltà, onde il <i>topos</i> dell'amante spietata <i>perché</i> troppo giovane e dunque incapace di amare: Dino Frescobaldi, Morte avversara, poich'<i>io son contento</i> 27-30 Ma la sua nova e salvaggia etate, / crudele e lenta contro a mia fermezza, / per la sua giovinezza, / m'ha tempo, in vanità girando, tolto (Brugnolo); quanto a Dante, giovinezza e crudeltà sono associate per esempio in <i>Io sento sì</i> 46-7 e nella ballata <i>Perché ti vedi giovinetta e bella</i>.","«Io ti voglio perdonare questa battaglia, perché io veggio che ttu l'ài presa per giovanezza e per poco senno che ttu ài» (Tristano riccardiano, p. 86).",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tristano_riccardiano,Tristano riccardiano,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://purl.org/bncf/tid/3572,WORK PER GIOVANEZZA,"l'impulsività, il fare senza sapere e senza valutare bene le conseguenze del fatto (qui la morte dell'amante), era considerata tradizionalmente una peculiarità dei giovani (e lo è ancora, salvo che la si guarda oggi con occhio benevolo, laddove un tempo prevalevano il biasimo e il fastidio per un contegno irragionevole): Io ti voglio perdonare questa battaglia, <i>perché</i> io veggio che ttu l'ài presa <i>per giovanezza</i> e per poco senno che ttu ài (<i>Tristano riccardiano</i>, p. 86). In amore, però, l'incoscienza sconfina con la crudeltà, onde il <i>topos</i> dell'amante spietata <i>perché</i> troppo giovane e dunque incapace di amare: Dino Frescobaldi, Morte avversara, poich'<i>io son contento</i> 27-30 Ma la sua nova e salvaggia etate, / crudele e lenta contro a mia fermezza, / per la sua giovinezza, / m'ha tempo, in vanità girando, tolto (Brugnolo); quanto a Dante, giovinezza e crudeltà sono associate per esempio in <i>Io sento sì</i> 46-7 e nella ballata <i>Perché ti vedi giovinetta e bella</i>.","Dino Frescobaldi, Morte avversara, poich'io son contento 27-30 «Ma la sua nova e salvaggia etate, / cru- dele e lenta contro a mia fermezza, / per la sua giovinezza, / m'ha tempo, in vanità girando, tolto»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Morte_avversara_poich_io_son_contento,"Morte avversara, poich'io son contento",Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK RICCO DONO,"giuntura già trobadorica, <i>ric do(n</i>), e che in Italia si trova per esempio (e cito casi in cui come qui è Amore il donatore) in Cino, S'<i>io mi riputo di niente alquanto</i> 9-10 Ancor m'ha fatto Amor più ricco dono, / che, o nell'anonimo di Sovente, <i>Amore, agio visto manti</i> 14 sì ricco dono Amor m'à donato.","Cino, S'io mi riputo di niente alquanto 9-10 «Ancor m'ha fatto Amor più ricco dono, / che», o nell'anonimo di Sovente, Amo- re, agio visto manti 14 «sì ricco dono Amor m'à donato»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/S_io_mi_riputo_di_niente_alquanto,S'io mi riputo di niente alquanto,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK NON DICO,"spiega, nei vv. 7-12, perché non può durare lungamente a soffrire; snodi discorsivi come questi, che al nostro gusto sembrano più adatti alla prosa, si trovano talvolta anche in poesia all'inizio della stanza o del periodo: cfr. Châtelain de Couci, <i>La douce voiz</i> 25 Je ne di pas que je face folage; Chiaro, <i>La mia disiderosa e dolze vita</i> 13 Non dico che lo cor mio senta male","Châtelain de Couci, La douce voiz 25 «Je ne di pas que je face fola- ge»;",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/La_douce_voiz,La douce voiz du louseignol sauvage,Le Châtelain de Coucy,http://dbpedia.org/resource/Le_Chastelain_de_Couci,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK NON DICO,"spiega, nei vv. 7-12, perché non può durare lungamente a soffrire; snodi discorsivi come questi, che al nostro gusto sembrano più adatti alla prosa, si trovano talvolta anche in poesia all'inizio della stanza o del periodo: cfr. Châtelain de Couci, <i>La douce voiz</i> 25 Je ne di pas que je face folage; Chiaro, <i>La mia disiderosa e dolze vita</i> 13 Non dico che lo cor mio senta male","Chiaro, La mia disiderosa e dolze vita 13 «Non dico che lo cor mio senta male»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/La_mia_disiderosa_e_dolze_vita,La mia disiderosa e dolze vita,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK OND(E),"'di cui' o meglio (il valore originario di <i>onde</i> è spaziale) 'da cui', e insomma 'questa è la ragione del mio dolore'. La sintassi del verso (con <i>prendo</i> nel senso di 'ho, mi viene') ricorda Chiaro, <i>Gravosa dimoranza</i> 51 e questo è ciò laond'io riprendo gioia (Menichetti)","Chia- ro, Gravosa dimoranza 51 «e questo è ciò laond'io riprendo gioia»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Gravosa_dimoranza,Gravosa dimoranza,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK OVUNQUE,"nella lingua antica gli avverbi di luogo hanno talvolta valore temporale (cfr. Dino Frescobaldi, L'<i>alma mia trist</i>'<i>è seguitando</i> '<i>l core</i> 12 esser di lui ovunque il cor disia): si potrebbe intendere dunque 'in ogni momento in cui'. Qui, tuttavia, così come al v. 19, agli occhi è dato quasi il potere di sanare, dunque di agire sul corpo dell'amante, come un balsamo, e prima di tutto sul cuore: perciò non va escluso che il senso sia 'in ogni luogo di me in cui'. 17-9","Dino Frescobaldi, L'alma mia trist'è se- guitando 'l core 12 «esser di lui ovunque il cor disia»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/L_alma_mia_trist_e_seguitando,L'alma mia trist'è seguitando 'l core,Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK ENTRANO ... AMARO,"riprende il motivo degli occhi col quale si è chiusa la prima stanza secondo una tecnica (si ribadisce il concetto e lo si chiarisce meglio) già trobadorica, e che Dante adotta per esempio anche in <i>E' m'incresce di me</i>",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT RAGGI,"cfr. per esempio Lapo Gianni, <i>Gentil donna cortese e dibonare</i> 5-7 ""I' fu' sì tosto servente di voi, / come d'un raggio gentile amoroso / da' vostri occhi mi venne uno splendore"".","Lapo Gianni, Gentil donna cortese e dibonare 5-7 «I' fu' sì tosto servente di voi, / come d'un raggio gentile amoroso / da' vostri occhi mi venne uno splendore».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Gentil_donna_cortese_e_dibonare,Gentil donna cortese e dibonare,Lapo Gianni,http://dbpedia.org/resource/Lapo_Gianni,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SÌ COME QUELLI,"per il costrutto, cfr. la nota a <i>Qual che voi siate</i> 11. Amore passa (o meglio è passato) attraverso gli occhi e si è insediato nel cuore dell'amante (è il motivo per esempio di Guinizelli, <i>Lo vostro bel saluto</i>).",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lo_vostro_bel_saluto,Lo vostro bel saluto e 'l gentil sguardo,Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK NULLO ... PIACER,"'nessun (<i>nullo</i>) amore è tanto oneroso (e dunque portato con più stoicismo) quanto quello che fa accettare (e non 'piacere' come parafrasano <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>) la morte'. Il poeta è lieto di morire se questa è la volontà della donna: iperbole topica (tornerà in <i>Amor, da che convien</i> 7) con la quale, per esempio, Guinizelli chiude la canzone <i>Tegno de folle</i> 50 onde mi piace morir per su' amore. <i>Foster</i> – <i>Boyde</i> citano a confronto per la struttura del periodo <i>Io</i> 15, 13 Maiorem hac dilectionem nemo habet ut animam suam quis ponat pro amicis suis",Guinizelli chiude la canzone Tegno de folle 50 «onde mi piace morir per su' amore».,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tegno_de_folle_empresa_a_lo_ver_dire,Tegno de folle empresa a lo ver dire,Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK NULLO ... PIACER,"'nessun (<i>nullo</i>) amore è tanto oneroso (e dunque portato con più stoicismo) quanto quello che fa accettare (e non 'piacere' come parafrasano <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>) la morte'. Il poeta è lieto di morire se questa è la volontà della donna: iperbole topica (tornerà in <i>Amor, da che convien</i> 7) con la quale, per esempio, Guinizelli chiude la canzone <i>Tegno de folle</i> 50 onde mi piace morir per su' amore. <i>Foster</i> – <i>Boyde</i> citano a confronto per la struttura del periodo <i>Io</i> 15, 13 Maiorem hac dilectionem nemo habet ut animam suam quis ponat pro amicis suis","Io 15, 13 «Maiorem hac dilectionem nemo habet ut animam suam quis ponat pro amicis suis»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Gospel_of_John,Vangelo di Giovanni,Giovanni,http://dbpedia.org/resource/John_the_Evangelist,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_nuovo_testamento,WORK FACE,"'fa', da interpretare come latinismo nelle scritture filosofiche e come sicilianismo (<i>Contini</i>) o insomma come ""poetismo"" nella lirica (in Chiaro è per esempio la forma prevalente)",,CONCORDANZA GENERICA,,,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,CONCEPT PER ... S'ACCOGLIE,"per virtù di quella somma bellezza che come sintesi di singole bellezze si raccoglie (si aduna, si unifica) nel bel viso (<i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>); per tutto il passo cfr. Dino Frescobaldi, <i>Un sol penser che mi ven ne la mente</i> 39-41 In te convien che cresca ogni pesanza / tanto, quanto ogni tuo ben fu 'l disio / ch'era fermato nella sua bellezza (Brugnolo)","Dino Frescobal- di, Un sol penser che mi ven ne la mente 39-41 «In te convien che cresca ogni pesanza / tanto, quanto ogni tuo ben fu 'l disio / ch'era fermato nella sua bellezza» (Brugnolo).",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Un_sol_penser_che_mi_ven_ne_la_mente,Un sol penser che mi ven ne la mente,Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK IO ... CONTENTO,"il pensiero del servizio d'amore è motivo di gioia, come in Cino, <i>Tutte le pene</i> 1-4 <i>Tutte le pene</i> ch'io sento d'Amore / mi son conforto acciò ch'io non ne moia, / pensando che m'ha fatto servidore / della mia gentil donna, o in Dante, <i>Lo doloroso amor</i> 29-30 Pensando a quel che d'amore ho provato / l'anima mia non chiede altro diletto","Cino, Tutte le pene 1-4 «Tutte le pene ch'io sen- to d'Amore / mi son conforto acciò ch'io non ne moia, / pensando che m'ha fatto servidore / della mia gentil donna»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tutte_le_pene_ch_io_sento_d_Amore,Tutte le pene ch'io sento d'Amore,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK CONTRA TALENTO,"non 'a proprio malgrado' (<i>Contini</i>) bensì (con <i>Mattalia</i> e <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>) 'contro il volere (della donna)', come in Guinizelli, <i>Donna, l</i>'<i>amor mi sforza</i> 37-8 Grave cos'è servire / signor contra talento.","Guinizelli, Donna, l'amor mi sforza 37-8 «Grave cos'è servire / signor contra talento».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Donna_l_amor_mi_sforza,"Donna, l'amor mi sforza",Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK E ... TOGLIE,"'e se la giovinezza (della donna amata) mi nega la pietà', cioè 'se la donna che amo, perché giovane, non ha pietà'. La giovinezza è predicato di Beatrice in più luoghi della <i>Vita Nova</i>, ma poi anche della donna pietosa e delle altre amate e cantate da Dante: entro un codice nel quale – come si è spiegato nell'Introduzione – l'amore è vissuto piuttosto come passione irrazionale che come quieto sentimento, e come passione che conviene ai giovani. Per l'idea che la giovinezza sia nemica della pietà cfr. <i>Amor che movi</i> 56-7 non soffrir che costei / per giovanezza mi conduca a morte; Dino Frescobaldi, <i>Morte avversara, poich</i>'<i>io son contento</i> 35 che se a merzede giovinetta è fera.","Dino Frescobaldi, Morte avversara, poich'io son contento 35 «che se a merzede giovinetta è fera»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Morte_avversara_poich_io_son_contento,"Morte avversara, poich'io son contento",Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK QUAND'IO PENSO,"l'uso transitivo di <i>pensare</i> era molto più frequente che non nell'italiano moderno (A. Niccoli in <i>ED</i>, s.v.), e il senso è 'porre mente' a qualcosa, 'prestarvi attenzione'; dunque 'Se io considero, rifletto su un gentile desiderio'. Soste simili, durante le quali il poeta rievoca con gioia e gratitudine la vicenda del suo amore, non sono rare nella lirica antica, di solito all'inizio della stanza e con funzione avversativa rispetto a ciò che si è appena detto (Soffro, e tuttavia, quando penso...): cfr. tra gli altri Arnaut de Mareuil, <i>Si·m destreignetz, dompna, vos et Amors</i> 38-9 Mas quand ieu pens cals etz que·m faitz languir, / cossir l'onor et oblit la foudat; Guiraut Riquier, <i>Razos m</i>'<i>aduy voler, qu</i>'<i>ieu chant soven</i> 17-9 Quant pes, qui fuy, tro aic entendemen / en lieys amar, ez er aug mon resso, / qu'amors m'a dat per lieys engienh e sen; Guiraut de Calanso, <i>Li mey dezir</i> 15-24 E quan m'albir / del vostre cors plazen / ... / adoncs consir e pes, / tan suy joyos, / que be m'es avengut; Rinaldo d'Aquino, <i>Per fin amore vao sì allegramente</i> 46-8 ed eo mi laudo che più altamente / ca eo non ò servuto / Amor m'à coninzato a meritare","Arnaut de Mareuil, Si·m destreignetz, dompna, vos et Amors 38-9 «Mas quand ieu pens cals etz que·m faitz languir, / cossir l'onor et oblit la fou- dat»; Guiraut Riquier, Razos m'aduy voler, qu'ieu chant soven 17-9 «Quant pes, qui fuy, tro aic entendemen / en lieys amar, ez er aug mon resso, / qu'amors m'a dat per lieys engienh e sen»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Si_m_destreignetz_dompna_vos_et_Amors,"Si·m destreignetz, dompna, vos et Amors",Arnaut de Mareuil,http://dbpedia.org/resource/Arnaut_de_Mareuil,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK QUAND'IO PENSO,"l'uso transitivo di <i>pensare</i> era molto più frequente che non nell'italiano moderno (A. Niccoli in <i>ED</i>, s.v.), e il senso è 'porre mente' a qualcosa, 'prestarvi attenzione'; dunque 'Se io considero, rifletto su un gentile desiderio'. Soste simili, durante le quali il poeta rievoca con gioia e gratitudine la vicenda del suo amore, non sono rare nella lirica antica, di solito all'inizio della stanza e con funzione avversativa rispetto a ciò che si è appena detto (Soffro, e tuttavia, quando penso...): cfr. tra gli altri Arnaut de Mareuil, <i>Si·m destreignetz, dompna, vos et Amors</i> 38-9 Mas quand ieu pens cals etz que·m faitz languir, / cossir l'onor et oblit la foudat; Guiraut Riquier, <i>Razos m</i>'<i>aduy voler, qu</i>'<i>ieu chant soven</i> 17-9 Quant pes, qui fuy, tro aic entendemen / en lieys amar, ez er aug mon resso, / qu'amors m'a dat per lieys engienh e sen; Guiraut de Calanso, <i>Li mey dezir</i> 15-24 E quan m'albir / del vostre cors plazen / ... / adoncs consir e pes, / tan suy joyos, / que be m'es avengut; Rinaldo d'Aquino, <i>Per fin amore vao sì allegramente</i> 46-8 ed eo mi laudo che più altamente / ca eo non ò servuto / Amor m'à coninzato a meritare","Guiraut de Calanso, Li mey dezir 15-24 «E quan m'albir / del vostre cors plazen / ... / adoncs consir e pes, / tan suy joyos, / que be m'es avengut»;",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Li_mey_dezir,Li mey dezir,Guiraut de Calanso,http://dbpedia.org/resource/Guiraut_de_Calanso,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK QUAND'IO PENSO,"l'uso transitivo di <i>pensare</i> era molto più frequente che non nell'italiano moderno (A. Niccoli in <i>ED</i>, s.v.), e il senso è 'porre mente' a qualcosa, 'prestarvi attenzione'; dunque 'Se io considero, rifletto su un gentile desiderio'. Soste simili, durante le quali il poeta rievoca con gioia e gratitudine la vicenda del suo amore, non sono rare nella lirica antica, di solito all'inizio della stanza e con funzione avversativa rispetto a ciò che si è appena detto (Soffro, e tuttavia, quando penso...): cfr. tra gli altri Arnaut de Mareuil, <i>Si·m destreignetz, dompna, vos et Amors</i> 38-9 Mas quand ieu pens cals etz que·m faitz languir, / cossir l'onor et oblit la foudat; Guiraut Riquier, <i>Razos m</i>'<i>aduy voler, qu</i>'<i>ieu chant soven</i> 17-9 Quant pes, qui fuy, tro aic entendemen / en lieys amar, ez er aug mon resso, / qu'amors m'a dat per lieys engienh e sen; Guiraut de Calanso, <i>Li mey dezir</i> 15-24 E quan m'albir / del vostre cors plazen / ... / adoncs consir e pes, / tan suy joyos, / que be m'es avengut; Rinaldo d'Aquino, <i>Per fin amore vao sì allegramente</i> 46-8 ed eo mi laudo che più altamente / ca eo non ò servuto / Amor m'à coninzato a meritare","Rinaldo d'Aquino, Per fin amore vao sì allegramente 46-8 «ed eo mi laudo che più altamente / ca eo non ò servuto / Amor m'à coninzato a meritare».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Per_fino_amore_vo_si_letamente,Per fino amore vo sì letamente,Rinaldo d'Aquino,http://it.dbpedia.org/resource/Rinaldo_d'Aquino,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK PARM(I) ... OLTRAPAGATO,"'mi sembra d'essere pagato più del debito' (pagato <i>di merzé</i> 'di misericordia'); non solo il superlativo con il prefisso <i>oltra-</i> (prov. <i>outra-</i>, <i>oltra-</i>) ma l'espressione intera è di gusto provenzale: cfr. Jausbert de Puycibot, <i>Car no m'abellis solatz</i> 11-2 ""E teing mi fort per pagatz / del mal qu'ieu sofria"", e in particolare, per il concetto, Anonimo, <i>Non saccio a che coninzi lo meo dire</i> (V 358) 3-4 ""per uno ciento, delo meo servire / ò ricievuto doppio pagamento""; e soprattutto, con analoga forma superlativa, 10 ""mi tengno sovrameritato"".","Jausbert de Puycibot, Car no m'abellis solatz 11-2 «E teing mi fort per pagatz / del mal qu'ieu sofria»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Car_no_m_abellis_solatz,Car no m'abellis solatz,Jausbert de Puycibot,http://dbpedia.org/resource/Jausbert_de_Puycibot,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PARM(I) ... OLTRAPAGATO,"'mi sembra d'essere pagato più del debito' (pagato <i>di merzé</i> 'di misericordia'); non solo il superlativo con il prefisso <i>oltra-</i> (prov. <i>outra-</i>, <i>oltra-</i>) ma l'espressione intera è di gusto provenzale: cfr. Jausbert de Puycibot, <i>Car no m'abellis solatz</i> 11-2 ""E teing mi fort per pagatz / del mal qu'ieu sofria"", e in particolare, per il concetto, Anonimo, <i>Non saccio a che coninzi lo meo dire</i> (V 358) 3-4 ""per uno ciento, delo meo servire / ò ricievuto doppio pagamento""; e soprattutto, con analoga forma superlativa, 10 ""mi tengno sovrameritato"".","Non saccio a che coninzi lo meo dire (V 358) 3-4 «per uno ciento, delo meo servire / ò ricievu- to doppio pagamento»; e soprattutto, con analoga forma superlativa, 10 «mi tengno sovrameritato»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Non_saccio_a_che_corinzi_lo_meo_dire,Non saccio a che corinzi lo meo dire,,,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK ED ANCOR PIÙ,"'e non basta, e non solo'; formula di transizione ben diffusa nella lirica antica, sempre seguita da un <i>che</i> epesegetico: Chiaro, <i>Per la grande abondanza ch</i>'<i>ïo sento</i> 25-6 ed ancor <i>più</i>: <i>che</i> quando omo la vede / già mai non pò pensar di cosa ria; Monte, <i>Tanto m</i>'<i>abonda matera, di soperchio</i> 34 ed ancor <i>più</i>, ch'assai vizi ricopre; un'altra decina di esempi nel <i>corpus TLIO</i>). Perciò metto una virgola dopo <i>più</i> (ed. Barbi e De Robertis <i>più</i> ch'a torto; e il confronto vale a correggere per esempio questo passo di <i>Decameron</i> III V 11 e ancor <i>più</i>, <i>ché</i> ... in perpetuo v'amerò, dove non di <i>ché</i> causale si tratterà, ma appunto di un <i>che</i> consecutivo-epesegetico, come nei casi citati).","Chiaro, Per la grande abondanza ch'ïo sento 25-6 «ed ancor più: che quando omo la vede / già mai non pò pensar di cosa ria»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Per_la_grande_abondanza,Per la grande abondanza ch'ïo sento,Chiaro Davanzati,http://dbpedia.org/resource/Chiaro_Davanzati,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK ED ANCOR PIÙ,"'e non basta, e non solo'; formula di transizione ben diffusa nella lirica antica, sempre seguita da un <i>che</i> epesegetico: Chiaro, <i>Per la grande abondanza ch</i>'<i>ïo sento</i> 25-6 ed ancor <i>più</i>: <i>che</i> quando omo la vede / già mai non pò pensar di cosa ria; Monte, <i>Tanto m</i>'<i>abonda matera, di soperchio</i> 34 ed ancor <i>più</i>, ch'assai vizi ricopre; un'altra decina di esempi nel <i>corpus TLIO</i>). Perciò metto una virgola dopo <i>più</i> (ed. Barbi e De Robertis <i>più</i> ch'a torto; e il confronto vale a correggere per esempio questo passo di <i>Decameron</i> III V 11 e ancor <i>più</i>, <i>ché</i> ... in perpetuo v'amerò, dove non di <i>ché</i> causale si tratterà, ma appunto di un <i>che</i> consecutivo-epesegetico, come nei casi citati).","Monte, Tanto m'abonda matera, di soperchio 34 «ed ancor più, ch'assai vizi ricopre»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tanto_m_abonda_matera_di_soperchio,"Tanto m'abonda matera, di soperchio",Monte Andrea,http://it.dbpedia.org/resource/Monte_Andrea,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK IN PREGIO MONTI,"è il provenzale <i>en pretz montar</i> (<i>LR</i>, IV, p. 259, s.v. <i>montar</i>); la stessa metafora del pregio che sale e fa salire è usata da Dante da Maiano in <i>Lo vostro fermo dir</i> 5.",Dante da Maiano in Lo vostro fermo dir 5,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lo_vostro_fermo_dir,Lo vostro fermo dir fino ed orrato,Dante da Maiano,http://dbpedia.org/resource/Dante_da_Maiano,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK CH'AMOR ... DEGNO,"'perché (<i>ché</i>) Amore mi ha reso degno di tanto onore', cioè dell'essere <i>uomo</i> al servizio dell'amata; cfr. Lapo Gianni, <i>Dolc</i>'<i>è il pensier che mi notrica</i> '<i>l core</i> 24 che·mmi fé degno di cotanto onore (Iovine). 65-7","Lapo Gianni, Dolc'è il pensier che mi notrica 'l core 24 «che·mmi fé degno di cotanto onore» (Iovine)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dolc_e_il_pensier,Dolc' è il pensier che mi notrica 'l core,Lapo Gianni,http://dbpedia.org/resource/Lapo_Gianni,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SANZA ... ORA,"la stessa iperbole in Noffo, <i>Un spirito d</i>'amor con intelletto 4 e sanza lui non viveria un'ora (<i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>).","Noffo, Un spirito d'amor con intelletto 4 «e sanza lui non viveria un'ora»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Un_spirito_d_amore,[Uno] spirito d'amor con intelletto,Noffo Bonaguide,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Noffo_Bonaguide,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK TANTE VOLTE ANCORA,"'mai', cioè 'L'ho vista tante volte, ma mai mi è capitato di non trovare...'. <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i> citano a confronto la ballata (contesa tra più autori, ma d'età stilnovista) <i>Quanto più fiso</i> 5-6 Parmi vedere, in lei, quand'io la guardo, / tuttor nova bellezza.","Quanto più fiso 5-6 «Parmi vedere, in lei, quand'io la guardo, / tut- tor nova bellezza».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quanto_piu_fiso_miro,Quanto più fiso miro,,,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK CANZON MIA BELLA,"primo congedo col quale il poeta ammonisce la canzone a stare coi buoni e non coi reprobi. È un motivo, questo della selezione del pubblico, ben tradizionale: si desidera che l'opera non cada nelle mani sbagliate, cfr. per esempio <i>Flamenca</i> 7094-6 Mais de iiii ves mi preguet / non venguesson entr'avols mans, / ni ja non las ausis vilans (e si parla dei versi di un <i>salut</i>), o il prologo del <i>Tesoretto</i> 83-108, che contiene raccomandazioni analoghe. Ma è un motivo poi quasi per eccellenza stilnovista, conforme al carattere dotto e raffinato della loro poesia: e tra i tanti esempi possibili si vedano soprattutto Cino, L'<i>uom che conosce tegno ch</i>'<i>aggi ardire</i> 43-6 Canzone, udir si può la tua ragione, / ma non intender sì che si' aprovata / se non da innamorata e gentil alma e Dante stesso, <i>Donne ch</i>'<i>avete</i> 63-7 E se non vuoli andar sì come vana, / non restare ove sia gente villana: / ingegnati, se puoi, d'esser palese / solo con donne o con omo cortese","Flamenca 7094-6 «Mais de iiii ves mi preguet / non venguesson entr'avols mans, / ni ja non las ausis vilans»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Romance_of_Flamenca,Roman de Flamenca,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK CANZON MIA BELLA,"primo congedo col quale il poeta ammonisce la canzone a stare coi buoni e non coi reprobi. È un motivo, questo della selezione del pubblico, ben tradizionale: si desidera che l'opera non cada nelle mani sbagliate, cfr. per esempio <i>Flamenca</i> 7094-6 Mais de iiii ves mi preguet / non venguesson entr'avols mans, / ni ja non las ausis vilans (e si parla dei versi di un <i>salut</i>), o il prologo del <i>Tesoretto</i> 83-108, che contiene raccomandazioni analoghe. Ma è un motivo poi quasi per eccellenza stilnovista, conforme al carattere dotto e raffinato della loro poesia: e tra i tanti esempi possibili si vedano soprattutto Cino, L'<i>uom che conosce tegno ch</i>'<i>aggi ardire</i> 43-6 Canzone, udir si può la tua ragione, / ma non intender sì che si' aprovata / se non da innamorata e gentil alma e Dante stesso, <i>Donne ch</i>'<i>avete</i> 63-7 E se non vuoli andar sì come vana, / non restare ove sia gente villana: / ingegnati, se puoi, d'esser palese / solo con donne o con omo cortese",prologo del Tesoretto 83-108,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tesoretto(Brunetto_Latini),Tesoretto,Brunetto Latini,http://dbpedia.org/resource/Brunetto_Latini,http://purl.org/bncf/tid/6929,WORK CANZON MIA BELLA,"primo congedo col quale il poeta ammonisce la canzone a stare coi buoni e non coi reprobi. È un motivo, questo della selezione del pubblico, ben tradizionale: si desidera che l'opera non cada nelle mani sbagliate, cfr. per esempio <i>Flamenca</i> 7094-6 Mais de iiii ves mi preguet / non venguesson entr'avols mans, / ni ja non las ausis vilans (e si parla dei versi di un <i>salut</i>), o il prologo del <i>Tesoretto</i> 83-108, che contiene raccomandazioni analoghe. Ma è un motivo poi quasi per eccellenza stilnovista, conforme al carattere dotto e raffinato della loro poesia: e tra i tanti esempi possibili si vedano soprattutto Cino, L'<i>uom che conosce tegno ch</i>'<i>aggi ardire</i> 43-6 Canzone, udir si può la tua ragione, / ma non intender sì che si' aprovata / se non da innamorata e gentil alma e Dante stesso, <i>Donne ch</i>'<i>avete</i> 63-7 E se non vuoli andar sì come vana, / non restare ove sia gente villana: / ingegnati, se puoi, d'esser palese / solo con donne o con omo cortese","Cino, L'uom che conosce tegno ch'aggi ardire 43-6 «Canzone, udir si può la tua ragione, / ma non intender sì che si' aprovata / se non da innamorata e gentil alma»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/L_uom_che_conosce,L'uom che conosce tegno ch'aggi ardire,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PERÒ ... T'ASOTTIGLI,"'perciò ti prego d'ingegnarti, di aguzzare la mente'; normale la costruzione <i>assottigliarsi in</i> (<i>prender</i>): cfr. Guinizelli, <i>Pur a pensar</i> 5 e 'n adagiarsi ciascun s'assottiglia.","Guinizelli, Pur a pensar 5 «e 'n adagiarsi ciascun s'assottiglia»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Pur_a_pensar_mi_par_gran_meraviglia,Pur a pensar mi par gran meraviglia,Guido Guinizzelli,http://dbpedia.org/resource/Guido_Guinizelli,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK CHÉ ... TENE,"'perché il buono si accompagna sempre al buono'. L'ed. Barbi leggeva, con parte della tradizione manoscritta, ché 'l buon col buon sempre <i>camera</i> tene. Nel <i>corpus TLIO</i> non si trovano esempi utili né di <i>tener carriera</i> né di <i>tener camera</i>. Il detto si trova però, in questa seconda forma, tra i <i>Proverbi toscani</i> raccolti da Giusti – Capponi 2001, p. 63: Il buono fa <i>camera</i> col buono; e con leggera variazione in Monosini 1604, p. 297: Il buon fa camerata col buono. Stando così le cose, sembrerebbe di dover tornare alla lezione fissata da Barbi, <i>tener camera</i>; ma sarebbe un errore, perché la formula, nella variante accolta da De Robertis, è attestata in provenzale: Levy, s.v. <i>carriera</i>, registra infatti due esempi di <i>tener carriera</i> nel senso di 'andare, dirigersi' (e De Robertis cita a riscontro Brunetto Latini, <i>Tesoretto</i> 2175 presi <i>carriera</i>). È dunque verosimile che la variante con <i>far camera</i> derivi ai paremiologi da questo stesso passo di Dante, cioè da un ramo della tradizione portatore di questa variante. Questo desiderio di indagare sulla compagnia nella quale si trova il cavaliere non deve sorprendere. In un universo sociale così ristretto (come ancor oggi nelle campagne), la buona fama di una persona si giudicava anche e soprattutto dagli amici che si sceglieva, onde precetti come i seguenti: Si legisse memoras / ethicam Catonis, / in qua scriptum legitur: / ""ambula cum bonis"" (<i>Carmina Burana</i> 19.2 1-4); En ce doit l'en resgarder les mours de celui a cui il done ..., et avec queles genz il habite et en quel compaingnie il vit (<i>Tresor</i> II XCV 11); convien ciascuno / usar coi buoni (Francesco da Barberino, <i>Documenti</i> I, p. 47); e del resto anche il nostro ""Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei"". 92-4",«Il buono fa camera col buono»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Proverbi_toscani,Proverbi toscani,,,http://purl.org/bncf/tid/2660,WORK CHÉ ... TENE,"'perché il buono si accompagna sempre al buono'. L'ed. Barbi leggeva, con parte della tradizione manoscritta, ché 'l buon col buon sempre <i>camera</i> tene. Nel <i>corpus TLIO</i> non si trovano esempi utili né di <i>tener carriera</i> né di <i>tener camera</i>. Il detto si trova però, in questa seconda forma, tra i <i>Proverbi toscani</i> raccolti da Giusti – Capponi 2001, p. 63: Il buono fa <i>camera</i> col buono; e con leggera variazione in Monosini 1604, p. 297: Il buon fa camerata col buono. Stando così le cose, sembrerebbe di dover tornare alla lezione fissata da Barbi, <i>tener camera</i>; ma sarebbe un errore, perché la formula, nella variante accolta da De Robertis, è attestata in provenzale: Levy, s.v. <i>carriera</i>, registra infatti due esempi di <i>tener carriera</i> nel senso di 'andare, dirigersi' (e De Robertis cita a riscontro Brunetto Latini, <i>Tesoretto</i> 2175 presi <i>carriera</i>). È dunque verosimile che la variante con <i>far camera</i> derivi ai paremiologi da questo stesso passo di Dante, cioè da un ramo della tradizione portatore di questa variante. Questo desiderio di indagare sulla compagnia nella quale si trova il cavaliere non deve sorprendere. In un universo sociale così ristretto (come ancor oggi nelle campagne), la buona fama di una persona si giudicava anche e soprattutto dagli amici che si sceglieva, onde precetti come i seguenti: Si legisse memoras / ethicam Catonis, / in qua scriptum legitur: / ""ambula cum bonis"" (<i>Carmina Burana</i> 19.2 1-4); En ce doit l'en resgarder les mours de celui a cui il done ..., et avec queles genz il habite et en quel compaingnie il vit (<i>Tresor</i> II XCV 11); convien ciascuno / usar coi buoni (Francesco da Barberino, <i>Documenti</i> I, p. 47); e del resto anche il nostro ""Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei"". 92-4","Brunetto Latini, Tesoretto 2175 «presi carriera»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tesoretto(Brunetto_Latini),Tesoretto,Brunetto Latini,http://dbpedia.org/resource/Brunetto_Latini,http://purl.org/bncf/tid/6929,WORK CHÉ ... TENE,"'perché il buono si accompagna sempre al buono'. L'ed. Barbi leggeva, con parte della tradizione manoscritta, ché 'l buon col buon sempre <i>camera</i> tene. Nel <i>corpus TLIO</i> non si trovano esempi utili né di <i>tener carriera</i> né di <i>tener camera</i>. Il detto si trova però, in questa seconda forma, tra i <i>Proverbi toscani</i> raccolti da Giusti – Capponi 2001, p. 63: Il buono fa <i>camera</i> col buono; e con leggera variazione in Monosini 1604, p. 297: Il buon fa camerata col buono. Stando così le cose, sembrerebbe di dover tornare alla lezione fissata da Barbi, <i>tener camera</i>; ma sarebbe un errore, perché la formula, nella variante accolta da De Robertis, è attestata in provenzale: Levy, s.v. <i>carriera</i>, registra infatti due esempi di <i>tener carriera</i> nel senso di 'andare, dirigersi' (e De Robertis cita a riscontro Brunetto Latini, <i>Tesoretto</i> 2175 presi <i>carriera</i>). È dunque verosimile che la variante con <i>far camera</i> derivi ai paremiologi da questo stesso passo di Dante, cioè da un ramo della tradizione portatore di questa variante. Questo desiderio di indagare sulla compagnia nella quale si trova il cavaliere non deve sorprendere. In un universo sociale così ristretto (come ancor oggi nelle campagne), la buona fama di una persona si giudicava anche e soprattutto dagli amici che si sceglieva, onde precetti come i seguenti: Si legisse memoras / ethicam Catonis, / in qua scriptum legitur: / ""ambula cum bonis"" (<i>Carmina Burana</i> 19.2 1-4); En ce doit l'en resgarder les mours de celui a cui il done ..., et avec queles genz il habite et en quel compaingnie il vit (<i>Tresor</i> II XCV 11); convien ciascuno / usar coi buoni (Francesco da Barberino, <i>Documenti</i> I, p. 47); e del resto anche il nostro ""Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei"". 92-4","«Si legisse me- moras / ethicam Catonis, / in qua scriptum legitur: / ""ambula cum bonis""» (Carmina Burana 19.2 1-4)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Carmina_Burana,Carmina Burana,,,http://purl.org/bncf/tid/19431,WORK CHÉ ... TENE,"'perché il buono si accompagna sempre al buono'. L'ed. Barbi leggeva, con parte della tradizione manoscritta, ché 'l buon col buon sempre <i>camera</i> tene. Nel <i>corpus TLIO</i> non si trovano esempi utili né di <i>tener carriera</i> né di <i>tener camera</i>. Il detto si trova però, in questa seconda forma, tra i <i>Proverbi toscani</i> raccolti da Giusti – Capponi 2001, p. 63: Il buono fa <i>camera</i> col buono; e con leggera variazione in Monosini 1604, p. 297: Il buon fa camerata col buono. Stando così le cose, sembrerebbe di dover tornare alla lezione fissata da Barbi, <i>tener camera</i>; ma sarebbe un errore, perché la formula, nella variante accolta da De Robertis, è attestata in provenzale: Levy, s.v. <i>carriera</i>, registra infatti due esempi di <i>tener carriera</i> nel senso di 'andare, dirigersi' (e De Robertis cita a riscontro Brunetto Latini, <i>Tesoretto</i> 2175 presi <i>carriera</i>). È dunque verosimile che la variante con <i>far camera</i> derivi ai paremiologi da questo stesso passo di Dante, cioè da un ramo della tradizione portatore di questa variante. Questo desiderio di indagare sulla compagnia nella quale si trova il cavaliere non deve sorprendere. In un universo sociale così ristretto (come ancor oggi nelle campagne), la buona fama di una persona si giudicava anche e soprattutto dagli amici che si sceglieva, onde precetti come i seguenti: Si legisse memoras / ethicam Catonis, / in qua scriptum legitur: / ""ambula cum bonis"" (<i>Carmina Burana</i> 19.2 1-4); En ce doit l'en resgarder les mours de celui a cui il done ..., et avec queles genz il habite et en quel compaingnie il vit (<i>Tresor</i> II XCV 11); convien ciascuno / usar coi buoni (Francesco da Barberino, <i>Documenti</i> I, p. 47); e del resto anche il nostro ""Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei"". 92-4","«En ce doit l'en resgarder les mours de celui a cui il done ..., et avec queles genz il habite et en quel compaingnie il vit» (Tresor II XCV 11)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Tresor,Trésor,Brunetto Latini,http://dbpedia.org/resource/Brunetto_Latini,http://purl.org/bncf/tid/9214,WORK CHÉ ... TENE,"'perché il buono si accompagna sempre al buono'. L'ed. Barbi leggeva, con parte della tradizione manoscritta, ché 'l buon col buon sempre <i>camera</i> tene. Nel <i>corpus TLIO</i> non si trovano esempi utili né di <i>tener carriera</i> né di <i>tener camera</i>. Il detto si trova però, in questa seconda forma, tra i <i>Proverbi toscani</i> raccolti da Giusti – Capponi 2001, p. 63: Il buono fa <i>camera</i> col buono; e con leggera variazione in Monosini 1604, p. 297: Il buon fa camerata col buono. Stando così le cose, sembrerebbe di dover tornare alla lezione fissata da Barbi, <i>tener camera</i>; ma sarebbe un errore, perché la formula, nella variante accolta da De Robertis, è attestata in provenzale: Levy, s.v. <i>carriera</i>, registra infatti due esempi di <i>tener carriera</i> nel senso di 'andare, dirigersi' (e De Robertis cita a riscontro Brunetto Latini, <i>Tesoretto</i> 2175 presi <i>carriera</i>). È dunque verosimile che la variante con <i>far camera</i> derivi ai paremiologi da questo stesso passo di Dante, cioè da un ramo della tradizione portatore di questa variante. Questo desiderio di indagare sulla compagnia nella quale si trova il cavaliere non deve sorprendere. In un universo sociale così ristretto (come ancor oggi nelle campagne), la buona fama di una persona si giudicava anche e soprattutto dagli amici che si sceglieva, onde precetti come i seguenti: Si legisse memoras / ethicam Catonis, / in qua scriptum legitur: / ""ambula cum bonis"" (<i>Carmina Burana</i> 19.2 1-4); En ce doit l'en resgarder les mours de celui a cui il done ..., et avec queles genz il habite et en quel compaingnie il vit (<i>Tresor</i> II XCV 11); convien ciascuno / usar coi buoni (Francesco da Barberino, <i>Documenti</i> I, p. 47); e del resto anche il nostro ""Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei"". 92-4","«convien ciascuno / usar coi buoni» (Francesco da Barberino, Documenti I, p. 47);",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Documenti_d_Amore,Documenti d'Amore,Francesco da Barberino,http://it.dbpedia.org/resource/Francesco_da_Barberino,http://purl.org/bncf/tid/9214,WORK AVIEN ... SUONA,"'accade spesso che qualcuno si mette, si abbandona (<i>altri si getta</i>) in una compagnia di persone che altro non è se non una vivente smentita della buona fama che costui ha'. La stessa idea – tanto da far ritenere probabile una fonte comune – si trova in Albertano da Brescia, <i>Trattati morali</i>, III 14: sappi che per usanza e amistà di questi cotali [i <i>sozzi</i> appena citati], quelli ch'è buono huomo è tenuto rio, et per un medesmo è auto, se elli dadivero fosse rio (ed. Selmi 1873, p. 233)","Albertano da Brescia, Trattati morali, III 14: «sappi che per usanza e amistà di questi cotali [i sozzi appena citati], quelli ch'è buono huomo è tenuto rio, et per un medesmo è auto, se elli dadivero fosse rio»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Volgarizzamento_dei_trattati_morali,Volgarizzamento dei trattati morali,Andrea da Grosseto,http://dbpedia.org/resource/Andrea_da_Grosseto,http://purl.org/bncf/tid/23856,WORK A' TRE MEN REI,"i commentatori pensano che si tratti di <i>tre persone</i> individuate, posto anche che per uno di essi (il terzo) Dante ha voluto dare delle indicazioni che per i lettori contemporanei dovevano bastare a individuarlo (par certo, tuttavia, che tutti e <i>tre</i> dovessero essere cavalieri, se si tien conto di quanto è detto nell'ultima stanza) (<i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, p. 513); e si sono fatti i nomi di Cavalcanti e di Betto Brunelleschi. Ma un'identificazione è ovviamente impossibile (e neppure è detto, nonostante quanto affermano <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, che si tratti di cavalieri: di un cavaliere si parla, ma genericamente, solo nel primo congedo); e in realtà ci si deve domandare se qui la formula non designi semplicemente un numero esiguo di non rei (e i vv. 99-100 vorrebbero dire che la corruzione è tale che dei <i>tre</i> buoni uno almeno è in <i>mala setta</i>, in cattiva compagnia). L'uso di <i>tre</i> per significare 'poche persone' sarebbe ampiamente documentato: cfr. tra l'altro Falquet de Romans, <i>Far vuoill un nou sirventes</i> 17-8 q'en cen baros non a tres / complitz de proesa; Alfonso el Sabio, <i>Sinner</i> 28-9 non cuid'eu que i á <i>tre</i>̂s / no mundo de tan gran valor; <i>Flamenca</i> 804-5 E dic vos ben non foron treis / que mieilz las [le armi] portesson de lui; Guiraut Riquier, Ab lo temps agradiu gai 38-9 el mon non a tres / que·l sapchan; il <i>lai Le mantel mautaillié</i> 630-1 Vous n'en poez que trois trouver / esprovees de leauté (ed. Lee 1986, p. 98); e anche in Giacomino Pugliese, Donna, di voi mi lamento 23-4 quella che voi mi mostraste / laov'avea <i>tre persone</i>, le <i>tre persone</i> non sono forse l'amante, l'amata e Amore, come spiegano i commentatori, ma appunto una perifrasi per dire 'pochi'. Comunque vada interpretata, l'espressione fa serie con altre dantesche in cui si segnalano le rare eccezioni virtuose in una plaga di iniquità: <i>Pg</i> XVI 121-2 Ben v'èn <i>tre</i> vecchi ancora in cui rampogna / l'antica età la nova (e qui i <i>tre</i> hanno un nome); e ovviamente <i>If</i> VI 73 Giusti son <i>due</i>, e non vi sono intesi (e qui direi, contro il parere prevalente tra i commentatori, che i <i>due</i> un nome non ce l'hanno, che non si tratta di un'allusione a chiave: così per esempio in Raimon de Miraval, Era m'<i>agr</i>'<i>ops que m</i>'<i>aizis</i> 7-8 c'a penas en conosc dos / vas Joi ses cal que faillenssa).","Falquet de Romans, Far vuoill un nou sirventes 17-8 «q'en cen baros non a tres / complitz de proesa»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Far_vuoill_un_nou_sirventes,Far vuoill un nou sirventes,Falquet de Romans,http://dbpedia.org/resource/Falquet_de_Romans,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK A' TRE MEN REI,"i commentatori pensano che si tratti di <i>tre persone</i> individuate, posto anche che per uno di essi (il terzo) Dante ha voluto dare delle indicazioni che per i lettori contemporanei dovevano bastare a individuarlo (par certo, tuttavia, che tutti e <i>tre</i> dovessero essere cavalieri, se si tien conto di quanto è detto nell'ultima stanza) (<i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, p. 513); e si sono fatti i nomi di Cavalcanti e di Betto Brunelleschi. Ma un'identificazione è ovviamente impossibile (e neppure è detto, nonostante quanto affermano <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, che si tratti di cavalieri: di un cavaliere si parla, ma genericamente, solo nel primo congedo); e in realtà ci si deve domandare se qui la formula non designi semplicemente un numero esiguo di non rei (e i vv. 99-100 vorrebbero dire che la corruzione è tale che dei <i>tre</i> buoni uno almeno è in <i>mala setta</i>, in cattiva compagnia). L'uso di <i>tre</i> per significare 'poche persone' sarebbe ampiamente documentato: cfr. tra l'altro Falquet de Romans, <i>Far vuoill un nou sirventes</i> 17-8 q'en cen baros non a tres / complitz de proesa; Alfonso el Sabio, <i>Sinner</i> 28-9 non cuid'eu que i á <i>tre</i>̂s / no mundo de tan gran valor; <i>Flamenca</i> 804-5 E dic vos ben non foron treis / que mieilz las [le armi] portesson de lui; Guiraut Riquier, Ab lo temps agradiu gai 38-9 el mon non a tres / que·l sapchan; il <i>lai Le mantel mautaillié</i> 630-1 Vous n'en poez que trois trouver / esprovees de leauté (ed. Lee 1986, p. 98); e anche in Giacomino Pugliese, Donna, di voi mi lamento 23-4 quella che voi mi mostraste / laov'avea <i>tre persone</i>, le <i>tre persone</i> non sono forse l'amante, l'amata e Amore, come spiegano i commentatori, ma appunto una perifrasi per dire 'pochi'. Comunque vada interpretata, l'espressione fa serie con altre dantesche in cui si segnalano le rare eccezioni virtuose in una plaga di iniquità: <i>Pg</i> XVI 121-2 Ben v'èn <i>tre</i> vecchi ancora in cui rampogna / l'antica età la nova (e qui i <i>tre</i> hanno un nome); e ovviamente <i>If</i> VI 73 Giusti son <i>due</i>, e non vi sono intesi (e qui direi, contro il parere prevalente tra i commentatori, che i <i>due</i> un nome non ce l'hanno, che non si tratta di un'allusione a chiave: così per esempio in Raimon de Miraval, Era m'<i>agr</i>'<i>ops que m</i>'<i>aizis</i> 7-8 c'a penas en conosc dos / vas Joi ses cal que faillenssa).","Alfonso el Sabio, Sinner 28-9 «non cuid'eu que i á três / no mundo de tan gran valor»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Sinner,Sinner,Alfonso X di Castiglia,http://dbpedia.org/resource/Alfonso_X_of_Castile,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK A' TRE MEN REI,"i commentatori pensano che si tratti di <i>tre persone</i> individuate, posto anche che per uno di essi (il terzo) Dante ha voluto dare delle indicazioni che per i lettori contemporanei dovevano bastare a individuarlo (par certo, tuttavia, che tutti e <i>tre</i> dovessero essere cavalieri, se si tien conto di quanto è detto nell'ultima stanza) (<i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, p. 513); e si sono fatti i nomi di Cavalcanti e di Betto Brunelleschi. Ma un'identificazione è ovviamente impossibile (e neppure è detto, nonostante quanto affermano <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, che si tratti di cavalieri: di un cavaliere si parla, ma genericamente, solo nel primo congedo); e in realtà ci si deve domandare se qui la formula non designi semplicemente un numero esiguo di non rei (e i vv. 99-100 vorrebbero dire che la corruzione è tale che dei <i>tre</i> buoni uno almeno è in <i>mala setta</i>, in cattiva compagnia). L'uso di <i>tre</i> per significare 'poche persone' sarebbe ampiamente documentato: cfr. tra l'altro Falquet de Romans, <i>Far vuoill un nou sirventes</i> 17-8 q'en cen baros non a tres / complitz de proesa; Alfonso el Sabio, <i>Sinner</i> 28-9 non cuid'eu que i á <i>tre</i>̂s / no mundo de tan gran valor; <i>Flamenca</i> 804-5 E dic vos ben non foron treis / que mieilz las [le armi] portesson de lui; Guiraut Riquier, Ab lo temps agradiu gai 38-9 el mon non a tres / que·l sapchan; il <i>lai Le mantel mautaillié</i> 630-1 Vous n'en poez que trois trouver / esprovees de leauté (ed. Lee 1986, p. 98); e anche in Giacomino Pugliese, Donna, di voi mi lamento 23-4 quella che voi mi mostraste / laov'avea <i>tre persone</i>, le <i>tre persone</i> non sono forse l'amante, l'amata e Amore, come spiegano i commentatori, ma appunto una perifrasi per dire 'pochi'. Comunque vada interpretata, l'espressione fa serie con altre dantesche in cui si segnalano le rare eccezioni virtuose in una plaga di iniquità: <i>Pg</i> XVI 121-2 Ben v'èn <i>tre</i> vecchi ancora in cui rampogna / l'antica età la nova (e qui i <i>tre</i> hanno un nome); e ovviamente <i>If</i> VI 73 Giusti son <i>due</i>, e non vi sono intesi (e qui direi, contro il parere prevalente tra i commentatori, che i <i>due</i> un nome non ce l'hanno, che non si tratta di un'allusione a chiave: così per esempio in Raimon de Miraval, Era m'<i>agr</i>'<i>ops que m</i>'<i>aizis</i> 7-8 c'a penas en conosc dos / vas Joi ses cal que faillenssa).",Flamenca 804-5 «E dic vos ben non foron treis / que mieilz las [le armi] portesson de lui»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Romance_of_Flamenca,Roman de Flamenca,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK A' TRE MEN REI,"i commentatori pensano che si tratti di <i>tre persone</i> individuate, posto anche che per uno di essi (il terzo) Dante ha voluto dare delle indicazioni che per i lettori contemporanei dovevano bastare a individuarlo (par certo, tuttavia, che tutti e <i>tre</i> dovessero essere cavalieri, se si tien conto di quanto è detto nell'ultima stanza) (<i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, p. 513); e si sono fatti i nomi di Cavalcanti e di Betto Brunelleschi. Ma un'identificazione è ovviamente impossibile (e neppure è detto, nonostante quanto affermano <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, che si tratti di cavalieri: di un cavaliere si parla, ma genericamente, solo nel primo congedo); e in realtà ci si deve domandare se qui la formula non designi semplicemente un numero esiguo di non rei (e i vv. 99-100 vorrebbero dire che la corruzione è tale che dei <i>tre</i> buoni uno almeno è in <i>mala setta</i>, in cattiva compagnia). L'uso di <i>tre</i> per significare 'poche persone' sarebbe ampiamente documentato: cfr. tra l'altro Falquet de Romans, <i>Far vuoill un nou sirventes</i> 17-8 q'en cen baros non a tres / complitz de proesa; Alfonso el Sabio, <i>Sinner</i> 28-9 non cuid'eu que i á <i>tre</i>̂s / no mundo de tan gran valor; <i>Flamenca</i> 804-5 E dic vos ben non foron treis / que mieilz las [le armi] portesson de lui; Guiraut Riquier, Ab lo temps agradiu gai 38-9 el mon non a tres / que·l sapchan; il <i>lai Le mantel mautaillié</i> 630-1 Vous n'en poez que trois trouver / esprovees de leauté (ed. Lee 1986, p. 98); e anche in Giacomino Pugliese, Donna, di voi mi lamento 23-4 quella che voi mi mostraste / laov'avea <i>tre persone</i>, le <i>tre persone</i> non sono forse l'amante, l'amata e Amore, come spiegano i commentatori, ma appunto una perifrasi per dire 'pochi'. Comunque vada interpretata, l'espressione fa serie con altre dantesche in cui si segnalano le rare eccezioni virtuose in una plaga di iniquità: <i>Pg</i> XVI 121-2 Ben v'èn <i>tre</i> vecchi ancora in cui rampogna / l'antica età la nova (e qui i <i>tre</i> hanno un nome); e ovviamente <i>If</i> VI 73 Giusti son <i>due</i>, e non vi sono intesi (e qui direi, contro il parere prevalente tra i commentatori, che i <i>due</i> un nome non ce l'hanno, che non si tratta di un'allusione a chiave: così per esempio in Raimon de Miraval, Era m'<i>agr</i>'<i>ops que m</i>'<i>aizis</i> 7-8 c'a penas en conosc dos / vas Joi ses cal que faillenssa).","Guiraut Riquier, Ab lo temps agradiu gai 38-9 «el mon non a tres / que·l sapchan»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ab_lo_temps_agradiu_gai,Ab lo temps agradiu gai,Guiraut Riquier,http://dbpedia.org/resource/Guiraut_Riquier,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK A' TRE MEN REI,"i commentatori pensano che si tratti di <i>tre persone</i> individuate, posto anche che per uno di essi (il terzo) Dante ha voluto dare delle indicazioni che per i lettori contemporanei dovevano bastare a individuarlo (par certo, tuttavia, che tutti e <i>tre</i> dovessero essere cavalieri, se si tien conto di quanto è detto nell'ultima stanza) (<i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, p. 513); e si sono fatti i nomi di Cavalcanti e di Betto Brunelleschi. Ma un'identificazione è ovviamente impossibile (e neppure è detto, nonostante quanto affermano <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, che si tratti di cavalieri: di un cavaliere si parla, ma genericamente, solo nel primo congedo); e in realtà ci si deve domandare se qui la formula non designi semplicemente un numero esiguo di non rei (e i vv. 99-100 vorrebbero dire che la corruzione è tale che dei <i>tre</i> buoni uno almeno è in <i>mala setta</i>, in cattiva compagnia). L'uso di <i>tre</i> per significare 'poche persone' sarebbe ampiamente documentato: cfr. tra l'altro Falquet de Romans, <i>Far vuoill un nou sirventes</i> 17-8 q'en cen baros non a tres / complitz de proesa; Alfonso el Sabio, <i>Sinner</i> 28-9 non cuid'eu que i á <i>tre</i>̂s / no mundo de tan gran valor; <i>Flamenca</i> 804-5 E dic vos ben non foron treis / que mieilz las [le armi] portesson de lui; Guiraut Riquier, Ab lo temps agradiu gai 38-9 el mon non a tres / que·l sapchan; il <i>lai Le mantel mautaillié</i> 630-1 Vous n'en poez que trois trouver / esprovees de leauté (ed. Lee 1986, p. 98); e anche in Giacomino Pugliese, Donna, di voi mi lamento 23-4 quella che voi mi mostraste / laov'avea <i>tre persone</i>, le <i>tre persone</i> non sono forse l'amante, l'amata e Amore, come spiegano i commentatori, ma appunto una perifrasi per dire 'pochi'. Comunque vada interpretata, l'espressione fa serie con altre dantesche in cui si segnalano le rare eccezioni virtuose in una plaga di iniquità: <i>Pg</i> XVI 121-2 Ben v'èn <i>tre</i> vecchi ancora in cui rampogna / l'antica età la nova (e qui i <i>tre</i> hanno un nome); e ovviamente <i>If</i> VI 73 Giusti son <i>due</i>, e non vi sono intesi (e qui direi, contro il parere prevalente tra i commentatori, che i <i>due</i> un nome non ce l'hanno, che non si tratta di un'allusione a chiave: così per esempio in Raimon de Miraval, Era m'<i>agr</i>'<i>ops que m</i>'<i>aizis</i> 7-8 c'a penas en conosc dos / vas Joi ses cal que faillenssa).","lai Le mantel mautaillié 630-1 «Vous n'en poez que trois trouver / esprovees de leauté» (ed. Lee 1986, p. 98)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Glosae_super_Timaeum,Le mantel mautaillié,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK A' TRE MEN REI,"i commentatori pensano che si tratti di <i>tre persone</i> individuate, posto anche che per uno di essi (il terzo) Dante ha voluto dare delle indicazioni che per i lettori contemporanei dovevano bastare a individuarlo (par certo, tuttavia, che tutti e <i>tre</i> dovessero essere cavalieri, se si tien conto di quanto è detto nell'ultima stanza) (<i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, p. 513); e si sono fatti i nomi di Cavalcanti e di Betto Brunelleschi. Ma un'identificazione è ovviamente impossibile (e neppure è detto, nonostante quanto affermano <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, che si tratti di cavalieri: di un cavaliere si parla, ma genericamente, solo nel primo congedo); e in realtà ci si deve domandare se qui la formula non designi semplicemente un numero esiguo di non rei (e i vv. 99-100 vorrebbero dire che la corruzione è tale che dei <i>tre</i> buoni uno almeno è in <i>mala setta</i>, in cattiva compagnia). L'uso di <i>tre</i> per significare 'poche persone' sarebbe ampiamente documentato: cfr. tra l'altro Falquet de Romans, <i>Far vuoill un nou sirventes</i> 17-8 q'en cen baros non a tres / complitz de proesa; Alfonso el Sabio, <i>Sinner</i> 28-9 non cuid'eu que i á <i>tre</i>̂s / no mundo de tan gran valor; <i>Flamenca</i> 804-5 E dic vos ben non foron treis / que mieilz las [le armi] portesson de lui; Guiraut Riquier, Ab lo temps agradiu gai 38-9 el mon non a tres / que·l sapchan; il <i>lai Le mantel mautaillié</i> 630-1 Vous n'en poez que trois trouver / esprovees de leauté (ed. Lee 1986, p. 98); e anche in Giacomino Pugliese, Donna, di voi mi lamento 23-4 quella che voi mi mostraste / laov'avea <i>tre persone</i>, le <i>tre persone</i> non sono forse l'amante, l'amata e Amore, come spiegano i commentatori, ma appunto una perifrasi per dire 'pochi'. Comunque vada interpretata, l'espressione fa serie con altre dantesche in cui si segnalano le rare eccezioni virtuose in una plaga di iniquità: <i>Pg</i> XVI 121-2 Ben v'èn <i>tre</i> vecchi ancora in cui rampogna / l'antica età la nova (e qui i <i>tre</i> hanno un nome); e ovviamente <i>If</i> VI 73 Giusti son <i>due</i>, e non vi sono intesi (e qui direi, contro il parere prevalente tra i commentatori, che i <i>due</i> un nome non ce l'hanno, che non si tratta di un'allusione a chiave: così per esempio in Raimon de Miraval, Era m'<i>agr</i>'<i>ops que m</i>'<i>aizis</i> 7-8 c'a penas en conosc dos / vas Joi ses cal que faillenssa).","Giacomino Pugliese, Donna, di voi mi lamento 23-4 «quella che voi mi mostraste / laov'avea tre persone»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Donna_di_voi_mi_lamento,"Donna, di voi mi lamento",Giacomino Pugliese,http://it.dbpedia.org/resource/Giacomino_Pugliese,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK A' TRE MEN REI,"i commentatori pensano che si tratti di <i>tre persone</i> individuate, posto anche che per uno di essi (il terzo) Dante ha voluto dare delle indicazioni che per i lettori contemporanei dovevano bastare a individuarlo (par certo, tuttavia, che tutti e <i>tre</i> dovessero essere cavalieri, se si tien conto di quanto è detto nell'ultima stanza) (<i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, p. 513); e si sono fatti i nomi di Cavalcanti e di Betto Brunelleschi. Ma un'identificazione è ovviamente impossibile (e neppure è detto, nonostante quanto affermano <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, che si tratti di cavalieri: di un cavaliere si parla, ma genericamente, solo nel primo congedo); e in realtà ci si deve domandare se qui la formula non designi semplicemente un numero esiguo di non rei (e i vv. 99-100 vorrebbero dire che la corruzione è tale che dei <i>tre</i> buoni uno almeno è in <i>mala setta</i>, in cattiva compagnia). L'uso di <i>tre</i> per significare 'poche persone' sarebbe ampiamente documentato: cfr. tra l'altro Falquet de Romans, <i>Far vuoill un nou sirventes</i> 17-8 q'en cen baros non a tres / complitz de proesa; Alfonso el Sabio, <i>Sinner</i> 28-9 non cuid'eu que i á <i>tre</i>̂s / no mundo de tan gran valor; <i>Flamenca</i> 804-5 E dic vos ben non foron treis / que mieilz las [le armi] portesson de lui; Guiraut Riquier, Ab lo temps agradiu gai 38-9 el mon non a tres / que·l sapchan; il <i>lai Le mantel mautaillié</i> 630-1 Vous n'en poez que trois trouver / esprovees de leauté (ed. Lee 1986, p. 98); e anche in Giacomino Pugliese, Donna, di voi mi lamento 23-4 quella che voi mi mostraste / laov'avea <i>tre persone</i>, le <i>tre persone</i> non sono forse l'amante, l'amata e Amore, come spiegano i commentatori, ma appunto una perifrasi per dire 'pochi'. Comunque vada interpretata, l'espressione fa serie con altre dantesche in cui si segnalano le rare eccezioni virtuose in una plaga di iniquità: <i>Pg</i> XVI 121-2 Ben v'èn <i>tre</i> vecchi ancora in cui rampogna / l'antica età la nova (e qui i <i>tre</i> hanno un nome); e ovviamente <i>If</i> VI 73 Giusti son <i>due</i>, e non vi sono intesi (e qui direi, contro il parere prevalente tra i commentatori, che i <i>due</i> un nome non ce l'hanno, che non si tratta di un'allusione a chiave: così per esempio in Raimon de Miraval, Era m'<i>agr</i>'<i>ops que m</i>'<i>aizis</i> 7-8 c'a penas en conosc dos / vas Joi ses cal que faillenssa).","Raimon de Miraval, Era m'agr'ops que m'aizis 7-8 «c'a penas en conosc dos / vas Joi ses cal que faillenssa»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ara_m_agr_ops_que_m_aizis,Ara m'agr' ops que m'aizis,Raimon de Miraval,http://dbpedia.org/resource/Raimon_de_Miraval,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK È FOLLE ... FOLLIA,"'è folle chi, per timore del disonore, non si allontana da un atto dissennato'. <i>Contini</i> cita Pons Fabre d'Uzès, <i>Locx es c</i>'<i>om se deu alegrar</i> 38-40 E fols [es] qui en fol se fia, / fols qui falh e no·s castia, / e fols qui sec totz sos volers; ma l'<i>annominatio</i> è topica fra i trovatori: cfr. per esempio Pistoleta, <i>Bona domna, un conseill vos deman</i> 25-6 Seingner, totz temps fols a foillia cor, / mas cel es fols qui la follia fa, e Cnyrim 1888, p. 39, nn. 549 sgg. 105-6","Pistoleta, Bona domna, un conseill vos deman 25-6 «Seingner, totz temps fols a foillia cor, / mas cel es fols qui la follia fa»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Bona_domna_un_conseill_vos_deman,"Bona domna, un conseill vos deman",Pistoleta,http://dbpedia.org/resource/Pistoleta,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK DANTE ALLEGHIER,"l'esordio con appello al nome e al cognome di Dante ricorre in altri sonetti di corrispondenza, forse anche perché isolabile in un emistichio: <i>Dante Alighier, Cecco, tu</i>' <i>serv</i>'e amico e <i>Dante Alighier, s</i>'i' <i>so</i>' <i>buon begolardo</i> (Cecco Angiolieri). 1-2",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dante_Allaghier_Cecco_l_tu_servo,"Dante Allaghier, Cecco, 'l tu' servo e amico",Cecco Angiolieri,http://dbpedia.org/resource/Cecco_Angiolieri,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK DANTE ALLEGHIER,"l'esordio con appello al nome e al cognome di Dante ricorre in altri sonetti di corrispondenza, forse anche perché isolabile in un emistichio: <i>Dante Alighier, Cecco, tu</i>' <i>serv</i>'e amico e <i>Dante Alighier, s</i>'i' <i>so</i>' <i>buon begolardo</i> (Cecco Angiolieri). 1-2",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dante_Alighier_s_i_so_bon_begolardo,"Dante Alighier, s'i' so bon begolardo",Cecco Angiolieri,http://dbpedia.org/resource/Cecco_Angiolieri,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK POTESSE,"imperfetto, non tanto per accentuare il carattere ipotetico dell'azione (<i>Contini</i>) quanto perché l'azione espressa nella proposizione secondaria [qui la ricerca dell'uomo più ricco di senno] è conclusa nel passato e non <i>ha</i> relazione col presente (Rohlfs § 680): cfr. <i>Novellino</i> LXX 8 sè tu la più forte cosa ch'io mai trovasse. E si noti che l'uso del congiuntivo imperfetto in luogo del presente è tipico del senese di Cecco Angiolieri: cfr. <i>Qual è senza danari innamorato</i> 7 non ho di che pagar potesse un messo e <i>Amor, poiché</i> '<i>n sì greve passo venni</i> 12-3 non potre' aver ramo / ch'i' renderti potesse.",Novellino LXX 8 «sè tu la più forte cosa ch'io mai trovasse»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://it.dbpedia.org/resource/Novellino,Novellino,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://purl.org/bncf/tid/13406,WORK POTESSE,"imperfetto, non tanto per accentuare il carattere ipotetico dell'azione (<i>Contini</i>) quanto perché l'azione espressa nella proposizione secondaria [qui la ricerca dell'uomo più ricco di senno] è conclusa nel passato e non <i>ha</i> relazione col presente (Rohlfs § 680): cfr. <i>Novellino</i> LXX 8 sè tu la più forte cosa ch'io mai trovasse. E si noti che l'uso del congiuntivo imperfetto in luogo del presente è tipico del senese di Cecco Angiolieri: cfr. <i>Qual è senza danari innamorato</i> 7 non ho di che pagar potesse un messo e <i>Amor, poiché</i> '<i>n sì greve passo venni</i> 12-3 non potre' aver ramo / ch'i' renderti potesse.",Cecco Angiolieri: cfr. Qual è senza danari innamorato 7 «non ho di che pagar potesse un messo»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Qual_è_senza_danari_innamorato,Qual è senza danari innamorato,Cecco Angiolieri,http://dbpedia.org/resource/Cecco_Angiolieri,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK S'ERA ... DONNA,"'si era querelato, appellato a una donna'; ci si richiama a qualcuno <i>di</i> qualcosa o <i>di</i> qualcuno, come in <i>Fiore</i> VII 13 Ma <i>di</i> lui mi richiamo a Pietanza; o Anonimo, <i>A te medesmo mi richiamo, amore</i> 1-2 <i>A te medesmo mi richiamo, amore</i>, / <i>di</i> te (Molteni – Monaci 1877, p. 201). In origine è un modo <i>di</i> dire del linguaggio giudiziario (Bertoni 1927, pp. 156-7, ricorda la formula <i>tel se claime a vos de tel</i>; e cfr. il glossario <i>di</i> Giordano da Pisa, <i>Quaresimale fiorentino</i>, s.v. richiamarsi 'appellarsi, lamentarsi <i>di</i> qualcosa presso l'autorità giudiziaria', e insomma 'citare in giudizio'); ma un modo <i>di</i> dire che si presta subito, nella poesia cortese, a esprimere lo sconforto dell'amante, che presenta il suo caso <i>di</i> fronte alla Pietà o ad Amore, nei passi appena citati, e altrove (come qui) <i>di</i> fronte alla donna stessa, che è allo stesso tempo giudice e imputata.","Anonimo, A te medesmo mi richiamo, amore 1-2 «A te medesmo mi richiamo, amore, / di te»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/A_te_medesmo_mi_richiamo_Amore,"A te medesmo mi richiamo, Amore",,,http://purl.org/bncf/tid/26261,WORK S'ERA ... DONNA,"'si era querelato, appellato a una donna'; ci si richiama a qualcuno <i>di</i> qualcosa o <i>di</i> qualcuno, come in <i>Fiore</i> VII 13 Ma <i>di</i> lui mi richiamo a Pietanza; o Anonimo, <i>A te medesmo mi richiamo, amore</i> 1-2 <i>A te medesmo mi richiamo, amore</i>, / <i>di</i> te (Molteni – Monaci 1877, p. 201). In origine è un modo <i>di</i> dire del linguaggio giudiziario (Bertoni 1927, pp. 156-7, ricorda la formula <i>tel se claime a vos de tel</i>; e cfr. il glossario <i>di</i> Giordano da Pisa, <i>Quaresimale fiorentino</i>, s.v. richiamarsi 'appellarsi, lamentarsi <i>di</i> qualcosa presso l'autorità giudiziaria', e insomma 'citare in giudizio'); ma un modo <i>di</i> dire che si presta subito, nella poesia cortese, a esprimere lo sconforto dell'amante, che presenta il suo caso <i>di</i> fronte alla Pietà o ad Amore, nei passi appena citati, e altrove (come qui) <i>di</i> fronte alla donna stessa, che è allo stesso tempo giudice e imputata.","Quaresimale fiorentino, s.v. richiamarsi 'appellarsi, lamentarsi di qualcosa presso l'autorità giudiziaria'",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Quaresimale_fiorentino,Quaresimale fiorentino,Giordano da Pisa,http://dbpedia.org/resource/Jordan_of_Pisa,http://purl.org/bncf/tid/18842,WORK S'ERA ... DONNA,"'si era querelato, appellato a una donna'; ci si richiama a qualcuno <i>di</i> qualcosa o <i>di</i> qualcuno, come in <i>Fiore</i> VII 13 Ma <i>di</i> lui mi richiamo a Pietanza; o Anonimo, <i>A te medesmo mi richiamo, amore</i> 1-2 <i>A te medesmo mi richiamo, amore</i>, / <i>di</i> te (Molteni – Monaci 1877, p. 201). In origine è un modo <i>di</i> dire del linguaggio giudiziario (Bertoni 1927, pp. 156-7, ricorda la formula <i>tel se claime a vos de tel</i>; e cfr. il glossario <i>di</i> Giordano da Pisa, <i>Quaresimale fiorentino</i>, s.v. richiamarsi 'appellarsi, lamentarsi <i>di</i> qualcosa presso l'autorità giudiziaria', e insomma 'citare in giudizio'); ma un modo <i>di</i> dire che si presta subito, nella poesia cortese, a esprimere lo sconforto dell'amante, che presenta il suo caso <i>di</i> fronte alla Pietà o ad Amore, nei passi appena citati, e altrove (come qui) <i>di</i> fronte alla donna stessa, che è allo stesso tempo giudice e imputata.",tel se claime a vos de tel,CONCORDANZA GENERICA,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Linguaggio_giudiziario,Linguaggio giudiziario,,,http://purl.org/bncf/tid/5750,CONCEPT S'ERA ... DONNA,"'si era querelato, appellato a una donna'; ci si richiama a qualcuno <i>di</i> qualcosa o <i>di</i> qualcuno, come in <i>Fiore</i> VII 13 Ma <i>di</i> lui mi richiamo a Pietanza; o Anonimo, <i>A te medesmo mi richiamo, amore</i> 1-2 <i>A te medesmo mi richiamo, amore</i>, / <i>di</i> te (Molteni – Monaci 1877, p. 201). In origine è un modo <i>di</i> dire del linguaggio giudiziario (Bertoni 1927, pp. 156-7, ricorda la formula <i>tel se claime a vos de tel</i>; e cfr. il glossario <i>di</i> Giordano da Pisa, <i>Quaresimale fiorentino</i>, s.v. richiamarsi 'appellarsi, lamentarsi <i>di</i> qualcosa presso l'autorità giudiziaria', e insomma 'citare in giudizio'); ma un modo <i>di</i> dire che si presta subito, nella poesia cortese, a esprimere lo sconforto dell'amante, che presenta il suo caso <i>di</i> fronte alla Pietà o ad Amore, nei passi appena citati, e altrove (come qui) <i>di</i> fronte alla donna stessa, che è allo stesso tempo giudice e imputata.",citare in giudizio,CONCORDANZA GENERICA,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Linguaggio_giudiziario,Linguaggio giudiziario,,,http://purl.org/bncf/tid/5750,CONCEPT CADE,"'tocca', come in questo passo di Bono Giamboni: cadrebbe a lei di dirti in prima i suoi ammunimenti (citato in <i>GDLI</i>, s.v. cadere36)",Bono Giamboni: «cadrebbe a lei di dirti in prima i suoi ammunimenti»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Libro_de_vizi_e_delle_virtudi,Libro de' vizi e delle virtudi,Bono Giamboni,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Bono_Giamboni,http://purl.org/bncf/tid/23856,WORK ALTA VENDETTA,formula fissa: elli ne faranno alta vendetta (<i>Livio volgarizzato</i>; e più di venti altre occorrenze nel corpus <i>TLIO</i>).,«elli ne faranno alta vendetta» (Livio volgarizzato),CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Livio_volgarizzato,Livio volgarizzato,,,http://purl.org/bncf/tid/9645,WORK COSÌ CHIAMATO,"non 'chiamato a questo modo' (come potrebbe far pensare il confronto con Cecco Angiolieri, Non si disperin quelli de lo '<i>nferno</i> 3 el quale è Cecco, ch'è così chiamato) ma più probabilmente 'interpellato, chiamato in soccorso con le tue parole'.","Cecco Angiolieri, Non si disperin quelli de lo 'nferno 3 «el quale è Cecco, ch'è così chiamato»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Non_si_disperin_quelli_de_lo_nferno,Non si disperin quelli de lo 'nferno,Cecco Angiolieri,http://dbpedia.org/resource/Cecco_Angiolieri,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK BRIEVE,"Barbi – <i>Pernicone</i> e <i>Contini</i> intendono 'speditamente, senza metter tempo in mezzo'; ma sarà invece piuttosto 'brevemente, con poche parole'. La replica <i>sub brevitate</i> è infatti raccomandata nell'epistolografia: cfr. Bichilino, <i>Pomerium</i>, pp. 100-1: Ecce breviter respondemus ... Absque prolixitate percipite responsivam. E in generale la brevità, nel rispondere e nello spiegare, è sentita anche nel Medioevo come un valore: la cagione ... dicerò, quanto potrò più brievemente (<i>Vn</i> XVII 2). Tanto più dunque questa misura doveva raccomandarsi in spazi ristretti come i sonetti o le <i>coblas</i> responsive: cfr. il <i>joc partit</i> di Guiraut Riquier, <i>Aras s</i>'<i>esfors, N</i>'<i>Eveyos, vostre sen</i> 9-10 D'est partimen, Guiraut Riquier, breumens / vos respondray; e soprattutto la tenzone <i>Gui d</i>'Uissel be·m pesa de vos 9-13 Dompna Na Maria, tenssos / e tot cant cuiava laissar, / mas aoras non puosc estar / qu'ieu non chant als vostres somos. / E respon eu a la dompna breumen, notevole non solo per il proposito di parlare breumen ma anche per la formula litotica non puosc estar que, molto prossima al più non posso soprastare di Dante","Bichilino, Pomerium, pp. 100-1: «Ecce breviter respondemus ... Absque prolixitate percipite responsivam»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Pomerium_rethorice,Pomerium rethorice,Bichilino da Spello,http://it.dbpedia.org/resource/Bichilino_da_Spello/html,http://purl.org/bncf/tid/2921,WORK BRIEVE,"Barbi – <i>Pernicone</i> e <i>Contini</i> intendono 'speditamente, senza metter tempo in mezzo'; ma sarà invece piuttosto 'brevemente, con poche parole'. La replica <i>sub brevitate</i> è infatti raccomandata nell'epistolografia: cfr. Bichilino, <i>Pomerium</i>, pp. 100-1: Ecce breviter respondemus ... Absque prolixitate percipite responsivam. E in generale la brevità, nel rispondere e nello spiegare, è sentita anche nel Medioevo come un valore: la cagione ... dicerò, quanto potrò più brievemente (<i>Vn</i> XVII 2). Tanto più dunque questa misura doveva raccomandarsi in spazi ristretti come i sonetti o le <i>coblas</i> responsive: cfr. il <i>joc partit</i> di Guiraut Riquier, <i>Aras s</i>'<i>esfors, N</i>'<i>Eveyos, vostre sen</i> 9-10 D'est partimen, Guiraut Riquier, breumens / vos respondray; e soprattutto la tenzone <i>Gui d</i>'Uissel be·m pesa de vos 9-13 Dompna Na Maria, tenssos / e tot cant cuiava laissar, / mas aoras non puosc estar / qu'ieu non chant als vostres somos. / E respon eu a la dompna breumen, notevole non solo per il proposito di parlare breumen ma anche per la formula litotica non puosc estar que, molto prossima al più non posso soprastare di Dante","il joc partit di Guiraut Riquier, Aras s'esfors, N'Eve- yos, vostre sen 9-10 «D'est partimen, Guiraut Riquier, breumens / vos respondray»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Aras_s_esfors_n_Eveyos_vostre_sens,"Aras s'esfors, n'Eveyos, vostre sens",Guiraut Riquier,http://dbpedia.org/resource/Guiraut_Riquier,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK BRIEVE,"Barbi – <i>Pernicone</i> e <i>Contini</i> intendono 'speditamente, senza metter tempo in mezzo'; ma sarà invece piuttosto 'brevemente, con poche parole'. La replica <i>sub brevitate</i> è infatti raccomandata nell'epistolografia: cfr. Bichilino, <i>Pomerium</i>, pp. 100-1: Ecce breviter respondemus ... Absque prolixitate percipite responsivam. E in generale la brevità, nel rispondere e nello spiegare, è sentita anche nel Medioevo come un valore: la cagione ... dicerò, quanto potrò più brievemente (<i>Vn</i> XVII 2). Tanto più dunque questa misura doveva raccomandarsi in spazi ristretti come i sonetti o le <i>coblas</i> responsive: cfr. il <i>joc partit</i> di Guiraut Riquier, <i>Aras s</i>'<i>esfors, N</i>'<i>Eveyos, vostre sen</i> 9-10 D'est partimen, Guiraut Riquier, breumens / vos respondray; e soprattutto la tenzone <i>Gui d</i>'Uissel be·m pesa de vos 9-13 Dompna Na Maria, tenssos / e tot cant cuiava laissar, / mas aoras non puosc estar / qu'ieu non chant als vostres somos. / E respon eu a la dompna breumen, notevole non solo per il proposito di parlare breumen ma anche per la formula litotica non puosc estar que, molto prossima al più non posso soprastare di Dante","Gui d'Uissel be·m pesa de vos 9-13 «Dompna Na Maria, tenssos / e tot cant cuiava laissar, / mas aoras non puosc estar / qu'ieu non chant als vostres somos. / E respon eu a la dompna breumen»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Gui_d_Uissel_be_m_pesa_de_vos,Gui d'Uissel be·m pesa de vos,Maria de Ventadorn,http://dbpedia.org/resource/Maria_de_Ventadorn,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK AFFANNATO,"anche il dolersi del dolore altrui, nel rispondere a una lettera, è quasi un <i>topos</i> esordiale: cfr. per esempio Bichilino, <i>Pomerium</i>, p. 69: Peperit nobis vestrarum litterarum tenor materiem tristicie et doloris.","Bichilino, Pomerium, p. 69: «Peperit nobis vestrarum litterarum tenor materiem tristicie et doloris»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Pomerium_rethorice,Pomerium rethorice,Bichilino da Spello,http://it.dbpedia.org/resource/Bichilino_da_Spello/html,http://purl.org/bncf/tid/2921,WORK CHE ... VETTA,"l'immagine non è del tutto chiara. Nell'antica Roma la <i>vitta</i> era una striscia, per lo più di lana, che cingeva la fronte e si annodava alla nuca: ed era, per esempio in Tibullo (I VI 678) e in Ovidio, l'ornamento della donna <i>ingenua</i> e onorata: cfr. Ars amatoria I 31 Este procul, vittae tenues, insigne pudoris. Nel Medioevo (ma ancora ben dentro l'età moderna, e in certe zone italiane si può dire fino a ieri) questa sorta di velo era una parte essenziale dell'abbigliamento delle donne, almeno da una certa età in poi: cfr. le <i>Constitutiones</i> del cardinal Latino (1279), in J.D. Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, Zatta, Venetiis 1786, XXIV, col. 252: Adjicimus etiam, ut mulieres nuptae quae decimum octavum annum aetatis attingerint ... omnes in publico capitibus velatis incedant ... Adjicimus etiam, ut mulieres quae XXX aetatis suae annum attingerint, omnes in publico capitibus velatis incedant. E per tradizione, sia a Roma sia nel Medioevo cristiano, il velo era imposto anche alle donne sposate come segno di sottomissione all'uomo: Feminae, dum maritantur, ideo velantur, ut noverint se semper viris suis subditas esse et humiles (<i>Decretalium collectiones</i>, citato in Giunta 2005, p. 250). Ma qui è poco probabile che la fanciulla corteggiata dal corrispondente di Dante sia una giovane sposa, come hanno pensato alcuni. Di fatto, nel <i>De virginibus velandis</i> Tertulliano raccomanda che le fanciulle indossino il velo non appena raggiunta la pubertà, sul fondamento di I <i>Cor</i> 11, 10 debet mulier potestatem habere supra caput. Scrive Tertulliano: Ubi enim gradum fiximus de apostoli absoluta definitione, omnem mulierem etiam omnis aetatis intellegendam, responderi ex diverso habebat, ergo a nativitate et a primo nomine aetatis virginem operiri oportere. Non ita est autem, sed ex quo intelligere se coeperit et sensum naturae suae intrare et de virginis exire et pati novum illud quod alterius aetatis est (XI 2). Il velo copre la verginità: non durante i primi anni di vita, quando la donna è ancora, per così dire, asessuata, ma a partire dal momento in cui essa acquista la nozione di sé o, con le parole di Francesco da Barberino, quando la fanciulla ... si comincia alquanto a vergognare (Reggimento, p. 9). È difficile dire se le parole di Tertulliano corrispondano a una prassi, o se la inaugurino, e, nel caso, se essa valga anche per i tempi di Dante; ma la vetta di cui egli parla nel sonetto in questione potrebbe appunto essere quella che le giovani (e di una leggiadra giovinetta discorre in effetti il corrispondente di Dante) indossavano prima del matrimonio, a partire da quei sette anni che sanciscono la fine dell'infanzia. Che porti ancor vetta vorrà dire dunque 'che porti ancora la benda verginale, che sia ancora così giovane' (e valga infine una testimonianza molto più tarda, da Scarron, Romanzo buffo, Sellerio, Palermo 2005, p. 95: Le sue insistenze per vedere in viso Eleonora furono respinte: la ragazza portava il velo, come usano a Roma le fanciulle nobili prima di sposarsi).",Tibullo (I VI 67- 8),CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Elegie_(Tibullo),Elegie (Tibullo),Tibullo,http://dbpedia.org/resource/Tibullus,http://purl.org/bncf/tid/3005,WORK CHE ... VETTA,"l'immagine non è del tutto chiara. Nell'antica Roma la <i>vitta</i> era una striscia, per lo più di lana, che cingeva la fronte e si annodava alla nuca: ed era, per esempio in Tibullo (I VI 678) e in Ovidio, l'ornamento della donna <i>ingenua</i> e onorata: cfr. Ars amatoria I 31 Este procul, vittae tenues, insigne pudoris. Nel Medioevo (ma ancora ben dentro l'età moderna, e in certe zone italiane si può dire fino a ieri) questa sorta di velo era una parte essenziale dell'abbigliamento delle donne, almeno da una certa età in poi: cfr. le <i>Constitutiones</i> del cardinal Latino (1279), in J.D. Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, Zatta, Venetiis 1786, XXIV, col. 252: Adjicimus etiam, ut mulieres nuptae quae decimum octavum annum aetatis attingerint ... omnes in publico capitibus velatis incedant ... Adjicimus etiam, ut mulieres quae XXX aetatis suae annum attingerint, omnes in publico capitibus velatis incedant. E per tradizione, sia a Roma sia nel Medioevo cristiano, il velo era imposto anche alle donne sposate come segno di sottomissione all'uomo: Feminae, dum maritantur, ideo velantur, ut noverint se semper viris suis subditas esse et humiles (<i>Decretalium collectiones</i>, citato in Giunta 2005, p. 250). Ma qui è poco probabile che la fanciulla corteggiata dal corrispondente di Dante sia una giovane sposa, come hanno pensato alcuni. Di fatto, nel <i>De virginibus velandis</i> Tertulliano raccomanda che le fanciulle indossino il velo non appena raggiunta la pubertà, sul fondamento di I <i>Cor</i> 11, 10 debet mulier potestatem habere supra caput. Scrive Tertulliano: Ubi enim gradum fiximus de apostoli absoluta definitione, omnem mulierem etiam omnis aetatis intellegendam, responderi ex diverso habebat, ergo a nativitate et a primo nomine aetatis virginem operiri oportere. Non ita est autem, sed ex quo intelligere se coeperit et sensum naturae suae intrare et de virginis exire et pati novum illud quod alterius aetatis est (XI 2). Il velo copre la verginità: non durante i primi anni di vita, quando la donna è ancora, per così dire, asessuata, ma a partire dal momento in cui essa acquista la nozione di sé o, con le parole di Francesco da Barberino, quando la fanciulla ... si comincia alquanto a vergognare (Reggimento, p. 9). È difficile dire se le parole di Tertulliano corrispondano a una prassi, o se la inaugurino, e, nel caso, se essa valga anche per i tempi di Dante; ma la vetta di cui egli parla nel sonetto in questione potrebbe appunto essere quella che le giovani (e di una leggiadra giovinetta discorre in effetti il corrispondente di Dante) indossavano prima del matrimonio, a partire da quei sette anni che sanciscono la fine dell'infanzia. Che porti ancor vetta vorrà dire dunque 'che porti ancora la benda verginale, che sia ancora così giovane' (e valga infine una testimonianza molto più tarda, da Scarron, Romanzo buffo, Sellerio, Palermo 2005, p. 95: Le sue insistenze per vedere in viso Eleonora furono respinte: la ragazza portava il velo, come usano a Roma le fanciulle nobili prima di sposarsi).","Ars amatoria I 31 «Este procul, vittae tenues, insigne pudoris»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Ars_Amatoria,Ars amatoria,Ovidio,http://dbpedia.org/resource/Ovid,http://purl.org/bncf/tid/3005,WORK CHE ... VETTA,"l'immagine non è del tutto chiara. Nell'antica Roma la <i>vitta</i> era una striscia, per lo più di lana, che cingeva la fronte e si annodava alla nuca: ed era, per esempio in Tibullo (I VI 678) e in Ovidio, l'ornamento della donna <i>ingenua</i> e onorata: cfr. Ars amatoria I 31 Este procul, vittae tenues, insigne pudoris. Nel Medioevo (ma ancora ben dentro l'età moderna, e in certe zone italiane si può dire fino a ieri) questa sorta di velo era una parte essenziale dell'abbigliamento delle donne, almeno da una certa età in poi: cfr. le <i>Constitutiones</i> del cardinal Latino (1279), in J.D. Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, Zatta, Venetiis 1786, XXIV, col. 252: Adjicimus etiam, ut mulieres nuptae quae decimum octavum annum aetatis attingerint ... omnes in publico capitibus velatis incedant ... Adjicimus etiam, ut mulieres quae XXX aetatis suae annum attingerint, omnes in publico capitibus velatis incedant. E per tradizione, sia a Roma sia nel Medioevo cristiano, il velo era imposto anche alle donne sposate come segno di sottomissione all'uomo: Feminae, dum maritantur, ideo velantur, ut noverint se semper viris suis subditas esse et humiles (<i>Decretalium collectiones</i>, citato in Giunta 2005, p. 250). Ma qui è poco probabile che la fanciulla corteggiata dal corrispondente di Dante sia una giovane sposa, come hanno pensato alcuni. Di fatto, nel <i>De virginibus velandis</i> Tertulliano raccomanda che le fanciulle indossino il velo non appena raggiunta la pubertà, sul fondamento di I <i>Cor</i> 11, 10 debet mulier potestatem habere supra caput. Scrive Tertulliano: Ubi enim gradum fiximus de apostoli absoluta definitione, omnem mulierem etiam omnis aetatis intellegendam, responderi ex diverso habebat, ergo a nativitate et a primo nomine aetatis virginem operiri oportere. Non ita est autem, sed ex quo intelligere se coeperit et sensum naturae suae intrare et de virginis exire et pati novum illud quod alterius aetatis est (XI 2). Il velo copre la verginità: non durante i primi anni di vita, quando la donna è ancora, per così dire, asessuata, ma a partire dal momento in cui essa acquista la nozione di sé o, con le parole di Francesco da Barberino, quando la fanciulla ... si comincia alquanto a vergognare (Reggimento, p. 9). È difficile dire se le parole di Tertulliano corrispondano a una prassi, o se la inaugurino, e, nel caso, se essa valga anche per i tempi di Dante; ma la vetta di cui egli parla nel sonetto in questione potrebbe appunto essere quella che le giovani (e di una leggiadra giovinetta discorre in effetti il corrispondente di Dante) indossavano prima del matrimonio, a partire da quei sette anni che sanciscono la fine dell'infanzia. Che porti ancor vetta vorrà dire dunque 'che porti ancora la benda verginale, che sia ancora così giovane' (e valga infine una testimonianza molto più tarda, da Scarron, Romanzo buffo, Sellerio, Palermo 2005, p. 95: Le sue insistenze per vedere in viso Eleonora furono respinte: la ragazza portava il velo, come usano a Roma le fanciulle nobili prima di sposarsi).","De virginibus velandis Tertulliano «Ubi enim gradum fiximus de apostoli absoluta definitione, omnem mulierem etiam omnis aetatis intellegendam, responderi ex diverso habebat, ergo a nativitate et a primo nomine aetatis virginem operiri oportere. Non ita est autem, sed ex quo intelligere se coeperit et sensum naturae suae intrare et de virginis exire et pati novum illud quod alterius aetatis est» (XI 2)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/De_virginibus_velandis,De virginibus velandis,Tertulliano,http://dbpedia.org/resource/Tertullian,http://purl.org/bncf/tid/1546,WORK CHE ... VETTA,"l'immagine non è del tutto chiara. Nell'antica Roma la <i>vitta</i> era una striscia, per lo più di lana, che cingeva la fronte e si annodava alla nuca: ed era, per esempio in Tibullo (I VI 678) e in Ovidio, l'ornamento della donna <i>ingenua</i> e onorata: cfr. Ars amatoria I 31 Este procul, vittae tenues, insigne pudoris. Nel Medioevo (ma ancora ben dentro l'età moderna, e in certe zone italiane si può dire fino a ieri) questa sorta di velo era una parte essenziale dell'abbigliamento delle donne, almeno da una certa età in poi: cfr. le <i>Constitutiones</i> del cardinal Latino (1279), in J.D. Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, Zatta, Venetiis 1786, XXIV, col. 252: Adjicimus etiam, ut mulieres nuptae quae decimum octavum annum aetatis attingerint ... omnes in publico capitibus velatis incedant ... Adjicimus etiam, ut mulieres quae XXX aetatis suae annum attingerint, omnes in publico capitibus velatis incedant. E per tradizione, sia a Roma sia nel Medioevo cristiano, il velo era imposto anche alle donne sposate come segno di sottomissione all'uomo: Feminae, dum maritantur, ideo velantur, ut noverint se semper viris suis subditas esse et humiles (<i>Decretalium collectiones</i>, citato in Giunta 2005, p. 250). Ma qui è poco probabile che la fanciulla corteggiata dal corrispondente di Dante sia una giovane sposa, come hanno pensato alcuni. Di fatto, nel <i>De virginibus velandis</i> Tertulliano raccomanda che le fanciulle indossino il velo non appena raggiunta la pubertà, sul fondamento di I <i>Cor</i> 11, 10 debet mulier potestatem habere supra caput. Scrive Tertulliano: Ubi enim gradum fiximus de apostoli absoluta definitione, omnem mulierem etiam omnis aetatis intellegendam, responderi ex diverso habebat, ergo a nativitate et a primo nomine aetatis virginem operiri oportere. Non ita est autem, sed ex quo intelligere se coeperit et sensum naturae suae intrare et de virginis exire et pati novum illud quod alterius aetatis est (XI 2). Il velo copre la verginità: non durante i primi anni di vita, quando la donna è ancora, per così dire, asessuata, ma a partire dal momento in cui essa acquista la nozione di sé o, con le parole di Francesco da Barberino, quando la fanciulla ... si comincia alquanto a vergognare (Reggimento, p. 9). È difficile dire se le parole di Tertulliano corrispondano a una prassi, o se la inaugurino, e, nel caso, se essa valga anche per i tempi di Dante; ma la vetta di cui egli parla nel sonetto in questione potrebbe appunto essere quella che le giovani (e di una leggiadra giovinetta discorre in effetti il corrispondente di Dante) indossavano prima del matrimonio, a partire da quei sette anni che sanciscono la fine dell'infanzia. Che porti ancor vetta vorrà dire dunque 'che porti ancora la benda verginale, che sia ancora così giovane' (e valga infine una testimonianza molto più tarda, da Scarron, Romanzo buffo, Sellerio, Palermo 2005, p. 95: Le sue insistenze per vedere in viso Eleonora furono respinte: la ragazza portava il velo, come usano a Roma le fanciulle nobili prima di sposarsi).","I Cor 11, 10 «debet mulier potestatem habere supra caput»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/First_Epistle_to_the_Corinthians,Epistola I ad Corinthios,Paolo,http://dbpedia.org/resource/Paul_the_Apostle,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_nuovo_testamento,WORK SECONDO ... HAI,"formula che si riallaccia alle parole del corrispondente, come in una tenzone di Uc de Saint-Circ, <i>N'Ugo, vostre semblan digatz</i> 17 ""Segon la razon qe·m contatz""","Uc de Saint-Circ, N'Ugo, vostre semblan digatz 17 «Segon la razon qe·m contatz»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/N_Ugo_vostre_semblan_digatz,"N'Ugo, vostre semblan digatz",Uc de Saint Circ,http://dbpedia.org/resource/Uc_de_Saint_Circ,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK S'I' LA RIGUARDO,"'se io la osservo' (l'intensità del guardare è nel suffisso rafforzativo <i>ri</i>-); la stessa formula ipotetica si trova per esempio in Guittone, <i>Spietata donna</i> 5-6 che lo tuo fero orgoglio no m'ofenda / s'eo ti riguardo, che con el m'aucidi!.","Guittone, Spietata donna 5-6 «che lo tuo fero orgoglio no m'ofenda / s'eo ti riguardo, che con el m'aucidi!».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Spietata_donna_e_fera,"Spietata donna e fera, ora te prenda",Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK NON ... FENICE,"'non potrò fare come la fenice', la quale, morta, rinasceva dalle sue ceneri. A parte i versi di Rigaut de Berbezilh citati nella premessa, ecco qualche altra occorrenza del <i>topos</i> dell'amante-fenice nella lirica italiana del Duecento: S'io potesse simile natura / fenicie contrafare, / volentieri lo faria (V 96.63-5); Monte, <i>Ai, Deo merzé, che fia di me, Amore</i> 14 Ma ben vorïa contrafar fenice; e lo stesso Cino, <i>Anzi ch</i>'<i>Amore ne la mente guidi</i> 1-3 <i>Anzi ch</i>'<i>Amore ne la mente guidi</i> / donna, ch'è poi del core ucciditrice, / conviensi dire a l'om: ""Non sei fenice"" (e cfr. per altri rimandi Menichetti 1965, pp. LI-LII).","Monte, Ai, Deo merzé, che fia di me, Amore 14 «Ma ben vorïa contrafar fenice»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Ai_Deo_merze_che_fia_di_me_Amore,"Ai, Deo merzé, che fia di me, Amore",Monte Andrea,http://it.dbpedia.org/resource/Monte_Andrea,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK NON ... FENICE,"'non potrò fare come la fenice', la quale, morta, rinasceva dalle sue ceneri. A parte i versi di Rigaut de Berbezilh citati nella premessa, ecco qualche altra occorrenza del <i>topos</i> dell'amante-fenice nella lirica italiana del Duecento: S'io potesse simile natura / fenicie contrafare, / volentieri lo faria (V 96.63-5); Monte, <i>Ai, Deo merzé, che fia di me, Amore</i> 14 Ma ben vorïa contrafar fenice; e lo stesso Cino, <i>Anzi ch</i>'<i>Amore ne la mente guidi</i> 1-3 <i>Anzi ch</i>'<i>Amore ne la mente guidi</i> / donna, ch'è poi del core ucciditrice, / conviensi dire a l'om: ""Non sei fenice"" (e cfr. per altri rimandi Menichetti 1965, pp. LI-LII).","Cino, Anzi ch'Amore ne la mente guidi 1-3 «Anzi ch'Amore ne la mente guidi / donna, ch'è poi del core ucciditrice, / conviensi dire a l'om: ""Non sei fenice""»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Anzi_ch_Amore_ne_la_mente_guidi,Anzi ch'Amore ne la mente guidi,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK "CHE FARÒ, DANTE?","modulo già diffuso fra i trovatori, sia nelle tenzoni sia nei testi monologici: Que farai donc?. In Italia è una formula di chiusura tipica dei sonetti di corrispondenza, quando il mittente chiede aiuto e consiglio al destinatario: Noffo, I' <i>veggio star sul canto de la nave</i> 9-11 Or che farò? Verrò io poi avanti? / O·ttornerò come dice l'Amore? / Consigliatemi; Anonimo a Quirini, <i>Da l</i>'<i>una parte Amore mi reca e mena</i> 12 Che farò adonque?: in entrambi i casi, come nel nostro sonetto, all'inizio della seconda terzina",,CONCORDANZA GENERICA,,,,,http://purl.org/bncf/tid/19683,CONCEPT "CHE FARÒ, DANTE?","modulo già diffuso fra i trovatori, sia nelle tenzoni sia nei testi monologici: Que farai donc?. In Italia è una formula di chiusura tipica dei sonetti di corrispondenza, quando il mittente chiede aiuto e consiglio al destinatario: Noffo, I' <i>veggio star sul canto de la nave</i> 9-11 Or che farò? Verrò io poi avanti? / O·ttornerò come dice l'Amore? / Consigliatemi; Anonimo a Quirini, <i>Da l</i>'<i>una parte Amore mi reca e mena</i> 12 Che farò adonque?: in entrambi i casi, come nel nostro sonetto, all'inizio della seconda terzina","Noffo, I' veggio star sul canto de la nave 9-11 «Or che farò? Verrò io poi avanti? / O·ttornerò come dice l'Amore? / Consigliatemi»;",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/I_veggio_star_sul_canto_de_la_nave,I' veggio star sul canto de la nave,Noffo Bonaguide,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Noffo_Bonaguide,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK I' HO VEDUTO GIÀ,"io vidi, <i>io ho veduto</i> è una delle formule che nella predicazione o nei trattati morali introduce gli <i>exempla</i> (ovvero: sicut ego vidi, <i>ut ego vidi</i>, ecc.): cfr. Welter 1927, p. 107; e si veda per esempio questo passo del <i>Convivio</i> (I XI 9-10): Questi sono da chiamare pecore e non uomini; ché se una pecora si gittasse da una ripa di mille passi, tutte l'altre l'andrebbero dietro ... <i>E io ne vidi già</i> molte in un pozzo saltare; ed esempi analoghi non mancano nella <i>Commedia</i>). E quanto al nostro verso, Bertran de Born ricorre allo stesso genere di <i>exemplum</i>: <i>Fuilhetas, ges autres vergiers</i> 6 Q'ieu ai ja vist albre fuilhat. Ne consegue che la parafrasi più corretta non è 'io ho già visto' ma 'si è già dato il caso che'","Bertran de Born ricorre allo stesso genere di exemplum: Fuilhetas, ges autres vergiers 6 «Q'ieu ai ja vist albre fuilhat».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Fuilhetas_ges_autres_vergiers,"Fuilhetas, ges autres vergiers",Bertran de Born,http://dbpedia.org/resource/Bertran_de_Born,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK I' HO VEDUTO GIÀ,"io vidi, <i>io ho veduto</i> è una delle formule che nella predicazione o nei trattati morali introduce gli <i>exempla</i> (ovvero: sicut ego vidi, <i>ut ego vidi</i>, ecc.): cfr. Welter 1927, p. 107; e si veda per esempio questo passo del <i>Convivio</i> (I XI 9-10): Questi sono da chiamare pecore e non uomini; ché se una pecora si gittasse da una ripa di mille passi, tutte l'altre l'andrebbero dietro ... <i>E io ne vidi già</i> molte in un pozzo saltare; ed esempi analoghi non mancano nella <i>Commedia</i>). E quanto al nostro verso, Bertran de Born ricorre allo stesso genere di <i>exemplum</i>: <i>Fuilhetas, ges autres vergiers</i> 6 Q'ieu ai ja vist albre fuilhat. Ne consegue che la parafrasi più corretta non è 'io ho già visto' ma 'si è già dato il caso che'","Guiraut Riquier, Aissi pert poder amors 21-3 «E ioys, quant pretz n'es partitz, / es arbres senes razitz / de tot frug desesperatz»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Aissi_pert_poder_amors,Aissi pert poder amors,Guiraut Riquier,http://dbpedia.org/resource/Guiraut_Riquier,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK SENZA RADICE,"come metafora (e qui s'intende che anche Dante l'adopera come metafora, per dire qualcosa a proposito della donna amata da Cino) l'immagine si trova anche in Guiraut Riquier, <i>Aissi pert poder amors</i> 21-3 E ioys, quant pretz n'es partitz, / es arbres senes razitz / de tot frug desesperatz","Guiraut Riquier, Aissi pert poder amors 21-3 «E ioys, quant pretz n'es partitz, / es arbres senes razitz / de tot frug desesperatz»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Aissi_pert_poder_amors,Aissi pert poder amors,Guiraut Riquier,http://dbpedia.org/resource/Guiraut_Riquier,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK CHE QUE' ... N'ELICE,"'che il sole fa nascere su di esso delle fronde'. Dante allude (come spesso nelle altre sue opere) al mito di Fetonte, il figlio del Sole, che insiste per guidare il carro del padre ma ne perde il controllo, precipitando nel Po: cfr. Ovidio, <i>Met</i>. II 1-33. Caratteristico dell'erudizione è l'occultamento dell'allusione colta entro una perifrasi: cfr. per esempio Quirini, Colui che perse la figura umana 1-2 Colui che perse la figura umana / e venne cervo (parlando di Atteone)","Ovidio, Met. II 1-33",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Metamorphoses,Metamorphoseon libri XV,Ovidio,http://dbpedia.org/resource/Ovid,http://purl.org/bncf/tid/21865,WORK N'ELICE,"'ne estrae, ne fa uscire' (lat. <i>elicere</i>: nel senso di 'far spuntare', riferito a una pianta, si trova in Cicerone, <i>De senectute</i> XV 51 [terra] elicit herbescentem ex eo [semine] viriditatem [<i>Contini</i>]); è la prima occorrenza del verbo in italiano (due soli altri esempi nel <i>corpus TLIO</i>, in Petrarca e Ricciardo da Battifolle).","Cicerone, De senectute XV 51 «[terra] elicit herbescentem ex eo [semine] viriditatem»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Cato_Maior_de_Senectute,De senectute,Cicerone,http://dbpedia.org/resource/Cicero,http://purl.org/bncf/tid/25917,WORK FRUTTO NO,"in <i>Nm</i> 17, 8 il bastone di Aronne, il prescelto dal Signore, fiorisce e dà frutti: Mosè invenit germinasse virgam Aaron in domo Levi, et turgentibus gemmis eruperant flores; e il passo diede materia agli <i>adynata</i> dei poeti romanzi: cfr. Arnaut Daniel, <i>Lo ferm voler ch</i>'<i>el cor m</i>'<i>intra</i> 25 Pos flori la secha verja. Ma l'osservazione di Dante sembra tratta dal vero, senza il bisogno d'ispirazioni letterarie. Possibile è invece che l'accenno a un ceppo fiorito sia fatto a ragion veduta, parlando con un pistoiese; proprio a un simile prodigio, infatti, la leggenda faceva risalire la fondazione, nella seconda metà del Duecento, dello Spedale del Ceppo di Pistoia: La tradizione attribuisce la fondazione dell'ospedale ai pii coniugi Antimo e Bandinella, ammoniti in sogno da voce celeste che avrebbero dovuto edificare un ospedale nel punto in cui, sull'argine della Brana, avessero trovato un ceppo fiorito in pieno inverno, come infatti avvenne (Ferrali 1977, p. 35 nota 1). 5-6","Nm 17, 8 il bastone di Aronne, il prescelto dal Signore, fiorisce e dà frutti: Mosè «invenit germinasse virgam Aaron in domo Levi, et turgentibus gemmis eruperant flores»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Book_of_Numbers,Libro dei Numeri,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK FRUTTO NO,"in <i>Nm</i> 17, 8 il bastone di Aronne, il prescelto dal Signore, fiorisce e dà frutti: Mosè invenit germinasse virgam Aaron in domo Levi, et turgentibus gemmis eruperant flores; e il passo diede materia agli <i>adynata</i> dei poeti romanzi: cfr. Arnaut Daniel, <i>Lo ferm voler ch</i>'<i>el cor m</i>'<i>intra</i> 25 Pos flori la secha verja. Ma l'osservazione di Dante sembra tratta dal vero, senza il bisogno d'ispirazioni letterarie. Possibile è invece che l'accenno a un ceppo fiorito sia fatto a ragion veduta, parlando con un pistoiese; proprio a un simile prodigio, infatti, la leggenda faceva risalire la fondazione, nella seconda metà del Duecento, dello Spedale del Ceppo di Pistoia: La tradizione attribuisce la fondazione dell'ospedale ai pii coniugi Antimo e Bandinella, ammoniti in sogno da voce celeste che avrebbero dovuto edificare un ospedale nel punto in cui, sull'argine della Brana, avessero trovato un ceppo fiorito in pieno inverno, come infatti avvenne (Ferrali 1977, p. 35 nota 1). 5-6","Arnaut Daniel, Lo ferm voler ch'el cor m'intra 25 «Pos flori la secha verja».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lo_ferm_voler,Lo ferm voler qu'el cor m'intra,Arnaut Daniel,http://dbpedia.org/resource/Arnaut_Daniel,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK PERÒ CHE ... NATURA,"'perché lo vieta la natura': senza articolo, com'è normale quando il sostantivo non può riferirsi a uno singolarmente degli individui di una specie (F. Brambilla Ageno in <i>ED</i>, Appendice, s.v. <i>Articolo</i>, p. 144); cfr. Dino Frescobaldi, Morte avversara, poich'<i>io son contento</i> 67 Natura lo mi contradice (Brugnolo). 6-8","Dino Frescobaldi, Morte avversara, poich'io son contento 67 «Natura lo mi contradice»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Morte_avversara_poich_io_son_contento,"Morte avversara, poich'io son contento",Dino Frescobaldi,http://it.dbpedia.org/page/Dino_Frescobaldi,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK GIOVANE DONNA,"sulla giovinezza della donna nulla è detto esplicitamente nel missivo di Cino, che parla di donna gentil (2); può darsi che Dante la deduca dall'accenno finale al colore verde, inteso appunto come simbolico di quell'età. L'amore delle giovani è, per tradizione, infido: bisogna evitare – scrive Lemmo Orlandi (<i>Fera cagione e dura</i> 59-60) – di vana donna amare, / gioven troppo di tenpo e di savere","Lemmo Orlandi (Fera cagione e dura 59-60) – «di vana donna amare, / gioven trop- po di tenpo e di savere».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Fera_cagione_e_dura,Fera cagione e dura,Lemmo Orlandi,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lemmo_Orlandi,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK TALOR ... GITA,"'talvolta, passando per gli occhi, è entrata (<i>gita</i>) dentro così in profondità (<i>a dentro</i>: e cioè nel cuore)'. L'idea che sia pericoloso permettere alla donna di penetrare dentro è analoga a quella espressa da Cino nei versi sopracitati: <i>Anzi ch</i>'Amore ne la mente guidi 1-3 <i>Anzi ch</i>'Amore ne la mente guidi / donna, ch'è poi del core ucciditrice, / conviensi dire a l'om: ""Non sei fenice""","Anzi ch'Amore ne la mente guidi 1-3 «Anzi ch'Amore ne la mente guidi / donna, ch'è poi del core ucciditrice, / conviensi dire a l'om: ""Non sei fenice""»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Anzi_ch_Amore_ne_la_mente_guidi,Anzi ch'Amore ne la mente guidi,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK PERCH'IO ... RAGIONI,"avvio su una subordinata causale, come per esempio in Cavalcanti, <i>Perch</i>'i' <i>no spero di tornar giammai</i> o, nelle <i>Rime</i> stesse, <i>Poscia ch</i>'<i>Amor</i>: 'Dal momento che non trovo chi discorra (<i>ragioni</i>) con me'.",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Perch_i_no_spero,Perch'i' no spero di tornar giammai,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SIGNORE,"ricorda il saluto di Dante ai fedeli d'Amore, ""salute in lor segnor, cioè Amore"" (<i>A ciascun'alma presa</i> 4), e ciò che quel passo implica a livello ideale: una dedizione simile a quella che il cristiano ha nei confronti di Dio (cfr. Larson 2000); e si veda lo stesso Cino, <i>Se tu sapessi ben com'io aspetto</i> 5-6 ""io son distretto / di quel Signore cui servir m'agenzo""",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Se_tu_sapessi_ben_com_io_aspetto,Se tu sapessi ben com'io aspetto,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SIGNORE,"ricorda il saluto di Dante ai fedeli d'Amore, ""salute in lor segnor, cioè Amore"" (<i>A ciascun'alma presa</i> 4), e ciò che quel passo implica a livello ideale: una dedizione simile a quella che il cristiano ha nei confronti di Dio (cfr. Larson 2000); e si veda lo stesso Cino, <i>Se tu sapessi ben com'io aspetto</i> 5-6 ""io son distretto / di quel Signore cui servir m'agenzo""","Cino, Se tu sapessi ben com'io aspetto 5-6 «io son distretto / di quel Signore cui servir m'agenzo»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Se_tu_sapessi_ben_com_io_aspetto,Se tu sapessi ben com'io aspetto,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK SE ... DONI,"'se non il luogo in cui mi trovo, che è così barbaro (alla lettera 'cattivo') che il bene non trova nessuno che gli dia ricetto, alloggio (<i>albergo</i>)', ovvero 'dove tutti si comportano male'. Il <i>loco</i>, osservano <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, può essere Firenze, alla luce di <i>Pg</i> XXIV 79-80 però che 'l <i>loco</i> u' fui a viver posto / di giorno in giorno più di ben si spolpa. Vero è però che Dante parla in questi termini della sua città quando è già in esilio, e ha già assistito alla sua trista ruina: sicché è più probabile che si tratti – prima o dopo l'esilio – di un luogo isolato, lontano dalla civiltà come quello in cui è ambientata la canzone <i>Amor, da che convien</i> (e si vedano in particolare i vv. 67-8 Lasso! non donne qui, non genti accorte / veggio a cui mi lamenti del mio male). Per la metafora della virtù che non trova ospitalità cfr. per esempio Guilhem de Montanhagol, Non estarai, per ome qe·m casti 27 qu'estiers non vei on pretz trobe gandia ('altrimenti non vedo dove l'onore trovi riparo'); o Baudouin de Condé, <i>Dis de Tunis</i> 73-4 et Charités, par Avarisse, / n'a de recet ou se garisse [si ripari]. E per l'idea del poeta esule in una terra di ""non intendenti"" cfr. Cino, <i>Ciò ch</i>'<i>io veggio di qua m</i>'è mortal duolo 2-4 i' so' lunge e tra selvaggia gente, / la qual i' fuggo, e sto celatamente / perché mi trovi Amor col penser solo.","Guilhem de Montanhagol, Non estarai, per ome qe·m casti 27 «qu'estiers non vei on pretz trobe gandia» ('altrimenti non vedo dove l'onore trovi riparo');",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Non_estarai_per_ome_qe_m_casti,"Non estarai, per ome qe·m casti",Guillem de Montanhagol,http://dbpedia.org/resource/Guilhem_de_Montanhagol,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK SE ... DONI,"'se non il luogo in cui mi trovo, che è così barbaro (alla lettera 'cattivo') che il bene non trova nessuno che gli dia ricetto, alloggio (<i>albergo</i>)', ovvero 'dove tutti si comportano male'. Il <i>loco</i>, osservano <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, può essere Firenze, alla luce di <i>Pg</i> XXIV 79-80 però che 'l <i>loco</i> u' fui a viver posto / di giorno in giorno più di ben si spolpa. Vero è però che Dante parla in questi termini della sua città quando è già in esilio, e ha già assistito alla sua trista ruina: sicché è più probabile che si tratti – prima o dopo l'esilio – di un luogo isolato, lontano dalla civiltà come quello in cui è ambientata la canzone <i>Amor, da che convien</i> (e si vedano in particolare i vv. 67-8 Lasso! non donne qui, non genti accorte / veggio a cui mi lamenti del mio male). Per la metafora della virtù che non trova ospitalità cfr. per esempio Guilhem de Montanhagol, Non estarai, per ome qe·m casti 27 qu'estiers non vei on pretz trobe gandia ('altrimenti non vedo dove l'onore trovi riparo'); o Baudouin de Condé, <i>Dis de Tunis</i> 73-4 et Charités, par Avarisse, / n'a de recet ou se garisse [si ripari]. E per l'idea del poeta esule in una terra di ""non intendenti"" cfr. Cino, <i>Ciò ch</i>'<i>io veggio di qua m</i>'è mortal duolo 2-4 i' so' lunge e tra selvaggia gente, / la qual i' fuggo, e sto celatamente / perché mi trovi Amor col penser solo.","Baudouin de Condé, Dis de Tunis 73-4 «et Charités, par Avarisse, / n'a de re- cet ou se garisse [si ripari]»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dit_de_Tunis,Dit de Tunis,Baudouin de Condé,http://fr.dbpedia.org/page/Baudouin_de_Condé,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK SE ... DONI,"'se non il luogo in cui mi trovo, che è così barbaro (alla lettera 'cattivo') che il bene non trova nessuno che gli dia ricetto, alloggio (<i>albergo</i>)', ovvero 'dove tutti si comportano male'. Il <i>loco</i>, osservano <i>Barbi</i> – <i>Pernicone</i>, può essere Firenze, alla luce di <i>Pg</i> XXIV 79-80 però che 'l <i>loco</i> u' fui a viver posto / di giorno in giorno più di ben si spolpa. Vero è però che Dante parla in questi termini della sua città quando è già in esilio, e ha già assistito alla sua trista ruina: sicché è più probabile che si tratti – prima o dopo l'esilio – di un luogo isolato, lontano dalla civiltà come quello in cui è ambientata la canzone <i>Amor, da che convien</i> (e si vedano in particolare i vv. 67-8 Lasso! non donne qui, non genti accorte / veggio a cui mi lamenti del mio male). Per la metafora della virtù che non trova ospitalità cfr. per esempio Guilhem de Montanhagol, Non estarai, per ome qe·m casti 27 qu'estiers non vei on pretz trobe gandia ('altrimenti non vedo dove l'onore trovi riparo'); o Baudouin de Condé, <i>Dis de Tunis</i> 73-4 et Charités, par Avarisse, / n'a de recet ou se garisse [si ripari]. E per l'idea del poeta esule in una terra di ""non intendenti"" cfr. Cino, <i>Ciò ch</i>'<i>io veggio di qua m</i>'è mortal duolo 2-4 i' so' lunge e tra selvaggia gente, / la qual i' fuggo, e sto celatamente / perché mi trovi Amor col penser solo.","Cino, Ciò ch'io veggio di qua m'è mortal duolo 2-4 «i' so' lunge e tra selvaggia gente, / la qual i' fuggo, e sto celatamente / perché mi trovi Amor col penser solo»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Cio_ch_io_veggo_di_qua_m_e_mortal_duolo,Ciò ch'io veggo di qua m'è mortal duolo,Cino da Pistoia,http://dbpedia.org/resource/Cino_da_Pistoia,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DONNA ... VOLTO,"'Non c'è donna che mostri nel suo viso l'amore' (come invece, per esempio, la donna dell'anonimo <i>Dante Alleghier</i> 14 ""che porta propiamente Amor nel viso"")",anonimo Dante Alleghier 14 «che porta propiamente Amor nel viso»,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Dante_Alleghier_d_ogni_senno_pregiato,"Dante Alleghier, d'ogni senno pregiato",Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK AH ... RICOLTO,"'Ah, messer Cino, come il tempo è cambiato a danno nostro e delle nostre poesie, ora che il bene non trova nessuno che lo accolga'. Riecheggia questi versi un sonetto di Cecco d'Ascoli, <i>La invidia a me à dato sì de morso</i> 5-8 O messer Cino, io veggio ch'è discorso / il tempo omai che pianger sì convene, / poi che la setta che il vizio mantene / par che dal cielo ogni ora abbi soccorso","Cecco d'Ascoli, La invidia a me à dato sì de morso 5-8 «O messer Cino, io veggio ch'è discorso / il tempo omai che pianger sì convene, / poi che la setta che il vizio mantene / par che dal cielo ogni ora abbi soc- corso».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/La_invidia_a_me_a_dato_si_de_morso,La invidia a me à dato sì de morso,Cecco d'Ascoli,http://it.dbpedia.org/resource/Cecco_d'Ascoli,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK RIVOLTO,"secondo l'accezione del <i>GDLI</i>, s.v.10: mutato, trasformato, cambiato per lo più in qualcosa di completamente diverso. È il motivo tradizionale della decadenza dei tempi e della nostalgia per il passato; la stessa idea e lo stesso slancio interiettivo in Giraut de Borneil, Jois sia comensamens 64-6 Reis omnipotens, / alques chamjet la sazos / En c'om era bos!","Giraut de Borneil, Jois sia comensamens 64-6 «Reis omnipotens, / alques chamjet la sazos / En c'om era bos!»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Jois_sia_comensamens,Jois sia comensamens,Giraut de Bornelh,http://dbpedia.org/resource/Giraut_de_Bornelh,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK DIRI,"sostantivato e declinato, come in <i>Le dolci rime</i> 75 è manifesto i lor diri esser vani [<i>Cv</i> IV]; qui il senso sembra essere precisamente 'poesie', come in Cavalcanti, I' <i>vegno</i> '<i>l giorno</i> 10 far mostramento che tu' dir mi piaccia","Cavalcanti, I' vegno 'l giorno 10 «far mostramento che tu' dir mi piaccia»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/I_vegno_l_giorno,I' vegno 'l giorno a·tte 'nfinite volte,Guido Cavalcanti,http://dbpedia.org/resource/Guido_Cavalcanti,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK I' ... LO BEN,"'io non sento da nessuna parte il suono del bene', ovvero 'non sento dove risuoni il nome del bene, dove se ne parli': riprende l'immagine dell'<i>albergo</i>, della dimora offerta al bene, introdotta da Dante nel suo missivo (v. 8); e la virtù che non ha luogo e riparo è una metafora ricorrente: Raimbaut de Beljoc, A penre m'<i>er lo conort del salvatge</i> 24 Prez? E quil vol? Eu non sai ar on sia","Raimbaut de Beljoc, A penre m'er lo conort del salvatge 24 «Prez? E quil vol? Eu non sai ar on sia»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/A_penre_m_er_lo_conort_del_salvatge,A penre m'er lo conort del salvatge,Raimbaut de Beljoc,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Raimbaut_de_Beljoc,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK ALBERGO,"per l'idea delle virtù pellegrine e per l'uso traslato di <i>albergare</i> come 'dare ricetto al bene', cfr. Iacopone, L'omo fo creato vertüoso 220-6: albergane, cà simo de tua sorte, dicono le Beatitudini a Dio, e Dio risponde: non se trovò null'omo ancora degno / d'<i>albergare</i> sì nobele tesaro.","Iacopone, L'omo fo creato vertüoso 220-6: «albergane, cà simo de tua sorte», dicono le Beatitudini a Dio, e Dio risponde: «non se trovò null'omo anco- ra degno / d'albergare sì nobele tesaro».",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/L_omo_fo_creato_vertuoso,L'omo fo creato vertüoso,Jacopone da Todi,http://dbpedia.org/resource/Jacopone_da_Todi,http://purl.org/bncf/tid/5665,WORK DA ... OBLIO,"tutti fanno il male, come in <i>Rm</i> 3, 12 Non est qui faciat bonum, non est usque ad unum.","Rm 3, 12 «Non est qui faciat bonum, non est usque ad unum»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Epistle_to_the_Romans,Epistola ad Romanos,Paolo,http://dbpedia.org/resource/Paul_the_Apostle,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_nuovo_testamento,WORK DEL CONTRARIO ... TRONI,"è stile ciniano, se si pensa al <i>contraro che</i> 'l valore ... del sonetto <i>O voi che siete voce</i> (<i>Contini</i>). La metafora è stata spiegata in modi diversi: secondo alcuni i troni sono <i>tuoni</i>, cioè la fama (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: del bene dunque non si sente neppure la voce, del male si sentono i <i>tuoni</i>!); secondo De Robertis sono i fulmini, le saette: le manifestazioni del male; secondo altri sono '<i>scranni</i> regali' (Marti: è qui nato il regno). Quale spiegazione preferire? Da un lato, il rumore dei troni intesi come <i>tuoni</i> sarebbe coerente con il ""suono del bene"" di cui si parla al primo verso. Dall'altro, però, ai troni come <i>scranni</i> fanno pensare sia la successiva menzione del regno de' dimoni (v. 8) sia, soprattutto, un'immagine della Bibbia che era certo ben presente a Dante e a Cino: <i>Is</i> 14, 13 Qui dicebas in corde tuo: ""in caelum conscendam, super astra Dei exaltabo <i>solium meum</i>"" (parla Lucifero); <i>Am</i> 6, 3 qui separati estis in diem malum, et adpropinquatis solio iniquitatis (un passo che nel <i>De doctrina cristiana</i> IV VII 18 Agostino interpreta come il presagio di un re iniquo). Senza poter escludere la prima, propenderei per questa seconda spiegazione: 'sono nati, hanno preso il potere i troni del male (il <i>contrario</i> del bene)'. Comunque sia, anche questo è un motivo ricorrente nei moralisti, il mondo alla rovescia in cui il male prospera e il bene vacilla: cfr. per esempio Inghilfredi, <i>Greve puot</i>'<i>on piacere a tutta gente</i> 51-3 Tant'ha lo mal lo ben da sé distinto, / ca chi più falla di lodo à corona / e chi ben opra di lui mal si sona; e Guiraut Riquier, Karitatz ez amors e fes 11-2 que·l mals es plazens e privatz, / tant que per paucx es faitz le bes.","«è stile ciniano, se si pensa al contraro che 'l valore ... del sonetto O voi che siete voce»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/O_voi_che_siete_voce,O voi che siete voce nel diserto,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://purl.org/bncf/tid/28954,WORK DEL CONTRARIO ... TRONI,"è stile ciniano, se si pensa al <i>contraro che</i> 'l valore ... del sonetto <i>O voi che siete voce</i> (<i>Contini</i>). La metafora è stata spiegata in modi diversi: secondo alcuni i troni sono <i>tuoni</i>, cioè la fama (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: del bene dunque non si sente neppure la voce, del male si sentono i <i>tuoni</i>!); secondo De Robertis sono i fulmini, le saette: le manifestazioni del male; secondo altri sono '<i>scranni</i> regali' (Marti: è qui nato il regno). Quale spiegazione preferire? Da un lato, il rumore dei troni intesi come <i>tuoni</i> sarebbe coerente con il ""suono del bene"" di cui si parla al primo verso. Dall'altro, però, ai troni come <i>scranni</i> fanno pensare sia la successiva menzione del regno de' dimoni (v. 8) sia, soprattutto, un'immagine della Bibbia che era certo ben presente a Dante e a Cino: <i>Is</i> 14, 13 Qui dicebas in corde tuo: ""in caelum conscendam, super astra Dei exaltabo <i>solium meum</i>"" (parla Lucifero); <i>Am</i> 6, 3 qui separati estis in diem malum, et adpropinquatis solio iniquitatis (un passo che nel <i>De doctrina cristiana</i> IV VII 18 Agostino interpreta come il presagio di un re iniquo). Senza poter escludere la prima, propenderei per questa seconda spiegazione: 'sono nati, hanno preso il potere i troni del male (il <i>contrario</i> del bene)'. Comunque sia, anche questo è un motivo ricorrente nei moralisti, il mondo alla rovescia in cui il male prospera e il bene vacilla: cfr. per esempio Inghilfredi, <i>Greve puot</i>'<i>on piacere a tutta gente</i> 51-3 Tant'ha lo mal lo ben da sé distinto, / ca chi più falla di lodo à corona / e chi ben opra di lui mal si sona; e Guiraut Riquier, Karitatz ez amors e fes 11-2 que·l mals es plazens e privatz, / tant que per paucx es faitz le bes.","Is 14, 13 «Qui dicebas in corde tuo: ""in caelum conscen- dam, super astra Dei exaltabo solium meum""» (parla Lucifero)",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Book_of_Isaiah,Libro di Isaia,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK DEL CONTRARIO ... TRONI,"è stile ciniano, se si pensa al <i>contraro che</i> 'l valore ... del sonetto <i>O voi che siete voce</i> (<i>Contini</i>). La metafora è stata spiegata in modi diversi: secondo alcuni i troni sono <i>tuoni</i>, cioè la fama (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: del bene dunque non si sente neppure la voce, del male si sentono i <i>tuoni</i>!); secondo De Robertis sono i fulmini, le saette: le manifestazioni del male; secondo altri sono '<i>scranni</i> regali' (Marti: è qui nato il regno). Quale spiegazione preferire? Da un lato, il rumore dei troni intesi come <i>tuoni</i> sarebbe coerente con il ""suono del bene"" di cui si parla al primo verso. Dall'altro, però, ai troni come <i>scranni</i> fanno pensare sia la successiva menzione del regno de' dimoni (v. 8) sia, soprattutto, un'immagine della Bibbia che era certo ben presente a Dante e a Cino: <i>Is</i> 14, 13 Qui dicebas in corde tuo: ""in caelum conscendam, super astra Dei exaltabo <i>solium meum</i>"" (parla Lucifero); <i>Am</i> 6, 3 qui separati estis in diem malum, et adpropinquatis solio iniquitatis (un passo che nel <i>De doctrina cristiana</i> IV VII 18 Agostino interpreta come il presagio di un re iniquo). Senza poter escludere la prima, propenderei per questa seconda spiegazione: 'sono nati, hanno preso il potere i troni del male (il <i>contrario</i> del bene)'. Comunque sia, anche questo è un motivo ricorrente nei moralisti, il mondo alla rovescia in cui il male prospera e il bene vacilla: cfr. per esempio Inghilfredi, <i>Greve puot</i>'<i>on piacere a tutta gente</i> 51-3 Tant'ha lo mal lo ben da sé distinto, / ca chi più falla di lodo à corona / e chi ben opra di lui mal si sona; e Guiraut Riquier, Karitatz ez amors e fes 11-2 que·l mals es plazens e privatz, / tant que per paucx es faitz le bes.","Am 6, 3 «qui separati estis in diem malum, et adpropinquatis solio ini- quitatis»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Book_of_Amos,Libro di Amos,Non disponibile,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/work/devulgarieloquentiaautore/inesistente/64,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/bibbia_vecchio_testamento,WORK DEL CONTRARIO ... TRONI,"è stile ciniano, se si pensa al <i>contraro che</i> 'l valore ... del sonetto <i>O voi che siete voce</i> (<i>Contini</i>). La metafora è stata spiegata in modi diversi: secondo alcuni i troni sono <i>tuoni</i>, cioè la fama (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: del bene dunque non si sente neppure la voce, del male si sentono i <i>tuoni</i>!); secondo De Robertis sono i fulmini, le saette: le manifestazioni del male; secondo altri sono '<i>scranni</i> regali' (Marti: è qui nato il regno). Quale spiegazione preferire? Da un lato, il rumore dei troni intesi come <i>tuoni</i> sarebbe coerente con il ""suono del bene"" di cui si parla al primo verso. Dall'altro, però, ai troni come <i>scranni</i> fanno pensare sia la successiva menzione del regno de' dimoni (v. 8) sia, soprattutto, un'immagine della Bibbia che era certo ben presente a Dante e a Cino: <i>Is</i> 14, 13 Qui dicebas in corde tuo: ""in caelum conscendam, super astra Dei exaltabo <i>solium meum</i>"" (parla Lucifero); <i>Am</i> 6, 3 qui separati estis in diem malum, et adpropinquatis solio iniquitatis (un passo che nel <i>De doctrina cristiana</i> IV VII 18 Agostino interpreta come il presagio di un re iniquo). Senza poter escludere la prima, propenderei per questa seconda spiegazione: 'sono nati, hanno preso il potere i troni del male (il <i>contrario</i> del bene)'. Comunque sia, anche questo è un motivo ricorrente nei moralisti, il mondo alla rovescia in cui il male prospera e il bene vacilla: cfr. per esempio Inghilfredi, <i>Greve puot</i>'<i>on piacere a tutta gente</i> 51-3 Tant'ha lo mal lo ben da sé distinto, / ca chi più falla di lodo à corona / e chi ben opra di lui mal si sona; e Guiraut Riquier, Karitatz ez amors e fes 11-2 que·l mals es plazens e privatz, / tant que per paucx es faitz le bes.","Inghilfredi, Greve puot'on piacere a tutta gente 51-3 «Tant'ha lo mal lo ben da sé distinto, / ca chi più falla di lodo à corona / e chi ben opra di lui mal si sona»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Greve_puot_on_piacere_a_tutta_gente,Greve puot'on piacere a tutta gente,Inghilfredi,http://it.dbpedia.org/resource/Inghilfredi,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK DEL CONTRARIO ... TRONI,"è stile ciniano, se si pensa al <i>contraro che</i> 'l valore ... del sonetto <i>O voi che siete voce</i> (<i>Contini</i>). La metafora è stata spiegata in modi diversi: secondo alcuni i troni sono <i>tuoni</i>, cioè la fama (<i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: del bene dunque non si sente neppure la voce, del male si sentono i <i>tuoni</i>!); secondo De Robertis sono i fulmini, le saette: le manifestazioni del male; secondo altri sono '<i>scranni</i> regali' (Marti: è qui nato il regno). Quale spiegazione preferire? Da un lato, il rumore dei troni intesi come <i>tuoni</i> sarebbe coerente con il ""suono del bene"" di cui si parla al primo verso. Dall'altro, però, ai troni come <i>scranni</i> fanno pensare sia la successiva menzione del regno de' dimoni (v. 8) sia, soprattutto, un'immagine della Bibbia che era certo ben presente a Dante e a Cino: <i>Is</i> 14, 13 Qui dicebas in corde tuo: ""in caelum conscendam, super astra Dei exaltabo <i>solium meum</i>"" (parla Lucifero); <i>Am</i> 6, 3 qui separati estis in diem malum, et adpropinquatis solio iniquitatis (un passo che nel <i>De doctrina cristiana</i> IV VII 18 Agostino interpreta come il presagio di un re iniquo). Senza poter escludere la prima, propenderei per questa seconda spiegazione: 'sono nati, hanno preso il potere i troni del male (il <i>contrario</i> del bene)'. Comunque sia, anche questo è un motivo ricorrente nei moralisti, il mondo alla rovescia in cui il male prospera e il bene vacilla: cfr. per esempio Inghilfredi, <i>Greve puot</i>'<i>on piacere a tutta gente</i> 51-3 Tant'ha lo mal lo ben da sé distinto, / ca chi più falla di lodo à corona / e chi ben opra di lui mal si sona; e Guiraut Riquier, Karitatz ez amors e fes 11-2 que·l mals es plazens e privatz, / tant que per paucx es faitz le bes.","Guiraut Riquier, Karitatz ez amors e fes 11-2 «que·l mals es plazens e privatz, / tant que per paucx es faitz le bes»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Karitatz_ez_amors_e_fes,Karitatz ez amors e fes,Guiraut Riquier,http://dbpedia.org/resource/Guiraut_Riquier,http://purl.org/bncf/tid/19683,WORK NON RISPONDE AL FIO,"il senso dev'essere grosso modo quello indicato da <i>Barbi</i> – <i>Maggini</i>: [chi si astenesse dal bene] non farebbe cosa rispondente alle necessità imposte dalla situazione stessa che si deplora; ma l'espressione <i>non risponde al fio</i> non è chiara. Nell'italiano antico <i>fio</i> ha vari significati: 'stipendio, guadagno, canone' (cfr. Castellani 1952, glossario; e Castellani 1980, II, pp. 27-40), 'feudo, concessione' (cfr. Guittone, 1-3 Iddio, / riccore, amore 'n <i>fio</i> / ... ha voi non poco dato), e anche 'patto': e qui potrebbe essere appunto il patto che lega il cristiano a Dio obbligandolo alla virtù. 7-8","Guittone, 1-3 «Iddio, / riccore, amore 'n fio / ... ha voi non poco dato»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Messer_Berto_Frescubaldi_Iddio,"Messer Berto Frescubaldi, Iddio",Guittone d'Arezzo,http://live.dbpedia.org/resource/Guittone_d'Arezzo,http://purl.org/bncf/tid/3066,WORK LO BEN ... DIMONI,"'il bene – lo sai – che predicava Dio, e non lo taceva (non cessava di operare in suo favore) nel regno dei demonî, all'inferno'. <i>Contini</i> osserva che il <i>regno de</i>' <i>dimoni</i> non sarà necessariamente l'inferno, ma la terra in preda al vizio e all'errore (e anche Marti: Cristo in terra, ridiventata ormai il <i>regno de</i>' <i>dimoni</i>, come allora; e De Robertis: l'inferno a cui s'è ridotta la terra). Ma qui Cino sembra alludere precisamente alla discesa di Gesù negli inferi così com'era stata tramandata dal più diffuso tra i Vangeli extra-canonici, quello di Nicodemo (cfr. Tischendorf 1876, pp. 402-4: parlando a Adamo e ai dannati che sta per riscattare Gesù esordisce: Pax tibi cum omnibus filiis tuis, iustis meis), e poi raccolta dagli agiografi (cfr. per esempio il cap. LII <i>De resurrectione Domini</i> della <i>Leggenda Aurea</i>), dai laudisti (cfr. la <i>Lamentatio</i> abruzzese e la <i>Passione</i> lombarda pubblicate in Varanini 1972, pp. 30-7 e p. 117) e dallo stesso Dante nella Comme-dia (la porta sanza serrame di If VIII 126)",cap. LII De resurrectione Domini,CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Golden_Legend,Legenda aurea,Jacopo da Varazze,http://dbpedia.org/resource/Jacobus_de_Voragine,http://purl.org/bncf/tid/24527,WORK LO BEN ... DIMONI,"'il bene – lo sai – che predicava Dio, e non lo taceva (non cessava di operare in suo favore) nel regno dei demonî, all'inferno'. <i>Contini</i> osserva che il <i>regno de</i>' <i>dimoni</i> non sarà necessariamente l'inferno, ma la terra in preda al vizio e all'errore (e anche Marti: Cristo in terra, ridiventata ormai il <i>regno de</i>' <i>dimoni</i>, come allora; e De Robertis: l'inferno a cui s'è ridotta la terra). Ma qui Cino sembra alludere precisamente alla discesa di Gesù negli inferi così com'era stata tramandata dal più diffuso tra i Vangeli extra-canonici, quello di Nicodemo (cfr. Tischendorf 1876, pp. 402-4: parlando a Adamo e ai dannati che sta per riscattare Gesù esordisce: Pax tibi cum omnibus filiis tuis, iustis meis), e poi raccolta dagli agiografi (cfr. per esempio il cap. LII <i>De resurrectione Domini</i> della <i>Leggenda Aurea</i>), dai laudisti (cfr. la <i>Lamentatio</i> abruzzese e la <i>Passione</i> lombarda pubblicate in Varanini 1972, pp. 30-7 e p. 117) e dallo stesso Dante nella Comme-dia (la porta sanza serrame di If VIII 126)",,CONCORDANZA STRINGENTE,http://perunaenciclopediadantescadigitale.eu/resource/Lamentatio_beate_Marie_de_filio,Lamentatio beate Marie de Filio,,,http://purl.org/bncf/tid/5665,WORK LO BEN ... DIMONI,"'il bene – lo sai – che predicava Dio, e non lo taceva (non cessava di operare in suo favore) nel regno dei demonî, all'inferno'. <i>Contini</i> osserva che il <i>regno de</i>' <i>dimoni</i> non sarà necessariamente l'inferno, ma la terra in preda al vizio e all'errore (e anche Marti: Cristo in terra, ridiventata ormai il <i>regno de</i>' <i>dimoni</i>, come allora; e De Robertis: l'inferno a cui s'è ridotta la terra). Ma qui Cino sembra alludere precisamente alla discesa di Gesù negli inferi così com'era stata tramandata dal più diffuso tra i Vangeli extra-canonici, quello di Nicodemo (cfr. Tischendorf 1876, pp. 402-4: parlando a Adamo e ai dannati che sta per riscattare Gesù esordisce: Pax tibi cum omnibus filiis tuis, iustis meis), e poi raccolta dagli agiografi (cfr. per esempio il cap. LII <i>De resurrectione Domini</i> della <i>Leggenda Aurea</i>), dai laudisti (cfr. la <i>Lamentatio</i> abruzzese e la <i>Passione</i> lombarda pubblicate in Varanini 1972, pp. 30-7 e p. 117) e dallo stesso Dante nella Comme-dia (la porta sanza serrame di If VIII 126)","«Pax tibi cum omnibus filiis tuis, iustis meis»",CONCORDANZA STRINGENTE,http://dbpedia.org/resource/Gospel_of_Nicodemus,Vangelo di Nicodemo,Nicodemo,http://dbpedia.org/resource/Nicodemus,http://purl.org/bncf/tid/1546,WORK